#storie familiari
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M. Palminteri-COME L’ARANCIO AMARO. Carlotta e la verità, tutta la verità nient’altro che la verità.
Carlotta Calangioso, 36 anni, direttrice scrupolosa dell’ Archivio Notarile di Agrigento, vuole scoprire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità sulla sua storia familiare. La miccia viene innescata da un vecchio documento notarile che le capita tra le mani, riguardante l’accusa della nonna paterna Donna Rosetta alla madre Nardina di non aver partorito Carlotta, ma di averla…
#Agrigento#Mafia#Maternità#Milena Palminteri#Sicilia#Stoire di Donne#Storie familiari#Una Donna di Sibilla Aleramo
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Una nuova vita di Valentina Cebeni: l'epopea della famiglia Fontamara. La saga dei Fontamara, tra amore, segreti e lotte per il riscatto, in una nuova emozionante opera di Valentina Cebeni. Recensione di Alessandria today
Valentina Cebeni, nota autrice di romanzi storici ed emozionali, torna con Una nuova vita, il primo volume di una saga familiare intensa e coinvolgente: la saga dei Fontamara.
Valentina Cebeni, nota autrice di romanzi storici ed emozionali, torna con Una nuova vita, il primo volume di una saga familiare intensa e coinvolgente: la saga dei Fontamara. Ambientato in Italia durante gli anni tumultuosi del primo Novecento, il romanzo intreccia le vite di donne coraggiose che affrontano le sfide della vita, lottando per l’indipendenza, l’amore e la sopravvivenza in una…
#. romanzi da leggere#amore e segreti#Donne forti#Emancipazione femminile#introspezione psicologica#Italia anni &039;20#La Saga dei Fontamara#legami familiari#LETTERATURA CONTEMPORANEA#letteratura italiana#lotta per la libertà#narrativa emozionale#narrativa italiana#Narrativa storica#nuove uscite librarie#paesaggi italiani#primo Novecento#protagoniste femminili#resilienza#romanzi ambientati in Italia#romanzi d&039;autore#Romanzo Epico#Romanzo romantico#Romanzo storico#saghe familiari#Segreti di famiglia#Sperling & Kupfer#Storie d&039;amore#storie di riscatto#storie familiari
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" C'è un momento nella storia di ogni famiglia in cui si appare felici a se stessi. Magari non lo si è affatto. Ma lo si porta scritto in faccia: io, famiglia da poco composta, sono nella mia pienezza e necessità, sono il cibo per l'occhio altrui, sono la carne terrena che imita la carne divina, sono la Famiglia nella sua beatitudine terrena. La si lascia stampata nelle fotografie questa felicità, sprizza dagli occhi, dai vestiti, dall'unità interna, da quel chiedersi, cercarsi, spingersi, annusarsi che abbiamo in comune con gli animali. Dopo, non si sa come, tutto si rompe, prende a sfaldarsi. La rosa ha dato il meglio di sè, ora perde i petali a uno a uno e assomiglia più a un dente cariato che a un fiore. L'odore è l'ultima cosa che se ne va; quel leggero sentore di carni addormentate, di fiati teneri e giovanissimi, quel profumo di necessità che costituisce la perfezione della famiglia nel suo nascere. È orribile trovarsi adulti, ormai usciti da quel paradiso dei sensi e degli odori, e capire di avere conservato quella felicità solo in qualche fotografia. Un singulto nel ritrovare nelle narici quegli odori di letti materni e sapere che sono persi per sempre. "
Dacia Maraini, Bagheria, (collana La scala), Milano, Rizzoli, 1993¹; pp. 101-102.
#Dacia Maraini#Bagheria#libri#letteratura italiana del XX secolo#romanzi#letture#letteratura degli anni '90#citazioni letterarie#narrativa italiana#Sicilia#relazioni familiari#padri e figli#passato#rimpianti#crescere#adultità#infanzia#famiglia#parenti#fotografie#felicità#odori#storie#Topazia Alliata#nostalgia#emozioni#sentimenti#lontananza#scrittrici#Fosco Maraini
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"For all the eons it may take to read it, this colossus of a book will own you" Kirkus Reviews on Familiaris by David Wroblewski
See the full review here.
So many of us loved The Story of Edgar Sawtelle and are thrilled to be diving back into the world David Wroblewski created.
#david wroblewski#kirkus reviews#owned by books#familiaris#the story of edgar sawtelle#wellesley books#harper collins#blackstone publishing#colossus books
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Ho rifatto la pizza qualche giorno fa. La cosa nuova da segnalare è che l’ho lasciata in frigo a lievitare per circa 24 ore e l’ho impastata con acqua fredda.
Tutto ciò con il lievito di birra scaduto dal 25 maggio.
Finora pare non sia morto nessuno di dolori che l’ha mangiata per cui posso ritenermi soddisfatto.
#storie di vita#cronache familiari#pizza#la pizza è la soluzione#anche al lievito scaduto#è uscita bene
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La mia mente è talmente affollata di pensieri che le lacrime premono per uscire. Ogni idea, ogni ricordo, ogni emozione si accavalla come onde in tempesta, sommergendo la quiete che tanto desidero. Il cuore batte irregolare, come un tamburo impazzito, mentre cerco invano un rifugio in cui nascondermi da questo turbine interiore. Il cielo sopra di me è grigio e pesante, rispecchia fedelmente il caos che ho dentro. Cammino senza meta per le strade familiari, ma oggi tutto appare diverso, distante. Gli alberi spogli tendono i loro rami scheletrici verso un orizzonte sfocato, e il vento freddo mi sferza il viso, portando con sé sussurri di memorie lontane. Vorrei poter fermare il tempo, trovare un angolo di silenzio dove poter ascoltare il battito dei miei pensieri, decifrarli, comprenderli. Ma essi si rincorrono, si sovrappongono, creando un groviglio inestricabile che mi opprime il petto. Ogni respiro è un atto di volontà, ogni passo un'impresa. Gli occhi mi bruciano, sento il peso delle parole non dette, dei sentimenti inespressi. Mi chiedo se sia normale sentirsi così persi, così sopraffatti dalla propria mente. Forse tutti indossano maschere, celando dietro sorrisi di circostanza il proprio tumulto interiore. Eppure, in questo momento, mi sento terribilmente solo. Un gatto nero attraversa la strada, mi fissa per un istante con occhi magnetici, poi scompare tra le ombre. Vorrei avere la sua leggerezza, la sua indifferenza. Invece, ogni dettaglio intorno a me sembra amplificare il mio stato d'animo. Il rumore del traffico è un ronzio lontano, le voci delle persone sono ovattate, come se fossi immerso in una bolla di vetro. Mi fermo davanti alla vetrina di una libreria. I titoli dei libri scorrono come flash davanti ai miei occhi: storie di vite vissute, di mondi immaginari, di speranze e dolori. Penso al potere delle parole, a come possano curare o ferire, e mi domando se scrivere potrebbe aiutarmi a dare un senso a ciò che provo. Decido di entrare. L'odore della carta stampata mi avvolge, familiare e rassicurante. Sfioro le copertine con delicatezza, come fossero oggetti fragili. In quel piccolo universo fatto di silenzi condivisi, sento finalmente un po' di pace. Forse, penso, non sono le lacrime la soluzione, ma la ricerca di qualcosa che dia voce al tumulto che ho dentro. Esco con un libro tra le mani e un lieve sorriso sulle labbra. Il cielo sembra essersi schiarito, un timido raggio di sole fa capolino tra le nuvole. Forse non posso fermare i pensieri, ma posso scegliere come affrontarli. E in quel momento, capisco che ogni tempesta, per quanto intensa, è destinata a placarsi.
Empito
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In Osamu Dazai’s short story ‘Canis familiaris’, he talks about how much he hates dogs. Despite this, a small puppy follows him home one day and his wife insists they keep it.
That puppy becomes a dog, which Dazai describes as short and ugly on many occasions. The dog has aggressive tendencies, often getting into fights with dogs twice its size.
And I just… couldn’t get through the story without thinking about 15 year old Soukoku.
If you’re looking for new dog insults for Dazai and Chuuya, I suggest reading this story. It’s very enlightening.
#sometimes I think it would have been better to read Dazai’s books before watching the anime#because now all my brain does is relate his stories back to bsd#bsd#bungou stray dogs#soukoku#dazai osamu#chuuya nakahara#bungo stray dogs
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Storie di Donne...
CAMILLE CLAUDEL...
Nata nel 1864 e morta nel 1943. DIMENTICATA da tutti in un ospedale psichiatrico.
Che cosa aveva fatto?
Viene a studiare a PARIGI in un'epoca in cui la Scuola di Belle Arti è aperta SOLO agli UOMINI. Per questo prende lezioni negli studi di artisti che accettano DONNE. Incontra e diventa amante dello scultore più famoso del momento: Auguste Rodin. Sarà una relazione appassionata e artistica, lavorano insieme, scolpiscono insieme (il museo Rodin e il museo d'Orsay conservano bellissime opere di quest'epoca).
Poi la abbandona, lui che vive da anni con un'altra donna, lui, l'artista amato e rispettato da tutti... Lei è denigrata, abbandonata ed emarginata anche "artisticamente". Vive da sola, non si fida più di nessuno e le sue OPERE non si vendono. A questo aggiungiamo che suo fratello è il celebre poeta, scrittore, diplomatico e accademico Paul Claudel.
La FAMIGLIA decide di INTERNARLA, questa DONNA troppo "moderna" per l'epoca è la vergogna della casa. Abbiamo lettere che scrive ad amici e familiari chiedendo aiuto, per 30 anni cercherà di spiegare al personale dell'ospedale l'INGIUSTIZIA che sta vivendo.
Sono testimonianze strazianti, che rivelano la lucidità della DONNA internata. Praticamente muore di FAME il 19 ottobre 1943 in un ospedale pubblico francese e nessun membro della sua famiglia assisterà al suo FUNERALE. I suoi resti saranno depositati in una fossa comune.
Oggi la figura di CAMILLE CLAUDEL è stata completamente RIABILITATATA, le sue opere sono esposte INSIEME a quelle di Rodin e un museo a pochi chilometri da Parigi è completamente DEDICATO a lei.
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The Great Bunny Debacle of 24
It was a brisk, sunny morning a week before Christmas in Florida, this morning to be precise. And by 'brisk' I mean: the mid 60's at 8am. It's Florida, I'm not sure what you expect. A nice sea breeze was coming in off The Gulf, touching the air with salt as I opened my lanai door to let the dogs out before breakfast.
Kaname (13), Eirien (12), and Merilin (9), are all, by breed, hunting dogs. I'll pause here to say that no bunnies were harmed in the making of this story. If they had been, I wouldn't have bothered telling it because there wouldn't be anything to tell. Despite the fact I don't hunt, my dogs are very accomplished hunters themselves. No one more than Kaname. Eirien and Merilin are Norwegian Elkhounds, bred for hunting exactly what you'd expect; very large deer. If you took the average timber wolf, made it one third the size and gave it a stupidly cheerful and optimistic disposition, congratulations, you've just created an Elkhound. Kaname is a Shiba Inu. Shibas, despite their popularity in Japan as metropolitan pets, were originally bred as small game hunters. They're lean and sleek and incredibly fast, about as close to a fox in build and skill as you're ever going to see in a dog.
Kaname has a reputation as a ruthless hunter. My house, situated on a quarter acre on the edge of the village, has been her hunting ground for over a decade and she has an impressive trophy history. This is Florida, and all those stories you've heard about the wildlife here are true. There's a lot of it, and a lot of it is dangerous. Kaname has presented me with more dead carcasses of her enemies than I can count. Rats, rattle snakes, and yes, bunnies. But this isn't that story. This is the story of the inevitable march of time and how you know when you're not as young as you used to be. I'm just establishing that four years ago this would not be how my morning went down.
As I open the door and step out onto the patio I catch movement out of the corner of my eye. Over by the front gate, out in the open for G-d and canis familiaris to see, is a small brown rabbit. The rabbit looks at me, his eyes narrowed in challenge. I stare him down like we're two gunmen at high noon. In my mind a tumbleweed rolls by. I draw in a breath.
"Get the bunny."
Like a gunshot, two wolves and a fox take off at high speed for the front gate. An Elkhound hunts in a very specific way, instinctually they will corner their prey, then signal with a loud bark to call the hunter.
A very loud bark. There are stories of Elkhounds cornering an elk and by the time the hunter has managed to reach the location, the elk has kicked just from the stress of being screamed at by wolf like dogs. Kaname has learned how to use that to her advantage. The Elkhounds can be relied on to corner the bunny, blocking off its escape so she can bag herself a trophy. Eirien goes left, Merilin goes right, Kaname goes straight up the middle.
The rabbit? He goes completely off the deep end. In a display of unnatural luck the rabbit tears off right, past Eirien who has a touch of glaucoma and a lot less enthusiasm about hunting than she had five years ago. In Eirien's defense she did make a stab at cutting off the rabbit but she couldn't see it that clearly and missed. A rabbit and three dogs head off across the back garden, do two laps around the massive Japanese maple at the center of my lawn, and then run toward the back gate like a merry parade of fur, loud barking, and stupidity. For reasons I'm not too clear on, none of my brilliant children think to double back around the tree, I stand and watch in fascination as absolutely no one makes a good decision.
As they reach the back gate I think to myself that the hunt is seconds from over, there's a gap under the back gate just big enough for a rabbit to slither under but as they reach the gate I see my neighbor's poodle, Luna, who has clearly heard the commotion and come to see why my dogs, who I do not allow to bark without censure, are now screaming loud enough to be heard downtown a mile away.
The rabbit makes a course correction, turning and heading back toward the front gate. About half way across the garden Eirien decides she is just too old for this crap and stops to say good morning to my other neighbor's dog, Max, who weighs about five pounds and has a huge crush on Eirien. As they flirt like two Vets at a VFW holiday swing dance, Kaname and Merilin move in on the bunny who is now crashing into my chainlink gate as if he can bend metal though sheer force of will.
The dogs are almost on him as he gives this up as a bad job, heading back toward the maple tree. Max and Eirien are still flirting, Luna is still at the back gate, barking excitedly at being left out of the fun. Somewhere on main street two holiday tourists at brunch are musing about why they can hear dogs barking so loudly. I'm considering hanging my sound canceling ear protectors on the coat rack in the lanai.
Two more laps around the tree and on the second lap the rabbit makes a dive into the shrubbery at the bottom and comes out the other side. Kaname skids up short and stuffs her head into the hollow at the base of the tree, convinced the rabbit has taken shelter. Merilin tramples over her, still in pursuit of her less than intelligent quarry who is now headed back to the front gate for the third time in less than two minutes.
It's clear that for the rabbit panic has set in. He might have chosen to go into the hollow in the maple, at which point I would have called off the dogs, he could have hidden in the shrubs by the back gate which are too thick and too deep for the dogs to reach and again I would have called them off. He might have just stayed over by the front gate to begin with and hid behind the HVAC. I wouldn't have been able to see him, the dogs certainly wouldn't have been able to see him and none of this would now be happening. As Merilin continues to shout at the top of her lungs I start to understand how elk have dropped dead from the sound. I'm certainly wishing my ears would fall off.
Merilin is almost on the rabbit when it finally finds a gap in the chainlink big enough to fit through.
And gets its fat bunny butt stuck half way.
Merilin skids up short. She looks at the rabbit, stuffed in the chainlink like Winnie the Pooh, then at me, her ecstatically cheerful brow furrowed in confusion. She has cornered the prey, isn't someone else supposed to do something?
Kaname's head is still in the hollow of the maple. There is now the faint whine of disappointment echoing from inside the trunk as she tries to determine how the rabbit has found a portal to another dimension inside a tree. Eirien and Max are still flirting. Luna has lost interest and has disappeared. It looks like it's just me then.
I drag my feet as I head to the front gate. "Leave it," I say. Immediately Merilin backs off two paces. The rabbit is still stuck in the chainlink but it's struggling less now, probably resigning itself to a horrible, sticky end. Merilin looks very pleased with herself, she has never gotten credit for the trophy before. The honor has always belonged to Kaname whose increasing volume of disappointment is still coming from inside the tree.
"I'm sorry," I say to Merilin. "But we're not torturing it to death." I reach down and shove the rabbit's round bottom through the chainlink.
Nothing happens. The stupid thing's wedged in there tight. 'Oh, help and Bother!' I spend nearly twice as long jimmying the rabbit out of my fence as the actual hunt took, all the while telling the rabbit that it's an idiot and it could use a few hours on the stair-master, pudgy moron. Finally success, it scurries the few feet to take shelter under my truck in the drive.
"And don't come back!" I bark at it. "Stay out there and be coyote breakfast like nature intended!"
The promise of breakfast must have jiggled sometime in the minds of the elkhounds who are waiting eagerly by the door, their perpetually delighted dispositions firmly in tact. Kaname is now trying to scale the tree, convinced the rabbit is still somewhere in its vicinity. It's three calls before she finally disengages. In fairness to her she's never been called off a hunt with the quarry still in the yard before. She doesn't know what to do. She's sitting in her bed now, sulking, probably thinking exactly what I'm thinking.
I'm just too old for this.

From Left to Right: Kaname, Eirien, and Merilin.
If you'd like to see more of my dogs, they have a Tumblr:
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Dazai Osamu's Works (Volume 1): The complete works of the Japanese author in several volumes
Translated by Erika Strohbach
In (planned) twelve volumes, all of Dazai's well-known works are published in English. The volumes are organised in the order of the Latin alphabet according to the original Japanese titles.
Many of the works have never been published in English before! A mission to make them accessible to more people.
This (Volume One) book contains the stories:
A. Autumn (ア、秋 / A, Aki)
About Love and Beauty (愛と美について / Ai to bi ni tsuite)
Alt-Heidelberg (老ハイデルベルヒ / Alt-Heidelberg)
Rain at Tamagawa - Double Suicide (雨の玉川心中 / Ame no Tamagawa shinju)
My Older Brothers (兄たち / Anitachi)
Aomori (青森 / AOMORI)
Advice(或る忠告 / Aru chUkoku)
Morning (朝 / Asa)
Something Regrettable (あさましきもの / Asamashiki mono)
About "The Last Years" (「晩年」に就いて / "Bannen" ni tsuite)
Handsome Devils and Cigarettes (美男子と煙草 / Bidanshi to tabako)
A Little Beauty (美少女 / Bishujo)
Bizan (眉山 / Bizan)
Chance (チャンス / Chansu)
The Father (父 / Chichi)
The Little Album (小さいアルバム / Chiisai arubamu)
Canis familiaris (畜犬談 / Chikukendan)
Blue Bamboo (竹青 / Chikusei)
Chikyūzu (or World’s Map) (地球図 / Chikyuzu)
Chiyojo (千代女 / Chiyojo)
The Map (地図 / Chizu)
#dazai osamu#japanese literature#independently published#I just ordered a copy#I haven't heard of this translator before#they have translated Dazai's works into German
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"Fumana" di Paolo MalagutiUn viaggio tra nebbia, magia e tradizioni nella bassa del Po. Recensione di Alessandria today
"Fumana", pubblicato il 3 settembre 2024, è il nuovo romanzo di Paolo Malaguti che ci trasporta nel cuore della pianura padana, in un mondo perduto tra la nebbia e la magia contadina.
“Fumana“, pubblicato il 3 settembre 2024, è il nuovo romanzo di Paolo Malaguti che ci trasporta nel cuore della pianura padana, in un mondo perduto tra la nebbia e la magia contadina. La protagonista, chiamata Fumana per il legame con la nebbia che avvolge le terre del Po, è una giovane ragazza che cresce libera e selvaggia, allevata dal rude nonno Petrolio. Insieme pescano anguille nelle paludi,…
#accettazione del destino#Crescita Personale#Cultura contadina#Einaudi#Eredità Culturale#legami familiari#Lena strigossa#letteratura italiana#magia#magia contadina#misteri della natura#narrativa contemporanea#Nebbia#Nonno e nipote#paesaggi del Nord Italia#Paolo Malaguti#pesca#potere delle donne#Recensione libro#romanzi 2024#romanzi sul Po#romanzi sulla magia#romanzo di formazione#Romanzo italiano#romanzo psicologico#Romanzo storico#Scoperta di Sé#Società patriarcale#Storie di famiglia#Tags: Fumana
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È il momento degli elenchi puntati (in versione Entusiasmo & Ottimismo):
i crescioni non è che mi dispiacciano ma hanno una frustrazione intrinseca legata al tempo (troppo per scaldarli, troppo per aspettare che il ripieno scenda sotto la temperatura di fusione del plutonio) che di fatto rovina la fruizione dei crescioni
è un certo periodo che mi sento sempre ad un passo dallo strippo ma senza di fatto arrivarci finendo in una sorta di paradosso di Zenone in versione Baudelaire-senza-alcoolici in cui la tartaruga è l'esaurimento nervoso (senza peraltro essere figo quanto Achille).
il 19 e il 20 febbraio le Camere penali di mezza Emilia-Romagna hanno proclamato un'astensione dalle udienze come protesta per la situazione dei penitenziari della regione. (*) Alcuni numeri crudi, il sovraffolamento rispetto alla capienza massima: Bologna 170%; Ferrara 161%; Forlì 122%; Modena 153%; Parma 122%; Piacenza 123%; Ravenna 173%; Reggio Emilia 127%; Rimini 123%. Nel 2024 sono morte 91 persone a fronte di oltre duemila tentativi di suicidio. (*)
al lavoro per risolvere alcuni problemi di entropia documentativa sistemistica ho proposto netbox come strumento e ho installato un'istanza locale; un lustro dopo sono ancora l'unico stronzo che inserisce dati in netbox e ogni volta che lo faccio mi appare lo spettro di Razzi come consigliere per il futuro
i sanitari di Bologna4Gaza stanno portando avanti (in un inspiegabile silenzio mediatico) un intreccio di solidarietà fra svariate associazioni e privati a supporto di nuclei familiari con minori mutilati che necessitano di protesi d’arto ospitati sul territorio bolognese; è una di quelle storie che andrebbe raccontata ammodino e presentata come biglietto da visita bolognese più dei tortellini: https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=pfbid02r7ARfrfLuF7cE3AxfCQbQvqTYbYfPszDmJ8LwBtYpCyJeGY3NJ8Qp9pAgptE3r9ql&id=61558764215752&locale=it_IT (senza nulla togliere ad altre catene di solidarietà o ad altri piatti tipici locali)
il quantitativo di musicisti spettacolari a cui in questi anni le interwebs mi hanno dato accesso si sta lentamente trasformando da motivazionale a demotivante
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io e il mio migliore amico ci conosciamo da dieci anni e abbiamo avuto tanti alti e bassi, per me è come un fratello minore, stanotte eravamo in macchina e tornando a casa mi sono accostato a parlare con lui del più e del meno, finché non so come ci siamo ritrovati a parlare delle nostre storie personali e familiari, cose di cui nessuno dei due ha mai parlato tra noi o con altri amici, ed è stato un momento particolarmente strano perché mentre gli parlavo del mio passato si è commosso con le lacrime agli occhi e ci siamo abbracciati, poi vabbè subito dopo abbiamo ripreso a scherzare però è stato strano e liberatorio allo stesso tempo, penso sia per me che per lui e questa cosa mi ha fatto riflettere su quante cose non sappiamo delle altre persone anche se le conosciamo da un decennio o anche più anni
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Ci sono persone con cui ho condiviso un’intimità molto grande, e che ora non frequento più. Intimità significa che ho conosciuto il loro corpo nudo, i loro familiari, le storie più dure e inconfessabili che riguardano questi familiari, e conosco episodi di quando erano bambine, e adolescenti, significa che le ho viste piangere e le ho abbracciate, e sono stata vulnerabile davanti a loro, e ho raccontato dei miei familiari, almeno qualcosa, e nuda no, non mi sono fatta vedere, perché io nuda non mi faccio vedere mai, e che ho pensato che non le avrei perse, perché il loro modo di stare al mondo mi commuoveva, perché sentivo la profondità irreparabile del loro dolore ed era quello a tenermi incollata. Non le frequento più, le persone di cui parlo, ma quel dolore lo riconosco ogni volta. In un pezzo che scrivono e che leggo pensando eccoti, sei tu, quanto mi somigli, quanto ti conosco. A una cena pubblica, in cui recitano una parte come me, come tutti, una parte sempre uguale, tanto che ormai è la verità, una delle tante verità di noi stesse. In un breve fortuito scambio di battute a un evento, in cui non ci diciamo quasi nulla, in apparenza, ma il sottotesto è enorme - e non riguarda noi, intendo il rapporto fra noi, un’avventura conclusa per sempre, neppure un rimpianto, riguarda le nostre vite separate che un tempo sono state vicine perché c’era una ferita che le rendeva simili, o così pensavamo. Così pensavo io.
Accade che una di queste persone mi dica: ci vediamo? Dopo anni. Dopo una cena in cui per caso ci siamo trovate. Mi scrive un messaggio, mi ringrazia per averla ascoltata, compresa, in quella serata capitata per caso, mi chiede di rivederci. Io non rispondo all’invito. Perché ognuno ha i suoi schemi per sopravvivere, e quello che ho imparato io è allontanarmi da ciò che potrebbe farmi male, perché me ne ha fatto una volta, non tornare mai indietro. Non dipende tanto da loro, ma da me. Da quanto posso sopportare, dalla specificità di ciò che fa soffrire una come me, una con la mia storia.
La maggior parte delle persone che amo le amo a distanza e, anche se è accaduto incidentalmente, se non è il risultato di un reciproco abbandono, a tratti credo sia il modo più adatto a me. Me ne dispiaccio, ma lo accetto. Nel caso degli abbandoni, invece, non ho rancore, e ho nostalgia di rado, quella distanza non è un castigo inflitto, è solo che la passione si è esaurita. Come avviene nell’amore, può avvenire nell’amicizia. Chissà perché alla gente sembra diverso.
Se queste persone ormai lontane scrivono - romanzi, racconti, pezzi sui giornali - io posso leggerle, e nei loro scritti spesso riconoscerle, e ricordare perché la passione era nata, ricordare la nostra intimità. È comunque un dono ricevuto nel corso della vita, un’esperienza che resta, una traccia di me che a volte ricompare nei sogni notturni, con le loro sembianze. Leggendole posso riconoscermi: in quel loro dolore sordo al fondo delle cose, che un giorno e per sempre ho sentito fratello - anzi, sorella.
Rosella Postorino
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Nel ricordo di Marinella… Una scelta di volontariato
“Mi aggiravo tra la folla, attratta da quella moltitudine vociante, dalle bandiere e dai labari delle nostre città istriane, fiumane e dalmate. Era il 1997, si ricordavano nella piazza principale di Trieste i 50 anni dall’esodo, anche i miei cinquant’anni essendo nata nel 1947. Ma il mio pensiero era fisso su mio padre. Vedi – gli dicevo col cuore gonfio – finalmente parlano di noi. Ma lui era mancato qualche tempo prima senza smettere di sentirsi fuori dal coro, un alieno…”
Fu così che, durante quell’esperienza pubblica, Fioretta Filippaz, nata a Cuberton, esule a Trieste dal 1956, si rese conto di sapere ben poco della propria storia e del destino di tanta gente che come lei era stata costretta all’esodo dall’Istria.
Decise così di fare la volontaria?
“Quel ’97 fu per me uno spartiacque importante, i miei genitori non c’erano più ma le domande che avrei voluto rivolgere a loro, erano veramente tante. Allora presi informazioni e mi ritrovai all’IRCI che allora aveva sede in P.zza Ponterosso, nell’ufficio di Arturo Vigini, con lui c’era anche la figlia Chiara. Mi presentai e dissi che avrei voluto rendermi utile, partecipare dopo tanto silenzio. Non cercavo un lavoro di concetto, mi bastava anche semplicemente imbustare e affrancare gli inviti per le numerose iniziative dell’ente o per spedire la rivista Tempi&Cultura. Così ho cominciato”.
Una “volontaria”, oggi una del gruppo che segue l’attività dell’IRCI in via Torino, accoglie i visitatori delle mostre che si succedono numerose durante l’anno a cura di Piero Delbello e con il supporto del presidente Franco Degrassi, raccontando un esodo per immagini, attraverso i suoi personaggi, a volte famosi, a volte sconosciuti…
“Viene sempre tanta gente, chiede informazioni, racconta la propria storia, queste sale diventano un contenitore di tante vicende mai emerse, di tante storie familiari mai portate alla luce. Molti arrivano con fotografie, locandine, documenti per il museo. Per noi volontari è una responsabilità, ma anche un profondo desiderio di condivisione. Vede, questo documento alle mie spalle nell’ambito della mostra ‘Come ravamo’ è quello della mia famiglia, è lo storico dell’anagrafe dal quale hanno cancellato Marinella…”.
Chi è Marinella? È una delle storie emblematiche dell’esodo, quella di una bambina che non ce l’ha fatta, in quell’inverno polare del ’56. Aveva appena un anno e una polmonite se la portò via, “morta di freddo” sentenziarono i medici dell’ospedale che non furono in grado di salvarla.
“Ero già grandicella e Marinella me la portavo in braccio, le davo il biberon, la cambiavo, me ne occupavo per alleviare il lavoro di mia madre che doveva pensare a tutta la famiglia, al marito e ai cinque figli. I suoi occhi erano per me, con i sorrisi e i primi borbottii, una gioia infinita: non sono mai riuscita a dimenticarla, a farmene una ragione”.

Per quanti anni siete vissuti in quella baracca?
“I miei genitori dodici anni, finché io e mio fratello non siamo riusciti a terminare le scuole nel collegio dove eravamo stati trasferiti per poter avere un’istruzione e migliori condizioni di vita”.
Vita?
“Quando la famiglia vive separata tutto è molto duro. Mio padre a Cuberton era un bravo contadino, da esule poté fare il manovale, la qualifica di profugo non era servita a nulla. Aveva sperato di entrare in fabbrica, ma nessuno ci aiutò. Ricordo che spesso diceva con convinzione, non sembrava neanche un lamento ma una semplice constatazione: ‘noi ne vol, proprio noi ne vol’ e così continuò per anni sentendosi fuori luogo, forse sconfitto. Quando ebbi diciannove anni, ci diedero una casa comunale, una sessantina di metri per la nostra famiglia numerosa, ma era comunque un miglioramento. Andai a lavorare alla Modiano”.
In che veste?
“Alle macchine per la stampa, ci ho lavorato fino alla pensione. All’inizio vista con sospetto, la nostra presenza di esuli a Trieste veniva ancora considerata un peso, ma noi istriani siamo lavoratori, disciplinati, vivaci, con il tempo mi sono conquistata le simpatie delle persone che hanno saputo apprezzare il mio impegno”.
E la famiglia?
“Mi sono sposata a 25 anni, per qualcuno era quasi tardi, per me anche troppo presto, vista la tragedia che avevamo vissuto in famiglia, non mi sentivo pronta”.
Non era solo per Marinella?
“Soprattutto per lei il cui sguardo non ho mai smesso di cercare, ma anche per tutto ciò che avevo visto al campo di Padriciano: la gente si lasciava morire, di disperazione, per mancanza di qualsiasi prospettiva, in quelle baracche dove non si poteva accendere un fuoco per scaldarsi. La mia casa era rimasta a Cuberton. Ci sono tornata per andare al cimitero. L’ho vista da lontano, diroccata, non ho avuto il coraggio di avvicinarmi”.
Nessuna assistenza psicologica in tutti questi anni?
“Nessuna. E ce ne sarebbe stato bisogno”.
Che cosa ha rappresentato il Giorno del ricordo?
“La possibilità di parlare, andando nelle scuole, fornendo testimonianza sui giornali, le televisioni. Gli italiani hanno iniziato a conoscere squarci della nostra vicenda. Ogni anno mi invitano a Cremona, in Umbria, nel Veneto, con le docenti è scattata un’amicizia importante. Dopo che Simone Cristicchi ha raccontato di Marinella nel suo spettacolo Magazzino 18, l’interesse è diventato maggiore, mi chiedono di raccontare. Lo faccio per i miei genitori, per restituire dignità a tanta gente, per rivivere il ricordo di Marinella, doloroso, ma necessario. I ragazzi delle scuole mi hanno omaggiato dei loro lavori di gruppo che custodisco gelosamente. È incredibile con quanta pietas abbiano saputo raccontare le nostre vicende, anche quelle più difficili. Mi fanno tante domande”.
E Padriciano?
“Ho accolto le scolaresche per tanti anni insieme a Romano Manzutto, finché l’associazionismo ha deciso di formare dei giovani perché raccontassero la nostra storia”.
In maniera più asettica?
“Certo hanno avuto modo di studiare, approfondire, possono rispondere a tante domande, non certo a quelle sull’esperienza diretta che rimane di chi l’ha vissuta veramente, ormai non siamo tantissimi, il tempo decide per noi”.
Dal campo di Padriciano molti partirono per gli altri continenti…
“Avevamo considerato anche questa ipotesi, ma cinque figli piccoli a carico erano una condizione che non favoriva il giudizio dell’emigrazione. Mio padre era una persona di grande cuore, certo avrebbe fatto fortuna, ma era convinto che nessuno avesse compreso che non eravamo venuti via se non perché fosse impossibile rimanere. Questa sensazione non lo abbandonava mai e forse gli toglieva la forza di tentare altre strade. Non ne abbiamo mai parlato successivamente. Ma mi accorsi del suo dolore quando giunti al cimitero di Cuberton, al momento di decidere di andare a mangiare qualcosa insieme, mi pregò di riportarlo velocemente oltre confine. La paura non li aveva ancora abbandonati e non l’avrebbe mai fatto fino alla fine”.
Di cosa avevano paura?
“Di restare e di tornare. In Istria tutto era cambiato e quindi non ritrovavano più la loro dimensione, c’era stata la dittatura che aveva spaventato tutti. In Italia avevano dovuto imparare a vivere il quotidiano, in Istria pagavano le tasse e basta, non erano abituati ad andare per uffici, fare domande, ottenere il riconoscimento dei propri diritti. Quando Marinella morì nessuno venne a manifestare la propria solidarietà, non fecero che cancellare il suo nome dal nostro stato di famiglia”.
Quale spiegazione riesce a darsi oggi?
“Lo dico spesso e l’ho anche scritto: fummo accolti con fastidio e indifferenza, eravamo un corpo estraneo che tentava di inserirsi in un tessuto sociale che non voleva intrusioni”. Dire che la storia si ripete è anche troppo ovvio.
Intervista di Rosanna Turcinovich Giuricin a Fioretta Filippaz per La Voce del Popolo, 5 gennaio 2020
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Today I experienced the perfect intersection of things that bring me joy. Cats, reading and nails!
Cats | 🐈 my sweet 8 month old kitten named Frog (or Froggy, Frogbutt, Mr Frog)
Reading | current book is Familiaris by David Wroblewski, audiobook ~ as I drove to work this morning I listened to a passage about a boat called The Maple Frog, or Frog for short. I’m enjoying the book and the excellent narration by Richard Poe. It’s a big time investment at 37 hours, but it’s proving to be a great story, definitely worthy of my time.
Nails | Frog themed mani, including the Polish name, the stamping, even a stamping polish named Lily pad!
Christine’s Nail Art Therapy 💅🏻💅🏻💅🏻
Glam Nails Challenge February 2025
Host: @glamnailschallenge @nbnailart
Theme: Frog 🐸
My A2Z Untried Challenge
Bonus pic of my frog mani with my sweet Frog kitty 🐸🐈
Mani # 146
🐸 Base | Lumen Glass Frog, 4 coats over Tonic Soft Focus base (pale blue)
🐸 Stamping Plate | DRK Seasons XL, Twinkled T Fantasy 01 (thumb)
🐸 Stamping Polishes | Maniology Lilypad, I Scream Nails High on Holo, Messy Mansion Carbon, Painted Polish Stamped in Pink 2.0
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