#una giornata a fare i conti
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pgfone · 3 months ago
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Per me il futuro è già qui.
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occhietti · 5 months ago
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Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio. Anche un'arancia per la vitamina C e una tazza di Tè verde senza zucchero, per prevenire il diabete.
Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d'acqua anche se poi espellerli richiede il doppio del tempo che hai messo per berli.
Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere i "L. Cassei Defensis", che nessuno sa bene che cosa cavolo siano, però sembra che se non ti ingoi per lo meno un milione e mezzo di questi bacilli tutti i giorni, inizi a vedere sfocato.
Ogni giorno un'aspirina, per prevenire l'ictus, e un bicchiere di vino rosso, per prevenire contro l'infarto. E un altro di bianco, per il sistema nervoso. E uno di birra, che già non mi ricordo a che cosa serva. Se li bevi tutti insieme, ti può provocare un'emorragia cerebrale, ma non ti preoccupare perché non te ne renderai neppure conto...
Tutti i giorni bisogna mangiare fibra. Molta, moltissima fibra, finché riesci a evacuare un maglione.
Si devono fare tra i 4 e 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone. Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore. Ah, e dopo ogni pranzo bisogna lavarsi i denti, ossia che dopo l'Actimel e la fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti... e così via finché ti rimangono tre denti in bocca, senza dimenticarti di usare il filo interdentale, massaggiare le gengive, il risciacquo col colluttorio... Meglio ampliare il bagno e metterci il lettore di CD, perché tra l'acqua, le fibre e i denti, ci passerai varie ore.
Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto, più le 5 necessarie per mangiare, 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico. Secondo le statistiche, vediamo la televisione per tre ore al giorno. Ma no! Non si può, perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz'ora.
Bisogna mantenere le amicizie perché sono come le piante: bisogna innaffiarle tutti i giorni per mantenerle in vita.
Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo meno due giornali e un paio di articoli di rivista, per una lettura critica.
Ah!, si deve fare sesso tutti i giorni, però senza cadere nella routine: bisogna essere innovatori, creativi, e rinnovare la seduzione.
Tutto questo ha bisogno di tempo. E senza parlare del sesso tantrico.
Bisogna anche avere il tempo di scopare per terra, spolverare, lavare i piatti, i panni, stirare e non parliamo se hai dei figli o un cane.
Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno. Non c’è niente da fare: devi fare varie cose insieme. Si chiama multitasking, non c’è altra soluzione! Per esempio, ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta, così almeno ti bevi i due litri canonici. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca e fai l’amore (tantrico) con il compagno/a che nel frattempo guarda la TV e ti racconta, mentre tu lavi il pavimento. Ti rimane una mano libera? Chiama i genitori o qualche amico. Dopo aver chiamato i genitori, avrai senz’altro bisogno di un goccio di vino per tirarti su. Il Bio Puritas con la mela te lo può dare il partner, mentre si mangia la banana con l’Actimel, e domani fate il cambio.
Mi è venuta la confusione mentale.
Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d’acqua e il terzo pasto con fibra della giornata, già non so più cosa sto facendo. So che devo andare urgentemente in bagno. E ne approfitto per lavarmi i denti. Però, se ti rimangono due minuti liberi, invia una copia ai tuoi amici, che devono essere annaffiati come una pianta.
Se ti avessi già mandato questo messaggio, perdonami. È l’Alzheimer che, nonostante tutte le cure, non sono ancora riuscita a debellare.
web - Autore sconosciuto
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raccontidialiantis · 3 months ago
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Fammi sentire ancora amata da te
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Caro, sai che da qualche tempo ne devo mandare giù tante. Ogni giorno. Mi tiene in pugno: sa benissimo che questo lavoro ci serve per mangiare. Ma finirà, fidati. Forse. Magari no... Anzi decisamente no, come capirai fra un po'. Devo dirti tutto. So che dovrei probabilmente cercare comunque di respingerlo, di ritrovare un minimo della mia dignità di donna, di lavoratrice, di moglie e madre: sono quasi sicura che non mi licenzierebbe, se lo respingessi.
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M’ha assunta diversi anni fa e sai che all'epoca mi disse che lui per me sarebbe stato sempre come un secondo padre. Ed è anche stato il padrino di battesimo di Luca. Però sento intimamente che ormai devo assolutamente dirti tutto. Me lo impone la  mia coscienza. Non posso più fare finta di nulla; devo essere onesta con te e sputare finalmente il rospo. Un matrimonio è anche questo. Sai, non è proprio come ti ho sempre detto: non sono state solo battute e qualche palpatina... aspetta, non ti arrabbiare. Mantieni il controllo, per favore. Non è solo tutta colpa sua... si, si: adesso se ti calmi ti spiego, ok?
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Dunque, da quando tu hai perso il lavoro, senza por tempo in mezzo lui mi ha immediatamente aumentato lo stipendio ma ha preso ad accelerare, con me. Dapprima ha iniziato a mettermi timidamente una mano nella scollatura, quasi per caso, appoggiandosi un po' quando mi si avvicinava alla scrivania, per chiedermi qualcosa o per controllare. Io, impaurita e rossissima in viso, lo lasciavo fare. A ogni modo, non succedeva tutti i giorni. Lui era comunque sempre un po’ esitante, imbarazzato. Però capivo anche che, vedovo da cinque anni, aveva una voglia enorme di passera, magari della moglie di qualcuno, quindi di una donna seria e in fin dei conti pulita.
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Una mamma di famiglia, una donna matura: da amare molto discretamente e anche da aiutare concretamente, insomma. Non è certo tipo da andare a troie. Poi, dopo un paio di settimane di tensione erotica crescente ma palpabile tra noi, un giorno, con mio totale imbarazzo, a fine pomeriggio lavorativo tolse tutte le sue esitazioni di mezzo, prese confidenza e chiuse a chiave la porta dello studio. Mi guardò fissa e io capii. Sarei senz'altro potuta andare via: aveva lasciato la chiave nella toppa. Avrei voluto morire, quella prima volta. Da quel momento lo fece ogni giorno, a fine giornata e appuntamenti esauriti.
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Però un po’ devo dire che questa cosa mi incuriosiva, mi eccitava. Mi lusingava anche, il fatto che lui volesse proprio me. Per non scappare e per non sentirmi piena di vergogna, pensavo alle bollette, alla spesa da fare. Ai libri e ai vestiti dei figli. Ma erano scuse: chi volevo fregare... in fondo al mio cuore, che già batteva forte per lui, lo volevo anche io! Forse, parlando chiaro tra noi, sarà stata anche la noia del nostro ménage, sai... Egli dopo la chiusura della porta immediatamente si infilava sempre seduto sulla mia stessa sedia dietro di me. Ogni pomeriggio. Iniziò dapprima col mettermi semplicemente una mano nella camicetta.
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Su un seno, stimolandomi il capezzolo e l’altra in mezzo alle cosce, fino alle mutande. Mi frugava e mi stimolava. M'annusava baciandomi il collo, rapito dalla passione. Senza dire una parola. Poi sosteneva e massaggiava dolcemente e con delicatezza le mie tette con entrambe le mani. Da sotto la camicetta o la canotta mi accarezzava lascivamente i fianchi dei seni, eccitandomi da impazzire. Mugolavo e lui si ingrifava ancora di più. Mi sussurrava che col mio profumo lo stordivo, che mi desiderava da impazzire. Io ero apparentemente ancora una statua di gesso, fatto salvo il mugolare. Non partecipavo attivamente. Però dovevo sbottonare la camicetta e allargare le gambe per lasciarlo fare.
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Inizialmente, mi palpava la fica da sopra gli slip, ancora non aveva il coraggio di scostarli. Sebbene fossi evidentemente bagnata e lui lo sentiva. Dargli il contatto con il mio intimo lo feci io dopo un po’: guidando la sua mano, gli consentii di infilarmi le dita dentro il solco tra le natiche e poi nell'ano. Tanto valeva farlo fare ormai, no? Nella fregna subito a seguire. Mi masturbava per alcuni secondi e poi si ritraeva, un po' si vergognava di quello che stava facendo a una mamma di famiglia. Iniziai quindi un po’ a rilassarmi, a fargli capire che gradivo. Mi eccitava, quella sensazione di potere su un uomo tanto influente, stimato e rispettato.
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Toglieva le dita dalla mia fica di donna sposata, le annusava rapito e quindi se le leccava, gemendo a occhi chiusi. Poi mi ringraziava e mi lasciava tornare a casa. Io segretamente speravo ogni giorno che osasse di più. Lo desideravo da impazzire. Dopo qualche giorno dal contatto delle sue dita con il mio ano e la fica, egli si decise: mi ordinò perentoriamente di togliermi la camicetta e di mettermi a cavalcioni sulle sue gambe, in grembo a lui. A torso completamente nudo e seni liberi. Ero imbarazzatissima. Ma nonostante tutto eseguii docilmente, come ipnotizzata dalla sua voce. E... si, confesso: anche totalmente eccitata dall’oscenità e da quel senso di sporco, di proibito di quella situazione.
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Ero ormai una donna dal comportamento disdicevole, una vera peccatrice: mi piaceva tutto quello che facevamo e quindi ti stavo tradendo, era ormai chiaro e conclamato. Quanto mi sentivo in colpa, quelle prime volte. Mi slacciava il reggiseno, mi faceva restare a torso nudo e giocava con le mie mammelle. Le leccava dappertutto, se le sbatteva in faccia più volte, si torturava dolcemente e succhiava dai miei capezzoli. Gli piaceva affondare il viso nel mio petto e restarci. Mi ciucciava le tette a lungo e tirava fortissimo. Quasi me le strappava, succhiandole come un ossesso, mettendosele tutte in bocca: con me diventava un bambino viziato e desideroso del seno della madre. Lo accarezzavo, mentre me lo faceva. Devo dirti che è in quel frangente che, sentendomi da tempo un po’ trascurata da te ma nuovamente una femmina molto desiderata e succhiata, leccata a lungo da un maschio, dopo un po’ di volte che lo lasciavo fare, ho iniziato a godere della sua bocca.
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Non vedevo l'ora che arrivassero le sei. E iniziai a provare compiacimento, del mio essere diventata una troia. Quindi, dopo il mio rilassamento, fu naturale che quasi subito, sotto i sapienti maneggiamenti e le leccate di seno, ebbi con l’Avvocato il mio primo orgasmo spontaneo. Iniziai a gemere ad alta voce e a dirgli: "oh, caro, caro... fammi godere, fammi quello che vuoi... sono la tua puttana..." Si, ti giuro sui nostri figli che non volevo, non ho iniziato io questo gioco perverso. Ma venire, avere il primo orgasmo con lui, è stato più forte di me. Non riuscivo a soffocare i miei mugolii. A frenare le mie parole. Gli ho detto il mio primo “siii” con tutto il cuore e con la fica. Non ho potuto evitarlo: ho goduto. Molto e veramente.
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Lui ha realizzato subito quello che stava accadendo ed è letteralmente impazzito. Non ha potuto resistere e dal giorno dopo quel mio primo orgasmo spontaneo senza penetrazione ha voluto tutto, da me. In quel primo frangente, magico per entrambi, egli infatti non ha voluto approfittare, forse spiazzato da ciò che gli si stava aprendo davanti. Una voragine di perversione e tradimento, di tutti i suoi e miei valori. Un ultimo, labile scrupolo di coscienza: dopotutto lui ti conosce bene e ti stima tantissimo.
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Ma il cazzo non sente ragioni. Era un percorso di vera e segreta, fortissima passione per entrambi. Stava rubando la donna a un altro uomo: la faceva godere al posto suo. Così sappi quindi che è da un anno ormai che ogni giorno me lo spompino, glielo prendo in bocca, lo lavoro per bene e lo faccio sborrare. Tantissimo. Ingoio integralmente tutto quello che produce. Gli succhio tutto ciò che ha dentro i coglioni. E più ne ha, più ne ingoio. Glieli strizzo, mentre viene, per fargli un po’ male quando sta sborrando e fargli così capire che lo tengo per le palle.
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Dopo circa due mesi, progressivamente e in modo molto discreto quindi, ho iniziato a dargli ordini anche io!!! Eccheccazzo!!! Poi, da lui mi faccio sfondare il culo, anche se a te l'ho dato raramente, lo sai, perché mi fa male. Lui ha il cazzo più grosso del tuo, ma anche se mi fa tanto male, lo voglio, lo desidero. Voglio soffrire per ciò che ti faccio. Devo dire però che quando lui mi sborra dentro le viscere, sento che sono intimamente sua e vengo anche io. Squirto... allago ovunque e poi mi tocca pure pulire!
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Mi piace da morire, prenderlo in culo da lui. Allargo le natiche con le mani, per farlo entrare tutto. Come e quando succede: quando gli ultimi clienti del suo studio di affermato penalista sono andati via, io mi spoglio e mi metto sul tappeto. Nuda, a cosce spalancate e voglio che mi lecchi la fica fino alla mia soddisfazione completa. Lui ama inghiottire il mio miele di donna. Malgrado l’età è ancora molto potente e duro. Ah, a proposito: questo ti farà andare fuori dai gangheri non poco! Ho iniziato già dopo un paio di mesi a consentirgli di sborrarmi sul viso.
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Aspetta... dai non ti incazzare... siamo pragmatici... si, si: va bene! La cosa del culo... Hai ragione: a te il mio culo non l’ho quasi mai concesso... ma questa situazione ci porta bei soldi, caro mio... e quindi fino a quando non troverai un lavoro stabile e redditizio, devo mantenere il suo interesse per me ben vivo e alto. Perché ti sto facendo questa confessione molto dettagliata... perché te lo devo. E perché ormai di lui e del suo cazzo grosso e insaziabile sappi che sono diventata schiava e mezzo innamorata. Mi piace tanto, prenderlo in culo e in bocca da lui. In fica poi non ne parliamo! Non so più farne a meno.
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Non vedi che durante il fine settimana sono sempre nervosa? Non vedo l'ora di rivederlo. Poi, appunto, non è solo colpa mia: perché tu mi devi scopare di più. Devo sentire che mi vuoi come un tempo. Perché a quarant'anni passati da tempo, quasi cinquanta, sento che ho bisogno di più cazzo, nella mia vita: voglio scopare. E ormai voglio farlo con i miei due uomini. Sappi che forse cercherò anche qualche altra avventura extra con uno più giovane, in giro. E tu dovrai lasciarmelo fare. Ne ho bisogno. E comunque dei bei soldi extra che ogni mese il mio datore di lavoro e di cazzo ci allunga, noi non possiamo più fare a meno.
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Ecco, ora sai tutto: questa è la materia di cui sono fatte le mie ore di lavoro extra fino alle otto di sera. Non c’è assolutamente nessun impegno per la redazione di cartelle, lettere di diffida, di convocazione, ingiunzioni, ricorsi. Tutte balle che t'ho raccontato. Ma non voglio più mentire. Glielo prendo in corpo in tutti i modi. Rassegnati, se veramente mi ami e non vuoi perdermi. Amo te, certo: ma scopo con lui. E con gran gusto. Mi sono scoperta puttana e felice. Adesso andiamo a letto. Puoi sfondarmi il culo, strizzandomi le tette e chiamandomi a buon diritto troia. Aspetta... almeno arriviamo sul materasso... daiiii... leva quella cazzo di mano dalle mutande e dal mio ano... stupido... si, lo so: profumo di sesso e di paradiso... me lo dici sempre, quando sei arrapato.
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RDA
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fiamme-di-nostalgia · 4 months ago
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La verità è che vivo nel tormento invisibile della mia stessa vergogna. In un fragile momento di vulnerabilità, ho abbassato le difese e ho permesso ad un'estranea di attraversare il confine della mia esistenza, come un'ombra sottile che scivola sotto il fondo di una porta.
Avevo un disperato bisogno di essere visto, di essere capito, e ho abbracciato quella presenza come se fosse l’unico faro, un lumicino di speranza nell'oscurità di una tempesta interiore.
Le onde del mio tormento si infrangevano con furia, ma lei brillava come un'ancora, un miraggio di stabilità. Questa persona mi ha regalato un'illusione di pace e sicurezza, facendomi credere di essere finalmente al riparo dalle mie paure.
È stato come un caldo abbraccio, come il primo sorso di una tazza di tè bollente durante una giornata grigia e uggiosa, un conforto inaspettato che riscaldava l’anima. 
E così, lentamente, è diventata una dipendenza. Come un veleno subdolo e dolce che ha messo radici dentro di me, facendomi credere che senza di lei nulla avesse più senso. Mi sono lasciato cullare da quella fantasia di libertà, come se tutto fosse finalmente a portata di mano, come se per la prima volta mi sentissi capito, apprezzato, accolto.
E ho desiderato rimanere lì, in quell'illusione. 
Non volevo spezzare l’incanto, non volevo guardare in faccia la realtà. Eppure, dietro la dolcezza, c'era sempre il sibilo della paura: paura di affezionarmi troppo, di perdere tutto in un battito di ciglia. 
Mi sono trovato intrappolato tra il desiderio di avvicinarmi e il terrore di essere abbandonato, come un topo in trappola, aggrappato a un legame che sapevo fragile.
E poi, senza preavviso, quella persona si è dissolta come fumo, lasciandomi da solo a fare i conti con la mia ingenuità e con le macerie dei miei errori. Ma in tutto questo, se c'è una lezione amara che ho imparato, è che non posso portare da solo il peso di ogni colpa. 
Non posso continuare a punirmi per aver aperto il cuore, per aver creduto, anche solo per un attimo, che potesse essere vero. Se ho ceduto, è perché qualcuno ha saputo danzare sulle mie fragilità, ha sfiorato i miei sentimenti e, anche se inconsapevolmente, ha scelto di fare leva sulle mie paure, lasciandomi indifeso.
E ora, mi prometto di non dimenticare. Di riconoscere chi, con una maschera di gentilezza, si muove nell'ombra agendo con una sottile sagacia, cercando di toccare le vulnerabilità altrui per soddisfare i propri bisogni nascosti.
E mi auguro, con dolcezza, di non dover più incrociare la strada di chi trasforma la fiducia in un'arma. 
Questa, forse, sarà la mia salvezza.
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ilpianistasultetto · 1 year ago
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Per fare un ragù decente occorre tempo e passione, aggiungere gli ingredienti giusti, tentare di ottenere un sapore unico, una magia nel piatto. Mia madre sapeva il tempo che ci voleva per fare un ragù spettacolare, di quelli che si attaccavano al palato e ne sentivi il sapore per mezza giornata. Quanto tempo..
Lo stesso accadeva per fare un maglione o una sciarpa di lana, di quelle per avvolgere il calore e scacciare il fiato dell'inverno.
Il consumismo di massa ha abbassato di molto la pretesa al meglio. Oggi abbiamo fretta, dobbiamo correre, andare veloci, e se una riflessione bussa al cervello, ti sembra tempo perso. Oggi ci sono i padroni del tempo, o meglio, del nostro tempo. Lo tolgono a noi per averne in scorta sui conti correnti, questo è il tempo che a loro serve, rendendoci schiavi di passioni inutili, e poi, ci accorgiamo di non avere più tempo per noi e si rimpiange quello gettato al vento. Quanto tempo sprecato a rincorrere cose inutili, l'effimero che diventa l'essenziale e quando siamo di fronte a qualcosa di unico, un tramonto, un cielo stellato, un caffè consumato in buona compagnia o, semplicemente, scrivere, dipingere, suonare, parlare, ecco che noi stessi diventiamo un'opera d'arte, come una sciarpa di lana fatto a mano. @ilpianistasultetto
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ninna--nanna · 11 months ago
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Ho pensato tanto in questi giorni. Alla fine sto cercando di essere totalmente focalizzata su me stessa, cosa che non sono mai riuscita a fare. Dalle amicizie, ai colleghi, alle relazioni, ho sempre dato tutto agli altri pensando poco niente a me. Ciò non vuol dire che io sia diventata egoista, ma sicuramente ho imparato a lasciare scorrere certe cose e a non uccidermi per gli altri, perché saranno pochi o nessuno spesso a ricambiare quello che tu dai a loro. Ho imparato a rispondere se devo, a farmi valere (sempre con rispetto ed educazione) ed a dire cosa penso. Ho imparato a prendermi cura di me stessa: mi sto allenando, passeggio, mangio meglio etc.
Pensavo anche che alla fine a me di avere un fidanzato non frega proprio niente in questo momento della mia vita. Oggettivamente, poi, con tutte le cose che ho da fare, riesco a malapena a vedere i 3 amici che ho, figuriamoci a tenere in piedi una relazione. Ah e altra cosa, amici si, ma pochi. Tanto anche qui l'85% delle persone che ci circondano alla fine sono conoscenti e a poco gli importa di noi.
I colleghi? Beh ho capito che lavoro in un ambiente con l'organizzazione di un castoro che sta affogando e tossico. Totalmente un ambiente tossico, pieno di esauriti. Ma anche qui ho imparato a fregarmene. Vado, faccio il mio e prendo il mio stipendio a fine mese. Oggettivamente non è il lavoro della mia vita e sto facendo tutto questo solo per avere più soldi possibili da parte per ciò che voglio fare in fin dei conti.
Pensieri a caso, buona giornata 🌸
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weirdesplinder · 23 days ago
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4 romanzi per entrare nel mood del Festival di Sanremo
IL FESTIVAL DEGLI DEI, di Marino Bartoletti
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Trama: Un evento così non si era mai visto: né si sarebbe più visto per l’Eternità. Il Grande Vecchio aveva sempre avuto una passione per la musica, ma nessuno avrebbe immaginato che potesse ideare uno spettacolo del genere. Ed ecco allora la versione paradisiaca del Festival di Sanremo, con tutte le leggende che vi avevano preso parte e che ora erano nel Luogo: da Mia Martini a Domenico Modugno, da Gabriella Ferri a Mino Reitano, da Umberto Bindi a Ivan Graziani, da Lucio Dalla a Rino Gaetano, da Little Tony a Giorgio Gaber, da Milva a Sergio Endrigo, da Giuni Russo a Enzo Jannacci, da Mango a Claudio Villa, da Pierangelo Bertoli a Toto Cutugno a tanti tanti altri. Chi avrebbe vinto il Festival degli dei?
La mia opinione: fa parte della serie iniziata con il libro La cena degli dei, romanzi con una trama quasi inesistente che è solo cornice per raccontare aneddoti e curiosità sulle vite di personaggi famosi, in questo caso di cantanti famosi. non è proprio un vero e propeio romanzo, ma un libro di curiosità.
IL BREVE MESTIERE DI VIVERE, di Adriano Morosetti
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Trama: Febbraio 1993. Sanremo si prepara a ospitare il Festival e tra i numerosi giornalisti giunti a seguire l’evento, c’è anche Arturo Ferretti, tornato nella sua città natale come inviato di una scalcinata rivista di gossip. In una città messa sottosopra da troupe televisive, cantanti famosi e feste esclusive, Ferretti si ritrova invischiato nella morte di Nino, un vecchio amico. Per la polizia è un semplice incidente, ma troppe cose non tornano. Cinico e disilluso, il giornalista vorrebbe solo strappare uno scoop e andarsene, ma sa che non può farlo: per scoprire la verità e uscirne vivo, dovrà imparare a fare i conti con i fantasmi del passato, perché, come canta Enrico Ruggeri sul palco dell’Ariston, “il breve mestiere di vivere è il solo mistero che c’è”.
La mia opinione: giallo ambientato a Sanremo durante il Festival della  anzone italiane, quasi una Sanremo noir, un'atmosfera che personalmente non avevo mai attribuito alla città dei fiori che nemmeno sembra lei.
INFINITA NOTTE, di Alessandro Zaccuri
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Trama: Ci si potrebbe identificare in Gualtiero Ricasoli, dirigente Rai temutissimo, eppure terrorizzato dall'idea che il figlio possa metterlo in imbarazzo. Oppure si potrebbe simpatizzare con il figlio, il rapper Gabo, che moltiplica provocazioni e colpi di scena, esibendosi in acrobazie urbane e nascondendosi sotto una girandola di pseudonimi. Però ci sono anche Francy e Vanessa, adolescenti giudiziose e bruttine scese dalla provincia per innamorarsi proprio di Gabo e della sua musica. E poi c'è Miles De Michele, il manager italoamericano che per la prima volta in vita sua si perde nei meandri della violenza e del desiderio a causa di Jeanne, la bellissima ragazza di Mauritius capace di incantarlo con l'accento francese e la competenza sul martirio di Giovanna d'Arco. Dietro Jeanne, però, c'è Viktor, faccendiere della nuova Russia, e dietro Viktor c'è Babushka, la grande vecchia nelle cui vene scorre il sangue di regine e imperatrici. Se ancora non bastasse, ci si potrebbe mettere al seguito di Raffaele Maria Ferri, diventato scrittore di successo lui, figlio di un tranviere - grazie a un libro sui tassinari romani: cooptato come autore al Festival di Sanremo, si trova a districarsi fra le richieste del Conduttore e le trame ordite da Miriam, "la Cascella", depositaria di ogni segreto dello show-biz.
DELITTO AL FESTIVAL DI SANREMO, di Achille Maccapani
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Trama: Sono le cinque di una domenica mattina. Il vicequestore di Sanremo Francesco Orengo è nel suo alloggio di servizio, in pieno riposo dopo un’intensa giornata lavorativa. Di colpo viene svegliato dal suo primo collaboratore, l’ispettore capo Dario Canevari: hanno trovato un cadavere nella toilette del teatro Ariston. L’omicidio è avvenuto poche ore prima, al termine della serata finale del Festival della Canzone Italiana presentata da Amadeus, con la partecipazione di Fiorello. Uno choc terribile per Sanremo: la capitale italiana della musica e del turismo, la città della Liguria più famosa in tutto il mondo. Per il commissario Orengo, tornato nel suo ponente ligure da poche settimane, dopo parecchi anni di esilio volontario tra la Lombardia e il Piemonte, è l’inizio di un turbine infernale. Al suo fianco, la squadra investigativa lavora a ritmo convulso, tra documenti raccolti, ricostruzioni del passato della vittima, un noto imprenditore nel settore delle calzature in provincia di Caserta, nonostante intoppi e boicottaggi, e numerosi risvolti nascosti che si agitano attorno a Sanremo e alla kermesse festivaliera. Ben presto, Orengo dovrà pure fare i conti con il suo difficile passato e un nemico che agisce per metterlo costantemente in difficoltà.
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iosonoblu · 2 months ago
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Caro Andrea, non so come pronunciare queste parole senza provare una specie di senso di colpa, sapendo di mentire spudoratamente a me stessa. Chissenefrega di lui, alla fine è con me stessa che devo fare i conti a fine giornata. E la notte non tarda ad arrivare, no, la nebbia offusca subito i volti di tutti.
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rideretremando · 6 months ago
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"Jannacci "accademico" (Oh yeh)
Quelli che si incazzano se non li inviti
Quelli che invitano solo gli amici
Quelli che se inviti Tizio o Caio, loro non vengono
Quelli che non ti invitano perché sei uno stronzo
Quelli che si autoinvitano
Quelli che appena diventati ricercatori iniziano a rompere i coglioni per diventare associati, e appena diventati associati iniziano a rompere i coglioni per diventare ordinari
Quelli che sino a quando non sei ordinario non conti un cazzo
Quelli che non vogliono diventare ricercatore o professore per poter studiare, ma studiano per poter diventare ricercatore o professore
Quelli che appena diventano ricercatori o professori smettono di studiare
Quelli che non hanno niente da dire, eppure scrivono lo stesso
Quelli che scrivono libri pur non avendo ancora risolto tutti i loro problemi con l'italiano
Quelli che invece di scrivere un libro perché hanno qualcosa da dire, cercano qualcosa da dire per poter pubblicare un libro
Quelli che non leggono il tedesco perché è difficile
Quelli che non citano i morti, perché non possono entrare nelle commissioni di concorso
Quelli che citano una volta sola una sola riga del tuo libro, scelta a caso, solo per poter mettere il titolo in bibliografia e il nome nell'indice
Quelli che riempiono le note di "Su questo problema cfr. x, y, z,…n", e pensano in questo modo di "aver tenuto conto della letteratura critica di riferimento"
Quelli che non ti citano perché sei uno stronzo
Quelli che si incazzano se non li citi
Quelli che scrivono solo in inglese
Quelli che leggono solo letteratura in inglese
Quelli che citano solo letteratura in inglese
Quelli che scoprono l'acqua calda perché hanno letto solo letteratura in inglese
Quelli che conoscono solo l'inglese, mentre tu leggi in italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e catalano; e però l'ignorante sei tu, perché non conosci l'inglese così bene come loro.
Quelli che lavorano, in Italia, nel Department of Philosophy (hai visto mai che se scrivi "Dipartimento di filosofia" c'è qualche collega straniero che ha bisogno della traduzione?)
Quelli che chi non scrive solo in inglese è un coglione
Quelli che, pur essendo italiani, dicono che in Italia facciamo tutti schifo
Quelli che impaginano largo per ingrassare il libro
Quelli che stanno a casa
Quelli che si dimenticano di venire
Quelli che mandano altri a far lezione al posto loro
Quelli che vedono per la prima volta le tesi dei loro studenti il giorno della laurea
Quelli che all'esame non bocciano nessuno, perché se no poi tornano
Quelli che hanno solo mezza giornata per ottanta esami
Quelli che all’esame fanno solo l’appello, e rimandano le interrogazioni a due settimane dopo
Quelli che l'esame dura non più due minuti: tanto se do trenta a tutti nessuno protesta
Quelli che chi se ne frega tanto nessuno controlla
Quelli che tolte le citazioni il loro libro fa venti pagine
Quelli che "spacchettano" i loro libri per moltiplicare i titoli e allungare il curriculum
Quelli che copiano
Quelli che "copia e incolla"
Quelli che copiano, ma “da sé stessi”
Quelli che copiano, ma si può fare, perché il libro è divulgativo
Quelli che lo stesso libro o lo stesso saggio in italiano e in inglese diventano (miracolo!) due libri e due saggi
Quelli che scelgono di studiare un argomento di cui, giustamente, non è mai fregato un cazzo a nessuno, nemmeno a loro; così si risparmiano la fatica di leggere la bibliografia (che non c'è) e diventano con poca spesa i "massimi esperti mondiali nel loro settore"
Quelli che l'Università non sarebbe poi così male, se solo non ci fossero gli studenti
Quelli che continuano a ripetere, da duemila anni a oggi, che gli studenti sono sempre più cretini e sempre più ignoranti.
Quelli che hanno il diritto di valutare gli altri, ma nessuno ha il diritto di valutare loro.
Quelli che hanno concepito un'idea da piccoli e non fanno che ripeterla per tutta la vita
Quelli che credono di aver diritto a un posto in università perché io non sarò un granché, ma non sono il peggiore
Quelli che non pubblicano niente da anni, e se ne vantano
Quelli che in America basta un articolo importante, ma loro non ne hanno nemmeno uno
Quelli che non sanno che cosa studiare, e non si chiedono perché non lo sanno
Quelli che hanno l'ansia della pagina bianca
Quelli che chi scrive tanto scrive solo cazzate
Quelli che promuovono allievi incapaci e poi si lamentano se tu non li aiuti.
Quelli che se critichi le loro tesi "ce l'hai con loro"
Quelli che non gliene importa un fico secco di quello che studiano
Quelli che i "prodotti della ricerca" sono solo una dolorosa necessità per avere un posto
Quelli che hai recensito il mio libro per stroncarmi la carriera
Quelli che ma non puoi farti i cazzi tuoi?
Quelli che vivi e lascia vivere
Quelli che chi ti manda?
Quelli che ma chi c'è dietro?
Quelli che in pubblico parlano bene di tutti e poi in privato, peste e corna
Quelli che non leggono più niente
Quelli che non scrivono più niente (tanto lo stipendio arriva lo stesso)
Quelli che non hanno mai tempo, ma nessuno (nemmeno loro) ha mai capito che cavolo fanno tutto il giorno
Quelli che sono diventati professori presentando il "preprint" di un libro mai pubblicato
Quelli che sono diventati professori senza mai avere scritto un libro
Quelli che si lamentano perché, "con tutto il lavoro che fanno", guadagnano poco
Quelli che fare il docente universitario non è un granché, ma è pur sempre meglio che lavorare
Quelli che i concorsi sono tutti corrotti… ma loro non potrebbero vincere mai neppure quelli regolari.
Quelli che pretendono che i loro nemici siano anche i tuoi nemici
Quelli che l'Università fa schifo, ma farebbero carte false per poter essere assunti
Quelli che non vedono l'ora di andare in pensione, ma poi resistono impavidi sino all'ultimo giorno legale, e spesso continuano a rompere i coglioni anche dopo
Quelli che magnificano la correttezza delle università anglosassoni, ma se si trovano in Italia si comportano come i peggiori baroni vecchia maniera
Quelli che se non hai passato un po' di tempo all'estero, non sei nessuno; e magari, quanto a loro, la città più esotica che hanno visto è Lugano
Quelli e quelle che protestano indignati contro le discriminazioni di genere, e poi sono i primi e le prime a dire che questa o quella ha fatto carriera solo perché moglie o amante di qualcuno
Quelli che hanno riportato in Italia dei "cervelli" che stavano benissimo dov'erano
Quelli che a trent'anni non vedono l'ora di fuggire dall'Italia, perché qui è tutto uno schifo, e poi a quaranta o cinquanta non vedono l'ora di ritornare, nonostante che a sentir loro l'Italia continui a fare schifo come e più di prima
Quelli…quelli che…quelli che ma tu sei proprio uno stronzo!"
Franco Trabattoni (tra l'altro uno dei più grandi specialisti in Italia di Platone)
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roxan-world · 6 months ago
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..e poi ritrovarsi..alla fine della giornata...a fare i conti con i nostri pensieri...a scavare dentro di noi per far emergere sensazioni che durante il giorno non abbiamo tempo di ascoltare.. farci viaggi mentali ..che fortunatamente nessuno può ascoltare e accorgersi di una lacrima che scende sul viso o di un sorriso....sulla nostra bocca...e poi ...chiudere gli occhi e addormentarsi...con la speranza...di sognare..illudendoci..che il mondo che vogliamo...la vita che vorremmo.....esista davvero ❣
💕 Buonanotte 💕
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susieporta · 1 year ago
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Chi sono io quando non c'è nessuno che mi conosce a qualche livello dal più profondo al più basilare, che stimola parti di me in base al pezzo di vita che abbiamo condiviso o stiamo condividendo? Chi sono io senza la mia storia rispecchiata dagli altri?
Si parla molto di disintossicazione sul piano prettamente alimentare e poco sul piano emotivo e mentale. Siamo così immersi nelle proiezioni nostre e degli altri che finiamo per recitare sempre gli stessi copioni, a pensare che quella persona lì siamo noi e a restringere l’idea di noi in spazi sempre più asfittici che rischiano di renderci incapaci di aprirci a nuovi modi di sperimentare le cose, gli spazi, le persone e in ultima analisi, noi stessi.
Per me la pratica della presenza non ha a che vedere unicamente con il momento della meditazione “formale” in cui sto seduta su un cuscino nel silenzio, per me praticare significa coinvolgere tutte le situazioni della vita: vedere, ascoltare e sentire durante l’intero corso della giornata mantenendo il più possibile uno stato di totale presenza a ciò che accade dentro di me.
L’incontro con una città con la sua struttura ha un forte impatto: dopo tante esperienze da sola in natura ero curiosa di confrontarmi con questa dimensione. Com’è lasciarsi arrivare una città sin dai primi momenti? Che cosa incontro di me stessa? Le mie paure, i miei pregiudizi, i miei pensieri. Com’è il mio respiro? Una città è come un amante sconosciuto: quali parti di me toccherà? Muoversi lentamente e lasciare che questo organismo vivente che è una città dia fondo a me stessa.
Quindi l’obiettivo di questo modo di viaggiare da “praticante” non è l’accumulo di cose da vedere, ma lasciare che la città stessa nella sua complessità pratichi con me attraverso la sua influenza. Diventa così un viaggio privo di meta, un processo continuo in cui immergersi osservando la mia capacità di rispettare ciò che si manifesta in me, di accoglierlo senza intervenire per cambiarla o per lo meno di accorgermi quando cerco di sfuggire. Forse questa potrebbe essere una nuova frontiera del viaggio di gruppo in cui condividere il movimento negli spazi di una città nel silenzio e nell’ascolto profondo di ciò che momento per momento accade in noi: chissà che prima o poi non lo realizzi.
Muovermi da sola in due città molto diverse in pochi giorni è stato molto più sfidante che camminare in un bosco.
Nella mia esperienza il bosco o l’ambiente naturale in generale accolgono e risorsizzano da subito, mentre la città mi ha subito fatto fare i conti con il mio bisogno di sicurezza in tutte le sue forme. La forza con la quale una città si impone mi faceva sentire schiacciata. Mi sembrava che esigesse che mi definissi, un po' come nell’esercizio in cui qualcuno ti pone all’infinito la stessa domanda: “chi sei tu?”.
Stare in uno spazio in cui non poter godere del riconoscimento di qualcuno, sentire di non essere né vista né importante mi ha messa in contatto con il vuoto del mio senso di identità, come se tutto ciò che sapevo di me fosse frutto di immaginazione e fosse del tutto irreale.
Ho accolto questo senso di irrealtà. Giravo un po' come uno zombie con una ferita aperta. Avevo bisogno di camminare tenendomi entrambe le mani sulla pancia che sentivo tremarmi dentro. Osservavo quanto questo tremore mi allontanasse da tutta la bellezza che mi circondava e che a tratti era soverchiante.
La cosa è andata avanti per i primi due giorni. Ad un certo punto mi sono seduta e ho ascoltato tutta la fatica che derivava da una qualche forma di resistenza e di rifiuto di ciò che mi accadeva.
Ho sentito il desiderio di essere accolta, di trovare una qualche forma di rifugio. In quel momento la mia attenzione si è spostata sul suono degli uccelli presenti nello spazio intorno a me che insieme al vociare delle persone creavano una sonorità molto rilassante. Tenendo le mani sulla pancia ho lasciato che questa esperienza venisse accolta da questo spazio sonoro e mi sono addormentata. Quando mi sono svegliata mi sentivo riposata e a qualche livello liberata. In quel momento ho pensato alla forza e alla grazia che si generano dall’istinto di sopravvivenza.
Quel dolore simile ad una ferita che sentivo nella pancia si era trasformato in un senso di pienezza. Mi sentivo finalmente parte. Quelle cose che ho sempre letto sul fatto che praticare e vivere diventano una cosa sola, che la comprensione diviene un’esperienza incarnata, erano qualcosa che sentivo di riconoscere come vere e mi sono sentita a qualche livello a casa.
Quando pratichiamo, tutto pratica con noi.
Gloria Volpato
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obsidianlilithts4 · 1 year ago
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Il profumo della colazione aleggiava suadente già da ben prima che Gilbert completasse gli ultimi, sonnecchiosi, passi che lo portarono ad arrivare in sala da pranzo.
Sorrise, il primo sorriso della giornata. Senz'altro non sarebbe stato l'ultimo.
Per quanto fossero entrambi mattinieri, Mary Alice era estremamente premurosa nel congedarsi dal caldo delle coperte con un tenero bacio sulla guancia per permettergli di aggrapparsi qualche minuto di più a quel tepore a cui entrambi si erano stretti l'uno all'altra durante la notte. Fu così anche quella mattina e Gilbert si lasciò abbracciare dall'aroma invitante del piatto che lei aveva disposto con cura sulla tavola.
Il pane tostato era ancora fragrante e caldo, con una leggera spalmata di burro che andava lentamente sciogliendosi sulla superficie dorata. Le uova poi avevano un aspetto delizioso, al punto da percepire lo stomaco fremere d'impazienza e borbottare la sua approvazione.
"Wow" si lasciò sfuggire come dandogli voce nel prendere posto di fronte a lei, sorridente e bella quanto un angelo anche nell'aspetto ancora stropicciato della camicia da notte.
"Una buona giornata comincia da una buona, abbondante, colazione!" cinguettò Mary Alice, leggermente arrossita sulle guance per l'intensità ammirata dello sguardo che le stava rivolgendo.
"Pancia mia, fatti capanna" le fece eco, iniziando a servire i piatti di entrambi solo per il piacere di inspirare, insieme al profumo della colazione, quello della compagna. "avrò senz'altro energie fino a sera e..." una sniffata nell'aria anticipò di poco l'inarcarsi del sopracciglio nel lasciar indugiare l'attenzione sulle loro tazze, ora fumanti per la tisana che Mary Alice aveva già provveduto a riempire quando l'aveva sentito scendere pigramente le scale " …è forse profumo di miele quello che sento?"
Sapeva già la risposta, nonostante questo tuttavia si beò della soddisfazione con cui la propria adorata iniziò ad annuire "Una tisana al miele, il nostro miele" puntualizzò Mary Alice, con un moto d'orgoglio "Rahmi mi ha dato una ricetta per crearne una, spero di aver azzeccato bene il dosaggio perché lei ormai la fa a occhio e non ha saputo darmi le quantità precise"
Si imbronciò nel dire questo ed era comunque assolutamente adorabile nel farlo.
"Qualcosa di fatto con tanto amore non può che essere buono, non credi?" le disse, rassicurante, iniziando già a sollevare la tazza. Lo fecero in contemporanea.
"Ho pensato tanto a te, nel farla" rivelò lei, con il tono di voce che si fece soffice quanto una nuvola di zucchero filato "ti ho sentito tossire diverse volte, stanotte" e prima che potesse ribattere, proseguì a parlare "e non è la prima notte che ti succede. Ammiro la tua dedizione e so che sei contrario a imbottirti di farmaci". Mary Alice lo conosceva meglio di chiunque altro e aveva ragione: Gilbert aveva avuto a che fare fin troppe volte con persone che si erano trovate a fare i conti con l'eccessiva dipendenza dai rimedi farmaceutici per la qualunque, in qualunque momento. E ne era disgustato.
Nel suo nuovo stile di vita, anche se arduo, era stato chiaro che avrebbe preferito di gran lunga riscoprire i rimedi più naturali possibili per temprare la salute, quando necessario. E che lei ne stesse tenendo così da conto, quando Mary Alice per prima non brillava per essere particolarmente forte di costituzione, non poté che avvolgergli il cuore di amore e devozione incondizionati.
Fu proprio lei a distoglierlo da questi pensieri, riprendendo il discorso che aveva sospeso per permettersi di rimirare l'espressione assorta del compagno " A noi due. E alle nostre operose api" propose come brindisi scherzoso quando le labbra erano ancora a un filo dalla ceramica calda della tazza.
"A noi. E naturalmente anche a loro!" Gilbert accettò di buon grado di lasciarsi coinvolgere, attardarsi ancora a bere era una tortura che non era disposto a prolungare ulteriormente.
Ma la bevanda che profumava così suadente promettendo alle papille gustative di saggiare una dolcezza smisurata, tradì di fatto entrambi. Ci provò con tutto sé stesso a non lasciare emergere disgusto sul viso e forse ci sarebbe anche riuscito se, nell'andargli di traverso, la tisana non lo avesse costretto a battersi un paio di volte il petto per far cessare un eccesso di tosse. E Mary Alice fece altrettanto.
"Beh…" le disse, guardandola mortificarsi istantaneamente " sta tutto nel trovare il giusto equilibrio, in fondo. E se c'è qualcosa di cui sono certo, amore mio, è che non ti sei mai scoraggiata davanti a un inciampo. Non è mica colpa tua se non ti è stato dato il giusto dosaggio" le fece presente, volutamente rincuorante "non azzardarti a non farmela nuovamente, domani" terminò la sua arringa porgendole il più sincero dei suoi sorrisi, pur ancora finendo di stemperare i colpi di tosse "non sarebbe un buon giorno altrimenti"
E così sarebbe stato.
Così l'indomani e negli anni a venire.
Fu solo mesi dopo che Mary Alice riuscì a ricreare la tisana perfetta, al punto che fu Gilbert stesso a farsela insegnare. Un vero toccasana per la pancia ed i polmoni, messi alla prova dalle tante ore di lavoro all'aria aperta.
Ma fu quella mattina che venne sempre ricordata dalla coppia come l'inizio della loro colazione, in cui la tisana al miele divenne la regina della personale tradizione mattutina in casa Moon.
Anche quando imperfetta.
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gcorvetti · 2 years ago
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Che cul...fortuna.
Ieri non c'erano clienti, giornata vuota, si qualche piatto e qualche pizza ma niente di speciale, poi la chef mi dice che il proprietario alle 20 arriva con gli operai per pulire il sistema d'aspirazione che sembra non funzioni più, ah, stando a quello che ho visto (frighi arrugginiti e roba che se la dai al museo la espongono), fatto sta che alle 20.10 ero già fuori, giornata finita YEAAAAAAH. Mi ha anche detto che è ripassato il controllo dell'igiene, ah però, infatti la moglie del proprietario appena sono arrivato mi ha chiamato in ufficio per dirmi se ho il permesso del medico, sarebbe un foglio di carta che dice che non ho malattie respiratorie o infezioni trasmissibili, infatti devo chiamare il medico di famiglia per farmi fare sto foglio che di solito è una delle prime cose che chiedono, che però non mi hanno chiesto. Ho come l'impressione che sono finiti sul mirino del dipartimento d'igiene, chissà come mai, poi dovrò fare il test online dell' HACCP che mi è scaduto perché dura due anni, va bè quello è facile.
Veniamo alle notizie, il cuoco di putin il famoso generale prigozhin è morto in un incidente aereo, strano vero, le ipotesi sono due o è un incidente e quindi capita oppure il caro vladimiro ha dato sfogo alla sua cattiveria mostrando ancora una volta di essere iper vendicativo con chi gli va contro, cosa che ha dimostrato più di una volta, anche il bidello americano dice che nulla succede se non lo vuole putin, beh anche le guerre in giro per il mondo per la maggior parte sono fomentate da voi yankee, il porco che dice maiale all'asino. Leggo poi che verrà riversata nell'oceano pacifico l'acqua radioattiva della centrale di Fukushima, sempre peggio direi, continuiamo a devastare il pianeta, c'è un articolo che dice che non c'è pericolo ma allora perché scrivono "acqua radioattiva"? Duclis in fundo c'è la notizia di un albergo in Gallura Sardegna che nel buffett dei dolci espone in bella mostra una donna in bikini ricoperta di cioccolato, non un manichino una donna vera c'è anche la foto nell'articolo, l'hotel è il Voi Colonna Hotel di Golfo Aranci del gruppo Alpitour, a denunciare il fattaccio via social un milanese in vacanza. Ma dico io "siete idioti?" a voi i commenti vi posto l'articolo
Resto sempre dell'idea che una società dovrebbe essere equa e tutti gli individui rispettati in egual misura, perché ogni singola persona ha un ruolo nella società, ma sembra che siamo ancora a quel medioevo dove le donne e chi la pensa in modo diverso siano da sminuire perché in minoranza, che poi se fate due conti le donne sono più degli uomini sul pianeta, non siamo proprio 50/50. Detto questo chiamo il medico e poi vado a suonare, posto una foto di ieri dallo studio, ho messo il rullante a riposo per ora anche se i brani prendono una piega diversa.
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bibliotecasanvalentino · 2 years ago
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica Valentina Pace
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: Sellerio
Buona lettura a tutti!
PICNIC A HANGING ROCK di Joan Lindsay
“Se Picnic a Hanging Rock sia realtà o fantasia, i lettori dovranno deciderlo per conto proprio. Poiché quel fatidico picnic ebbe luogo nell'anno 1900 e tutti i personaggi sono morti da molto tempo, la cosa pare non abbia importanza”.
All’Appleyard College, una rinomata scuola per signorine di buona famiglia, situata in Australia a poca distanza da Melbourne, si respira un’atmosfera di profonda allegria e di grande trepidazione: è l’alba del 14 febbraio del 1900 e le ragazze, tutte vestite di bianco, si preparano per una scampagnata a Hanging Rock, un immenso gruppo roccioso di origine vulcanica che costituisce il simbolo del paese.
La direttrice, la severa e arcigna Mrs. Appleyard sovrintende ai preparativi, mentre le ragazze si scambiano i biglietti di San Valentino. Tra loro spiccano le tre allieve più grandi: Miranda, la più bella, la più riflessiva e la più amata del collegio, Irma, la più ricca e Marion, la più intelligente. L’attempata Miss Greta McCraw, insegnante di matematica con il naso perennemente infilato in un libro e Mademoiselle Dianne de Poitiers, insegnante di francese e di ballo, giovane, elegante e ricca di fascino, sono le accompagnatrici.
Quella che dovrebbe essere una giornata di festa si trasforma in tragedia: una volta arrivata a destinazione, l’allegra brigata si dispone a trascorrere la giornata oziando, ma Miss McCraw, Miranda, Irma e Marion, seguite dall'insulsa Edith, una ragazza lagnosissima, definita dal narratore l’asina del collegio, si avventurano sulla cima della Hanging Rock e non faranno più ritorno. Soltanto Edith e Irma, in momenti diversi, verranno ritrovate, ma non saranno in grado di spiegare cos’è accaduto alle altre. Nonostante le ricerche, neanche i corpi delle scomparse saranno rinvenuti, come se la montagna le avesse letteralmente inghiottite.
Picnic a Hanging Rock è un mystery d’atmosfera in cui le descrizioni di una natura lussureggiante e selvaggia si alternano agli eventi successivi alla scomparsa delle tre ragazze e della loro insegnante durante la gita organizzata dal collegio. Il romanzo è caratterizzato dal tema del perturbante: la normalità, ciò che ci è familiare, diventa estraneo e spaventoso, provocando ansia e disagio. Una tranquilla gita in montagna non si trasforma in una semplice tragedia, ma in qualcosa di ignoto e terribile con cui tutti i protagonisti del romanzo dovranno fare i conti. La Hanging Rock si erge in lontananza, quasi fosse una creatura senziente in grado di influire in modo determinante sulla vita (e la morte) di tutti i personaggi.
Il manoscritto originale del romanzo comprendeva un finale con la soluzione del mistero: il cosiddetto diciottesimo capitolo. Tuttavia, l’editore convinse la Lindsay a rimaneggiare il romanzo, lasciando il mistero senza soluzione. L’autrice affidò al suo agente il compito di pubblicare il capitolo mancante dopo la sua morte. Ciò è avvenuto nel 1987. L’edizione italiana non comprende il diciottesimo capitolo che, in ogni caso, può essere reperito facilmente online in lingua originale con il titolo The Secret of Hanging Rock.
COSA MI È PIACIUTO
Ho avuto la fortuna di leggere questo romanzo con il gruppo di lettura #oldbutgold gestito da Teresa, Bee Book a Lula e la sottoscritta, al quale si sono unite tante lettrici e alcuni lettori con i quali abbiamo discusso ed esaminato i vari aspetti del romanzo.
Personalmente ne ho amato ogni pagina, soprattutto perché il tema del perturbante, ampiamente trattato nel romanzo, mi ha ricordato L’incubo di Hill House di Shirley Jackson, uno dei miei romanzi prediletti. Inoltre, proprio quest’anno la casa editrice Sellerio ha deciso di ripubblicare una nuova edizione di Picnic a Hanging Rock dalla copertina estremamente evocativa e volevo assolutamente che questo splendido volume facesse parte della mia biblioteca.
COSA NON MI È PIACIUTO
Il romanzo ha pienamente soddisfatto le mie aspettative, ma non ne consiglio la lettura a chi non ama le pagine descrittive e ritiene che ogni mistero debba avere la sua soluzione.
L’AUTORE
Joan Lindsay (1896-1984), scrittrice e commediografa australiana, oltre a Picnic a Hanging Rock (1967), pubblicato per la prima volta da Sellerio nel 1993, oggetto di una celebre versione cinematografica di Peter Weir e di una serie TV nel 2018, ha pubblicato il libro di memorie Time Without Clocks (1962).
LA CASA EDITRICE
La Sellerio è nata nel 1969 a Palermo da Elvira Giorgianni e suo marito Enzo Sellerio su ispirazione di Leonardo Sciascia e dell’antropologo Antonino Buttitta. La casa editrice ottiene visibilità nazionale (e internazionale) con la pubblicazione nel 1978 de “L'affaire Moro” di Sciascia. Cresce il numero delle collane, a cominciare da “La Memoria”, oggi simbolo della produzione selleriana. Fra gli scrittori che hanno collaborato con la casa editrice: Gesualdo Bufalino, lanciato nel 1981, vincitore del Premio Campiello e del Premio Strega, e Andrea Camilleri ("padre" della serie TV Montalbano).
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telodogratis · 4 hours ago
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Stefano De Martino e il gesto per Eleonora Giorgi
[[{“value”:” Come sappiamo ormai tutti nella giornata del 3 marzo 2025 è venuta a mancare la splendida Eleonora Giorgi. Si tratta di una attrice che ha segnato la storia del nostro cinema e non solo. Una attrice che sarà sicuramente ricordata per sempre. La Giorgi ha fatto sempre parlare di sè specialmente nell’ultimo anno dove come ben sappiamo ha dovuto fare i conti con la patologia, che ha…
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sunelrose · 5 days ago
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Oggi mi sono trovata a fare i conti con un senso di mancanza che, sebbene razionalmente superato, riaffiora inaspettatamente nei momenti di quiete. La nostalgia è un fenomeno complesso: non si tratta solo di rimpiangere una persona, ma di confrontarsi con le tracce che ha lasciato nel nostro vissuto, con la familiarità di una presenza ormai assente. Piuttosto che lasciarmi sopraffare da questo sentimento, ho scelto di incanalarlo in attività che potessero restituirmi un senso di controllo e costruzione.
La preparazione di una cheesecake al cocco senza lattosio è stata il primo passo. Cucinare, dopotutto, è un atto creativo e meditativo al tempo stesso: richiede attenzione, precisione e, in un certo senso, una forma di cura, non solo per il risultato finale, ma anche per sé stessi. C’è qualcosa di profondamente simbolico nel trasformare semplici ingredienti in qualcosa di strutturato e armonioso, quasi a voler riorganizzare anche il caos interiore.
Successivamente, ho dedicato due ore al tapis roulant, un’attività apparentemente meccanica, ma che in realtà si è rivelata un momento di riflessione e sfogo fisico. Il movimento costante, la ripetizione del passo dopo passo, mi ha fatto pensare a quanto il superamento del passato sia, a sua volta, un processo ritmico e graduale. Non si guarisce all’improvviso, ma attraverso una serie di gesti reiterati, attraverso la volontà di andare avanti, anche quando la mente tende a voltarsi indietro.
Nel pomeriggio, ho trovato rifugio nella lettura. Immergersi nelle parole di altri è una forma di dialogo silenzioso con il mondo: le idee, le narrazioni, i pensieri di chi ha scritto diventano un ponte tra il personale e l’universale. È stato un modo per distaccarmi dal mio microcosmo interiore e ricordarmi che il flusso dell’esistenza è costellato di attimi di perdita e riconquista, di fratture e ricostruzioni.
Infine, ho dedicato del tempo allo scrapbooking, un’attività che mi permette di dare una forma tangibile ai ricordi, rielaborandoli attraverso l’estetica e la composizione. La memoria, in fondo, è un materiale che possiamo modellare: non per negare il passato, ma per dargli un nuovo significato, per inserirlo in una narrazione più ampia e coerente con la persona che siamo oggi.
Così, al termine della giornata, ho realizzato che il senso di mancanza non è necessariamente un ostacolo, ma può diventare uno strumento di trasformazione. Non si tratta di cancellare ciò che è stato, ma di trovare il modo di integrarlo nel presente, senza permettergli di definirlo.
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