#thelovingmemory
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tlmmagazine · 7 years ago
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#31Ottobre: STRANGER THINGS 2 secondo Valerio Alberti
#31Ottobre: STRANGER THINGS 2 secondo Valerio Alberti
  VALERIO ALBERTI* è il primo GUEST EDITOR di THE LOVING MEMORY Questa la sua recensione di STRANGER THINGS 2
Con la prima stagione di Stranger Things i Duffer Brothers erano già riusciti in un piccolo miracolo: mi avevano fatto provare nostalgia per gli anni ‘80. Essendo figlio della disillusione che ha caratterizzato i ‘90 ho sempre vissuto il glitter, le giacche con le spalline, i…
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tlmmagazine · 7 years ago
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#RFF12 #RomaFilmFestival: arriva LOGAN LUCKY di STEVEN #SODERBERGH
#RFF12 #RomaFilmFestival: arriva LOGAN LUCKY di STEVEN #SODERBERGH
Festa del Cinema di Roma #1Novembre con STEVEN SODERBERGH L’autore della saga Ocean’s Eleven (2001-2007), di Erin Brokovitch – Forte come la verità (2000) ma anche di quella meraviglia che è Sesso, bugie e videotape (1989) presenta al #RomaFilmFest il suo nuovo film: LOGAN LUCKY
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#MZP ❤ #RFF12
(*immagine da PINTEREST)
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tlmmagazine · 7 years ago
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#29Ottobre. David Lynch
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“La via è piena di astrazioni. L’unico modo per fare testa o croce è passare attraverso l’intuizione.”
DAVID LYNCH
  #buonadomenica
#mzp #thelovingmemory
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tlmmagazine · 7 years ago
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di Marta Zoe Poretti
Con Sabato 19 Maggio si chiude anche l’edizione numero 71 del Festival di Cannes. Splendida Presidente della giuria Cate Blanchett, che ha impresso un significativo tocco #metoo non solo alla cerimonia di premiazione, ma all’intera kermesse.
La giuria (tra cui le attrici Kristen Stewart e Léa Seydoux, i registi Denis Villeneuve e Ava DuVernay ed il divo cinese Chang Chen) ha premiato entrambi i film italiani selezionati in concorso: Dogman di Matteo Garrone e Lazzaro felice di Alice Rohrwacher.
“Da piccolo quando ero a casa mia e pioveva sopra le lamiere chiudevo gli occhi e mi sembrava di sentire gli applausi. Invece adesso li riapro e quegli applausi siete voi, e sento che c’è un calore che è come una famiglia. Mi sento a casa e mi sento a mio agio qui con voi. La mia famiglia è il cinema e siete voi. E Cannes… Questa sabbia di Cannes, penso che ogni granello è importante. Ringrazio tutti: Rai Cinema, Cannes e tutti gli organizzatori, e Matteo che si è fidato… Ha avuto il coraggio, non so neanche io come.”
In queste parole tutta l’emozione di Marcello Fonte, mentre riceve la Palma d’oro per il Miglior Attore da Roberto Benigni. Ancora una volta, Matteo Garrone ha scelto un attore che ha vissuto una vita ai margini dello spettacolo per rappresentare la tragedia contemporanea di un uomo costretto ai margini della società. Il risultato è la variazione iperrealista della teoria del “pedinamento” di Cesare Zavattini: l’autenticità di Marcello Fonte nella parte del Canaro è deflagrante, come la desolazione di un “buono” tanto vessato e solo che diventa protagonista di un assassinio leggendario.
Palma d’oro per la Migliore Sceneggiatura ad Alice Rohrwacher che ringrazia “questa incredibile giuria e questa incredibile presidentessa per aver preso sul serio una sceneggiatura così bislacca”.
La favola rurale di Lazzaro Felice vince il premio ex-aequo con l’iraniano Jafar Panahi per Three Faces.
E’ italiano anche il premio per il Miglior Documentario: La strada dei Samouni di Stefano Savona (presentato alla Quinzaine des Réalisateurs).
La Palma d’oro va al giapponese Shoplifters di Hirokazu Kore-eda (autore di Farther and Sons e Ritratto di famiglia con tempesta, che torna con un nuovo dramma familiare, specchio della crudeltà delle disuguaglianze sociali).
Ecco tutti i premi principali assegnati a Cannes 2018:
PALMA D’ORO PER IL MIGLIOR FILM
SHOPLIFTERS di Kore-Eda Hirokazu
GRAN PREMIO
BLACKKKLANSMAN di Spike Lee
PREMIO DELLA GIURIA
CAPHARNAÜM (CAPERNAUM) di Nadine Labaki
PREMIO ALLA REGIA
PAWEL PAWLIKOWSKI per Cold War
PALMA D’ORO SPECIALE
LE LIVRE D’IMAGE di Jean-Luc Godard
PREMIO PER LA MIGLIORE ATTRICE
SAMAL YESLYAMOVA per Ayka
PREMIO PER IL MIGLIOR ATTORE
MARCELLO FONTE per Dogman
CAMERA D’OR PER LA MIGLIORE OPERA PRIMA
GIRL di Lukas Dhont
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La cerimonia di premiazione non è stata solo emozione e amore per il cinema. Asia Argento, prima di assegnare il premio alla Migliore Attrice, è tornata a denunciare con parole esplicite le violenze subite da Harvey Weinstein. Un atto di accusa che non si limita al passato, ma afferma con forza la fine della coltre di tolleranza e silenzio che nel mondo dello spettacolo ha sempre nascosto gli abusi sulle donne:
“Nel 1997 sono stata stuprata da Harvey Weinstein qui a Cannes.  Avevo 21 anni. Questo festival era il suo territorio di caccia. Voglio fare una previsione: Harvey Weinstein qui non sarà mai più benvenuto. Vivrà in disgrazia, escluso dalla comunità che un tempo lo accoglieva e nascondeva i suoi crimini. Perfino stasera, seduti tra di voi, ci sono quelli che devono ancora rispondere per i loro comportamenti contro le donne. Comportamenti che non appartengono a questa industria, che sono inaccettabili e indegni di questa industria, o qualunque altro posto di lavoro. Voi sapete chi siete. Ma soprattutto noi sappiamo chi siete. E non vi permetteremo più di farla franca.”
Cala così il sipario su Cannes 2018, un’edizione che di certo non è stata avara di emozioni.
In chiusura, un irresistibile John Travolta ha presentato l’edizione restaurata di Grease: un grande evento al Cinéma de la Page per celebrare i quarant’anni del Musical che è ormai un cult senza tempo.
E non dimentichiamo il ritorno in grande stile di Lars Von Trier. Dichiarato “persona non gradita” nel 2011 dopo le famigerate affermazioni sull’umanità di Hitler, il regista danese torna a quello che è stato il suo Festival di riferimento fin dagli esordi con L’elemento del crimine (1984). Per il figliol prodigo, non poteva che essere un ritorno esplosivo: all’anteprima dell’Horror di impianto filosoficoThe House that Jack built (con Matt Dillon, Uma Thurman e Bruno Ganz) un centinaio di giornalisti abbandona la sala, mentre la notizia di sequenze pantagrueliche, mutilazioni di donne e bambini riempie le prime pagine di tutto il mondo. Naturalmente, Von Trier resta il Re della benzina sul fuoco: “Non ho mai ucciso nessuno, ma se l’avessi fatto, sarebbe stato un giornalista” – ha dichiarato al quotidiano Le Figaro.
Last but not least: la chiusura del Festival di Cannes è tutta per Terry Gilliam e il suo The Man who killed Don Quixote (L’uomo che uccise Don Chisciotte). L’adattamento del classico di Cervantes, Don Chisciotte de La Mancha, arriva dopo 25 anni di vicissitudini rocambolesche e difficoltà produttive oltre i limiti del surreale. Solo Martedì 8 Maggio Gilliam ha vinto la sua personale battaglia contro i mulini a vento, insieme alla causa intentata dal produttore Paul Blanco di Alafama Films. Superato brillantemente perfino un malore e un ictus, il regista britannico ha accolto con il pubblico con la sua proverbiale ironia: la maledizione del Chisciotte è vinta, ed uno dei film più sognati e sofferti della Storia del Cinema è davvero realtà.
dogman marcello fonte
lazzaro felice
shoplifters palma d’oro
von trier the house that jack built
gilliam don quixote
#thelovingmemory
  #Cannes2018 : Tutti i premi e gli highlight del Festival di Cannes di Marta Zoe Poretti Con Sabato 19 Maggio si chiude anche l’edizione numero 71 del Festival di Cannes.
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tlmmagazine · 6 years ago
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di Marta Zoe Poretti
green book
a star is born
blackklansman
Christian Bale (left) stars as Dick Cheney and Amy Adams (right) stars as Lynne Cheney in Adam McKay’s VICE, an Annapurna Pictures release. Credit : Matt Kennedy / Annapurna Pictures 2018 © Annapurna Pictures, LLC. All Rights Reserved.
Yalitza Aparicio as Cleo, Marco Graf as Pepe, and Daniela Demesa as Sofi in Roma, written and directed by Alfonso Cuarón. Image by Alfonso Cuarón.

#22Gennaio #Oscar2019 Annunciate tutte le nomination all’edizione numero 91 degli #Oscar. Anche quest’anno, nessuna grande sorpresa: le candidature riflettono sostanzialmente i premi già assegnati dalla giuria dei #GoldenGlobes. Guadagna terreno il cinecomic #BlackPanther, ma #LaFavorita di #YorgosLanthimos, #Roma di #AlfonsoCuaron e #AStarIsBorn di #BradleyCooper, tutti presentati in anteprima mondiale a #Venezia75, restano i titoli di punta, pronti a contendersi i premi principali con #GreenBook di #PeterFarrelly e #Vice di #AdaMcKay. Ottimo risultato anche per #BohemianRhapsody: il primo biopic su Freddie Mercury, interpretato da #RamiMalek, sembra aver davvero conquistato tutti. Ma ecco tutte le candidature alla notte degli Oscar: in programma per il prossimo 24 Febbraio a Los Angeles.
MIGLIOR FILM
VICE – L’UOMO NELL’OMBRA
La FAVORITA
BOHEMIAN RHAPSODY
BLACK PANTHER
BLACKKLANSMAN
ROMA
GREEN BOOK
A STAR IS BORN
MIGLIOR REGIA
Alfonso Cuarón per Roma. Yorgos Lanthimos per La favorita. Spike Lee per BlacKkKlansman. Adam McKay per Vice – L’uomo nell’ombra. Paweł Pawlikowski per Cold War
MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Lady Gaga per A Star Is Born. Olivia Colman per  La favorita. Yalitza Aparicio per Roma. Glenn Close per The Wife. Melissa McCarthy per Can You Ever Forgive Me?
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA 
Christian Bale per Vice. Rami Malek per Bohemian Rhapsody. Viggo Mortensen per Green Book. Willem Dafoe per Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità. Bradley Cooper per A Star Is Born.
MIGLIOR FILM DI ANIMAZIONE 
Gli Incredibili 2. L’isola dei Cani. Ralph Spacca Internet. Spider-Man: Into the Spider-Verse. Mirai
MIGLIOR FILM STRANIERO
Germania, Never Look Away (Opera senza autore). Giappone, Shoplifters. Libano, Capernaum. Messico, Roma. Polonia, Cold War.
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA 
Amy Adams, Vice. Rachel Weisz, La favorita. Emma Stone, La favorita. Regina King, Se la strada potesse parlare. Marina de Tavira, Roma.
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA 
Mahershala Ali, Green Book. Adam Driver, BlacKkKlansman. Richard E. Grant, Can You Ever Forgive Me?. Sam Elliott, A Star Is Born. Sam Rockwell, Vice
MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Joel e Ethan Coen, La ballata di Buster Scruggs. Spike Lee, BlacKkKlansman. Nicole Holofcener e Jeff Witty, Can you ever forgive me?. Barry Jenkins, Se la strada potesse parlare. Eric Roth, Bradley Cooper, Will Fetters, A Star is born
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Deborah Davis e Tony McNamara per La Favorita. Paul Schrader per First Reformed. Adam McKay per Vice. Alfonso Cuaron per Roma. Nick Vallelonga, Brian Currie e Peter Farrelly per Green Book.
MIGLIOR FOTOGRAFIA 
Cold War La favorita Never look away Roma A Star is Born
MIGLIOR MONTAGGIO
BlacKkKlansman Bohemian Rhapsody Green Book La favorita Vice
MIGLIOR COLONNA SONORA 
Black Panther BlacKkKlansman Se la strada potesse parlare L’isola dei cani Il ritorno di Mary Poppins
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
“All The Stars”, Black Panther “I’ll Fight”, RBG “Shallow”, A Star is Born “The Place Where Lost Things Go”, Il ritorno di Mary Poppins “When A Cowboy Trades His Spurs For Wings”, La ballata di Buster Scruggs
MIGLIORI COSTUMI
La ballata di Buster Scruggs Black Panther La Favorita Il ritorno di Mary Poppins Maria Regina di Scozia
MIGLIORE SCENENOGRAFIA 
Black Panther La favorita First Man Il ritorno di Mary Poppins Roma
MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
Avengers: Infinity War Cristopher Robin First Man Ready Player One Solo: A Star Wars Story
MIGLIOR DOCUMENTARIO
Free Solo di Elizabeth Chai Vasarhelyi, Jimmy Chin, Evan Hayes and Shannon Dill Hale County this morning, this evening di RaMell Ross, Joslyn Barnes and Su Kim Minding the gap di Bing Liu and Diane Quon Of fathers and sons di Talal Derki, Ansgar Frerich, Eva Kemme and Tobias N. Siebert RBG di Betsy West, Julie Cohen
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Per tutti gli aggiornamenti sugli Oscar, restate in ascolto #staytuned #thelovingmemory : #itsalltrue
#Oscar2019 : #Roma, #LaFavorita, #Vice e tutti gli altri candidati alla notte degli #Oscar di Marta Zoe Poretti #22Gennaio #Oscar2019 Annunciate tutte le nomination all'edizione numero 91 degli #Oscar. Anche quest'anno, nessuna grande sorpresa: le candidature riflettono sostanzialmente i premi già assegnati dalla giuria dei #GoldenGlobes.
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tlmmagazine · 7 years ago
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#22Ottobre Happy Bday #CatherineDeneuve
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Ph: Catherine Deveuve pictured by Bert Stern for French Vogue (1961)
#thelovingmemory #icons #filmlovers
(*immagine da Pinterest)
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tlmmagazine · 6 years ago
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#Natale2018 : La Cine-List delle vacanze secondo #TheLovingMemory (Vol. 1)
#Natale2018 : La Cine-List delle vacanze secondo #TheLovingMemory (Vol. 1)
di Marta Zoe Poretti
CINE-LIST NATALE 2018 : VOLUME 1
La nostra prima Cine-List di Natale è dedicata a una speciale tipologia di super-umani. Uomini e donne pronti a superare il terzo girone di antipasti, primi secondi e contorni, puntando dritti alla meta. Costoro supereranno ogni sorta di pranzi, cene, tavolate e raduni, arrivando sempre svegli, attenti e reattivi al cinema di preferenza.
A…
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tlmmagazine · 6 years ago
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di Marta Zoe Poretti
La recensione di Bohemian Rhapsody – Il Film * La Scimmia Pensa.com : https://bit.ly/2SKDL1w
Curiosità e insight sul film con Rami Malek, Freddie Mercury e la sua vita con la band dei Queen: https://bit.ly/2QiO7nD
>>>> PhotoGallery da un amore di lungo corso per Queen e Mr. Mercury:
Lover Of Life, Singer of Songs. *
for Ideas – 1011moustache – Freddie Mercury of the rock band QUEEN, circa 1980. CREDIT: Neal Preston/1980 (from the morgue) Library Tag 05102006 Living/Arts Library Tag 09042008 Sidekick Calendar Edition
  *= tutte le immagini da Pinterest Italia
#BohemianRhapsody week @ #TheLovingMemory : Photo-gallery di Marta Zoe Poretti La recensione di Bohemian Rhapsody - Il Film * La Scimmia Pensa.com…
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tlmmagazine · 6 years ago
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di Marta Zoe Poretti
la recensione è pubblicata anche sul sito http://www.lindiependente.it
“Quando realizzi un film ambientato in un’altra epoca, è sempre interessante vedere come si relaziona con i nostri tempi – e ti rendi conto di quante poche cose siano cambiate, a parte gli abiti e il fatto che oggi abbiamo l’energia elettrica o internet. Sono tantissime le analogie a livello di comportamenti, società e potere.” – Yorgos Lanthimos
Dopo il futuro distopico di The Lobster, l’asettico presente de Il Sacrificio del Cervo Sacro (qui la nostra recensione), Yorgos Lanthimos procede a un salto indietro nel tempo, per condurci all’alba del ‘700, alla corte della Regina Anna di Gran Bretagna. Così il regista greco, considerato a pieno titolo tra gli autori più innovativi del panorama contemporaneo,  presenta in concorso alla 75. Mostra del Cinema di Venezia La Favorita (The Favourite): una parabola sul potere, la condizione femminile e la crudeltà insita nella natura umana.
Storia, linea surrealista e deformazione grottesca si incontrano al crocevia di un triangolo amoroso: quello tra Anna Stuart (regina stanca e malatissima, devastata nel corpo e nell’animo da un coacervo di malattie e 17 gravidanze fallite), la sua amica d’infanzia, consigliera e amante Sarah Churchill Duchessa di Malborough, e una sua lontana cugina, Abigail Masham (giovane Lady decaduta, perduta a carte da suo padre, giunta a corte dopo orribili peripezie).
Abigail (Emma Stone) ha i grandi occhi della disgrazia e della virtù: un vantaggio non indifferente, considerata la sua determinazione a scalare velocemente la piramide sociale, da sguattera a favorita di corte. Al contrario, la Duchessa di Malborough (Rachel Weisz) è celebre per il suo carattere aperto, onesto e diretto (magari vagamente brutale). Al centro, la Regina (Olivia Colman): un grosso corpo, tormentato dalla gotta e disperatamente in cerca d’amore. Il suo breve regno resta poco più di una nota ai margini della Storia, segnando la fine della dinastia Stuart. Ora, Yorgos Lanthimos ha scelto questo strano “scenario pre-illuminista” per mettere in scena il suo primo film in costume: un tripudio di balli di gruppo, giganti parrucche e anatre portate al guinzaglio.
Lanthimos con La Favorita allestisce il suo personale Teatro della crudeltà, moltiplica e dissolve riferimenti e citazioni (Da Barry Lindon di Stanley Kubrick a Il re muore di Eugene Ionesco), mentre il triangolo d’amorosi sensi si fa sempre più perverso, si intreccia con lo scontro politico di Whigs e Tories. Il parlamento, come la corte, si fanno così spettacolo dell’assurdo. Un palcoscenico con tre splendide protagoniste, impegnate a scambiarsi incessantemente il ruolo di vittima e di carnefice.
Questa insolita, splendida partita di scacchi, per certi versi è estenuante. Soprattutto nella seconda parte, La Favorita si rivela infatti un’opera debordante, dall’intelligenza sottile, ma gravata da qualche lentezza (da imputarsi più alla sceneggiatura che non alle superbe soluzioni visive di Yorgos Lanthimos).
Se The Lobster e Il sacrificio del cervo sacro erano impeccabili macchine a orologeria, quasi stranianti nella perfezione della forma, questo è un film stranamente più umano, destinato a scatenare reazioni contrastanti e dividere il pubblico (compresi grandi estimatori del regista).
Il cinema di Yorgos Lanthimos è uno strano animale, che domanda attenzione, stupore e disagio.
In un panorama di emozioni rapide, La Favorita è un film da meditare, che si rivela nel tempo, nelle sensazioni sottotraccia. E per questo, non possiamo che amarlo.
#thelovingmemory
#Venezia75 : #LaFavorita di Yorgos Lanthimos. La recensione in anteprima di Marta Zoe Poretti la recensione è pubblicata anche sul sito www.lindiependente.it “Quando realizzi un film ambientato in un’altra epoca, è sempre interessante vedere come si relaziona con i nostri tempi – e ti rendi conto di quante poche cose siano cambiate, a parte gli abiti e il fatto che oggi abbiamo l’energia elettrica o internet.
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tlmmagazine · 6 years ago
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#breakingnews Dopo l’anteprima del Festival di Cannes, c’è finalmente una data: L’uomo che uccise Don Chisciotte di Terry Gilliam arriverà nelle nostre sale il 27 Settembre (distribuito da M2 Pictures).
Il Quixote di Terry Gilliam è tra le produzioni più sofferte della Storia del Cinema intera.
Stanley Kubrick aveva Napoleon, Federico Fellini Il Viaggio di G. Mastorna: film eternamente riscritti, sognati e mai raggiunti. Quanto a Gilliam, negli ultimi 20 anni ha tentato innumerevoli volte di adattare per il grande schermo Don Chisciotte della Mancia di Miguel De Cervantes. La sua personale battaglia contro i mulini a vento era già diventata un film: Lost in La Mancha (2002). Ma la storia e la nostalgia di un film mancato non erano abbastanza per il regista inglese, che torna oggi al contrattacco con The Man Who Killed Don Quixote. Il ruolo del vecchio pazzo è passato a Jonathan Pryce (l’Alto Passero de Il trono di spade), mentre Adam Driver (personaggio-icona della serie HBO Girls, che ha raggiunto il successo internazionale come Kylo Ren nella saga Star Wars) ha preso il posto di Johnny Depp e la parte di Toby Grisoni (giovane pubblicitario che si finge Sancho Panza, finché forse inizia a crederci davvero).
Perfino l’anteprima del Festival di Cannes ci ha tenuto col fiato sorpreso. In questa serie surreale di disavventure, infatti, Terry Gilliam ha dovuto affrontare la causa intentata dal produttore Paul Blanco e la Alabama Films, ma soprattutto l’ictus che l’ha colpito nella sua casa di Londra. Solo il 19 Maggio 2018, con la prima mondiale di Cannes, i nostri eroi hanno trovato quel lieto fine che sembrava irraggiungibile.
In attesa della release, ecco le prime immagini de L’uomo che uccise Don Chisciotte
Questa la sinossi ufficiale:
“Toby, cinico regista pubblicitario, si ritrova intrappolato nelle bizzarre illusioni di un vecchio calzolaio spagnolo che crede di essere Don Chisciotte. Nel corso delle loro avventure comiche e sempre più surreali, Toby è costretto ad affrontare le tragiche ripercussioni del film realizzato quando era un giovane idealista, che ha inciso in modo indelebile sulle aspettative e sui sogni di un piccolo villaggio spagnolo. Riuscirà Toby a farsi perdonare e a ritrovare la sua umanità? Riuscirà Don Chisciotte a sopravvivere alla sua follia e a salvarsi dalla morte che incombe? Riuscirà l’amore a trionfare su tutto?”
#QuixotteVive
#thelovingmemory
L’UOMO CHE UCCISE DON CHISCIOTTE: il film di Terry Gilliam arriva in Italia il 27 Settembre #breakingnews Dopo l'anteprima del Festival di Cannes, c'è finalmente una data: L'uomo che uccise Don Chisciotte…
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tlmmagazine · 6 years ago
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di Marta Zoe Poretti
Il 2018 è anche il quarantesimo anniversario del ’68: al polo opposto della celebrazione, arriva in sala The End of Justice – Nessuno è innocente, secondo lungometraggio da regista di Dan Gilroy (già autore dell’ottimo The Nightcrawler – Lo sciacallo, 2014). Per il legal-drama che è valso a Denzel Washington l’ottava candidatura all’Oscar come Miglior Attore, il volto storico di Malcolm X diventa interprete di una parabola amara (per non dire drammatica) sul crepuscolo di ogni ideale. Roman J. Israel, protagonista assoluto di The End of Justice, è infatti un ex militante delle Black Panthers, che ha dedicato la sua intera esistenza alla battaglia per i diritti civili, solo per trovare che ormai non ha più un posto nel mondo.
Ispirato a Il verdetto (1982) di Sidney Lumet, anche The End of Justice è un dramma che non ricostruisce un procedimento giudiziario, ma cerca l’essenza e l’anima dell’avvocato protagonista.
Roman J. Israel (Denzel Washington) ha vissuto per decenni nell’ombra del suo socio: lo studio si è sempre schierato al fianco delle minoranze etniche, offrendo assistenza legale pro-bono a minorenni, piccoli criminali e chiunque viva ai margini della società. Ruolo di Roman, forte di una conoscenza quasi prodigiosa dei codici di legge, era predisporre la linea di difesa, senza mai avvicinarsi concretamente né ai clienti né alle aule di tribunale. Ma quando il suo storico socio ha un malore, nel giro di pochi giorni la vita di Roman torna a scontrarsi violentemente con la realtà.
Senza lavoro, senza il suo unico amico, Roman dovrà accettare l’offerta George Pierce (Colin Farrell): avvocato ben più spregiudicato e dedito al profitto. Non va meglio quando il vecchio Roman J. Israel cerca di riavvicinarsi alla protesta sociale: nonostante la stima di Maya (Carmen Ejogo), i giovani afro-americani e il loro linguaggio sembrano ormai alieni, con cui Roman non è minimamente in grado di entrare in contatto.
the end of justice
denzel washington colin farrell
the end of justice
the end of justice
denzel washington colin farrell
the end of justice
The End of Justice – Nessuno è innocente diventa così la triste storia di un riscatto mancato. Denzel Washington, nel ruolo di Roman J. Israel è quasi irriconoscibile: goffo, appesantito, irrimediabilmente buffo nelle sue mise démodé. Peccato che il film si riveli presto debole: privo di una trama davvero convincente, questa volta Dan Gilroy lascia tutto il peso del film sulle spalle del protagonista Denzel Washington. E benché si tratti di un gigante, non basta a salvare una sceneggiatura superficiale (e una grande occasione mancata).
Restano una splendida colonna sonora Jazz, una Los Angeles luminosa e indifferente, l’ipad e i grossi occhiali di Roman/Denzel Washington, per un film che sembra dedicato solo ai fan più irriducibili del protagonista di Malcolm X (1992), Philadelphia (1993),Training Day (2001) e una incredibile serie di storie, capaci di conservare una forte valenza sociale anche nel contesto del cinema più commerciale.
  #TheEndofJustice è in sala da Giovedì 31 Maggio con #WarnerBros
#thelovingmemory
THE END OF JUSTICE – Nessuno è innocente. La recensione del film con Denzel Washington di Marta Zoe Poretti Il 2018 è anche il quarantesimo anniversario del ’68: al polo opposto della celebrazione, arriva in sala The End of Justice - Nessuno è innocente, secondo lungometraggio da regista di Dan Gilroy (già autore dell’ottimo The Nightcrawler - Lo sciacallo, 2014).
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tlmmagazine · 6 years ago
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di Marta Zoe Poretti
"Grazie a questa incredibile giuria e la sua incredibile presidentessa(…) Grazie ai produttori e tutti quelli che hanno reso possibile questo film e questa sceneggiatura bislacca, grazie per averla preso seriamente come i bambini prendono seriamente i giochi.”
Così Alice Rohrwacher ha ringraziato la giuria di Cannes e Cate Blanchett, che hanno scelto di premiare il suo Lazzaro Felice per la Migliore Sceneggiatura. Come per Marcello Fonte, Miglior Attore grazie Dogman di Matteo Garrone, quella della giuria è una linea precisa: premiare la diversità, il coraggio di un cinema che prende solo strade traverse, capace di mirare al cuore senza cedere alle lusinghe dello spettacolo, né agli artefatti tipici dell’autorialità (vera o presunta).
Il cinema italiano conquista così il Festival di Cannes 2018, con due film che non potrebbero essere più diversi, eppure hanno un sostanziale punto in comune: raccontare la tenerezza, attraverso due protagonisti dal candore assoluto, esclusi brutalmente dalla società e dagli uomini. Come a dire che bontà, gentilezza e dedizione rappresentano ormai un dato non realistico, un sintomo di alienazione, o forse la più inaccettabile tra le provocazioni.
Lazzaro Felice arriva oggi nelle nostre sale. Fin dal primo fotogramma, il terzo lungometraggio di Alice Rohrwacher dichiara la sua diversità, che parte dalla scelta di girare il film in 16 millimetri. Lontana dall’estetica del digitale, ma anche dalla perfezione del 35 millimetri (suo nobile fratello maggiore), il 16mm è la pellicola delle avanguardie e del cinema a basso costo, la cui grana spessa, non perfettamente definita risulta oggi quasi straniante. Nell’era del 4K, la scelta stessa del Super16 rappresenta un invito: abbandonarsi a una fiaba insolita, dai tempi dilatati, imperfetta e fuori dal tempo.
Lazzaro (Adriano Tardiolo) è un mezzadro: come a dire uno schiavo, la cui vita appartiene e dipende dalla Marchesina Alfonsina De Luna (Nicoletta Braschi). Il ragazzo non conosce altra realtà che l’Inviolata, le sue piantagioni di tabacco, il casale dove vive con Antonia (prima Agnese Graziani, poi Alba Rohrwacher) e altre decine di contadini, ammassati come fossero bestiame. Come ogni estate, la Marchesa raggiunge l’Inviolata con suo figlio Tancredi (Luca Chikovani). A differenza della madre, il Marchesino odia la tenuta, e nel disperato tentativo di sfuggire alla noia, sceglie come amico proprio Lazzaro. La bontà di Lazzaro ne aveva già fatto una sorta di scemo del villaggio: quello a cui tutti si rivolgono quando hanno bisogno di qualcosa. Ma tra l’indolente nobile e il candido ragazzo, nasce un’amicizia istantanea e vera. Un legame così autentico che finirà per rivoluzionare la vita di tutti, rompendo quel “grande inganno” che esclude l’Inviolata dalla realtà.
Lazzaro felice è un film senza coordinate: attraversa lo spazio e il tempo, mescolando presente e passato, la realtà più cruda e l’incanto della fiaba. Ma le differenze tra città e campagna, libertà e schiavitù non si rivelano che illusorie. Da Vetriolo e Bagnoregio, dagli scenari del viterbese a Castel Giorgio e la provincia di Terni, fino a una strana modernità metropolitana (che è il mash-up di Milano, Torino e Civitavecchia), il film di Alice Rohrwacher racconta una ferita italiana: ancora quella illustrata nel 1975 da Pier Paolo Pasolini con “La scomparsa delle lucciole”. Una società che ha annientato i valori della cultura rurale, senza riempire il vuoto di autentico progresso.
Uno scenario ferale, dove la sopraffazione e l’esclusione dei più deboli si consolida come norma, finalmente invincibile, già che non corrisponde più a una Signora Marchesa, ma al muro senza volto di una società intera.
lazzaro felice
lazzaro felice
lazzaro felice
  Sia il film di Alice Rohrwacher che Dogman di Matteo Garrone sono l’esempio di un cinema italiano finalmente moderno, che conosce e interpreta le sue radici, su tutte la lezione neorealista: infinitamente replicata, ma raramente così meditata, compresa e riscritta nell’ottica di un racconto contemporaneo.
Con Dogman, Garrone proietta una leggenda della cronaca nera (quella del Canaro della Magliana) nel tempo presente e nello spettrale scenario del Villaggio Coppola di Castel Volturno. Un luogo letteralmente ai confini della realtà, paradiso balneare della criminalità organizzata, ormai tetro monumento alla speculazione edilizia.
Se Garrone è tornato alla stessa location de L’imbalsamatore (2002), anche il legame con Primo Amore (2004) è dichiarato: il volto sinistro e beffardo di Vitaliano Trevisan (che del film era protagonista e sceneggiatore) è tra i primi ad accogliere l’arrivo di Marcello in carcere.
Marcello Fonte è Dogman ma resta Marcello: il premio a Cannes per il Miglior Attore è anche un premio per l’autore, che (ancora una volta) ha scelto un attore vissuto ai margini dello spettacolo per interpretare un uomo ai margini della società. Più oltre, il lavoro di Garrone con Marcello Fonte trova un equilibrio irripetibile tra tragedia classica e quella “teoria del pedinamento” che è alla base della nascita del Neorealismo.
In Dogman, come nella tragedia classica, il destino dell’eroe è noto fin dall’inizio, mentre la storia procede fatale verso una rovina ineluttabile.
Il dispositivo più antico e potente della tragedia incontra qui il cinema di Cesare Zavattini: l’idea di pedinare il personaggio, in un corpo a corpo che rivela attraverso espressioni e gesti comuni l’anima profonda del personaggio.
Dogman diventa così una perfetta tragedia contemporanea, dove umanità e verità si rivelano nel paradosso dell’alterazione iperrealista.
dogman di matteo garrone
marcello fonte, dogman
dogman di matteo garrone
  Meno perfetta la pellicola di Elice Rohwacher, bislacca per la sua stessa autrice, che rinuncia all’equilibrio e rifiuta la dittatura del ritmo, perché risplenda la magia del silenzio, dei primi piani, del suo Lazzaro.
Anche il realismo magico di Lazzaro felice, fiaba e racconto morale dal sostrato dichiaratamente politico, è intimamente legato al Neorealismo e la sua rivoluzionaria idea di profondità e “pedinamento”.
Per questo, poco importa delle imperfezioni: in un mercato impazzito, schiavo di continue nuove uscite (destinate presto a bruciarsi in nome della moltiplicazione dell’offerta) Dogman e Lazzaro felice sono l’affermazione di un cinema necessario, dalla vera urgenza narrativa, che domanda tempo, sensazioni e tutta la nostra attenzione.
#thelovingmemory
#Dogman #LazzaroFelice
#Dogman e #LazzaroFelice : cosa raccontano i film italiani premiati a #Cannes di Marta Zoe Poretti "Grazie a questa incredibile giuria e la sua incredibile presidentessa(…) Grazie ai produttori e tutti quelli che hanno reso possibile questo film e questa sceneggiatura bislacca, grazie per averla preso seriamente come i bambini prendono seriamente i giochi.”
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tlmmagazine · 7 years ago
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di Marta Zoe Poretti
Secondo capitolo della serie Star Wars Anthology (collezione di spin-off sulle più grandi icone di Guerre Stellari) è Solo – A Star Wars Story: film dedicato interamente ad Han Solo e la sua rocambolesca giovinezza.
Presentato in anteprima al Festival di Cannes, l’attesissima origin-story sul ”più grande pilota della galassia” conferma quella che potremmo definire “fase manierista” di una saga che da oltre quarant’anni mantiene intatta la sua Aura.
Se alla fine degli anni ’70 l’universo creato da George Lucas era uno spettacolo d’invenzioni mai viste, spade laser, salti nell’iperspazio, intrepidi ribelli, cavalieri Jedi e guardie imperiali, negli anni ’90 lo stesso Lucas fatica a rifondare il mito e infondere nuova linfa alle sue creature. Sembrava tutto perfetto: nuove tecnologie digitali, pronte a portare gli effetti speciali oltre ogni limite conosciuto, e una storia che riparte dall’inizio, quando tutto è cominciato. Ma il contatto con la modernità non giova affatto alla cosiddetta Trilogia-prequel, che perde mordente e mistero, per sembrare sempre più una pallida replica di sé stessa. Deluso dallo scarso successo di Episodio I – La minaccia fantasma (1999), Episodio II – L’attacco dei cloni (2002), Episodio III – La vendetta del Sith (2005), il regista cede la Lucas Film a Walt Disney Pictures, che inaugura una nuova era per l’Impero Galattico.
Si moltiplicano i percorsi narrativi: se Star Wars – Il risveglio della forza (2015), diretto da J.J. Abrahms, riprende il filo della saga e inizia 30 anni dopo la battaglia di Endor e la distruzione della Morte Nera (culmine de Il ritorno dello Jedi ,1983), Disney rilancia la posta e raddoppia con Star Wars Anthology.
Ma basterà abbandonare il sentiero conosciuto e ambientare nuovi spin-off fuori dalla naturale progressione della storia? Rogue One (2016) di Gareth Edwards è una sonora delusione per i fan di Star Wars. Per quanto raccontare la genesi della Morte Nera fosse una premessa decisamente interessante, il film si presenta come una favoletta di buoni sentimenti, tutta superficie e zero forti emozioni.
Va molto meglio questa volta con Solo : A Star Wars Story, al cinema dal prossimo 23 Maggio.
Dopo varie vicissitudini produttive, la regia passa infatti a un titano dell’intrattenimento puro: Ron Howard, quel Richie Cunningham di Happy Days che oggi è il regista premio Oscar di A beautiful mind (2002) e una lunga serie di blockbuster, Cuori ribelli (1992), Apollo 13 (1995), Il codice da Vinci (2006) e Frost/Nixon (2008).
Il film racconta il più “umano” tra i grandi protagonisti di Star Wars. Nella storia di Han Solo, infatti, non c’è traccia di quell’energia mistica detta Forza, meno che mai del suo Lato Oscuro. Senza Sith né Jedi, lo scenario è quello di una strana giungla, dove convivono umani, alieni e androidi, tutti impegnati nella quotidiana lotta per la sopravvivenza. Han è cresciuto a Cornellia, un contesto a dir poco rapace, letteralmente Solo e senza famiglia: addestrato al furto e l’inganno, sogna di diventare pilota per affermare la sua libertà.
Scopriremo così che Han Solo (interpretato da Alden Ehrenreich), prima della Principessa Leia ha amato follemente una donna di nome Qi’ra (Emilia Clarke), e che il primo impatto con l’inseparabile amico Chewbecca non è stato esattamente dei migliori. Nella lunga strada verso la libertà, Han unisce il suo destino a quello della banda capitana da Tobias Beckett (Woody Harrelson) e Val (Tandie Newton), al soldo della potente organizzazione criminale di Dryden Voss (Paul Bettany), nota come Alleanza Cremisi. Insieme, organizzeranno un furto tanto epico quanto rischioso. Il film racconta anche l’inizio della rivalità di Han con l’eterno amico/nemico: Lando Carlissian (Donald Glover) e un altro incontro fatale: quello con l’astronave dei suoi sogni, il Millennium Falcon.
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Ma passiamo alle dolenti note. Il più grande limite di Solo : A Star Wars Story è proprio il protagonista Alden Ehrenreich, lontanissimo dal fascino beffardo che ha reso immortale il personaggio di Harrison Ford.
Sarà forse la scarsa esperienza, ma non dimentichiamo che nel 1977 neanche Ford, Luke Hamill (Luke Skywalker) e Carrie Fisher (indimenticabile Principessa Leila) erano certo attori consumati. Anche Emilia Clarke, che pure riesce a farci dimenticare l’immagine di Daenerys Targaryen de Il trono di spade (missione di per sé ai limiti dell’impossibile), questa volta non brilla per espressività né inventiva.
E’ probabile che i giovani di Solo risentono del confronto con interpreti di ben altro calibro: Tandie Newton (splendida Maeve della serie Westworld – dove tutto è concesso), Paul Bettany (un altro androide: Vision della saga Avengers) e soprattutto Woody Harrelson (protagonista di Natural Born Killers, che dopo il successo di True Detective e Tre manifesti a Ebbing, Missouri sembra davvero inarrestabile).
In generale, l’impressione è che tutto il cast (e Ron Howard con loro) risenta di una sceneggiatura decisamente standard.
Jon e Lawrence Kasdan – scelto da George Lucas a partire da L’impero colpisce ancora (1980), richiamato da J.J. Abrams per la nuova era Disney – stavolta hanno scelto di non rischiare: dialoghi semplici, linee narrative regolari, poche grandi svolte e personaggi bidimensionali. Insomma: un terreno familiare, dove il buono è buono, e il buono che diventa cattivo risulta oltremodo prevedibile.
Abbiamo parlato di “fase manierista”: in questo senso, aveva scarso margine d’azione anche Ron Howard, chiamato in extremis a sostituire Phil Lord e Christopher Miller (autori della serie The Last Man on Earth e del blockbuster The Lego Movie). Nel tracciato di una sceneggiatura che non cerca l’innovazione, ma rinuncia alle sfumature in nome dell’azione, il regista è riuscito a costruire un’opera visivamente superba, che torna alle radici profonde della saga: un mix irripetibile di space-opera, fantasy, elementi del western e dell’epica samurai.
Per questo, gli innamorati di Star Wars troveranno in Solo una buona dose di piacere e divertimento, per un film tradizionale ma comunque avvincente. Garanzia del brivido di sempre, la colonna sonora firmata da John Powell.
E se il nostro Alden Ehrenreich non è esattamente irresistibile, compensa Danny Glover nella parte di Lando Carlissian: così ammiccante che è già confermato come protagonista assoluto del prossimo spin-off Star Wars Anthology.
*La recensione è pubblicata anche sul sito www.lindiependente.it
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#Solo #StarWars #23Maggio
#Solo : A #StarWars Story. La recensione in anteprima di Marta Zoe Poretti Secondo capitolo della serie Star Wars Anthology (collezione di spin-off sulle più grandi icone di Guerre Stellari) è Solo - A Star Wars Story: film dedicato interamente ad Han Solo e la sua rocambolesca giovinezza.
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tlmmagazine · 7 years ago
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di Marta Zoe Poretti
*la recensione originale è pubblicata sul sito www.lindiependente.it
Con il 10 Maggio arriva in sala Loro 2: seconda e ultima parte del nuovo film di Paolo Sorrentino, nato per indagare il mistero, il fascino e forse perfino l’anima dell’uomo noto col nome di Silvio Berlusconi. Ma non chiamatelo film politico: l’ardita parabola di Sorrentino non ha alcuna pretesa di analisi storica. Piuttosto, obiettivo del cineasta napoletano era costruire un affresco complesso, che lasciasse ampio margine a digressioni, allegorie e quella variopinta corte di amici, galoppini e saltimbanchi che circondano l’imprenditore che ha fatto di sé “un paradiso in carne e ossa”. E se “mistero” è la parola chiave, è altrettanto chiara l’intenzione di Sorrentino: “cinema e letteratura sono gli ultimi avamposti della comprensione” – ha risposto alle immancabili critiche emerse nel corso della conferenza stampa romana, rivendicando un’idea di cinema che non giudica e non condanna, ma sceglie la tenerezza come “tono rivoluzionario”.
Al netto di qualunque considerazione, non c’è dubbio che Sorrentino sia un autore indomito, nonché provvisto di notevole coraggio: se la divisione del lungometraggio in due capitoli l’ha automaticamente escluso dal Festival di Cannes (a differenza di Matteo Garrone, attualmente in concorso con Dogman), la scelta di non rappresentare Berlusconi come “male assoluto” avrà certo scontentato chi aspettava una variante surreale de Il caimano di Nanni Moretti (2006).
Disagio, pochezza, solitudine e un profondo, inarrestabile terrore dell’oblio e la vecchiaia sono le sensazioni che sembrano guidare tutti i personaggi del film. In realtà, Loro 1 rappresenta una sorta di lunga introduzione: protagonista assoluto dei primi 60 minuti è infatti Sergio Morra (Riccardo Scamarcio), figura chiaramente ispirata a Gianpaolo Tarantini, spregiudicato arrampicatore di provincia, capace d’intuire che la via più diretta per arrivare a Berlusconi è riunire in epiche feste le migliori escort sul mercato. La prima parte di Loro diventa così un tetro succedersi di balletti, sessioni di sesso e (letteralmente) un pioggia di ecstasy e cocaina.
Altre figure chiave, la cui identità è un mix di riferimenti reali e deformazioni grottesca: Kira (Kasia Smutniak), variazione di Sabina Began, anche detta l’“ape regina” dei party berlusconiani, legata al Presidente da un sofferto sentimento d’amore, Cupa Caiafa (Anna Bonaiuto), che ricorda decisamente Daniela Santanché, e poi Santino Recchia (Fabrizio Bentivoglio): il personaggio che più ha scatenato la fantasia dei rotocalchi, già che recita poesie come Sandro Bondi, indossa camicie vistose come Roberto Formigoni, ma mira alla leadership del Centro-Destra come (forse) in quegli anni il segretario Angelino Alfano.
Set del film “Loro” di Paolo Sorrentino. Nella foto Riccardo Scamarcio e Kasia Smutniak. Foto di Gianni Fiorito Questa fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d’autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film. E’ obbligatoria la menzione dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.
Se la prima parte del film (che non ha convinto buona parte di pubblico e critica) sembra indulgere eccessivamente sullo scenario, la seconda parte è tutta per Lui: Silvio Berlusconi. Toni Servillo apre Loro 2 con una sequenza da vero mattatore: nella parte di Silvio e il suo doppio, Ennio Doris (Presidente di Banca Mediolanum e prediletto tra  gli epigoni), Servillo è una perfetta marionetta da Teatro dei Pupi, che agita braccia e mani con eloquenza e precisione, portandoci finalmente al vivo del film, ovvero la storia del “più grande venditore d’Italia”.
Il film inizia nel 2006, quando Berlusconi si trova suo malgrado all’opposizione per poche migliaia di voti: dall’intuizione di sedurre i 6 senatori che determineranno la caduta del governo, vedremo il Presidente ferito superare ansie, depressione e la tristezza per la fine del matrimonio con Veronica (che in Loro 1 aveva cercato di riconquistare), ma anche perdere progressivamente interesse per il potere, mentre avanza l’armata di giovanette e soubrettine.
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Oltre all’incredibile cast di attori (tutti folgoranti, dalle comparse a un Toni Servillo in stato di grazia, affiancato da una eccellente Elena Sofia Ricci nella parte di Veronica Lario), con Loro 2 Sorrentino realizza un film davvero efficace: non serve condanna né giudizio, infatti, laddove la tristezza della realtà supera anche la più sfrenata immaginazione. Un’immagine su tutte: il sorriso smagliante di Berlusconi in visita tra le macerie dell’Aquila, devastata dal terremoto del 6 Aprile 2009.
Certo, la divisione in due parti non convince del tutto, tanto che sembra ormai ufficiale un nuovo montaggio per la distribuzione all’estero (e molti spettatori potrebbero scegliere di vedere direttamente Loro 2, senza passare dalla sua ricca introduzione). La sceneggiatura risulta sbilanciata in modo quasi stridente: i protagonisti di Loro 1 nella seconda parte quasi scompaiono, liquidati con poche battute, mentre la stessa struttura del film, che prima indulge su digressioni oniriche, con l’immancabile passaggio di animali mitici, pecore e rinoceronti, diventa improvvisamente più concreta, serrata, arrivando seriamente al cuore del personaggio.
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Anche questa volta, Sorrentino si conferma un autore che non accetta limiti né compromessi, senza la minima preoccupazione di compiacere il pubblico, meno che mai la stampa cinematografica. A loro volta, gli spettatori si divideranno nelle consuete, inconciliabili fazioni: da un lato chi resta sedotto da un cinema estetizzante, complesso e sontuoso, dall’altro chi trova auto-compiaciute e irritanti le sue derive anti-narrative.
Di certo, Loro di Paolo Sorrentino è il nuovo esempio di un cinema che non potrà mai lasciarci indifferenti, confermando lo stile unico di un cineasta che non teme gli abissi dello squallore umano, ostinatamente in bilico tra provocazione e tenerezza, reale e grottesco, fantasia e Storia.
 #thelovingmemory
#Loro: la recensione del film in 2 parti di Paolo Sorrentino di Marta Zoe Poretti *la recensione originale è pubblicata sul sito www.lindiependente.it Con il 10 Maggio arriva in sala…
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tlmmagazine · 7 years ago
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#CinemaDays : dal 9 al 12 Aprile torna il cinema a 3 euro. Ecco i film da non perdere secondo #TheLovingMemory
Da Lunedì 9 a Giovedì 12 Aprile tornano i Cinema Days: iniziativa promossa dal Ministeri dei Beni e le Attività culturali che coinvolge le sale cinematografiche di tutta Italia, pronte a offrire 4 giorni di cinema al prezzo di soli 3 euro. Un’occasione d’oro per vedere i grandi film primi in classifica (ad esempio Ready Player One di Steven Spielberg, Nella tana dei lupidi Christian…
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tlmmagazine · 7 years ago
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La novità più attesa della settimana è senz’ombra di dubbio Ready Player One: il film che segna il ritorno di Steven Spielberg alla fantascienza e l’intrattenimento puro.
Non poteva che essere Spielberg a dirigere l’adattamento cinematografico del bestseller di Ernest Cline. Ready Player One è infatti un sontuoso, debordante mash-up della cultura Pop degli anni ’80: una storia dove presente, passato e futuro si fondono in un’epica battaglia, nel nome della più sacra tra le libertà, quella dell’immaginazione.
Siamo nel 2045: l’umanità del futuro è duramente provata da crisi economica, rivolte e carestie. Ammassate in sterminate periferie di baracche e rottami, le persone sopravvivono a una realtà decisamente ostile grazie al videogioco che ha cambiato il mondo: Oasis.
Quello di è Oasis è un autentico universo parallelo, dove la vita può ancora essere splendida e avvincente. Il suo inventore, John Hallyday (Mark Rylance), è venerato come un dio. Di certo, è il nume tutelare e l’unico punto di riferimento per Wade Watts (Tye Sheridan): rimasto presto orfano dei genitori, costretto a vivere in condizioni decisamente precarie, nel mondo di Oasis il ragazzo diventa Perzival, eroe senza macchia e senza paura.
Alla sua morte, Halliday ha lanciato la più grande delle sfide: chi riuscirà a conquistare le 3 chiavi e accedere al mitico Easter Egg prenderà il totale controllo di Oasis, ereditando anche un’immensa fortuna.
L’umanità intera è impegnata in questa rocambolesca caccia al tesoro, ma negli ultimi 7 anni nessuno ha trovato una sola chiave. Naturalmente, vincere è anche l’obiettivo di una potente multinazionale: La IOI, diretta dal perfido Sorrento (Ben Mendelshon), vecchio assistente che non ha mai conquistato la fiducia Halliday. Sorrento ha già ridotto in schiavitù un vero e proprio esercito di player: se vincessero, il mondo di Oasis non sarebbe mai più lo stesso.
Nella lunga strada verso la vittoria, il solitario Perzival/Wade Watts troverà l’aiuto di preziosi alleati (gli “Altissimi Cinque”), tra cui l’intrepida Art3mis / Samantha (Olivia Cooke), un incontro che costringerà Wade a raccogliere la più terrorizzante delle sfide: quella dell’amore.
Ready Player One è una grande giostra, ma anche un viaggio di formazione, una storia di rinascita e riscatto e un film sulla scoperta dei sentimenti più veri. Soprattutto, è la grandiosa celebrazione di come l’immaginazione possa salvare una vita: in pratica, la quintessenza del cinema di Steven Spielberg.
Da notare che il cineasta di E.T. L’extraterrestre, Indiana Jones e Jurassic Park è riuscito in un’impresa che ha del miracoloso: non citare mai se stesso. Eppure, con Ready Player One, Spielberg ha realizzato il perfetto sussidiario degli anni ’80, attraversando una folla di icone, immagini e suoni, senza perdere stupore e spirito che sono il cuore della sua poetica: quelli di un ragazzo innamorato del cinema.
Per affiancato nell’impresa, Spielberg ha scelto due storici collaboratori: il montatore Micheal Kahn e il direttore della fotografia Janusz Kaminski, entrambi premiati con l’Oscar per Schindler’s List (1993) e Salvate il Soldato Ryan (1998). Un mito in carne e ossa è il garante della colonna sonora: Alan Silvestri, già al fianco di Robert Zemeckis per Ritorno al futuro (1985) e Chi ha incastrato Roger Rabbit? (1988); premio Oscar per Forrest Gump (1995). 
Il risultato è esattamente quello che vi aspettate: impeccabile, perfetto, per 2 ore di piacere puro.
    Ready Player One vi aspetta al cinema da Mercoledì 28 Marzo grazie a Warner Bros.
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#ReadyPlayerOneIT
28 Marzo : arriva READY PLAYER ONE… E quando gioca Spielberg, non ce n’è per nessuno. La novità più attesa della settimana è senz’ombra di dubbio Ready Player One: il film che segna il ritorno di Steven Spielberg alla fantascienza e l’intrattenimento puro.
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