#sirius x lettore
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Spirito Libero? (Young!Sirius Black x Lettore)
(a/n: scusate tantissimo, quest’estate ho avuto una serie di problemi spaventosi e non ho potuto scrivere e postare!)
Avvertimenti: nessuno
Richiesta: nope
Parole: 1401
(GIF NOT MINE)
(T/n) fece un respiro profondo, cercando di calmarsi.
Essere la migliore amica dei Malandrini era bellissimo, sì, ma a volte era davvero stressante. Doveva consolare Peter quando era giù perché, a detta di James, lei aveva una figura più “materna”. Stava sveglia fino all’alba durante le notti di luna piena perché, nonostante i ragazzi le avessero vietato di seguirli alla Stamberga Strillante, voleva anche lei aiutare Remus. Non che la cosa le pesasse, solo che tendeva a fargli compagnia per molto tempo e così perdeva diverse ore di sonno. Controllava costantemente che James non finisse in troppi guai o che non superasse il limite alla presenza della povera Lily Evans. E poi, doveva sopportare i tentativi di Sirius di distrarla durante le lezioni. Doveva ammettere che ci si metteva davvero d’impegno: dal lanciarle addosso palline di carta al scribacchiare barzellette sui libri, alla fine riusciva sempre a strapparle un sorriso.
Questa volta però la stava davvero innervosendo. Sorridendo sotto i baffi, Sirius le tirò una ciocca di capelli e chiamò il suo nome, facendo il possibile per deconcentrarla.
-Adesso basta Sirius!- sussurrò (T/n) esasperata. Lui la guardò soddisfatto, sorridendo impercettibilmente.
Sirius le piaceva, davvero, ma a volte riusciva ad essere davvero insopportabile. (T/n) sapeva che cosa aveva passato e quanto fosse disperatamente attaccato ad ognuno dei suoi amici, ma detestava quando voleva sempre stare al centro dell’attenzione, circondato da migliaia di ragazze. Era attraente e lo sapeva benissimo.
Si comportava come uno spirito libero, come se non appartenesse a nessuno, libero di fare di sé ciò che preferiva. Ma non era così, doveva saperlo. Doveva sapere di appartenere a (T/n), di essere solo ed esclusivamente suo. Sì, forse Sirius piaceva a (T/n) più che come amico. Forse era per questo che lo trovava così esasperante. Lei lo amava per i suoi difetti, per le sue debolezze, per i suoi occhi lucidi ogni volta che gli arrivava una lettera da casa. Era perdutamente innamorata delle sue chiacchierate da ubriaco, dei suoi abbracci spontanei, dei suoi sorrisi sinceri. Ecco perché non lo sopportava quando si metteva in mostra: perché non era se stesso, non era il ragazzo che amava, che voleva proteggere dal mondo, che desiderava così disperatamente al suo fianco.
-(T/n)!- la voce di James la strappò ai suoi pensieri, riportandola al presente. Era seduta al tavolo di Grifondoro e, con il mento appoggiato al palmo della mano, stava fissando il suo piatto, senza vederlo veramente.
-Sì?
-Ti ho chiesto se pensi che Peter riuscirà a finire tutto il suo arrosto. Guarda quanto ne ha preso!- esclamò il suo amico, ridendo fragorosamente. Peter dal canto suo era arrossito fino alla punta delle orecchie, ma non esitò a rispondergli a tono.
-Invece credi che James sarà in grado di non guardare la Evans più di due volte in cinque minuti?-. James lo fulminò con lo sguardo e si voltò dall’altra parte. (T/n) rise, adorava quando James veniva zittito dagli altri Malandrini.
Lanciò uno sguardo verso Sirius, seduto di fronte a lei. Stava fissando il vuoto con occhi persi. (T/n) non riuscì ad evitare che il suo sguardo esitasse sulla linea ben definita della sua mascella, sulle lunghissime ciglia scure, sulle sue spalle incurvate.
-Fissare è maleducazione, (T/n).- le sussurrò Remus all’orecchio, ridendo sommessamente. (T/n) si portò una mano al cuore, fingendosi offesa.
-Io? Fissare? Mai.- ribatté nascondendo un sorriso.
-Forse dovresti parlargli.- suggerì il suo amico, guardando a sua volta Sirius. Remus era l’unico a conoscere i suoi sentimenti. Non che lei lo avesse voluto, era semplicemente... successo. Una notte di luna piena (T/n) si era addormentata affianco a Remus e aveva parlato nel sonno. Quando lui l’aveva svegliata con un ghigno divertito aveva capito di non poter mentire, così gli aveva raccontato tutto. Lui le era sempre stato accanto, le sembrava anche giusto che sapesse. Inizialmente era stato scioccato, poi divertito, infine serissimo. Le aveva giurato di non dirlo a nessuno e di fare il possibile per aiutarla.
Una ragazza di Tassorosso si avvicinò a Sirius sorridendogli raggiante. Lui le sorrise a sua volta e le scoccò un bacio sulla guancia.
-Non lo so Rem... non mi sembra interessato-. (T/n) distolse lo sguardo con l’amaro in bocca.
Quella sera (T/n) non riusciva a prendere sonno: continuava a rigirarsi nel letto, sentendo un attimo troppo caldo e quello dopo troppo freddo. Continuava a pensare al sorriso di Sirius e a quanto fosse sembrato felice nel salutarla. E poi quel bacio. (T/n) non era gelosa, no. O almeno, questo era ciò che si ripeteva dall’istante in cui aveva messo piede nel dormitorio.
“Così non va”, pensò, rigirandosi per almeno la ventesima volta. Quindi, silenziosamente s’infilò la vestaglia e scivolò giù dal letto e, a piedi nudi contro il freddo marmo, si diresse verso la torre di astronomia. Se l’avesse vista un Prefetto l’avrebbe messa in punizione a vita.
Arrivò in cima alla torre e, ancora con il fiatone, si accorse che qualcun altro era seduto sotto le stelle. Ma quelle spalle, quel profilo, quei capelli ribelli le sembrarono terribilmente familiari. Avanzò di altri due passi e rimase senza fiato. Sirius. (T/n) non sapeva cosa fare: restare sarebbe significato soffrire, andarsene anche. Indietreggiò di qualche passo, ma urtò con il tallone un telescopio che cadde fragorosamente a terra, facendo girare di scatto il suo amico.
-Chi è là?- chiese alzandosi in piedi. (T/n) si maledisse in silenzio.
-(T/n)- il tono di Sirius era sembrato sollevato, quasi felice nel sapere che fosse lei.
-Scusa- disse (T/n), arrossendo fino alla punta delle orecchie. Lui scrollò le spalle.
-La vuoi una lezione di Astronomia come si deve?- chiese poi, alzando le sopracciglia. (T/n) annuì, ormai non aveva più nulla da perdere. Sirius si sedette a terra e le fece segno di sedersi accanto a lui.
-Quella costellazione lì si chiama Carota Gigante, o Carotus Gigantus, in latino- disse serissimo, indicando un punto nel cielo. (T/n) scoppiò a ridere. Lui la guardò finto offeso.
-Come osi mettere in dubbio le mie conoscenze in campo astronomico?- chiese con una mano al cuore. (T/n) alzò le mani in segno di resa.
-Hai ragione, chiedo scusa- ribatté ridendo. -Comunque, vediamo se le tue lezioni sono state efficaci.- continuò scrutando il cielo. -Scommetto che quella sei tu, che quella è Sirio.
Lui le prese il braccio, teso ad indicare una stella, e lo spostò poco più a destra. (T/n) sentì una scia di scintille scaldarle la pelle nei punti in cui lui l’aveva toccata.
-No, Sirio è quella lì. Sei proprio una studentessa negligente.- rispose facendola ridere di nuovo. (T/n) fece fatica a non notare come le stesse ancora tenendo il polso, sfiorandole la pelle sensibile sopra le vene blu.
-Sirius...- mormorò (T/n), incontrando i suoi occhi grigi. Quegli occhi la facevano dannare: potevano essere carichi di emozioni oppure glaciali, dolci oppure spietati, ma rimanevano sempre l’ultima cosa a cui pensava prima di addormentarsi.
Sirius le si avvicinò lentamente e nella testa di (T/n) mille pensieri sfrecciavano alla velocità della luce.
No.
(T/n) girò di scatto la testa e le labbra di Sirius finirono per sfiorarle la guancia. Gli appoggiò i palmi sul petto e lo spinse via, allontanandolo da sé. Non voleva. Non voleva sapere se il suo sentimento era reciproco. Non ne aveva il coraggio. Ne era terrorizzata.
-Sirius chi era quella ragazza di Tassorosso? Quella di stasera a cena?- chiese con voce incerta. Lui la guardò interdetto per qualche istante prima di rispondere.
-Sei gelosa per caso?- fece, sorridendo sottecchi. (T/n) arrossì.
-No.
-Beh-, continuò prendendola per i fianchi e avvicinandosela, -stai tranquilla, è solo un’amica. E abbiamo una cosa in comune: a entrambi piacciono le ragazze.
(T/n) sorrise. -Quindi non stai con lei o cose del genere?
Sirius scosse la testa. -Non ti devi preoccupare.- le disse, sorridendo dolcemente.
Qualche istante dopo, senza che (T/n) se ne accorgesse, si stavano baciando. (T/n) aveva sognato tante volte questo momento, immaginando le farfalle nello stomaco e i fuochi d’artificio nell’aria, ma quel bacio non fu nulla di tutto ciò. Fu come se ogni singola terminazione nervosa percepisse Sirius e il suo corpo premuto contro di lei, come se le ossa le si potessero sciogliere e mescolare insieme a quelle di lui, come se con quell’abbraccio potesse scivolargli sottopelle, dove sarebbe stata per sempre al sicuro.
-(T/n), mi concedi un appuntamento?- mormorò Sirius contro le sue labbra, come per farle sentire quanto dolci fossero quelle parole.
(T/n) non ebbe bisogno di pensare.
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Studentessa in Scambio (Young!Remus Lupin x Lettore)
Avvertimenti: nessuno
Richiesta: no
Parole: 2170
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GIF NON MIA
(T/n) (T/c) era davvero nervosa al pensiero di frequentare il suo sesto anno nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Era una studentessa in scambio da Beuxbatons e anche se non vedeva l’ora di vivere quella nuova esperienza, aveva paura che non sarebbe stata in grado di andare d’accordo con nessuno. Da quanto aveva sentito i Serpeverde avevano una particolare inclinazione per il male, i Corvonero erano degli insopportabili so-tutto-io, i Tassorosso dei buoni a nulla e i Grifondoro degli spocchiosi che se la tiravano. Niente che avesse a che fare con il suo carattere. (T/n) non era molto estroversa, ma quando si trovava a proprio agio con qualcuno poteva diventare una gran chiacchierona, amava leggere e aveva un grande senso della giustizia. Ma d’altra parte, quasi tutti gli studenti a Beuxbatons erano simili a lei. Forse, rifletté guardando fuori dal finestrino della carrozza con il mento appoggiato al palmo della mano, quell’anno di scambio l’avrebbe aiutata a socializzare con persone completamente diverse da lei e, magari, la cosa le avrebbe giovato.
Quando scese dalla splendida carrozza, trovò ad accoglierla una strega dall’aria austera vestita di scuro che, sorridendo leggermente, disse:-Benvenuta signorina (T/c). Sono la professoressa McGranitt.
(T/n) sorrise di rimando.
-Bonsoir profesoresa- disse con un incantevole, ma marcato accento francese. La strega le indicò un castello risalente a circa un migliaio di anni prima. (T/n) non credette ai suoi occhi: quel posto era completamente diverso dall’elegante palazzo in stile romantico di Beuxbatons. Era imponente e in stile medievale e le faceva pensare alle regge dove erano ambientati i suoi racconti preferiti. Dietro una torre scorse un estesissimo campo da Quidditch racchiuso da vastissime tribune rosse, gialle, blu e verdi. (T/n) sentì un piacevole calore allo stomaco. Quel posto sembrava casa.
-Se mi vuole seguire l’accompagnerò dal signor preside che le spiegherà tutto del suo soggiorno qui ad Hogwarts-. La McGranitt le sorrise.
-Mais oui- rispose (T/n) annuendo.
(T/n) fu lasciata dalla professoressa McGranitt, che le aveva sussurrato una strana parola d’ordine all’orecchio, davanti ad un muro protetto da due gargoyle che sarebbe dovuto essere, a detta della professoressa, l’ufficio del preside.
-Gelatine tuti gusti più uno?- fece con riluttanza la ragazza, guardandosi intorno. I due gargoyle si spostarono lateralmente per rivelare un’enorme scala a chiocciola di marmo che (T/n), seppur non totalmente convinta, salì. Si ritrovò davanti ad una maestosa porta di legno intagliato che si aprì d’improvviso, facendo uscire uno studente dall’aria unticcia e dal naso adunco che nemmeno la guardò. “Come sono scortesi ici...”, pensò.
-Ah, signorina (T/c)! Benvenuta! La prego, entri.- esclamò cordialmente un mago dalla barba lunga e bianca che le sembro di riconoscere. “Ma certo! Dev’essere Silonte! Maman me ne ha parlato. Gronde mago!”. (T/n) gli sorrise.
-Si sieda!- le disse indicando una sedia di fronte alla scrivania dietro la quale la scrutava con i suoi occhi vispi.
-Dunque, l’ho fatta venire qua per spiegarle un paio di cose importanti.- cominciò Silente. –Innanzitutto troverà le sue valige nel dormitorio del sesto anno della casa di Grifondoro. Vede, è solo per praticità: una studentessa del sesto anno trascorrerà l’anno in una scuola di magia in Africa. Comunque a guidarla in giro per la scuola ci sarà uno studente che dovrebbe arrivare tra pochi istanti. Le lezioni che dovrà seguire sono scritte qui, la sua uniforme invece...
(T/n) si distrasse e cominciò a vagare con lo sguardo in giro per il grande ufficio: quell’uomo aveva un gusto alquanto stravagante. Appesi ai muri c’erano dipinti i cui soggetti erano intenti a sonnecchiare, strane carte geografiche raffiguranti luoghi che (T/n) era convinta non esistessero, e poi libri, libri e libri. Di qualsiasi tipo: ce n’erano di grossi e di sottilissimi, di legati al suolo con una catena e di appesi al soffitto. (T/n) era completamente sbalordita.
Un sommesso bussare la strappò ai suoi pensieri. Un ragazzo sui sedici anni entrò nell’ufficio col fiato mozzo. (T/n) non riuscì ad evitare di notare quanto fosse carino: era altissimo, con i capelli scuri arruffati e due occhi color nocciola enormi.
-Voleva vedermi signor preside?- chiese cortesemente. Silente lo guardò da sopra gli occhiali a mezzaluna.
-Ah signor Lupin, eccola.- disse il mago. -Le presento la signorina (T/n) (T/c), viene da Beuxbatons. Lei le farà da guida in giro per il castello per queste prime settimane, o per lo meno finché sarà in grado di orientarsi da sola.
Remus guardò (T/n) e le sorrise timidamente.
-Credo che sia tutto. Potete andare.- li congedò Silente.
-Dunque, hai conosciuto il nostro preside. Uomo particolare, eh?- disse Remus per rompere il ghiaccio. (T/n) lo guardò per qualche istante. Voleva davvero fare amicizia con lui. Innanzitutto sembrava un bravo ragazzo e poi... beh era piuttosto attraente. (T/n) si disse che se sua mamma avesse saputo ciò che stava pensando sarebbe caduta a terra con i piedi all’aria.
-L’ho trovato interesonte- rispose arrossendo. Remus sembrò non notarlo. Camminarono ancora per qualche minuto.
-Questa è la biblioteca. Ci sono alcuni libri da cui è meglio stare alla larga, ma la sezione romanzi, seppur non grande come dovrebbe essere, è davvero ben fornita.- continuò indicandole la grande biblioteca dall’aria antica e polverosa. (T/n) scorse un capannello di ragazzi seduti ad un tavolo intenti a sfogliare un tomo dall’aria fragile.
-Ah, davvero? Spero sci sia qualche romanzo di Dickens...- disse con voce sognante lei. Remus la guardò con un sorriso.
-Purtroppo Dickens manca, ma io devo avere qualche suo libro nel mio baule. Se vuoi te li posso prestare...
Lo sguardo di (T/n) guizzò verso gli occhi scuri di Remus. -Sì, per favore.
il ragazzo la guardò con un brillio negli occhi.
-Eccoci qui, questa è la Sala Grande. Qui si viene per mangiare e per fare studio assistito, diciamo.- continuò indicando una enorme stanza. (T/n) notò delle candele fluttuanti e sorrise: sua nonna faceva lo stesso incantesimo durante le feste. E ogni volta era uno spettacolo meraviglioso.
-Beh, più che altro, tu studi e forse un insegnante ti degnerà di uno sguardo. Ecco perché quasi tutti preferiscono svolgere i propri compiti nelle Sale Comuni.- aggiunse divertito. (T/n) rise sommessamente.
-Okay questa è la nostra Sala Comune. Qui passerai più o meno la maggior parte del tuo tempo.- disse entrando in una specie di grande salotto. Le pareti erano decorate da drappi raffiguranti dei Grifoni su sfondo rosso.
-E questa è Lily Evans, una tua compagna di dormitorio, nonché la mia migliore amica. Sarà lei ad accompagnarti lì visto che a noi maschi l’ingresso è vietato- Remus le indicò una ragazza dai capelli rossi e gli occhi verdi che le sorrideva eccitata.
-Ciao, io sono Lily- la salutò porgendole la mano.
-(T/n) (T/c). Très heureux di conoscerti- disse stringendogliela riconoscente.
-Ah, che accendo adorabile!- cinguettò Lily. (T/n) pregò di piacerle: aveva disperatamente bisogno di un’amica.
-Benissimo, io vado da Sirius, sta avendo qualche problema con... i compiti- disse Remus vago, scompigliandosi i capelli. –Ci vediamo prima di cena, ti aspetto qui alle sei e mezza.
(T/n) annuì. –Bien sûr.
-Certo, i compiti...- fece Lily alzando gli occhi al cielo. –Staranno preparando un altro scherzo idiota dei loro. vieni, ti faccio vedere la nostra stanza.
(T/n) scoprì con piacere che Lily le era molto simpatica. Come lei adorava leggere, ma era anche molto estroversa e chiacchierona e (T/n) si trovò subito a suo agio con lei. Lily le aveva raccontato dei loro amici: James era il suo fidanzato e giocava nella squadra di Quidditch, Sirius era una sorta di re del dramma (le aveva detto che lo avrebbe riconosciuto immediatamente) e Peter era un po’ il più tranquillo tra tutti.
Dopo aver indossato l’uniforme di Grifondoro e aver sistemato le sue cose nel letto vicino a quello di Lily, scese con la sua nuova amica nella Sala Comune dove trovò ad aspettarla Remus.
-Io vado dagli altri, ci vediamo tra poco- li salutò Lily, correndo verso la Sala Grande. Remus sorrise a (T/n).
-Bene, volevo mostrarti ancora un paio di cose prima di cena. Innanzitutto ti conviene stare attenta a quando la parola d’ordine viene cambiata, spesso capita che qualcuno rimanga chiuso fuori per tutta la notte.
(T/n) rise. –Non sci posso credere!- esclamò.
-A James succede di continuo- rispose lui sorridendole.
Ad un certo punto, mentre scendevano le scale, (T/n) rimase incastrata in uno scalino, cadendo addosso a Remus che lo aveva prontamente saltato.
-Dannazione mi sono scordato di avvisarti!- esclamò aiutandola a togliere il piede dal buco. –Alcuni scalini hanno un tranello. Ti farò avere una mappa dove sono indicati tutti. Scusa.
(T/n) scrollò le spalle ridacchiando. –Nessun problema-. Poi, arrossendo, aggiunse:-Posso... posso sedermi avec vouz?
-Certo che puoi, (T/n).
L’arrivo di (T/n) fu accolto dagli amici di Remus con un gran baccano: Sirius si era messo a fischiare, James e Peter stavano cantando una canzone irripetibile e Lily tentava invano di zittirli.
-È il loro modo di dimostrare che sono contenti di conoscerti, lasciali perdere.- le aveva sussurrato Remus con tono colpevole. Certo, non era nel suo stile, ma lo aveva apprezzato comunque. Quei ragazzi sembravano così simpatici.
-Dicci, (T/n), a Beuxbatons ci sono dei ragazzi belli come me?- chiese Sirius passandosi una mano tra i capelli corvini.
-Ma no, mon cher. Nemmeno uno!- rispose divertita (T/n) servendosi una porzione di polpettone.
-Hai visto James? Cosa ti avevo detto? Fanno la fila per essere come me!- esclamò trionfante.
-Però penso che Lily convenga sul fatto che io sia più bello di te! Non è così?- fece James girandosi verso la ragazza che scosse la testa, nascondendo un sorriso.
-Lei non vale! Non può giudicare!- intervenne Peter puntando il dito tra James e Lily.
-Scusate ragazzi, ma il più bello è di gran lunga Remus!- disse Lily. James la guardò stizzito sussurrando qualcosa come “E tu di chi sei la fidanzata?”.
-Devo ammettere di essere d’accordo avec elle, garçons.- convenne (T/n). Remus arrossì visibilmente.
James, che sembrava essersene accorto, gli sussurrò all’orecchio:-Ti piace, eh?
Lui fece finta di niente.
-Chi scusa?
James lo squadrò. -La bella fille- rispose imitando il suo accento francese. -Andiamo Lunastorta... non sono cieco.
Remus alzò gli occhi al cielo. -E va bene, forse. Voglio dire, è carina. La conosco solo da qualche ora, ma...
James lo guardò come se la sapesse lunga. -Capisco, abbiamo un lupo mannaro innamorato!
Remus lo colpì in fronte con il palmo della mano. -Taci!
Col passare dei mesi il sestetto divenne sempre più affiatato e (T/n) e Remus sempre più vicini. Passavano gran parte del loro tempo a leggere, a fare profonde discussioni, ma anche chiacchierate senza capo né coda, a consigliarsi a vicenda letture interessanti e a fare lunghe passeggiate intorno al Lago Nero. (T/n) non sapeva esattamente che cosa le stesse accadendo, ma ogni volta che si trovava con Remus sentiva le guance andarle in fiamme e il cuore batterle a mille. Stare con lui era diverso che stare con gli altri: lui la capiva al volo, la faceva ridere in modo diverso dagli altri Malandrini. Le loro anime erano connesse tra loro profondamente ed intensamente.
-Ehi (T/n)! Mi stavo chiedendo se...- Lily uscì dal bagno con i capelli ancora umidi e s’interruppe. (T/n) stava guardando una foto di lei e Remus che avevano scattato con la sua polaroid qualche giorno prima. Lily rise tra sé e sé.
-(T/n)?- la chiamò di nuovo l’amica. -Cosa stai guardando?- chiese strappandole la fotografia di mano. Qualcosa nella sua mente scattò e la realtà la investì come un treno. “Ma sì! Proprio qualche giorno fa Remus mi ha detto di trovare carina (T/n)! Come ho potuto dimenticarmene?” pensò Lily schiaffeggiandosi mentalmente.
-Senti Lily, non so che cosa tu stia pensondo, ma davvero, smettila.- iniziò (T/n).
-No (T/n), tu mi devi ascoltare. Per caso provi qualcosa per Remus?- la interruppe Lily guardandola intensamente negli occhi. (T/n) congelò sul posto. Perché quella domanda? Forse ciò che sentiva nei suoi confronti era così ovvio? Ma era un’effettiva cotta o solo una semplice ammirazione quella che provava per lui?
-Io non... credo che... Je dois aller!- esclamò afferrando la sua borsa e scappando fuori dal dormitorio e verso la Sala Grande. Lily rimase ferma qualche secondo, poi, con un sorriso sornione, prese la fotografia e l’appoggiò sul comodino dell’amica.
Era sempre così quando doveva affrontare i suoi sentimenti: (T/n) non ne era semplicemente in grado. Si sentiva opprimere dalle emozioni, erano qualcosa di troppo grande per lei. Tuttavia, rifletté vedendo una coppia di Tassorosso baciarsi dietro una colonna, aveva sempre sognato l’amore. Come sarebbe stato amare qualcuno più della propria vita, volere il bene di qualcuno così ardentemente. Forse però quello che provava Remus non era ciò che si provava tra amici. Lui era dolce, sensibile, simpatico e dannatamente bello. La faceva stare bene, le faceva dimenticare la nostalgia di casa, la faceva sentire speciale. Forse anche lui provava lo stesso per lei. Forse. Scese le scale sospirando: magari non lo avrebbe mai saputo.
Immersa nei suoi pensieri non si accorse del gradino truccato e ci rimase bloccata. (T/n) imprecò sottovoce in francese. Stava per cadere quando due braccia muscolose la presero al volo. Alzò lo sguardo per ringraziare il suo salvatore e si trovò faccia a faccia con Remus. Lui le sorrise dolcemente.
-Merci beaucoup, mon héros- sussurrò (T/n). Remus la strinse a sé.
-Pas de problème, ma princesse.
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Con o senza di te (Young!James Potter x Lettore)
(A/n: eccomiii. scusate se è passato così tanto tempo dall’ultima volta che ho postato!)
Avvertimenti: sono la regina della tristezza, quindi oltre a ciò, nessuno
Parole: 1132 (sto cercando di scrivere immagina più lunghi)
Io e James eravamo stati migliori amici per secoli. Io gli avevo insegnato a saltare dall’altalena e lui mi aveva consolato quando mi era caduto il primo dente. Eravamo sempre stati inseparabili, sin da quando ne avessi memoria. James era il motivo per cui mi alzavo il mattino, il mio primo pensiero quando aprivo gli occhi. Ed era per questo che quando avevo iniziato a capire che lui mi piaceva, che mi piaceva sul serio, ero sprofondata nel terrore. Sapevo che lui non provava nulla più di un amore platonico per me e a me stava bene. Fino a quel momento.
Lo avevo capito all’inizio del quarto anno. Quell’estate ci eravamo visti di rado perché avevo visitato l’Europa con i miei genitori, ma quando lo scorsi a Kings Cross, l’uno settembre, e gli lanciai le braccia al collo, seppi di amarlo. I suoi muscoli si flessero per stringermi a sé, i suoi capelli scompigliati mi solleticavano il viso, il suo profumo di aria londinese, di estate mi sconvolgeva la mente. E io sentii le ginocchia cedermi e il cuore sciogliersi e seppi, nel modo più cliché che si potesse immaginare, di esserne innamorata. Mi era mancato così tanto, così tanto.
Per un buon anno ero stata attenta a non tralasciare nessun indizio della mia enorme cotta per lui, ma poi la cosa cominciò a scapparmi di mano. Era più forte di me, ero troppo presa da lui, dal suo fingere di essere un cattivo ragazzo quando in realtà si commuoveva davanti al più banale dei film d’amore, dal suo sorriso, dai suoi bellissimi occhi scuri, dal suo enorme talento per il Quidditch. Poi, per un motivo che non mi spiegherò mai, lui sembrò accorgersi di me in quel senso, così, all’inizio del nostro quinto anno, ci eravamo messi insieme.
Era stato il periodo più felice della mia vita. James mi faceva sentire amata, desiderata. Mi fidavo ciecamente di lui e viceversa. Stare con lui, baciarlo, passare le dita tra i suoi capelli corvini, mi faceva sentire lo stomaco in subbuglio, i brividi percorrevano su e giù la mia spina dorsale. Mi sentivo speciale.
Poi, un giorno, durante il freddo inverno del nostro settimo anno ad Hogwarts, il mio mondo crollò. Tutto era cominciato una sera, dopo una partita di Quidditch contro Serpeverde. Li avevamo stracciati: 510 a 240. Ero estasiata, James era stato magnifico. Dopo che la partita era finita venne verso gli spalti e mi disse di aspettarlo al banchetto in Sala Grande. Così, canticchiando l’inno di Hogwarts, mi diressi verso il castello con Sirius, Peter e Remus.
Passarono un paio di ore e James ancora non si era fatto vivo.
-Hey, Remus- esordii girandomi verso il mio amico, seduto alla mia sinistra. –Non è strano che James non sia ancora tornato?
Lui alzò le spalle. –Lo conosci, si sarà messo a chiacchierare con qualcuno mentre veniva qui.- rispose rigirandosi verso la sua torta al cioccolato. Io annuii, ancora incerta.
Fu allora che mi accorsi che anche qualcun altro mancava al tavolo di Grifondoro: Lily Evans. Decisi di andare a controllare.
Mi alzai e mi diressi verso il campo di Quidditch, quasi di corsa. Dopo qualche minuto arrivai davanti agli spogliatoi. Aprii lentamente la porta e sentii qualcosa dentro di me, forse il mio cuore, forse qualcos’altro, andare in frantumi. James e Lily erano l’uno avvinghiato all’altra. Sentii la rabbia, la tristezza ribollire in me, occupare lo spazio lasciato libero dal mio cuore in pezzi. Non potevo credere a quello che stavo vedendo.
La vista mi si offuscò e le lacrime iniziarono a bagnarmi il viso, incessanti. Cos’avevo sbagliato? Come avevo fatto a non accorgermi che James mi stava scivolando tra le dita, inafferrabile? Perché tutto questo doveva succedere proprio a me?
Per i cinque giorni che seguirono mi tenni a distanza da James, da quello che credevo il mio migliore amico, il mio fidanzato. Volevo urlare, piangere, fargli del male, ma semplicemente non potevo. Vedevo il mondo non più vivo, colorato e allegro, ma come una landa ghiacciata. Ogni suono, ogni colore, ogni sensazione era ovattata, niente sembrava più vero. James si comportava come se nulla fosse, come se non mi avesse mai tradita, come se niente fosse cambiato.
-(T/n)?- sentii una voce chiamarmi, sottraendomi ai miei pensieri. Mi girai di scatto solo per vedere il bel, bellissimo viso di James guardarmi con apprensione. Volevo baciarlo e schiaffeggiarlo in egual misura. –Tutto okay?- chiese. Io lo fulminai con lo sguardo. No, per niente.
-Ragazzi, ci potete lasciare soli per un momento?- fece e la sala Comune si svuotò. Io alzai le sopracciglia.
-Non guardarmi così.
-Così come?- ribattei.
-Come se ti fosse morto il gatto. Dai (T/n), che succede?- sussurrò prendendomi le mani. Io mi sottrassi al suo tocco e lui mi guardò ferito. Non potevo più sopportare quella situazione.
-Penso di volere una pausa, James- mormorai, guardando ovunque tranne i suoi occhi. Lo sentii irrigidirsi.
-Non puoi pensarlo sul serio. (T/n), dimmi che non lo pensi sul serio.- mi supplicò, cercando di abbracciarmi.
-James.- dissi e i suoi occhi s’incontrarono con i miei. I nostri sguardi si incollarono per quella che sembrò un’eternità. –Hai baciato Lily? Non mentirmi.
Lui mi guardò, affranto. Poi, molto lentamente annuì. Il cuore mi sprofondò. Lo sapevo già, ma sentirmelo dire da lui era tutta un’altra cosa. Il dolore che provai fu indescrivibile: mi sentivo come se qualcuno mi stesse strappando lentamente la pelle di dosso, lasciandomi scoperta e vulnerabile, esposta.
-(T/n) io… tu sei la cosa più bella che mi sia capitata, lo giuro.- disse con voce rotta.
-E allora perché James? Perché?- chiesi sull’orlo delle lacrime a mia volta. Lui scosse la testa.
-Non lo so.
James era distrutto, lo vedevo, ma io, io ero annientata. La persona più importante della mia vita, il motivo per cui mi alzavo al mattino, il mio primo pensiero una volta aperti gli occhi, mi aveva tradita, aveva preferito qualcun altro a me. Non potevo sopportarlo.
-Posso baciarti? Un’ultima volta?- mi chiese, la voce rotta. Io annuii. Volevo sentire il sapore delle sue labbra, il calore del suo corpo, i suoi capelli tra le mie dita un’ultima volta. Si avvicinò a me lentamente, in modo quasi doloroso. Poi sentii la sua bocca sulla mia, improvvisamente. Il bacio sapeva di lacrime, di dolore, di un amore, e un’amicizia, finito. Scivolai, caddi, annegai tra le sue braccia per un’ultima dolorosissima volta.
Mi staccai qualche minuto dopo, forse troppo presto, forse troppo tardi. Mi alzai e gli lanciai un ultimo sguardo prima di salire le scale e chiudermi la porta del dormitorio alle spalle.
Non sapevo se sarei mai riuscita a far rimarginare le mie ferite completamente. Ma sapevo che ci avrei dovuto provare perché la mia vita sarebbe dovuta continuare con o senza di lui in essa.
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Segreti e conseguenze (James Sirius Potter x Lettore)
A/N: scusate per il ritardo! ho scritto questo un po’ di tempo fa ma ho avuto problemi con internet!
Avvertimenti: nessuno
Parole: 1393 (ops...)
Segreto: sostantivo maschile. Fatto la cui conoscenza è limitata ad alcune persone di quantità bassa, il quale non può essere divulgato.
Per (T/n) non erano mai stati un segreto i sentimenti che provava per James. Aveva capito piuttosto in fretta che non voleva una semplice amicizia con lui, che le scintille che sentiva ogni volta che si toccavano non erano normali, così come le farfalle nello stomaco quando si parlavano. Non per due amici, comunque. James non era perfetto. Certo, era bellissimo, intelligente, sportivo, simpatico… ma era per i suoi difetti e per le sue piccole abitudini che (T/n) lo trovava carino. Ovviamente non era l’unica all’interno della scuola ad aver perso la testa per il giovane Potter, il che la faceva impazzire di gelosia anche se non lo avrebbe mai ammesso. Decine e decine di ragazze lo idolatravano, lo trattavano come una star e lei era semplicemente sbigottita. Certo, James le piaceva, ma si divertiva di più a prenderlo in giro, a scherzare con lui, a comportarsi normalmente che non a ridacchiare ogni volta che lo incrociava per i corridoi. Il punto era che a lui sembrava piacere essere amato dalla folla, da tutte quelle ragazze (che lei trovava fuori di testa) e (T/n) iniziò a chiedersi se non fosse lei quella sbagliata.
James Sirius d’altra parte aveva passato un importante periodo della sua carriera scolastica a negare di provare qualcosa per (T/n). Non perché gli sembrasse impossibile o perché lo trovasse strano. Beh, un po’ strano lo era: non gli era mai successo che gli piacesse qualcuno e che quel qualcuno non provasse lo stesso per lui. Lei non lo guardava con gli occhi che luccicavano e non gli parlava come se fosse un’apparizione. Perché era così che facevano le ragazze innamorate, vero? Comunque a James non importava, perché avrebbe fatto sì che (T/n) s’innamorasse perdutamente di lui, costasse quel costasse.
Cotta: sostantivo femminile. Infatuazione improvvisa e violenta, di natura passeggera, che si può rafforzare sino all’innamoramento, sbandata.
-Okay ora basta (T/n).- sbottò Rose Weasley facendo voltare di scatto l’amica. –Lo stavi fissando di nuovo.
(T/n) alzò gli occhi al cielo. Non lo faceva di proposito.
-Scusa- borbottò. La voce di Rose si addolcì.
-È mio cugino, potrei…-
-No-. (T/n) riprese la lettura dei suoi fogli mentre il vento le sferzava il viso. Era da un paio di settimane che Rose aveva notato i suoi sguardi verso James Sirius e aveva fatto due più due. (T/n) aveva tentato di sminuire la cosa, ma Rose era troppo intelligente per bersi una semplice scusa, così aveva deciso di raccontarle tutto.
James, Blake Owen, Oliver Taylor e Scott Vargas si stavano allenando per l’imminente partita di Quidditch e sulle tribune, oltre a (T/n) e a Rose (lì per sostenere James, ma anche per ridare una letta ai loro appunti di Storia della Magia), c’era un gruppetto di ragazze che ridacchiava ed esultava ogni volta che qualcuno faceva qualcosa di eccitante. Quando erano arrivate (T/n) aveva alzato gli occhi al cielo in esasperazione.
-Non le sopporto più- sbuffò dopo un po’, abbandonando le guerre dei Goblin e concentrandosi sull’allenamento. Rose rise.
-Sei solo gelosa-. (T/n) si portò una mano al petto, finta offesa, e la guardò scioccata.
–Io? Mai.
James lanciò la Pluffa dritta nell’anello centrale, guadagnandosi un applauso concitato dal suo gruppetto personale di fan. (T/n) e Rose batterono le mani un po’ riluttanti: detestavano quando si metteva in mostra. James si voltò verso le sue amiche e le salutò con un cenno della mano, poi ammiccò a (T/n). James Sirius Potter aveva fatto l’occhiolino a lei. (T/n) sentì le guance andarle a fuoco e gli sguardi taglienti delle altre ragazze fissi sulla sua nuca.
Confessare: verbo. Ammettere apertamente un fatto, un comportamento, un’azione che per un qualche motivo si era tenuto nascosto.
James non ce la faceva più. Non sopportava più di guardare (T/n) da lontano, di inseguirla senza mai avvicinarsi a lei. Le avrebbe parlato, le avrebbe detto tutto. Le avrebbe detto ciò che provava, come ogni volta che le si avvicinava si sentisse più debole e più forte allo stesso tempo, come ogni volta che la guardava negli occhi fosse terrorizzato e sicuro di sé in egual misura. Inspirò profondamente, poi, con una delicatezza quasi impercettibile le sfiorò la spalla. (T/n) si voltò e gli sorrise radiosa. I capelli sciolti le incorniciavano il viso e i suoi occhi brillavano come diamanti. James sentì le ginocchia cedergli.
-Posso, ehm… posso parlarti?
-Sì certo, dimmi-. James si tormentò le mani.
-No, da soli.
(T/n) annuì, un po’ confusa. James sembrava teso e non era per niente da lui. Dov’era finito il ragazzo estroverso e carismatico che conosceva?
Lui le prese la mano e la portò fuori, vicino al campo da Quidditch.
Lo stomaco di (T/n) era serrato in una morsa d’acciaio che la lasciava senza fiato. Non sapeva cosa aspettarsi, non sapeva cosa dire, non sapeva nemmeno se guardarlo negli occhi o se evitare il suo sguardo.
-(T/n)- cominciò James prima di accorgersi di non avere idea di come continuare. Cercò nella sua memoria tutte le frasi ad effetto che aveva usato con altre ragazze, ma sapeva che con (T/n) non avrebbero semplicemente funzionato. Lei era diversa, una battuta non l’avrebbe per niente colpita. Anzi, probabilmente avrebbe pensato che fosse diventato matto, il che, nel fervore del momento, James prese seriamente in considerazione. La pazzia avrebbe spiegato tutto.
-Tu.. tu mi piaci.- farfugliò guardandosi i piedi.
-Anche tu mi piaci James.- ribatté lei. James si passò le mani tra i capelli, frustrato. Inspirò a fondo e riprese a parlare.
-No tu mi piaci piaci (T/n).
La ragazza sentì un brivido percorrerle la schiena dandole una scarica elettrica. Che cosa? Lo aveva detto sul serio?
I suoi pensieri vennero interrotti da un paio di labbra che sfiorarono le sue. Senza riflettere oltre, (T/n) ricambiò il bacio facendo scivolare le sue mani ai lati del viso di James. Il bacio fu breve, ma sembrò durare un eternità. (T/n) sorrise, arrossendo leggermente.
-Anche tu mi piaci piaci, Jamsie.
Paura: sostantivo femminile. Sensazione di forte preoccupazione, di insicurezza, che si avverte in presenza o al pensiero di pericoli reali o immaginari.
-Lo so, Jamsie, ma ho paura-. James la guardò frustrato.
-Ma di cosa?- chiese un po’ irritato. Benché stessero insieme da quasi due mesi, (T/n) non voleva ancora rendere pubblica la loro relazione. All’inizio per James non era stato un problema, ma si era stancato di non poter tenerle la mano o baciarla davanti agli altri. (T/n) gli piaceva davvero e voleva che tutti lo sapessero.
(T/n) si strinse nelle spalle evitando il suo sguardo.
-Le tue “fan”- disse facendo le virgolette con le dita. -Sono sempre lì a criticarmi.
James la prese per i fianchi e l’attrasse a sé, affondando il viso nel suo collo.
-Ma a me piaci tu. E poi non dovrebbe importarti quello che dicono di te, non devi cambiare per nessuno, okay?
(T/n) alzò gli occhi al cielo. Lui la faceva semplice, ma non sapeva come stavano le cose veramente. Inizialmente erano stati solo commenti stupidi nei corridoi e lei non ci aveva dato peso. Poi avevano iniziato a far girare voci su di lei e a farle scherzi di cattivo gusto. (T/n) si era sempre considerata una persona matura e non avrebbe mai pensato di essere messa all’angolo da semplici pettegolezzi. Si era sbagliata di grosso. Non si era mai resa conto di quanto le parole fossero in grado di ferire, molto più profondamente e indelebilmente delle azioni. Tutta quella situazione la stava logorando dentro, lentamente e silenziosamente.
-Facciamo così, cominciamo col dirlo ai nostri amici, ti va?
(T/n) annuì. Forse dirlo a loro non sarebbe stata una cattiva idea.
-Quindi state insieme.- ripeté Rose. James alzò gli occhi al cielo.
-Sì, te l’abbiamo detto tre volte, Rosie.
Per tutta risposta la ragazza saltò al collo di (T/n) e la strinse in un abbraccio mozzafiato.
-Sono davvero contenta per te (T/n).
E con quelle sei, semplici parole, quasi sussurrate, ma che ebbero lo stesso effetto che avrebbero avuto se fossero state urlate, (T/n) seppe che con Rose al suo fianco sarebbe potuta andare ovunque e affrontare qualsiasi cosa.
Conseguenza: sostantivo femminile. Effetto diretto o indiretto di una situazione o di un’azione visto come sicuro, inevitabile.
“Per ogni azione c’è un’egual e opposta reazione”: alcuni la chiamano scienza, altri semplicemente vita.
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Appuntamento (Teddy Lupin x Lettore)
(A/n: scusate l’ora! Spero che vi piaccia, quest’idea mi tormenta da giorni. inoltre GIF non mia, GIF not mine!)
Avevo sempre trovato le lezioni del professor Rüf parecchio noiose, talmente monotone da farmi appesantire le palpebre. La sua voce piatta mi cullava in uno stato di dormiveglia e avrei anche potuto addormentarmi lì, sul banco, la fronte appoggiata al palmo della mano, se una pallina di carta non mi avesse colpito in testa. Spalancai gli occhi, improvvisamente vigile. Fissai il foglietto corrucciata, poi con un alzata di spalle lo aprii.
“(T/n), ci sono chance che tu mi conceda un appuntamento?
-Teddy”
Mi sentii arrossire. Erano settimane che Teddy Lupin mi mandava bigliettini del genere. Inizialmente pensavo fosse uno scherzo: lui mi piaceva sin dal primo anno e ora voleva uscire con me? Semplicemente non ci volevo credere. Poi i bigliettini erano diventati più frequenti e lui aveva iniziato a salutarmi ogni volta che mi incontrava nei corridoi, ad aprirmi le porte e a fare il carino, il che era strano. Era il più popolare della scuola con il suo essere un Metamorfomagus e il suo atteggiamento da cattivo ragazzo e io ero, beh, io: piuttosto timida, silenziosa, nemmeno particolarmente bella. Non c’erano possibilità che gli piacessi e tutto ciò risultava solo fastidioso. Così, come facevo da settimane, presi una piuma, la intinsi nell’inchiostro e risposi al biglietto.
“No Teddy, mi spiace. Non posso accettare e sai perché.
-(T/n)”
Non capivo. Perché Teddy mi stava facendo questo? Provava piacere nel vedermi in imbarazzo? A farmi soffrire? Perché se quelli erano i suoi obiettivi ci era riuscito in pieno. Non solo mi sentivo a disagio, ma ci stavo anche male. Sapeva benissimo di piacermi eppure continuava a stuzzicarmi. Credeva che non sapessi? Credeva che mi sarei innamorata di lui solo perché per una volta si era dimostrato carino? Mi faceva infuriare.
Immersa nei miei pensieri, arrabbiata con lui e anche un po’ con me stessa, andai a sbattere contro qualcuno.
-Scusa- mormorai di fretta, ma mi sentii trattenuta per il polso. Alzai lo sguardo, scocciata, e congelai sul posto. Un ragazzo dagli occhi castani e i capelli verdi mi stava fissando. E adesso cosa voleva?
- (T/n) perché mi eviti?- chiese con un tono che, se non avessi conosciuto troppo bene, sarebbe potuto sembrare amaro. Io lo squadrai con gli occhi.
-Perché tu al terzo anno hai iniziato ad evitare me?- domandai di rimando alzando un sopracciglio, non fregandomi delle guance che mi si stavano tingendo di rosso. Lui scrollò le spalle e abbassò lo sguardo. Sembrava un cucciolo bastonato e io lo detestavo per questo.
-Ho sbagliato, okay? Ti chiedo scusa. Sono cambiato… tu mi piaci- mormorò. Io risi amaro. Poi, d’un tratto, mi accorsi di quanto il corridoio fosse buio e di quanto Teddy mi fosse vicino. Sentivo il suo alito spostarmi i capelli dal viso, il tessuto della sua uniforme sfiorarmi le mani.
-Senti, non importa. Solo… stammi lontano- sussurrai senza rompere il contatto visivo con lui. Non pensavo davvero quelle parole, e lui lo sapeva benissimo. Volevo solo che mi baciasse, che la smettesse di torturarmi e che mi tirasse a sé, che mi abbracciasse talmente forte da fare male.
Teddy chinò la testa su di me e mi sfiorò le labbra con le sue, schiacciandomi con il suo corpo al muro di pietra. Fu breve, come un respiro, come un battito d’ali.
-Un appuntamento solo?- bisbigliò vicino al mio orecchio facendomi rabbrividire. Io, non più padrona delle mie azioni e dei miei stessi pensieri, annuii. E poi, un battito di ciglia dopo, Teddy era sparito, lasciandomi sola, il cuore in gola, il viso in fiamme e le labbra che bramavano le sue.
Ero nervosa da morire per il mio appuntamento con Teddy. Continuavo a sistemarmi convulsamente i capelli, a stirare le pieghe dei jeans, a mangiarmi le unghie, a controllare il mio riflesso nello specchio. Poi, alle dieci e mezza scesi nella sala comune di Tassorosso, come avevamo deciso. Lo vidi subito: i suoi capelli viola stonavano con i toni caldi della stanza, ma quando si accorse di me e mi sorrise, tutto non aveva più importanza. Il viso gli si illuminò e i capelli cambiarono colore e divennero rosso fuoco.
-Andiamo?- fece porgendomi il braccio. Io lo afferrai scuotendo la testa, ma in fondo era solo un modo di nascondere il sorriso che stava increspando le mie labbra. Lo detestavo e lo amano allo stesso tempo. Pensavo di star impazzendo.
Arrivammo alla Stamberga Strillante camminando, talmente vicini che le nostre spalle si sfioravano decisamente troppo, sotto il Mantello dell’Invisibilità che aveva “preso in prestito” da James Sirius. Quando entrammo vidi come aveva allestito la piccola baracca e ne rimasi piacevolmente stupita: aveva steso diverse coperte colorate sul pavimento e proprio al centro della stanza c’era un enorme cestino da picnic. Sorrisi lusingata. Aveva fatto tutto quello per me?
Ci sedemmo e mangiammo il contenuto del cestino: panini, frutta, persino una fetta di torta alla melassa, la mia preferita. Per qualche ora fu come se il tempo fosse tornato in dietro: avevamo parlato come facevamo prima che lui diventasse famoso ad Hogwarts, prima che mi mollasse per le ragazze popolari. Per qualche ora fu come se nulla fosse accaduto, come se non avessimo litigato, come se lui fosse stato sempre al mio fianco.
-Mi sento un idiota- disse all’improvviso. –Non avrei mai dovuto trattarti così.
Io scossi la testa, non importava più. –Va tutto bene, ti avevo già perdonato.
Teddy mi si avvicinò e mi prese le mani. –No, ho sbagliato. Ho cercato di attirare la tua attenzione in queste settimane perché ho capito troppo tardi quanto tu sia importante e solo ora realizzo quanto tu mi piaccia, (T/n).- mormorò, facendomi arrossire e rabbrividire. Un raggio di luna penetrò dalla finestra e gli illuminò il viso: sembrava un angelo.
-Ted Lupin, io ho semp…
Poi le sue labbra entrarono in collisione con le mie, senza preavviso, nel bel mezzo di una frase. Le mia braccia trovarono facilmente posto dietro il suo collo mentre le sue mani premevano contro i miei fianchi. Tutto sembrava così giusto. Sentivo l’aspro della mela che avevamo diviso pochi attimi prima e il retrogusto della melassa. Le nostre labbra si muovevano in sincronia e per tutta la durata del bacio parlammo, ci raccontammo cose inesprimibili a parole, segreti tenuti nascosti troppo a lungo negli angoli più remoti dei nostri cuori.
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Non è colpa tua (Harry Potter x Lettore)
Harry stava impazzendo. Non sopportava avere la testa continuamente afflitta da dolori lancinanti. Non sopportava essere trattato come se fosse matto. Non sopportava che Silente non gli rivolgesse la parola. Non sopportava che nessuno gli credesse. Non sopportava essere chiamato bugiardo, fanatico, invasato.
Solo quando le lezioni dell’ES erano cominciate aveva sentito la speranza rinascere. Era più felice, sorrideva più spesso e ciò era dovuto in parte anche al fatto che (T/n), una Corvonero straordinariamente dotata del suo anno, si era unita all’ES. Harry provava per lei qualcosa di talmente nuovo da essere indescrivibile. Non era come Cho, non lo metteva in imbarazzo, non lo faceva arrossire, no. Con lei accanto si sentiva calmo, sollevato da tutte le preoccupazioni per qualche istante. Era il faro che faceva luce nella tempesta della sua mente. Quando era con lei, Voldemort, la Umbridge, Silente, non lo angosciavano più. Era così bella, così intelligente, così rassicurante. E lui ne era innamorato.
Ma aveva cominciato a sognare di Voldemort che torturava le persone a lui care e poi si era buttato a capofitto nell’impresa di salvare Sirius, trascinando (T/n) e l’ES con sé. Tutto inutile, tutto dannatamente inutile. Non solo non era riuscito a salvare Sirius, ma aveva anche messo in pericolo la vita dei suoi amici.
Harry si odiava. Non era nemmeno passato per l’infermeria una volta tornato dall’Ufficio Misteri. Era corso da Hagrid, la rabbia e la tristezza che lo annientavano, che lo facevano impazzire. Si sentiva così stupido. Sarebbe volentieri tornato in dietro nel tempo, avrebbe sopportato il bruciore della cicatrice, le torture della Umbridge, i tentativi di Voldemort di penetrargli la mente, tutti i ragazzi di Hogwarts che ci provavano con (T/n), per riavere indietro Sirius. Aveva sempre pensato che con lui al suo fianco sarebbe andato tutto bene, che avrebbe potuto sopportare di vedere la gente soffrire, Voldemort salire al potere, (T/n) con un altro. Ma lui non c’era più e Harry era furioso con se stesso perché in fondo sapeva che era tutta colpa sua.
-Harry cosa ci fai qui?
La testa del ragazzo scattò verso l’alto. (T/n) lo guardava con dolcezza e Harry si detestò ancora di più. Il viso della ragazza era graffiato, aveva un labbro spaccato e il polso rotto, tutto perché lui era un idiota.
-Posso sedermi vicino a te?- chiese e Harry, che si accorse solo in quel momento di trovarsi con la schiena appoggiata ad un salice piangente dalla corteccia alquanto scomoda, annuì. Il vento scompigliava i capelli di (T/n) e Harry si chiese se, avvolta da quel silenzio, sentisse il suo cuore battere come una grancassa solo per lei. La Corvonero si girò a guardarlo e, sorridendo impercettibilmente, gli prese la mano.
-So a cosa stai pensando- mormorò senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi color smeraldo. –Non è colpa tua Harry. Mi dispiace per il tuo padrino, davvero. Ma non è colpa tua.
Lui non sapeva cosa rispondere, francamente. Mille pensieri gli volavano per la testa, talmente confusi da essere poco più di urli al vento, informi e futili, per lo meno in quel momento. Forse Harry li avrebbe anche esposti a (T/n) se lei non avesse, senza alcun preavviso, senza nemmeno pensarlo, poggiato le labbra sulle sue. Harry sentì il sapore del sangue e il salato delle lacrime, ma non si staccò da (T/n). Le prese il viso tra le mani e se la avvicinò ancora di più. I loro corpi erano premuti l’uno contro l’altro in un abbraccio disperato, che sarebbe stato doloroso se entrambi non ne avessero avuto così bisogno.
Minuti, ore, giorni dopo si allontanarono, restando però avvolti in quello che ormai era più un groviglio di braccia e gambe che altro. (T/n) sprofondò la testa nel collo di Harry e inalò il suo odore: sudore, sapone, profumo quasi completamente svanito.
-Cosa succederà adesso? Cosa farò senza Sirius?- chiese Harry a nessuno in particolare. (T/n) aprì gli occhi e lo guardò per qualche istante. Era solo un ragazzo di quindici anni e non meritava di avere un peso così grande sulle spalle. Avrebbe dovuto essere dispiaciuto per aver perso a Quidditch o perché non poteva andare a Hogsmeade e invece era lì, con le spalle ricurve, a preoccuparsi della sorte del mondo.
-Hai Ron e Hermione, Harry. Hai me- sussurrò poi, prendendogli il volto tra le mani per baciarlo ancora.
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James Potter x Lettore: Bacio di mezzanotte (parte 2)
PARTE 1
James era consumato da una gelosia bruciante. (T/n) aveva baciato qualcun altro a Capodanno, meraviglioso. E lui era perfino ubriaco! Eppure quella notte aveva sognato di baciarla… ed era stato così reale, così vero.
James scosse la testa e distolse lo sguardo dalla snella figura di (T/n) intenta a parlare con Sirius e Lily. Sapeva che non doveva essere geloso del suo migliore amico, ma vederlo ridere con (T/n) e gli faceva provare una sensazione bruciante al petto che lo mandava fuori di testa. Come se non bastasse erano passati diversi giorni dal primo dell’anno e sembrava che l’unico argomento discusso nel loro piccolo gruppo fosse il misterioso principe azzurro di (T/n). A James non importava chi fosse, lo detestava.
-Calmati- si disse, asciugandosi i palmi sui pantaloni, prima di alzarsi dal divano e avvicinarsi al terzetto.
-Allora, James sa davvero del bacio?- stava chiedendo Lily con un sopracciglio alzato.
Certo che lo sapeva! Ed era per questo che si sentiva così dannatamente invidioso, così geloso nei confronti di chiunque avesse osato baciare la ragazza di cui era innamorato da così tanto tempo.
-Si! So del meraviglioso bacio che la nostra cara (T/n) ha condiviso con un perfetto sconosciuto! Ora scusatemi- sbottò, livido. Tutta la sala comune di Grifondoro aveva gli occhi puntati su di lui. James recuperò la sua borsa e, sbattendo la propria spalla contro quella di (T/n), se ne andò.
-Ramoso!- gridò Sirius. (T/n) mormorò una scusa e gli corse dietro.
Il vento scompigliava i capelli scuri di James mentre faceva il giro del Lago Nero. Aveva sbagliato, lo sapeva, ma non poteva più sopportare quel peso enorme sul petto. Desiderava da morire fregarsene, ma semplicemente non poteva. (T/n) significava tutto per lui e sperava che lei se ne fosse accorta dopo tutti quegli anni passati ad ammirarla da lontano, ad amarla in silenzio.
-James!- si sentì chiamare. Oh no, pensò. Si girò e vide (T/n) correre verso di lui, i capelli che danzavano mossi dal vento. Lo stomaco gli si serrò.
-(T/n) io… mi dispiace okay? Ho dato di matto e ora mi sento un perfetto idiota. Solo che…-. (T/n) alzò le sopracciglia e incrociò le braccia.
-Solo che?
James respirò a fondo.
-Solo che tu mi piaci davvero e sono morto dalla gelosia quando…- (T/n) scoppiò a ridere e James aggrottò la fronte, perplesso.
-Davvero ti piaccio?- chiese (T/n) quando si fu ripresa. Lui annuì. (T/n) sorrise e il viso le si illuminò, James la fissò ammirato. Si era sempre chiesto se una singola persona potesse essere bella, intelligente, simpatica e generosa allo stesso tempo, ma a quanto pareva (T/n) ci riusciva.
-James, non c’è nulla di cui essere geloso, in realtà. Ho baciato te quella sera, ma credo tu lo abbia dimenticato, il che, se vuoi, può essere abbastanza comico.- disse quando vide che l’espressione confusa non lasciava il volto del ragazzo. Una gioia indescrivibile lo invase improvvisamente e, senza nemmeno rendersene conto, si stavano baciando. Le labbra morbide di (T/n) sulle sue gli riportarono alla mente quei pochi secondi di Capodanno, quando il bacio sapeva di alcool e di desiderio. Ma ora era diverso, più intimo, più calmo e dolce. James era attento, ogni più piccola parte di lui concentrata su loro due soltanto.
-Ti amo.
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James Potter x Lettore: Bacio di mezzanotte (parte 1)
GIF NOT MINE
(A/n: sono tornataaa! Scusate l’assenza, davvero, è stato un po’ un periodaccio)
(T/n) era seduta su una poltrona della sala comune di Grifondoro con un bicchiere semivuoto di Whisky Incendiario in mano. Divertita, osservava la scena che la circondava: coppie che se ne fregavano della tradizione e non aspettavano la mezzanotte per baciarsi, ragazzini del primo anno che avevano bevuto un po’ troppo a causa di… beh, di Sirius Black, che gli aveva allungato della Burrobirra, e poi i suoi amici, i Malandrini, completamente devastati. Dire che erano ubriachi era un eufemismo. Non che lei fosse proprio lucida, ma almeno era sicura che il giorno dopo si sarebbe ricordata, se non tutta, gran parte della serata. Perfino Remus, il più calmo della loro comitiva, aveva bevuto talmente tanto che se ne andava in giro a petto nudo e intratteneva una conversazione animata con il suo bicchiere. (T/n) scoppiò a ridere alla vista del suo amico e bevve l’ultimo sorso del suo Whisky.
-Cosa c’è di così divertente?- fece una voce strascicata che riconobbe come quella del suo amico, e cotta, James Potter. (T/n) rise di nuovo: James aveva la cravatta intorno alla testa e gli occhiali sbilenchi, ma rimaneva comunque il più bel ragazzo che (T/n) avesse mai visto. Con quei suoi grandi occhi scuri e quei capelli sempre scompigliati la faceva rabbrividire ogni volta che sorrideva o che la toccava, anche accidentalmente.
-James, quanto hai bevuto?- gridò (T/n), tendando di sovrastare la musica. Lui alzò le spalle, gli occhi un po’ annebbiati.
-Non molto.- rispose sistemandosi i capelli, ma finendo per disordinarli ancora di più. (T/n) rise di nuovo, gettando la testa indietro. Forse non era poi così sobria come credeva. James la guardò e sentì come se i suoi polmoni fossero collassati tanto era rimasto senza fiato. I capelli di (T/n) le ricadevano sul viso con delicatezza e i suoi occhi brillavano di gioia.
-3!
James sapeva che non doveva, ma ne sentiva il bisogno.
-2!
Sapeva che non doveva, ma era così profondamente innamorato di lei che non poteva semplicemente continuare a fingere di amare un’altra solo per farla ingelosire.
-1!
Sapeva che non doveva perché non conosceva i suoi sentimenti, ma mentre tutti si stringevano per gridare il benvenuto al nuovo anno lui girò con dolcezza il viso di (T/n) verso di sé e con il cuore che gli batteva furiosamente in testa, premette le sue labbra su quelle di (T/n).
Il pomeriggio del giorno seguente (T/n), Lily, Remus, James, Sirius e Peter erano nella sala comune, chi a leggere, chi a sonnecchiare, troppo stanchi persino per parlare.
-Quindi… (T/n)- esordì Sirius con tono malizioso, catturando un po’ l’attenzione di tutti. –Com’è stato il tuo bacio, ieri sera?
(T/n) arrossì ed evitò lo sguardo curioso di James. Il suo bacio? Era stato mozzafiato, ad essere sinceri. –È stato okay- rispose, pregando che il ragazzo occhialuto che tanto la faceva impazzire non se lo ricordasse.
-Cosa mi sono perso? Chi hai baciato? Oh, perché tutte le cose interessanti succedono quando sono ubriaco?- fece James, un sopracciglio alzato e il fantasma di un sorriso sulle labbra.
Allora proprio lo ha dimenticato, pensò (T/n). Certo, una parte di lei ne era sollevata, ma l’altra aveva sperato, presunto perfino, che magari gli fosse piaciuto e che lo ricordasse. Ma d’altra parte era abbastanza improbabile, considerato quanto aveva bevuto quella sera.
Così, guardando James dritto negli occhi, scosse la testa.
–Non ricordo.
PARTE 2
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