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#silvia bolognesi
thewaysoundtravels · 3 months
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Contemporary Downtempo Jazz
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chez-mimich · 2 years
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ART ENSEMBLE CHICAGO_THE SISTH DECADE: “FROM PARIS TO PARIS” (parte II)
(Segue) Appena il tempo di riflettere ed eccoci catapultati nel vortice avvolgente di “New coming”, con i proclami di belligeranza sonora lanciati dallo “spoken word” di Moore Mother. Il tribale e giocoso “Bulawayo Korokokoko” chiude, in bellezza e freschezza tutta afro, il primo dei due dischi. Quando su un immaginario (e per pochi eletti, reale), piatto del giradischi, la puntina incomincia a leggere la prima traccia, qualcuno potrà pensare di aver sbagliato disco, perché con “We are on the Edge” sembra, a tratti, di essere stati precipitati nella Vienna di Schönberg. Ma se c’è qualcosa di certo nelle composizioni dell’Art Ensemble of Chicago”, è che nulla è certo; e così, con l’aiuto della tromba e del trombone di Simon Sieger veniamo traghettati dal Blau Donau alle sponde del lago Michigan: una metamorfosi “in progress” inaspettata e geniale. Ancora di stampo europeo la splendida “cantata” di Roco Córdova in “The Bamboo Terrace”, con una polifonia strumentale fatta anche di atonalità e di cromatismi di derivazione classica-contemporanea. Corale e minimalmente percussiva ecco “You with open arms”, seguita dalla quasi-ballabile “Funcky AEOC” (già nel repertorio del primissimo Ensemble), così come l’ascetica e chilometrica “Odawalla”. “Improvisation Two”, che chiude il lavoro, inizia come un canto gregoriano stralunato, si sviluppa con un anatomico gorgheggio delle voci e poi un fischio prolungato si unisce alla seconda parte composita, magistralmente ritmica e destrutturata, dove le percussioni afro convivono con la voce-soprano di Erina Newkirk. Vale certamente la pena ricordare gli straordinari musicisti, oltre a quelli già citati: Jean Cook (violino), Tomeka Reid violoncello), Silvia Bolognesi e Junius Paul (contrabbasso), Jaribu Shahid (contrabbasso e basso elettrico), Dudù Kuaté, Enoch Williamson, Babu Atiba, Doussù Tourè (percussioni), Eddy Know (viola), Brett Carson (piano), Steed Cowart (direzione). Dopo aver ascoltato un disco così, sembra che tutta la musica che hai nella tua discoteca sia confluita lì dentro, oppure il contrario, che da lì dentro abbia origine molta della musica che hai nei tuoi scaffali. Doppio disco semplicemente meraviglioso che, come diceva Oscar Wilde “per essere perfetto gli manca solo qualche difetto”.
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twistedsoulmusic · 5 months
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Album of the Week: Silvia Bolognesi / Dudú Kouate / Griffin Rodriguez - Timing Birds (Astral Spirits)
Silvia Bolognesi, Dudú Kouate, and Griffin Rodriguez engage in a captivating musical dialogue on their groundbreaking album "Timing Birds." Released on the avant-garde Astral Spirits label, this profound exploration of sound challenges the boundaries of contemporary jazz, pushing the genre into uncharted territories.
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materiali-sonori · 7 months
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Luigi Cinque, Stefano Saletti e Urna Chahar Tugchi (con ospite Silvia Bolognesi al contrabbasso): Persephone Live!
su Rai Radio 3
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thebenza · 2 years
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Massimo Falascone, Filippo Monico, Silvia Bolognesi e Roberto Del Piano con TAI NO-ORCHESTRA a IndicaMAD 2023 Fujifilm xt-1 + 50mm f1.2 foto scattata per @progetto.bao in collaborazione con @spettr00 //Performatorio // MO.CA - MorettoCavour // @accademiasantagiulia Patrocinato da @regionelombardia.official // @provinciabrescia // @comunedibrescia Sostenuto da @mic_italia // @fondazione_cariplo // Comune di Brescia Design grafico @anotherstudio.it #indicamad #indica2023 #surrealsoundfestival #indicasurrealsoundfestival #artiperformative #capitaledellacultura #bgbs2023 #capitaledellacultura2023 #musicaelettronica #experimentalmusic #noisemusic #performanceart #contemporarydance #teatrocontemporaneo (presso MO.CA - MorettoCavour) https://www.instagram.com/p/CqA12fptK13/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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tempi-dispari · 2 years
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Jazz all’Atelier Musicale: i Nexus il 26 novembre alla Camera del Lavoro di Milano
Si concluderà sabato 26 novembre, con il concerto del gruppo Nexus, la prima parte della XXVIII edizione dell’Atelier Musicale, la rassegna organizzata dall’associazione culturale Secondo Maggio. Sul palco della Camera del Lavoro di Milano (ore 17.30; ingresso 10 euro con tessera associativa a 5/10 euro) si esibirà una delle formazioni più longeve della storia italiana del jazz. Superati i quarant’anni di vita, sin dalla nascita, avvenuta all’inizio degli anni Ottanta per iniziativa di Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti, si è configurata come un ensemble dinamico, dall’organico variabile, all’interno del quale si sono avvicendate prestigiose personalità della scena italiana e internazionale del jazz.
Vincitore di numerosi referendum della critica, il gruppo Nexus guarda da sempre alla grande tradizione della musica afroamericana degli anni Sessanta, all’informale jazzistico e alle composizioni di esponenti illustri di quel periodo storico quali Roland Kirk, Ornette Coleman, Don Cherry e l’ultimo John Coltrane. 
In occasione del concerto milanese, la formazione guidata dai leader storici Tononi e Cavallanti presenterà “The Call: For A New Life”, l’ultimo album della sua non copiosa, ma meditata e progettuale produzione nel quale si propone con un inedito sestetto. Lo stesso che si esibirà, con una sola eccezione rispetto al disco, nell’auditorium Di Vittorio della Camera del Lavoro.
Tiziano Tononi, batterista e percussionista che porta nella sua musica la sapienza dei ritmi afro; Daniele Cavallanti, sassofonista dalla calda e rotonda sonorità e dal fraseggio intenso ed esplosivo; Emanuele Parrini, uno dei violinisti più creativi dell’attuale panorama europeo; il trombonista di Tony Cattano, dalla voce ricca e densa di riferimenti storici; il vibrafonista Luca Gusella, artista trasversale che spazia dall’improvvisazione alla musica eurocolta del Novecento; infine, il versatile contrabbassista Roberto Frassini Moneta (nell’album c’è invece Silvia Bolognesi).
Il Nexus prosegue così il suo percorso di gruppo che sta sviluppando un’idea contemporanea di jazz guardando a quella parte della storia meno battuta, ma ancora in grado di metterci in contatto con le più profonde radici della musica nera e di farlo con autenticità, intensità espressiva e assoluta chiarezza poetica. Un concerto che sta al di fuori del coro e che nella sua diversità si pone in una dimensione originale che merita la massima attenzione da parte del pubblico.
ATELIER MUSICALE – XXVIII stagione.Sabato 26 novembre 2022, ore 17.30Nexus – La storia continuaDaniele Cavallanti (sassofoni), Tony Cattano (trombone), Emanuele Parrini (violino), Luca Gusella (vibrafono), Roberto Frassini Moneta (contrabbasso), Tiziano Tononi (batteria).
Programma:D. Cavallanti: Hornet Redux;T. Tononi: The Call;D. Cavallanti: S.O.S., J.G;T. Tononi: Cherokee Blood; The Trail Of Tears;A. Cyrille: 5432 The “Easy” Version (arrangiamento di Tiziano Tononi). Introduce Tiziano Tononi. Nel corso del concerto verrà presentato il cd “The Call: For A New Life” (Felmay Rec.)
Dove: Camera del Lavoro, auditorium G. Di Vittorio, corso di Porta Vittoria 43, 20122 Milano.
Ingresso: biglietto (10 euro) con tessera ordinaria (5 euro) o di sostegno (10 euro).
Per informazioni: 348-3591215; 02-5455428. Email: [email protected]; [email protected] On line: www.secondomaggio.org Direzione e coordinamento artistico: Giuseppe Garbarino e Maurizio Franco. Organizzazione: associazione culturale Secondo Maggio. Presidente: Gianni Bombaci; vicepresidente: Enrico Intra.
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dustedmagazine · 3 years
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Alberto Braida / Silvia Bolognesi / Cristiano Calcagnile — Cats In the Kitchen (We Insist!)
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Cats in the kitchen by Alberto Braida, Silvia Bolognesi, Cristiano Calcagnile
While it’s unlikely that many people will look back upon these times with nostalgia, it cannot be denied that musically speaking, Italian pianist Alberto Braida is having a good year. In 2021 he has released to albums. From Here From There, with clarinetist Giancarlo Locatelli, affirmed the merits of sustaining a long-time partnership. Cats In the Kitchen documents a new combo with a new book of tunes.
On a couple levels, this new endeavor celebrates the virtues of parsimony. There’s no attempt to develop a new concept or reinvent the wheel here. Braida has convened a combo that is very much in touch with the history of jazz piano trios, in particular ones led by Thelonious Monk and Herbie Nichols. And the tunes he has written self-consciously invoke a drawing that his daughter made, which represented to him the flexibility derived from simple materials. After all, energy that isn’t expended on figuring out how to get through a tune can be expended on figuring out what you can do with it. 
“Hiking” sets the tone. It moves between an easy saunter and hip reflectivity, bringing to mind something Vince Guaraldi might have played after he got all those Peanuts tunes out of the way. But Braida’s not Vince, and this isn’t the middle 1960s; his piano spirals into a spontaneous outburst of dashed clusters that upon the unstable terrain generated when Cristiano Calcagnile’s swinging brushwork suddenly gets tumultuous and Silvia Bolognesi’s double bass accompaniment shifts from understated essentials to fleet elaboration. On “Proust,” the following tune, Braida first rides the tempo, and then drags it, testing the melodic line with varying pressures while Calcagnile keeps up a running commentary that simultaneously swings and generates eddies of tension. The concept, however, is not binding; “Dedalus” has some Monkishly tricky curves, which elicit an especially white-knuckled performance from the trio. 
The album’s title is meant, of course, to get you thinking about jazz cats cooking, and the music delivers on that premise. But it also brings to mind an essential aspect of Italian cuisine; all you really need to do is get some really fine ingredients, and present them simply.
Bill Meyer
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alittlespellingbook · 7 years
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Grazie ad Silvia Bolognesi per aver partecipato alla nostra challenge!
www.fancyhollow.wordpress.com
https://www.facebook.com/fancyhollow/
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frankwaxman · 7 years
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Hear In Now, Cicle (Not Living In Fear / International Anthem 2017)
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dueagosto · 4 years
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“Sono le 10.24. Nessuno dei volti che si affrettano a salire sui treni, nessuno dei ferrovieri che si allentano un bottone della camicia perché lavorare in divisa in estate è una tortura, sa che questo giorno passerà alla Storia. Non lo sa Berta che estrae un fazzoletto dalla borsa. Non lo sa Lina che chiude il libro e fa per alzarsi. Non lo sanno Rosina e il marito per mano. Non lo sa Angela che continua a guidare il trattore, Maria e Verdiana che le accarezzano i capelli. Non lo sa Mauro, che finalmente ha trovato la parola che cercava e la scrive. Non lo sa Paolino. Non lo sa Giuseppe che rincorre, attraverso i finestrini, le tre straniere. E non lo sanno le sette ragazze della Cigar sedute in ufficio. Il caldo sale – dall’asfalto, dai binari. Nessuno di loro immagina che la Storia possa anche solo sfiorarli. Non si è mai interessata a loro. Non gli ha mai chiesto un parere. Ne ignora i nomi, l’anima. Il semaforo diventa verde, il capotreno fischia, il conduttore solleva il braccio destro per far partire l’Adria Express dal primo binario. Non è un sabato qualunque, è l’inizio delle vacanze. Il principio in cui ogni cosa è perfetta e infinitamente giusta perché sta per avverarsi. Invece esplode.” Silvia Avallone. 
Che cosa significa il 2 agosto per Silvia Avallone? “Il 2 agosto 1980 non ero ancora nata. Bologna non è la mia città di nascita. Ci sono approdata nel settembre del 2003 per scelta, per studiare all’Università, e qui è dove ho proiettato il mio futuro, i sogni. Bologna è un porto di mare, pur senza il mare. Perché accoglie, unisce, chiama a cambiare e a realizzarsi. Per questo ho avuto paura a misurarmi con la strage della stazione: perché una pagina di Storia tanto buia non poteva essere accaduta in luogo tanto luminoso. Pure, conoscere questa strage, la vicenda processuale e non solo: le storie delle vittime, le testimonianze dei sopravvissuti e dei soccorritori, resta un momento di consapevolezza e crescita imprescindibile, a mio avviso, per tutti i cittadini bolognesi e italiani. Per me informarmi e provare a raccontare è stata una delle esperienze civili più forti, di quelle che mi accompagneranno per sempre. Ogni volta che parto o ritorno alla stazione, ogni volta che aspetto un treno, desidero ricordare la vita dietro i nomi e cognomi riportati sulla lastra di marmo dell’ala ovest. Per provare a lenire quel vuoto, per esigere giustizia, e per vigilare affinché la nostra società sia sempre un luogo di democrazia, di convivenza pacifica e di solidarietà. Ciò che può accadere solo con l’attiva partecipazione di tutti.”
Il testo che abbiamo riportato qui sopra è tratto da “La bomba. 2 agosto 1980, la strage dell’Umile Italia”, documentario prodotto da Rai Teche per il quarantesimo anniversario della strage di Bologna, da un’idea di Andrea Di Consoli, testo e voce di Silvia Avallone, regia di Emilia Mastroianni, andato in onda all’interno dello Speciale Tg1 del 2 agosto 2020. Il testo integrale è stato pubblicato su “La Lettura. Corriere della Sera” il 26 luglio 2020. 
Ringraziamo Silvia per la gentile concessione e per il tempo che ci ha dedicato.  
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bandcampotheque · 5 years
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Listen/purchase: Solar Winds by Raoul Björkenheim
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redazionecultura · 7 years
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Jazz & Beer, i Live degli Allievi e dei Docenti di Siena Jazz
Jazz & Beer, i Live degli Allievi e dei Docenti di Siena Jazz
Si chiama Jazz & Beer la nuova rassegna promossa da Siena Jazz in collaborazione con Birra La Diana. Negli spazi live del locale di via della Stufasecca 1, prenderanno il via una serie di appuntamenti – ad ingresso gratuito – che vedranno sul palco gli allievi e i docenti dell’istituzione musicale senese.
Ad inaugurare il calendario, martedì 27 marzo alle ore 21.45saranno i gruppi di musica…
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chez-mimich · 3 years
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SILVIA BOLOGNESI E YOUNG SHOUTS: “FRAME IN THE CROWD”
Se la pandemia è costata centinaia di migliaia di vittime, per guardare alla sola Italia, è anche vero che questa immane tragedia ha coinciso con un periodo di straordinaria creatività. A tale proposito mi pare che questa produzione di dischi, ma credo anche di libri, di poesie e persino di film concepiti durante il lock down o comunque durante questo lungo periodo di sofferenza, siano di notevole interesse. “È l’elemento maschile della Storia che feconda l’elemento femminile della creatività artistica” avrebbe potuto dire Benedetto Croce. Certo della pandemia ne avremmo fatto anche a meno, come avremmo potuto fare a meno di guerre, conquiste, dittature e sciagure varie; tuttavia è innegabile che da queste sofferenze l’arte, in senso lato, ne abbia tratto ispirazione, stimolo, incitamento. È stato così anche per il bel disco della contrabbassista Silvia Bolognesi e del suo ensemble “Young Shouts”, uscito ai primi di ottobre per l’etichetta “Fonterossa Records” dal titolo “A Frame in the Crowd”. Non so se i suoi dischi, usciti prima della pandemia, fossero della stessa qualità delle produzioni influenzate dal passaggio della “Luna nera”-Covid 19, ma quello che è certo, è che tutto il materiale sonoro accomunato da questo comun denominatore, mi è sembrato più “sentito”, le riflessioni sonore più profonde e più intime, certamente meno attente all’aspetto consumistico o alla spettacolarizzazione. È capitato anche per altri dischi e dubito che si tratti solo di una mia impressione. Come faccio spesso, nell’ascolto non seguo l’ordine con cui i brani sono presentati ed infatti ho cominciato dalla fine, da quel “A Frame in the Crowd” che dà il titolo all’album. Non mi sbagliavo: fortemente interiore, sentito e pensato, persino meditato, a cominciare dalla bellissima voce introspettiva e animistica di Emanuele Marsico che, come in una preghiera, porta con sé l’ensemble guidato da Silvia Bolognesi, con il magnifico e “monologante” sax di Attilio Sepe e con la tromba meditabonda, dello stesso Marsico, che accompagna i testi autoriflessivi da lui intonati. Nel viaggio a ritroso, il penultimo brano “Dyani” è un ritmo seriale, giocato tutto attorno a pochi accordi del contrabbasso di Silvia Bolognesi, coi quali si compone il prezioso ricamo dei fiati e della batteria di Sergio Bolognesi. “Unknow Friend” sembra essere più corposo, mentre nel precedente “Gallina” mi pare ci sia più spazio per la sperimentazione elettronica, sempre e comunque molto misurata. “Snap”, il secondo pezzo del disco, propone al suo interno, una vera e propria, seppure breve, canzone e nel complesso si tratta di un brano gradevole con un’idea molto originale. E così, nel mio mondo capovolto, siamo arrivati all’inizio, col primo brano che si intitola “Kick Him Out”: un ordinatissimo caos, misurato e senza sbavature che mette in guardia su cosa ci sarà da ascoltare nell’album, ovvero un jazz gradevole, sostenuto da tromba e sax, con un contrabbasso in bella evidenza e con inserti vocali pregevoli che, qualche volta si affrancano dal “continuum musicale” e più spesso ne fanno parte. Silvia Bolognesi, grande ammiratrice di Bessie Jones, ne assorbe l’ispirazione gospel e folk, ma sa tradurla in qualcos’altro ed è proprio questa manipolazione della materia sonora assimilata ed interiorizzata a fare di “ Frame in the Crowd” un disco sobriamente intrigante e godibilissimo.
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burlveneer-music · 5 years
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Art Ensemble of Chicago - We Are On The Edge: A 50th Anniversary Celebration
The Art Ensemble of Chicago has been at the forefront of creative improvised music since 1969, and has long served as the flagship ensemble of the Association for the Advancement of Creative Musicians (AACM), the august Chicago-based organization that also fostered the careers of members such as Muhal Richard Abrams, Anthony Braxton, Henry Threadgill, and Wadada Leo Smith, among many others. The greatness of the Art Ensemble has always been the shared commitment of its original members – Roscoe Mitchell, Lester Bowie, Joseph Jarman, Malachi Favors, and Famoudou Don Moye – to the total realm of African diasporic music: what they have long-termed “Great Black Music—Ancient to the Future.” Also important are the group’s disparate musical and artistic personalities, comprised of jazz, advanced compositional techniques, theatrical performance, poetry, Pan-African percussion, all tied together with improvisational flair and the exploration of pure sound. Comprised of two discs: a meticulous studio session and the capture of a rousing live set at Edgefest in Ann Arbor, MI, We are on the Edge: A 50th Anniversary Celebration is exactly that, a commemoration of a half-century of magical music making. Not content to rest on their laurels, surviving members Mitchell and Moye have recruited a diverse group of fifteen highly-individual talents who bring their own approaches to the Art Ensemble aesthetic. Together, these virtuoso musicians honor the group’s history and help advance the legacy of Lester Bowie, Malachi Favors, and the recently departed Joseph Jarman. With clear intent towards representation, the group’s engagement of musicians such as Nicole Mitchell, Tomeka Reid, Moor Mother (Camae Ayewa), Christina Wheeler, Silvia Bolognesi and Jean Cook – women who are without peer as improvisers and performers – help bring a new perspective to the music. The sheer breadth of the ensemble’s collective expression is staggering, and it serves as a clarion declaration that Mitchell and Moye are intent on carrying forth the powerful ethos of the Art Ensemble forcefully into its sixth decade. As Moor Mother declares: “We are on the edge!” creditsreleased April 26, 2019 MUSICIANS Roscoe Mitchell – sopranino, soprano and alto saxophones Famoudou Don Moye – drums, congas, djembe, dundun, gongs, Congo bells, bendir, triangles, Thai bells, shakers Moor Mother (Camae Ayewa) – voice, poetry (Disc One #3, 4, 10) Rodolfo Cordova-Lebron – voice (Disc One #1, 6, 9) Hugh Ragin – trumpets, flugelhorn, Thai bells Fred Berry – trumpet, flugelhorn Nicole Mitchell – piccolo, flute, bass flute Christina Wheeler – voice, Array mbira, autoharp, Q-Chord, Moog Theremini, sampler, electronics Jean Cook – violin Edward Yoon Kwon – viola Tomeka Reid – cello Silvia Bolognesi – bass Jaribu Shahid – bass, tuned brass bowls Junius Paul – bass Dudù Kouaté – djembe, tama/talking drum, calabashes, kanjira, whistles, chimes, bells and small percussions (Disc One only) Enoch Williamson – bongos, congas, djembe, kenkeni, okonkolo, Congo bells, chekeré, shakers, tama/talking drum Titos Sompa – vocals, congas, mbira, Congo bells, cuica, shakers Stephen Rush – conductor
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E TRASCORSA UNA SETTIMANA DALLA CONCLUSIONE DELLA MIA PERSONALE AL “MUSEO DELLA FESTA DELL’UVA “ A IMPRUNETA E IL MOMENTO DI RINGRAZIARE TUTTI COLORO CHE MI HANNO AIUTATO E SOSTENUTO CON LORO PRESENZA Riccardo Lazzerini, Tullio Del Bravo e tutto il consiglio direttivo del museo, Tina Pelaia Baroncini, Alessandro Sarti, Giuseppe Ciccia, Giusy Ciccia, Pino Marcosano, Susi La rosa, Ugo Barlozzetti, Fabrizio Borghini, Marco Baroncini, Marta Borgioli, Cristina Falcini, Stefano Graziani, Mauro Boninsegi, Lauretta Torsoli, Elisabetta Corti, Loretta Camilloni, Giusy Gramigni, Maurizio Biagi, Lucia Raveggi, Andrea Nappini, Danilo Forgeschi, Simonetta Fontani e Roberto, Diana Polo, Roberto Catelani, Anna Casu, Riccardo Baroncini e compagna, Carlo Tesori, Enzo Meli e Romana, Sabrina Valentini e Leonardo, Emanuela Degan e Lorenzo, Romano Sisto, Anna Bini, Carlo Rizzo, Filomena Marcusano, Silvia Mecheri, Rossana Rossi, Barbara Canzi, Graziano Cicogni, Emanuele Andrulli, Katrin Costanza e Daniele, Nadia Baroncini, Alessandro Stecchi, Adriano Bolognesi, Franca Parigi, Fiorella Noci, Paolo Luzzi, Barbara Parrini, Andrea Rufini, inoltre ringrazio tutti gli abitanti di IMPRUNETA che sono venuti a trovarmi in questi 2 mesi di grande soddisfazione. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito su i social…. Che sono veramente tanti….se ho dimenticato qualcuno non me ne voglia non era mia intenzione e mi scuso.
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praza-teatro · 6 years
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EXORCIZAR A DOR E TOCAR O SUBLIME, EN LA GIOIA, DE PIPPO DELBONO. Por Ana Abad de Larriva.
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Dov’è questa gioia? Dov’è questa gioia? Dov’è???
A gioia é un concepto italiano que non ten unha definición precisa en galego: non é xustamente a felicidade, nin a dita, nin o gozo… mais ten algo de todos eles. Achégase a unha sensación de plenitude, de aproximación ao sublime. É unha sensación que turba, que sacode o corpo e o espírito, que axita, mexe; que aboia entre o pracer, a dor e a tristura, ou mesmo a loucura. Onde está?, pregunta Pippo Delbono en La Gioia, presentada o domingo 15 de xullo de 2018 dentro da programación da 34ª edición da MIT de Ribadavia. Pregúntase, demándallo ao alto, inquírello ao público. Atópanse na peza momentos de berro desesperado, case patético, e outros de arrolo tenro, de beleza, de ledicia con tintura nostálxica, relacionada co recordo e os seus puntos negros, que tamén se reflicten no escenario; coa lembranza e as imaxes fragmentarias, algo intrínseco á memoria.
Hai en La Gioia unha narración, un texto fraccionario que vai emitindo o propio Delbono, lendo parte do mesmo duns papeis brancos que porta na man, baixo a luz dunha lanterna suxeita ao micrófono. Noutras secuencias, a voz foi xa previamente gravada e fai playback ou emite unha segunda voz por riba da gravación. Na voz de Delbono, case hipnótica, ás veces remata destacando a calidade da emisión vocal, como un arrolo, fronte ao que realmente está a dicir, lírico, con tantas imaxes poéticas ás que remite, que se podería escoitar varias veces e cada unha extraer algo novo.
Algo que destaca en toda a proposta é a mostra do artificio escénico. Non hai trampas, non hai enganos; vense as coseduras, as suturas, ou intúese a maña. O texto é texto; os elementos, como a roupa, as flores ou os barcos de papel, son colocados baixo o ollar da espectadora, do espectador. Tal e como se nos presenta, a peza consiste nun camiño cara á gioia compartido coas espectadoras e espectadores.
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Ao longo da proposta, Delbono vai presentando diferentes membros da súa compañía, da que forman parte actores sen formación actoral previa, algúns con diversidade funcional, e explicando os anos que leva a traballar con eles (con moitos, varias décadas xa) e algún detalle sobre a súa experiencia vital, o encontro entre eles ou o tipo de relación que desenvolveron: Nelson Lariccia, Ilaria Distante, Bobò, Gianluca Ballarè, Pepe... Hai unha secuencia na que se produce un desfile frenético de actores e actrices, que semellan seren pantasmas, baixo a luz estroboscópica. As imaxes teñen  tinguiduras circenses e unha certa aura sinistra ou case terrorífica, mentres el está dentro dunha gaiola. Iso é algo que tamén se trata na peza, que a procura da gioia pode, perigosamente, desembocar na loucura ou mesmo no terror.
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Delbono querería contarnos unha historia: a historia dun home que non sentía nada máis que a súa dor. Este home vergoñábase da súa dor, porque era a dor, no fondo, dun home que o tiña todo, e que se sentía triste e como se estivese nunha gaiola, nunha prisión. Tamén nos conta que había unha vez un home que soñaba con ser trapecista, pero morría co medo (é interesante a diverxencia que se crea coa imaxe dun gran foco que abanea no aire). Así mesmo, narra a historia dun home que era leñador e que toleou e foi curado por uns indios que tocaban o tambor, mais cando volveu desenvolverse como leñador, toleou novamente, ata que decidiu converterse nun chamán.
Todos estes homes, como despois confesa no encontro que mantivo coas espectadoras e espectadores ao final da peza, son fragmentos del mesmo. Por que ten tanta dor esa persoa que o ten todo? Delbono explica que hai tres cousas que non lle deixan ver a luz: a cobiza, a  ira e a estupidez. O sentimento de gioia, de plena ledicia, pode aparecer nos lugares, nas circunstancias máis insospeitadas; durante un proceso de enfermidade, durante a estadía nun cárcere ou nun campo de concentración…
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Ademais da importancia que ten o texto emitido de xeito narrativo como elemento do dispositivo escénico, tamén destaca a presenza dos diferentes actores e dunha serie de imaxes. É fermosísima a estampa que crean Delbono e Bobò (que vén de cumprir 81 anos e, de feito, sopra a candea en escena; é xordomudo e leva vinte anos traballando con el na compañía) sentados no banco e, por diante deles, todo un océano simple e fermoso, de barquiños de papel que foi colocando Zakria Safi, un refuxiado afgán que entrou na compañía hai tres anos e que que tamén sitúa outros elementos en escena: roupa, flores, e mesmo despraza a Bobò, que ten grandes problemas de mobilidade, nas súas costas. O poema Mare nostro che non sei nei cieli, de Erri De Luca, definida polo seu propio autor como “unha oración laica ao Mediterráneo”, en alusión á crise migratoria, relaciónase tamén co propio Safi, e coa imaxe do mar de barcos de papel e, logo, do escenario cuberto de prendas de roupa.
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Como expresa Delbono, Bobò leva dentro del o sentido profundo do teatro, no seu ser, no seu estar, na súa presenza e mesmo no discurso que emite despois de soprar a candea. Gianluca Ballarè, un actor con síndrome de Down que o director coñece dende que naceu, que foi alumno da súa nai e co que leva traballando varias décadas, tamén ten unha presenza máxica, fermosa, que conmove e que fai que unha non poida deixar de miralo. O seu ollar ten unha miríade de matices, que se aprecian cando, travestido de diva da canción italiana, fai playback da canción Maledetta primavera de Loretta Goggi, ou cando, vestido de Pierrot, debuxa co dedo bágoas na súa face, coa mirada á fronte, apoiado sobre unha montaña de roupa, en diverxencia de foco coa acción de Bobò de soprar a vela da torta de aniversario, rodeado do resto dos membros da compañía, aos que Delbono lle vai dando unha flor, unha a cada un.
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En relación con esa alusión á primavera e a que nunca se viu un inverno que non viñese seguido dunha primavera; sitúase o elemento das flores, que comezan a florear o escenario. A beleza caduca das flores e das follas de árbore que, secas, esparexe Safi, relaciónase co paso do tempo, ao que Delbono alude ao presentar os membros da súa compañía, e os anos que leva a traballar con eles. O medo pasa, chega a ledicia, en maior ou menor grao, e volverá a tristura, ata que todo desapareza, di Delbono, en diverxencia coa acción de Safi de varrer a roupa, nunha metáfora da morte. O tempo vaise esgotando, e esa sensación de plenitude pode atoparse nos pequenos momentos, en encontros coa outra, co outro, cunha mesma, cos que están e cos que non están, como Nicola Toscano, un coñecido músico italiano, membro do grupo Les Anarchistes e parella de Ilaria Distante, que faleceu en 2017. El creara a canción A follia con Delbono e este dedícalla, coa esperanza de que a puidese escoitar: “seguro que está nalgures por aquí”. Hai unha relación de novo co sublime nesta secuencia no texto, na música, na xestualidade de Delbono e na súa evolución.
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Son moi delicadas as fronteiras que debuxa (e esvaece, ao tempo) La Gioia entre a vida e a morte, entre a ledicia e a dor. O paso do tempo é, ás veces, sutil, e unha atópase con que os anos fuxiron, voaron, e só queda a nostalxia de lembrar os momentos pasados; ás veces pode quedar pendurada nunha canción, nun baile, nunha aperta, nun ollar ou nun estado de meditación. Delbono di que, independentemente da flor que sexa cada un, florecerá, xa que non hai mellor flor que a que se abre dende o que é. Quizais a ledicia non sexa máis que reconciliarse cun mesmo e as circunstancias propias.
Despois da presentación de La Gioia, Delbono participou nun interesantísimo encontro coas espectadoras e espectadores, no Patio da Oficina de Turismo, no que falou do teatro como medio para conectar co extraordinario e exorcizar a dor. Tamén falou da necesidade de abrirmos os ollos á beleza que existe na diversidade, así como á incapacidade que ten el para facer teatro sen mancharse as mans e á influencia que o budismo ten nel e na súa creación. De feito, lembra sentir a gioia, en toda a súa plenitude, durante un estado de meditación que acadou nun momento moi delicado para a súa saúde, algo que non volveu sentir con esa intensidade a través do éxito profesional, por exemplo.
Meu Deus, que non remate nunca a area e o mar, o murmurio da auga, o raio do ceo, a oración do home*.
*Poema de Hannah Szenes, que tamén aparece en La Gioia.
Ficha técnica:
-Autoría e dirección: Pippo Delbono.
-Elenco: Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo, Zakria Safi e Grazia Spinella.
-Composición floral: Thierry Boutemy.
-Iluminación: Orlando Bolognesi.
-Son/Música: Giulio Antognini.
-Vestiario: Raffaella Ciuffreda.
-Maquinista e attrezzo: Gianluca Bolla e Enrico Zuchelli.
-Director técnico: Fabio Sajiz.
-Produción: Alessandra Vinanti e Silvia Cassanelli.
-Lingua: italiano con sobretítulos en galego.
-Sobretítulos: Sonsoles Cordón.
-Data e lugar de presentación: domingo, 15 de xullo de 2018, ás 23.00 horas, no Auditorio Rubén García do Castelo, en Ribadavia.
*As fotografías son de Rosinha Rojo.  
**Ana Abad de Larriva é licenciada en Xornalismo e titulada superior en Arte Dramática.
Supervisión e coordinación: Afonso Becerra de Becerreá.
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