#storia dei Savoia
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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La Basilica di Superga: Un Capolavoro Barocco con Vista su Torino e le Alpi
La Basilica di Superga, simbolo spirituale e storico della città di Torino, incanta con la sua bellezza architettonica e la posizione panoramica ai piedi delle Alpi.
La Basilica di Superga, simbolo spirituale e storico della città di Torino, incanta con la sua bellezza architettonica e la posizione panoramica ai piedi delle Alpi. La Basilica di Superga, situata a pochi chilometri dal centro di Torino, è una delle attrazioni più iconiche e affascinanti del capoluogo piemontese. Questo capolavoro dell’architettura barocca fu progettato dall’architetto Filippo…
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cicerenella · 1 year ago
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Ma non sarebbe giusto che Seborga fosse stato accudito dal regno di Genova? E forse per questo che quel ricciolo rosso quadrato rompe tanto le scatole a Veneziano perché in un certo senso ha "ammazzato" (col regno dei Savoia) suo fratello/padre. O mi sbaglio?
NO PERCHÉ il mio più grande problema è che non "personifico" le regioni italiane (neppure quelle storiche!), dato che comporterebbe ad un sovraffollamento di personificazioni nella nostra penisola HAHA. Nel mio canon tendo infatti ad avere solo quattro personificazioni presenti in italia, e quindi: Nord, Sud, Vaticano e San Marino.
Se non mi sbaglio Genova però ha fatto un cameo nel manga? Non sono una che è particolarmente attenta a questo, quindi potrei sbagliarmi. Either way, non ho la più pallida idea della "storia" di Seborga, quindi non saprei dirti! Ma comunque, la tua rimane un'opinione molto interessante! È una miniera d'oro per un caro e vecchio angst...questo comporta che Feli e Roma sono anche fratellastri?
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perfectlysassypoetry · 2 years ago
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Nel 1801 il professor Francesco Boi, docente di anatomia umana nelle Facoltà di Medicina e di Chirurgia (all'epoca ancora divise in due corsi) dell'ateneo cagliaritano, chiese e ottenne dal viceré di Sardegna Carlo Felice di Savoia, il permesso di recarsi in viaggio di studio per approfondire e affinare le sue conoscenze.
Si recò dunque nelle città italiane sedi delle più prestigiose facoltà di medicina, tra le quali Pavia e Pisa. A Firenze ebbe modo di frequentare il Gabinetto Anatomico dell'arcispedale di Santa Maria Nuova, diretto dal professor Paolo Mascagni, illustre anatomista dell'epoca. Dall'esperienza fiorentina nacquero le famose cere anatomiche, che l'artista Clemente Susini tra il 1803 e il 1805, nel laboratorio di ceroplastica del Museo della Specola, modellò sulla base delle dissezioni su cadaveri praticate dal Boi.
Nel 1805 le cere arrivarono a Cagliari, acquistate da Carlo Felice per il suo museo di antichità e storia naturale, ospitato nel Palazzo Reale.[2]
Entrate in possesso dell'università, le cere anatomiche vennero trasferite nel 1858 a Palazzo Belgrano, sede dell'ateneo, e affidate in custodia al docente di anatomia[3]. Nel 1923 sono nuovamente spostate, questa volta all'interno del nuovo Istituto di Anatomia, in via Porcell.
La raccolta delle cere del Susini negli anni '60 fu riparata personalmente dal direttore dell'istituto di Anatomia umana Luigi Cattaneo e riportate all'antico splendore [4]. Nel 1964, prima di lasciare Cagliari per Bologna, Cattaneo curò la preparazione della prima edizione del catalogo delle cere anatomiche cagliaritane, poi pubblicato nel 1970 dall'Editore Sansoni.[5]
Nel 1991 per l'interessamento del curatore della collezione, il professor Alessandro Lodovico Riva e del rettore dell'Università, il professor Duilio Casula, le cere del Susini vengono collocate in esposizione permanente nella "Sala pentagonale" della Cittadella dei musei, in piazza Arsenale.
Nel 2010 alcune fotografie delle cere cagliaritane sono state scelte per un atlante di anatomia umana russo[6].
Parte della collezione di cere compare nel film del regista Enrico Pau L'Accabadora, del 2015.[7]
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emmavhenne · 3 months ago
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Realizzazione etichetta di nuovo vino Metodo Ancestrale, per Cantina Vitivinicola del territorio del Roero.
Lo spunto nasce dallo stretto legame del paese di Govone, con la sua storia, il suo territorio ed i personaggi storici che hanno gravitato nel magnifico Castello Reale, precedentemente di proprietà di una illustra famiglia nobiliare, i Solaro [ 1200 - 1792 ], poi divenuta Residenza Reale del Re Carlo Felice di Savoia.
Alla corte di questa famiglia, troviamo ospitato il filosofo illuminista Montesquieu che ebbe come valletto un giovane Jean Jack Rousseau.
L'idea era quella di creare una etichetta che richiamasse l'impaginazione di un libro tra i più famosi di Montesquieu "De l'esprit des loix", e giocare con la parola Ancestrale, fuori dal tempo ed un riferimento storico collegato al luogo dove sono ubicati, sia i vigneti che l'azienda vitivinicola, Per poi giocare con i contrasti ed una campagna Marketing completamente moderna ed attuale, attraverso messaggi, foto e video, ispirandomi alla cerimonia di apertura dei giochi Olimpici di Parigi 2024.
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Per l'azienda Ceste ho realizzato:
Concept, creazione e realizzazione [ stile visivo, tema narrativo,messaggi chiave,strategia di comunicazione ] EmmaVHenne©
BEE.FOR®
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cinquecolonnemagazine · 7 months ago
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Piazza del Plebiscito: cuore pulsante di Napoli
Situata nel cuore di Napoli, Piazza del Plebiscito rappresenta uno dei luoghi simbolo della città partenopea. Con la sua superficie di oltre 25.000 metri quadrati, si erge come una delle piazze più grandi d'Italia, dominata da un'imponente scenografia architettonica e ricca di storia. Un nome che racconta l'Unità d'Italia Il nome della piazza deriva dal plebiscito del 21 ottobre 1860, con cui il Regno delle Due Sicilie si unì al Regno d'Italia sotto i Savoia. Questo evento storico segnò un momento cruciale per la nazione italiana e la piazza divenne ben presto un palcoscenico per celebrazioni e manifestazioni pubbliche. Piazza del Plebiscito: un capolavoro di architettura La piazza è circondata da edifici monumentali che ne delineano un'armonia architettonica unica. Il fulcro è il Palazzo Reale, residenza dei sovrani borbonici e poi dei Savoia, che si distingue per la sua facciata imponente e il cortile d'onore. Ai lati del palazzo si ergono le due chiese simmetriche, quella di San Francesco di Paola e quella di San Giacomo, con le loro eleganti colonne e cupole. Un luogo di incontro e di cultura Piazza del Plebiscito è da sempre un punto di riferimento per i napoletani e i turisti. Qui si svolgono concerti, eventi culturali e manifestazioni di vario genere, rendendo la piazza un luogo vivo e pulsante. La presenza di numerosi bar e caffè offre l'opportunità di godersi l'atmosfera vivace della piazza sorseggiando un caffè o un aperitivo. Cosa vedere Oltre ai monumenti principali, la piazza offre diversi spunti di interesse: - Le statue equestri di Carlo di Borbone e Ferdinando I di Borbone, poste ai lati del Palazzo Reale. - La chiesa di San Filippo Neri, situata di fronte al palazzo, con la sua facciata barocca e l'interno ricco di opere d'arte. - La galleria Umberto I, un elegante passaggio coperto in stile Liberty, che collega la piazza a via Chiaia. - Il monumento a Francesco II d'Asburgo-Borbone, situato al centro della piazza, inaugurato nel 1993. Un'esperienza da non perdere Visitare Piazza del Plebiscito significa immergersi nella storia e nella cultura di Napoli. Ammirando la sua architettura monumentale, respirando l'atmosfera vivace e partecipando a uno degli eventi che vi si svolgono, si coglie l'essenza di questa città straordinaria. Foto di Enzo Abramo da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 9 months ago
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Torna il 6 e 7 aprile la ciclopasseggiata "Bari Pedala"
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Torna il 6 e 7 aprile la ciclopasseggiata "Bari Pedala" Domani, sabato 6, e domenica 7 aprile, in largo Giannella, torna Bari Pedala, la ciclopasseggiata organizzata dalla coooperativa Zero barriere, dall'Aps Lezzanzare e dall'ASD Scuola di ciclismo Franco Ballerini con il patrocinio del Comune di Bari - Assessorato allo Sport giunta quest'anno all'ottava edizione. La due giorni si aprirà il 6 aprile, alle ore 10, con attività di sensibilizzazione ed educazione stradale tenute da Amichi di Michi Visaggi cui seguirà un ricordo del comandante della Polizia locale Nicola Marzulli, scomparso nel 2018, con un premio assegnato a Claudio Villani, alunno della scuola Zingarelli di Bari che si è distinto per comportamenti meritevoli come quelli che hanno contraddistinto la storia personale e professionale del generale Marzulli, indimenticabile per il suo impegno civico volto a educare la comunità al rispetto delle regole. Nel pomeriggio, sempre in largo Giannella, in programma prove di mezzi inclusivi (hugbike ecc.) e un'area dedicata al freestyle, con l'accompagnamento del d.sabile.j Leonardo Baccarella e dell'animazione de Lezzanzare. Domenica 7 aprile, a partire dalle ore 9, la tradizionale ciclo-passeggiata in partenza da tre quartieri diversi (Carbonara, San Paolo e Japigia) che convergerà in largo Giannella per consentire ai partecipanti di godersi il lungomare nel tratto compreso tra il Kursaal Santalucia e il ponte di via Di Vagno. All'appuntamento in largo Giannella, al quale interverrà l'assessore allo Sport Pietro Petruzzelli, parteciperanno più di 20 elementi della Fanfara e le majorette della scuola Massari - Galilei. "Nicola Marzulli è stato un esempio da imitare - dichiara Antonio Garofalo presidente de Lezzanzare -, poiché amore chiama amore e rispetto genera rispetto, quello per la propria città. Il bene comune ci appartiene e perciò va difeso da chi cerca di appropriarsene o peggio di sfregiarlo in nome di logiche sbagliate, di voglia di supremazia, del semplice menefreghismo di chi assiste lo spettacolo e si sente autorizzato a criticare poiché spettatore non pagante. Gli stessi che guardano alle regole come degli obblighi e non come un tacito accordo per vivere tutti civilmente nel rispetto reciproco. La prima regola non scritta è il rispetto delle regole. Ogni volta che sorge il sole e illumina Bari sarà più facile guardarla negli occhi perché un uomo mite dal cielo la difende dal menefreghismo e dall'inciviltà: si chiama Nicola Marzulli." "La scuola di ciclismo Franco Ballerini ormai da anni è diventata un punto di riferimento per l'attività ciclistica barese - spiega Pino Marzano, presidente delll'ASD Scuola di ciclismo Franco Ballerini -. Abbiamo abbracciato un'idea inclusiva per la pratica sportiva poiché sentiamo fortemente l'importanza di allargare la visione di comunità che prevede l'approccio alla bicicletta anche a bambini con patologie di disturbo del comportamento, ciechi, persone down ecc, grazie a mezzi speciali messi a disposizione grazie ad alcuni progetti a cui abbiamo partecipato. Bari Pedala è il risultato di ciò che facciamo ogni giorno, è la nostra concreta presenza sul territorio quale ente accreditato alla realizzazioni di eventi di grosse dimensioni in questo ambito". Per consentire lo svolgimento della manifestazione, la Polizia locale, con apposita ordinanza, ha disposto le seguenti limitazioni al traffico per domenica 7 aprile: 1. dalle ore 9.30, relativamente al passaggio dei ciclisti, è istituito il divieto di circolazione sui seguenti percorsi: a. percorso A - "Parco Pratolagemma": via A. De Curtis, strada Donadonisi, via Ospedale di Venere, via Trisorio-Liuzzi, via G. Petroni, via J. F. Kennedy, viale L. Einaudi, viale della Resistenza, largo 2 Giugno, viale della Repubblica, viale Unità d'Italia, sottovia Luigi di Savoia, piazza Luigi di Savoia, via De Giosa, via Cognetti, corso Cavour, piazzale IV Novembre, lungomare sen A. Di Crollalanza, piazza Diaz, largo Giannella; b. percorso B - "Chiesa di San Marco": via Caldarola, viale Magna Grecia, viale Japigia, via Oberdan, via Capruzzi, sottovia Luigi di Savoia, piazza Luigi di Savoia, via De Giosa, via Cognetti, corso Cavour, piazzale IV Novembre, lungomare Imp. Augusto, lungomare sen A. Di Crollalanza, piazza Diaz, largo Giannella; c. percorso C - "Fermata Tesoro": via Tramonte (Fermata Metro "Tesoro"), via Lonero, via Bonomo, strada rurale del Tesoro, strada arginale Torrente Balice, lungomare IX Maggio, via Van Westerhout, via Verdi, via Giordano, via Pinto, via Adriatico, lungomare Starita, corso Vittorio Veneto, corso sen. A. De Tullio, piazzale C. Colombo, lungomare Imp. Augusto, piazzale IV Novembre, lungomare Imp. Augusto, lungomare sen A. Di Crollalanza, piazza Diaz, largo Giannella; 2. dalle ore 10.00 alle ore 13.00, relativamente al passaggio dei ciclisti, è istituito il divieto di circolazione sulle seguenti strade e piazze: a. lungomare A. Di Crollalanza, tratto compreso tra largo Adua e piazza Diaz; b. piazza Diaz, carreggiata tra la rotonda L. Giannella e il passeggiatoio alberato; c. lungomare N. Sauro; d. piazza A. Gramsci, carreggiata prospiciente il mare, tratto compreso tra il lungomare N. Sauro e il prolungamento del cavalcavia G. Garibaldi; 3. dalle ore 12.30, relativamente al passaggio dei ciclisti, è istituito il divieto di circolazione sui percorsi sopra menzionati che verranno impegnati in senso inverso fino ai punti di partenza A, B e C. Per ulteriori informazioni e per conoscere il programma completo della manifestazione consultare il seguente link.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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agrpress-blog · 11 months ago
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La notizia della morte di Vittorio Emanuele di Savoia, avvenuta nella sua residenza a Ginevra, in Svizzera, ha suscitato riflessioni contrastanti sulla figura del figlio dell'ultimo re d'Italia, Umberto II. Nato il 12 febbraio 1937 a Napoli, Vittorio Emanuele ha vissuto in esilio per gran parte della sua vita, segnato dal referendum del 1946 che pose fine alla monarchia in Italia. Dopo 57 anni di assenza, il 15 marzo 2003, con la cancellazione della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana che vietava il ritorno dei discendenti maschi, ha fatto il suo rientro nel Paese "..agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale..." La vita di Vittorio Emanuele è stata segnata anche da vicende giudiziarie, come l'indagine e il successivo proscioglimento per la morte di Dirk Hamer. Nel 1978, una sparatoria sull'isola di Cavallo in Corsica aveva portato alla morte del tedesco, dando inizio a una lunga disputa legale tra la famiglia Savoia e quella della vittima. Il passaggio di Vittorio Emanuele segna la chiusura di un capitolo nella storia italiana, ma la sua figura controversa non mancherà di alimentare discussioni. La notizia della sua morte, accolta con diverse reazioni, evidenzia le divisioni persistenti riguardo alla sua figura e al ruolo della monarchia nell'Italia fascista.
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ilcovodelbikersgrunf · 1 year ago
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L’ultimo film di Ridley Scott “Napoleon”, tra i record di incassi dell’ultima settimana, sta facendo molto discutere il mondo della critica per la ricostruzione storica veloce e poco approfondita che il regista statunitense ha dedicato a una figura epocale della storia contemporanea.
Il racconto pensato da Scott parte dalla prima grande vittoria dell’esercito francese a Tolone, nel dicembre 1793, raggiunta anche grazie alle tattiche di Napoleone Bonaparte, all’epoca ancora tenente colonnello. Una mossa che iniziò a farlo emergere tra i tanti condottieri a supporto della Coalizione nazionale.
Ma poco prima dell’acclamata battaglia contro le truppe inglesi, Napoleone fu in Sardegna nella spedizione francese che passerà alla storia come la “Cattura delle isole di San Pietro e Sant’Antioco”. Fu un breve conflitto combattuto nel maggio del 1793, nel Mar Mediterraneo. La Sardegna, facente parte del Regno di Sardegna sotto il controllo dei Savoia, era all’epoca neutrale, ma immediatamente aderì alla Coalizione anti-francese.
👉🏻 Leggi l’approfondimento completo su @cagliaripad.it
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silviascorcella · 1 year ago
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Teresa Teja Sartoria: dentro c’è un mondo di storie e di stile
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Lasciate che vi racconti una storia bellissima… No, il soggetto dell’appello non sono io, la sottoscritta che presta qui la penna, bensì la donna che è racchiusa nel nome col quale il marchio è stato battezzato. E con lei, come fosse un racconto corale, lasciate che a raccontarvi la storia sia il fondatore di questo che a chiamarlo ‘brand’ sarebbe assai riduttivo, perché bisogna davvero sconfinare oltre i limiti delle etichette per guadagnare tutto lo spazio d’intelletto e di gusto, di abilità ad operare secondo l’eccellenza manuale, e di passione profonda per lo stile squisitamente cucito indosso alla personalità, che dà forma e sostanza a questa realtà sartoriale.
Lasciate dunque che vi raccontino una storia, che a suo modo è anche una storia d’amore: sospesa al di là delle epoche storiche, delle generazioni culturali e dei capricci volubili e rapidi delle tendenze. 
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Questa, dunque è la storia di Teresa Teja Contessa Leopardi che, con la sua vita intensa, intrisa d’intelligenza cosmopolita e di gusto liberamente sofisticato, ha agguantato la curiosità altrettanto brillante e liberamente appassionata alla moda di Sirio Burini: colui che in lei ha trovato non solo un modello elegante d’ispirazione, ma anche la materia prima narrativa da tradurre in abiti e accessori davvero unici che compongono le collezioni di Teresa Teja Sartoria.
E se già vi steste chiedendo a quale stagione appartenga la collezione ritratta nelle immagini a corollario di questo racconto, il consiglio è di silenziare quell’abitudine a ricercare la norma della scansione stagionale, che in questa realtà non sussiste: perché ogni capo è un piccolo capolavoro di sartoria in grado di attraversare intatto il tempo, e di dialogare con scioltezza con i trend estetici del contemporaneo. 
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Or dunque, che mondo è quello di Teresa Teja Sartoria? Lo racconta la voce di Sirio Burini: “Teresa Teja Sartoria nasce nel 2014 quando per caso conosco l’esistenza di Teresa Teja: che è vissuta nella seconda metà dell’Ottocento a Recanati. Lei è piemontese, istitutrice di una famiglia nobile e facoltosissima che va a Recanati per passare le vacanze: qui Teresa conosce Carlo Leopardi, fratello del grande Giacomo, s’innamorano, si sposano e lei diventa naturalmente Teresa Teja Contessa Leopardi. Carlo, come regalo di nozze le fa costruire una villa: questa villa oggi ancora esiste, è stata maltrattata dal tempo e dai proprietari che si sono succeduti, ma il fascino è rimasto.
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E io ho avuto la fortuna nel 2014 di abitarla, dove mi sono innamorato: ho letto scritti che parlavano di lei e cose che lei stessa scrisse in quanto donna cosmopolita, venuta dal Piemonte e vissuta in casa Savoia, dove la madre era dama di compagnia della Regina. Intanto, Paolina, la sorella Leopardi, “s’innamora” anche lei di Teresa e la rende tenutaria di tutto quello che era rimasto in casa Leopardi degli scritti inediti e dei manoscritti di Giacomo. La famiglia vive ciò come un affronto, perciò nascono delle combutte familiari, di cui Teresa si è sempre disinteressata: preferisce portare avanti la sua storia, dato che non si è mai sentita una ladra, ma semplicemente una che era diventata proprietaria di tutto quello che parlava di Giacomo Leopardi.
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Teresa Teja è un personaggio interessantissimo per me perché assieme alla sua storia e all’intelligenza, aveva un grande gusto. Vestiva come la moda dell’epoca, sempre di nero, portava abiti austeri ma molto preziosi, fatti di broccati e pizzi, indossava perle e cristalli neri: mi ha così affascinato che ho deciso di prendere la sua storia e il suo modo di essere e di farla diventare un punto di riferimento per quel che poi è diventata la mia linea. Oggi i miei capi Teresa Teja raccontano e vogliono essere sempre legati a questo mondo: un Ottocento rivisto, un’aura retró che ispira abiti dal gusto anche anni ’20, a volte di gusto anni ’50, però sempre con delle caratteristiche peculiari, ovvero sobrietà di fondo, tessuti importanti, elementi decorativi che esistono, ci sono, ma non sono sfacciati, non si mettono in evidenza in maniera esaltante.”
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Et voilà, eccolo il mondo sartoriale di Teresa Teja Sartoria: un condensato di dettagli intrecciati al pregio culturale e artigiano della storia, dove i tessuti non provengono dai negozi canonici, bensì dalla ricerca esplorativa in archivi e botteghe d’antiquari che possono svelare come un tendaggio antico possa poi divenire un meraviglioso capospalla moderno; dove i bottoni sono scovati in mercerie dismesse e si rivelano veri tesori testimoni di manifatture di epoche passate. 
Guardate i capi ritratti nelle fotografie splendide (ad opera di Paolo Monina), una serie di abiti in tulle ricamati con saggezza, a volte a punto pieno a volte ad intaglio, a volte operati a mano a volte a macchina, tutti legati dal fil rouge degli anni ’20 e ’30: un momento storico che ispira sì la bellezza fluida, sciolta e intensa delle forme e dei decori, ma che infonde anche la morbidezza intrigante e potente di quando la donna si è liberata da costrizioni stilistiche e sociali. 
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Un racconto dei passi rigorosi di conquista della femminilità di cui ogni abito è un frammento: definito nella qualità eccellente della sartoria rigorosamente italiana, marchigiana ad esser precisi, eloquente nella dichiarazione d’intenti d’arte stilistica sempre rinnovata e riconfermata. Quella, cioè, di voler sempre cogliere e valorizzare la sensibilità d’apparenza e d’animo femminile nella sua costante evoluzione, e di restituirla ad un pubblico di donne senza età: bensì che ha il dono della volontà di possedere ed indossare capi che son come opere d’arte su misura della propria, unica, identità.
Silvia Scorcella
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personal-reporter · 1 year ago
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Enrico Toti, eroe della prima guerra mondiale
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Uno dei personaggi più noti della storia italiana della Grande Guerra… Enrico Toti nacque il 20 agosto 1882 a Roma, nel quartiere San Giovanni, terzogenito di Nicola, ferroviere di Cassino, e Semira Calabresi. Nel 1897 Enrico si imbarcò come mozzo sulla nave scuola Ettore Fieramosca e rimase in Marina fino al 1905, prima sulla corazzata Emanuele Filiberto, poi sulla nave Barbarigo e infine sull’incrociatore Coatic. In seguito Tori venne assunto nelle Ferrovie dello Stato come fuochista, ma il 27 marzo 1908 fu investito da un locomotore in manovra presso la stazione di Colleferro e gli si dovette amputare la gamba sinistra poco sotto il bacino. Rimasto invalido e disoccupato a 26 anni, Enrico, con forza d’animo e un notevole spirito d’intraprendenza, avviò una serie di piccole attività artigianali e si allenò con nuotate nel Tevere e giri in bicicletta, inoltre viaggiò in Europa e in Africa sulle due ruote, lavorando come artista e attrazione nelle fiere e nei circhi. Allo scoppio della guerra mondiale, vedendo molti amici partire volontari, Toti chiese per ben tre volte alle autorità militari di poter essere arruolato, ricevendo però un netto rifiuto, così decise di volontariamente al fronte e con la sua  bicicletta nel luglio 1915 raggiunse Cervignano, cittadina del Friuli austriaco occupata dall’Esercito italiano, sede del comando della 3a armata e di ospedali, uffici e magazzini militari. In breve il giovane fraternizzò con militari e graduati, compiendo piccoli servizi e ricevendo in cambio vitto e alloggio, oltre a svolgere alcune mansioni per conto degli uffici del comando di tappa, tra cui il ritiro della posta nei punti di raccolta dei reparti e il trasporto all’ufficio ferroviario di Cervignano, dove la corrispondenza era vagliata, censurata e poi smistata. Enrico frequentava uffici e officine militari e passava le serate con i soldati nelle osterie del paese inoltre, eludendo la sorveglianza dei militari, valicò il limite territoriale dove erano relegati i borghesi, per dirigersi verso le zone degli scontri ma un giorno, intercettato da una pattuglia di carabinieri, fu fatto ritornare a Cervignano e successivamente rispedito a Roma. Dopo e un’appassionata lettera al comandante della 3a armata, che era Emanuele Filiberto di Savoia, duca d’Aosta Enrico riuscì a ritornare nuovamente a Cervignano nei primi mesi del 1916 e il  6 aprile ebbe il permesso di rimanere nella cittadina per lavorare all’ufficio postale militare presso il comando d’armata. Grazie al legame con soldati e ufficiali il giovane riuscì a farsi portare con il reparto in prossimità delle trincee, tra cui cave di Selz presso Monfalcone. In seguito, Toti passò dai ricoveri del 14° reggimento fanteria a quelli del III battaglione Bersaglieri ciclisti, con il compito di raccogliere la posta e consegnare giornali, sigarette, generi di conforto portati dalle retrovie, inoltre sbrigava piccole commissioni per i soldati che non potevano allontanarsi dal reparto. Il 6 agosto 1916, durante la sesta offensiva dell’Isonzo che portò alla presa di Gorizia e al crollo del primo fronte carsico, il III Bersaglieri fu incaricato di attaccare le trincee austro-ungariche di Quota 85, a est di Monfalcone, così Toti chiese e ottenne dai superiori, seppur in maniera informale e, il permesso di partecipare all’assalto. Durante l’azione Enrico fu visto sparare con il moschetto contro le mitragliatrici avversarie, poi, quando fu colpito, morì fra le braccia dei compagni. La storia di Enrico Toti resta viva ancora oggi, infatti nel 1958 la città di Gorizia gli dedicò  una statua in bronzo in piazza Cesare Battisti e la Marina militare italiana intitolò al giovane eroe il primo sommergibile del dopoguerra, costruito nei cantieri di Monfalcone, in servizio dal 1968 al 1999, che è esposto dal 2005 presso il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. Read the full article
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parmenida · 1 year ago
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#IdentitàPartenopea
NAPOLI 💙⚜
Città bistrattata, sottovalutata e abbandonata al giogo della criminalità organizzata. Ma Napoli non è così e non fu così. Lo è diventata. Metropoli brillante, aristocratica e colta, luogo d’incontro di svago e del bel mondo, viva e felice sotto la dinastia dei Borbone che inizia nel 1734 quando Carlo di Spagna conquista i regni di Napoli e Sicilia sottraendoli alla dominazione austriaca. Incoronato nel 1735 re delle Due Sicilie a Palermo, sceglie Napoli, come capitale del regno. Considerata dalla corte di Vienna un regno lontano e poco degno di prestigio…quasi fossero “le Indie”, Napoli in realtà era una magnifica metropoli di arte e cultura del Sud, per il Sud, per l’Europa, per il mondo, intorno alla quale si raccoglieranno ben presto letterati, filosofi e architetti provenienti da tutta Italia.
Il “buon re”, così come veniva chiamato Carlo di Borbone, farà venire a Napoli il toscano e saggio Bernardino Tanucci a cui affiderà le sorti finanziarie del regno. Pittori e architetti come Fuga e Vanvitelli per dare vita a teatri, porti, fortificazioni e ospedali. E’ l’inizio del gran settecento dei Borbone a Napoli e dintorni. La prima fabbrica di locomotive a Portici, e la vicina reggia dove insieme a Maria Amalia, sua sposa e figlia del re di Sassonia, si darà vita ad un maestoso progetto residenziale con due grandi parchi, l’orto botanico e il real museo delle antichità con i reperti e le sculture provenienti dagli scavi archeologici di Ercolano. E ancora, il palazzo reale a Napoli, il tunnel borbonico come via di fuga, il real albergo dei poveri, il Teatro San Carlo, il golfo di Napoli con la più grande acciaieria e i più grandi arsenali d’Italia.
Costretto a lasciare Napoli per tornare in Spagna, dopo 25 anni di regno, a Carlo succederà il figlio di otto anni, Ferdinando, che passata la reggenza, vedrà una Napoli all’apice del suo splendore con la regina Maria Carolina, severa e austera per amore della sua città. Centro di cultura e svago, la città partenopea attrarrà le più grandi corti d’europa e dei lumi, fino a quando con l’annessione al Piemonte e la successiva unità d’Italia nel 1861 si passerà dall’epoca d’oro settecentesca ad un periodo di brigantaggio nato dalla reazioni sanguinose suscitate dalla politica repressiva dei piemontesi e parallelamente l’avanzare della criminalità organizzata che approfitterà “… per accamparsi sul deserto delle istituzioni.”
“La storia dei vinti è scritta dai vincitori… ci saranno verità che i conquistatori vorranno nascondere“. E così, prima dell’arrivo dei Savoia, Napoli godeva di un’ ottima consistenza finanziaria. Il banco di Napoli contava 443 milioni di lire rispetto ai 148 dei piemontesi; il 51 %degli operai italiani erano occupati nelle industrie del Sud, la pressione fiscale sui cittadini meridionali era la metà rispetto a quella esercitata sui piemontesi dai Savoia, le produzioni agricole detenevano il primato grazie alla fertilità delle terra, alla salubrità dell’acqua e al clima mite. Finirà lo splendore, famiglie costrette all’elemosina, il commercio quasi del tutto annullato; opifici privati costretti a chiudere a causa di insostenubli concorrenze: tutto proveniva dal Piemonte, dalla carta finanche alle cassette della posta, non vi era faccenda con non era disbrigata da uomini e donne piemontesi che si prenderanno cura dei trovatelli…”quasi neppur il sangue di questo popolo più fosse bello e salutevole.”
Lina Weertmuller
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gradozero · 1 year ago
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Il Vasto Parco di Racconigi, le sue serre, le cicogne e Xavuer Kurten ispettore delle passeggiate
La storia Fondato intorno all’XI secolo come casaforte nella Marca di Torino, il castello di Racconigi passò successivamente ai marchesi di Saluzzo e poi ai Savoia. L’originaria struttura fortificata con torri angolari fu trasformata nel corso del XVII secolo: nel 1670, in concomitanza con l’elevazione del castello a residenza dei Savoia-Carignano, André Le Nôtre progettò il giardino; nel 1676…
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giancarlonicoli · 1 year ago
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2 ago 2023 17:43
“QUANDO MIO FRATELLO FU COLPITO A MORTE, VITTORIO EMANUELE DI SAVOIA GRIDO’ “ITALIANI DI MERDA, VI AMMAZZO TUTTI” - PARLA BIRGIT, SORELLA DI DIRK HAMER, UCCISO IN CORSICA NEL 1978: “NELLA PRIMA FASE VITTORIO EMANUELE RICONOBBE LE SUE RESPONSABILITÀ. IL 28 AGOSTO 1978 SCRIVE DI SUO PUGNO: ‘RICONOSCO LA MIA RESPONSABILITÀ CIVILE PER L'INFORTUNIO DEL 18 AGOSTO 1978 ACCADUTO AL SIGNOR HAMER’. DOCUMENTO POI SCOMPARSO, MA CHE I GIORNALISTI FOTOGRAFARONO - POI ANNI DI RIMPALLI TRA TRIBUNALI, NESSUNO VOLEVA PORTARE ALLA SBARRA UN SAVOIA. ERANO TROPPO POTENTI. POLITICA, ARISTOCRAZIA E MASSONERIA SI MOBILITARONO PER DEPISTARE IL PROCESSO. FU UNA FARSA…”
Estratto dell’articolo di Maria Novella De Luca per “la Repubblica”
[…] «Ho lottato per 45 anni, ho gridato contro l'ingiustizia, ho perso nei tribunali, sono stata denunciata, calunniata, ero Davide contro Golia, oggi però il mondo intero conosce le colpe di Vittorio Emanuele di Savoia. Quella notte in cui Dirk iniziò a morire e la verità venne gettata nei fondali dell'isola di Cavallo, io ero lì, accanto a lui, nessuno è più riuscito a spegnere la mia voce».
[…] Ogni attimo della notte tra il 17 e il 18 agosto del 1978, quando un proiettile partito incidentalmente dalla carabina di Vittorio Emanuele ferì a morte Dirk Hamer, 19 anni, giovane e bellissimo fratello di Birgit, è cristallizzato nella sua memoria.
[…] A quasi mezzo secolo da quella tragedia, da cui l'erede al trono d'Italia uscì assolto, un documentario su Netflix firmato da Beatrice Borromeo, e la pubblicazione, dopo anni di sequestro del libro di Birgit Hamer, entrambi dal titolo “Il principe ”, hanno riaperto una pagina di storia densa di ombre e segreti.
Birgit, oggi lei dice che Dirk ha finalmente avuto giustizia. Perché?
«Il documentario […] ha per la prima volta svelato cosa accadde davvero la notte in cui mio fratello fu ferito a morte. I testimoni di allora, che mai avevano parlato, hanno raccontato ogni dettaglio, dagli spari alla vergogna dei soccorsi che non arrivavano. Mai così dettagliata è stata la descrizione dell'agonia di Dirk. E i depistaggi, l'occultamento delle prove, fino alla farsa del processo del 1991 in Corte d'Assise a Parigi che “in dubbio pro reo” ha assolto Vittorio Emanuele».
Assoluto, sempre. Anche nel 2006 quando fu arrestato dal procuratore Woodcock per associazione a delinquere.
«Però proprio in prigione a Potenza Vittorio Emanuele non sapendo di essere intercettato raccontò al suo compagno di cella di aver “fregato” i giudici francesi e di essere stato lui a sparare il colpo che ferì a morte Dirk. I suoi avvocati smentirono, ma trovammo un video di quella intercettazione. Tutto questo è pubblico […]».
[…] Riannodiamo il filo dei ricordi. Roma, fine anni Settanta.
«Con mia madre Sigrid e i miei tre fratelli che vivevamo in via Margutta. I miei si erano separati, così ci siamo ricevuti da Heidelberg a Roma. Anni spensierati. […] Facevo la modella, Dirk e gli altri fratelli frequentavano la scuola tedesca».
Suo padre Geerd Hamer è stato un medico discusso, radiato e poi arrestato per le sue teorie sulla cura del cancro.
«[…] La battaglia per Dirk ci ha divisi per sempre. Accettò dei soldi da Vittorio Emanuele per le cure di mio fratello, ero contraria, sapevo che sarebbero stati usati contro di noi. Ma ha assistito eroicamente Dirk senza mai allontanarsi dal suo letto. Diciannove operazioni e l'amputazione della gamba. E pensare che Dirk era un corridore, si allenava nei 400 metri con Pietro Mennea».
[…] «Nell'agosto del 1978 mia madre affittò una piccola casa a Porto Rotondo. […] Il maledetto 17 agosto un amico di Dirk ci propone una gita all'isola di Cavallo, in Corsica. Partimmo con tre barche, il Coke, Il Mapagià e il Master». […] «Il mare grosso ci aveva impedito di tornare in Sardegna. Decidemmo di accampare nelle barche per dormire a Cavallo. Molti di noi avevano soltanto il costume addosso. Qualcuno per andare a riva aveva preso in prestito un gommone legato a uno yacht vicino alle nostre barche. Peccato che quel canotto fosse di Vittorio Emanuele. Questo scatenò l'ira del Savoia».
Nel libro scrive di aver sentito il principe gridare: “Italiani di merda, avete preso il mio Zodiac, vi ammazzo tutti”.
«Ci fu un primo sparo, poi un secondo durante una colluttazione con Nicky Pende, ex marito di Stefania Sandrelli che aveva provato a fermare Vittorio Emanuele. Uno di quei proiettili colpì Dirk che dormiva nella barca vicina e gli recise l'arteria femorale».
Morì il 7 dicembre del 1978. Dopo un'agonia di 111 giorni.
«Ricordo che corsi sul “Mapagià” e presi mio fratello tra le braccia. Mi fissava con i suoi grandi occhi blu, mentre faceva uno sforzo sovrumano per sopportare il dolore. Era eroica».
È vero che nella prima fase Vittorio Emanuele riconobbe le sue responsabilità?
«Il Savoia viene arrestato e portato nel carcere di Ajaccio. Il 28 agosto 1978 scrive di suo pugno: “Riconosco la mia responsabilità civile per l'infortunio del 18 agosto 1978 accaduto al signor Hamer”. Documento poi scomparso, ma che i giornalisti fotografarono».
Lei impiegò 13 anni per far celebrare il processo in Francia.
«Anni di rimpalli tra tribunali, nessuno voleva portare alla sbarra un Savoia. Ci riuscì la mia tenacissima avvocata Sabine Paugam. conoscevano montagne di prove, ma loro erano troppo potenti. Politica, aristocrazia e massoneria si mobilitarono per depistare il processo. Fu una farsa. Vittorio Emanuele è stato assolto. Si parlò di una seconda pistola, inesistente invece. […]». […]
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claudiodangelo59 · 2 years ago
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OGGI 18 GIUGNO, ITALIANO RICORDA…
1836
STORIA
DELL’ESERCITO ITALIANO
VIENE COSTITUITO IL
PRIMO REPARTO DI BERSAGLIERI
I Bersaglieri sono una specialità dell'Arma di Fanteria dell'Esercito Italiano.
Ogni 18 giugno si festeggia l'anniversario della loro costituzione, avvenuta nel 1836.
L'associazione d'arma di riferimento è l'Associazione Nazionale Bersaglieri.
Il Corpo dei Bersaglieri venne istituito, con regio brevetto del 18 giugno 1836, da re Carlo Alberto di Savoia su proposta dell'allora Capitano del Reggimento delle Guardie (i Granatieri di Sardegna odierni) Alessandro Ferrero della Marmora (o Alessandro della Marmora o Alessandro La Marmora) (TORINO, 27 marzo 1799 – KODYKOJ, 7 giugno 1855) è stato un Generale e patriota italiano, e ricevette il battesimo del fuoco l'8 aprile 1848 nella battaglia di GOITO durante la prima guerra di indipendenza italiana.
Il compito assegnato alla nuova specialità prevedeva le tipiche funzioni della fanteria leggera - esplorazione, primo contatto con il nemico e fiancheggiamento della fanteria di linea (senza però schierarsi e frammischiarsi con quest'ultima) - ma si caratterizzava, come nelle intenzioni del suo fondatore, per un'inedita velocità di esecuzione delle mansioni affidate ed una versatilità d'impiego che faceva dei suoi membri, ancorché appiedati, oltreché dei cacciatori, anche delle guide e dei guastatori ante litteram.
Dotato di ampia autonomia operativa, il Corpo era formato da uomini addestrati alla corsa ed al tiro con moderni fucili a retrocarica pronti ad agire, anche isolatamente, per impegnare di sorpresa l'avversario in azioni di disturbo col preciso intento di sconvolgerne i piani, organizzati in piccoli gruppi schierati in quadrato, però, i bersaglieri potevano essere impiegati anche in contrasto alla cavalleria per romperne la carica.
Nel 1854 furono impegnati nella guerra di CRIMEA, prima "missione all'estero" di truppe italiane dove morì lo stesso Alessandro La Marmora.
I bersaglieri vennero impiegati, dopo l'unificazione italiana, anche per contrastare il brigantaggio nel meridione.
Protagonisti della presa di ROMA del 20 settembre 1870, i battaglioni persero l'autonomia operativa dal 1 gennaio 1871 e passarono alle dipendenze dei reggimenti, portati a dieci.
Questi, dal 1882, passarono su quattro battaglioni ciascuno. Con l'ordinamento del 1910 presso ogni reggimento si formò un battaglione ciclisti, soppresso poi nel marzo 1919.
Durante la prima guerra mondiale (1915-1918) il Corpo venne ordinato in 2 Divisioni speciali, 7 Brigate, 21 Reggimenti e 5 Battaglioni autonomi.
Nel 1924 i 12 Reggimenti rimasti vennero trasformati in ciclisti, organico che poi cambiò nel 1936.
Reparti di Bersaglieri parteciparono all'occupazione dell'ALBANIA.
Durante la seconda guerra mondiale i Reggimenti Bersaglieri erano inquadrati nelle Divisioni corazzate, motorizzate e celeri, e combatterono su tutti i fronti.
Si distinsero soprattutto sul fronte del NORD AFRICA sotto il comando del Generale tedesco Rommel che grazie al loro intervento di schermaglia, riuscì ad ottenere una ritirata strategica in netta inferiorità numerica durante la seconda battaglia di EL ALAMEIN, contro le truppe britanniche con minime perdite.
Il 22 agosto 1941 la GERMANIA diede inizio all'Operazione Barbarossa, l'attacco all'UNIONE SOVIETICA, la più vasta operazione militare terrestre di tutti i tempi, che determinò qualche anno più tardi la sconfitta del Terzo Reich.
Il nostro Esercito inviò il 10 luglio 1941 il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (C.S.l.R.) composto da 3 Divisioni celeri: Pasubio, Torino e Principe Amedeo Duca d'Aosta. In quest'ultima Divisione confluì il 3° Reggimento Bersaglieri.
Alla fine del 1941 il Reggimento aveva perso la metà degli effettivi, così ne fu inviato uno nuovo, il 6°, reduce dalla JUGOSLAVIA.
Verso la fine del dicembre 1942, il 3º Reggimento Bersaglieri venne praticamente distrutto in combattimento. Anche il 6° Reggimento Bersaglieri, a causa delle gravi perdite, fu ricostituito.
Un contributo del Corpo dei Bersaglieri venne dato durante la Guerra di Liberazione con unità combattenti sia nell’Esercito Italiano al fianco degli Alleati e sia con reparti inquadrati nella Repubblica Sociale Italiana che ostacolarono le mire titine di annessione territoriale nel NORD EST d’ITALIA.
Già nel 1946 avvenne la ricostruzione del 3º Reggimento cui fece seguito nel 1949 quella dell'8º che nel 1975 diede vita alla 8a Brigata Bersaglieri "Garibaldi".
I Bersaglieri, a partire dagli anni 1980, furono una delle Specialità più impiegate nelle missioni militari italiane all'estero (KOSOVO, LIBANO, IRAQ, AFGHANISTAN).
DECALOGO DI LA MARMORA
1. Obbedienza
2. Rispetto
3. Conoscenza assoluta della propria arma
4. Molto addestramento
5. Ginnastica di ogni genere sino alla FRENESIA
6. Cameratismo
7. Sentimento della famiglia
8. Rispetto alle leggi ed onore al capo dello Stato
9. Onore alla Patria
10. Fiducia in se stessi sino alla presunzione.
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bergamorisvegliata · 2 years ago
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I LUOGHI DELL'ANIMA
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L'anima in questi giorni ci porta all'interno di uno dei borghi più suggestivi e splendidi d'Italia, oltre a costituire una sorta di angolo ai più sconosciuto dal momento che non appare nemmeno segnato come meta turistica: si tratta di Finalborgo, piccolissimo centro ligure in provincia di Savona, e già il luogo geografico basterebbe ad attirare visitatori per via di un paesino incastonato tra l'entroterra e il Mar Ligure...Buona lettura!
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Il nome Deriva da Burgum Finarii, terra di confine (ad fines) ai tempi dei Romani e centro amministrativo del marchesato dei Del Carretto tra il XIV e il XVI secolo.
La storia 113 a.C., viene costruita la via Julia Augusta, che entra nel finalese dalla Valle di Ponci, dove ancora si notano cinque ponti romani. XII sec., l’origine del borgo è in genere fatta risalire all’epoca del marchese Enrico I Del Carretto detto il Guercio (morto nel 1185), ma recenti scoperte archeologiche retrodatano la sua fondazione di qualche secolo. 1300 ca.-1598, Finalborgo è governata, dall’alto di Castel Gavone, dalla famiglia Del Carretto, parte della medievale marca degli Aleramici, la quale lascia nella capitale del marchesato palazzi, chiese, castelli, fortificazioni e un convento dagli splendidi chiostri e dai sontuosi saloni. Le mura di cinta sono distrutte nel 1449 dai genovesi (alla cui influenza i Del Carretto cercano sempre di sottrarsi) e riedificate nel 1452. 1598-1713, è il periodo della dominazione spagnola. Il marchesato, venduto alla Spagna, diventa per tutto il Seicento un territorio strategico che permette il controllo del Nord Europa attraverso lo Stato di Milano. Gli spagnoli valorizzano l’importante punto di sbarco della Marina, realizzano nuove vie di comunicazione come la Strada Beretta (1666) e attuano una generale ristrutturazione del sistema difensivo del borgo, grazie al Forte San Giovanni (1640-44) e al rafforzamento di Castel Govone. 1713, il marchesato è ceduto a Genova e il passaggio all’antico nemico chiude la fase di prosperità vissuta sotto la Spagna. Simbolo della fine di un’epoca è la distruzione di Castel Govone da parte dei genovesi nel 1715. 1740, alla morte dell’imperatore Carlo VI, Finale è coinvolta nelle vicende della guerra di successione austriaca che vede in campo austriaci, piemontesi e inglesi contro Borboni, francesi e spagnoli. 1748, la pace di Aquisgrana pone definitivamente Finale sotto Genova e tale rimarrà formalmente sino al 1795 quando, con l’arrivo dei francesi, il marchesato viene abolito e Finale segue le sorti della Repubblica Ligure, e infine quelle dei Savoia e del Regno d’Italia.
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Un’antica fontana, una loggia, un portale imponente, un’edicola votiva, un chiostro, il particolare di un portone o una piazzetta raccolta: l’aria di Liguria che si respira a Finalborgo è una brezza marina odorosa di rosmarino e di timo, un silenzio trasparente, traforato di luce.
Un vecchio, quieto borgo, questo di Finale, che fu capitale del marchesato, e che ancora conserva, nei bei palazzi, un po’ della boria dei dominatori spagnoli, aggrappata a un ornamento, uno stemma, un portale in ardesia. Se nella splendida balaustra marmorea della basilica di San Biagio, vorremmo essere un angelo che sistema la tovaglia, fuori ci emozioniamo per i colori liguri, sfumati dal tempo. Le tinte e le mezze tinte dei palazzi nelle sere estive assecondano un desiderio fluttuante, tra mare e collina, simile al vivere di qui.
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Chiuso tra mura medievali ancora ben conservate, intervallate da torri semicircolari e interrotte solo in corrispondenza delle porte, il Borgo di Finale (così detto per distinguerlo dalla Marina) offre subito al visitatore una sensazione di protezione e raccoglimento. L’antica concezione difensiva e comunitaria sopravvive nel reticolato delle vie, disposte perpendicolarmente tra loro a formare scorci affascinanti in spazi contenuti. Percorsi gli stretti vicoli, ogni piazza è una conquista e una sorpresa, in grado di esibire meraviglie nella “pietra del Finale”, l’ardesia che adorna portoni, si modella in colonne, diamanti, ornamenti. Se i grandi monumenti (i palazzi rinascimentali e barocchi, la basilica di San Biagio, il complesso di Santa Caterina e – fuori le mura – Forte San Giovanni e Castel Gavone) esprimono, per così dire, la forza e la vanità del borgo, i negozi e le botteghe artigiane ne rappresentano la vivacità. Questo è, infatti, un luogo vivo, abitato, dove le piazze moltiplicano i momenti d’aggregazione e le attività commerciali (un patrimonio di creatività plasmato nella pietra del Finale, nella ceramica, nel vetro e nel ferro) si integrano armoniosamente nel tessuto urbano. Il borgo è impreziosito dai palazzi quattrocenteschi e di epoca rinascimentale, modificati nel periodo della dominazione spagnola. Il Palazzo del Municipio, in origine della famiglia Ricci, è uno dei migliori esempi di architettura del primo Rinascimento in Liguria, come annuncia lo splendido portale; Palazzo Cavassola (ospitò papa Pio VII) e Palazzo Gallesio illustrano alla perfezione le concezioni decorative della Finale del Seicento; Palazzo Brunengo in piazza Aycardi si contraddistingue per la bella loggia a doppia arcata (Loggia di Raimondo) e il grande stemma familiare, ormai poco visibile; denuncia già nella facciata le complesse trasformazioni subite in varie epoche il Palazzo del Tribunale 
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nell’omonima piazza, che fu dimora dei Del Carretto, quindi dei Governatori spagnoli e genovesi, sede del Tribunale del Circondario e infine della Pretura; Palazzo Aycardi ha una fronte con motivi ornamentali secondo il gusto settecentesco e Palazzo Arnaldi vanta una straordinaria facciata in stile rococò, movimentata da stucchi; sulla stessa piazza si affaccia Palazzo Messea e in piazzetta Doria si trova Palazzo Chiazzari. Il monumento più importante di Borgo è la Basilica di San Biagio, sontuoso esempio di architettura barocca realizzato nel XVII secolo sulla precedente chiesa medioevale (1372), di cui conserva l’abside e l’ardito campanile tardo gotico (1463) a forma ottagonale, leggermente pendente, dalle numerose e sottili bifore su ogni lato. La facciata è rimasta incompiuta in pietra grezza mentre l’interno a tre navate colpisce per la grandiosità e la ricchezza delle decorazioni. Proveniente dalla chiesa di Santa Caterina, come altre opere e pale d’altare, si trova nella navata centrale il mausoleo di Giovanni Andrea Sforza Del Carretto, l’ultimo dei marchesi morto nel 1604. Eccezionali sono le sculture attribuite allo Schiaffino: la balaustra in marmo di Carrara e il pulpito che rappresenta la visione di Ezechiele.
Le origini della Chiesa di Santa Caterina e del complesso
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domenicano di Finalborgo si collocano intorno al 1360, dopo la morte del marchese Giorgio I Del Carretto, quando la vedova sentì la necessità di una chiesa gentilizia destinata ad accogliere le spoglie mortali dei membri della famiglia marchionale. Il convento ha subito negli anni profonde modifiche: dal 1863 al 1964 è stato trasformato in carcere, ma la sua bellezza è rimasta intatta, come possono testimoniare, dopo il recente recupero, i due splendidi chiostri rinascimentali realizzati tra il ’400 e il ’500.
Il Teatro Aycardi, inserito dal FAI tra i monumenti italiani da tutelare, fu la prima sala di spettacoli costruita in Liguria durante il periodo napoleonico e in quasi due secoli di vita ha ospitato drammi lirici, concerti e spettacoli di prosa, tra cui, nel 1845, l’opera L’empirico e il masnadiero, commissionata ad artisti liguri dalla locale Accademia Filarmonica.
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Altre informazioni su Finalborgo, su altri luoghi da visitare nei dintorni, sui piatti tipici locali le potete trovare al seguente link:
...infine, curiosamente, la Basilica di San Biagio
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ha ispirato in buona parte una conoscenza di "Bergamo Risvegliata", Ilaria Pugni che ha tratto ispirazione anche da figure, bassorilievi, stemmi che rimandano alle carte dei tarocchi a loro volta rappresentative dei 12 portali facenti parte del suo libro:
"Oltremond e i 12 portali".
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lamilanomagazine · 11 months ago
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Funerali e sepoltura a Superga per Vittorio Emanuele di Savoia
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Funerali e sepoltura a Superga per Vittorio Emanuele di Savoia. “Vittorio Emanuele voleva essere sepolto a Superga, come mi ha detto stamani il figlio Emanuele Filiberto. Il funerale, ci è stato detto, si celebrerà sabato 10 alle 15 a Superga dove verrà sepolto”. Lo ha detto il presidente dell'Istituto Nazionale per la Guardia d'Onore alle Reali Tombe del Pantheon, Ugo D’Atri. I funerali si svolgeranno a Torino, sabato 10 febbraio, alle ore 15, nella Basilica di Superga. Morto a Ginevra, Vittorio Emanuele di Savoia avrebbe compiuto 87 anni il 12 febbraio. Era il figlio di Umberto II, l'ultimo re d'Italia, e di Maria José. L'annuncio del decesso è stato dato con una nota della Casa di Savoia: “Alle ore 7.05 di questa mattina, 3 febbraio 2024, Sua Altezza Reale Vittorio Emanuele, Duca di Savoia e Principe di Napoli, circondato dalla Sua famiglia, si è serenamente spento in Ginevra. Luogo e data delle esequie saranno comunicati appena possibile”. Era nato a Napoli il 12 febbraio 1937. Alla nascita era stato acclamato come principe dell’Impero. E, come tradizione dei Savoia, ottenne il titolo di principe di Napoli. Durante la Seconda guerra mondiale, nel 1943, lasciò Roma con la madre e le sorelle spostandosi in Piemonte, per tutelarlo da possibili catture da parte dei nazisti. Al termine del conflitto, dopo un breve periodo in Svizzera, tornò a Roma. Prima del referendum istituzionale, il re ordinò alla famiglia di lasciare l’Italia, cosa che fece anche lui. La nuova Costituzione che ha sancito il passaggio dalla monarchia alla repubblica, stabiliva l’esilio per gli ex-sovrani, i consorti e i discendenti maschi di casa Savoia. Da allora gli fu imposto il divieto di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale. Ha vissuto a Ginevra, fino al 2002, quando è stata abolita la norma costituzionale che obbligava gli eredi maschi di casa Savoia a restare in esilio. Quello stesso anno, per la prima volta nella storia del casato, ha preso le distanze dalle leggi razziali fasciste e con alcune dichiarazioni ha accettato ufficialmente la fine della monarchia in Italia. Nel 2007, però, ha chiesto all’Italia un risarcimento di 260 milioni di euro per l’esilio, oltre che la restituzione dei beni privati confiscati dallo Stato nel 1948. Nel 2022, ha deciso insieme alle sorelle e al figlio di chiamare in causa lo Stato italiano per la restituzione dei gioielli di famiglia Savoia custoditi dalla Banca d’Italia. Negli anni Vittorio Emanuele è stato più volte al centro di scandali e vicende giudiziarie.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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