#uomo strano
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uomo strano
Chi sa, aveva forse rilevato il senso delle parole "una sciocchezza che non può avere la minima conseguenza", ma, da quell'uomo strano che era, poteva perfino averne gioito. Senza dubbio, il colmo della beatitudine consisteva per lui già nel solo fatto di poter di nuovo venire liberamente da Aglaja, di poter parlare con lei, starle seduto accanto, passeggiare in sua compagnia, e chi sa, si sarebbe forse accontentato solo di questo per tutta la vita! (E proprio di questa sua facilità di accontentarsi pareva inquieta, nell'intimo, Lizaveta Prokof'evna: essa la intuiva, e di molte cose aveva timore, in cuor suo, che non avrebbe saputo esprimere). da F. Dostoevskij, L'idiota
#citazioni#dostoevskij#fedor dostoevskij#idiota#principe myskin#aglaja#aglaja ivanovna#lizaveta prokofevna#uomo strano#strano
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parlerò di una ragazza che uccise un uomo che stava guardando l’alba; gli disse: “L’alba non si guarda mai da soli. Mi siederò con te, che sei un tipo strano, come me, che guardo sola i tramonti. Fammi vedere i tuoi mondi”.
#L'Alba#ABISSALE#TANANAI#una ragazza#un uomo#stava guardando l'alba#alba#tramonto#sola#solo#i tramonti#tramonti#un tipo strano#come me
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MEDAGLIA D'ORO.
Ieri sera la Imane Khelif ha vinto la medaglia d'oro nella finale contro la cinese Yang Liu.
Sono contento. Non tanto per la medaglia di pugile, piu' come risarcimento morale, direi. Non un premio all'atleta ma un premio alla persona. Una specie di risarcimento morale per tutte le cose scritte e dette su di lei : " e' un uomo, ha il fisico e i muscoli da uomo. Una falsa donna col pisello tra le gambe che vuole vincere facile combattendo contro "donne femmine".
Ecco, tutti hanno parlato di Imane Khelif come atleta ma nessuno lo ha fatto pensando a Imane persona. Una bimbetta nata femmina che scopre di avere un problema fisico, un corpo che produce troppo testosterone rendendola ne' donna donna, ne' uomo uomo. Una donna dimezzata, una specie di fenomeno strano, da irridere, una donna che suscita solo battutacce, una da compatire. Una bimba che cresce tra mille complessi . Chissa' quanti maschietti avranno detto: "quella non la scoperei manco morto". Qualcuno si e' chiesto che vita d'inferno avra' passato Imane Khelif? I baci mancati, il sesso negato, le amicizie, la sofferenza di un padre e di una madre per gestire quella situazione?
Per questa volta, lo sport lo accantono e metto questa medaglia d'oro al collo di una donna. Una medaglia al coraggio di affrontare una vita che ha regalato mille avversita'. Una medaglia per tutte le donne che come lei vengono ripudiate da una societa' che fa enorme fatica ad accettarle.
@ilpianistasultetto
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Per voi è un UOMO incinto, "strano" solo nel corpo.
Per noi è una DONNA mastectomizzata, strana soprattutto nella testa.
Non siamo uguali.
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Mi sorprende sempre: è completamente folle. Più che folle, diciamo che lei vive fuori dai circuiti logici di ogni meridiano del buonsenso. Non devo mai spogliarla dei pezzi d'intimo consueti: per me ogni incontro è un batticuore. O un batticarne. Lei dice che sono io che mi devo liberare della solita, letale e velenosa routine mentale. "Dimmi, uomo noioso: perché dovrebbe poi essere così strano togliermi dall'ombelico una forchetta appesa?
O essere felice nel sentire l'odore del cucchiaio che mi copre la fregna? Adesso prendilo e leccalo. Obbedisci. Sentirai il sapore mio intimo. Quello che normalmente non ti provoca scrupolo gustare direttamente dalle mie grandi e piccole labbra. Si: potrebbero esserci tracce di urina. Prendere o lasciare, sono sempre io. Che faccio: mi rivesto o lecchi? Ah... Mi pareva strano che non obbedissi al tiramento del tuo cazzo. Faresti qualsiasi cosa per sborrarmi tra le gambe o in culo!" Ha ragione da vendere. Chapeau!
Aliantis
(Tutte le foto: valerisky)
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L'Ultimo Tuffo
Agosto, un sole implacabile batteva sulla sponda del lago. L'aria era ferma, appiccicosa. Il lago, quel giorno, era un tappeto blu intenso, invitava a tuffarsi. Renato non era più un ragazzino, ma un uomo e di tuffi ne aveva fatti a centinaia e centinaia. Cercando sempre una sfida con se stesso. Aveva sempre sfidato se stesso, per tutta la sua vita, non fermandosi mai. Anche davanti al fatto di essere diventato, nel tempo, padre di due meravigliose creature.
Con un fisico scolpito, era un habitué di quei salti nel vuoto. Le rocce, alte più di una decina di metri, erano il suo trampolino preferito.
Quel giorno, qualcosa sembrava diverso. Il caldo opprimente, forse, o un presentimento che aveva cercato di ignorare. Nonostante le raccomandazioni degli amici, si avvicinò al bordo, i muscoli tesi, gli occhi fissi sull'acqua cristallina.
Un suo amico lo vide "strano" e gli chiese se tutto fosse a posto. Lui sorrise, tranquillizzandolo e rispondendogli che quello sarebbe stato il suo ultimo tuffo. Che era una promessa.
Respirò profondamente, un ultimo sguardo al cielo terso, e si lanciò.
Il corpo entrò in acqua con la perfezione di un tuffatore olimpionico. Eppure, mentre il suo corpo entrava nel lago, sull'acqua si sentì un tonfo sordo. Il cuore si strinse in una morsa a tutti quelli che lo stavano osservando.
Lo aspettavano riemergere i suoi amici, sapevano che spesso riusciva a muoversi sotto acqua velocemente riemergendo da un'altra parte. Quante volte aveva fatto prendere un colpo ai suoi amici.
Non quella volta. Qualcosa era andato storto, qualcosa che nessuno avrebbe potuto prevedere. Un movimento sbagliato, un calcolo errato, forse solo una tragica fatalità. Non lo si seppe mai.
Quando lo riportarono a riva, era troppo tardi. Il sole continuava a splendere, indifferente alla tragedia che si era consumata. La scogliera, testimone muta di tanti tuffi, quel giorno era diventata la scena di un dramma silenzioso.
Renato, l'uccello libero che amava volare, era precipitato in un lago che, per un attimo, aveva smesso di essere amico. E sulla sponda, sotto il cielo d'agosto, rimaneva solo il ricordo di un ragazzo che aveva sfidato la gravità, fino all'ultimo respiro.
A Renato.
Che la terra ti sia per sempre lieve, mio caro amico.
12 agosto 2015
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la bottiglia
quella sera avevo tante cose da fare e restai in bottega fino a tardi.
nonostante l'estate allungasse le giornate, fuori iniziava già a imbrunire. capii quindi che doveva essere già passata anche l'ora di cena; non serviva neanche guardare l'orologio.
fu in quel momento che, tutto trafelato, entrò dalla porta un grosso signore, vestito con uno strano gessato marrone. era grottesco in quel vestito che, nonostante fosse di buona fattura, gli cadeva malamente addosso, complice il fatto che era palesemente di una taglia più grande.
«buonasera buon uomo», mi disse, «vorrei una bottiglia di buon vino; sa, uno di quelli da bere in compagnia. e poi un'altra di un vino ancora più buono, da bere da solo.»
benchè avessi voglia di andare via, la richiesta mi incuriosì tanto che dissipò la mia premura. sorridendo presi due bottiglie: una dal ripiano in basso e una dallo scaffale alto, piena di polvere.
«ecco... vede, questo è un vino fresco e amabile che è un piacere bere in compagnia, soprattutto nelle serate estive, mentre questo...» con la mano pulii l'etichetta coperta di polvere «... mentre questo è un vino che non perdona, è corposo e di buona gradazione. nella dose giusta i ricordi scorreranno come un fiume, ma se il fiume dovesse essere troppo tumultuoso... un altro bicchiere farà calmare le acque e piombare tutto nel buio.»
mi ringraziò, pagò velocemente e poi andò via.
pochi giorni dopo, stavolta nel tardo pomeriggio, lo vidi entrare di nuovo, come la prima volta con il suo consueto passo svelto, e subito mi abbracciò, nonostante io fossi dietro il bancone, quasi sollevandomi da terra.
«amico mio... grazie! L'altro ieri con amici ho bevuto il primo vino che mi hai consigliato, le lingue si sono sciolte e le risate scorrevano... davvero, siamo stati bene... ma poi ieri» continuò senza darmi modo di rispondere «... ieri ho assaggiato l'altra bottiglia ed è andata proprio come hai previsto tu, la memoria e i pensieri si intrecciavano e...»
a briglia sciolta iniziò a raccontarmi della sua vita e io, senza fare un fiato, presi un'altra bottiglia dal ripiano alto, la stappai e ne versai due bicchieri. Più i bicchieri si svuotavano, più la mia piccola bottega si riempiva dei suoi ricordi e di immagini che sembravano dipinti da un pennello intinto nel rosso del vino...
mi raccontò delle sue donne... di A., la donna che aveva sposato ancora acerbo, e che adesso «neanche più un bacio... da mesi», ma andava bene così, erano bravi genitori, e le cose funzionavano, e tanto gli bastava. come soldati nella stessa guerra, ognuno copriva le spalle all'altro pur sapendo dei peccati commessi.
e mi parlò di S., la ragazza ora cresciuta che ancora lo vedeva come un principe azzurro, mentre lui a ben vedere tutto sembrava, ma certamente non questo. e continuò con M., bella e giovane in cerca di se stessa, che si sarebbe concessa a lui ma che insomma... nonostante la testa veloce e la parlantina spigliata, con lui, oramai alla soglia dei 50 anni, avrebbe formato una coppia grottesca.
i suoi occhi poi si fecero sereni mentre parlava di L. mi parlò di lei con un sorriso sincero, lasciandosi andare a un «chissà cosa poteva essere»... fantasticò un po' con gli occhi fissi e poi aggiunse «lei adesso sta bene... e questo per me è abbastanza».
mi disse che a metà della bottiglia, ieri sera, aveva chiamato R. per ridere come scemi, e l'aveva sentita serena, rifiorita e libera, finalmente. erano stati importanti l'uno per l'altra, più amici che amanti, ed era bello avere una persona con cui non avere vergogne, ridere e potersi confidare.
poi si fermò un attimo e notai subito un cambiamento nella sua voce, ma quasi come a volersi togliere un peso dal cuore, subito mi parlò di C., la sua principessa guerriera che è infine uscita dal suo buio e che adesso ha trovato il coraggio di andarsene. e anche se lui adesso si sente buttato via, come una candela che non serve a nulla alla luce, in verità ne è davvero felice, perché la vede finalmente camminare nel sole dopo tanta pioggia. e anche se sono condannati ad una eterna danza in punta di spada, danzano insieme, sanguinano insieme, ma ridono, perchè stare vicini vale il dolore.
gli versai un altro bicchiere e restai ad ascoltare in silenzio poi chiesi
«… e quale di queste hai amato?»
«tutte» rispose senza esitazione, «un me diverso, in un diverso tempo, ha amato ognuna di loro, anzi, ama ancora ognuna di loro. Le ama pacatamente, nell'unico modo in cui sono capace, con un cuore senza eccessi. ma amico mio, non passa giorno in cui io non ringrazi il destino per tutte le occasioni che mi ha dato, anche per quelle che non ho avuto la forza o il coraggio di cogliere, e soprattutto per tutti i sorrisi che mi ha fatto scoprire...
...per le donne speciali, che il fato ha messo sul cammino di un uomo ordinario.»
detto questo, vidi di sfuggita i suoi occhi lucidi, finì il vino nel bicchiere con un grande veloce sorso, e prima che potessi controbattere si avviò fuori, zittendomi con un secco «grazie».
tutto sembrava irreale in quel pomeriggio, mi fermai un attimo, come rapito dalle ombre che si allungavano. quindi rassettai e misi a posto i bicchieri e poi... poi guardai in alto, sullo scaffale.
era rimasta solo una bottiglia. forse per me.
@alessandrom76
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Quanto costa la mancanza di qualcuno?
Fino a qualche mese zero, perché non ti conoscevo ancora. Poi mi sei esploso in qualche modo, con una naturalezza disarmante, senza danni o feriti, senza ustioni tranne qualche piccola spiddisa nel cuore.
Come una passeggiata in montagna, mentre tutto intorno ci sta solo un gran silenzio che lascia senza parole, e che non ha bisogno di essere riempito con le parole.
Mentre adesso il silenzio è quasi assordante, è come se mi sentissi chiusa in una stanza, senza finestre. Sento l'eco dei pensieri rimbombare tra le membrane e la pelle che non riesce a contrastare il freddo.
Ho conosciuto una fragilità che non credevo potasse esistere in un uomo, all'apparenza così forte e sicuro, deciso e impenetrabile. Con gli occhi tanto piccoli che inaspettatamente si spalancano alla luce, le mani segnate dal lavoro ma delicate. Tutti quei capelli scompigliati, fitti come la notte e selvatici, che ho legato e slegato con calma e inaspettato rispetto.
Che strano sentirmi dire che, oltre al barbiere, nessuno mai te li aveva toccati, raccolti, sciolti.
Che strano sentirmi dire che nessuno ti aveva mai coccolato in quel modo. Che strano sentirmi dire che avevi provato emozioni mai provate prima.
Mi dispiace non aver capito quanto stavo diventando importante per te, è che parto sempre dal presupposto che io importante non lo sono davvero per nessuno. E invece.
Ho avuto paura. Ho sentito i pizzichi di un milione e più di fitte infuocate sulla, piccole scosse veloci che non lasciano dolore ma quella sensazione di essere stati toccati, attraversati, colpiti e segnati.
Ho avuto paura delle possibilità, di quello che poteva o potrebbe essere. Ho avuto paura delle parole che potevano essere non solo parole.
E non sono abituata, non le so gestire. Sono troppo grandi, troppo vere, troppo.
Forse sono andata nel panico. Forse non ho abbastanza coraggio per fare quel salto che non è poi così tanto cieco.
Ho paura sia solo uno scherzo del destino, una troppo bella per essere vera, troppo uscita da un libro che non ho mai scritto.
Una storia troppo semplice e tranquilla per capitare a me. Troppo grande, per capitare a me.
E allora? Camminiamo in silenzio anche se distanti? Guardiamo la luna che resiste ancora dopo il sorgere del sole? Ci penseremo durante i momenti i felici?
Mannaggia
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Buoni Propositi
Il far progetti e il formar propositi porta con sé molti buoni sentimenti; chi avesse la forza di essere per tutta la sua vita nient’altro che un fabbricatore di progetti, sarebbe un uomo molto felice.
Friedrich Nietzsche
Auguro il rispetto delle proprie opinioni (che ricordo è l'interpretazione di un fatto o la formulazione di un giudizio in corrispondenza di un criterio soggettivo e personale) sapendo che devono essere punto di confronto e non di dileggio; auguro che si perda un po' questo cinismo macabro su ogni cosa; auguro meno autodiagnosi e che le liste d'attesa per averne di una qualificata diminuiscano; auguro più passeggiate, più risate, più cibi buoni; auguro letture che spingano a cercare tutti gli altri libri che la compongono; auguro la visione di quadri che si sognava di vedere, di mare che si sognava di nuotare, di cieli che si sognavano di fantasticare; auguro progetti, sogni, prospettive; auguro di bere bene, mai troppo, e meglio; auguro meno sarcasmo e più ironia (anche autoironia); più = che >>> o <<<; auguro più buone notizie; auguro più foto di fiori che di bimbi bombardati; auguro conferenze di pace; auguro laicità e che si capisca davvero che voglia dire; auguro di trovare un palloncino rosso legato ad un braccio tatuato; auguro di scrivere una commedia che faccia riflettere; auguro di ritornare a casa dal lavoro sempre, e mai del tutto esauriti; auguro carezze e poesie e non più le domande con le X; auguro che sempre meno si sentano a disagio tornando a casa da sole; auguro che un concerto leggendario non costi più come una settimana di vacanza al mare; auguro che ci si ricordi che promettere è importante e non solo robe da campagne elettorali; auguro più maturità e meno vittimismo; auguro di stare bene che per stare male c'è sempre tempo dopo.
Mi auguro che questo rimanga quello strano posto dove si ride, si discute, si scambiano idee, si è in imbarazzo ad aprirlo in pubblico quando non si è soli. Un posto dove continuo a stare bene, dove ho imparato a voler bene a tante persone, dove mi piace stare.
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“ Il mio mondo, la mia Terra, è una rovina. Un pianeta rovinato dalla specie umana. Ci siamo moltiplicati e ci siamo ingozzati e abbiamo combattuto finché non è rimasto più nulla, e poi siamo morti. Non abbiamo controllato né gli appetiti né la violenza; non ci siamo adattati. Abbiamo distrutto noi stessi. Ma prima abbiamo distrutto il nostro mondo. Non rimangono più foreste sulla mia Terra. L’aria è grigia, il cielo è grigio, fa sempre caldo. È abitabile, è ancora abitabile, ma non come questo mondo. Questo è un mondo vivo, un’armonia. Il mio è una dissonanza. Voi Odoniani avete scelto un deserto; noi Terrestri abbiamo fatto un deserto…
Laggiù noi sopravviviamo, come voi. La gente è resistente! C’è quasi mezzo miliardo di noi. Una volta ce n’erano nove miliardi. Puoi vedere ancora dappertutto le vecchie città. Le ossa e i mattoni vanno in polvere, ma i piccoli pezzi di plastica no… anch’essi non s’adattano. Noi abbiamo fallito come specie, come specie sociale. Noi siamo qui, ora, a trattare da pari a pari con le altre società umane sugli altri mondi, soltanto grazie alla carità degli Hainiti. Essi vennero da noi; essi ci portarono aiuto. Costruirono navi e ce le donarono, in modo che potessimo lasciare il nostro mondo rovinato. Ci trattano gentilmente, caritatevolmente, come un uomo forte può trattare uno malato. Sono un popolo molto strano, gli Hainiti; più antichi di qualsiasi altro; infinitamente generosi. Sono degli altruisti. Sono spinti da un sentimento di colpa che noi non riusciamo neppure a capire, nonostante tutti i nostri crimini. Essi sono spinti, in tutto ciò che fanno, io credo, dal passato, dal loro interminabile passato. Ebbene, abbiamo salvato il salvabile, e organizzato una sorta di vita nelle rovine, su Terra, nell’unico modo in cui la si poteva organizzare: centralizzazione totale. Totale controllo sull’uso di ogni acro di terreno, ogni pezzo di metallo, ogni grammo di carburante. Totale razionamento, controllo delle nascite, eutanasia, coscrizione universale nella forza lavoro. L’assoluta irreggimentazione di ciascuna vita per raggiungere la meta della sopravvivenza razziale. Eravamo arrivati a questo, quando giunsero gli Hainiti. Essi ci portarono… un po’ più di speranza. Non molta. Noi l’abbiamo oltrepassata… Noi possiamo soltanto guardare a questo splendido mondo, a questa vitale società, a questo Urras, questo paradiso, dall’esterno. Siamo capaci solo di ammirarlo, e forse di invidiarlo un poco. Non molto. “
Ursula K. Le Guin, I reietti dell'altro pianeta, traduzione di Riccardo Valla, Collana Narrativa di anticipazione n.6, Editrice Nord, 1976¹, pp. 299-300.
[1ª Edizione originale: The Dispossessed: An Ambiguous Utopia, Harper & Row, New York City, 1974]
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L'amore non è solo sesso, è: una continua voglia di capire
i desideri che albergano nella mente di chi ci sta vicino.
Non esiste una regola o un codice, il capirsi senza
giudicare, l'unica regola certa per non cadere nella noia .
Quando una donna si china al cospetto del proprio Uomo è tutto già deciso .
Può sembrare strano ma in entrambi i ruoli ognuno attinge il proprio piacere dal ruolo.
Ognuno dona piacere reciprocamente stravolgendo ogni
logica di potere .
IL dominante diventa schiavo del piacere mentale che la
slave gli dona .
Sviluppare i propri sensi è il miglior modo per conoscere noi stessi,più grande è la conoscenza di noi stessi , più grande è il dono della nostra libertà interiore .
Per vivere serenamente "faccio solo ciò che mi emoziona .
Evito il negativo e prediligo il positivo .
Per essere sereni con tutti bisogna essere sereni con se stessi .
V Campidoglio
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un abbraccio, uomo strano!
- Ma lascia almeno che ti abbracci in segno di addio, uomo strano che sei! - esclamò il principe, guardandolo con affettuoso rimprovero, e voleva stringerlo a sé. Ma Parfen appena sollevate le braccia, le lasciò ricadere. Non riusciva a decidersi; si voltava di traverso per non vedere il principe. Non voleva abbracciarlo. da F. Dostoevskij, L'idiota
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Trappola e raccomandazioni
Gira uno spetegulessssssss riguardante il film Trap. I maligni dicono che Shyamalan lo abbia scritto e girato per lanciare la figlia cantante. (Alla quale, vedi caso, è stata affidata proprio la colonna sonora del film). Detto ciò, io posso affermare che i lavori di questo regista mi piacciono. Nonostante non siano all'altezza del suo esordio (Il sesto senso, per chi non lo sapesse). Perché lui parte sempre bene, eh. Poi finisce che si sbrodola e si banalizza. Nonostante l'indubbio mestiere. Nonostante quei colpi bassi che piazza qua e là, specie nei finali. La storia è assai semplice. Un uomo accompagna la giovanissima figlia al concerto che lei aspettava da tempo. (La cantante, sia detto in tutta franchezza, è proprio la pargola di Shyamalan). E fin qui, nulla di strano. Solo che il genitore è un crudelissimo serial killer, conosciuto come il Macellaio. E l'FBI ha trasformato la sede del concerto in una gigantesca trappola (da cui il titolo) al solo fine di catturarlo. La vicenda è ben raccontata: c'è molta tensione e i colpi di scena sono azzeccati. Il regista, poi, ha sempre quelle sue invenzioni visive che centrano il bersaglio. Non manca la Rivelazione finale, che mi ha sorpreso (ma forse perché nei gialli io non capisco mai una sega). Peccato che la conclusione sia effettivamente banale. Non risponde infatti a tutte le aspettative generate durante la narrazione. Hartnett è uno psicopatico abbastanza credibile, sebbene mantenga forse troppa calma. E la figlia del regista non sembra male, come attrice. Ma io me ne intendo fino lì. E posso anche sbagliarmi.
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Il cuore è un muscolo strano e sorprendente. Non si può vivere né amare senza, eppure gran parte delle persone non ci pensa spesso. Non pensano a quell'organo stabile e fedele che batte centomila volte al giorno. La maggior parte delle persone probabilmente non sa che il battito cardiaco di una donna è più rapido di quello di un uomo di circa otto battiti al minuto o che le sue quattro camere pompano sangue verso ogni cellula del corpo, fatta eccezione per le cornee. Tuttavia, a volte può essere una seccatura alquanto fastidiosa. Ci fa provare cose che non vogliamo, ci fa dire cose che non abbiamo mai programmato. E di recente era stato la fonte di tutti i miei problemi.
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Qual é il sogno più strano che tu abbia mai fatto?
una volta ho sognato che c'era un uccello in casa e io e la mia famiglia dovevamo rimuoverlo ma quando ho raccolto l'uccello è diventato un uomo. non mi ricordo più ma era strano
#anche c'è il sogno che ha ispirato goodnight travel well. anche era strano#neon answers#materassassino#neon ha pensieri
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https://www.tumblr.com/hollowforhollow/767388163575545856/httpswwwtumblrcomlevireonhato767383240612937?source=share
Sì poteva solo / lontanamente / immaginare quanto lo sguardo palesemente curioso del corvino potesse arrecare fastidio o imbarazzo al medesimo interlocutore per quanto indagatore e severo potesse essere; era uno sguardo attento alla continua ricerca dei più piccoli ed insignificanti dettagli che gli altri non riuscivano a notare. Eppure non aveva intenzione di cessare quel suo studio tanto attento quanto rigoroso, non se immaginava ch'egli aveva senza dubbio qualcosa che nascondeva nella parte più recondita della sua essenza; qualcosa a cui / probabilmente / nessuno aveva libero accesso. D'altronde chi non aveva almeno un segreto riguardante la propria anima?
Dimitri parlava, mentre Levi ascoltava silenziosamente il strano placido concerto dei suoi pensieri. Le sue parole avevano catturato la sua attenzione, ma era sempre molto sospettoso. Era abituato a scavare sempre molto prima di convincersi, o farsi un'idea.
«Mh» fece un mezzo e finto sorriso, quasi come se lo stesse prendendo in giro, guardandolo poi con una profonda serietà. Sembrava che lo stesse trafiggendo con i suoi occhi taglienti e grigi. Aveva tutta l'aria di chi stesse per architettare un modo per ucciderlo e scegliere un luogo dimenticato da dio in cui scavargli una fossa. No, niente di tutto questo entrava nella mente del Reonhato. Ed ecco che il corvino decise finalmente di rivolgergli parola.
«”Vecchio / amico / di famiglia”, eh… perché no? Potrebbe rivelarsi assai piacevole» chiaramente nel tono da lui usato traspariva una forma blanda di ironia, scavando nei ricordi di Dimitri, ma quello che aveva trovato era solo morte, sangue, disprezzo, odio. Tutte emozioni negative.
«Quanto un attacco di diarrea suppongo.» Com’era sempre così raffinato nell'esporre le sue figure retoriche. Stavolta l'ironia aveva abbandonato il tono di voce. Forse inconsciamente voleva spaventarlo, ma a quanto sembrava non ci stava riuscendo per niente, almeno con Dimitri. Era davvero un tipo strano Levi. Rimaneva piuttosto indecifrabile come persona, lo era sempre stato sin da piccolo. Giravano voci su di lui e chiunque non abbia mai avuto il / piacere / di conoscere Levi Reonhato, si immaginerebbe un uomo molto brutto e molto sgradevole. Ma a pelle si poteva essere abbastanza certi che fosse uno di cui ci si potesse fidare sul serio. Uomo complesso ma allo stesso tempo anche molto onesto e diretto.
«Non racconto mai la mia vita a nessuno. E' mia e basta, non voglio essere / compatito /, piuttosto preferisco essere disprezzato.»
Levi non è un tipo di cui si fida facilmente, col tempo aveva perso molta fiducia, specialmente nell’umanità. Né avrebbe accettato l’aiuto di nessuno, anche quando non sarebbe stato in grado di cavarsela da solo. Questo lato lo aveva sicuramente preso da sua madre Laia: preferirebbe morire piuttosto che fare affidamento sugli altri.
«/ Ma / potrei fare qualche eccezione, oggi, con te. Ho sempre pensato che l’unica cosa che ci accomuna – purtroppo – è che siamo attratti dall'oscurità come le falene dalla luce» concluse il corvino, concedendogli stranamente una piccola opportunità. Il corvino era uno che non andava tanto per il sottile e nei propri occhi baluginava l'efferatezza, con cui ogni tanto amava duettare. E mentre lo scrutava, capì che Dimitri non aveva cattive intenzioni almeno per adesso, sebbene quegli occhi e quel perfido sorriso gli suggerisse il contrario.
«Ci terrei a precisare però che sono molto bravo a smascherare le bugie, quindi non provare ad ingannarmi, Dimitri.»
Lo freddò il giovane Reonhato, senza perderlo di vista neanche per un secondo. Sarà un pezzo di ghiaccio, ma anche il ghiaccio può bruciare. Brucia la pelle se ci rimani a contatto troppo a lungo e il suo ghiaccio non era da meno. Le scottature da ghiaccio fanno male, come quelle da fiamma. Ecco com'era il suo ghiaccio. Uno sguardo che ti penetrava dentro, in ogni cellula, in ogni anfratto. Aveva una freddezza che ti rimaneva addosso per sempre.
«Qui vicino ci deve essere un piccolo locale niente male. Potremmo andare lì» suggerì infine il corvino, decidendo finalmente di seguire il rosso, mantenendo sempre e comunque una certa distanza di / sicurezza /. Nella vita non si sai mai, eh Levi.
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