Tumgik
#solo alberi di natale a caso
ross-nekochan · 10 months
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È ufficialmente iniziato il mese più triste dell'anno per vivere in Asia:
Niente panettone
Niente pandoro
Niente torrone
Niente mostaccioli
Niente roccocò
Niente struffoli
Niente di niente.
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libero-de-mente · 10 months
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𝗗𝗶𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗔𝘃𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼
𝟱 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟯
Caro diario,
questa mattina la giornata si è aperta sotto grandi auspici.
Mentre mi avviavo per un vicolo deserto per raggiungere il centro cittadino, avevo un appuntamento di lavoro per me importante, ecco che noto per terra una banconota da cinquanta euro.
Cinquanta euro. Il mio primo pensiero è stato quello de "sarà sicuramente un facsimile, una di quelle banconote false che dietro riportano una pubblicità di un possibile sconto e bla, bla, bla"
Mentre il "bla, bla, bla" riecheggiava nella mia mente mi chino con molta goffaggine a raccogliere la valuta cartacea.
Si goffamente, perché io di avere la fortuna nel trovare banconote per terra non sono abituato. Mica sono Gastone Paperone cugino del più sfortunato Paperino.
Dopo averla raccolta, avendola controllata bene, mi accorgo che quella è una banconota autentica. La piega che portava mi ha fatto comprendere che era stata tenuta in un portafoglio o in una tasca.
Mi guardo attorno con aria di colpevolezza, come a voler trovare a tutti i costi il proprietario di quella banconota. Nessuno.
Alzo la testa per vedere se qualcuno, da qualche finestra, abbia visto la scena; pronto a scusarmi con un "l'ho trovata per terra, mica l'ho rubata". Nessuno.
Quella banconota mi spetta quindi di diritto, un po' come a dire "chi la trova se la tiene". Cose da asilo Mariuccia per intenderci.
Ripongo la banconota in tasca e mi avvio al luogo dell'appuntamento. Mentre cammino ripenso alla mia fortuna con il denaro. A parte qualche monetina, spiccioli in lire o centesimi, l'unica volta che trovai una consistente cifra di denaro fu... all'interno di un corposo portafoglio.
Quindici marzo millenovecentottantanove, al ritorno da San Siro dopo una partita di Coppa Campioni, così si chiamava l'attuale Champion League, passeggero in auto di un amico ci fermammo al casello autostradale di Milano per rientrare a casa. Notai qualcosa per terra dal lato passeggero e senza pensarci, mentre il conducente prelevava il biglietto, aprii la portiera e acciuffai al volo il malloppo.
C'era dentro tutto, oltre a circa ottocento marchi tedeschi, i documenti che davano un nome e un cognome al proprietario. Anche la foto del suo gatto.
Per restituire il tutto, denaro compreso, dovetti fare dei salti mortali. Neanche i Carabinieri, a cui mi ero rivolto, mi assicuravano che il denaro sarebbe arrivato a destinazione. Così rintracciai il proprietario da solo, farmi dare le sue coordinate bancarie e dopo aver versato la valuta sul mio conto fargli un bonifico. Il tutto stando attento al cambio valuta. Non volevo che gli mancassero dei soldi.
I documenti, foto del gatto compresa, glieli feci arrivare tramite un pacco assicurato con una società di spedizioni.
Tutta qui la mia fortuna.
Nel tardo pomeriggio, rientrato a casa, trovo figlio numero due sull'orlo della disperazione.
Gli chiedo cos'è successo, con gli occhi arrossati e tanta rabbia mi racconta che aveva messo da parte del denaro per comprare il regalo di Natale alla sua Rebecca. Ma una volta arrivato in negozio gli mancavano dei soldi, aveva perso cinquanta euro. Non sapeva né come né dove. Ha lavorato alcune sere per metterli da parte.
Lo rassicuro, può capitare un attimo di distrazione, e guarda caso fuori dal nostro cancello di casa ho trovato una banconota da cinquanta euro tra le foglie secche degli alberi. Mimetizzata. Ma che l'occhio vigile del papà l'ha notata. Recuperandogliela.
Mi guarda incredulo, ma ancora più incredulo è il suo sguardo quando dalla mia tasca estraggo la banconota. Lui sa che io non giro quasi mai con del denaro in tasca. Tra App per i parcheggi e i pedaggi, oltre alle carte per gli acquisti, ho sempre le tasche vuote.
Mi abbraccia, tira un sospiro di sollievo, rimette la banconota con le altre del "budget Rebecca" e mi promette che starà più attento. Così domani andrà di corsa in negozio a comprarle il regalo, prima che finisca.
Questa mattina era iniziata sotto un buon auspicio, questa sera è finita con un'aspettativa più grande. Quella di aver donato la serenità a mio figlio. Non avrei potuto utilizzare meglio quel denaro.
A fine giornata dunque non mi sono ritrovato "più ricco", ma "molto più felice". Perché convinto che chi ama si preoccupa di dare e non di ricevere.
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cinquecolonnemagazine · 6 months
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Albero di Pasqua: idee per un tocco di primavera nelle nostre case
L'albero di Pasqua è una delle idee giuste per dare quel tocco in più alle nostre case in questi giorni. La luce e i colori della primavera insieme ai simboli della festa sono la combinazione adatta per vivacizzare gli ambienti in cui viviamo. Da realizzare in pendant con l'arredamento o in uno stile vicino ai più piccini, ecco alcuni suggerimenti per realizzare l'albero di Pasqua adatto a voi. Non solo l'albero di Natale Prima, però, facciamo un passo indietro e vediamo dove e quando nasce la tradizione di addobbare le case con l'albero di Pasqua. Fratello minore del più famoso albero di Natale, l'albero di Pasqua nasce dalla tradizione molto in voga nei Paesi del Nord e Centro Europa di decorare alberi e cespugli con fiori e uova per celebrare l'arrivo della primavera. La cristianità, poi, ha trasformato questo rito pagano inondandolo con i suoi significati. Ecco che le uova con cui decoriamo l'albero, da simbolo di rinascita, diventano rappresentazione della resurrezione di Cristo. L'usanza si è ben presto diffusa in tutto il mondo e anche da noi in Italia sta diventando una piacevole occasione per vivacizzare gli ambienti casalinghi. Secondo la tradizione, l'albero di Pasqua si realizza subito dopo il mercoledì delle ceneri per fare compagnia durante tutto il periodo della Quaresima. Idee per l'albero di Pasqua nelle nostre case La base dell'albero di Pasqua è costituita da rami di alberi come ciliegio, pesco, betulla, albicocco o melo. La presenza di gemme sui rami darà al tutto un aspetto più realistico. In alternativa si possono utilizzare anche rami finti, magari con piccoli fiori. Come tutte le decorazioni, anche l'albero di Pasqua dovrà adattarsi allo stile generale della casa: - In ambienti dallo stile classico sarà azzeccatissimo un albero realizzato con rami veri sistemati in un vaso di terracotta e addobbati con piccoli ovetti colorati e sagome di coniglietti. - Uno stile moderno, invece, richiama un albero realizzato anche con rami anche finti da sistemare in un vaso di vetro. Se non vi piace che si vedano i rami adagiati nel vaso potete nasconderli con della sabbia colorata. A quel punto potete procedere con le decorazioni. Una valida alternativa può essere tinteggiare di bianco i rami di bianco: in questo modo, i colori delle decorazioni risalteranno maggiormente. - Se avete un giardino scegliete un albero o un cespuglio e decoratelo con uova colorate di una misura più grande: l'impatto visivo sarà garantito. Coinvolgere i più piccoli Proprio come il Natale, anche la Pasqua può essere un'occasione per ritagliarsi del tempo di qualità con i propri figli. Possiamo coinvolgere i nostri piccoli nella realizzazione dell'albero sia in casa che all'aperto oppure realizzarne uno diverso da esporre nella loro cameretta. L'opzione più gettonata, nel secondo caso, è un albero realizzato con del panno lenci e un'anima di ferro che lo aiuti a tenersi in piedi. Insieme ai piccini si possono ritagliare le sagome di uova e di coniglietti e decorarle per renderle più realistiche e vivaci. Armatevi di forbici e colla e il gioco sarà fatto. In copertina foto di scartmyart da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 10 months
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Il Natale 2023 a Vicenza, una città tra luce, arte, musica e socialità
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Il Natale 2023 a Vicenza, una città tra luce, arte, musica e socialità Luminarie e spettacoli luminosi, pista del ghiaccio coperta, mercatini, capolavori in Basilica palladiana, Capodanno in viale Roma ed eventi nei quartieri Stelle, cascate di luci e spettacoli luminosi, un grande abete in piazza dei Signori e alberi decorati nelle piazze, una pista di ghiaccio coperta e percorribile anche da persone con disabilità motoria, il Capodanno per la prima volta in viale Roma. E in Basilica palladiana uno dei più suggestivi capolavori di Caravaggio in dialogo con altre due importanti opere d'arte. Queste le principali iniziative per il Natale 2023 a Vicenza, tra tradizione e novità, che saranno arricchite da numerosi appuntamenti a cui verrà dato il via ufficiale venerdì 1 dicembre alle 17 in piazza dei Signori in occasione della cerimonia di accensione delle luminarie accompagnata dal concerto di un'ottantina di alunni delle scuole primarie di secondo grado ad indirizzo musicale Calderari, Bortolan e Trissino. Ad annunciare il programma - a cura del Comune di Vicenza con le associazioni del territorio e con Confcommercio Vicenza e con il sostegno di Agsm-Aim, Banca del Veneto Centrale, Ceccato automobili, City Green Light, Zeta farmaceutici group, Asa studio Albanese, Bellieni immobiliare - c'erano oggi in sala Stucchi a Palazzo Trissino, l'assessore allo sport e ai grandi eventi Leone Zilio, l'assessora allo sviluppo economico e al territorio Cristina Balbi e il presidente di Confcommercio Vicenza, Nicola Piccolo. «Con l'arrivo del Natale riproponiamo gli allestiementi luminosi nelle vie e nelle piazze possibili grazie all'intervento degli sponsor, che generosamente ci sostengono perchè Vicenza anche quest'anno possa avere una Natale festoso, e dei commercianti i cui contributi vanno ad integrare l'investimento del Comune - ha spiegato l'assessore allo sport e ai grandi eventi Leone Zilio -. Inoltre con l'intervento di City Green Light riusciamo a raddoppiare i punti luce negli attraversamenti delle periferie. Proporremo, poi, proiezioni di luci in piazza San Lorenzo e piazza Matteotti. In piazza dei Signori arriverà un albero vero da 10 metri mentre nelle piazze principali del centro ci saranno 5 alberi da 5 metri, sempre veri. Infine il Natale sarà ricco di appuntamenti solidali» «Vogliamo che a Natale il centro storico attragga tante persone per questo abbiamo proposto attività diverse che possano andare incontro a gusti differenti - ha commentato l'assessora allo sviluppo economico e al territorio Cristina Balbi -. La caratteristica di quest'anno è la presenza di mercatini diffusi su numerose zone del centro storico. Dall'1 dicembre infatti saranno allestite le casette di legno che saranno stabili fino al 26 dicembre e che verranno collocate in corso Palladio, come da tradizione, fino a piazza Matteotti, una delle porte d'acceso alla città, un gioiello vero che vogliamo valorizzare. Nei fine settimana abbiamo programmato altri mercatini organizzati dalle associazioni del territorio in varie zone della città tra cui anche in corte dei Bissari, nel retro della Basilica palladiana, per portare le persone a vivere questo suggestivo spazio. La pista di ghiaccio è in fase di allestimento in viale Roma e potrà essere utilizzata in caso di maltempo perchè coperta. Inoltre potrà essere praticata anche dalle persone con disabilità motoria grazie ad un particolare supporto disponibile gratuitamente» «Il periodo delle feste di Natale genera interesse e aspettative per tutta la città, e non solo ovviamente, da un punto di vista commerciale. La nostra collaborazione con il Comune di Vicenza- ha detto il presidente di Confcommercio Vicenza, Nicola Piccolo -. quest'anno ha già preso forma nel progetto "... Aspettando il Natale al museo", un'iniziativa che dà il via, sabato 2 dicembre, a una serie di laboratori tematici dedicati ai bambini della scuola primaria, nei musei cittadini, e che continuerà ogni sabato pomeriggio fino a Natale. L'affiancamento con l'Amministrazione si concretizzerà anche nella posa delle luminarie in centro storico e nelle vie della città e in altre iniziative pensate per questo Natale. La volontà comune è di realizzare un programma in grado di coinvolgere tutta la città, in un "gioco di squadra" che vede pubblico e privato collaborare anche sul fronte delle risorse economiche: il ritorno, dopo alcuni anni, del contributo volontario proveniente dalle attività economiche ha questa ragione e permetterà, tra l'altro, di garantire la qualità delle luminarie e delle iniziative anche a fronte di un aumento dei costi. L'obiettivo è rendere la città ancora più bella e attrattiva, invitando le persone a passeggiare nelle vie e nelle piazze illuminate a festa, facilitando lo shopping nei negozi fisici e a gustarsi la città dai tavolini dei bar e ristoranti. Importante è anche il ritorno in città della Festa di Capodanno, un evento che richiama sempre molta gente e permette a tutti di accogliere in allegria il nuovo anno. In un periodo certo non facile come quello che stiamo vivendo, frequentare la città deve essere un modo per ritrovare serenità e voglia di stare assieme ed è questo che ci auguriamo di realizzare». Un fitto calendario di mercatini con attività di intrattenimento vivacizzerà tutti i fine settimana delle festività natalizie fino al 7 gennaio, in centro storico. Vengono riproposte le tradizionali casette di legno del "Villaggio di Natale" in piazza Biade, corso Palladio e per la prima volta in piazza Matteotti dall'1 al 26 dicembre con musica e spettacoli per grandi e bambini a cura di Studioventisette. E poi per tre weekend "La magia del Natale" in piazza Duomo dell'associazione il Tritone con gli zampognari e la sfilata dei bovari del bernese. "Il Villaggio di Natale di Coldiretti" porta in città le tradizioni del territorio per tre fine settimana in piazza San Lorenzo con un programma di attività tra cui i laboratori di cucina creativa per bambini con Il Mondo di Bu e poi spazio alla creatività, a spettacoli e concerti. Infine per due fine settimana Handmerry Christmas dell'associazione culturale Pandora sarà in corte dei Bissari e piazza dei Signori con prodotti artigianali e con intrattenimento. Le festività si concluderanno con i tre giorni della fiera dell'Epifania in viale Roma e piazza Castello a cura di Non ho l'età che proporrà per due giorni anche Unico - Il mercato del fatto a mano e il Mercato dell'antiquariato. La Loggia del Capitaniato ospiterà due eventi solidali. Torna con la seconda edizione Merry Illustri dell'Associazione Illustri! che proporrà le illustrazioni degli artisti a scopo benefico. Successivamente Fondazione Città della Speranza cede opere d'arte ricevute in donazione per il sostegno della ricerca pediatrica. Centro storico e quartieri saranno animati proposte per grandi e bambini, musica, spettacoli, mostre, iniziative culturali e momenti di socialità. Tutte le iniziative sono raccolte in un opuscolo, che sarà pronto nei prossimi giorni, e che verrà stampato e distribuito nelle sedi delle ex circoscrizioni, e nelle sedi comunali. Tutti gli eventi si possono anche consultare nel calendario eventi del sito del Comune di Vicenza al link e suddivisi per sezioni tematiche al link. La pista di ghiaccio nell'esedra di Campo Marzo quest'anno è coperta e verrà inaugurata sabato 25 novembre alle 16. Per la prima volta potrà essere percorribile anche da persone con disabilità motorie che potranno usufruire gratuitamente di uno speciale supporto certificato da applicare alla sedia a rotelle e che sarà disponibile da lunedì 27 dicembre. Ci saranno letture animate nelle sedi della Biblioteca Bertoliana, il tradizionale itinerario tra i presepi nelle chiese e in luoghi suggestivi in centro e nei quartieri, appuntamenti musicali nelle chiese, nei teatri, spettacoli teatrali, visite guidate del Vicenzatour dedicate al Natale e itinerari nei musei del circuito cittadino. Con "...aspettando il Natale al museo" Comune e Confcommercio intratterranno i bambini il sabato pomeriggio in dicembre con storie, laboratori creativi e spettacoli teatrali. Sono piante vere l'albero in piazza dei Signori e i cinque alberi nelle piazze. Il primo è alto 10 metri e verrà allestito venerdì 24 novembre. I cinque alberi, alti 5 metri circa, verranno posizionati oggi pomeriggio, in piazza Matteotti, Castello, Biade, San Lorenzo, e in contra' Garibaldi. Verranno decorati tutti con luci a led con la tecnica "ramo-ramo". Gli alberi e le stelle luminose lungo le vie della città rimarranno accese dalle 16.30 alle 24. Tra gli appuntamenti solidali ci sarà Ekuò il concerto dell'avvento, il 9 dicembre al Teatro Comunale di Vicenza, "Insieme per la vita", diretta di Tva Vicenza a scopo benefico l'8 dicembre in Loggia del Capitaniato e il "Villaggio del Natale del Dono" del Centro servizi per il volontariato il 24 dicembre. E poi venerdì 22 e sabato 23 dicembre SOS spesa, la raccolta di beni alimentari nei supermercati della città a cura di Croce Rossa con l'assessorato alle politiche sociali. Non mancherà il 15 dicembre Corri Babbo Natale Corri la simpatica corsa natalizia che aiuta i bambini cardiopatici in oltre 27 nazioni in via di sviluppo e torna a Vicenza dando supporto a ragazzi e famiglie in stato di difficoltà. Nella sala degli Zavatteri in Basilica palladiana aprirà la mostra Pennellate d'autismo a favore dei bimbi e ragazzi autistici del territorio. Le Vetrine del centro organizzano l'evento "Aspettando gli alpini" il pomeriggio del 17 dicembre in contra' Garibaldi e Largo Zileri: Vetrine del centro offriranno castagne e vin brulè che saranno distribuite dalle penne nere a fronte di un'offerta libera che verrà devoluta per l'organizzazione dell'adunata 2024. Inoltre saranno allestite, a cura di Vetrine del centro, due postazioni natalizie, con luci e pachine, in Largo Zileri e contra' Garibaldi dove poter fare foto e selfie di Natale dal 15 al 24 dicembre. Il programma delle iniziative dei quartieri è sempre molto ricco con proposte di incontri per trascorrere pomeriggi e serate in compagnia. Immancabili i mercatini e i tradizionali presepi nelle chiese.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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agerolivaitaly · 1 year
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Piantare speranza: come i progetti di riforestazione stanno cambiando il paesaggio
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Quando pensiamo alla speranza, la nostra mente spesso si rivolge a immagini di foreste verdi e rigogliose che pullulano di vita e vitalità. Non è un caso che l'atto stesso di piantare alberi incarni questa speranza. I progetti di riforestazione in tutto il mondo, compresi quelli straordinari in Italia, stanno riscrivendo la narrazione del nostro ambiente.
In questo post ci addentreremo nel potere trasformativo della riforestazione, esplorando il modo in cui sta ringiovanendo i nostri paesaggi e riaccendendo la nostra speranza per un futuro sostenibile.
1. Radicati nella sostenibilità
Roma non è stata costruita in un giorno, e nemmeno le foreste lussureggianti lo sono. I Progetti Di Riforestazione In Italia sono costruiti sui pilastri della sostenibilità. Le specie autoctone sono scelte con cura, per garantire che siano adatte all'ambiente locale. Questo contribuisce a ripristinare la foresta e a sostenere l'intricata rete di vita che dipende da essa.
Dando priorità alla sostenibilità, questi progetti dimostrano un impegno a lungo termine nei confronti dell'ambiente. Non si limitano a piantare alberi, ma li coltivano per farli crescere, prosperare e, in ultima analisi, portare benefici alle generazioni future.
2. Il Rinascimento del rimboschimento in Italia
L'Italia sta conquistando i cuori con la sua ricca cultura e il suo impegno per la conservazione dell'ambiente. Le Alpi italiane, sfondo mozzafiato di questa saga di riforestazione, hanno visto un'incredibile rinascita. Grazie all'impegno profuso, migliaia di alberi sono stati piantati per far rivivere queste magnifiche montagne.
Per esempio, il progetto "Dolomites Revival" ha fatto notizia a livello mondiale. Qui la riforestazione non consiste solo nel piantare alberi, ma nel rivitalizzare interi ecosistemi. Questo progetto dimostra l'impegno dell'Italia nel preservare il proprio patrimonio naturale e nel dare un esempio al mondo.
3. Rendere più verde il luogo di lavoro: Un dono di speranza
Nella ricerca della sostenibilità, anche i giganti aziendali si stanno unendo al movimento di riforestazione. Molte aziende lungimiranti hanno adottato la riforestazione come parte della loro responsabilità sociale d'impresa. Immaginate di ricevere Regali Per Dipendenti Natale che vi scaldano il cuore e contribuiscono a rendere il pianeta più verde.
Le aziende optano sempre più spesso per regali eco-consapevoli ai dipendenti, che spesso includono l'atto simbolico di piantare un albero. È un regalo che continua a dare, non solo all'ambiente ma anche ai dipendenti, che sentono un legame più profondo con il loro posto di lavoro.
4. Ispirare il futuro
Uno degli aspetti più notevoli dei progetti di riforestazione è la loro capacità di ispirare. Quando le persone assistono alla trasformazione di terreni aridi in floride foreste, vedono una prova tangibile del potere dell'azione collettiva. Questa ispirazione spinge sempre più individui e comunità a partecipare agli sforzi di conservazione ambientale.
I progetti di riforestazione in Italia stanno diventando una fonte di orgoglio per i cittadini, che assistono al rinnovamento del paesaggio della loro terra. Questo senso di orgoglio favorisce un legame più profondo tra le persone e l'ambiente, creando un futuro più sostenibile.
Speranza per il domani
I progetti di riforestazione danno speranza in un mondo spesso segnato da crisi ambientali e incertezze. Dimostrano che un cambiamento positivo è possibile anche di fronte a sfide scoraggianti. L'impegno di individui, comunità e aziende, in Italia e nel mondo, evidenzia il potere dell'azione collettiva nel curare il nostro pianeta.
Che si tratti delle pittoresche montagne italiane o di un regalo aziendale la mattina di Natale, i progetti di riforestazione gettano semi di speranza. Nutrono la terra e la riportano in salute, un albero alla volta. La rinascita verde non riguarda solo l'ambiente, ma anche la speranza di un futuro più luminoso e sostenibile per tutti noi.
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sguardimora · 2 years
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Mondaino incontra al Teatro Dimora la prima artista selezionata dal progetto eu Stronger Peripheries. Per una comunità fluida e accogliente
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Da circa una settimana siamo immersi nel progetto europeo Stronger Peripheries: A Southern Coalition, progetto sostenuto da Europa Creativa. E’ arrivata a Mondaino l’artista slovena Neja Tomšič per una residenza di ricerca condivisa da Bunker, Ljubljana (SLO) e Cluj Cultural Center, Cluj, (RO). Il lavoro di Neja, scrittrice e artista visiva, e del collettivo di cui fa parte, il Nonument Group, si concentra sul mantenere viva la memoria storica delle architetture, dei monumenti e dei luoghi pubblici oggi abbandonati: attraverso lo studio degli archivi storici e la ricerca più propriamente sociologica sulle comunità che hanno attraversato quegli spazi, indagano come la trasformazione fisica dei luoghi sia strettamente connessa ai cambiamenti politici e sociali che li attraversano. Ispirato dal tema “Work and Happiness” il lavoro che Neja sta sviluppando si concentra su un luogo particolare: il Railway Workers Park di Cluj in Romania.
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Ieri è stato il momento dedicato all’incontro con le comunità di Mondaino: Neja ha accolto nel suo processo di ricerca prima gli studenti e le studentesse delle scuole medie di Mondaino, poi la comunità di cittadini e cittadine che è parte del gruppo “Il pane quotidiano. La moltiplicazione degli sguardi”. Oltre a loro Neja ha scelto di incontrare, per approfondire la sua ricerca, alcuni ex lavoratori della fabbrica di fisarmoniche Galanti e della miniera di argilla di Mondaino, luoghi che aveva visitato nei giorni scorsi. E’ stata l’occasione per ritrovare la memoria di quei luoghi che oggi vivono di una nuova vita, come nel caso della fabbrica, oggi museo archivistico personale della famiglia Galanti, o nel caso della miniera oggi chiusa e in stato di abbandono, ad eccezione della struttura esterna abitata dal pittore inglese Phelan Black. 
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I tre ex lavoratori della Galanti e l’ex lavoratore della miniera, arrivati in teatro grazie al fondamentale supporto logistico e organizzativo di Sandra e Alberto, hanno raccontato con precisione le loro specifiche mansioni all’interno di quei luoghi, facendoci immergere in un mondo lontano, dove la manualità e l’artigianalità muovevano la produzione degli strumenti musicali e l’estrazione dell’argilla. Le loro parole ci hanno fatto ricostruire le trasformazioni che il lavoro e la produzione hanno subito nei vari decenni in stretta connessione con l’evolversi e il modificarsi del paese di Mondaino stesso. Il fascismo e l’attesa dell’arrivo di Mussolini con una produzione di strumenti dedicata, la guerra e la chiusura della fabbrica, la ripresa del lavoro nel dopoguerra, Mondaino un paese dall’atmosfera cittadina, che ospitava in contemporanea con Rimini i nuovi film in arrivo nelle sale, la filarmonica che costantemente arrivava in paese, le feste da ballo e la sirena della fabbrica che scandiva i tempi del lavoro, l’apertura della miniera e l’arrivo di lavoratori da fuori regione, il grisou che ogni tanto si sprigionava dai gas della miniera bruciacchiando le sopracciglia di qualche minatore colto di sorpresa: questi sono solo alcuni dei racconti che hanno riacceso un faro sulla memoria di un paese e della sua comunità. 
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Poi l’attraversamento della ricerca di Neja insieme ai compagni e alle compagne di Mondaino. Come con le scuole durante la mattina, Neja ci ha portato dentro la sua ricerca, conducendoci in un viaggio intorno ai reperti memoriali e fotografici raccolti sulla stazione ferroviaria di Cluj, disposti sul palcoscenico per mappare esattamente la dislocazione sia fisica che temporale dei differenti spazi: il parco del dopo lavoro ferroviario, il parco dei bambini poi abbandonato, la discarica e le immagini in bianco e nero dei bambini tra animali imbalsamati e Babbo Natale, la comunità di poveri e sinti e la smart city in progettazione, l’azione degli artisti per salvare il parco dalla distruzione, gli alberi e le opere abbattuti, un treno scomparso in una notte e i corvi emigrati dalla Lituania. Cosa significa ora per quelle comunità che abitano il parco, esseri umani, esseri vegetai e animali, andare via, lasciare lo spazio per la sua distruzione e per un qualcosa di nuovo che, forse, arriverà? Che cosa significa per una città, per la sua comunità dimenticare un luogo, distruggere la sua funzione e con essa la sua memoria? Queste sono alcune delle domande che ci ha portato Neja facendoci così riflettere sui nostri spazi abbandonati e, inevitabilmente, sulla distruzione di una comunità e dei suoi luoghi, pubblici e privati, che sta follemente continuando alle porte dell’Europa.
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Infine il convivio con l’accompagnamento musicale di Paola Baldarelli che teneva stretta fra le mani la sua fisarmonica Galanti. Le note e le parole, le domande aperte e le corse dei bambini, gli auguri per Giulio e una girandola colorata di pace: in questa meravigliosa atmosfera si è chiusa una intensa giornata che, rubando le parole di Manuela, ci ha fatto "partecipare. Essere un filo della trama del tessuto sociale. Essere. Fare.”
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tma-traduzioni · 4 years
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MAG075 - Caso #0060711 - “Una lunga discesa”
[Episodio precedente]
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ARCHIVISTA
Dichiarazione di Stephen Walker, riguardo alla scomparsa di suo fratello dalla cima della Tour Montparnasse nell’ottobre del 2006. Dichiarazione originale rilasciata il 27 novembre 2006. Registrazione audio di Jonathan Sims, Capo Archivista dell’Istituto Magnus, Londra.
Inizio della dichiarazione.
ARCHIVISTA (DICHIARAZIONE)
Spero che mio fratello sia morto. Deve essere morto. Vorrei credere che si tratti solo uno scherzo molto elaborato, un qualche bizzarro tentativo di simulare la sua sparizione, ma in fondo so che non sarebbe da mio fratello. Quindi è morto. Se no, non posso neanche iniziare a capire quanto orribile sia quel destino. Certe paure possono essere sopportate solo per un determinato periodo.
Mio fratello Grant ha sempre avuto paura dell’altezza. Mi ricordo che da piccolo era solito arrampicarsi sugli alberi. Si spaventava sempre a metà, e ci voleva un’ora di moine e rassicurazioni prima che riuscisse a scendere. Provava comunque ad arrampicarcisi, però. Mio fratello era così: sempre pieno di coraggio e ottimismo fino a che non subentrava il terrore. Non ha mai avuto un grandissimo istinto di sopravvivenza.
Di solito non aveva problemi con gli edifici alti, se avevano un ascensore. Le scale erano solitamente un problema maggiore, specie se c’erano finestre dalle quali si poteva vedere il terreno diventare sempre più distante. Comunque, la sua fobia era, abbastanza stranamente, concentrata sulle scale a pioli.
Questo non è per dire che svenisse dalla paura ritrovandosi semplicemente nella stessa stanza con una di quelle, solo che arrampicarsi su e giù per le scale a pioli era una particolare tortura per Grant. In quelle poche occasioni in cui l’ho visto farlo l’estremo terrore pallido che vidi impresso sul suo volto a ogni leggero tremore o spostamento della cosa, fu abbastanza da convincermi che questa non era una qualche stranezza di cui ridere senza malizia al cenone di Natale; era una vera e intensa manifestazione della sua fobia.
Per la maggior parte non influì poi così tanto sulle nostre vite. Dividevamo una piccola casa a Jarrow, su vicino a Newcastle, e ci voleva più di un secondo piano per spaventare Grant, anche se deliberatamente non si è mai arrampicato su per la piccola scaletta che conduceva all’attico. La sistemazione abitativa era meno che ideale, in quanto Grant era stato improvvisamente licenziato dalla sua posizione di contabile per Deloitte a gennaio quindi non contribuiva molto alla casa se non per un avvallamento sul divano. Non volevo davvero ospitarlo. Voglio dire, non è che non gli volessi bene o altro, è mio fratello, è solo che andavamo più d’accordo quando passavamo la maggior parte del tempo separati.
La familiarità porta qualche tipo di spregio piuttosto che altri, e io sapevo che era improbabile che fossimo adatti a vivere l’uno con l’altro, in quanto io sono per natura fastidioso in modi che so che mio fratello non è. Comunque mi ero mollato da poco, e ci furono così tanti suggerimenti ben intenzionati da parte dei miei genitori su cosa farmene della stanza ora vuota che, alla fine, mi arresi e lo invitai a vivere con me.
Il lavoro era stato lento ad arrivare per Grant. Quando aveva perso il lavoro per Deloitte, le sue conoscenze sui database amministrativi erano ormai così specifiche e specializzate, che stava avendo problemi a trovare impieghi che combaciassero con le sue abilità. Il che voleva dire più tempo per lui da passare a far sembrare il nostro soggiorno il luogo d’esplosione di una bomba.
Mi dispiace. So come questo possa sembrare, ma credo che sia importante che voi prima capiate il perché lo portai sulla Tour Montparnasse. Non avrei potuto sapere quello che sarebbe successo. Sotto sotto, però, negli angoli nascosti del mio scetticismo, so che non è colpa mia. So che è a causa dell’uomo con la cicatrice da fulmine. È stato lui. Non so come e non so perché, ma mi ha portato via mio fratello, e se lo dovessi mai rivedere, lo ucciderò.
La prima volta che lo vidi fu quando mi ruppi il braccio. Fu circa un anno fa, appena dopo Halloween. Eravamo stati entrambi a una festa la notte prima; e io ero riuscito a perdere le mie chiavi, e fu solo mentre ci stavamo avvicinando alla porta d’ingresso che Grant decise che era il momento perfetto per annunciare che aveva lasciato le sue chiavi in casa, pensando che io avessi le mie. La cosa mi agitò un po’, e avemmo una mezza discussione là nel mezzo del giardino, entrambi urlando con forti sbornie. Non potevamo chiamare un fabbro, in quanto ci sarebbero volute delle ore e ci sarebbe costato dei soldi che, con Grant disoccupato e che viveva con me, io non avevo. Dopo qualche altro minuto di accuse, notai che Grant aveva lasciato la sua finestra leggermente aperta. A cose normali lasciare una finestra aperta equivale a un invito per i ladri, ma in questo caso era quasi proprio quello che volevamo.
Bussai alla porta della casa accanto alla nostra. Jim Hancock non era il migliore dei vicini. Era la cosa più vicina a una caricatura di cockney che avessi mai incontrato, e aveva il vizio di sparare la musica così forte da farla passare attraverso le mura della nostra casa con terrazza. Era, comunque, un costruttore, il che voleva dire che avrebbe potuto avere una scala. L’aveva e dopo essersi fatto una bella risata irritante per la nostra situazione, andò a prenderla. Non era interessato ad aiutarci a entrare in casa nostra, e ci disse di lasciare la scala davanti al suo giardino, a quanto pare incurante della possibilità dei ladri.
Ovviamente fui io a salire sulla scala. La piazzammo nel giardino, provando ad appoggiare l’estremità nell’incavo della finestra, e iniziai ad arrampicarmi. Era meno stabile di quanto non avessi previsto. Grant la stava tenendo in fondo, ma il terreno era più morbido di quanto avessi pensato, e mentre mi allungavo verso la finestra, sentii lo stomaco stringersi mentre la scala s’inclinava lentamente da una parte. Vorrei poter dire che che la cosa che mi ricordo subito dopo era che mi ritrovavo sul terreno con un braccio rotto, ma mi ricordo ogni secondo di quella caduta. Come se fosse successa al rallentatore. La ventata d’aria autunnale mentre cadevo. L’impatto del mio braccio contro il muretto di mattoni. Lo scricchiolio nauseante.
Rimasi sdraiato lì, il braccio in totale agonia, mentre Grant correva verso di me per controllarmi. Era chiaro che il mio braccio si era rotto e avevamo bisogno di chiamare un’ambulanza. Il mio cellulare si era rotto nella caduta, e quando chiesi a Grant di usare il suo, diventò molto silenzioso e disse imbarazzato che quello, come le sue chiavi, era ancora dentro casa. Grant iniziò a bussare alle porte della gente ma non rispose nessuno. Forse non erano in casa, o forse avevano sentito la nostra discussione animata e non ci volevano aiutare. Anche Jim non sembrò incline ad aprirci la sua porta una seconda volta. Stava diventando sempre più evidente che la nostra unica opzione era che Grant si arrampicasse dentro e che prendesse il suo cellulare, e potevo vedere dalla sua faccia pallida e spaventata che era giunto alla stessa conclusione.
Per dargli credito, non dovetti convincerlo. Sembrò bastare la mia evidente agonia. Tirò la scala su da terra e la spinse vicino alla finestra. Poi rimase lì in piedi in fondo, goccie di sudore visibili sulla sua faccia, e mi guardò. Mise il piede sul piolo più basso e iniziò ad arrampicarsi. Era lento e guardarlo fu quasi doloroso come il mio osso spezzato. Era a malapena a tre metri da terra, e ogni volta che la scala traballava leggermente faceva un piccolo verso spaventato. Teneva il volto dall’altra parte rispetto a me ma penso che forse stava piangendo.
Fu mentre Grant faceva  la sua ascesa graduale che vidi l’uomo con la cicatrice. Se ne stava lì, proprio dall’altra parte della strada, a guardarci. Era basso, e indossava un vecchio completo grigio, sbiadito dal tempo, che non sembrava compatibile con il suo volto relativamente giovane. Non indossava una cravatta, e i primi due bottoni della sua camicia erano slacciati, rivelando un'irregolare serie di cicatrici bianco pallido che sembravano arrampicarsi lungo il lato del suo collo come le ramificazioni di un fulmine. I suoi occhi chiari erano concentrati completamente su Grant che saliva in maniera straziante su per la scala. Se si era accorto che lo stavo guardando, non lo mostrò. Mentre lo guardavo, ebbi una sensazione stranissima, come se un’ondata di vertigini mi avesse travolto, e il mio stomaco si contorse di nuovo, proprio come aveva fatto quando ero caduto. Provai a dirmi che era solo per il dolore del mio braccio che mi dava la nausea, ma svaniva ogni volta che distoglievo lo sguardo da quello strano uomo con la cicatrice che fissava mio fratello.
Guardai di nuovo Grant, che era quasi in cima e che era chiaramente in difficoltà. Le sue mani erano così scivolose per il sudore che stava avendo problemi ad agguantarsi ai pioli di metallo, e stava oscillando pericolosamente. Ero certo che stavo per vederlo cadere come avevo fatto io, ma proprio quando ero sicuro che stesse per perdere la presa, si allungò e mise il braccio nella finestra aperta. Afferrò qualcosa all’interno e iniziò a issarsi dentro.
Presto il suo busto sparì dentro la finestra, poi le sue gambe. Tutto taceva; mi sentii improvvisamente molto solo. Mi girai per guardare l’uomo con la cicatrice ma sembrava che avesse deciso di proseguire. Riuscii a scorgerlo un poco più avanti nella strada, che camminava via più velocemente di quanto non mi sarei aspettato. Io rimasi lì sdraiato, con nulla a tenermi compagnia se non il dolore della mia ferita.
Poi sentii il suono del chiavistello, attraversare il silenzio, e la porta d’ingresso si aprì rivelando Grant, ancora madido di sudore, che stringeva trionfante il suo cellulare. Mi congratulai con lui per aver affrontato la sua paura delle altezze prima di ricordargli gentilmente che il motivo per cui avevamo bisogno del telefono era per chiamare un’ambulanza. Annuì come se lo avesse dimenticato, e fece la telefonata.
L’ambulanza e l’ospedale sono un po’ confusi. C’è stata una lastra, e molti più dettagli sulla frattura di quanti avessi ritenuto necessari per la diagnosi “tienilo in un gesso e prova a non muoverlo”. Fu irritante, ma non è come se fosse stata la prima volta che mi ero rotto un osso. Il tempo passò, guarii, e mi dimenticai dello strano uomo che aveva guardato mio fratello quasi cadere.
Mio fratello trovò finalmente un altro lavoro poco dopo Natale, di nuovo per Deloitte, anche se per un altro dipartimento, ma non sembrava desideroso di lasciare la stanza in casa mia. Si offrì di pagare l’affitto per qualche mese, cosa che apprezzai, visto che pagarlo da solo aveva risucchiato una bella parte dei miei risparmi. Non era come se avessi avuto altri inquilini in fila ad aspettare di trasferirsi con me, quindi decisi di sfruttare al meglio la cosa e convivere con le sue abitudini irritanti. Andò bene, sapete. Non andavamo d'accordo più di quando lui era disoccupato, ma senza il persistente risentimento dei soldi potevo quasi tollerare i suoi occasionali problemi di igiene. E la vita andava avanti.
Fu due mesi fa che iniziai a fare piani per Parigi. C’era una conferenza in cui avrei dovuto parlare, e non avevo fatto una vacanza da quando avevo chiuso con Carly, quindi decisi di prendermi un’intera settimana là e di rilassarmi. Non invitai Grant, cosa che potrebbe farvi credere che ci avrebbe pensato due volte prima di venire con me, ma sareste in errore. Non appena glielo dissi, andò online a controllare se ci fossero altri posti sul mio volo. C’erano. Poi continuò a rompere affinché cambiassi la prenotazione della mia camera d’albergo in una camera doppia fino a che non cedetti e lo feci. Ogni volta che citavo qualcosa che avevo intenzione di fare lui si autoinvitava, generalmente facendomi organizzare il tutto e dicendo che mi avrebbe ripagato. Sono sicuro che fosse sua intenzione, ed era proprio entusiasta di passare del tempo a Parigi, ma all’inizio di ottobre perse di nuovo il lavoro.
Era stato beccato a fumare erba sulla proprietà dell’azienda. Non era di turno al momento, e riuscì a convincerli a non chiamare la polizia, ma venne licenziato in tronco e gli venne detto senza mezzi termini che non sarebbe stato il benvenuto a fare domanda per nessun altro futuro posto libero. Immagino anche che non abbia nemmeno avuto una raccomandazione. Ne fu devastato, ovviamente, e ammetto di non essere stato poi così solidale. Dal mio punto di vista, la colpa è stata dannatamente sua; per questo mi ritrovai senza una considerevole quantità di denaro. Era chiaro che quando saremmo andati a Parigi avrei dovuto pagare per lui, ed era così abbattuto che non ebbi nemmeno il cuore di dirgli che non poteva venire.
Quindi fu per quello che, quando andammo a Parigi tre settimane dopo, ero sia molto incazzato con Grant, che in quasi totale controllo di dove saremmo andati mentre eravamo lì. Credo che fu per quello che decisi di portarlo sulla Tour Montparnasse. Non esisteva che sarei riuscito a portarlo sulla Torre Eiffel, ma pensai, correttamente, che non avesse sentito parlare della Tour Montparnasse, il punto effettivamente più alto di Parigi accessibile al pubblico. Sembrava un grattacielo qualsiasi, quindi pensai che non gli avrebbe fatto scattare nessun campanello di allarme fino a che non saremmo stati proprio nell’ascensore.
Dovete capire che volevo spaventarlo un po’. Avrebbe provato un po’ di panico, io avrei fatto finta di essermi dimenticato della sua fobia, e saremmo tornati giù con io che mi sentivo leggermente vendicato. Non potevo sapere.
All’inizio stava andando tutto esattamente secondo il piano. Ero stato vago sull’attrazione che avremmo visitato, e lui chiaramente non aveva sentito parlare della Tour Montparnasse, quindi non fece scenate quando entrammo, nemmeno all’inizio quando entrammo nell’ascensore. Quando iniziò a salire, però, vidi la preoccupazione farsi strada sul suo volto e mi chiese dove l’ascensore ci stesse portando. Dovetti sforzarmi per non sorridere mentre gli dicevo che stavamo salendo verso il miglior panorama di Parigi e il suo volto iniziò a perdere colore. Quando raggiungemmo la sommità le gambe gli tremavano così tanto che aveva problemi a rimanere in piedi. Mi finsi preoccupato, anche se sotto sotto mi stavo gustando il suo disagio molto più di quanto probabilmente sia sano.
Lo aiutai a uscire dall’ascensore, e si rigirò quasi subito, per tornare dentro, ma qualcosa nell’idea di tornare giù così presto lo fece chiaramente esitare. Borbottò qualcosa sul mettersi a sedere e raccogliere i suoi pensieri, e barcollò verso una sedia abbastanza lontana dalle barriere che circondavano la terrazza panoramica dell’edificio.
Lo lasciai a raccogliere i suoi pensieri e andai verso il bordo. Il panorama era mozzafiato. Potevo vedere tutta Parigi estendersi di fronte a me, inclusa la Torre Eiffel. E nella luce di metà mattinata era una delle cose più belle e serene che avessi mai visto.
Fu mentre osservavo la maestosa città sotto di me che sentii una stretta allo stomaco, come se stessi cadendo, e scivolai in avanti contro la barriera, sbattendo il braccio e facendo risonare un' agonizzante eco del mio osso fratturato lungo il mio corpo. Mi appoggiai su mani e ginocchia, provando a contrastare l’improvvisa nausea che mi riempiva la testa. Alla fine riuscii a mettere a fuoco la mia vista abbastanza per guardare su ed eccolo lì. C’era una brezza gelida a quell’altezza, ma non sembrava sentirla mentre la sua sottile camicia slacciata sventolava intorno a quella cicatrice bianca ramificata. Mi fissò, e mi sentii di nuovo come se stessi cadendo proprio attraverso il pavimento. Provai a parlare, a dire qualcosa, ma il mio fiato sembrava bloccato nel mio petto. La parte peggiore, però, era la sua espressione. Sembrava annoiato.
A un certo punto sentii delle mani afferrarmi e venni delicatamente alzato dal pavimento. Erano un paio di turisti dalla Nuova Zelanda che si erano avvicinati per controllare se stessi bene. Borbottai qualcosa sulle vertigini, anche se la sensazione adesso era svanita. Mi guardai intorno, ma non c’era traccia dell’uomo con la cicatrice. Guardai di nuovo, e mi accorsi con crescente preoccupazione che non c’era neanche traccia di Grant. Controllai, ma la terrazza non era enorme e non c’era alcun punto in cui si potesse essere nascosto. Pensai che doveva aver preso l’ascensore per tornare giù, ma non era nell’atrio, o all’esterno, o da altre parti. Era sparito.
Non mi resi conto che il mio cellulare era scarico se non dopo diverse ore di ricerche. Quando alla fine lo misi in carica, avevo dozzine di chiamate perse da Grant e quasi quattrocento messaggi. La maggior parte erano troppo confusi per essere letti, ma quelli che non lo erano stavano chiedendo dove fossi. Dove fossero tutti. Dove fossero gli ascensori.
C’era un’immagine che non sembrava essere troppo distorta: sembrava mostrare la terrazza, ma dove ci sarebbe dovuta essere la barriera c’era solo un salto nel vuoto, con la cima di una scaletta che lo raggiungeva e ne usciva. Non riuscivo a vedere la città sotto a questa. Provai a chiamare il suo numero moltissime volte, ma ogni singola volta che riusciva a connettersi, tutto quello che riuscivo a sentire era il forte rumore del vento.
So che l’uomo con la cicatrice ha preso mio fratello. Non so come l’abbia preso, o dove l’abbia portato, ma so che è spartito. Non ho più rivisto nessuno dei due da allora, e non credo che li rivedrò. Non ho mai creduto di essere io quello che lui voleva. Spero davvero che Grant sia morto. Perché, se non lo fosse, ho nel profondo il terribile presentimento che lui sia ancora su quella scala.
ARCHIVISTA
Fine della dichiarazione.
Michael Crew. L’uomo con la cicatrice da fulmine. Un motivo frattale bruciato sulla sua carne, è stato perseguitato dalla manifestazione di quel motivo e poi è saltato fuori da una finestra. Quindi che cosa è ora?
Ho l’impressione che non appena una persona ottenga una qualche sorta di potere da quei libri, spesso cambi, non solo nelle sue azioni, ma in chi è. Sembra quasi che sia il libro a usarla, piuttosto che il contrario. Il libro di Leitner ha fatto qualcosa a Michael Crew? Gli altri che lo hanno incontrato hanno riferito sensazioni di vertigini simili a quelle riportate dal signor Walker, ma mi ricorda anche del destino di Robert Kelly, il paracadutista che è precipitato per molto più di quanto lui…
[Porta che si apre]
Ciao? Basira, che ci fai qui? Pensavo…
BASIRA
Tieni.
[Suono di una scatola buttata su un tavolo]
ARCHIVISTA
Questi sono i nastri?
BASIRA
Tutti quelli che sono riuscita a prendere.
ARCHIVISTA
Non capisco. Hai detto che avevamo chiuso.
BASIRA
[Suono esasperato]
La stanno insabbiando. La morte di Altman. Dicendo che era corrotto. Che è stato pugnalato in uno scambio di droga finito male.
ARCHIVISTA
Aspetta. Quindi l’operazione a cui hai preso parte…
BASIRA
Non esiste. Voglio dire, non conoscevo bene Leo, ma… non è giusto. E sembravano abbastanza felici di sbattermi fuori.
ARCHIVISTA
Continuo a non capire come questo finisca con me che ricevo i nastri. Voglio dire, non che non sia grato.
BASIRA
Beh, di certo loro non risolveranno l’omicidio di Gertrude, quindi puoi anche averli tu. Prima… non so, forse ero ancora abbastanza poliziotta da non rubare direttamente dalle prove, ma adesso…
ARCHIVISTA
Hanno decisamente perso la tua lealtà. Credevo che ti stessero sorvegliando?
BASIRA
No, non più dall’operazione Brodie. Sono stati tutti troppo impegnati. Daisy lo sa, e le sta bene. Di certo non dovrebbe esserci alcun problema fino al prossimo inventario, e anche allora  solo se si scomoderanno con la roba sotto sezione. Dovresti essere a posto.
ARCHIVISTA
Io… io non so davvero come ringraziarti.
BASIRA
Beh, se non dovessi vederti mai più, o sentire altro su questa storia… sarà un grazie sufficiente. Stammi bene.
[Porta che si chiude]
ARCHIVISTA
Okay. Mi chiedo da dove iniziare…
[CLICK]
[Traduzione di: Victoria]
[Episodio Successivo]
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corallorosso · 4 years
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“Ecco, prima lasciano tutto aperto e poi danno la colpa ai cittadini.” Oppure. “Quando i contagi scendono è merito del governo e quando salgono è colpa degli italiani.” O ancora: “Non è colpa di chi esce ma di Conte che non lo vieta.” Dopo che nelle ultime 24 ore abbiamo sentito ripetere alla nausea - anche da noti opinionisti e leader politici - queste parole, mentre le città italiane venivano prese d’assalto da mandrie di incontinenti dello shopping e strafottenti delle regole, forse è il caso di ricapitolare, passo per passo, quello che è accaduto negli ultimi due mesi in questo Paese senza memoria né un briciolo di onestà intellettuale. È l’inizio di ottobre. I contagi cominciano a salire in modo esponenziale e il governo vara un Dpcm che impone la chiusura dei locali dopo le 24. La risposta? Centinaia di baristi in tutta Italia, sfruttando un cavillo normativo, chiudono le serrande a mezzanotte e le riaprono un quarto d’ora dopo, andando avanti fino a notte fonda come se nulla fosse, per la gioia dei frequentatori. Perché loro sono più furbi di un virus, figuriamoci di un governo. Il 3 novembre, di fronte a quasi 30.000 casi al giorno, un nuovo Dpcm divide le regioni italiane in zone rosse, arancioni e gialle a seconda del grado d’emergenza. La replica di opposizioni e regioni? “Dietro i colori” tuonano “c’è una precisa scelta politica di colpire le regioni di centrodestra.” E ancora: “Uno schiaffo ai cittadini lombardi (Attilio Fontana)”. C’è chi invita addirittura a boicottare il Dpcm, aizzando la rivolta di regioni e cittadini e chi, come il Presidente della Regione Abruzzo, Marsilio, si cancella da solo la zona rossa, trasformandola in arancione. Quando, nella prima ondata, Conte aveva messo in lockdown l’Italia intera, lo avevano accusato di aver condannato l’intero Paese alla miseria. Oggi che diversifica in zone, lo accusano di discriminare intere regioni. E intanto i contagi crescono fino al record di 40.000 al giorno toccati il 13 novembre. Poi il trend dei nuovi casi lentamente si attenua (mentre i morti continuano a viaggiare al ritmo di quasi 1.000 al giorno). Solo che il Natale si avvicina e gli italiani, si sa, alle tradizioni ci tengono. Perciò, quando a inizio dicembre il governo mette le mani avanti introducendo misure restrittive “per non mandare all’aria i sacrifici fatti”, la risposta è da far cadere le braccia: “Ci vogliono rubare il Natale” denuncia Salvini a media unificati. E ancora: “Ci negano anche cenone e settimana bianca.” Risultato? Ogni sabato e domenica milioni di italiani si riversano per le vie dello shopping, si inventano strade alternative per le piste da sci (perché a loro non la si fa), creano assembramenti di fronte a bar, negozi, ristoranti, accensioni di alberi, qualunque occasione è buona pur di assembrarsi e fregarsene del più elementare senso della realtà. Perché loro - ormai lo avrete capito - se volete fermarli, dovete farlo con l’esercito, altro che raccomandazioni. E arriviamo ad oggi, con il governo pronto a indire un lockdown nazionale sul modello tedesco. Tra le misure, constatata l’assoluta incapacità degli italiani di rispettare autonomamente le regole, c’è anche quella di mandare l’esercito in strada. La reazione? “Regime, governo liberticida, dittatura sanitaria” e tutto il repertorio del “chiagni e fotti” italico con cui da mesi ci hanno sfracellato lo sfracellabile. Perché, vedete, in democrazia il governo di un Paese può essere criticato sempre, su tutto, e di motivi per farlo ne troviamo quanti volete - dai ristori tardivi alla comunicazione farraginosa, alle regole contraddittorie, a una gestione sanitaria discutibile - ma scaricare su un esecutivo le scene immonde di assembramenti che abbiamo visto ovunque in queste ore dopo i mesi trascorsi a negare, accusare e rimpallare, non è solo infinitamente stupido, miope e masochistico. Ma, nel bel mezzo di una pandemia, anche criminale. Lorenzo Tosa
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pangeanews · 5 years
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Hanno trovato la tomba dell’Uomo Elefante, si chiamava Joseph Merrick, è morto a 27 anni. Per capire la sua storia, più che la BBC dobbiamo leggere le poesie di Robert Graves
È stato reso noto dalla BBC (leggete qui) che i resti dell’uomo elefante sono effettivamente quelli di un ragazzo, morto nel 1890 a 27 anni, che passò la vita a fare il fenomeno da baraccone. E che stupiva, guarda il caso, la società benpensante e castigata, perché nonostante la sua deformità mostrava sensibilità e grande intelligenza. Il giovane si chiamava Joseph Merrick.
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Quel che sorprende, nelle news di Albione, è sovente l’eclatante imbecillità con la quale si divide il sano dal malato. Eccovi i resti dell’uomo elefante, dice la BBC, e usa la rete come nuovo circo. Non importa nulla sapere che verrà predisposto un memoriale per Merrick a Leicester, la città natale dalla quale se ne venne a Londra perché il suo corpo non gli consentiva altro che il baraccone: la testa 91 cm di diametro, polsi di 30 cm, un dito largo 13 cm.
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A Londra Merrick si esibì, fu pestato e derubato ma ebbe la forza d’animo di mettersi in contatto col luminare positivista di turno, Frederick Treves. Il quale però aveva cuore e si prese cura di Merrick. Senza troppo clamore. A volte sono i posteri che invece continuano a fare gli imbecilli. Perché così è la mentalità protestante. Sei bello: quindi benedetto da Dio. Sei brutto, invece, e allora ritieniti fortunato se ricevi la carità distratta e pelosa da parte degli eletti e dei predestinati.
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Joseph Merrick nacque a Leicester nel 1862 e morì a Londra nel 1890
Parentesi. La sindrome di Merrick è nota tuttora come ‘di Proteo’. Così facciamo un passo avanti. Serve scavare indietro nel tempo. Capire che l’intelligenza è lo stesso che la variabilità: Ulisse è questo, i Greci lo sapevano e noi tranquillamente tendiamo a scordarlo. Finché non arrivano i poeti: Brodskij che ripiglia Orazio e cavalca il Minotauro, Graves che studia i miti, supera la scienza positiva dei semplici ‘rami d’oro’ (Frazer, Mann, Wittgenstein) e richiama il semplice fatto della vita come follia da imbrigliare. C’è una poesia delicatissima di Graves dedicata al cavalluccio marino, dove spiega l’enormità di questo esserino; ce n’è un’altra dedicata a orchi e pigmei. Tradurrò Graves – la cui poesia manca, in Italia, seriamente, da troppo – qui sotto per capire veramente Merrick.
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Già, gli Inglesi sono protestanti. Prendere o lasciare. Ci hanno portato il progresso e insieme ci hanno permesso di dimenticare che i mostri, le anomalie, sono sempre lì: chiamatelo ‘terata’ o ‘uomo elefante’. Il risultato è vincente per la poesia. Una sconfitta sonora della scienza, abituata alla progressione. Basterebbe pensare che il razionale Lutero fondatore del mondo moderno era messo in crisi dai ‘terata’ mentre il suo braccio destro, Melantone, pur vivendo di libri classici era più avanti di lui e cercava di capire il valore di queste anomalie: Warburg impazziva (letteralmente) davanti a Melantone chino sul bue neonato con la testa doppia. Davanti al bue neonato che crepava, l’umanista Melantone si poneva due domande; Lutero ghignava e continuava di testa sua.
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Nasciamo tutti, ormai, in ambito romantico: guarda l’uomo elefante, che emozione! Niente di meno classico di questo atteggiamento da puri di cuore. Del resto, siamo ignoranti degli antichi e dei Greci. Già Graves ci sembra arcaico. Qui in Italia abbiamo solo due traduzioni parzialissime delle sue poesie. Perciò meglio vedere a fondo cosa dice Graves dei ‘terata’. Per non bersi il liquorino della BBC. Perché UK è sempre lì a menarsela e menarcela con il volto specchio del carattere, le fesserie da Lombroso presentate come certe e verificate. Dimmi che faccia hai è ti dirò se sei amministratore delegato o operaio. Sembra che BBC voglia dire: guardate com’era mostruoso, Merrick! Poteva essere pericoloso per noi bellini! E perché, noi saremmo i sani? I cosiddetti giusti? Ma se siamo dentro il romance del film americano, dove l’unico affetto è quello standard e la bellezza non può essere trovata nell’irregolare, no, ci vuole la coppia tubante e neoromantica, tutta piantini, isterie, trombate, poi, infine, liberazione: corna e conseguente ritrovamento del true love.
*
Rimediamo con Graves. L’unico consiglio è tenere a mente che in lui c’è tutto, antico e moderno. Per dire: in una sola poesia trovi mescolati il sorriso che è ghigno dolce (L’uomo che ride secondo Hugo) e gli uccelli visti sempre come pessima cosa (Ovidio e le sue metamorfosi). Graves è più attuale della scienza positiva. Sa e dice che se nasce una creatura anomala, la donna che l’ha partorita sa il perché e il percome. La donna è più saggia del poeta: lo fa innamorare, e lui ricostruisce con parole balbuzienti e brillanti cos’è avvenuto nel suo cuore. Nei suoi ultimi giorni Graves anziano faceva volare aquiloni sopra Maiorca.
Andrea Bianchi 
***
Lineamenti di Natura
Quando le rocce di montagna e gli alberi frondosi e le nuvole e cose così, tutte coi loro contorni,
fanno la caricatura dei volti umani, simili scarabocchi non si presentano aggraziati né danno pace –
Il naso bulboso, il mento cavo, la bocca irregolare nel sorriso del cretino.
Sempre così la Natura: trovi che l’unica cosa saggia che produce è il vento
che si riversa negli spazi vuoti, increspando l’erba sciocca, il vello della pecora.
E i piaceri di Natura sono secernere, colpire immaginare e succhiare, una leccata che ti fa addormentare.
I dolori di Natura sono malinconia i suoi fiori, sozzura le sue acque, folli, i suoi uccelli, respingenti, i suoi pesci, pesci.
*
Sui portenti
Se capitano cose strane dove si trova lei, e gli uomini dicono che si aprono le tombe e camminano i morti, oppure che tutto il futuro rientra nel grembo e si sparge quel che prima non era nato, non c’è da meravigliarsi di questi portenti, sono la lama affilata della mente femminile, che lei usa con forza per regolare il Tempo, questo elemento a lei sempre riluttante.
*
Se va bene, siamo poeti
La donna con le sue foreste, lune, fiori, acque, e dita esperte a scorrere: non presumiamo di avere abilità magiche paragonabili alle sue – se va bene, siamo poeti; altrimenti facciamo uno scongiuro.
*
A tre facce
Chi osa dire che lei ha un doppio volto? Di volti, ne ha tre; il primo inscrutabile, per il mondo di fuori; il secondo avvolto nella contemplazione di se stessa; il terzo, è la faccia dell’amore, rivolta verso di me per una sola volta, senza fine.
Robert Graves
*In copertina: John Hurt nelle vesti di Joseph Merrick in “The Elephant Man”, il film di David Lynch del 1980
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from pangea.news http://bit.ly/2LsTWB9
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ERAVATE DEI RISTORANTI per matrimoni e ora cosa siete,cosa fate?... State facendo una corsa sui social per pubblicare scenografie, allestimenti, luci di natale appese agli alberi, balle di fieno, luminarie di paese , fiaccole all'arrivo degli sposi che si possono affittare al costo di 200.00euro, torte appoggiate su altalene.
Forse state solo mettendo in evidenza quello che sapete fare bene, sostituendovi e togliendo lavoro a #wedding #fioristi #florealdesigner #architettodeifiori ...che dovrebbero pubblicare quello che pubblicate voi,ma vi siete comprati anche loro che non hanno il coraggio di pubblicare il loro lavoro. Vi e' passato dalla mente che gli sposi scelgono il ristorante per il loro matrimonio per invitare i loro ospiti a mangiare, stanno invitando i loro ospiti a mangiare e non a guardare uno spettacolo di luci e di colori altrimenti sceglierebbero un CIRCO.
Fate semplicemente copia e incolla a tutti i matrimoni, tutte le coppie che entrano nei vostri uffici sentono parlare di luci e scenografie ...ma a quanti sposi parlate di CIBO, a quanti sposi parlate della provenienza del pesce, che riso usate, che grano usano i vostri pastifici...sicuramente non lo sapete neanche voi. Sara' un caso perchè le location piu' belle scelgono il banqueting che costa di meno?
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L' isola che rubò Marco Polo a Venezia
Arroccato dietro alle sue mura, il piccolo borgo di Korcula, sull'Adriatico croato, che secondo la mitologia fu fondato da Antenore, eroe di Troia, si vanta d' esser la terra natale di messer Marco Polo, e per la modesta somma di 5 kunas, il forestiero si può arrampicare per una scaletta di pietra e visitare la torre della malridotta casa dove, si suppone, vide la luce il grande viaggiatore e mercante veneziano in un remoto giorno dell' anno 1254.  Dal belvedere, di bianca pietra calcarea, si possono sorvolare le case della città medievale e godere d' una vista superba, ampia e circolare, sui boschi di pini e di cipressi del continente e delle isole vicine, dominando la baia che circonda la penisola dove si trova imprigionata Korcula. Prima qui ci fu una colonia greca e poi una città romana, ma l' impronta imperitura a Korcula la lasciarono i veneziani. Il leone alato di San Marco mangia pecore, protegge i Vangeli o sfida l' orizzonte dal quale potrebbero arrivare gli invasori saraceni con l' ingenua arroganza d' un personaggio del doganiere Rousseau in ogni chiesa del borgo, a cominciare dalla bella cattedrale. I nativi non solo giurano che messer Marco Polo è nato qui, sono certi inoltre che in queste acque verde azzurrine del mar Adriatico egli fu catturato dai genovesi nel 1298 e portato alla prigione di Genova, dove dettò a Rustichello di Pisa, il suo compagno di cella, in un francese alquanto elementare, il Livre des merceilles du monde, conosciuto anche come Il Milione o La descrizione del mondo, nel quale racconta i suoi viaggi e le sue avventure in Asia, alla corte del Gran Khan. Nessun altro libro ecciterà tanto l' immaginazione europea medievale e rinascimentale, né risveglierà tanta sete di esotismo e di avventure come questa cronaca dei quasi vent' anni trascorsi a percorrere l' Europa profonda e l' Asia leggendaria, tra raffinati e squisiti cortigiani o feroci cannibali, corsari scatenati, audaci commercianti, trafficanti di schiavi e di elisir e cacciatori di bestie feroci e di sogni, da questo veneziano dalla vita tanto elusiva e misteriosa, quanto quella di uno dei suoi lettori che più ne trasse profitto, don Cristoforo Colombo, cui, si dice, Il Milione, da lui letto e studiato con devozione da catecumeno, risvegliò il fascino per i tesori e i prodigi di Cipango e di Catay. Perché Marco Polo, che tante cose racconta nel suo libro, poco o niente dice su se stesso. Non c' è alcuna prova che Marco Polo sia nato o vissuto qui, ovviamente. Ma, come mi dice una snella ragazza che, girato l' angolo della torre che ho appena visitato, vende disegni e quadri del marito, l' artista croato Hrovje Kapelina: «Questo che importanza ha ora?». In effetti, gli eroi non possono appartenere soltanto a coloro cui il caso geografico ha dato la cittadinanza; meritano essere anche di chi se ne appropria, di chi fa di più per appropriarsi della sua biografia e leggenda. E, senza dubbio, Korcula si è sforzata di più e ha fatto di più per meritare Marco Polo della stessa Venezia, dove non sono riuscito a trovare nemmeno una targa che ricordi il suo illustrissimo cittadino. Non avevo mai letto il Libro delle Meraviglie del Mondo e ho appena finito di leggerlo ora (nella eccellente versione di Mauro Armino), incuriosito dalla visita a Korcula. E’ una piacevole sorpresa scoprire che, pur riferendo di cose straordinarie, questo documento ha, soprattutto per quanto riguarda la Mongolia e la Cina - meno per quel che riguarda l' India -, una sostenuta vena realistica, e inoltre, che Marco Polo fu e volle essere, prima di tutto e soprattutto, un mercante, un uomo dedito al commercio, attività che - sembra stupido doverlo ricordare - è stata sempre sinonimo di progresso e di civiltà, di convivenza e di dialogo, di rifiuto della violenza e della guerra, di scommessa nella coesistenza e nella pace. Messer Marco Polo registra nelle sue memorie, con il dovuto stupore, l' esistenza, in Sumatra, di alberi i cui frutti curano la malinconia e, nei boschi dell' India, di uomini con code e musi di cane, e nella regione del Gujarat di leoni che, come gli esseri umani della zona, sono neri e scuri come il carbone. E fa sforzi meritevoli per descrivere con linguaggio scientifico gli animali esotici che trova lungo il suo percorso e che nessuno conosce ancora in Europa, come la tarantola, il pipistrello e il rinoceronte, brutta bestia cornuta che egli confonde con il delicato unicorno degli arazzi medievali. In Madagascar s' informa dell' esistenza del Roc, l' improbabile grifone che solleva tra le sue grinfie un elefante, che lo alza in aria e lo lascia cadere perché si spezzi per poi ingollarlo intero, e, a Zanzibar, documenta lo straordinario modo in cui si accoppiano i monumentali pachidermi. Ma quel che esalta ed emoziona davvero il veneziano non sono le curiosità pittoresche, né i fatti di armi degli implacabili mongoli di fronte ai quali i cavalieri, le città e gli imperi cadono come castelli di carte, né le battute di caccia con gli elefanti, i falchi, le scimmie e i leoni dei principi barbari, ma lo spettacolo delle eroiche carovane di mercanti che, dopo aver percorso per mesi e anni delle fitte foreste, delle regioni dai venti glaciali, e dopo essere sopravvissuti alle imboscate dei banditi e alle guerre dei conquistatori, ritornano nelle loro città e distribuiscono nei mercati le loro sete stampate e i loro tessuti ricamati, i loro legni preziosi - l' aloe, caoba, il sandalo rosso, il noce -, i loro gioielli scintillanti e le balle di cannella, di sale e di pepe, di rabarbaro e di ginepro, e vendono e comprano e non hanno finito di raggiungere una destinazione che già sono pronti a ripartire, verso l' altro capo del mondo, in un nuovo pellegrinaggio commerciale, con un altro carico monumentale di merci. Lui, così comprensivo e misurato nei suoi giudizi sui paesi che visita, così tollerante e civile con gli usi e le credenze dei barbari - la stessa antropofagia è oggetto da parte sua di commenti misurati - perde la ponderatezza e quasi diventa blasfemo quando incontra gli infami corsari del Gujarat, parassiti che vivono degli assalti alle carovane degli onesti commercianti e che, non contenti di rubare tutto quello che trovano in coperta e nelle stive delle navi che assaltano, fanno ingollare alle loro vittime, i poveri mercanti, un bibitone di tamarindo, che provoca incontenibili diarree, per far loro espellere i diamanti che hanno ingoiato credendo, poveri ingenui, che nei loro stomaci sarebbero stati al sicuro da quelle avide sanguisughe. Fu un grande viaggiatore, un notevole esploratore, e dovette essere un uomo temerario, un poliglotta e un diplomatico abilissimo per riuscire a farsi accettare e a sopravvivere agli intrighi nella corte del Gran Khan, del quale, a quanto si sa, fu consulente, messaggero speciale e, persino, governatore per tre anni della città di Yangzhou. Ma fu prima di tutto un mercante, nell'accezione nobile e civile di questa parola avvilita ingiustamente dalle ideologie demagogiche, che l' hanno identificata con una visione materialista, elementare, egoista e avida della vita, scordando che commerciare significò, innanzi tutto, comunicazione e interscambio di beni e di idee tra i popoli, tra le culture e tra le religioni diverse, un impegno a gettare dei ponti e a trovare punti in comune che prevalessero sulle differenze che inimicavano i popoli, e a creare norme e leggi che mettessero fine alle guerre e rendessero possibile la legalità e la pace. Niente come il commercio ha creato nel tempo spazi e opportunità per permettere nel corso della storia la nascita dell' individuo sovrano e della libertà. Questa vocazione commerciale Marco Polo la portava nel sangue, l' aveva ereditata da messer Nicolò e da messer Matteo, il padre e lo zio che lo precedettero nei lunghi percorsi nelle terre del Qubilai Khan, e dal quale furono incaricati di una missione presso il Papa, che i due veneziani non poterono portare a termine perché, proprio in quel momento, la cristianità si trovava acefala. Ma la famiglia dei Polo - la snella ragazza che vende i quadri di Hrovje Kapelina m' informa che ci sono ancora i loro discendenti, e che hanno aggiunto al nome la parola "de" e che ora si chiamano DePolo - aveva nutrito la propria vocazione mercantile nella sua cultura natale, perché Venezia, che è stata molte cose geniali nella sua storia, è stata, prima di tutto, la città del commercio per eccellenza. Conquistò il mondo, ma prima che con gli eserciti che armò, con i suoi architetti e suoi artisti che abbellirono l' Europa, e con quegli astuti maestri della trattativa e dell' intrigo che furono i suoi politici, banchieri, finanzieri e mercanti; essi tessero quel sottile arcipelago di fabbriche, depositi, strade, dipendenze, fiere, mercati, che si estese gradualmente a tutto il mondo conosciuto, filtrando ciò che era ancora sconosciuto, le idee e i miti e le istituzioni e i prodotti artigianali e industriali dell' Europa, importando ciò che le altre regioni del mondo creavano e producevano. Lo vedo qui, a ogni passo, in questo intrico di isole e di porti dell' Adriatico croato, dove la presenza veneziana è ancora viva e vegeta ovunque, negli bei campanili delle chiese e nelle belle facciate dei palazzi rovinati e macchiati dal tempo, e nei balconcini che si affacciano sulle sue sponde quasi permettendo ai vicini di bagnarsi i piedi. L' ammirevole mercante Marco Polo fu un figlio tanto rappresentativo della sua terra quando l' esimio amatore don Giacomo Casanova o come lo furono i raffinati compositori di musica barocca Vivaldi e Albinoni, presenti in tutti i concerti di questo lato dell' Adriatico. Non ho altri motivi per restare qui, a guardare i dipinti dell' artista di Korcula, Hrovje Kapelina, venduti dalla moglie, una ragazza dalle gambe lunghe e dagli occhi del colore delle alghe marine, la cui filosofia commerciale, originalissima, non la renderà mai ricca. Mi ha appena comunicato che quell'olio del porto di Korcula avvolto dalla nebbia che guardo per la decima volta non lo venderà né a me, né a alcuno. Lo mostra per fare un piacere al marito, al quale l' amore per l' arte non fa scordare la necessità di sopravvivere, ma siccome a lei piace molto, scoraggia i potenziali acquirenti chiedendo per il quadro dei prezzi impossibili: «Prenda piuttosto quel disegno della torre che è la nostra gloria locale», mi suggerisce, «è molto bello e costa 15 dollari». Se fosse stato un commerciante così poco pratico come la moglie di Hrovje Kapelina, messer Marco Polo non sarebbe mai riuscito a farsi accettare alla corte del Gran Khan, né sarebbe sfuggito all'appetito di quei mangiatori di carne umana dell' Asia Centrale con i quali andò tanto d' accordo. 
(c) El Pais-la Repubblica traduzione di Guiomar Parada (26/08/2002)
MARIO VARGAS LLOSA
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kotaineuropa · 4 years
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ベジタリアンという選択Scegliere la vita vegetariana
ベジタリアンになると決断して、4年が経った。この4年間、日本にいる時は仕事や家族、友人との兼ね合いだったり、そもそもベジ仕様の商品が少なすぎたりして、肉や魚を食べていた時もあった。イタリアに帰ってきてもう3か月が過ぎ、ベジタリアンとしての生活は再び当たり前のものになった。から、ここらでどうしてベジタリアンになったかの経緯を残しておきたいと思う。
Sono già passati 4 anni da quando ho deciso di diventare vegetariano. Oggi scrivo qui soprattutto i motivi di questa decisione.
始めに言っておくと、別に読んでいる人にベジタリアンになってほしいと思って書いているわけではない。何を食べるのかは、1人1人の決断だと思うから、押し付けようとは全く思っていない。ただ、これを読んで、少し興味を持ってくれたり、普段自分は何を食べているのか考えてくれたりしたら、嬉しいかも。
Innanzitutto, non vorrei che diventaste vegetariano perché è ciascuno che decide cosa mangia nella vita. Tuttavia, mi piacerebbe se v’interessa la vita vegetariana oppure pensate di che cosa mangiate quotidianamente leggendo questo articolo.
そもそもベジタリアンって何?って人のために簡単に説明すると、ベジタリアンにも色々あるけど、欧米のベジタリアンは肉・魚は食べず、卵・乳製品は食べるのが一般的。自分の場合は、肉・魚はもちろん食べず、卵と牛乳もできるだけ避けている。イタリアという国柄、チーズを避けるのは難しいけど。食品を買う時はいちいちラベルを確認して、動物性由来の成分が入ってないかを確認してから買う等、結構厳格にやってるつもり。後、ベジタリアンって食事の幅狭そうって思われがちだけど、全然そんな事なくて、ベジ専用のレストランもあれば、レシピもネットにたくさんあるから辛いって思ったことは一度も無い。最近は代替肉(自分は嫌いだけど)もスーパーで簡単に買えるしね。
Io, come gli altri vegetariani europei, non mangio carne e pesce, ma mangio uova e latticini anche se comunque evito di mangiarli. Ormai è la mia abitudine controllare tutte le etichette prima di comprare qualcosa.
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きっかけは、大学1年生の時に、イタリア社会の授業で「スローフード」について学んだことだった。スローフードは、1986年にイタリア北部の町ブラで生まれた運動で、イタリアにマクドナルド等のファストフードチェーンが上陸してきたことを背景に、伝統的な食文化や食材を見直し、持続可能な食文化や農産業を促進することを目的としている。(スローフード自体はベジタリアニズムやビーガニズムを推奨するものではない)
どうしてスローフードがこんなに響いたのだろう。上京するまで実家暮らしで、出されたものを何も考えずに食べてきた自分にとって、好き嫌い以外の尺度で自分が食べるものを取捨選択するという考えが新鮮だったのかな。今となってはうろ覚えだけど、こうして自分は何を食べたいと思うのかについて考えるようになって、色々調べていくうちに、ベジタリアンやビーガンというライフスタイルに出会い、ああ、これだと思った。
Mi sono messo di pensarci per la prima volta quando ho studiato “Slow food” ad una lezione dell’Università in Giappone. Certo che lo Slow food non particolarmente promuove l’alimentazione vegetariana e vegana, però mi sono impressionato forse perché non avevo mai immaginato di scegliere i cibi oltre che per le preferenze. Così ho cominciato a domandarmi cosa volessi mangiare, e ho incontrato il concetto di “vegetariano” e “vegano”.
子どもの頃から、肉や魚を食べたいとあまり思っていなかった。クリスマスにステーキを出されて、ご馳走だと思って出してくれてるんだろうけど食べたくないなあと、申し訳なく思っていた。給食の時、何でみんな肉が好きで野菜は嫌いなのに、自分は反対なんだろうと不思議に思っていた。そして、それをずっと自分の好き嫌いだと思っていた。変な好き嫌いだなあ、くらいに。
Fin da bambino, non mi piacevano carne e pesce. Mi dispiaceva per i nonni che mi davano la bistecca ad ogni Natale considerandola una vera delizia. A pranzo scolastico, mi domandavo perché mi piacesse la verdura e non la carne, al contrario di tutti gli altri compagni. E pensavo fossi schizzinoso in modo strano.
けど、ベジタリアニズムの理念を知って、自分が持っていたのは単なる好き嫌いではなく、「動物の生命を奪って口にすることへの違和感」だったことに気づいた。これは動物愛護から来るものではなかった。はっきり言って、当時動物好きじゃなかったし。そうではなく、農耕技術が飛躍的に発展し、いまや大量に食料が溢れている21世紀にも関わらず、狩猟を行っていた時代から変わらず、動物の生命を奪って口にすることに何の疑問も抱かない現代社会への違和感を漠然と感じていたのだと、気が付いた。これがベジタリアンになった1つ目の理由。
Tuttavia, sapendo l’idea di vegetarianismo, ho scoperto che avevo non soltanto le preferenze ma un dubbio verso uccidere gli animali e mangiarli. Penso così non per gli animali (dicendo la verità, prima non mi piacevano), ma perché non capisco come mai ancora li uccidiamo noi gli esseri umani che viviamo nel 21º secolo in cui già esistono le tecnologie agricole sviluppate e i cibi così abbondanti da buttare via. Questo è il primo motivo.
更に調べるにつれ、他にも共感できる考えがあると分かった。それは、貧困と、気候変動・環境に対する影響。どういうことかというと、肉食のために家畜を育てるのには、当然大量の穀物が必要となり、穀物だけを人間が口にするのに比べ、3倍とも10倍とも言われる穀物が家畜に与えられる。具体的な数値はデータとか家畜種によるから置いておくとして、とにかく大量の穀物が必要。でも世界には食べ物がなく困っている人々がたくさんいる。 ならその穀物を家畜に与えるのではなく、飢餓状態の人々に与えるべきじゃない?と思った。これが2つ目の理由。
In più, mi sono d’accordo con gli altri 2 punti: per la povertà e l’impatto ambientale. Per allevare gli animali domestici, servono molto più cereali rispetto al caso in cui mangiamo solo gli stessi cereali. D’altronde, ci sono le persone innumerevoli che soffrono per la fame. Allora perché non glieli distribuiamo, invece di mangiare la carne?
そして、家畜を育てるには、森林を伐採しスペースを確保しなくてはならない。事実、アマゾンの森林伐採の大部分は、林業ではなく畜産業によるものとも言われている。さらに、家畜は大量の温室効果ガスを排出し、温暖化の促進に寄与してしまう。大量に資源を必要とするだけでなく、環境を破壊してまで肉食を続ける必要ある?と思った。これが3つ目の理由。
Alla fine, come terza ragione, non sono d’accordo con abbattimento dei alberi per fare spazio all’allevamento. Si dice che la maggior parte del abbattimento amazzonico è non per selvicoltura, ma per allevamento. Inoltre, gli animali allevati, espirando tanto gas, contribuiscono al riscaldamento globale. Io non vorrei danneggiare questo pianeta.
そして、ベジタリアニズムがあまり浸透していない日本で完全に実践するのは難しいから、ボローニャに留学したらベジタリアンになると決めて、イタリアに飛び立った。
E così ho deciso di diventare vegetariano dopo l’arrivo a Bologna perché pensavo fosse difficile farlo in Giappone dove non si diffondeva (e non ancora) il vegetarianismo.
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ボローニャは美食の街で、ボロネーゼソースからもわかるように、特に肉が有名な街。そこで自分にテストをした、果たして本場のボロネーゼを食べてもなお、ベジタリアンになるという意思は揺らがないのか試してみた。あの時の感情はまだ鮮明に覚えている、ああこれは自分が食べたいものではない、と。味の問題ではない。肉食への猛烈な違和感だった。こうして1年間のイタリア留学中はベジタリアンを貫き通した。
Bologna, la città famosa per la gastronomia, soprattutto piatti di carne. Qui, mi sono dato il “test finale”, cioè ho provato i veri tortellini al bolognese per verificare se volevo veramente cambiare il mio stile di vita. Non mi dimentico mai di sensazione di rifiuto. “Può essere che sono buoni, ma non sono i miei.” Ero convinto di fare senza carne. Così ho continuato l’alimentazione vegetariana durante il soggiorno a Bologna.
帰国して、しばらくは頑張って続けていたが、どうしても限界があって肉を食べざるを得ないことがあり、半泣きになりながら食べたりしたこともあった。久々の肉食生活に体がついていかず、しばらく腹痛が続いた。(やっぱり菜食の時の方が胃腸が軽かった。胃腸の能力が弱まったとも捉えられるし、肉食は消化に多くのエネルギーを必要とするとも捉えられると思う。)けど、肉を再び食べることが出てきてから1ヶ月くらいで、留学前くらいには食べれるように戻った。イタリアで5キロ減った体重も、元通りになった。(別にダイエットのためにやってたわけじゃないから気にならなかったけど)
それからは日本では完全にベジタリアンやるのはかなり難しいから、辛いけど、可能な範囲でやろうと決め、肉食への違和感をコントロールするようにした。特に社会人になってからは辛かった。まず、忙しすぎて自炊する時間と気力なんて無い!!!だから外食やコンビニ食になるけど、ベジ仕様の商品なんて基本無い。何より辛かったのは、忙しすぎて自分が食べるものを考える余裕すらなかったこと。遅くに帰ってきては、いつも韓国の激辛ラーメン食べて歯磨いて顔洗ってベッドインみたいな日々、そして土日に必死に野菜を摂取、みたいな。肉食べるってなったら、お酒も頼み、酔っ払うことで自分を騙す、みたいな。今となってはもはや懐かしい。
Dopo il ritorno in Giappone, spesso dovevo mangiare carne o pesce con gli amici e la famiglia e in lavoro, di cui ovviamente avevo la gran difficoltà. Non era raro che mi abbiano chiesto i motivi per vegetariano in modo negativo e ostile. Spesso mi hanno detto: “Ma perché non mangi la carne e il pesce? È uno spreco! Non hai mai mangiato la buona carne!” Sono stanco di questo tipo di persona. Non ho mai dimostrato la mia rabbia a loro, ma nel cuore, “Ma i fatti miei! Non ti sto imponendo di non mangiare la carne! Se non intendi di ascoltarmi per niente ma intendi solo di criticarmi, vai via perché è uno spreco di tempo!” Sì, purtroppo in Giappone ci sono tanti che pensano di essere criticati quando ascoltano le idee diverse dalle loro. Ma solo che c’è la diversità di opinioni..
そうこうしてようやくイタリアに戻ってきて、ベジタリアン生活再開したわけだけど、身体的にも精神的にも軽やかなのが分かる。何より、何でベジタリアンなんてやってるの?って、明らかに否定的な態度で質問してくる人なんて誰もいないし。むしろ、自分も理念に共感するからやりたいけど、どうしても肉を諦められないから、すごいなって思うって言われるくらい。
今は、ただ肉・魚を食べないっていうだけじゃなくて、栄養素を考えて自炊してるし、植物性食品だけだと摂取が難しい栄養素はサプリやシード・ナッツ類から摂取してる。(サプリは体に良くないと言う人もいると思うけど、自分はそう思わないし、何より肉食べるくらいならベジ仕様のサプリ飲む。)健康のために始めたわけじゃないけど、You are what you eatだし、自分の健康は自分で守っていかなくちゃね。
Adesso sono tornato in Italia e sono felice perché qui non c’è nessuno che dice così. Mi sento fisicamente e mentalmente leggero. A differenza di quando ero a Bologna, adesso sono molto attento alle nutrizioni. È una cosa basilare ma stranamente ne ho trascurato a Bologna! Si dice “You are what you eat” e dobbiamo prendere cura della propria salute da soli.
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とりあえず今回はここまで。長文になったけど、たぶん今後も長文になりそう。まあ自分の記録用だし。次回はベジタリアンとビーガンの違い、「肉食は否定しておきながら、卵や乳製品は食べるの?」っていう点について書こうかなあ。あと、BIO製品についてもそのうち書きたい。
Siccome questo blog è soprattutto per farmi la riflessione delle mie esperienze, scriverò così lungamente anche in avanti😅 Penso di dedicare alla vita “vegana” (cioè non quella vegetariana) alla prossima...
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aliceramone · 7 years
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io delle cose so vedere sempre solo la fine. tutti mi conoscono per la mia integrità, per la mia poca dolcezza, per il mio non sapermi mai lasciare andare davvero. è sempre stata la critica che più mi è stata mossa: non saper sciogliermi abbastanza. io l'ho sempre vista come una conquista, come il punto di arrivo vincente di una vita di insuccessi. la verità è che di fondo c'era la paura che mi bloccava nel fare qualsiasi cosa, nel costruire qualsiasi ricordo. allontanare prima che ti faccia del male ogni possibile sbaglio, evitare ogni foto, ogni dedica, per non averla impressa nella memoria nel momento in cui non esisterà più. il piano ha funzionato bene in tutti questi anni, sono riuscita a mantenere la razionalità della mia vita sempre una riga sopra al profondo bisogno di amore e di amare che ho sempre percepito. cosa succede quando trovi qualcuno che invece i tuoi confini li stravolge? quando guardare alla fine non ti fa rinunciare all'andare avanti? io lo so come funziona con me. io non so accettarli i cambiamenti. ho bisogno di uno statico dinamismo che rende la mia vita frenetica ma con certezza: io avrei tanto bisogno di sapere che non sto cadendo nel vuoto. l'amore è il compromesso in cui accetti che l'altro può ferirti da un momento all'altro ma non lo fa. ed è il compromesso di accettare che in caso l'altro lo facesse tu resteresti lì, a farti ferire. credo così tanto al nostro futuro che guardare le lucine degli alberi di natale nei negozi mi fa pensare a come sarebbero le feste con te, al profumo dei tuoi maglioni morbidi che ti stanno così bene che si mischia a quello dell'inverno, ad una casa dove stare al caldo se fuori nevica mentre tutto intorno è illuminato e noi brilliamo anche di più. se manchi tu manca la luce nello scenario di questo futuro che senza di te è vuoto e scuro. io sono vuota e scura. ed il mio vuoto alle cose belle le soffoca.
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halfblood-roleplay · 7 years
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⌠ 27 dicembre 2025 ;; Hogsmeade ;; Moira e Aurora ⌡
[ Moira ]
Ah, Hogsmeade! Moira amava quel villaggio, soprattutto durante le feste natalizie. La neve ricopriva gli alberi e i tetti delle abitazioni, le luci decoravano le vetrine dei locali, rendendole più allegre e invitanti — almeno a suo parere — e l'atmosfera calda e accogliente le ricordava quella del quartiere nel quale era cresciuta e vissuta. 
Ed era proprio lì, difronte al negozio di Mielandia, che aveva stabilito di incontrarsi con Aurora, quella mattina, per fare quattro chiacchiere, passare un po' di tempo insieme e — perché no? — magari fare qualche altro acquisto natalizio, nonostante la festa fosse ormai passata. Ma, come avrebbe sempre ripetuto lei e come le era stato insegnato dalla madre fin da quando era piccola, non era mai troppo tardi per i regali e gli acquisti, soprattutto durante i periodi di festività. Mentre osservava la vetrina, la mente che già sceglieva ciò che avrebbe comprato più tardi, vide il riflesso dell'amica avvicinarsi e si voltò per salutarla con un sorriso. «Ehi, Au, eccoti qui! Come stai?»
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[ Aurora ]
Era letteralmente un bisogno fisico quello di uscire e divertirsi. Aurora odiava stare troppo tempo chiusa in un luogo: lei aveva bisogno dell'aria aperta, del fresco, della compagnia. Aveva bisogno di staccare la testa e pensare /solo/ a divertirsi. Che poi non ci riuscisse, quello era ben altro problema. Quella mattina di Dicembre si sarebbe dovuta incontrare con Moira al villaggio di Hogsmeade, praticamente l'unico luogo che era loro concesso visitare durante il periodo scolastico. Ormai gli studenti conoscevano a menadito le vie che conducevano al villaggio, tutti gli anfratti, i negozi... ogni cosa di quel paesino che si trovava poco distante dalla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Ogni tanto ciò veniva a noia alla Corvonero: le sarebbe piaciuto vedere posti nuovi ma non le era concesso, per cui si sarebbe dovuta accontentare. E così faceva, dirigendosi con tranquillità, le mani nelle tasche del pesante giaccone, verso Mielandia, davanti cui scorse immediatamente la figura di Moira, sua amica. A vederla, non potè fare a meno di sorriderle e affrettare il passo. «Moira! Sto bene grazie... tu invece?»
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[ Moira ]
«Bene, grazie! E' Natale, come potrei non essere felice?» Disse, sorridendo, per poi guardarsi intorno come a giustificare ciò che aveva appena detto con il panorama che le circondava, quello del villaggio di Hogsmeade, ancora imbiancato, ancora decorato. Aveva pensato a diverse cose da poter fare, una volta incontratesi, ma, come ogni volta, non avrebbe saputo scegliere tra nessuna delle idee che le erano venute in mente, perché nessuna di esse la convinceva fino in fondo. Così, come era solita fare, invece di proporre qualcosa, decise di lasciare scelta all'amica, con la speranza che lei potesse essere più decisa, in modo da risolvere in fretta il problema. «Che si fa, adesso?» Si guardò intorno, per notare le zone in cui la gente si dirigeva, in gruppi più o meno grandi. I luoghi più affollati, come al solito, sembravano essere i Tre Manici di Scopa e Madama Piediburro; in quella giornata piuttosto fredda era ovvio che le persone volessero trovare un caldo riparo per, magari, gustarsi qualcosa di tiepido. «Seguiamo la folla o andiamo per conto nostro?» Concluse, indicando le persone che sciamavano verso i due locali.
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[ Aurora ]
Moira era capace di metterla di buon umore. E questa era una cosa che non sarebbe cambiata. Era sempre gentile lei, sempre così paziente e sorridente. E riusciva a trasmettere quella felicità anche ad Aurora, che da tanto tempo ormai percepiva il Natale in maniera differente da prima: se fino a qualche anno prima quella festa la eccitava, adesso, nonostante gli sforzi che ella stessa faceva, non riusciva a lasciarle praticamente nulla. Una cosa strana quella, ma si sa: le persone cambiano. «Giusto, tu adori il Natale» ridacchiò quindi, accentuando la pronuncia del verbo, per poi pentirsene a causa del suo difetto di pronuncia. Ah quella maledetta r che la perseguitava! Sperando che il lieve rossore delle sue guance passasse inosservato, la Corvonero si voltò un attimo verso la vetrina del negozio, soppesando attentamente le alternative proposte da Moira. «mmh» portò una mano tra i capelli per poi sistemarsi il berretto di lana nera. «Se ti va di fare le piccioncine» fece un sorriso provocatorio, accompagnato da una buffa espressione volta a far ridere l'amica «possiamo stare un po' da sole. Ma mi andrebbe bene anche seguire gli altri e prendere una bella burrobirra ai tre manici di scopa. Oppure avevi già qualche piano?»
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[ Moira ]
«Oh, Au, non dirmi che a te non piace, perché non ci credo!» Esclamò, vedendo la sua espressione un po' incerta in reazione alle sue precedenti parole, per poi lasciare spazio a una piccola risatina. Ovviamente, non avrebbe mai obbligato nessuno ad amare il Natale, non come faceva lei, almeno. Era sempre stata contraria a imporre le proprie idee sugli altri e, senza alcuna ombra di dubbio, sarebbe rimasta fedele a quel principio anche in quel momento. Ma, nonostante ciò, le sembrava difficile pensare che qualcuno non trovasse speciale quella festa, almeno non conoscendo le ragioni che avessero portato a una decisione del genere. E, se questa persona fosse stata sua amica, come in quel caso, avrebbe fatto di tutto per valorizzare lo spirito della festività, in modo da renderla un po' più apprezzabile agli occhi dell'altra. Un'altra risata spontanea uscì dalle labbra della ragazza, dopo che l'amica le ebbe chiesto se voleva che facessero le piccioncine; era sempre bello stare insieme a persone capaci di fare battute e di farla ridere, le arricchivano decisamente le giornate. E, fortunatamente, Aurora era una di queste. «Bhe, avevo molte idee in testa, ma, sai, sono sempre la solita indecisa. Però, devo ammetterlo, quella della burrobirra rientrava tra di esse; non è che, per caso, sai leggere nel pensiero, Au?»
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[ Aurora ]
«Non è che non mi piace» iniziò a dire, incrociando le braccia al petto «Solo non mi piace quanto piace a te» commentò quindi ridacchiando. Eh si, Aurora era proprio di buon umore quel giorno. Sarà stata l'aria invernale, sarà stata l'uscita con la ragazza. Ad ogni modo, lei non poteva fare a meno di ridere e sorridere continuamente, cercando di comportarsi in maniera naturale e spontanea. In fondo con lei poteva permettersi di farlo. Era sempre stata una buona amica, lei. E Aurora lo sapeva bene, ma aveva sempre paura di allontanarla con i suoi comportamenti strani, alle volte. Però era felice quando riusciva a farla ridere: in effetti lei era sempre felice quando riusciva a far ridere la gente. Magari evitando freddure idiote e battutine senza senso. «Sai com'è Moira... la forza scorre potente nella mia famiglia, quindi si è possibile che io ti legga nel pensiero. Burrobirra quindi?»
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[ Moira ]
«Oh. bhe, io sono incline a farmi trasportare dall'atmosfera festiva, in questo periodo! Alcuni direbbero che sono piuttosto esagerata...» Disse, rivolgendo un nuovo sorriso all'amica e stringendosi nelle spalle, in riferimento al suo comportamento di quei giorni. Spesso pensava che agire in quel modo non fosse proprio la cosa migliore per rendere piacevole la propria compagnia agli occhi degli altri, ma poi, nonostante le insicurezze, si ricordava che alcune persone, quelle alle quali si stava affezionando di più, l'avevano e la stavano accettando per quello che era veramente. E Aurora era una di quelle persone, colei con la quale non doveva sforzarsi per essere accettata; doveva solo smetterla di pensare troppo, comportandosi come le veniva più spontaneo. «Burrobirra.» Affermò, convinta, iniziando a incamminarsi dietro alla folla diretta ai Tre Manici di Scopa.
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[ Aurora ]
«Ma no! non sei esagerata, al contrario! sei dolce» Rispose Aurora, continuando a sorridere. Ebbene sì, con Moira si poteva dire che vi fosse davvero un bel rapporto, del tutto particolare. Alle volte temeva di infastidire anche lei, ma in generale si divertiva a passare il suo tempo con la studentessa. «Evviva!» allora esclamò, al pensiero della bevanda calda che le due avrebbero presto assaporato. Ad Aurora piaceva molto il suo sapore pungente. E poi in una giornata così calda cosa altro si poteva gustare? Quindi, accompagnata da Moira, iniziò a camminare lungo le strade innevato di Hogsmeade, saltellando di tanto in tanto, davvero felice per un momento.
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[ Abbandonata ]
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margiehasson · 5 years
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Regali di Natale: idee per amiche, mamme e zie
Una raccolta dei regali di Natale femminili più belli per stupire mamme, amiche, zie tutte le amanti della bellezza che fanno parte della nostra vita.
Photo Credits Instagram @alicecerea
  Le luci degli alberi scintillano, le case sono ricche di decorazioni, le canzoni natalizie echeggiano nell’aria, ci siamo, è ufficialmente Natale! Oggi vediamo insieme una raccolta di regali di Natale unici nel loro genere per stupire tutte le figure femminili amanti del beauty che fanno parte della nostra vita. Siete pronte?
Qui trovate una raccolta di idee regali per Natale beauty per tutti i gusti e per tutte le tasche!
Iniziamo da una delle donne più importanti della nostra vita: la mamma! Per lei un regalo è d’obbligo, piccolo o grande che sia. Se non ha preferenze potreste regalarle una rilassante giornata alla SPA (magari da trascorrere in vostra compagnia!).
Dalla mamma alla sorella, per chi ha la fortuna di avere una figura così importante nella propria vita il consiglio è di celebrarla con un regalo che sia utile e allo stesso tempo ad alto impatto emozionale. Cosa ne pensate di un profumo con inciso il suo nome?
Qui trovate una raccolta di regali per natale per lei che vi sarà d’ispirazione.
I consigli per i regali di Natale continuano e l’albero genealogico si allarga! Per zie, nonne e cugine optate per piccoli regali. Bottega Verde ha sviluppato una serie dedicata al Natale con tantissimi cofanetti differenti, ne troverete di carini anche da Douglas e Sephora.
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  Proseguiamo con le amiche, quelle nuove oppure quelle che sono con noi da una vita intera. Per loro i regali possono essere differenti, in base al rapporto che avete. Qui trovate una serie di regali per Natale per le amiche per tutti i gusti.
Dalle amiche alle colleghe. In questo caso, specialmente se al lavoro siete in tante, è indispensabile trovare dei regali che facciano bene allo spirito (e anche al portafoglio!). Qui vi consiglio una serie di regali per Natale economici mentre qui trovate 5 regali per 5 donne differenti.
Che ne dite? Avete trovato i regali di Natale perfetti per quest’anno? Se avete ancora qualche dubbio qui trovate una raccolta di  regali per Natale strani per tutti i gusti!
L’appuntamento è sul canale youtube, su Alice Cerea e nelle stories di Instagram con tantissimi tips beauty e non solo, alla prossima!
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tma-traduzioni · 4 years
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MAG 042 - Caso 0131103 - Grifter’s Bone
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Dichiarazione di Jennifer Ling, riguardo una performance musicale dal vivo alla quale ha assistito a Soho. Dichiarazione originale rilasciata il 3 novembre 2013. Registrazione audio di Jonathan Sims, Capo Archivista dell’Istituto Magnus, Londra.
Inizio della dichiarazione.
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Chiunque abbia scritto di musica abbastanza a lungo ha sentito parlare di Grifter’s Bone. Una leggenda metropolitana, non del tutto uno scherzo, non del tutto qualcosa di vero. A volte sono un gruppo, a volte solo una persona. Se la storia li presenta come un gruppo, allora l’unico di cui i vecchietti conoscono il nome - perchè sono sempre i vecchietti a raccontare queste storie - è un tipo chiamato Alfred Grifter. Alcuni giureranno solennemente che sia il suo vero nome, altri ti daranno solo uno sguardo d’intesa e chiederanno se ti sembra vero. Il fatto è che nessuno sa un accidenti di lui tranne il nome con cui si fa chiamare, quindi sono tutte storie e chiacchiere, ma ce n’è in abbondanza per tutti.
La storia racconta di un musicista mediocre che brama di più, che si dà alle arti oscure, di solito adorazione del diavolo o stregoneria, ma fa un errore. Ne ho sentito parlare come di una maledizione, di un desiderio formulato male o persino di un diavolo che semplicemente si arrabbia per essere stato evocato e lo picchia fino a che le sue mani non funzionano più. Il finale però è sempre lo stesso: la sua musica è così stridente, così orribile da far rivoltare le budella, che lui, o a volte la sua band, sono costretti a imbucarsi ai concerti per suonare non annunciati a qualsiasi pubblico possano trovare. E la musica è tremenda, una cupa cacofonia di disaccordo e rumore, troppo da sopportare. Puoi sempre capire quando i Grifter’s Bone hanno suonato, ti diranno, a causa di tutte le orecchie strappate. Non si sbagliano completamente.
È da un po’ che scrivo per Earful. Prima ero solo io che scrivevo i miei pensieri sulla musica su un blog, ma qualche anno fa il mio allora-amico, adesso-capo Tommy Moncreef mi disse che stava mettendo su un sito musicale e mi chiese se volessi scrivere per esso. Ovviamente dissi di sì, ed eccomi ora a gestire i suoi contenuti video. Earful.com esiste da soli tre anni circa ma a essere sinceri nel mondo dei siti musicali ciò ci dà un pedigree abbastanza decente. Tommy viene dalla vecchia scuola - ha scritto per dozzine di riviste musicali, ai tempi degli alberi morti, prima che la stampa diventasse un imbarazzante parente sempre più vecchio che proprio non si decide a morire. Il punto è che conosceva molti vecchi contatti e scrittori, la maggior parte dei quali ha coinvolto per Earful. Il che vuol dire che sono stata rapidamente aggiornata su decenni di chiacchiere sulla scena musicale di Londra da uomini bianchi di mezza età che indossano solamente magliette di gruppi finiti tragicamente. Ed è stato allora che ho iniziato a sentire parlare di Grifter’s Bone.
Ogni volta che qualcuno stava ascoltando qualche proposta sotto la media, o anche qualche loro musica non ben vista, uno dei vecchietti, di solito Mike Baker, gli gridava “Vedo che hai il nuovo album di Grifter’s Bone!” o “Non sapevo che i Grifter’s Bone fossero tornati insieme!” o qualcosa del genere. Era seccante da morire, ma non l’ho mai veramente menzionato. E dopo aver sentito ogni possibile variazione della storia da una mezza dozzina di scrittori ubriachi alla nostra festa di Natale, ho più o meno deciso di lasciar stare.
Non ci ho più pensato molto fino all’inizio di quest’anno. C’è un tipo che lavora per Earful di nome Lee Kipple. Il suo titolo ufficiale è ‘Editore delle proposte’, anche se noi lo chiamiamo in modo un po’ più volgare, e il suo lavoro è ascoltare tutta la musica che ci viene mandata spontaneamente. CD, MP3; recentemente c’è stata una strana moda di mandarci musica su chiavette USB gadget. Lui la ascolta tutta. Come potete immaginare, la maggior parte di essa è tremenda. Comunque, Lee è praticamente il tipo più gentile che io abbia mai conosciuto, e non penso di averlo mai sentito lamentarsi. È alto, un po’ allampanato, con capelli lunghi e biondi che gli coprono le orecchie. E gli occhi se non sta attento.
A causa del suo lavoro, Lee ovviamente riceve molti commenti riguardo l’ascoltare musica schifosa, e se è uno dei vecchietti potete scommettere che menzionerà Grifter’s Bone. Mi ci è voluto un po’ a notare quanto la sua reazione fosse strana quando questo succedeva. Mentre la maggior parte dello staff fingeva di ridere, sospirava o imprecava un po’, Lee si irrigidiva. Annuiva delicatamente e allungava la mano a grattarsi le orecchie, ancora per la maggior parte coperte dai capelli. Nessuno sembrava notarlo.
Ho continuato a guardarlo e il comportamento ricorrente si ripeteva ogni volta che il gruppo veniva menzionato. Non so quando mi sono convinta che doveva aver visto Grifter’s Bone esibirsi dal vivo, ma l’ho fatto. E oltre a quello, ho deciso che doveva avere orecchie finte, essendosi strappato le sue quando aveva visto il concerto, ed era per questo che teneva i capelli lunghi per coprirle. Non ci credevo davvero, ovviamente. Era solo una piccola teoria divertente con la quale mi piaceva giocare. Ma più guardavo Lee, più sembrava che davvero cercasse di tenere le sue orecchie coperte intenzionalmente.
Alla fine, circa un mese fa, ho deciso semplicemente di chiederglielo. Eravamo tutti usciti a bere qualcosa, e ammetto che potrei avere bevuto qualche vodka tonic in più di quanto sarebbe stato saggio, ma quando tutti gli altri se ne erano andati a casa ed era rimasto solo Lee, ho deciso che era il momento. Gli ho chiesto se fosse terribile come tutti dicevano. Lui è sembrato confuso, e io mi sono avvicinata. “Grifter’s Bone”, ho detto. Lui si è immobilizzato, completamente fermo. Ho aspettato che si toccasse le orecchie, ma invece mi fissava soltanto, senza muoversi. Ha cominciato a balbettare qualcosa riguardo non sapere di cosa parlassi, ma io l’ho interrotto. Ce l’aveva scritto su tutta la sua faccia terrorizzata; l’aveva visto.
L’ho guardato mentre decideva se cercare di scappare o no. C’è stato un momento in cui sono stata sicura che sarebbe letteralmente sfrecciato verso la porta, ma invece ha sospirato e annuito. Era stato quattro anni prima, mi ha detto, al The Good Ship a Kilburn. Lee aveva guardato un gruppo metal emergente il cui nome non si ricordava più - erano stati discreti, un po’ deludenti, quindi era dell’umore di finire il suo drink e andarsene. Il resto del pubblico sembrava pensarla allo stesso modo, quindi nessuno ha notato quando un uomo è salito sul palco e ha montato una piccola tastiera.
L’uomo era basso, così ha detto Lee, e spiacevolmente magro, con indosso un logoro completo marrone che gli stava addosso come, nelle parole di Lee, “lembi di pelle mal calzante”. I suoi capelli neri radi erano tirati indietro, e la sua faccia aveva una strana aria di crudeltà. Quando posava le dita sul suo strumento lasciava macchie rosso scuro sui tasti bianchi. Lee ha detto che non aveva mai sentito parlare di Grifter's Bone prima di quel momento, ma in qualche modo sapeva cosa stava guardando. E poi la musica era cominciata.
Dopo aver detto questo, Lee si è zittito. Era chiaro che si stava concentrando molto. Ho aspettato, non volendo interromperlo, ma alla fine ha solo scosso la testa. Ha detto di non riuscire a ricordare la musica. Ha provato, ma c’era solo il vuoto. Quando era tornato in sé stava vagando per le strade di Kilburn quasi due ore dopo, la sua maglietta inzuppata di sangue. Per la maggior parte di sangue suo. Detto questo Lee si è sbottonato la camicia e mi ha mostrato una serie di vivide cicatrici tagliate sul suo petto. L’ospedale gli ha detto che era probabilmente stato un taglierino di qualche tipo, ma lui non ne aveva memoria.
A questo punto sembrava sull’orlo delle lacrime, ma io non potevo lasciare stare. Gli ho chiesto delle sue orecchie. A questo in realtà ha riso e ha detto che no, non se le era strappate. Portando su la mano, Lee ha tirato indietro i suoi lunghi capelli biondi, scoprendo un orecchio che a prima vista sembrava normale. Guardando più da vicino però ho visto che indossava dei tappi per le orecchie color carne in modo che non fossero evidenti, e incrostato ai loro bordi c’era un anello di sangue secco. Ha detto che era l’unico modo che aveva trovato per farlo smettere di colare e rovinargli le camicie.
A questo sono rimasta un po’ sconvolta. Comprensibilmente, immagino, anche se era completamente colpa mia, e gli ho detto che doveva vedere un dottore se le sue orecchie non smettevano di sanguinare. Lee ha solo scosso la testa, dicendo che aveva visto abbastanza dottori da sapere che non lo potevano aiutare e che aveva imparato a conviverci. Abbiamo bevuto il resto della notte in silenzio prima di andare per le nostre rispettive strade.
Lo so che avrei dovuto lasciare stare dopo ciò, e di sicuro non ho più seccato Lee. Ma ho scoperto che io, io proprio non potevo lasciar perdere. O Lee era pazzo, o i Grifter’s Bone esistevano davvero. Ho cominciato a fare ricerche online. C’erano un po’ di siti che ne parlavano come di una leggenda metropolitana. C’era un duo punk in Oregon che annunciava orgogliosamente di essersi dato il nome Grifter’s Bone come “il Jack lo Squartatore della musica del Regno Unito”. C’erano molti post su blog musicali da novellini dell’ambiente che chiedevano cosa fosse Grifter’s Bone. Ma da nessuna parte c’era niente di minimamente simile alla storia di Lee.
Alla fine, avendo più o meno esaurito le forze, ho messo insieme le mie scoperte in un piccolo articolo di approfondimento e l’ho mandato a Tommy, che lo ha approvato come richiesto. Ho pensato che avevo speso abbastanza tempo sull’argomento da poterlo almeno utilizzare per qualcosa di decente per il sito. È andato abbastanza bene, anche se non ha avuto abbastanza successo da giustificare il tempo perso su di esso. Lee non lo ha menzionato quando ne abbiamo parlato la volta dopo - gli avevo chiesto se potevo scrivere della sua esperienza dopo averla resa scrupolosamente anonima, e lui aveva fatto spallucce e detto va bene. Tutto sommato, sembrava che qualsiasi cosa mi avesse presa all’amo fosse finito e io non ci stavo troppo male.
Poi qualcuno ha lasciato un commento sul mio articolo. Diceva solo “Stasera. Soho.” Non ci avrei prestato molta attenzione se non fosse stato per la seconda riga: “Non sono necessari tappi per le orecchie”. I tappi per le orecchie di Lee, e la ragione dietro a essi, erano stati l’unica cosa che lui aveva richiesto di tralasciare nell’articolo. L’ho menzionato a Tommy, e lui ha detto solo qualcosa riguardo ai perditempo, e a come io avessi di meglio da fare che passare una serata a vagare per Soho ed entrare in sale concerto a caso.
Probabilmente dice qualcosa di veramente deprimente sulla mia vita personale il fatto che davvero non avessi niente di meglio da fare. Quindi quel pomeriggio ho fatto precisamente quello. Vagare per le strade di Soho, prendere nota di tutti i musicisti in scaletta per suonare quella sera. Come mi aspettavo, nessuno di essi aveva in lista che avrebbe suonato Grifter’s Bone, ma ne ho preso nota comunque. Non era molto tardi ma era già buio, il mondo illuminato dal bagliore colorato delle insegne e dalle vetrine di Soho. Il vento era debole nelle strette strade, ma attraversava comunque il mio sottile cappotto di lana mentre vagavo, cercando un piccolo uomo dall’aria crudele con un logoro completo marrone.
Ho continuato la mia osservazione per forse un’ora quando ho visto qualcuno che mi fissava dall’entrata di un piccolo negozio. L’insegna al di sopra non aveva un nome chiaro, diceva solo “Cristalli. Libri. Tarocchi.” Era alto, scuro e segnato, con profonde linee di preoccupazione impresse su un altrimenti attraente viso. Quando ha visto che lo guardavo, ha cominciato ad avvicinarsi a me, ancora con quello sguardo intenso. Ho fatto qualche passo indietro e chiesto se lo potevo aiutare. Lui ha scosso la testa come se non fosse sicuro di cosa dire, poi mi ha chiesto che cosa stessi ascoltando. Un brivido mi ha attraversata quando mi sono resa conto che stava fissando le mie orecchie.
Io gli ho detto che non stavo ascoltando niente, e che non indossavo cuffie, e gli ho chiesto che cosa volesse. Lui ha scosso la testa di nuovo, e ha borbottato qualcosa riguardo il proteggere il mio udito. Si è poi girato e ha cominciato a dirigersi di nuovo nel negozio. Stavo per seguirlo quando ho visto un piccolo gruppo di persone girare l’angolo.
Era difficile essere sicuri dei loro lineamenti nel buio, ma a camminare davanti, trascinando una custodia per tastiera su ruote, era un uomo basso e magro in un completo marrone troppo largo. Le tre figure dietro di lui erano tutte molto più alte di lui, ma ognuno era magro come uno stecchino e si muoveva con un’andatura a scatti. Ho guardato di nuovo verso dove era stato lo strano uomo che mi fissava, ma si era ritirato nel suo negozio, e le luci erano spente adesso, perciò ho cominciato a seguire l’uomo che pensavo essere Alfred Grifter mentre lui e i suoi compagni si muovevano lungo la strada. Anche tutti gli altri portavano custodie da strumenti, e nessun altro per strada sembrava prestar loro alcuna attenzione, neppure quando il più alto ha letteralmente spinto via un uomo dal suo tragitto.
Alla fine hanno girato giù da una rampa di scale, in un jazz bar seminterrato che non ho riconosciuto. Dopo qualche secondo li ho seguiti. Il bar era poco illuminato e silenzioso, con luci rosse e arancioni che gli davano un’atmosfera calda e fumosa. Gli avventori stavano lì bevendo e chiacchierando. Ne ho contati undici in tutto. Ricordo che ho notato il numero a causa di quanto vuoto fosse il posto. La maggior parte sembravano vestiti per una serata di jazz, ma ho notato che alcuni di loro sembravano indossare pesanti cappotti o giacche e uno, un uomo anziano con una massa di capelli argentati, sembrava indossare un accappatoio di seta. Dietro di loro, sul palco, i Grifter’s Bone stavano preparando i loro strumenti.
Ora, nonostante tutto ciò che è successo fino a ora sembri mostrare il contrario, io non sono un’idiota. Mi ricordavo della storia di Lee chiaramente infatti, e non avevo intenzione di rimanere per lo spettacolo. Invece, ho tirato fuori il mio cellulare, ho fatto partire una registrazione video e l’ho posizionato in una piccola nicchia vicino all’entrata con una buona vista del palco. Ho controllato che il microfono funzionasse, e poi me ne sono andata. Sono stata in piedi in cima alle scale di quello squallido jazz club e ho aspettato.
Dopo qualche minuto a rabbrividire nel freddo, ho pensato di aver fatto un errore. Le strade erano deserte, e la notte di novembre prima mite aveva assunto un gelo da entrare nelle ossa. Poi l’ho sentita. Smorzata dai muri, ma chiaramente crescente fino a dove stavo, una nota. Una singola, chiara nota, da quel che sembrava un violoncello. Le se ne sono unite altre, una tastiera, una chitarra, e al di sopra di tutte il puro squillante suono di un flauto. Era bellissimo. Era una delle musiche più struggentemente bellissime che io abbia mai sentito. Poi sono cominciate le urla.
Non c’è stato nessun crescendo fino alle urla; nessuna crescita graduale che spieghi l’improvviso scoppio di suoni di agonia. Ci sono stati anche schianti, suoni di urti e, una o due volte, qualcosa che suonava come lacerazioni. Durante tutto ciò, di sottofondo, suonava quella bellissima musica. Io stavo lì in piedi, pietrificata sul posto, non volendo scendere laggiù ma incapace di fuggire, mentre di sotto tutto quello che riuscivo a sentire era musica inquietante e massacro.
Ho fatto per tirare fuori il mio cellulare per telefonare alla polizia, ma ho realizzato che lo avevo lasciato laggiù a registrare il jazz club. Avevo finalmente preso la decisione di correre a cercare aiuto quando i rumori sono cessati bruscamente, e c’è stato silenzio. Mi sono guardata intorno cercando chiunque potesse aver sentito le urla di dolore e panico, e che potesse star venendo in soccorso, ma non c’era nessuno. Solo io. Ho cominciato lentamente e con cautela a farmi strada verso il seminterrato. Se chiunque fosse stato lì sotto avesse voluto uccidermi, sarebbe stato piuttosto facile trovarmi con le informazioni sul mio telefono. In un modo o nell’altro ero alla loro mercè.
Quando ho aperto la porta è stato difficile capire esattamente cosa stavo vedendo. Nella fioca luce rossa, i resti lacerati e straziati delle persone che avevo visto vive meno di mezz’ora prima erano quasi indistinguibili dal tappeto e dall’arredamento. Sul palco, i musicisti stavano rimettendo via con calma i loro strumenti. Non avevano la minima macchia di sangue su di loro. Quello con il completo marrone, che immaginavo essere Alfred Grifter, ha guardato su. Ha guardato dritto nei miei occhi e ha detto, “Un bis?”. Ho afferrato il mio cellulare e sono scappata.
Non ho telefonato alla polizia. Avevo troppa paura di cosa potesse succedere. Ho guardato le notizie ossessivamente, aspettandomi di vedere qualsiasi cosa sul massacro, ma non c’era niente. È passata quasi una settimana, e non ho sentito niente. Non sono riuscita ad accedere al video di quella sera. Il mio telefono dice che è formattato male per qualche motivo, ma continuerò a provare. Sono tornata al jazz club, ma non ho trovato nessun segno di violenza, nessun segno dei Grifter’s Bone, e nessun segno delle undici persone morte quella notte.
ARCHIVISTA
Fine della dichiarazione.
Le nostre investigazioni personali sul gruppo “Grifter’s Bone” hanno ricavato poco che la signorina Ling non abbia già incluso nel suo notevolmente esaustivo articolo “Spaventi e assoli: racconto pizzicato di Grifter’s Bone”. La sua dichiarazione sembra di sicuro essere il resoconto più dettagliato di un incontro con il gruppo, supponendo che le si possa credere. Il jazz club di Dean Street nega energicamente che qualsivoglia violenza si sia svolta nel suo locale durante le date in questione, e non ci sono verbali della polizia che sembrino coincidere con la descrizione della signorina Ling.
Beh, immagino che non sia completamente vero. Secondo i verbali della polizia, durante il mese di Ottobre 2013, ci sono state un totale di undici morti violente nell’area metropolitana di Londra. Non è possibile far corrispondere i dettagli di tutte in base alle informazioni nella dichiarazione della signora Ling, tranne di una delle vittime, il signor Albert Sands, 67 anni, picchiato a morte in casa sua. Anche se è successo due settimane prima degli eventi in questa dichiarazione, secondo la polizia stava indossando una vestaglia di seta quando è stato brutalmente ucciso.
Sfortunatamente non siamo in grado di ottenere un seguito dalla signorina Ling; sembra che circa due settimane dopo aver dato questa dichiarazione abbia attaccato Agatha Norrell, la sua anziana vicina, con un martello da carpentiere. La signorina Norrell è rimasta in un coma dal quale non si è ripresa, mentre la signorina Ling ha rivolto il martello contro se stessa. Nel tempo che la polizia ha impiegato ad arrivare, aveva danneggiato la sua testa così tanto che… non c’è stata nessuna speranza di salvarla. Ho la sgradevole sensazione che possa aver finalmente fatto funzionare quel video.
Fine della registrazione.
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Supplemento. Ho osservato Martin. È stato molto attento ai miei bisogni e alla mia ripresa da quando sono tornato al lavoro, quasi al punto di trascurare i suoi compiti. Precedentemente avrei potuto attribuire tali cure alla sua etica lavorativa alquanto permissiva, ma nello stress dell’attacco di Prentiss, sono sicuro di aver notato momenti di competenza, o addirittura di astuzia, che sono al di là di quanto le sue azioni precedenti indicherebbero. Sta facendo il finto tonto? Sta venendo meno ai suoi compiti di proposito per ritardare od ostacolare le mie investigazioni? È possibile. Ha anche mostrato notevole interesse nelle mie teorie su chi abbia ucciso Gertrude. Per adesso l’ho sviato dicendogli che credo sia stato qualsiasi cosa si aggiri nei tunnel di sotto, ma sembra… non soddisfatto da questa risposta.
Sono felice che si sia trasferito fuori dagli Archivi, visto che ciò mi dà la possibilità di lavorare senza la sua presenza costante. Anche perché è riuscito a lasciarsi dietro alcune delle sue cose, per la maggior parte solo qualche libro di poesie relativamente tremende. Ce ne sono alcune che potrebbero quasi essere emozionanti se il suo stile non fosse così palesemente influenzato da Keats, ma c’è una lettera non finita indirizzata a sua madre nel Devon, nella quale menziona di essere preoccupato “che gli altri scoprano che ho mentito”.
Potrebbe non essere nulla, qualche irrilevante raggiro o altro - dopotutto, è palesemente indirizzata a sua madre - ma se avesse in realtà intenzione di inviarla a qualcun altro… Terrò d’occhio Martin.
Fine del supplemento.
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[Traduzione di: Cate]
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