#tutto il nostro folle amore
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La Ruota di Fortuna.
"Il coraggio di afferrare il Timone".
A volte, quando siamo troppo impegnati a combattere il Passato, non vediamo nulla di ciò che davvero ci cammina a fianco.
Quando il Senso di ingiustizia si impossessa della Vittima, gran parte delle Energie si disperdono nella "visione dei problemi" e non lasciano spazio alle possibili Soluzioni.
Si diventa impotenti. Incapaci di muovere Energia Maschile. Si bloccano le funzioni "generative" e ci si spegne dentro al movimento di Rabbia repressa.
Quando l'Emotivo non ha risolto ed è ancora ossessivamente proiettato dentro allo schema di disfunzione, le acque intorno a noi continuano a proiettarci ombre, sconfitte e ostacoli. Ci sentiamo esausti, sfiniti, privati di qualcosa che doveva essere nostro, ma che ci è stato ingiustamente tolto.
Basterebbe distaccarsi qualche attimo dalla scena, osservarci da fuori per renderci conto di quanto siamo accecati dalla strisciante e sotterranea vendetta. Vogliamo giustizia per il Carnefice e risarcimento per la Vittima.
E non vediamo nient'altro.
Potremmo passare una Vita intera a reclamare le nostre ragioni e i "loro torti". Ma questo ci toglierebbe solo tempo ed energie e null'altro.
La Vittima non vuole responsabilità. E' dipendente dal Carnefice, al quale chiede di risolvergli tutti i fastidi, di colmare i propri spazi di immaturità e insicurezza, di sostituirsi completamente nella gestione della Materia.
Da piccoli questo era l'unico schema possibile. Non abbiamo avuto reale scelta. Siamo stati obbligati a fidarci delle scelte del genitore o di chi ne fa le veci, per sopravvivenza e per inesperienza.
Ma da Adulti è folle delegare all'Altro la nostra Vita.
Ci sono dei problemi? Vanno affrontati. Vanno prese delle scelte. Giuste o sbagliate che siano.
Dobbiamo iniziare a sperimentare la nostra capacità di autodeterminazione e autonomia.
A nessuno interessa se abbiamo subìto un'ingiustizia da piccoli.
Ma interessa a noi.
Siamo noi che dobbiamo "timonare la nostra nave" e portarla in un luogo sicuro e abbondante.
Le soluzioni ci sono. Ci sono sempre.
Ma se siamo assorbiti dentro al problema, non le vedremo mai.
E certe "decisioni" particolarmente forti e impattanti, costano fatica, impegno, concentrazione e determinazione. Oltre che una buona dose di Amor proprio.
Lasciare andare il Carnefice e la sua scia proiettiva, è disumano per una Vittima. Ma solo così ci riapproprieremo della nostra Libertà, del nostro Sogno, della nostra Integrità.
Non saremo più tanti piccoli bambini spaventati e arrabbiati, che si rotolano nel dolore e che sbattono i piedi per attirare l'attenzione dell'Altro.
Saremo finalmente degli Adulti che prendono in mano le situazioni, che non rimandano, che non fanno finta di non vedere, che non si perdono nell'attesa dell'ennesimo Salvatore.
Vogliamo vivere?
Affrontiamo.
Non vogliamo vivere?
Restiamo pure abbarbicati dentro ai nostri schemi disfunzionali, continuando ad evitare i problemi e negare le possibili soluzioni.
Il Fuoco dentro di noi arde. Brucia. Scotta.
Luglio ci vuole "vivi" e protagonisti del nostro Potere Interiore.
Si può abbandonarsi e accendersi al Fuoco dalla Passione o immolarsi tra le Fiamme dall'incendio. A noi la scelta.
Le Streghe e gli Eretici sono stati condannati al rogo centinaia di anni fa. Non serve più immolarsi.
C'è a tutto una soluzione. Sempre. Può costare estrema fatica e iniziale dolore. Ma c'è.
Anche alla Morte c'è soluzione: si può accoglierla. E amarla. Come puro atto di Sacra Trasformazione. Oppure respingerla e allontanarla, annichiliti dalla paura e dal giudizio.
Il Vento sta cambiando.
Afferrate il Timone e iniziate a governare la vostra barca.
Siate il coraggioso Capitano del vostro vascello, orgogliosi di guidare la vostra Vita in salvo, verso Terre nuove e rigogliose, verso sentieri mai battuti e opportunità straordinarie.
La Vita ci offre sempre soluzioni. Mai problemi.
Siamo noi che ci ostiniamo a "vedere nella soluzione il più insormontabile dei problemi".
Buon mercoledì. Di Fuoco. Di Passione. Di Rinascita.
Mirtilla Esmeralda
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SPIAGGIA SENZA SOLE
Una spiaggia senza sole è come una chitarra senza corde un libro senza parole un sogno che non ricordiamo. Eppure, in questo giorno atono senza luce e voci lungo il freddo bagnasciuga qualcuno osserva le onde raccoglie sassi colorati segue le navi scivolare nel blu ascolta ed il vento scuotere nervoso ombrelloni chiusi, barche arenate. Qualcuno insiste testardo ad amare questo mare ora inutile perché la ogni spiaggia è come il bordo della vita vive indifferente e instancabile nutrendo vite ai margini con una forza vitale indomabile come la speranza degli uomini. Per questo c’è sempre qualcuno lungo il suo grigiore infinito, forse i sognatori, o i coraggiosi o forse i più incoscienti ma sicuramente i più innamorati sedotti da questa instancabile distesa da questa liquida energia immortale come la vita. Qualcuno che sa attendere il sole che aspetta che voci e colori tornino sulla sabbia scolorita. Qualche folle, instancabile amante qualcuno presente per vocazione a ribadire speranze e illusioni malgrado le nubi basse ed il vento gelido. Qualcuno che crede nel domani qualche invincibile profeta fermo e risoluto nel suo amore. Così bisogna credere nella vita fedeli ai suoi domani, drogati delle sue pure certezze malgrado le bombe malgrado le stragi la fame ed il dolore qualche poeta inutile qualche cantante da strada o un pittore cieco deve confermare che malgrado tutto la felicità appartiene alla vita che il dolore, come il grigiore è un vestito provvisorio, che la speranza ora assente è come il mare indomabile che la vita è inarrestabile e che le sue onde infinite vincono il nulla, donano nuovi giorni generano altra vita malgrado tutto il dolore malgrado tutte le guerre ed i silenzi, le lacrime che noi uomini ogni giorno doniamo al nostro futuro.
A beach without sun is like a guitar without strings, a book without words, a dream we don't remember. Yet, on this toneless day, without light and voices, along the cold shore, someone observes the waves, collects colored stones he follows the ships sliding into the blue, he listens and the wind shake nervously, umbrellas closed, boats stranded. Someone stubbornly insists on loving this now useless sea, because every beach is like the edge of life, living indifferent and tireless, nourishing lives on the margins, with an indomitable vital force like the hope of men. For this reason there is always someone, along its infinite greyness, perhaps the dreamers, or the brave or perhaps the most reckless, but certainly the most in love, seduced by this tireless expanse from this liquid energy, immortal like life. Someone who knows how to wait for the sun, who waits for voices and colors to adorn the faded sand. Some crazy, tireless lover, someone present by vocation, to reiterate hopes and illusions, despite the low clouds and the freezing wind. Someone who believes in tomorrow, some invincible prophet, firm and resolute in his love for him. This is how we must believe in life, faithful to his tomorrows, addicted to his pure certainties. despite the bombs, despite the massacres, the hunger and the pain, some useless poet, some street singer, or a blind painter, must confirm that despite everything, happiness belongs to life, that pain, like greyness, is a dress temporary, that hope is now absent, is like the indomitable sea that life is unstoppable and that its infinite waves overcome nothingness, they give new days, they generate new life despite all the pain, despite all the wars and silences, the tears, which we men give to our future every day.
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Ciao Marco come stai?
Sono ormai 6 anni che non ci sei più e stasera sono qui in palestra e tra una serie e un’altra ho voluto scriverti questa lettera qui su questo social perché tanto non mi leggerà nessuno che mi conosce e almeno qui so che posso sfogarmi un po’ con me stesso.
Da quando non ci sei più sono accadute cose bellissime nella mia vita: i miei progetti di vita e di lavoro sono cambiati in poco tempo ed inaspettatamente e alcune cose belle sono capitate così per caso a migliorare la mia vita. Sono riuscito a comprare casa, una macchina nuova e a viaggiare a conoscere nuove persone che mi vogliono bene e mi stimano anche oltre il lavoro. Ma ho sempre pensato che ci fossi tu dietro a guidarmi e a proteggermi come un angelo in ogni mio passo, in ogni mia scelta, in ogni mio viaggio. Non mi sono mai sentito solo.
Mi sono sempre chiesto perché tu avessi scelto me. Ma non avevo bisogno di risposte perché avevamo forse capito tutti e due quando ci siamo visti la prima volta e ci siamo dati il nostro primo bacio che conserverò nel cuore per tutta la vita. Il nostro era un amore a distanza ma di distanze non c’erano mai state. Era forse tutto troppo perfetto. Così perfetto che forse non meritavi di stare in questo mondo di merda!!! Ma io sicuramente non meritavo di perderti così presto e all’improvviso.
Mi hai insegnato ad essere generoso e ad agire sempre con il cuore perché sono i gesti che rimangono sempre e lasciano un segno indelebile nelle persone. Perché la cosa più bella è essere ricordati e ricambiati da chi ti vuole veramente bene e ti stima. Mi hai insegnato a non giudicare nessuno senza conoscere perché non puoi mai sapere dall’altra parte quale battaglia interiore può vivere l’altro. “Ama sempre” mi ripetevi.
Dovrei forse dire oggi che non mi manca nulla. Invece oggi mi manca ancora qualcuno che mi abbracciava come te, che mi faceva ridere come te, che mi coccolava come te e che mi teneva per mano e che mi baciava all’improvviso come facevi tu. Ma tu lo sai meglio di me che il tesoro più grande che puoi trovare qui è l’amore sincero di qualcuno che ti ama così come sei: semplicemente te stesso!!!
Questa è la foto della nostra prima serata insieme. Mi manchi tantissimo e Anche a Vittoria. Mi manca il tuo amore forte e folle.
Non smetterò mai di cercare e di ritrovare chi mi guarderà con gli stessi occhi tuoi.
Con amore per sempre. ❤️
P.S. Allenamento andato a puttane. Rifarò le gambe!!!
M.
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Ci sono dei nostri limiti che (ri)conosciamo ed altri che siamo convinti di non avere.
Scoprire che tutto ha un limite, anche il nostro più folle amore, può avere un effetto destabilizzante e si può finire in una spirale autoreferenziale da cui è difficile uscire.
@clacclo
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-♡ Biografia Aͣrͬᶫlͤeͨcͨcͪhͥiⷫnͣa ♡ -
Harley Queen, ottiene una borsa di studio in medicina "scienze umane" e si iscrive a una facoltà di psichiatria, conseguendo la laurea. Ottiene poi un posto come psichiatra dell'Arkham Asylum, il manicomio criminale di Gotham City. Desiderosa di intervistare Joker, che quotidianamente luo mi fa avere un fiore nel mio studio, faccio di tutto per incontrarlo e, quando finalmente ci riesco, ne rimango sedotta. Joker rappresenta per me una vera ossessione; non a caso la storia iniziò con Batman: "amore folle." Una notte decisi finalmente di dichiararmi, liberando il criminale dalla sua cella e fuggendo con egli, ma quando Joker mi l'abbandona capisco di essere stata solo sfruttata. Successivamente ci uniamo, lavorando spesso assieme e separandosi altrettanto spesso. A ogni nostro incontro Joker le ripete ...non cercare di capirmi [Arlecchina] impazziresti nel preciso istante in cui tenteresti di farlo. Alla fine instauro anche un buon rapporto con Poison Ivy, diventiamo amiche. In alcune occasioni Batman chiede il suo aiuto per alcune indagini riguardanti Joker e in un'occasione, Ivy. Viene inoltre reclutata da Amanda Waller nella Suicide Squad, una banda di criminali controllata dal Governo degli USA che dovrebbero essere in grado di fermare.♡
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“Ernest Becker”, disse con voce roca il rabbino Bloom, giù di corda, “ha affermato che la religione ha risolto il problema della morte”. “Non un piccolo problema”, disse Noah. “Freud, in modo più cupo, sosteneva che l’intera faccenda non era altro che un modo per reprimere i nostri desideri più violenti. Rav Soloveitchik, attraverso il suo Adamo I, ha affermato che adoriamo la divinità perché desideriamo la vastità”. Sorrise stanco. “Ed è qui che entra in gioco Hume, il naturalista. A che cosa attribuiva lui l’intera faccenda?”. “All’emozione”, dissi. “Di che tipo?”, chiese il rabbino Bloom. “La paura”, dissi. “Esattamente da dove abbiamo iniziato”. Il rabbino Bloom si tamponò il naso con un fazzoletto. “La paura del nostro futuro. La paura delle nostre debolezze. La paura del nostro potenziale. La paura di ciò che desideriamo. Ora, ammetto che Hume la interpreti in una direzione che non mi piace molto, incolpando la religione per ogni sorta di spiacevoli conseguenze. Concorrenza. Intolleranza. Disonestà. Un totale fraintendimento della verità morale. Aveva ragione? Non posso escluderlo del tutto. Del resto, era un uomo più intelligente di me”. “E un folle”, disse Amir. “Sicuramente un folle”. “Vero”, disse il rabbino Bloom. “Eppure, ha capito qualcosa: la nostra spinta monoteista non deriva dal nostro desiderio di controllare ma dal nostro desiderio di sentire”. “Sentire cosa?”, chiese Noah. “Tutto quanto”. Si rivolse a un passaggio evidenziato nel suo libro. “Ciò che ci influenza di più è ciò che Hume considera le ‘affezioni ordinarie della vita umana’. La preoccupazione per il nostro benessere. L’ansia per ciò che ci riserva il futuro. Il desiderio di amore, rispetto e felicità. La paura di morire. La fame di cibo, di denaro, di comodità. Capite?”. Annuì tra sé senza aspettare una risposta. “Mentre inciampiamo attraverso i tanti eventi che compongono la vita umana, agitati e spaventati e ridendo e tremando e piangendo e amando, arriviamo a un’epifania: E in questo spettacolo disordinato, con lo sguardo ancora più disordinato e sbalordito essi scorgono le prime e oscure tracce della divinità”. “Dunque, che cosa ci sta dicendo?”, chiese Oliver burbero. “Che ci siamo inventati tutto? Che tutto questo sforzo è una grande farsa?”. “Lo è e non lo è”, disse il rabbino Bloom. “Dio è qualcuno, qualcosa, di cui avremo sempre bisogno. Egli è l’avversario contro il quale ci infuriamo e il conforto a cui aneliamo. Abbiamo bisogno di Lui quando abbiamo bisogno di qualcosa di più grande di noi stessi da ringraziare e di qualcosa di più grande di noi da biasimare. Abbiamo bisogno che Lui si senta come se non fossimo soli, e abbiamo bisogno che Lui senta che la nostra solitudine non è colpa nostra. Abbiamo bisogno di Lui quando ci rallegriamo, quando desideriamo la felicità, la pace, la quiete, ma abbiamo anche bisogno di Lui quando piangiamo, quando sperimentiamo terrore, perdita, follia”. Fece una pausa, guardando la sedia vuota. “Abbiamo bisogno di Lui più di quanto Lui abbia bisogno di noi. E questo, penso, è il senso di tutto. Quindi, lo abbiamo inventato?”. Sollevò le spalle, chiudendo la sua copia di Hume, con un sorriso esausto. “Ha importanza?”.
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IL FUOCO CHE CI NUTRE
LA SCELTA (capitolo due)
Nel sentire quelle parole il viso di Daemon si trasformò in una maschera di dolore e di furore cieco. Si sentì ribollire il sangue al pensiero di quello che Rhaenyra aveva dovuto sopportare da sola.
Con fredda calma descrisse il suo arrivo ad Harrenhal e la lotta all’ultimo sangue con Aemond, il fratello dell’usurpatore, che aveva infine decretato la morte di entrambi e dei loro draghi.
“Non avrei mai pensato che potesse finire così… Se avessi lontanamente intuito in che trappola stavamo cadendo e quale fine ci era stata riservata… Avrei dovuto rinunciare alla corona, subito! Tutto questo dolore per una stupida corona! E Luke, Jace, Joffrey, persino Visenya sarebbero ancora vivi… E tu? Non avrei mai dovuto permettere che volassi ad Harrenhal. Hai perso la vita per me, Daemon. Io non lo merito…nessuno merita un sacrificio così grande!” disse Rhaenyra, incapace di trattenere le lacrime.
“Quindi avresti preferito inginocchiarti di fronte ad Alicent e a Otto Hightower? Consegnarti nelle loro mani e supplicarli di non uccidere te e i nostri figli?” le chiese mentre sentiva montare la rabbia.
Poi capì il punto di vista di Rhaenyra e cercò di calmarsi. “Non l’ho fatto solo per te, Rhaenyra. Mi sono sacrificato più che volentieri per dare una possibilità ai nostri figli, anche se flebile. Hai detto che ci hanno tolto tutto, ma i nostri ragazzi sono ancora in vita. Io ti dico che c’è ancora la speranza che uno dei due sieda su quel maledetto trono. E che lo faccia per te! Alla fine, consapevolmente o meno, il destino lo plasmiamo noi, con le nostre azioni, e se vogliamo possiamo modificarlo a nostro vantaggio.”
“Hai ragione, Daemon.” riflettè lei mestamente. “Non sarebbe cambiato niente. Da vivi, io, Aegon e Viserys avremmo sempre rappresentato una minaccia reale per gli Hightower e i loro piani…”
Un pensiero folle si insinuò nella mente di Rhaenyra. “Ma… se volessimo veramente cambiare il destino? Forse tutto questo è accaduto affinché potessimo realizzare qualcos’altro…”
“Cosa vuoi dire?” chiese Daemon.
“Ti sembrerà una cosa stupida… Ricordi la vecchia Yaan, la bambinaia? Quelle storie che ci raccontava sulla possibilità di rinascita in altri corpi? Era nata a Essos, non ricordo in quale città e fu venduta come schiava a Volantis.” rispose meditabonda.
“Si, le raccontava anche a me e a tuo padre… Non dirmi che credevi davvero a quelle sciocche fiabe per bambini?” chiese Daemon sorridendo.
“Non credo fossero del tutto delle sciocchezze. A volte le favole celano tra le righe un po’ di verità, un significato più profondo di ciò che sembrano. Sai che alcuni bambini nascono con delle caratteristiche particolari? Hanno modi di fare, indole, temperamento persino tratti somatici che a volte ricordano persone decedute?”
“Ho capito dove vuoi arrivare, Rhaenyra, ma questo non significa che ci sia un legame tra un morto, il suo spirito e una persona viva.”
“Certo, lo so benissimo ma rifletti su questo: abbiamo ereditato il sangue dei draghi perché siamo Targaryen, la magia stessa dell’antica Valyria scorre dentro di noi. Qualcosa vorrà pur dire, no? E poi... Mi piacerebbe sentire di nuovo il calore del tuo corpo, amore mio... Dobbiamo almeno tentare, Daemon, a questo punto cosa abbiamo da perdere? Cosa ci trattiene qui?”
Daemon rimuginò sulle parole di Rhaenyra… ‘sentire di nuovo il calore del tuo corpo’… era una prospettiva piuttosto allettante.
Effettivamente, con tutto quello che avevano perso e senza alcuna possibilità di tornare indietro per aggiustare le cose, il minimo che potessero fare era tentare la sorte e vedere dove li avrebbe portati. Già…Cosa avevano da perdere?
“Tu sai che non ho mai creduto alle profezie, ai maghi o alla magia ma se c’è una minima di speranza per poter ricominciare un nuova vita con te allora dico sì, proviamo!”
Rhaenyra sorrise e il cuore di luce di Daemon si riempì di orgoglio per lei, per la sua coraggiosa regina che avrebbe tentato di tutto per trascorrere ancora un po’ di tempo dei vivi con lui. La attirò a sé e la baciò. Perché non riusciva mai a saziarsi di lei?
“Ascolta il mio piano, amore: andremo a Essos, nella Terra delle Ombre, dicono sia un luogo pieno di magia, ed è più probabile che qualcuno possa aiutarci. Sarà un lungo viaggio, ma sono ottimista! Sei pronta, mia regina?” disse Daemon afferrandole le mani.
“Con te al mio fianco potrei arrivare fino ai confini del mondo!” rispose Rhaenyra sorridendo con calore.
Il sole sorse e tramontò due volte e le due sagome di luce superarono il mare che separava Westeros dal continente a est.
Giunsero a riva e per giorni interi, secondo il tempo dei vivi, proseguirono il loro viaggio verso oriente attraversando campi coltivati, foreste immense, pianure aride e città popolose finchè avvistarono la loro meta.
La misteriosa Terra delle Ombre, in cui nessuno dei loro antenati aveva mai più rimesso piede, si stendeva di fronte ai loro occhi.
Cime altissime svettavano in tutta la loro imponenza, perennemente coperte di neve e nubi. Avvistarono il fiume della Cenere che scorreva nella stretta e buia Valle delle Ombre, dove, a causa delle pareti a strapiombo, il sole riusciva a penetrare pochissimo.
La percorsero per tutta la giornata e verso sera adocchiarono su una sporgenza un piccolo ma invitante prato di montagna pieno di tantissimi fiori colorati. Mentre si calavano sull’erba il loro sguardo vagava tra le rocce scoscese dove si aprivano le bocche di innumerevoli caverne.
“Sapevi che qui è iniziato tutto? Anche gli antenati dei nostri draghi, Caraxes e Syrax, provengono da queste terre antichissime.” disse Daemon guardando sua moglie.
“No, non lo sapevo ma trovo questo posto...soprannaturale. Ora capisco tante cose...” rispose Rhaenyra ricordando il legame profondo che aveva con Syrax, il suo drago.
“Non so quanto ci sia di vero ma a Pentos ho letto che i Maghi del Sangue di Valyria erano particolarmente potenti. Alcuni di loro usavano il ceppo di una specie di animale, il wyvern, facendolo accoppiare con le schiave comprate ai mercati e generare così i draghi. La maggior parte però sfruttava le antiche conoscenze per scopi più benevoli come guarigioni o riti propiziatori per un buon raccolto...”
“Mi auguro solo che la vecchia Yaan avesse ragione e i suoi racconti un fondo di verità altrimenti tutto sarà inutile.” mormorò Rhaenyra preoccupata.
“Vieni qui." disse Daemon abbracciandola. "Potremo sempre dire di averci provato, giusto?”
Passarono la notte su quella verde sporgenza, solo per il desiderio di farlo, uniti in un’unica fiamma e bramando ardentemente un corpo in carne e ossa da toccare. Parlarono del loro passato, dei terribili mesi di separazione e dei loro figli. Chiarirono i molti punti oscuri che li aveva divisi quando erano in vita e non tralasciarono alcun particolare. Avevano tutto il tempo del mondo.
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Alcuni millenni dopo o molte centinaia di anni prima
Tu sei stata la mia assassina e io il tuo corpo, il corpo del reato.
Mi sono risvegliato il giorno dopo e no, non ho fatto e non mi sono sentito come Gesù. Ho aperto gli occhi o almeno è quello che ho creduto di fare ma in realtà ho aperto la mia visione sul mondo, forse con un altro modo e un altro mezzo per vedere.
“Ho visto cose che voi umani…” Dice il cyborg di Blade Runner. Ma le avrà viste davvero?
Mi sono alzato e ho camminato, o almeno ho creduto di camminare con i miei piedi e le mie gambe, ma forse erano altro. Sono scivolato sul pavimento come se fosse ghiaccio o qualcosa di molto, molto liscio. Tutto liscio come l’olio, ma sono stato un pesce fuor d’acqua.
Sapete cosa ho visto? Ho visto da lontano la Terra che rimpiccioliva fino a diventare un puntino luminoso e ho visto tutti voi, sì, ognuno di voi, qualunque persona del mondo, coloro che stanno leggendo queste memorie, li ho visti uno a uno in un attimo come se fossero dentro di me da sempre. Tutte. Il mio io non esisteva più. Io ero tutti voi e percepivo ogni cosa che voi possiate percepire in ogni attimo della vostra esistenza. Ho percepito i profumi, gli odori, le emozioni. Queste ultime sono state le più difficili da digerire a volte ma, anche le più aspre e sofferenti pian piano si sono snellite fino a diventare dolci e tenue come melodie, un suono, un pugno nello stomaco che rimbalza nell’aria. Il rumore dell’Universo, la sua vibrazione costante e infinita. Non ero solo, non lo siamo nessuno di noi, siamo un tutt’Uno. Siamo una cosa sola, pensiamo, quando siamo vivi sulla Terra ma sbagliamo, siamo ogni cosa perché poi non solo ho percepito ogni essere umano ma ogni creatura e ogni pianta e ogni singola roccia e granello di sabbia sulle spiagge. Ogni goccia degli oceani, dei mari, dei laghi e dei fiumi. Ogni respiro e molecola dell’aria, ogni scintilla di luce.
Clarissa mi ha ucciso e mi ha dato questo dono immenso. Adesso si sta disperando del suo gesto folle ma necessario, necessario per me e per lei perché adesso io sono anche lei e non posso non amarla come ama dio stesso, non so quale dio, ma una qualche intelligenza che governa le leggi del caos e quelle dell’ordine che forse, sono la medesima cosa che in Terra non capiamo. C’è un’unica legge qui, dopo la morte del corpo, un’unica coscienza che è piena di amore. La potete trovare anche voi da vivi. Potrei resuscitare se vorrei e ritrovandomi accanto al letto di Clarissa mentre dorme le sussurrerei all’orecchio il mio amore per lei, perché lei mi ha creato e io ho creato lei quando quel giorno l’ho vista sono io che l’ho voluta vedere e vedendola l’ho materializzata nella mia vita. Ti ho condotto nella mia vita Clarissa perché tu partecipassi a tutto questo anche perché non potevi fare altrimenti. Il tutto è tutto, non ci sono particolari da distinguere. Quando pensiamo che ci siano differenze e divisioni, sbarramenti e chiusure stiamo solo pensando con il nostro ego rinchiuso in un corpo di carne estremamente imperfetto come una macchina a cui basta un colpo o un cortocircuito del sangue che vi scorre per cadere a terra e non rialzarsi. Io, noi, siamo molto di più. Voi non lo potete immaginare se state leggendo ma presto lo proverete tutti. Non sono un santone o un mendicante in cerca di gloria. Io vi dico quello che c’è e basta, a me, non interessa. Io vivo di pace dopo la morte perché la morte non esiste, è solo come direste voi, un passaggio, un passo ulteriore. Poi si rinasce. Si muore. Si rinasce. Come nella vita… vera? E’ solo vita. Da qui io vi dico che è solo vita che c’è nell’Universo non può esserci morte di nessuno e di nessuna coscienza neanche quella di un fiorellino sconvolto da un temporale. Mio fiore. Clarissa mio petalo. Mio briciolo. Adesso tornerò a te e tu tornerai a me. Nono ci sono contrari e diversi.
Apro la finestra, vedo la distesa immensa del mare e il cielo infinito. Sono io e sto per buttarmi. Perché lo so che non morirò. Lo siamo già tutti da tempo immemore così come da tempo immemore siamo sempre stati e saremo vivi.
Clarissa sei una bastarda. Hai voluto uccidermi per il tuo ego smisurato. Adesso tornerò e io ucciderò te.
Questa lettera, che è solo nella tua mente, non verrà firmata.
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ARIANNA GIANFELICI TORNA CON IL SUO PRIMO OMONIMO ALBUM, UN DIPINTO IN MUSICA CHE ABBRACCIA I COLORI DELL’ANIMO E LE SFUMATURE DEL CUORE
ARIANNA GIANFELICI TORNA CON IL SUO PRIMO OMONIMO ALBUM, UN DIPINTO IN MUSICA CHE ABBRACCIA I COLORI DELL’ANIMO E LE SFUMATURE DEL CUORE
Arianna Gianfelici torna con il suo primo omonimo album. A poche settimane dall’uscita di “Tutto il nostro folle amore”, brano che la vede al fianco del duo partenopeo da milioni di streams e views I Desideri e cha raggiunto importanti risultati nei digital store e nelle classifiche radiofoniche, Arianna Gianfelici torna a scaldare i cuori degli ascoltatori con il suo primo omonimo…
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Ordine
Stasera ho portato i miei bellissimi capelli rossi a spasso. Quando li ho partoriti, è stato con la speranza che parlassero per me. Forse lo fanno: è tutto ok nel mondo. Ritornare dalle vacanze è stato il solito delitto a più mani, vi ho partecipato assieme alla mia vecchia amica rassegnazione. Le montagne mi hanno fatto bene - ne sono certa - e l’ingenuità di quei ritmi ubriachi e di tutte quelle persone troppo giovani ha fatto anche di più. Ci sono diverse realizzazioni che posso archiviare, a freddo. La prima è che sono ancora capace di esistere fuori dalla mia fortezza inespugnabile. Questo poteva sembrare scontato osservando come già prima affrontavo le sporadiche (e obbligate) visite al mondo, ma è un fatto diverso. In montagna ho ballato un sacco, sono riuscita a sopravvivere ad una casa priva di confini, zeppa di persone, ho coltivato una leggerezza di facciata che ha temporaneamente arieggiato anche lo spirito. La parte migliore è che, in effetti, non ho nemmeno dovuto mentire troppo.
La seconda realizzazione è sulla scia di questa prima, ed ha a che fare in particolare con il modo in cui ho gestito quei ritmi e tutto quel vivere per vivere e basta, con gli altri. C’è da ammettere che non conosco il mio segreto: si tratta forse della stanchezza, degli effetti della deprivazione, del marchio del dolore. Immagino però che Linda parlerebbe di resilienza, che è una parola che - come notavo proprio stasera con la mia gente - il nostro snobismo ci ha sempre trattenuto dall’impiegare. Comunque, una parola è una parola, mentre non è banale il suo dispiegarsi nelle dinamiche della vita, ad esempio la mia. Quindi, non solo funziono, non solo resisto, ma sono anche la mano delicata che trascina il mondo verso efficaci tentativi di ricostruzione, e porto stelle impensabili sul petto. Incredibilmente, finisco col consolare io gli altri, col dirigere io le danze. Addirittura quelle non metaforiche, e si direbbe facilmente che non è da me. Invece sulla copertina del benedettissimo libro del mio destino immagino incisa una banalissima The show must go on, poiché io e le mia poco idiosincratica resilienza siamo bravissime in questo. Indipendentemente dal fatto che, a volte, sarebbe più appropriato affidare questo ruolo ad altri. I miei altri significativi però puntualmente o non ballano, o non sanno far ballare, e pertanto è così che è andata - così che va spesso.
L’ultimo punto della lista dei riconoscimenti di cui mi fregio è, coerentemente con quanto già detto, il non essere stata mostruosa. Cassandra, incredibilmente, è rimasta rinchiusa in soffitta, e nonostante la curatissima collezione di pregiati strati di rabbia, sono tornata ad impersonare il mio ruolo alternativo de La Voce della Ragione. La brava bambina di papà, la madre di una madre fallace e la trascinatrice di folle: una e trina, ché se dio vuole essere preso ad esempio o solo adorato è un problema secondario, fintanto che faccio tutto da sola. Del resto, vorrei poter dire che si è dimenticato di noi, ma - nella misura in cui quel qualcosa esiste - sarebbe più appropriato dire che lo abbiamo ossessionato, e pare proprio che non siamo riusciti ad ispirare una grande benevolenza, nessun amore.
Ora che sono tornata qui, è tornata la bellezza della tortura, la semplicità dello spreco. Tutto questo talento, questa volgare resilienza, e dei capelli molto più belli di me costretti in un guscio di noce stantio, con una infinità di possibilità di crollare. Chiuso il sipario, spolverare il sorriso per un’ora al mese è spaventosamente facile, come è facile soffocarsi con le catene per tutto il resto del tempo. In particolare sul divano.
#Cassandra in soffitta#Cassandra si prepara a ritornare#se diciamo resilienza allora parliamo anche di depressione#elefanti
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Morire è un po' fuggire?
Secondo di tre ask sulla morte di mio padre (nel terzo parliamo anche di Covid-19, le cose si fanno interessanti, stay tuned.)
DocKon, ho per l'ennesima volta la sensazione che chi muoia a un certo punto quasi… “voglia” levarsi dai coglioni per non affrontare più una serie di problemi, di salute e del quotidiano, che non regge più. Perché va bene l'ascite, la paracentesi, le cure umilianti e invasive, le comorbillità e il fatto che tutti dobbiamo morire e non sappiamo più accettare la fine della vita come cosa naturale e inevitabile, ma io proprio non riesco a togliermi di dosso l'idea che papà abbia in qualche modo “deciso” di filarsela all'inglese per non affrontare un futuro di cui non gli piaceva più niente, e che non sopportava più perché sarebbero stati solo problemi e dolori e rogne infinite. Perché in 14 anni di tumore aveva sempre reagito e questa volta invece. L'ho visto succedere con un amico appena 30enne schiacciato da un lavoro e una convivenza che subiva come una condanna a fine pena mai, l'ho visto succedere con la suocera, di cui mio marito dice: “Mia madre non è morta, mia madre tecnicamente è scappata.” Lo sto vedendo succedere con mia madre che sotto shock da una settimana ha preso allegramente a farsi qualunque cosa addosso, a non mangiare, a non reagire a nulla. Insomma è una sensazione sottile che non riesco a spiegare, ma ti chiedo se è possibile che io abbia in qualche modo ragione, se è possibile che la Fine arrivi più o meno autoindotta quando si cedono le armi perché tanto ormai. Forse ho detto una enorme stronzata e la mente e il sentire non comandano, non possono comandare la macchina corpo, ma intanto mi resta per l'ennesima volta addosso la sensazione che quando uno non vuole più, non vuole profondamente più, allora va, fa in modo di andare. E magari è anche giusto così, chissà.
Grazie sempre e perdona se dico eresie, è il dolore che parla. Ah, e il Covid-19.
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Io mi occupo di riabilitazione da quasi 30 anni e il mio campo specialistico è quello in cui più è evidente la componente ‘volontà di’.
Volontà di guarire, volontà di stare meglio, volontà di tornare a casa e volontà di ‘combattere’ (quest’ultimo il peggiore termine tossico del cazzo ma ci ritorniamo).
Vivere è un imperativo biologico che ci portiamo dietro da milioni di anni e lo abbiamo seguito sia che ci spostassimo con cilia che con ventose, cuscinetti, tentacoli, zampe, a quattro o due gambe.
Si viveva a ogni costo e che ne valesse o meno la pena non era materia di decisione.
Ma l’essere umano si è evoluto in modo strano e a quanto pare abbiamo sviluppato un costrutto psichico che ci ha permesso l’autodeterminazione anche in negazione… non vedrete mai un’aragosta che tenta il suicidio e il cane e il gatto che sembrano ‘lasciarsi andare’ in realtà non compiono un atto di volontà ma semplicemente l’hanno esaurita.
E per noi succede la stessa identica cosa.
L’essere umano può decidere di porre fine alla sua esistenza in modo cosciente (anche qua ci sarebbe da discutere sul grado di consapevolezza di certe scelte) ma il più delle volte, soprattutto dopo tanta sofferenza o anni di tribolazioni, smettere di ascoltare il richiamo all’essere e se per questione di religione, credenze o scelte personali non può o non vuole concludere tutto con un gesto estremo, allora smette di compiere quello che è il primo passo della giornata: scendere dal letto, mangiare, bere, parlare muoversi e infine, di conseguenza, respirare.
Un’automobile che dalla quinta passa alla quarta, alla terza, alla seconda, alla prima e poi si ferma in folle finché non finisce la benzina.
Il mio lavoro, tecnicamente, consisterebbe nello stare seduto dalla parte del passeggero e suggerire in modo più o meno delicato di pestare sull’acceleratore e di tenere una marcia alta o, più spesso, di dire di accostare che c’è un distributore di benzina per fare il pieno.
Ma le macchine su cui salgo sono sempre più vecchie e malandate… il motore cigola e si lamenta, la convergenza è andata a puttane, il parabrezza è crepato, il carburatore sporco e sebbene i meccanici abbiano sostituito un sacco di pezzi, oramai la macchina non ce la fa più.
Le persone anziane non ce la fanno più e spesso non vogliono farcela più.
Ed è un grosso atto di egoismo chiedergli di lottare perché temiamo il dolore della loro assenza.
Il nostro più grande atto di amore con cui possiamo ripagarli per averci accompagnato lungo tutta la nostra vita è lasciarli andare oltre questa fatica e questa sofferenza.
Diamogli tutti i buoni motivi per esserci ancora accanto ma doniamo loro anche la nostra comprensione della loro fatica di essere stati, accompagnandoli con serenità fino alla soglia dell’ultimo fine, da dove poi ognuno proseguirà il proprio viaggio, che sia pieno di rimpianti da far scivolare via o in un verde paesaggio sotto una lesta aurora.
Un abbraccio a te e a chi rimane.
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Non SIAMO soli/WordPress
Tremenda visione
Da quando mi hai fatto spazio nei tuoi pensieri non ho smesso un attimo di fare casino nella tua testa.
Non so quando potrò tenerti e accarezzare come vorrei. Dovessi obbedire all’istinto lascerei tutto e subito per percorrere il tuo corpo… con possesso e dolcezza… tenendoti per mano e… con delicata forza… attirarti a me.
Come quando ti sei lasciata andare contro il mio petto… senza opporre resistenza. Ho sentito il tuo sangue scorrere nelle vene… il battito del cuore accelerato fino a minacciare di sfondarti le costole… mentre con le dita sfioravo il tuo volto… magnificamente sfigurato dal desiderio. Nel percorrere la tua pelle… in lungo e in largo… ho avvertito il pulsare veloce del mio cuore allo stesso ritmo impazzito del tuo. Con lo sguardo ho accarezzato il tuo volto e quando gli occhi si sono posati sulle tue labbra il bisogno di assaggiarle mi ha colpito come una frustata. Nel vederle schiudersi non ho saputo… né ho voluto… resistere a quel tacito richiamo.
Ho sentito la voce della tua anima… le sue pretese… i suoi bisogni… mentre supplicava di essere amata in modo sconsiderato… folle… senza regole. Con eccessi… senza pause… senza vuoti. Fino a essere colma… satura… fino a scoppiare.
Non è un amore giusto il nostro. No… non lo è affatto. Godiamo nell’inseguirci… nel perderci… nel ritrovarci. Ma quando ci raggiungiamo e ci congiungiamo i nostri sensi prendono il sopravvento.
Ho bisogno di incastrare le mie dita alle tue… con un gesto semplice… per forzare e abbattere gli ultimi estremi tentennamenti… per farli a brandelli… per respirare solo il tuo fiato profumato e immergermi nella tua estasi… dove il desiderio diventa tormento e i freni delizia.
Posso dirti che ho bisogno di te fino a non poterne più… fino a soffocare… fino ad implorare di smettere.
Ho bisogno di amare così… ridendo e piangendo di tanta pazzia… come se fosse l’ultimo minuto prima della fine… l’ultimo respiro che mi è stato concesso.
Tu non annuire. Già sento tutto quando mi baci… in quei baci che incidono… che lasciano e stampano addosso le tue voglie infinite… silenziose e indelebili.
Non conosco le buone maniere… né cosa prevede il copione per chi come noi si spezza… frantumandosi in mille pezzi.
È inutile sforzarsi di comprendere… di voler dare una spiegazione a tutto. Noi sappiamo già che i momenti migliori… i più belli… sono quelli in cui non si capisce un cazzo… e per quanto la nostra coscienza ci condanni… e ci riconosca colpevoli… abbiamo già scontato la pena.
La nostra non è solo una passione… è un miracolo da vivere ogni momento… come se non ci fosse un domani. È una passione divina… sacra e blasfema… che espia il peccato commesso e omesso.
Per quanto difficile possa essere vivere di questa follia… c’è sempre qualcosa che è possibile fare: sentirti e pensarti… o guardare le stelle.
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BIOGRAFIA
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Margot Quinzel, ottiene una borsa di studio in medicina
"scienze umane" e si iscrive a una facoltà di psichiatria, conseguendo la laurea.
Ottiene poi un posto come psichiatra dell'Arkham Asylum, il manicomio criminale di Gotham City. Desiderosa di intervistare Joker, che quotidianamente luo mi fa avere un fiore nel mio studio, faccio di tutto per incontrarlo e, quando finalmente ci riesco, ne rimango sedotta. Joker rappresenta per me una vera ossessione; non a caso la storia iniziò con Batman: "amore folle."
Una notte decisi finalmente di dichiararmi, liberando il criminale dalla sua cella e fuggendo con egli, ma quando Joker mi l'abbandona capisco di essere stata solo sfruttata.
Successivamente ci uniamo, lavorando spesso assieme e separandosi altrettanto spesso. A ogni nostro incontro Joker le ripete ...non cercare di capirmi [Arlecchina] impazziresti nel preciso istante in cui tenteresti di farlo.
Alla fine instauro anche un buon rapporto con Poison Ivy, diventiamo amiche. In alcune occasioni Batman chiede il suo aiuto per alcune indagini riguardanti Joker e in un'occasione, Ivy. Viene inoltre reclutata da Amanda Waller nella Suicide Squad, una banda di criminali controllata dal Governo degli USA che dovrebbero essere in grado di fermare.♡
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DOLCI SICILIANI
Che folle sono stato ad iniziare a parlarti d’amore. Ti ho presentato un vassoio di dolci e biscotti dai mille colori e dal profumo di vaniglia e chioccolato, illudendoti che l’amore era il poter gustare uno dietro l’altro attimi e momenti dolcissimi. Ma ora, battendomi il petto confesso che questo vassoio di tentazioni e perdizione, non è amore. L’amore è una goccia di rugiada piena di provvisoria luce sul petalo di un fiore nell’alba in un mattino di primavera. L’amore è una rossa stella marina che cammina sul fondo del mare, unica vita in quell’ infinito dominante e freddo azzurro. L’amore è un arcobaleno che unisce due monti ma che nessuno può toccare, o rubare, che tutti ammirano e che prima o poi viene solo ricordato. L’amore quindi non dura quanto crediamo o vogliamo, ogni giorno nasce e come noi, ogni momento può morire. L’amore poi non ha bisogno delle mie parole, né del suono di una canzone e dei colori dei fiori perché lui è le parole non ancora dette, è la canzone che senti nel silenzio delle strade, è il colore che nel buio ti illumina. Non ha bisogno di essere evocato nel tuo cuore per esistere perché in esso è già presente come seme fecondo. L’amore non ha bisogno dei poeti, dei santi o di amabili donne per vivere, non ha bisogno dell’arte o delle puttane per essere desiderato. L’amore è fatto dei tuoi sogni, vive del sangue della felicità che ti dona, è impalpabile ma dominante, illusorio ma pesantemente presente, è generosamente contagioso e dolorosamente vendicativo, quando chi ami se ne va e quello che provavi vive ancora, malgrado chi amavi sia lontano, servo e padrone di un altro cuore. È questo straziante modo in cui muore quanto proviamo, questa sua fine cruenta e dolorosa che ci perseguita e che quando accade rende la nostra anima una foresta che brucia, un fiume che travolge il villaggio che attraversa, una piccola noce in cui chiudiamo l’immensità del nostro essere e di tutto quello che ha provato. È questo immenso potere che ha sulle anime vive, il suo regno infinito, il motivo per cui per noi vale quanto il sole. Lo ripeto. Sono stato folle a giocare con le parole e le immagini per raccontarti una primavera infinita, di cui viviamo a volte solo pochi estatici e terribili istanti. Sei stata folle ad ascoltarmi, a vedere nelle mie parole lo specchio in cui ritrovare le tue emozioni, a nutrirti di questi dolci illusori ma di cui hai assaporato il gusto immortale. Siamo vissuti della sabbia che stringevamo tra le mani mentre il vento la portava via; siamo stati schiuma, luminosa e leggera assorbita dalla sabbia arida; abbiamo conosciuto la bellezza e la perfezione, niente di più dovremmo aspettarci dalle nostre prossime vite. Eppure ogni giorno torno a parlartene ancora, smemorato dell’amore di ieri, assetato di quello di oggi stupito da quello di domani e tu mi ascolti come se con ogni parola rinascessero quei tuoi sogni e desideri che dell’amore assoluto sono l’inarrestabile preludio.
What a fool I was to start talking to you about love. I presented you with a tray of sweets and biscuits of a thousand colors and the scent of vanilla and chocolate, under the illusion that love was being able to enjoy very sweet moments one after the other. But now, beating my chest, I confess that this tray of temptation and perdition is not love. Love is a drop of dew full of temporary light on the petal of a flower in the dawn, of a spring morning. Love is a red starfish walking on the bottom of the sea, the only life in that dominant infinity and cold blue. Love is a rainbow that unites two mountains but that no one can touch, or steal, that everyone admires and that sooner or later is only remembered. Love therefore does not last as long as we believe or want, every day is born and like us, every moment can die. Love then does not need my words, nor the sound of a song and the colors of flowers because it is the words not yet spoken, it is the song you hear in the silence of the streets, it is the color that illuminates you in the dark. It does not need to be evoked in your heart to exist because it is already present in it as a fruitful seed. Love does not need poets, saints or lovely women to live, it does not need art or whores to be desired. Love is made of your dreams, it lives on the blood of happiness it gives you, it is impalpable but dominant, illusory but heavily present, it is generously contagious and painfully vindictive, when the one you love leaves and what you felt still lives, despite the fact that who you loved, is far away, servant and master of another heart. It is this excruciating way of dying of what we feel, this bloody and painful end of it that haunts us and that when it happens makes our soul a burning forest, a river that overwhelms the village, a small walnut in which we enclose the immensity of our to be and all that it has felt. It is this immense power that it has over living souls, its infinite kingdom, the reason why it is as good as the sun to us. I repeat. I was crazy to play with words and images to tell you about an infinite spring, of which we sometimes experience only a few ecstatic and terrible moments. You were crazy to listen to me, to see in my words the mirror in which to find your emotions, to feed on these illusory sweets but whose immortal taste you tasted. We lived on the sand we held in our hands as the wind carried it away; we were foam, luminous and light absorbed by the dry sand; we have known beauty and perfection, nothing more we should expect from our next lives. Yet every day I come back to talk to you again, forgetful of yesterday’s love, thirsty for today’s love, amazed by tomorrow’s and you listen to me as if with every word those dreams and desires of yours were reborn, which are the unstoppable prelude to absolute love.
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SARA' ANCORA NATALE ...... Giuseppe é risultato positivo al Covid. Per Lui, niente viaggio a Betlemme e niente Grotta. Il Presepe perde una delle sue statuine, seppure di poco conto. Si era pensato in un primo momento di sostituirlo con Gabriele, ma per evitare le arcinote polemiche, la Direzione ha preferito evitare altri pettegolezzi. Rigorose restrizioni anche per Pastorelli & Contadini. Tutti dovranno indossare la mascherina e stare ad almeno 20 metri dalla mangiatoia. Annullata anche la presenza dei Re Magi. Melchiorre é in terapia intensiva e le sue condizioni, seppur stabili, sono definite critiche vista l'età. Sarà un Anniversario di Nascita completamente diverso dal solito. La folle corsa ai regali, ai pranzi da diciotto portate, quest'anno subiranno una battuta d'arresto. Ma se togliete gli Acquisti, il rituale " Anche a te e Famiglia" cosa resta di questo Natale ? Resta il Natale. So che a molti interessa poco, ma resta il Messaggio. Si, d'accordo, é l'ultima cosa degna di nota, ma forse, proprio grazie a questo virus, potremmo riscoprirne il valore. Resta la Nascita di un Sentimento, di una Parola, incarnata nella presenza di un Bambino adagiato sulla paglia. Resta quella parola "Amore" cosi' tanto usata a sproposito d'aver perso il suo valore. Resta la definizione "Fratelli" che dovrebbe indicare chiunque ci vive accanto sul Pianeta. Resta la Mano Tesa. Verso chi ha bisogno d'aiuto, verso chi viene sconfitto, quotidianamente, dalle difficoltà, verso chi é abbandonato ai margini di una Società criminale che privilegia solo i Belli e dimentica i Brutti. Resta l'Affetto tra Persone, indipendentemente dal sesso, il loro voler vivere Insieme una vita senza essere bersaglio di violenza. Resta Maria, Donna e Madre. Immagine di quanto sia difficile ancora oggi essere entrambe le cose in una Società che Le trascura e molte volte Le punisce. Resta la Solidarietà, verso gli altri, di coloro che a quella grotta arrivano con in braccio una pecora e la offrono, rinunciando e dividendo. Resta una cometa che abbiamo spento per non essere infastiditi dalla sua luce che mette in risalto tutto il nostro egoismo. Resta il Monito ad accontentarci della Semplicità senza cercare la Vanità del Superfluo. Resta la Grotta, simbolo dell'Accoglienza, che ha ospitato la Famiglia Pellegrina, ha dato loro riparo, riscaldandoli, proteggendoli. Restano loro, quelle statuine messe intorno, simbolo di un Popolo che troppo spesso assiste in silenzio, che non si pone domande e non cerca risposte. Resta l'Assenza là dove dovrebbe esserci l' Essenza. Tutto questo é un Presepe. Peccato che pochi se lo ricordino. Resta il Natale. E scusate se é poco. Claudio Khaled Ser
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LE POESIE DELLO SCRITTORE FRANCESE
Paul Verlaine, le poesie più belle del poeta maledetto
Paul Verlaine è stato uno dei massimi esponenti della poesia francese del Novecento assieme a Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud

MILANO – Paul Verlaine (1844-1896) è riconosciuto come il maestro dei giovani poeti del suo tempo, nonché come uno dei massimi rappresentanti della poesia simbolista francese. La sua breve vita fu estremamente travagliata e drammatica, dalla relazione omosessuale con Arthur Rimbaud (che gli valse la nomea di poeta maledetto), all’incarcerazione, fino alla conversione al cattolicesimo e alla morte di tifo a soli 52 anni. Oggi ricorre l’anniversario della morte del poeta e lo ricordiamo con le sue poesie più belle.
La poesia e la musica
La poesia di Verlaine ebbe un effetto dirompente nel panorama poetico francese del tempo. Sulla scia di Baudelaire, Verlaine sente l’esigenza di rompere gli schemi delle metriche tradizionali, con i loro ritmi regolari e simmetrici, e si dedica alla creazione di versi liberi, irregolari, estremamente musicali. Secondo Verlaine la Parola è un simbolo, incapace di descrivere esaustivamente la realtà, ma capace di evocare immagini potenti dietro a cui risiede il senso profondo delle cose. La sua poetica pone al centro l’esigenza della musicalità, assimilando i componimenti poetici ai testi musicali attraverso il rifiuto dell’eloquenza, della rima e delle strutture metriche tradizionali. La poesia, dunque, necessariamente deve essere vaga, e non limitarsi alla semplice descrizione di eventi ed emozioni, ma trasmettere immagini, alludere, evocare sensazioni, proprio perché il senso profondo delle cose risiede al di là della Parola.
Arte poetica
La musica prima di ogni altra cosa,
E perciò preferisci il verso impari
Più vago e più solubile nell’aria,
Senza nulla in esso che pesi o posi…
È anche necessario che tu non scelga
le tue parole senza qualche errore:
nulla è più caro della canzone grigia
in cui l’Incerto al Preciso si unisce.
Sono dei begli occhi dietro i veli,
è la forte luce tremolante del mezzogiorno,
è, in mezzo al cielo tiepido d’autunno,
l’azzurro brulichio di chiare stelle!
Perché noi vogliamo la Sfumatura ancora,
non il Colore ma soltanto sfumatura!
Oh! la sfumatura solamente accoppia
il sogno al sogno e il flauto al corno.
Fuggi lontano dall’Arguzia assassina,
dallo Spirito crudele e dal Riso impuro,
che fanno piangere gli occhi dell’Azzurro,
e tutto quest’aglio di bassa cucina.
Prendi l’eloquenza e torcile il collo!
E farai bene, in vena d’energia,
a moderare un poco la Rima.
Fin dove andrà, se non la sorvegli?
Oh, chi dirà i torti della Rima?
Quale fanciullo sordo o negro folle
ci ha forgiato questo gioiello da un soldo
che suona vuoto e falso sotto la lima?
Musica e sempre musica ancora!
Sia il tuo verso la cosa che dilegua
che si sente che fugge da un’anima che va
verso altri cieli ad altri amori.
Che il tuo verso sia la buona avventura
Sparsa al vento increspato del mattino
Che porta odori di menta e di timo…
E tutto il resto è letteratura.
Spleen
Le rose erano tutte rosse
e l’edera tutta nera.
Cara, ti muovi appena
e rinascono le mie angosce.
Il cielo era troppo azzurro
troppo tenero, e il mare
troppo verde, e l’aria
troppo dolce. Io sempre temo
– e me lo debbo aspettare!
Qualche vostra fuga atroce.
Dell’agrifoglio sono stanco
dalle foglie laccate,
del lustro bosso e dei campi
sterminati, e poi
di ogni cosa, ahimé!
Fuorché di voi.
.
Viviamo in tempi infami
Viviamo in tempi infami
dove il matrimonio delle anime
deve suggellare l’unione dei cuori;
in quest’ora di orribili tempeste
non è troppo aver coraggio in due
per vivere sotto tali vincitori.
Di fronte a quanto si osa
dovremo innalzarci,
sopra ogni cosa, coppia rapita
nell’estasi austera del giusto,
e proclamare con un gesto augusto
il nostro amore fiero, come una sfida.
Ma che bisogno c’è di dirtelo.
Tu la bontà, tu il sorriso,
non sei tu anche il consiglio,
il buon consiglio leale e fiero,
bambina ridente dal pensiero grave
a cui tutto il mio cuore dice: Grazie!
.
Vola, canzone, rapida
Vola, canzone, rapida
davanti a Lei e dille
che, nel mio cuor fedele,
gioioso ha fatto luce
un raggio, dissipando,
santo lume, le tenebre
dell’amore: paura,
diffidenza e incertezza.
Ed ecco il grande giorno!
Rimasta a lungo muta
e pavida – la senti?
– l’allegria ha cantato
come una viva allodola
nel cielo rischiarato.
Vola, canzone ingenua,
e sia la benvenuta
senza rimpianti
vani colei che infine torna.
.
.
Il clown
Saltimbanco, addio! Buona sera, Pagliaccio! Indietro, Babbeo:
Fate posto, buffoni antiquati, dalla burla impeccabile,
Fate largo! Solenne, altero e discreto,
ecco venire il migliore di tutti, l’agile clown.
Più snello d’Arlecchino e più impavido di Achille
è lui di certo, nella sua bianca armatura di raso:
etereo e chiaro come uno specchio senza argento.
I suoi occhi non vivono nella sua maschera d’argilla.
Brillano azzurri fra il belletto e gli unguenti
mentre, eleganti il busto e il capo si bilanciano
sull’arco paradossale delle gambe.
Poi sorride. Intorno il volgo stupido e sporco
la canaglia puzzolente e santa dei Giambi
applaude al sinistro istrione che l’odia.
.
.
Noi saremo
Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,
talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta
che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?
Nell’amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,
saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,
non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.
Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.
Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l’anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?
.
..
Le conchiglie
Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.
Una dell’anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;
Un’altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l’hai con me perché ho gli occhi beffardi.
Questa fa specchio a come in te s’avvolge
La grazia del tuo orecchio, un’altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;
Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
.
.
Poiché l’alba si accende
Poiché l’alba si accende, ed ecco l’aurora,
poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente
a ritornare a me che la chiamo e l’imploro,
poiché questa felicità consente ad esser mia,
facciamola finita coi pensieri funesti,
basta con i cattivi sogni, ah! Soprattutto
basta con l’ironia e le labbra strette
e parole in cui uno spirito senz’anima trionfava.
E basta con quei pugni serrati e la collera
per i malvagi e gli sciocchi che s’incontrano;
basta con l’abominevole rancore! Basta
con l’oblìo ricercato in esecrate bevande!
Perché io voglio, ora che un Essere di luce
nella mia notte fonda ha portato il chiarore
di un amore immortale che è anche il primo
per la grazia, il sorriso e la bontà,
io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,
da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,
camminare diritto, sia per sentieri di muschio
sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;
sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita
verso la meta a cui mi spingerà il destino,
senza violenza, né rimorsi, né invidia:
sarà questo il felice dovere in gaie lotte.
E poiché, per cullare le lentezze della via,
canterò arie ingenue, io mi dico
che lei certo mi ascolterà senza fastidio;
e non chiedo, davvero, altro Paradiso.
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