#spazio cosmico
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we are thinking about movements in the great beyond
生賴範義, Noriyoshi Ohrai
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Questo o quello?
(mandami un numero)
1. Cani o gatti?
2. Dolce o salato?
3. iOS o android?
4. Fotografare o farsi fotografare?
5. Alcolico o analcolico?
6. Pizza o sushi?
7. Coca-Cola o Pepsi?
8. Frutta o verdura?
9. Patatine o popcorn?
10. Ciliegie o fragole?
11. Film o serie TV?
12. Rock o pop?
13. Pianoforte o violino?
14. Vacanze in Italia o vacanze all'estero?
15. Letto o divano?
16. Pallavolo o basket?
17. Europa o America?
18. Pari o dispari?
19. Amicizia o amore?
20. Papà o mamma?
21. Telecinesi o telepatia?
22. Saper volare o invisibilità?
23. Baciare o essere baciati?
24. Sesso o amore?
25. Nero o bianco?
26. Rosso o blu?
27. Tacchi o scarpe da ginnastica?
28. Estate o inverno?
29. Tè caldo o tè freddo?
30. Tè al limone o tè alla pesca?
31. Sole o luna?
32. Spazio cosmico o profondità marine?
33. Mori o biondi?
34. Occhi chiari o scuri?
35. Ricci o lisci?
36. Doccia o vasca?
37. Acqua liscia o gassata?
38. Automobile o moto?
39. Aereo o treno?
40. Mareno montagna?
41. Pulire casa o cucinare?
42. Appartamento o villetta?
43. Figli maschi o figlie femmine?
44. Aglio o cipolla?
45. Medicina o omeopatia?
46. Italiano o matematica?
47. Inglese o spagnolo?
48. Bellezza o simpatía?
49. Cuore o cervello?
50. Walt Disney o Pixar?
51. Jasmine o Belle?
52. Laura Pausini o Elisa?
53. Tiziano Ferro o Marco Mengoni?
54. Cinema o teatro?
55. Cuffiette o cuffione?
56. Gonne o pantaloni?
57. Cravatta o papillon?
58. Instagram o Tik Tok?
59. Vaniglia o cioccolato?
60. Birra o vino?
61. Baci o abbracci?
62. Barba o pizzetto?
63. Condizionatore o ventilatore?
64. Stufa o termosifone?
65. Eurospin o Carrefour?
66. Nord o sud?
67. Est o ovest?
68. Pesce o carne?
69. Caffè dolce o amaro?
70. Cono o coppetta?
71. Capelli tinti o naturali?
72. Slip o boxer?
73. Penna o matita?
74. Ballo o canto?
75. Scrivere o disegnare?
76. Neve o pioggia?
77. Affitto o mutuo?
78. Cina o Giappone?
79. Sashimi o Carpaccio?
80. Tiramisù o profiteroles?
81. Casual o elegante?
82. Ristorante o fast food?
83. Pasta corta o lunga?
84. Harry Potter o LOTR?
85. Hunger games o Divergent?
86. Francia o Spagna?
87. Contanti o bancomat?
88. McDonald's o burger King?
89. Scacchi o dama?
90. Videogiochi o giochi in scatola?
91. Sport singoli o di squadra?
92. Ketchup o maionese?
93. Soldi o amore?
94. Batman o Superman?
95. Iron man o Captain America?
96. Bicicletta o monopattino?
97. Ansia o paura?
98. Sabato o domenica?
99. Bridgerton o stranger things?
100. _____ o _____? (Scegli tu)
#frasi italiane#frasi sulla vita#citazione#citazioni#citazione vita#domande#questo o quello#compagnia#ask#gente nuova#mandami un numero#domanda#box domande#anon
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«Sul finire del Sedicesimo secolo la volta celeste si alzava, come la vediamo noi ancora oggi, non di venti metri come nel planetario, ma circa a non più di trenta chilometri sopra di noi, come un’inflessibile costruzione. Sopra questa fortezza celesta troneggiava il malefico Dio, la cui vista penetrava in tutti gli errori degli uomini, che puniva senza pietà con la guerra, la peste, gli incendi. La volta celeste, che sosteneva i palazzi e i giardini di Dio, cingeva come un guscio d’uovo la Terra liberamente sospesa nel vuoto. «A questo punto entrò in scena Giordano Bruno e ruppe il guscio dell’uovo cosmico aprendo lo sguardo meravigliato e felice dell’umanità sull’infinità dello spazio. Le stelle fisse non erano più i bottoni dorati inchiodati all’immobile parete celeste, ma divennero barche dorate che si muovevano liberamente nell’etere a grande distanza le une dalle altre. Tutta la magnificenza dei palazzi divini si era volatilizzata. Se fossi un grande artista come lei», disse lo zoologo volgendosi ora al pittore, «progetterei un affresco imponente che, come contraltare del Giudizio Universale di Michelangelo, raffiguri Giordano Bruno sul rogo. Ma le fiamme, che devono bruciarlo, salgono verso il cielo e incendiano la volta celeste come fosse una misera quinta teatrale. Si vedrebbero quindi la città di Dio con i suoi opulenti palazzi crollare, dissolvendosi nel fumo e nella cenere, e insieme ad essi cadrebbero vittime dell’eterna distruzione angeli e santi. In lontananza, le stelle dell’Orsa Maggiore, come sfere luminose, apparirebbero in segno di vittoria.»
Jakob von Uexküll, L'immortale spirito nella natura, traduzione dal tedesco di Nicola Zippel, Castelvecchi (collana I Timoni), 2014. [Libro elettronico]
[Edizione originale: Der unsterbliche Geist in der Natur, Christian Wegner Verlag, Hamburg; testo pubblicato in tre parti fra il 1938 ed il 1947]
#libri#letture#leggere#saggi#saggistica#Giordano Bruno#Jakob von Uexküll#scienza#scienze#conoscienza#biologia#libertà di pensiero#Nicola Zippel#astronomia#teologia#atei#libero pensiero#ateismo#etologia#ecologia#agnosticismo#libertà di parola#agnostici#umwelt#ambiente#percezione#filosofi#filosofia#fenomenologia#semiotica
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Disattenzione Ieri mi sono comportata male nel cosmo. Ho passato tutto il giorno senza fare domande, senza stupirmi di niente. Ho svolto attività quotidiane, come se ciò fosse tutto il dovuto. Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze, ma senza un pensiero che andasse più in là dell’uscire di casa e del tornarmene a casa. Il mondo avrebbe potuto essere preso per un mondo folle, e io l’ho preso solo per uso ordinario. Nessun come e perché - e da dove è saltato fuori uno così - e a che gli servono tanti dettagli in movimento. Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro (e qui un paragone che mi è mancato). Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti perfino nell’ambito ristretto d’un batter d’occhio. Su un tavolo più giovane da una mano d’un giorno più giovane il pane di ieri era tagliato diversamente. Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai, poiché dopotutto cadeva con gocce diverse. La terra girava intorno al proprio asse, ma già in uno spazio lasciato per sempre. E’ durato 24 ore buone. 1440 minuti di occasioni. 86.400 secondi in visione. Il savoir-vivre cosmico, benché taccia sul nostro conto, tuttavia esige qualcosa da noi: un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal e una partecipazione stupita a questo gioco con regole ignote.
Wislawa Szymborska
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6, 15, 32, 56, 88
sushi
letto
spazio cosmico
pantaloni
mc
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Secondo assioma dell'ontologia economica: "Ciò che non si può utilizzare non è"
Ciò che la natura contiene di realmente non redditizio, quelle parti cioè che il produttore non soltanto non può utilizzare, ma nemmeno distruggere, l'eccesso dell'universo, per esempio la Via Lattea, rappresentano per lui, seppure ne ammette l'esistenza, uno scandalo metafisico, un ammasso di materiali che nulla giustifica, installato senza motivo e, in certo qual modo, spiegabile solo con una cosmica incompetenza amministrativa. Probabilmente le moderne lamentazioni nichilistiche sull'"assurdità del mondo" esprimono anche - se non soltanto - il "Weltschmerz" dell'era industriale, un dolore cosmico che trae le sue radici appunto dal sospetto che, in ultima istanza, l'eccesso dell'universo sia inutilizzabile, non redditizio, superfluo, sprecato, senza scopo; e che non abbia manifestamente nulla di meglio da fare che andare vagabondando metafisicamente in quello spazio che gli è messo a disposizione per ragioni incomprensibili.
Günther Anders - l'uomo è antiquato
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"Disattenzione" ~ Wisława Szymborska
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle, e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché -
e da dove è saltato fuori uno così -
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell'ambito ristretto d’un batter d’occhio.
Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.
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Traduzione: Pietro Marchesani
Contenuta nella raccolta:
La gioia di scrivere. Tutte le poesie 1945-2009, Adelphi, 2009
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17/07/2024
-La scomparsa delle stelle.
Anni fa, fintantoché c'era meno dolore (dentro di me e nella mia famiglia), tutte le estati andavo in una grande casa in campagna: lontano da tutta la pesante litania cittadina. Andare in questa casa, riusciva sempre a farmi passare il terribile periodo estivo, nel quale ogni cosa sembra fermarsi, e benché la natura, torni a mostrare tutto il suo colore: in realtà tutto si ferma e muore (così questa stagione viene percepita dalla mia anima). In quel periodo, ciò che più mi faceva stare bene, era il lento arrivo della notte, quando la luna e le altre stelle, pian piano riempivano il firmamento, e solo due colori primeggiavano, contrapposizione di vita e di morte: il bianco delle stelle e il nero abissale dello spazio. Quel manto oscuro e luminoso allo stesso tempo, stringeva il mio animo, che sempre restava immobile, ad osservare tutto il firmamento. L'abisso del cosmo donava alla mia mente, un'attimo di pace dal dolore costante, che proveniva dalle mie profondità. E migliaia di pensieri affollavano, in forma di danza, la mia mente. E la solitudine, diminuiva lasciando il suo posto, ad una specie di calore, che proveniva dal mio animo. Perché avevo fin troppo bene compreso che, sotto il vasto cosmo, siamo tutti irrimediabilmente soli.
Da anni ormai non entro più, in quella grande casa di campagna: poiché neanche la notte e il cosmo potevano più destare conforto dentro di me. Ormai tutto è scomparso, e il mio animo non riesce più a vedere le stelle. Ormai il cielo notturno, è un'immenso abisso nera, che tutto divora ogni notte. Non ci sono più i lontani astri, a donare la vita all'intero abisso cosmico. Ormai per il mio cuore, la notte è uguale alla morte. E proprio come la notte più oscura, anche la mia vita, si è trasformata in morte...
#diario personale#malinconia#sentimenti#solitudine#tristezza#dolore#paura#amore perduto#notte#stelle#morte
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Sei la persona che è stata ufficialmente designata per scrivere il "MESSAGGIO nella bottiglia", non quello classico del naufrago sull'isola deserta, bensì quello concepito dall'essere umano e diretto agli altri abitanti del sistema solare.
Devi spiegare cos'è la Terra e com'è l'uomo, ciò che veramente noi siamo, perché dovrebbero venire a trovarci o non piuttosto evitarci come la peste.
Un discorso fiume, o anche poche, significative parole. Come ritieni più opportuno. Grazie a nome del pianeta.
Benritrovato, Viaggiatore.
Tu non conservi memoria di me e nemmeno io di te ma entrambi veniamo da un luogo distante nello spazio e nel tempo, dove lo spazio e il tempo, allora, non avevano significato.
Ci siamo mossi lungo un palcoscenico di desiderio di conoscenza e di connessione, calpestato da individui che oggi non sono più e su cui noi lasceremo spazio a coloro che non sono ancora.
Chissà se il ciclo delle stagioni del tuo pianeta vi restituisca la metafora della nascita, della crescita e della dissoluzione o se luce e tenebra vi risveglino nel cuore le stesse gioie e gli stessi timori di noi abitanti del pianeta Terra.
Cosa posso dirti di questo nostro pallido puntino blu perso nell'avvolgente buio cosmico?
Su di esso, per un breve respiro dell'universo, sono state racchiuse tutte le speranze di ogni madre e di ogni padre che hanno osservato i piccoli passi tremanti dei loro figli, tutti gli amori appassionati e le guerre sanguinose in nome di un dio o di un ideale oramai dimenticati.
Se tu sommassi la voce urlata di ogni proclama, di ogni grido di battaglia, dichiarazione di fedeltà, movimento di odio, giubilo o pianto, essi verrebbero inghiottiti dal nulla che separa il nostro e il tuo tutto.
Eppure noi siamo la somma millenaria di morte e rinascita, sempre pronti a conoscere e connetterci, non appena la paura dell'ignoto viene dissolta.
Stai forse tentando di analizzare la fiala di liquido trasparente che era nella capsula di stasi insieme a questo messaggio?
Ti risparmio la fatica. È acqua.
Quello è stato l'inizio di noi esseri umani e in essa ci siamo mossi e siamo cresciuti finché non l'abbiamo abbandonata, ma mai del tutto.
Quell'acqua racchiude la memoria della siccità, la paura della tempesta, l'ardore di chi l'ha solcata e la tristezza di chi ha visto il proprio sangue diluirvisi. Ma racchiude anche la gioia del primo raccolto, il fresco di una baia sicura e la pioggia lasciata fuori.
Tu stai tenendo in mano il cuore pulsante di tutta la razza umana.
Non analizzarla... non servirebbe a conoscerci.
Ma vieni, o Viaggiatore, e scopri coi tuoi occhi come su questo pallido puntino blu la nostra capacità di distruggere è forse grande e rumorosa ma mai potente come il nostro desiderio di creare, conoscere e condividere.
Ti aspettiamo.
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“Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l’esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra non ci sia nulla, si combinano assieme all’infinito come le venti lettere di un alfabeto cosmico per raccontare l’immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi, dei campi di grano, dei sorrisi dei ragazzi alle feste, e del cielo nero e stellato la notte.” Carlo Rovelli art by Rheinlandhammer ********************* “A handful of elementary particle types, constantly vibrating and fluctuating between existing and non-existing, teeming in space even when there seems to be nothing, endlessly combining together like the twenty letters of a cosmic alphabet to tell the immense story of galaxies, countless stars, cosmic rays, sunlight, mountains, woods, wheat fields, the smiles of boys at parties, and the black and starry sky at night. Carlo Rovelli art by Rheinlandhammer
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Disattenzione (Wislawa Szymborska)
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare
domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo
l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle,
e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché -
e da dove è saltato fuori uno così -
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in
superficie nel muro
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell’ambito ristretto d’un batter
d’occhio.
Su un tavolo più giovane da una mano d’un
giorno più giovane
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia
era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
E’ durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote
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30 e 32 😌
30. Tè limone o tè alla pesca?
Bevo entrambi, dipende dalla marca. Ma oggi mi sento limone
32. Spazio cosmico o profondità marine?
Anche qui, ahimè, li amo entrambi. Ti dico spazio cosmico, ne so di più e passo intere notti a guardare le stelle
Grazie per le domande
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C'è un enorme spazio cosmico lá fuori e ci sono delle anime connesse tra loro
Che cosa ti dice l'istinto??
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Lunedì Onirico
Artisia e l’Imperatrice Ann
Parte II
“La figlia di Nathan Ever si chiama Ann, viene rapita dai droidi, le uccidono la madre davanti gli occhi, per vendetta nei confronti del padre.
I droidi le impiantano parti meccaniche, facendola diventare una di loro.
In quel momento nasce Artisia.
Le parti meccaniche la rendono spietata, feroce.
Nella mente di Artisia però, risuona una voce; la voce della coscienza la tormenta.
Non è più sicura di far parte di quel mondo, di essere un’assassina; aveva memorie lontane, di una madre, di un padre e dell’amore, dell’affetto.
Un giorno sceglie di strappare dalla sua carne le parti meccaniche, per essere libera.
Così facendo invece, libera la sua parte malvagia, che diventa signora di un universo parallelo: l’Imperatrice Ann, spietata quanto la vecchia Artisia, decisa a conquistare tutto.
In pratica Artisia si rende conto della cazzata che ha fatto e inizia un lungo inseguimento alla volta dell’Imperatrice, che lascia dietro di sé una scia di morti e sangue, di pianeta in pianeta.
Le due arrivano a scontrarsi: è qui, in questa scena che mi sono innamorata della storia, dei due personaggi.
Artisia e Ann si affrontano nel limbo del tempo e dello spazio.
Non so perché, mi ricorda i Cavalieri dello Zodiaco, quando Andromeda lancia le sue catene..
Artisia e Ann che si scontrano nel limbo del tempo e dello spazio.
Una vasca colma di liquido incorporeo, immersa nel nulla cosmico.
Ann viene sconfitta e, in ginocchio, chiede ad Artisia di finirla, riconoscendole la vittoria.
Artisia però non la uccide: la abbraccia e la ingloba nuovamente a sé.
Perché Ann è una parte di lei.
Non puoi uccidere il male che hai dentro; non puoi uccidere i tuoi demoni e la rabbia feroce.
Non puoi controllarli se non li conosci e non li affronti.
Puoi combatterci contro ma, alla fine, li devi abbracciare e portare con te.”
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Disattenzione
Ieri mi sono comportata male nel cosmo.
Ho passato tutto il giorno senza fare domande,
senza stupirmi di niente.
Ho svolto attività quotidiane,
come se ciò fosse tutto il dovuto.
Inspirazione, espirazione, un passo dopo l’altro, incombenze,
ma senza un pensiero che andasse più in là
dell’uscire di casa e del tornarmene a casa.
Il mondo avrebbe potuto essere preso per
un mondo folle, e io l’ho preso solo per uso ordinario.
Nessun come e perché -
e da dove è saltato fuori uno così -
e a che gli servono tanti dettagli in movimento.
Ero come un chiodo piantato troppo in superficie nel muro
oppure
(e qui un paragone che mi è mancato).
Uno dopo l’altro avvenivano cambiamenti
perfino nell'ambito ristretto d’un batter d’occhio.
Su un tavolo più giovane, da una mano d’un giorno più giovane,
il pane di ieri era tagliato diversamente.
Le nuvole erano come non mai e la pioggia era come non mai,
poiché dopotutto cadeva con gocce diverse.
La Terra girava intorno al proprio asse,
ma già in uno spazio lasciato per sempre.
È durato 24 ore buone.
1440 minuti di occasioni.
86.400 secondi in visione.
Il savoir-vivre cosmico,
benché taccia sul nostro conto,
tuttavia esige qualcosa da noi:
un po’ di attenzione, qualche frase di Pascal
e una partecipazione stupita a questo gioco
con regole ignote.
Wisława Szymborska, Tr. Pietro Marchesani, La gioia di scrivere. Tutte le poesie 1945-2009, Adelphi, 2009
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Oh my skinny love, please do not disappear -Gojo Satoru
«Suguru»
Gojo lo richiamò con un filo di voce, sorpreso di vederlo lì nella sala comune. Era da giorni che non riuscivano a trovarsi fra una missione e l’altra, distanti in due diverse città ad esorcizzare maledizioni da soli, esausti crollavano ad orari improponibili ed incompatibili... Anche se spossato e sporco di un misto disgustoso di polvere, sangue e residui maledetti, fu felice di scorgerlo comodamente seduto sul divano. Non si voltò nella sua direzione, perso nei propri pensieri non lo aveva nemmeno udito, invece rimase rivolto verso la parete vuota adiacente alla grande finestra socchiusa dalla quale proveniva l’umido fiato della pioggia. Aveva gli occhi stanchi, le occhiaie sempre più scure iniziavano a competere con quelle perennemente violacee di Shoko, e mogio lasciava bruciare la sigaretta stretta fra le labbra. Pensò che fosse ritornato anche lui da poco. La maglietta scura che indossava ricadeva morbida sul suo busto come se all’interno non vi fosse nulla. Aveva sempre deriso la sua predilezione per gli abiti larghi, diffidando parecchio di tutta quella comodità che lui invece garantiva di trovarvi. Però non poté fare altro che notare che anche i pantaloni grigi di tuta incominciavano ad apparire vacanti.
«Tutto okay, Suguru? Mi sembri deperito…»
Gli aveva chiesto qualche pomeriggio fa, quando era riuscito a beccare sia il corvino che la mora ed orgoglioso aveva mostrato loro la sua nuova capacità di manipolare lo spazio infinito.
«Sono solo un po’ stanco, è colpa del caldo…»
Si era giustificato facendo morire lì la discussione. Gojo aveva cercato negli occhi di Shoko un appoggio, aveva pensato che potesse aiutarlo ad insistere sull’argomento ma non era stato così. Lei non aveva detto niente. Forse per non mettere in imbarazzo Geto, forse perché aveva già provato e si era data alla rassegnazione… qualsiasi fosse stata la ragione, l'aveva turbato. Sentiva un doloroso magone spezzargli il fiato come un pugno allo sterno ogni volta che ci ripensava, ogni volta che ci riprovava, ogni volta che lo scorgeva assottigliarsi sempre di più all’interno dei propri vestiti e detestava con tutto se stesso l’incapacità di poter fare qualcosa, la qualsiasi cosa. Aveva paura. Il corvino incominciava ad imbrunire come i folti alberi d’estate a ridosso dell’autunno. Aveva paura di vederlo ancora per un istante e poi sparire. Una rinsecchita radice nera tumulata dalla neve gelida. Pallida era la pelle delle sue braccia, delle sue clavicole, del suo collo e non era la bella tonalità avorio che risaltava grazie ai suoi capelli corvini. Era malaticcia. Gli ricordava la nausea che susseguiva ogni sua consumazione maledetta. Ed ora era una costante, non era più un momento o una sera di quell’inferno... no, era un giorno appresso all’altro, quotidiana come se fosse stata normale.
«Suguru...?»
Questa volta Gojo ebbe la certezza di essere stato riconosciuto. Lo vide schiudere le palpebre come se si fosse appena risvegliato, scoprire le iridi ossidiana vitree. Diede colpa alla scarsa luminosità della stanza, non volle fantasticare sull’assenza di vivacità in quegli occhi che aveva sempre considerato il vuoto cosmico. L’albino percepì una fitta laddove era stato trafitto un anno addietro, laddove la pelle nuova si era cicatrizzata con obbrobrio a quella quella vecchia sotto la camicia chiara della divisa, quando quegli occhi si fissarono su di lui. Da amorevole vuoto cosmico a terrificante buco nero. E sentì la cicatrice ardere dolorosamente per il finto sorriso che il corvino aveva sforzato per lui. Trattenne il fiato, incapace di agire in qualunque modo. Geto sollevò lentamente il braccio sinistro e prese la sigaretta quasi finita dalle labbra, espirò grigiastro intanto che si sollevava appena e, incrociando le gambe, spense la cicca nel posacenere lasciato sul tavolinetto poco lontano dal divano. Gojo si mosse d’istinto non appena quello cercò di alzarsi in piedi. Repentino camminò all’interno della sala raggiungendo la finestra e l’aprì cosciente delle sue intenzioni. L’aria fredda lo fece rabbrividire e l’odore di pioggia gli impregnò le narici mescolandosi a quello della nicotina. Quando si voltò, tirò un sospiro di sollievo: Geto non si era mosso dal suo posto, l’aveva guardato in silenzio, paziente. La sua espressione era illeggibile, l’albino faticava a comprendere se fosse o meno felice quanto lui di vederlo. Cacciò via il dubbio e si gli avvicinò mentre con le braccia attorno a se stesso provava a sgelare l’umidità che lo aveva colpito. Non disse nulla. Non dissero nulla. Il corvino schiuse le labbra ma non emise alcun suono. Gojo sbottonò la giacca scura della divisa e la abbandonò a terra, si tolse le scarpe e senza pensarci due volte si buttò addosso a lui. Anche se colto di sorpresa, Geto lo accolse immediatamente fra le proprie braccia e lui nascose il proprio sorriso contro la sua maglia scura. La gentile curva delle labbra tremò appena quando abbracciando il suo busto potè scoprire quanto questo avesse perso di massa. Gli era fragile al tocco e si pentì di essergli saltato addosso in quel modo, temette di avergli fatto del male e il senso di colpa gli strinse un nodo alla gola perché sentiva la stessa premura da parte di Geto nei suoi confronti. Il corvino con solenne riverenza gli accarezzava la schiena, su e giù lungo la colonna vertebrale e poi la nuca, giocava con le ciocche argentee pettinandole con attenzione per non tirare alcun nodo.
«Come mai tutto questo affetto?»
La domanda risuonò inappropriata, contraddittoria ai suoi gesti e le guance di Gojo arrossirono.
«Ho sonno, non è colpa mia se tu eri in mezzo alla strada fra il divano e me»
Brontolò nascondendosi meglio nell’incavo del suo collo, non volendo assolutamente farsi vedere imbarazzato. E se era bastato poco per tingergli le guance di porpora, il suono della risata del corvino lo mandò su di giri fino a fargli girare la testa: abbracciati in quella maniera condividevano i battiti ed i respiri, due corpi parevano uno solo, due anime si intrecciavano fra loro fino a divenire inseparabili, indistinguibili, una cosa sola.
«Dovresti resistere il sonno ancora un po’ e andare a farti una doccia, Satoru»
Il consiglio lo fece incollerire. Sollevò il capo quanto bastava per lanciargli un’occhiata truce e fu difficile combattere l’affetto che, nonostante l’assenza di luce, il corvino trasmetteva tramite lo sguardo.
«No, lasciami dormire»
Si rifiutò e ritornò comodo contro il suo petto.
«D’accordo»
Mormorò piano contro la sua fronte arrendendosi, intanto che lo stringeva forte a sé per paura di vederlo ancora andare via e lasciarlo nuovamente da solo.
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