#squadrismo fascista
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FRANCOBOLLI NERI PER SDOGANARE I CRIMINI FASCISTI E I LORO ESECUTORI
di Redazione Udite, udite: hanno dedicato un francobollo a Italo Foschi, un fascista e squadrista, nonché fondatore della società sportiva As Roma. Italo Foschi, nato nel 1884 e morto nel 1949 era un noto esponente del partito fascista che aderì alla Repubblica di Salò, quando il paese subiva gli eccidi delle brigate nere e delle SS a Marzabotto e Sant’Anna di Stazzema. Questo francobollo è uno…
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" Il 31 ottobre 1926, durante una grande adunata fascista a Bologna, un colpo di pistola viene sparato contro il ‘Duce’. Chi ha sparato? Il fatto è ancora avvolto nel più grande mistero. Un ragazzo di 16 anni, tale Zamboni, ex fascista, viene conclamato autore del gesto e trucidato sul posto, sotto gli stessi occhi del ‘Duce’. È l’uragano che, stavolta, sconvolge tutta l’Italia. Gli oppositori più in vista sono obbligati a sottrarsi alla furia e le loro case vengono saccheggiate. I giornali avversi al regime sono distrutti. Dovunque, sono giornate di terrore. Quel giorno, io ero a Cagliari, a casa mia. Verso le nove di sera, un amico, trafelato, venne ad avvisarmi che i fascisti suonavano l’adunata di guerra. Io uscii con lui per vedere di che si trattava. Sulla porta di strada, un altro amico mi riferì la notizia che era arrivata ai fascisti ed alla prefettura la notizia dell‘attentato al ’Duce’. «Ho potuto segretamente avere copia del telegramma. Qui, tutti i fascisti sono stati convocati d‘urgenza per le rappresaglie. La tua casa e la tua vita sono in pericolo. Abbandona la città o nasconditi in una casa sicura.» Mentre parlava, arrivavano da più parti gli squilli di tromba con cui, nei differenti rioni, gli squadristi suonavano l’adunata. Salii in casa, licenziai la donna di servizio. Non dovevo pensare che a me stesso. Ridiscesi. Altri amici in piazza erano corsi ad informarsi: i fascisti si adunavano nella loro sede centrale; le automobili erano in movimento per il trasporto più rapido, grida di morte si udivano qua e là contro di me. Andai a pranzare in un ristorante, a pochi metri da casa.
Mentre pranzavo, mi giungevano via via le notizie: i teatri, i cinema, i pubblici ritrovi erano stati fatti chiudere tutti; le squadre fasciste circolavano armate; alla sede del fascio organizzavano la spedizione punitiva contro di me; i capi esaltavano i gregari con discorsi incendiari; io ero la vittima designata; fra mezz‘ora sarebbe cominciata l’azione. Il cameriere, che mi serviva, era stato alle mie dipendenze durante la guerra. Era diventato fascista in seguito, ma non poteva dimenticare un certo rispetto per il suo antico ufficiale. Era molto imbarazzato quella sera, e non osava parlarmi. Tentò più volte, ma io non lo incoraggiai. Finalmente mi disse: «Signor capitano, io so quali ordini ci sono. La scongiuro, non ritorni a casa: parta subito. Si tratterà solo di qualche giorno. Poi vedrà che tutto diventerà normale». «Credi tu» gli chiesi «che io abbia ragione o torto?» «Lei ha ragione» mi rispose arrossendo e prendendo macchinalmente la posizione militare d’attenti. «E allora, perché dovrei fuggire?» La mia domanda lo imbarazzò ancor di più. Non aggiunse parola. Andando via, gli chiesi: «Perché sei diventato fascista?» «I tempi sono difficili. Mi hanno promesso tante cose… Chi può vivere contro i fasci?» "
Emilio Lussu, Marcia su Roma e dintorni, introduzione di Giovanni De Luna, Einaudi (collana ET Scrittori n° 1037), 2008⁴, pp. 168-170.
NOTA: Questo memoriale antifascista fu pubblicato dall'autore in esilio a Parigi dapprima nel 1931 per un pubblico internazionale, quindi nel 1933 in lingua italiana (col significativo sottotitolo Fascismo visto da vicino) dalla casa editrice parigina "Critica". Il libro fu edito in Italia già nel 1945 dall'editore Einaudi nella Collana "Saggi".'
#Emilio Lussu#memoriale#letture#leggere#libri#saggistica#Marcia su Roma e dintorni#antifascismo#ventennio fascista#antifascisti#Partito Sardo d'Azione#libertà#citazioni#Resistenza#Storia d'Europa del XX secolo#dittatuta#politici italiani#Benito Mussolini#Storia d'Italia#squadrismo#Anteo Zamboni#anarchismo#anarchici#anarchia#memoria collettiva#Sardegna#reduci#Bologna#Giovanni De Luna#'900
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CRONACHE RIBELLI
Si sta scrivendo molto dell'aggressione perpetrata da militanti di Azione Studentesca, sigla riconducibile alla galassia dell’estrema destra, a danni di alcuni studenti del liceo fiorentino Michelangelo. Le ultime notizie ci parlano di una delegazione di Azione Studentesca ricevuta in pompa magna da esponenti della maggioranza dopo l’insediamento dell’esecutivo Meloni.
Il fatto non ci stupisce. Come scritto più volte, la trentennale apertura politica a questi soggetti non può che peggiorare in questo frangente.
Chi conosce un po’ di storia dello squadrismo fascista può tranquillamente rivedere nell’azione di pochi giorni fa il modus operandi che contraddistingue il movimento fin dalle origini. La pratica di portare un gruppo di militanti in un contesto respingente, come quello di scuole in cui sono largamente prevalenti gli studenti antifascisti, ricorda chiaramente le provocazioni praticate nei luoghi di lavoro, nelle sedi sindacali e nelle manifestazioni operaie nel biennio 1919-1921, oltre ovviamente alle provocazioni tipiche degli anni ‘70 praticate da gruppi neofascisti. L’obiettivo è di cercare la contestazione, o anche solo il semplice rifiuto - oggi di un volantino, in passato era di cantare l’inno nazionale o magari indossare un gagliardetto tricolore - per scatenare una violenza già ampiamente programmata. Una violenza puntuale, facilitata dalla superiorità numerica del momento e seguita, ieri come oggi, dalla fuga. Il muoversi in manipoli, che chiaramente sono composti da elementi estranei all’ambiente in cui si porta avanti “l’azione”, serve proprio a questo: aggredire con la sicurezza dell’impunità.
Nel caso specifico è bastato che un solo ragazzo antifascista - a cui va la nostra piena totale e incondizionata solidarietà poiché sarà sicuramente oggetto di una prossima repressione - reagisse, difendendo un compagno che mentre era a terra veniva selvaggiamente picchiato, per farli fuggire.
Insomma uno contro sei, sette, forse dieci e sono scappati.
Come storicamente sono scappati nel biennio rosso davanti ai lavoratori ogni volta che non hanno avuto dalla loro il supporto delle forze dell’ordine e la copertura istituzionale, o ancora nel ‘43-’45 davanti ai partigiani senza le armi o l’aiuto dell’alleato nazista.
Onestamente non ci accoderemo alla litania mediatica già sentita sui “ragazzi di Salò”, che nel lato specifico diventa “sono ragazzini traviati”. No, sono dei criminali politici, come lo erano i loro giovani omologhi in passato, senza alcuna attenuante, che si nascondono dietro la retorica “della non conformità al sistema” quando ne sono la più alta espressione.
Ieri come oggi non li vedrete mai presentarsi davanti ai luoghi dei potenti, fronteggiare chi sfrutta, opprime e affama la povera gente, ma sempre e solo usare la becera violenza nei confronti delle categorie sociali più marginali o di quei soggetti, come gli studenti, che alimentano i movimenti e promuovono il cambiamento sociale.
Perché in fin dei conti, nel passato come nel presente, restano sempre dei servi.
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Da Emanuele Fiano a Tommaso Barbato, non sono pochi i casi, nella storia parlamentare, in cui esponenti progressisti sono passati dalle parole agli schiaffoni. Con una differenza: se menano loro, si parla al massimo di "teppismo", se lo fanno gli altri è «squadrismo». «Squadrismo intollerabile», denuncia Nicola Fratoianni di Avs, dopo la rissa a Montecitorio in cui ha avuto la peggio i grillino Nicola Donno. «Aggressione teppistica», protestava nove anni fa il suo mentore, Nichi Vendola, dopo che alcuni deputati di Sel erano stati aggrediti da ex compagni del Pd. Non è mai facile azzeccare l'aggettivo corretto da mettere vicino alla parola violenza. Però le sfumature sono importanti ed è assai istruttivo scoprire che lo stesso tipo di rissa parlamentare è senza dubbio «fascista» e «squadrista», se scatenato da deputati di destra, mentre è derubricabile a «teppismo» se ha come protagonisti compagni che sbroccano. E se si scorrono gli annali di Camera e Senato, di compagni che sbroccano se ne incontrano eccome....
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Poste Italiane ha emesso un francobollo dedicato a Italo Foschi, militante fascista, organizzatore dello squadrismo a Roma, fedele a Mussolini fino alla Repubblica di Salò, quando l'Italia subiva gli eccidi delle brigate nere e delle SS naziste, noto anche per essersi congratulato con Amerigo Dumini, scrivendogli che era un eroe per l'assassinio di Giacomo Matteotti, uomo libero coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee.
Mentre ricordiamo l'assassinio di Giacomo Matteotti ad opera delle squadre fasciste, Il governo del nostro Paese omaggia negli stessi giorni, con un francobollo, chi ha condiviso il compiacimento per quel brutale assassinio.
Condanniamo questa grave vergognosa provocazione. Questo francobollo è un'offesa alla memoria di Matteotti e di tutti gli antifascisti che hanno dato la vita per la libertà e la democrazia per il nostro Paese. Chiediamo pertanto che ne venga bloccata subito la distribuzione.
A.n.p.i.
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Don Minzoni, incontro col Vescovo a Libraccio
Far luce su uno dei delitti che hanno segnato il periodo dello squadrismo fascista nel nostro territorio.Lo scorso 1° dicembre la libreria Libraccio di Ferrara ha ospitato la presentazione del libro “Un delitto di regime. Vita e morte di Don Minzoni, prete del popolo”, di Girolamo De Michele, che per l’occasione ha dialogato col nostro Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego e con Paolo…
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Da Giovanni Gentile a Valditara, il liberalismo non fascista che tollera il fascismo, di Christian Raimo, in Domani, 24 febbraio 2024
vai a https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/da-gentile-a-valditara-il-pericolo-del-liberalismo-non-fascista-che-tollera-il-fascismo-c13sq8om La copertura ideologica che il ministro ha di fatto dato allo squadrismo degli studenti di Azione Studentesca è il sintomo di un fascismo ideologico di tipo gentiliano Le minacce che fingono di non esserlo alla preside fiorentina che aveva scritto…
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A voi che vi strappate le vesti per il governo meloni fascista, per il ritorno dello squadrismo punitivo e dell'olio di ricino, a voi dico studiate la storia. Non quella della seconda guerra mondiale, non del ventennio italiano, non quella del duce, ma quella degli ultimi 22 anni.
Dietro la meloni, che vorrebbe sembrare una novità ma che è la stessa di ruby nipote di mubarak e degli ultimi 15 anni, abbiamo eletto: fitto, pera, lotito, santanché, berlusconi, tremonti etc etc.
Abbiamo eletto gli stessi, GLI STESSI, dei governi berlusconi che han portato l'italia al tracollo e che il successivo governo tecnico monti decise di salvare non tagliando gli extraprofitti, non con una patrimoniale, non con la caccia all'evasione, non con la nazionalizzazione del mercato della maria, ma con tagli a sanità, pensioni, ricerca e scuola, per la serie 'u cane muzzica u 'cchiu spardato...
Abbiam votato ed eletto per la terza volta il centrodestra berlusconiano invecchiato di dieci anni, gente che con il fascismo può 'spartire' -come si dice dalle mie parti - solo un busto del duce e una commemorazione a predappio; non di certo una marcia su roma -che non era una marcia già allora- non una flat tax, non un blocco navale per la sostituzione etcnica del malvagio soros, no, non la messa al bando di sindacati e giornali, no, nulla di tutto questo.
Inoltre vorrei far riflettere i sedicenti progressisti aka borghesotti radical chic che canticchiano bella ciao dalla loro scrivania in mogano della banca e che gridano al fascismo, su un dato: l'astensionismo al 36% primo partito, confrontato col 28% della precedente tornata elettorale e il confronto dei voti del centrodestra allora e oggi, riporta un elettorato INALTERATO, in pratica chi votava centrodestra prima, ha votato centrodestra adesso, cosa è cambiato?
Persone molto più sagge di me dissero che in un paese le destre, i totalitarismi, i versanti nazionalisti di un elettorato vincono non per la validità delle loro idee, che sono piuttosto delle 'non idee' ma vincono per incompetenza o assenza di chi dovrebbe salvaguardare lo stato di diritto, l'equità, le minoranze etniche, culturali e religiose; in un paese vince la destra perché la sinistra è assente.
Sommate il rosatellum del governo pd di renzi, forse più incostituzionale del porcellum berlusconiano, sommate le leggi fornero e jobs act, sommate con quale opposizione nel tempo abbiam visto tagliate scuola, sanità, welfare e pensioni, sommate quanti sindacalisti cgil son finiti per avvitarsi ad una sedia in parlamento, il tutto per culminare al pd di zingaretti e letta, il pd dell'agenda draghi, il pd delle privatizzazioni, il pd della ghettizzazione dell'immigrato nei 'centri di accoglienza' , il pd del caporalato nelle campagne, il pd delle banche prima scalate, poi salvate con i soldi del contribuente e in seguito svendute a parenti e colleghi di partito, il pd della leopolda, del benestare e la benedizione di confindustria, il pd dei giornali elkann del gruppo gedi a far propaganda per loro, il pd del servilismo usa che da troppo ormai usa l'italia come mera base missilistica per l'espansione imperialista e criminale della NATO in europa.
Questo pd, erede naturale per pci di berlinguer ridotto ad un partitucolo di centrodestra moderato e asservito all'aristocratica arte dell'avvitarsi ad uno scranno parlamentare senza mai esser stato eletto. Questo pd e i suoi elettori che si stracciano le vesti per il 'ritorno del fascismo' è il maggiore alleato e la maggiore causa del successo berlusconiano virato alla meloni al governo.
Non gridate al fascismo, la meloni non ha nulla a che vedere con il fascismo: l'italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro e la sua costituzione antifascista scritta da partigiani valorosi difenderà le sue radici.
Gridate ad una destra becera, nostalgica e aristocratica che è un pericolo sufficiente, reale e a cui opporsi.
Come dice in queste settimane uno dei pochi giornalisti liberi di questo sventurato paese: ''avete creato e voluto la meloni, ora ciucciatevela''
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Mi è giunta voce che un noto liceo di Milano sarebbe stato occupato dagli studenti in segno di protesta: per il "pericolo fascista" insito nella vittoria del centrodestra alle elezioni.
Non volevo crederci, ma pare confermato.
Ora, premesso che sono tutt'altro che felice della vittoria del CDX, visto che una servitù atlantista di destra non mi entusiasma una virgola in più di una servitù atlantista di sinistra, la notizia di questa occupazione mi ha depresso.
Cioè, raga, fatemi capire.
Negli ultimi due anni avete assistito alla discriminazione dei vostri compagni di classe non inoculati e dei loro genitori.
Avete battuto i tacchi quando vi hanno detto di mettervi la museruola all'aperto.
Avete continuato a disfarvi di selfie mentre sbattevano fuori i vostri amici dalle palestre o dagli autobus.
Intanto c'era al governo un signore che nessuno aveva eletto e che governava a colpi di decreti.
Intanto al di sopra di lui governava un governo europeo che non è mai stato espressione del voto parlamentare.
Intanto al di sopra del governo europeo agivano i diktat perentori della superpotenza nucleare che dal 1945 ha le truppe sul nostro territorio.
Dulcis in fundo, avete assistito ad una spettacolare persecuzione di cittadini russi in quanto russi, musicisti, registi, sportivi esclusi da concorsi, mostre e tornei sulla base della loro nazionalità.
Ed ora, dopo che in qualcosa che almeno somiglia ad un processo democratico il vincitore non si attaglia alle pubblicità-progresso della TV, ora vi inalberate e gridate al "pericolo fascista"?
Ma sul serio?
Cioè, avete guardato un paio di trasmissioncelle preelettorali in cui si faceva il tiro al piccione alla Meloni, e invece di imbufalirvi magari perché dice oggi l'esatto opposto di quel che diceva due anni fa, mi inorridite perché potremmo sentire risuonare "Faccetta Nera" nelle strade? Perché lo squadrismo è alle porte?
Ma chi vi insegna storia? Fedez?
Ma dove la studiate? Su Tik Tok?
Ecco, mi lamentavo nei giorni scorsi dell'inerzia, della scarsa attivazione politica delle nuove generazioni.
Ma forse stavo commettendo un grossolano errore di valutazione.
Se questo è il livello, forse è meglio che continuiate a scambiarvi video e barrette di cereali eque e solidali.
Andrea Zhok
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Fascisti contro i lavoratori
![Tumblr media](https://64.media.tumblr.com/ab16dadd12734950c7fcb630392335cd/1f4052f57a5a7e29-db/s500x750/2bfeab1a512d76ddf6f780433036d3c7e863ce18.jpg)
Landini "offesa la costituzione, violentato il mondo del lavoro, risponderemo a questo assalto squadrista con la partecipazione"
E così da sabato sera il vecchio refrain del pericolo fascista è tornato alla ribalta, rispolverate le vecchie bandiere, i vecchi slogan ed una certa parte politica ha gonfiato il petto ed è pronta a tornare in piazza. Mi piace la parola fascista che ritorna sempre come lo spauracchio dell'uomo nero (si potrà ancora dire??) che serve per spaventare i bambini, basta poco, si scrive qua e la fascista, squadrismo ed il gioco è fatto, l'attenzione viene sviata sul pericolo democrativo vengono rispolverati ventennni bui e bla bla bla fiumi di parole per il godimento di alcuni. Che sciolgano pure forza nuova e simili, mentecatti che parlano di un periodo che non conoscono, ma dopo di che ????
Fra 3 giorni circa 3 milioni di lavoratori (il 13% del totale) dovrà decidere forzatamente se vaccinarsi, pagare di tasca propria il tampone ogni due/tre giorni o stare a casa sospeso senza stipendio, e l'attacco ai lavoratori lo fanno i fascisti??? Andiamo incontro ad un inverno e un 2022 tutt'altro che rosei, i prezzi delle materie prime sono alle stelle, gas, energia e petrolio sono ai massimi e non è detto che aumentino ancora, il che si ripercuoterà sul costo dei generi alimentari e di prima necessità andando ad impoverire ulteriormente le famiglie, ma tranqulli con un "bella ciao" risolveremo tutto.
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Mi è giunta voce che un noto liceo di Milano sarebbe stato occupato dagli studenti in segno di protesta: per il "pericolo fascista" insito nella vittoria del centrodestra alle elezioni.
Non volevo crederci, ma pare confermato.
Ora, premesso che sono tutt'altro che felice della vittoria del CDX, visto che una servitù atlantista di destra non mi entusiasma una virgola in più di una servitù atlantista di sinistra, la notizia di questa occupazione mi ha depresso.
Cioè, raga, fatemi capire.
Negli ultimi due anni avete assistito alla discriminazione dei vostri compagni di classe non inoculati e dei loro genitori.
Avete battuto i tacchi quando vi hanno detto di mettervi la museruola all'aperto.
Avete continuato a disfarvi di selfie mentre sbattevano fuori i vostri amici dalle palestre o dagli autobus.
Intanto c'era al governo un signore che nessuno aveva eletto e che governava a colpi di decreti.
Intanto al di sopra di lui governava un governo europeo che non è mai stato espressione del voto parlamentare.
Intanto al di sopra del governo europeo agivano i diktat perentori della superpotenza nucleare che dal 1945 ha le truppe sul nostro territorio.
Dulcis in fundo, avete assistito ad una spettacolare persecuzione di cittadini russi in quanto russi, musicisti, registi, sportivi esclusi da concorsi, mostre e tornei sulla base della loro nazionalità.
Ed ora, dopo che in qualcosa che almeno somiglia ad un processo democratico il vincitore non si attaglia alle pubblicità-progresso della TV, ora vi inalberate e gridate al "pericolo fascista"?
Ma sul serio?
Cioè, avete guardato un paio di trasmissioncelle preelettorali in cui si faceva il tiro al piccione alla Meloni, e invece di imbufalirvi magari perché dice oggi l'esatto opposto di quel che diceva due anni fa, mi inorridite perché potremmo sentire risuonare "Faccetta Nera" nelle strade? Perché lo squadrismo è alle porte?
Ma chi vi insegna storia? Fedez?
Ma dove la studiate? Su Tik Tok?
Ecco, mi lamentavo nei giorni scorsi dell'inerzia, della scarsa attivazione politica delle nuove generazioni.
Ma forse stavo commettendo un grossolano errore di valutazione.
Se questo è il livello, forse è meglio che continuiate a scambiarvi video e barrette di cereali eque e solidali.
[A.Zhock]
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P.P.P.
#Pier Paolo Pasolini#Pasolini#PPP#P.P.P.#violenza fascista#squadrismo#anni '70#Italia#storia d'Italia del XX secolo#Storia d'Italia#1975#poeti#intellettuali#intellettuali italiani#uccisione di Pasolini#massacro di Pasolini#Roma#Idroscalo di Ostia#Ostia
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“È sicuramente violenza e squadrismo, poi la matrice non la conosco.” Lo ha detto Giorgia Meloni sui fatti di ieri a Roma. Lo ha detto davvero. Senza imbarazzo. Senza vergogna. Cara - si fa per dire - Giorgia Meloni, esiste uno squadrismo e uno soltanto: quello fascista. Fascista è l’assalto a un sindacato, come nelle epoche buie. Fascista sono quelli che lo hanno guidato (e arrestati per quello). Fascista è l’organizzazione di cui fanno parte. Fascista è chi minaccia con la pala i giornalisti. Fascista sono le braccia tese. Fascista chi calpesta sistematicamente le istituzioni democratiche con la scusa di un Green Pass. E, infine, persino peggio dei fascisti (se possibile), sono tutti quelli che, come te, non hanno neppure la forza, il coraggio, la dignità di pronunciare questa parola, di dissociarsene, di combatterla. E, in questo, rappresentano il tratto genetico forse più emblematico e abietto del fascismo: la vigliaccheria. Che miseria. Lorenzo Tosa
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L’assalto alla sede della CGIL e il fascismo dei fascisti – Valigia Blu
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Tra qualche giorno l’assalto di sabato non sarà più un trending topic, perderà la viralità che adesso gli garantisce la giusta dose di indignazione, e chi lo ha riconosciuto per ciò che è, un assalto alla democrazia, tornerà a essere additato come uno psicotico che vede i fascisti ovunque. I propositi di sciogliere certi gruppi neofascisti cadranno nel vuoto, com’è sempre successo negli ultimi anni – non a caso lo sfratto di CasaPound non è ancora avvenuto. Tra poco più di un anno torneremo al voto, Meloni potrebbe persino diventare la prima donna alla presidenza del Consiglio, nonché la prima esponente di estrema destra a ricoprire quella carica. Qualcuno si chiederà: “Come siamo arrivati a questo punto?”. Questa domanda era ricorrente pure negli anni Venti. Le risposte saranno simili: adesso come allora, infatti, abbiamo una sinistra inconsistente e frammentata, e l’idea di una figura carismatica nel nostro Paese attecchisce in fretta. I neofascisti continuano a promettere ai propri elettori di voler difendere l’Italia. Da chi o da cosa, non è dato sapersi, visto che andrebbe difesa da loro stessi, al massimo. Noi dovremmo difenderci da chi calpesta la Costituzione antifascista e da chi attacca le istituzioni compiendo azioni tanto violente. Per questa gente non ci dovrebbe essere spazio in uno Stato democratico. “Mandiamoli a casa loro”. In galera, principalmente.
Altro che No Green-Pass, l’assalto vigliacco alla CGIL è puro squadrismo fascista e va fermato ora
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“Enrico Pedenovi esce di casa, come sempre, alle 7,45 del mattino. Abita in viale Lombardia 20, e ogni giorno sale sulla sua Fiat 128 bianca per andare in macchina fino allo studio di via Francesco Sforza 14
Mette in moto, si ferma al distributore per fare il pieno di benzina. non sa che i killer lo stanno seguendo e –conoscendo il suo itinerario abituale- hanno già deciso come e dove colpirlo. Rimette in moto e si ferma ancora una volta. Questa volta davanti all’edicola per ritirare la sua abituale mazzetta di quotidiani. Risale in macchina, si ferma a leggere le prime pagine proprio lì, sul sedile, perché gli piace arrivare in ufficio sapendo quello che è successo
Alle sue spalle adesso è apparsa una Simca 1000 verde bottiglia, con a bordo tre ragazzi. Appena Pedenovi chiude lo sportello, due di loro scendono dalla macchina e si affiancano ai due lati della 128, estraggono delle pistole, forse a tamburo perché non lasceranno colpi a terra. È un tiro incrociato senza scampo, da destra e da sinistra: il consigliere regionale missino viene letteralmente crivellato di colpi. I due componenti del commando salgono in macchina e percorrono duecento metri per allontanarsi in fretta dall’edicola e dai numerosi testimoni che per strada li hanno visti. Arrivati all’incrocio tra viale Lombardia e piazza Durante, abbandonano la Simca e si dividono, fuggendo a piedi. Non lasciano nessuna traccia, e, contrariamente alla prassi delle Brigate Rosse e di Prima linea, non rivendicheranno mai il loro delitto”
La squadra di Sesto
Così Luca Telese ricostruisce su Cuori neri l’omicidio Pedenovi. Una rappresaglia decisa a caldo, perché la sera del 27 aprile è stato ferito a coltellate Gaetano Amoroso, che si sta spegnendo in ospedale (morirà infatti il 30 aprile). A eseguire l’attentato tre militanti armati dei Comitati comunisti per il potere operaio, il gruppo più radicato e agguerrito dell’Autonomia organizzata: Enrico Galmozzi, Bruno Laronga, Giovanni Stefan, componenti della Squadra di Sesto San Giovanni, una realtà molto agguerrita e che ha una solida esperienza di azioni di avanguardia.
L’esplosione di Senza Tregua
Nato nel 1974-75 dall’aggregazione di quel che resta di Potere operaio dopo la scissione negriana, con un ruolo di protagonista di Oreste Scalzone e due gruppi di fuoriusciti di Lotta continua con una diffusa presenza nelle fabbriche milanesi e di Sesto San Giovanni, i Co. Co. P.O hanno presenze organizzate in quasi tutti i poli metropolitani. Ai forti nuclei organizzati a Milano e a Torino proprio nella primavera 1976 si aggiungono nuove realtà di intervento a Napoli e a Firenze,
Di lì a pochi mesi l’organizzazione perderà pezzi: in estate i militanti armati del centro Sud che non condividono l’esasperato fabbrichismo della rete organizzata settentrionale danno vita alle Unità comuniste combattenti, mentre la maggioranza della rete organizzativa espellerà, in quello che passerà alle cronache giudiziarie come il golpe dei “sergenti”, Oreste Scalzone e Piero del Giudice, che daranno vita ai Comitati comunisti rivoluzionari mentre quel che resta di “Senza tregua” si riorganizzerà dando vita a un’organizzazione armata strutturata, Prima Linea, costituita nel settembre 1976.
Il secondo omicidio politico
E’ da notare che quello di Enrico Pedenovi è il secondo agguato omicida compiuto dalla sinistra armata (a 4 anni dal commissario Calabresi) e precede di qualche settimana l’attentato di Genova in cui le Brigate rosse uccidono il procuratore Coco e la sua scorta: il duplice omicidio di Padova così come l’uccisione di alcuni esponenti delle forze dell’ordine non sono premeditati.
La narrazione dominante nel Movimento è che l’omicidio sia stata una forzatura dei militanti sestesi, una struttura con un forte peso politico, organizzativo e militare, contro un gruppo dirigente oscillante e poco determinato a innescare percorsi reali di costruzione dell’armamento operaio, ritenuta la questione centrale strategica.
La riflessione di Galmozzi
A questo proposito è interessante la testimonianza che sulla questione offre Enrico Galmozzi, che era tanto un leader politico dell’organizzazione quanto uno dei protagonisti del “passaggio alla critica delle armi”.
Il contesto immediato all’interno del quale si colloca l’omicidio di Enrico Pedenovi, ex appartenente alla X Mas, e ne fonda la natura di rappresaglia, è quello di costituire la risposta militante alla aggressione, ultima solo in ordine di tempo, che costerà la vita a un militante della sinistra extraparlamentare ucciso a coltellate da una squadraccia fascista uscita, particolare importante, da una sede dell’MSI.
Andrebbe ricordato che all’epoca era intensa l’attività squadristica dei fascisti e che addirittura esistevano zone france, vere e proprie basi nere, come San Babila, nelle quali si rischiava la vita anche solo a circolare con una sciarpa rossa al collo.
Da questo punto di vista la logica di rappresaglia è tutta interna ai concetti di contropotere e di autorità sociale che la forza operaia e proletaria deve saper esercitare liberando i territori dalle figure nemiche configurandosi come sorta di contro diritto. Anche qui si trattava di dare corpo e valenza pratica a un’altro slogan del movimento: “l’unica giustizia è quella proletaria.”
Da questo punto di vista la rappresaglia ha un significato immediato come potere di interdizione nei confronti delle aggressioni fasciste e uno simbolico: niente resterà impunito, i fascisti devono sapere che da adesso è questo il livello dello scontro e quello che dovranno aspettarsi ad ogni provocazione.
Nel passaggio dalle parole d’ordine alla loro traduzione pratica c’è, nei confronti del movimento, la sottolineatura dell’esigenza di passare dalle parole ai fatti: è su questo terreno che si misura la maturità del movimento, esattamente nella sua capacità di tradurre in pratica in maniera conseguente elementi di programma affermati collettivamente nelle lotte.
Qui c’è un evidente intento di chiamata alle armi come urgenza di colmare lo iato fra la truculenza verbale del movimento e la pratica conseguente: Un anno dopo, quando in risposta all’uccisione di Francesco Lorusso a Bologna, verrà colpito a Torino un sottufficiale della Digos, il volantino di rivendicazione affermerà: “Siamo stanchi di gridare e sentir gridare Pagherete caro pagherete tutto.”. Si tratta, insomma, di ribellarsi alla concezione secondo cui la rivoluzione deve essere un ideale, dalle parole terribili ma dai gesti gentili.
Ma non tutto si esaurisce in questo contesto immediato, a partire dal fatto che l’immediatezza della rappresaglia presuppone un livello di inchiesta precedentemente condotta sul bersaglio. Si può dire che l’omicidio di Gaetano Amoroso sia stata la classica goccia che fa traboccare il vaso ma che l’idea dell’innalzamento del livello di scontro sul terreno della risposta allo squadrismo fascista fosse matura da tempo. Ma come si colloca l’omicidio Pedenovi all’interno della storia di Senza tregua?
Innanzi tutto occorre introdurre la distinzione fra gli aspetti decisionali e strettamente operativi da quelli politici più generali. Sul piano politico l’ammissibilità di portare l’attacco ai fascisti sino alle estreme conseguenze era un dato acquisito non solo all’interno di Senza tregua o dell’area dell’autonomia più o meno organizzata ma persino in tutta l’area della sinistra extraparlamentare: “Morte al fascio” era urlato a piena gola da decine di migliaia di manifestanti in ogni occasione e all’indomani stesso un corteo di cinque-sei mila manifestanti sfila per le vie del centro di Milano inneggiando apertamente all’azione Pedenovi.
Da questo sentire comune i responsabili dell’azione traggono legittimazione per quella che ritengono essere la risposta a una domanda che proviene da larghi settori dell’area antifascista e in questo senso non ritengono affatto di compiere una forzatura che, se mai, attiene agli equilibri politici interni al gruppo. L’azione Pedenovi si configura oggettivamente come una forzatura all’interno di Senza tregua ma non corrisponde al vero che gli autori dell’azione la compiano intenzionalmente per fare precipitare la situazione e originare la crisi. Questo avviene oggettivamente ma non è legittimo affermare che l’azione Pedenovi è l’anticipazione del cosiddetto golpe dei sergenti: è sicuramente un fatto che viene buttato pesantemente sul piatto della battaglia politica, ma di una battaglia politica di cui, allo stato nessuna immagina e nemmeno prefigura gli esiti.
Certo esistevano implicazioni polemiche, non ultimo il fatto che in realtà nella prassi dell’organizzazione, come in quella dei movimenti, la lotta armata assumesse una forma simulata e che questo costituisse un freno oggettivo alla militarizzazione. Insomma, di lotta armata si faceva un gran parlare ma lo stato generale dell’organizzazione era completamente al di sotto dei compiti e del programma che venivano indicati a parole. Da questo punto di vista era evidente che il passaggio all’omicidio politico avrebbe segnato un punto di non ritorno costringendo l’organizzazione a confrontarsi, e attrezzarsi, con questo livello di scontro.
In realtà, è proprio perché questo non avviene, perché l’azione Pedenovi scivola via, nemmeno se ne parla o se ne discute, quasi a derubricarla come un colpo di testa di quelli di Sesto, che matura l’idea di avviare il processo che porterà a Prima Linea.
La tesi della forzatura intenzionale ai fini della spaccatura si è alimentata sulla base di deposizioni dibattimentali. Ma occorre dire che tutte le deposizione citate vanno, giustamente -siamo in aule di tribunali- nella direzione di non coinvolgere la totalità dell’organizzazione.
Ma qui bisogna tornare alla distinzione fra decisione operativa e dibattito politico. Non è che il dibattito sul terreno della necessità dell’innalzamento del livello del fuoco fosse confinato all’interno della Squadra di Sesto, se ne dibatteva in vari e vasti ambiti dell’organizzazione e c’era chi era d’accordo e chi no. Ben altro affare è invece la questione della decisione operativa rispetto alla quale, per altro, pesavano proprio le necessità di non coinvolgimento di tutta l’organizzazione. Stiamo parlando di uno stato organizzativo fluido, con scarsi livelli di compartimentazione e con strutture come i Comitati operai che, per il loro carattere aperto ragionevolmente non possono essere investiti e corresponsabilizzati in questo tipo di pratica. Senza tregua è una organizzazione completamente legale, in cui vivono momenti di associazionismo clandestino ma nella quale manca completamente una attrezzatura mentale, prima che organizzativa, che ottemperi a elementari misure di sicurezza,e qui stiamo parlando del secondo omicidio non casuale avvenuto in Italia da parte di militanti di sinistra.
A questo livello dicono il vero i pentiti quando dicono che nemmeno a chi fu commissionato il furto dell’auto poi usata per l’azione venne detto a cosa servisse. Ma, per dirla tutta, politicamente, a cose fatte nessuno mette in stato d’accusa chi ha compiuto l’azione e nemmeno vengono formulate critiche esplicite; anzi, per laverità sul numero del 17 giugno Senza tregua scriverà che “l’antifascismo militante, picchiando in testa il cane che affoga, rappresenta una prova della capacità del movimento rivoluzionario d costituirsi come forza di governo operaio su scala territoriale, come nuova autorità, nuova legalità proletaria e comunista” ma su cosa possa significare per lo stato presente e futuro dell’organizzazione si glissa, come se niente fosse. Invece qualcosa era avvenuto e per larga parte, assolutamente maggioritaria, effettivamente costituiva un punto di non ritorno: il passaggio dal carattere allusivo a quello apertamente svelato e dichiarato dell’uso delle armi.
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