#tazza di te
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La vita è più bella quando non ti preoccupi di avere il servizio buono per mangiare, ma non ti importa manco di avere la forchetta.
Scaldi il pane sulla stufa, togliendo giusto il misto di polvere e cenere che stava lì.
Raccogli le bacche di rosa canina, la quantità giusta per la tua tazza. Usi la legna che serve per scaldare un po’ la stanza. Solo il necessario, il resto rimane alla natura, il resto rimane per chi viene dopo di te.
Dovremmo ripartire da qui.
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Dicono che tutti i giorni dobbiamo mangiare una mela per il ferro e una banana per il potassio. Anche un'arancia per la vitamina C e una tazza di Tè verde senza zucchero, per prevenire il diabete.
Tutti i giorni dobbiamo bere due litri d'acqua anche se poi espellerli richiede il doppio del tempo che hai messo per berli.
Tutti i giorni bisogna bere un Actimel o mangiare uno yogurt per avere i "L. Cassei Defensis", che nessuno sa bene che cosa cavolo siano, però sembra che se non ti ingoi per lo meno un milione e mezzo di questi bacilli tutti i giorni, inizi a vedere sfocato.
Ogni giorno un'aspirina, per prevenire l'ictus, e un bicchiere di vino rosso, per prevenire contro l'infarto. E un altro di bianco, per il sistema nervoso. E uno di birra, che già non mi ricordo a che cosa serva. Se li bevi tutti insieme, ti può provocare un'emorragia cerebrale, ma non ti preoccupare perché non te ne renderai neppure conto...
Tutti i giorni bisogna mangiare fibra. Molta, moltissima fibra, finché riesci a evacuare un maglione.
Si devono fare tra i 4 e 6 pasti quotidiani, leggeri, senza dimenticare di masticare 100 volte ogni boccone. Facendo i calcoli, solo per mangiare se ne vanno 5 ore. Ah, e dopo ogni pranzo bisogna lavarsi i denti, ossia che dopo l'Actimel e la fibra lavati i denti, dopo la mela i denti, dopo la banana i denti... e così via finché ti rimangono tre denti in bocca, senza dimenticarti di usare il filo interdentale, massaggiare le gengive, il risciacquo col colluttorio... Meglio ampliare il bagno e metterci il lettore di CD, perché tra l'acqua, le fibre e i denti, ci passerai varie ore.
Bisogna dormire otto ore e lavorare altre otto, più le 5 necessarie per mangiare, 21. Te ne rimangono 3, sempre che non ci sia traffico. Secondo le statistiche, vediamo la televisione per tre ore al giorno. Ma no! Non si può, perché tutti i giorni bisogna camminare almeno mezz'ora.
Bisogna mantenere le amicizie perché sono come le piante: bisogna innaffiarle tutti i giorni per mantenerle in vita.
Inoltre, bisogna tenersi informati, e leggere per lo meno due giornali e un paio di articoli di rivista, per una lettura critica.
Ah!, si deve fare sesso tutti i giorni, però senza cadere nella routine: bisogna essere innovatori, creativi, e rinnovare la seduzione.
Tutto questo ha bisogno di tempo. E senza parlare del sesso tantrico.
Bisogna anche avere il tempo di scopare per terra, spolverare, lavare i piatti, i panni, stirare e non parliamo se hai dei figli o un cane.
Insomma, per farla breve, i conti danno 29 ore al giorno. Non c’è niente da fare: devi fare varie cose insieme. Si chiama multitasking, non c’è altra soluzione! Per esempio, ti fai la doccia con acqua fredda e con la bocca aperta, così almeno ti bevi i due litri canonici. Mentre esci dal bagno con lo spazzolino in bocca e fai l’amore (tantrico) con il compagno/a che nel frattempo guarda la TV e ti racconta, mentre tu lavi il pavimento. Ti rimane una mano libera? Chiama i genitori o qualche amico. Dopo aver chiamato i genitori, avrai senz’altro bisogno di un goccio di vino per tirarti su. Il Bio Puritas con la mela te lo può dare il partner, mentre si mangia la banana con l’Actimel, e domani fate il cambio.
Mi è venuta la confusione mentale.
Adesso ti lascio, perché tra lo yogurt, la mela, la birra, il primo litro d’acqua e il terzo pasto con fibra della giornata, già non so più cosa sto facendo. So che devo andare urgentemente in bagno. E ne approfitto per lavarmi i denti. Però, se ti rimangono due minuti liberi, invia una copia ai tuoi amici, che devono essere annaffiati come una pianta.
Se ti avessi già mandato questo messaggio, perdonami. È l’Alzheimer che, nonostante tutte le cure, non sono ancora riuscita a debellare.
web - Autore sconosciuto
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Svegliarsi la mattina ed essere travolta subito da mille e più pensieri... Cercare di scacciarli con un caffè bollente... E mentre hai la tazza in mano che scotta e diffonde tutto il suo aroma... Chiudere gli occhi... Lasciare andare quel senso di incompiuto... Lasciarlo volare via... Lontano da te... È sempre difficile voltare pagina... Ma necessario...
Buongiorno 😘
~ Virginia ~
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Bellissima … Da leggere tutta
Il grande segreto di tutte le donne rispetto ai bagni è che da bambina tua mamma ti portava in bagno, puliva la tavolozza, ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava: “MAI, mai appoggiarsi sul gabinetto!”, e poi ti mostrava “la posizione”, che consiste nel bilanciarsi sulla tazza facendo come per sedersi, ma senza che il corpo venisse a contatto con la tavoletta. “La posizione” è una delle prime lezioni di vita di quando sei ancora una bambina, importantissima e necessaria, dovrà accompagnarti per il resto della vita. Ma ancora oggi, ora che sei diventata adulta, “la posizione” è terribilmente difficile da mantenere quando hai la vescica che sta per esplodere. Quando “devi andare” in un bagno pubblico, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt. Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe e le braccia incrociate (è la posizione ufficiale da “me la sto facendo addosso”). Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con la figlioletta piccola “che non può più trattenersi”, e ne approfittano per passarti davanti tutte e due!
A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. Sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi che non c’è la chiave (non c’è mai!); pensi: Non importa… Appendi la borsa a un gancio sulla porta e, se il gancio non c’è (non c’è mai!), ispezioni la zona: il pavimento è pieno di liquidi non ben definiti e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com’è di cose che ci hai messo dentro, la maggior parte delle quali non usi ma le tieni perché “non si sa mai’. Tornando alla porta, dato che non c’è la chiave devi tenerla con una mano, mentre con l’altra ti abbassi i pantaloni e assumi “la posizione”… Aaaaahhhhhh… finalmente… A questo punto cominciano a tremarti le gambe perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati che ti bloccano la circolazione, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di cinque chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta, dentro di te pensi che non succederebbe nulla ma la voce di tua madre ti risuona in testa: “non sederti MAI su un gabinetto pubblico!”. Così rimani nella “posizione”, ma per un errore di calcolo un piccolo zampillo ti schizza sulle calze!!! Sei fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere “la posizione” richiede grande concentrazione: per allontanare dalla mente questa disgrazia, cerchi il rotolo di carta igienica maaa, cavolo, non ce n’é!!! (Mai) Allora preghi il cielo che tra quei cinque chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta: ci pensi su un attimo, ma non hai scelta. E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco, altrimenti tutti ti vedranno semiseduta in aria con i pantaloni abbassati… NO!!! Allora urli: ‘O-CCU-PA-TOOO!!!’, continuando a spingere la porta con la mano libera, e a quel punto dai per scontato
che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il kleenex, vorresti usarne un paio ma sai quanto possono tornare utili in casi come questi e ti accontenti di uno, non si sa mai. In quel preciso momento si spegne la luce automatica, ma in un cubicolo così minuscolo non sarà tanto difficile trovare l’interruttore! Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l’altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudando perché hai su il cappotto che non sapevi dove appendere e perché in questi posti fa sempre un caldo terribile. Senza contare il bernoccolo causato dal colpo di porta, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze… Il ricordo di tua mamma che sarebbe piena di vergogna se ti vedesse così, perché il suo … non ha mai toccato la tavoletta di un bagno pubblico, perché davvero “non sai quante malattie potresti prenderti qui”. Ma la tortura non è finita… Sei esausta, quando ti metti in piedi non senti più le gambe, ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone! Se non funziona preferiresti non
uscire più da quel bagno, che vergogna! Finalmente vai al lavandino: è tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, te la appendi alla spalla, non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi tutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da Gobbo di Notre Dame, per non far cadere la borsa nel lavandino. L’asciugamani è così scarso che finisci per asciugarti le mani nei pantaloni, perché non vuoi sprecare un altro kleenex per questo! Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e in quei momenti non riesci a sorridere spontaneamente, cosciente del fatto che hai passato un’eternità là dentro. Sei fortunata se non esci con un pezzo di carta igienica attaccato alla scarpa, o peggio ancora con la cerniera abbassata! A me è capitato una volta , e non sono l’unica a quanto ne so! Esci e vedi il tuo uomo che è già uscito dal bagno da un pezzo, e gli è rimasto perfino il tempo di leggere “Guerra e pace” mentre ti aspettava. “Perché ci hai messo tanto?”, ti chiede irritato. ‘C’era molta coda’, ti limiti a rispondere. E questo è il motivo per cui noi donne andiamo in bagno in gruppo, per solidarietà, perché una ti tiene la borsa e il cappotto, l’altra ti tiene la porta e l’altra ti passa il kleenex da sotto la porta; così è molto più semplice e veloce, perché tu devi concentrarti solo nel mantenere “la posizione” (e la dignità). Questo scritto è dedicato alle donne di tutto il mondo che hanno usato un bagno pubblico e a voi uomini… perché capiate come mai ci stiamo tanto dentro.
~(web)~
Art. dal web
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Una tazza di caffè al mattino; l'inizio perfetto per un giorno pieno di sogni da realizzare.
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Con te, tutto è più bello..
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol.1 From the Empire
FLIGHT NIGHT - Capitolo 1
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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“Hostess, scusi? Potrei avere del latte nel mio te? E anche diciamo dodici… no tredici cucchiaini di zucchero?” Chiese.
Jessica si voltò a guardare il giovane uomo dall’altra parte del bancone. Indossava occhiali spessi ed una semplice e scolorita veste da prete. Quel povero viaggiatore sembrava parecchio fuori luogo.
Anche se gli ultimi tempi erano stati duri, la sala panoramica era elegante ed affollata. Uomini e donne ben vestiti chiacchieravano e ridacchiavano, una musica allegra suonava, bicchieri tintinnavano, e l’aria era pervasa dal fumo dei sigari. La sala era piena di persone ricche ed importanti.
Era una notte perfetta per volare.
“Mmm? Hostess? Signorina?” Chiese nuovamente l’uomo.
“Uh? Ah s-sì!” Rispose lei.
Jessica fece scorrere una mano lungo i suoi capelli castani lunghi fino alle spalle, sforzandosi di svegliarsi dal suo sogno ad occhi aperti. Si allacciò il suo grembiule. Il suo sorriso la rese più giovane ed il suo viso pieno di lentiggini si illuminò.
“Uh, aveva chiesto dello scotch?”
“No un te con il latte. E tredici cucchiaini di zucchero”
L’hostess sbattè gli occhi: “Beh, se vuole dei dolci abbiamo anche torte e pasticcini, signore”
“Sono sicuro che sono fantastici ma…” Il prete guardò il suo portafoglio. Le sue spalle si afflosciarono “Ho solo cinque dinari… quindi prenderò soltanto un te per favore”
Persino i bambini dei ricchi che correvano nella sala avevano più soldi di lui. Lo stesso stipendio del mese scorso di Jessica ammontava a duemila dinari. Come aveva fatto quel povero prete a salire sulla Tristan - la nave piú lussuosa a volare tra Londinium e Roma?
“Mi lamento sempre con la sede centrale” scherzò il prete “E la caffetteria qui fa pagare cento dinari per la cena. Che furto! Sono cosí povero, un solo pasto svuoterebbe tutto il mio conto in banca”
“Non mi dica che non ha mangiato?” Chiese la ragazza.
Lui scrollò le spalle: “Non da circa venti ore. Ho tentato di non stancarmi troppo rimanendo a dormire nella mia camera, ma stava comunque iniziando a girarmi un po’ la testa. Ho pensato che se avessi alzato un po’ la glicemia, avrei potuto tenere duro fino a Roma” rispose in tutta onestà.
“I preti vivono una vita molto dura”
Il prete prese le parole comprensive di Jessica come un complimento. Annuí come se stesse pregando Dio. “Come vede si tratta una questione di vita o di morte… Dunque, potrei avere il mio te zuccherato ora?”
Lei annuí. “Certo, ecco qui”
“Mh… questo te è così buono. È autentico, vero? Non quello nelle bustine che ti lascia—“
SBAM!
Prima che il liquido denso potesse raggiungere le sue labbra per un secondo sorso, un bambino che correva per la sala con un palloncino in mano andò a sbattere contro una gamba del prete, che finì con lo sbattere la testa sul bancone, rovesciando ovunque l’intero contenuto della tazza— sui suoi lunghi capelli, sulla sua veste, sui suoi occhiali, ovunque. Nel frattempo il bimbo inciampò, cadde per terra e si mise a piangere.
“Va tutto bene piccolo? Ti sei fatto male?” Chiese Jessica.
Ignorando completamente il prete dai capelli d’argento, che gocciolavano di te, corse dal bambino. Per fortuna il ragazzino era più impaurito che ferito.
Jessica afferrò la corda del palloncino che aveva consegnato ad ogni bambino che era salito a bordo e aiutó il bimbo a rimettersi in piedi.
“G-grazie signorina” balbettò il ragazzino.
“Di niente. Ma devi tornare dai tuoi genitori. É quasi ora di andare a letto.”
“S-sì. Mi scusi Padre” disse il bambino imbarazzato.
Il prete, che stava cercando di sistemarsi i capelli bagnati, sorrise in modo rassicurante al bambino che lo stava guardando preoccupato “Ah ah ah! Non è successo nulla. Era solo una tazza di te. Nessun problema. Non devi preoccuparti. Davvero.”
“Hai visto che prete gentile? Ora però devi andare a letto. Mi raccomando torna dritto nella tua stanza”.
Il ragazzino annuì e corse via. Jessica si assicurò che lasciasse il salone sano e salvo prima di tornare a rivolgersi al prete.
Lui stava guardando il te rovesciato. Stava lì a fissarlo, la sua espressione piena di rimpianto.
“Padre, vorrebbe un sandwich? Non c’è bisogno di pagare… offre la casa”
Lui si illuminò. “Offre la casa? Davvero? Oh Signore, grazie signorina. Lei è un angelo forse? Ora che ci penso, mi è sembrato di vedere un suo ritratto in una chiesa”
Lei alzò gli occhi al cielo “Sono solo una hostess”
Con un crepitìo, una voce meccanica parló da un altoparlante posto sul bancone.
“Parla il ponte di comando—Jessica, potresti portarci le nostre cene?”
“Sì Capitano Connelly… Uhm, Padre, può attendere un minuto? Torno subito” disse.
“Aspetterò quanto vuole, Signorina…?”
“Lang. Sono Jessica Lang”
“Lang?” Ripetè. Per un momento il prete sembrò cercare di ricordare qualcosa. “Ha forse una qualche parentela con la designer di questa nave, morta lo scorso anno, la Dottoressa Catherine Lang?”
“Sì, era mia madre”
Il prete alzò le sopracciglia “Quindi è lei al comando di questa nave?”
“No! Sono solo una hostess. Ho studiato un po’ per diventare pilota, ma non ho ancora la certificazione, e poi sono una donna…”
“Non c’è nessuna legge che le impedisca di volare, Jessica. Io stesso conosco una donna che pilota una nave volante… Oh, mi scuso. Non mi sono presentato. Il mio nome è Abel”
Il prete sollevó i suoi occhiali rotondi e si presentó inchinandosi “Abel Nightroad— prete errante al vostro servizio”
#trinity blood novels#trinity blood#abel nightroad#sunao yoshida#jessica lang#flight night#rage against the moons#thores shibamoto#traduzione italiana
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CONOSCI L’ANEDDOTO DELLA “TAZZA DI CAFFÈ”?
Se hai voglia di leggere, forse scoprirai qualcosa su di te.
Immagina di camminare con la tua tazza di caffè e, all’improvviso, qualcuno passa, ti spinge e il caffè si rovescia dappertutto. ☕
Perché hai versato il caffè?
"Perché qualcuno mi ha spinto".
Risposta sbagliata.
Hai versato il caffè perché era quello che avevi nella tazza. Se fosse stato tè, avresti versato tè.
Ciò che hai nella tua tazza è ciò che si riverserà fuori.
Lo stesso accade quando la vita ti scuote (e accadrà, prima o poi): quello che hai dentro di te è ciò che verserai sugli altri.
Puoi andare in giro fingendo che la tua tazza sia piena di virtù… ma quando la vita ti spingerà, si rovescerà ciò che realmente hai dentro. Alla fine, la verità viene sempre a galla. Quindi, chiediti:
Cosa c’è nella mia tazza?
Quando la vita mi metterà alla prova, cosa verserò fuori?
Amore, gioia, pace, umiltà, pazienza, fede, autocontrollo…
Oppure amarezza, lamentele, pensieri negativi, paura, parole dure?
Lavora per riempire la tua tazza con gratitudine, generosità, amore e cose buone, perché quello di cui è piena la tua tazza è ciò che uscirà quando la vita ti scuoterà. 😊☕
#vita#crescita interiore#crescita#crescita personale#consapevolezza#pensieri#amore#percorso#caffè#tazza#gioia#pace#pace interiore#umiltà#pazienza#empatia#paura#dolore#amarezza#frasi#negatività
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Guardavo i tramonti d'inizio estate, cercavo con lo sguardo la linea invisibile all'orizzonte, ciò che separa il cielo dal mare ed intanto mi chiedevo "ma finisce il mare"? Finisce in un giorno d'inverno, quando ti affacci alla finestra e vedi la pioggia stagliarsi sui vetri mentre stringi una tazza fumante. Un po' come quei pezzi di me che pure si erano stagliati lì, davanti allo specchio, una mattina tra tante. E per me era finito il mare. Nessuna data, nessun orario. Non te lo dice quando finisce, il mare. Quando giungerai al prossimo traguardo o al prossimo schianto. Ma per quante volte possa finire, esisterà sempre la linea, quel filo conduttore che ti riporterà al principio di tutto. E sarà l'inizio e la fine assieme, la fine e l'inizio, imprescindibili l'uno dall'altra, come il cielo che abbraccia il mare.
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Abbandono
l'abbandono è una cura,
Anche se l'inizio è stato amaro,
È il percorso che inizia con la tristezza, ma riporta la tua pace interiore.
A volte ci aggrappiamo a cose e persone anche se ci feriscono,
Ma nel momento del rilascio, scopri che il cuore diventa più leggero,
L'anima cominciò a respirare liberamente dopo un periodo di sofferenza.
Lasciar andare non è una via di fuga, è una scelta per te.
La decisione di lasciare andare ciò che turba la tua vita, anche se all’inizio è doloroso.
È una cura che non arriva subito,
Ma col passare del tempo, scoprirai che la vita migliorerà.
E tu sei più forte di quanto immaginavi.
Lasciar andare ti insegna a mettere te stesso al primo posto,
E senti la pace interiore che arriva solo dopo una decisione difficile.
Sii forte e lascia andare ciò che ti ferisce, non importa quanto lo ami, non sprecare le tue energie e i tuoi giorni della tua vita con persone che non ti danno autostima o amore per quello che sei. Ci sono concetti che non cambiano e persone che non cambiano, non importa quanto ci provi. Alla fine, scoprirai che hai combattuto una guerra persa fin dall’inizio e che sei stato l’unico perdente. Non versare tutti i tuoi pensieri, sentimenti e sforzi in una tazza rotta e morire di sete! Maggiore potenza dell'impiccagione, ma col tempo il dolore scomparirà lentamente sarà sostituito da un senso di soddisfazione per aver aggrappato all'ultima cosa che ti era rimasta prima di dichiarare bancarotta, ovvero la tua dignità.
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"Vai in giro con la tua tazza di caffè... E all'improvviso qualcuno ti spinge facendoti versare caffè ovunque.
Perché hai rovesciato il caffè?
Perché qualcuno mi ha spinto!
Risposta sbagliata!
Hai rovesciato il caffè perché avevi il caffè nella tazza.
Se avessi preso il tè... avresti rovesciato il tè.
Quello che hai nella tazza è ciò che verserai.
Quindi... Quando la vita scuote, quello che hai dentro... Verserai.
Puoi attraversare la vita fingendo che la tua tazza sia piena di virtù, ma quando la vita ti spinge, verserai ciò che esiste realmente dentro di te.
La verità viene sempre alla luce.
Quindi, dovrai chiederti: "Cosa c'è nella mia tazza?"
Quando la vita si fa dura... cosa verserò?
Gioia... Grazia... Pace... Gentilezza... Umiltà?
O rabbia... amarezza... parole dure o reazioni?
Tu scegli!
Ora... Lavora per riempire la tua tazza di gratitudine... Perdono... Gioia... Parole positive e gentili... Generosità... E amore per gli altri.
Qualunque cosa sia nella tua tazza, sei responsabile.
E guarda che la vita scuote.
A volte scuote forte.
Scuote più volte di quanto possiamo immaginare...
Sei responsabile di quello che c'è nella tua tazza.
Cosa c'è dentro?"
web
#frasi forza#amarsi#tumblr#coraggio#caffè#forza e coraggio#saggezza#frasi vita#vivere#perdono#tempeste#gentilezza#grazie#Grazia#pace#gioia#luce#buio#parlare#parole#umilta#sofferenza#dolore#vita#è difficile#pezzi di vita#citazioni di vita#frasi sulla vita#frasi libri#frasi e citazioni
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I tuoi pensieri immersi in una tazza di caffe .... i tuoi sogni i tuoi desideri .... le tue voglie ad occhi chiusi ... con chi nel cuore hai .... ma non vicino a te .... ti mordicchi le labbra piene di caffe ... i tuoi seni si irrigidiscono ... ti sfiori ed e' come se lui fosse li .. presente che ti guida le mani a soddisfare i tuoi sogni ....
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James Joyce oltre che forte bevitore quando beveva (passava periodi da astemio), era un gran divoratore di libri ed era stato un puttaniere in gioventú. Per quanto facesse loro ricorso, le puttane non gli piacevano, e forse per questo preferiva immaginare, quando scriveva a sua moglie, Nora, scene che forse avevano avuto un corrispettivo nella realtà nonostante la teatralità delle raffigurazioni. In fin dei conti, Joyce aveva detto una volta che «anelava di poter copulare con un'anima». Ormai da parecchi anni sono diventate famose queste lettere oscene, in cui l'autore si cullava nell'illusione di poter essere molto felice quando Nora e lui si sarebbero rincontrati (lui stava a Dublino, lei a Trieste, dove vivevano abitualmente), e in cui trovava anche momentanea felicità, poiché alla fine di piú d'una confessa di essere venuto (sono parole sue) mentre le scriveva porcherie. Senza dubbio uno dei pochi scrittori che hanno ottenuto con la loro penna gratificazioni così intense. James Joyce, a giudicare da questa desiderava che sua moglie ingrassasse affinché lo colpisse, lo dominasse e vi fossero piú eccessi, aveva idee molto precise sul genere di indumenti intimi che lei doveva indossare (un po' macchiati sempre, questa preferenza era invariabile) e dimostrava smaccata predilezione per le capacità aeree o anche secretive di colei che aveva conosciuto come Nora Barnacle: insomma, era un coprofilo. Ma di quelle lettere non è questo l'elemento piú stridente, quanto lo spirito inquisitivo con cui interrogava Nora sul suo passato o sul suo presente, al fine di nutrire i suoi libri. Il tipo d'interrogatorio ricorda, piú che altro, quello dei parroci cattolici nel confessionale, come si vede in questo passo: «Quando quella persona... ti ha messo la mano o le mani sotto le gonne, ti ha accarezzato soltanto all'esterno o ti ha infilato un dito o piú dita? Se lo ha fatto, è arrivato abbastanza in alto per toccarti quella piccola cosina che hai alla punta della fica? Ti ha toccato di dietro? E rimasto a lungo ad accarezzarti e tu sei venuta? Ti ha chiesto di toccarlo? L'hai fatto? E se non l'hai toccato, è venuto contro di te e tu te ne sei accorta?» O in quest'altro: Stanotte... ho tentato di immaginarti mentre ti masturbavi la fica in bagno. Come lo fai? In piedi contro il muro accarezzandoti sotto i vestiti o ti siedi sulla tazza con le gonne sollevate e la mano a tutta velocità nell'apertura delle mutande? Ti viene voglia di cacare? Mi chiedo come fai. Vieni mentre cachi o ti masturbi prima fino alla fine e cachi dopo?» Non si può negare che Joyce fosse un uomo puntiglioso e innamorato del particolare.
- Javier Marias, Vite scritte
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Il grande segreto di tutte le donne rispetto ai bagni è che da bambina tua mamma ti portava in bagno, puliva la tavolozza, ne ricopriva il perimetro con la carta igienica e poi ti spiegava: “MAI, mai appoggiarsi sul gabinetto!”, e poi ti mostrava “la posizione”, che consiste nel bilanciarsi sulla tazza facendo come per sedersi, ma senza che il corpo venisse a contatto con la tavoletta. “La posizione” è una delle prime lezioni di vita di quando sei ancora una bambina, importantissima e necessaria, dovrà accompagnarti per il resto della vita. Ma ancora oggi, ora che sei diventata adulta, “la posizione” è terribilmente difficile da mantenere quando hai la vescica che sta per esplodere. Quando “devi andare” in un bagno pubblico, ti ritrovi con una coda di donne che ti fa pensare che dentro ci sia Brad Pitt. Allora ti metti buona ad aspettare, sorridendo amabilmente alle altre che aspettano anche loro con le gambe e le braccia incrociate (è la posizione ufficiale da “me la sto facendo addosso”). Finalmente tocca a te, ma arriva sempre la mamma con la figlioletta piccola “che non può più trattenersi”, e ne approfittano per passarti davanti tutte e due!
A quel punto controlli sotto le porte per vedere se ci sono gambe. Sono tutti occupati. Finalmente se ne apre uno e ti butti addosso alla persona che esce. Entri e ti accorgi che non c’è la chiave (non c’è mai!); pensi: Non importa… Appendi la borsa a un gancio sulla porta e, se il gancio non c’è (non c’è mai!), ispezioni la zona: il pavimento è pieno di liquidi non ben definiti e non osi poggiarla lì, per cui te la appendi al collo ed è pesantissima, piena com’è di cose che ci hai messo dentro, la maggior parte delle quali non usi ma le tieni perché “non si sa mai’. Tornando alla porta, dato che non c’è la chiave devi tenerla con una mano, mentre con l’altra ti abbassi i pantaloni e assumi “la posizione”… Aaaaahhhhhh… finalmente… A questo punto cominciano a tremarti le gambe perché sei sospesa in aria, con le ginocchia piegate, i pantaloni abbassati che ti bloccano la circolazione, il braccio teso che fa forza contro la porta e una borsa di cinque chili appesa al collo. Vorresti sederti, ma non hai avuto il tempo di pulire la tazza né di coprirla con la carta, dentro di te pensi che non succederebbe nulla ma la voce di tua madre ti risuona in testa: “non sederti MAI su un gabinetto pubblico!”. Così rimani nella “posizione”, ma per un errore di calcolo un piccolo zampillo ti schizza sulle calze!!! Sei fortunata se non ti bagni le scarpe. Mantenere “la posizione” richiede grande concentrazione: per allontanare dalla mente questa disgrazia, cerchi il rotolo di carta igienica maaa, cavolo, non ce n’é!!! (Mai) Allora preghi il cielo che tra quei cinque chili di cianfrusaglie che hai in borsa ci sia un misero kleenex, ma per cercarlo devi lasciare andare la porta: ci pensi su un attimo, ma non hai scelta. E non appena lasci la porta, qualcuno la spinge e devi frenarla con un movimento brusco, altrimenti tutti ti vedranno semiseduta in aria con i pantaloni abbassati… NO!!! Allora urli: ‘O-CCU-PA-TOOO!!!’, continuando a spingere la porta con la mano libera, e a quel punto dai per scontato
che tutte quelle che aspettano fuori abbiano sentito e adesso puoi lasciare la porta senza paura, nessuno oserà aprirla di nuovo (in questo noi donne ci rispettiamo molto) e ti rimetti a cercare il kleenex, vorresti usarne un paio ma sai quanto possono tornare utili in casi come questi e ti accontenti di uno, non si sa mai. In quel preciso momento si spegne la luce automatica, ma in un cubicolo così minuscolo non sarà tanto difficile trovare l’interruttore! Riaccendi la luce con la mano del kleenex, perché l’altra sostiene i pantaloni, conti i secondi che ti restano per uscire di lì, sudando perché hai su il cappotto che non sapevi dove appendere e perché in questi posti fa sempre un caldo terribile. Senza contare il bernoccolo causato dal colpo di porta, il dolore al collo per la borsa, il sudore che ti scorre sulla fronte, lo schizzo sulle calze… Il ricordo di tua mamma che sarebbe piena di vergogna se ti vedesse così, perché il suo … non ha mai toccato la tavoletta di un bagno pubblico, perché davvero “non sai quante malattie potresti prenderti qui”. Ma la tortura non è finita… Sei esausta, quando ti metti in piedi non senti più le gambe, ti rivesti velocemente e soprattutto tiri lo sciacquone! Se non funziona preferiresti non
uscire più da quel bagno, che vergogna! Finalmente vai al lavandino: è tutto pieno di acqua e non puoi appoggiare la borsa, te la appendi alla spalla, non capisci come funziona il rubinetto con i sensori automatici e tocchi tutto finché riesci finalmente a lavarti le mani in una posizione da Gobbo di Notre Dame, per non far cadere la borsa nel lavandino. L’asciugamani è così scarso che finisci per asciugarti le mani nei pantaloni, perché non vuoi sprecare un altro kleenex per questo! Esci passando accanto a tutte le altre donne che ancora aspettano con le gambe incrociate e in quei momenti non riesci a sorridere spontaneamente, cosciente del fatto che hai passato un’eternità là dentro. Sei fortunata se non esci con un pezzo di carta igienica attaccato alla scarpa, o peggio ancora con la cerniera abbassata! A me è capitato una volta , e non sono l’unica a quanto ne so! Esci e vedi il tuo uomo che è già uscito dal bagno da un pezzo, e gli è rimasto perfino il tempo di leggere “Guerra e pace” mentre ti aspettava. “Perché ci hai messo tanto?”, ti chiede irritato. ‘C’era molta coda’, ti limiti a rispondere. E questo è il motivo per cui noi donne andiamo in bagno in gruppo, per solidarietà, perché una ti tiene la borsa e il cappotto, l’altra ti tiene la porta e l’altra ti passa il kleenex da sotto la porta; così è molto più semplice e veloce, perché tu devi concentrarti solo nel mantenere “la posizione” (e la dignità). Questo scritto è dedicato alle donne di tutto il mondo che hanno usato un bagno pubblico e a voi uomini… perché capiate come mai ci stiamo tanto dentro.
(web)
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L'amore è quando loro si scambiano di posto con te sul marciapiede, così sono più vicini al traffico. È una tazza di tè messa davanti a te senza che tu debba chiederglielo. L'amore è un abbraccio silenzioso quando ne hai bisogno. Uno che dice tutto quando l'altra persona non dice nulla. È quando ti prendono una borsa senza che tu debba chiederglielo, semplicemente perché vedono che ti appesantisce. L'amore è questo sentimento immenso e non quantificabile. Ma è qualcosa che mostriamo e che ci viene mostrato attraverso le cose più piccole. Le azioni possono davvero parlare più forte delle parole. L'amore è muoversi e creare, dare e ricevere. È metterci in gioco per contare gli altri. Portare calore quando hanno freddo e portare un carico per un po' per alleggerire il loro. Perché l'amore è mostrare a qualcuno che non sta affrontando tutto da solo. Che lo vediamo. Che è importante. E si spera che faccia lo stesso per noi. Ci mostrerà quanto siamo visti. Che non siamo soli. E che siamo importanti. Becky Hemsley 2023 *************************** Love is them swapping places with you on the pavement so they're closer to the traffic. It's a cup of tea placed in front of you without you having to ask. Love is a silent hug when you need it. One that says everything when the other person says nothing. It is them taking a bag from you without you needing to ask, simply because they can see it is weighing you down. Love is this huge, unquantifiable feeling. But it’s something we show and are shown through the smallest things. Actions really can speak louder than words. Love is moving and making and giving and taking. It is putting ourselves out to count others in. Bringing warmth when they are cold and bearing a load for a while to lighten theirs. Because love is showing someone that they are not navigating this alone. That we see them. That they matter. And hopefully they will do the same for us. They will show us just how much we are seen. That we are not alone. And that we matter. Becky Hemsley 2023
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Abbandono
Abbandonare....
l'abbandono è una cura,
Detto cosi
Sembra sciocco
Ma non lo è..
Anche se l'inizio è stato e sarà amaro,
È un percorso che inizia con la tristezza, ma ti riporta la tua pace interiore.
A volte ci aggrappiamo a cose e persone anche se ci feriscono,
Ma nel momento del lasciar andare, scopri che il cuore diventa più leggero,
L'anima comincia a respirare liberamente dopo un periodo di sofferenza.
Lasciar andare non è una via di fuga, è una scelta per noi stessi.
La decisione di lasciare andare ciò che turba la nostra vita, anche se all’inizio è doloroso.
È una cura che non arriva subito,
Ma col passare del tempo, scoprirai che la vita migliorerà.
E tu sei più forte di quanto immaginavi.
Lasciar andare ti insegna a mettere te stessa al primo posto,
E senti la pace interiore che arriva solo dopo la decisione difficile.
Sii forte e lascia andare ciò che ti ferisce, non importa quanto lo ami, non sprecare le tue energie e i tuoi giorni della tua vita con persone che non ti danno autostima o amore per quello che sei. Ci sono concetti che non cambiano e persone che non cambieranno mai, non importa quanto ci provi. Alla fine, scoprirai che hai combattuto una guerra persa fin dall’inizio e che sei stato l’unico perdente...tu novello don chischotte
Contro i mulini a vento
Devi impare a sfruttare il vento
Non cercare di cambiarlo
Non versare tutti i tuoi pensieri, sentimenti e sforzi in una tazza rotta e rischiare di morire di fame e di sete
In un radioso giorno di agosto
Perche non riesci a vedere il sole
La luce che ti porti dentro
E rimani li a perdere tempo intorno al castello dell illusioni! Lascia andare
Lasciati andare
col tempo il dolore scomparirà lentamente sarà sostituito da un senso di soddisfazione per esserti aggrappato all'ultima cosa che ti era rimasta un attimo prima di arrenderti alla stupidita
, ovvero sarai grata di aver dato valore alla tua dignità.
Perché la dignità ha il sapore della libertà
Entrambi sono dei doveri verso noi stessi prima di essere diritti
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Mi manchi.. mi manca tutto di te, mi manca quando la sera dopo lavoro ti venivo a prendere e cenavamo insieme, mi manca quando ci distendevamo insieme sul letto a guardare in film, quando stavi male e ti preparavo una tazza di the con il limone per farti stare meglio, mi manca quando andavo a giocare a calcetto e ti portavo con me ed eri la mia fan numero 1, mi manca farti addormentare con i grattini e mi dicevi "hai la mano magica", mi mancano le liti stupide, mi manca guardarti e capirci al volo, mi manca fare l'amore con te, mi manca venire da te durante una festa e sussurrarti all'orecchio quanto sei bella, mi manca passare le giornate in famiglia, mi manca passare le giornate con la pioggia sotto la coperte o le belle giornate in giro a prendere un gelato, mi manca asciugarti i capelli, mi manca quando mi facevi le skincare che amavi tanto fare ma che a me non interessavano e ti lasciavo fare, mi manca vederti leggere, mi manca quando mi raccontavi tutto il libro che avevi divorato e mi dicevi "adesso devo aspettare" e io puntualmente ti compravo il secondo volume, mi manca parlare di progetti, di figli e di matrimonio, mi mancano le volte che mi chiedevi consiglio, mi manca quando mi dicevi che per te ero la persona più importante al mondo, mi manca vederti piangere, vederti sorridere, vederti nervosa, mi manca sentirti dire che non hai fame, mi manca quando ti veniva il ciclo e avevi sbalzi di umore e io cercavo di non fartelo pesare, mi manca comprarti le schifezze per riempire quella fame strana che ti veniva quando avevi quel periodo del mese, quando mi chiedevi "domani che mi metto.?" Mi manca guardarti dormire, mi manca fare avanti e indietro con la macchina da casa mia a casa tua, mi manca ascoltare le tue stupide musiche che poi tanto stupide non erano perché piacevano a te, mi manca sentirmi dire "amò finiscila". Mi manca tutto di te ogni singola cosa, mi dicevi che eravamo per sempre, che eravamo io e te contro io mondo, per 10 anni ci siamo cresciuti, accettati,amati e difesi, ci siamo visti nudi, vestiti e pieni di insicurezze, abbiamo lottato i nostri mostri e grazie a noi abbiamo superato tante difficoltà, ricordo ancora quando mi dicevi io così non ce la faccio e ti dicevo si invece sei forte sei unica e se non dovessi farcela ci sono io che che ti aiuterò sempre, mi ricordo quando era al contrario ed ero io a pezzi e tu mi dicevi qualsiasi cosa accada io sono qua non esistono problemi che non possiamo affrontare insieme. E ora? Cosa è successo, perché mi hai abbandonato, come può un amore così grande finire così da un giorno all'altro, come può un sentimento così grande bruciarsi come una stella cadente che passa e poi svanisce, com'è possibile? Sei stata la mia prima volta, il mio punto fermo in mille situazioni instabili, e ora? ... la mia più grande certezza mi ha guardato negli occhi e mi ha detto non so più cosa sento, sto bene da sola. Avrei voluto prendere una pallottola sul petto piuttosto che sentirmi dire queste parole. Mi manchi tanto V.
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