#sei proprio il mio Grey
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lalacrimafacile · 5 months ago
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Un vero motivo per piangere
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Il Club delle Lacrime Serali: La Mia Passione per le Serie TV che Fanno Piangere
Come avete capito dal primo articolo, sono una ragazza che si è autoproclamata "la piagnucolona seriale". Oggi voglio condividere con voi il mio amore per tutte quelle serie TV che mi fanno emozionare fino alle lacrime.
E no, non parlo delle lacrime di frustrazione quando Netflix mi interrompe con quel fastidioso “Sei ancora lì?”, o quando parte la pubblicità proprio sul momento più bello di un episodio. Parlo delle vere lacrime, quelle che ti fanno singhiozzare mentre il cane ti guarda con aria di giudizio. Se ti sei mai alzato dal letto con la faccia gonfia, gli occhi rossi ecco hai sperimentato quello di cui sto parlando.
Mi reputo una persona molto empatica. Mi emoziono per poco e condivido quello che le persone che mi stanno accanto e a cui voglio bene provano. "Ma cosa centrano le serie TV? I personaggi sono finti, non li conosci!" potreste obiettare. Eppure a volte mi sembra così.
Il Potere delle Serie TV
C'è chi ha la passione per il fitness, chi per la cucina gourmet, e poi ci sono io, che mi alleno a sollevare fazzoletti. Alcune persone non capiscono come si possa piangere per storie inventate. In particolare non comprendono come sia possibile che io vada a cercare proprio quelle serie. Quelle che so che mi faranno piangere. Ma vi assicuro, c'è una soddisfazione masochistica nel lasciarsi travolgere dalle emozioni di personaggi fittizi.
La complessità delle storie e dell'evoluzione dei personaggi coinvolge la parte più emotiva ed empatica del nostro cervello facendoci sentire come se fossimo noi i protagonisti di quelle vicende e di quelle situazioni emozionali.
Ora parliamo di serie TV e in particolari alcuni tra gli show che più mi hanno fatto buttare via pacchetti di kleenex e alimentato la mia illusione di vivere in un mondo di drammi e delusioni amorose.
I Pilastri delle Mie Maratone
**1. *This Is Us* - Il Re del Dramma Familiare
Se mai ci fosse un campionato mondiale di serie TV in grado di far piangere, "This Is Us" sarebbe il campione incontrastato. Questa serie riesce a trasformare anche l'episodio più banale in una gara di pianto con aneddoti strappalacrime, colpi di scena emotivi e quel perfetto mix di amore e dolore che ti lascia devastata. I protagonisti sono interpretati in maniera perfetta dagli attori: Milo Ventimiglia, che aveva già conquistato gran parte del pubblico femminile in "Gilmore Girls" nella parte di Jess, incarna un padre di famiglia e un marito ideale, anche se non perfetto. Mandy Moore riesce a interpretare la coprotagonista portando determinazione e carattere alla non così tradizionale moglie e madre di tre figli.
**2. *Grey's Anatomy* - Chirurgia dei Sentimenti
Non posso non menzionare “Grey's Anatomy”, la serie che riesce a far piangere anche un chirurgo esperto (credo, non ho mai chiesto a uno di loro). Dopo sedici stagioni di incidenti improbabili, amori impossibili e addii strazianti, sono convinta che Shonda Rhimes abbia un contratto segreto con un produttore di fazzoletti.
**3. *Stranger Things* - Lacrime Soprannaturali
Lo so, lo so. "Stranger Things" dovrebbe essere più avventuroso che commovente. Ma quando undici (la bambina, non il numero) piange, io piango. Quando Will si perde nel Sottosopra, il mio cuore si spezza. Anche i mostri più spaventosi non possono competere con l'angoscia che provo per questi ragazzini di Hawkins.
**4. *Modern Family* - Risate amare
Sembra una contraddizione inserire questo titolo in un articolo dove si parla di lacrime. "Forse intendevi lacrime causate dalle troppe risate?" mi chiederete, eppure non è così. C'è qualcosa in questa serie televisiva comedy che mi fa piangere ogni puntata: le scene di chiusura con la voce di uno dei personaggi isolata mentre scorrono le immagini finali, accompagnata da una musica dolce in sottofondo non falliscono mai nel farmi venire le lacrime agli occhi. All'interno della commedia di "Modern Family", anche negli episodi più divertenti, si insinuano dei temi e dei momenti particolarmente dolci ed emozionanti che rendono questa serie TV una chicca dolceamara.
Le Lacrime Come Terapia
Potrei passare ore a spiegare quanto sia terapeutico il pianto indotto da una buona serie TV. Dicono che piangere faccia bene, che liberi endorfine e riduca lo stress. E se questo è vero, sono praticamente la versione umana di una spa ambulante. E poi, c'è qualcosa di meravigliosamente liberatorio nel piangere per problemi che non sono i tuoi, senza dover trovare soluzioni reali.
Unitevi al Club!
Se anche voi siete del club delle lacrime serali, alzate i fazzoletti! Non c’è nulla di cui vergognarsi. Anzi, vi invito a condividere le vostre serie TV preferite che vi fanno piangere. Così possiamo espandere la nostra lista e avere scuse sempre nuove per rimandare quella serata fuori che non ci convinceva poi tanto.
E ora vi saluto, vado a rivedere l'ultimo episodio di "One Day". Ho appena comprato un pacco famiglia di fazzoletti e non vedo l'ora di usarli tutti.
Con amore e lacrime, La Vostra Piagnucolona Serializzata
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primusliber-traduzioni · 8 months ago
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Basement - I Wish I Could Stay Here, traduzione testi
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C’è ancora il tuo bicchiere sul davanzale Mi farò venire la forza di spostarlo presto Ma fino ad allora mi perdo nei pensieri su di te
(da: Earl Grey)
1. Basement – Fading, traduzione
Svanire “Sì, probabilmente è la mia ultima occasione”
“Anche la mia”
“Ora o mai più” Viene giù forte la pioggia, mi lava via
Mi sento male Mi sento male
Proprio vuoto, proprio ordinario Perché nella testa ti ho sentito che facevi il mio nome
Crollo, svanisco E tutto quello che avevo cadrà a pezzi
Niente resta uguale
E tutto quello che avevo cadrà a pezzi
Niente resta uguale Perché nella testa ti ho sentito che facevi il mio nome
Crollo, svanisco
Perché nella testa ti ho sentito che facevi il mio nome
Crollo, svanisco 2. Basement – Plan to Be Surprised, traduzione
Un piano per sorprendersi Fa più buio che mai
È già difficile vederci qualcosa anche senza che tu mi fai sentire una nullità
Sono una nullità Le luci sono tutte spente in casa tua
E te non ti si vede da nessuna parte
Lo so che hai paura, ma io ci sono ancora
Sto arrivando Ti prego, fammi entrare: fa freddo fuori
E io non intendo andarmene da nessuna parte 3. Basement – Canada Square, traduzione
Canada Square Stanotte mi sono addormentato con sù i vestiti
In piena estate
Mi sono svegliato tremante di freddo sotto queste coperte vuote E ho cominciato a dormire sulla fronte
Perché lo facevi tu… e mi manchi
Ho letto il tuo biglietto quando ho ripreso conoscenza
Era un grazie di cuore che mi ha spezzato il cuore in due E allora faccio i bagagli e mi lascio alle spalle questo posto
E ti brillano molto di più gli occhi ora che ho troppa paura di guardarti
In una stanza così piena di gente non mi sono mai sentito così solo E allora faccio i bagagli e mi lascio alle spalle questo posto 4. Basement – Crickets Throw Their Voice, traduzione
I grilli lanciano il loro grido Se avesse funzionato tutto, vivremmo in una casa diversa, vivremmo in una città diversa
È un nuovo inizio: corpo pulito, cuore spezzato
Verrò a trovarti quando ci sarà occasione Non è facile respirare quando sei sott’acqua
Io affogo e tu mi spingi Chiudi gli occhi, dormi fuori
Fa più caldo che qua dentro
Io me la caverò, correrò a nascondermi
Vorrei poter restare qua Ti ho ancora in testa
La mia mente è convinta che tu non te ne sia mai andata
Conto quanto manca a rivederti
Confronto ancora ogni cosa con la tua sagoma
Come faccio a dimenticare ciò che è perfetto? Non è facile respirare quando sei sott’acqua
Io affogo e tu mi spingi sotto Chiudi gli occhi, dormi fuori
Fa più caldo che qua dentro
Io me la caverò, correrò a nascondermi
Vorrei poter restare qua Vorrei poter restare qua Chiudi gli occhi, dormi fuori
Vorrei poter restare qua 5. Basement – Earl Grey, traduzione
Earl Grey Ho alzato lo sguardo verso la tua finestra, fatto finta di vederti
Tu non ci vivi più lì La mente divaga e mi perdo nei pensieri su di te
Dormo come via di fuga, perché tanto il bere ti uccide lo stesso
E allora perché quando mi sveglio mi fa ancora male il cuore? C’è ancora il tuo bicchiere sul davanzale
Mi farò venire la forza di spostarlo presto
Ma fino ad allora mi perdo nei pensieri su… Hai fatto l’impressione migliore: la perfezione su pagina
Il più selvaggio dei cuori non si farà mai domare 6. Basement – Ellipses, traduzione
Ellissi (strumentale) 7. Basement – Every Single Word, traduzione
Ogni singola parola Fammi sapere la verità
Fammi sapere che non stiamo fingendo
Io ti aspetterò, proprio come dicevo
Ogni singola parola ferisce più della prima
Sei un pezzo frantumato di quello che eravamo un tempo Ti prego, salvami Fammi sapere la verità
Fammi sapere che non stiamo fingendo
Io ti aspetterò, proprio come immaginavi Ti prego, salvami da me stesso
Ti prego, salvami 8. Basement – Yoke, traduzione
Giogo Senza fiato, mi strozzo con l’indecisione
Nascondimi in camera mia e dimenticati di me, dimenticati di me
Mi dispiace, se vuoi sapere la verità
Mi dispiace, se vuoi sapere la verità Sono io contro il mondo
Sono io contro il mondo, il mondo
Mia madre è felice? Mio padre è fiero?
Nascondimi in camera mia, però perdonami, perdonami
Mi dispiace, se vuoi sapere la verità
Mi dispiace, se vuoi sapere la verità, la verità
Sono io contro il mondo
Sono io contro il mondo, il mondo, il mondo 9. Basement – Grayscale, traduzione
Scala di grigi Le immagini dipinte dalle tue mani non avranno più lo stesso aspetto
Questi colori fuggono, questi colori sbiadiscono
Ciò che un tempo era vivace ormai è diventato grigio C’è un posto dove tengo le parti di noi due per come dovevano essere, come ricordi 10. Basement – March, traduzione
Marzo Viaggi in treno sù a ovest verso la mia seconda casa
Tu stavi lì seduta ad aspettarmi
Libri per il viaggio, tanto per passare il tempo
Questi uccelli della pace se ne stanno andando Non mi aspetti più
Non mi aspetti più Stiamo sù fino a tardi e guardiamo la TV
Non la guardavamo mai per davvero
Abbiamo fatto progetti che pensavo avremmo mantenuto
Le date ancora sul mio diario Non mi aspetti più
Non ti aspetto più
Non mi aspetti più
Non ti aspetto più
Non mi aspetti più
Non ti aspetto più
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tempestainmare · 2 years ago
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Te.M.@
Inventa un principe per Natale.
SVOLGIMENTO
Risposta semplice: due parole che non coincidono con il ti amo ma sono non esiste. Dove trovare un principe allora? Inventiamolo. La Disney ci ha fatti sognare con quelle divise dell'alta forza armata e quei balli di corte a cui solo l'élite poteva parteciparvi. Era il titolo il biglietto da visita preferenziale. Eppure lei si è svegliata e la mela è stata digerita e pur espulsa da tempo. Le storie del focolaio, il pater familias e tutte quelle maledettissime versioni di Cesare e i suoi amici. Dove siete, amici? Una di Noi mi ha scritto affranta, "non comprendo chi sia lui oggi". Samantha a tutto c'è rimedio, la tecnologia ha fatto miracoli, pure i cani sono robot fidati. I siti d'incontro sono il must have della ricerca sul web. Poi lo vieni a scrivere proprio a me? Argomento tedioso. Esistono se tu sai far circolare la moneta. Lui è più semplice di una lei? No, sono uguali. Dalla mia esperienza culinaria posso aiutarti. Samantha scusa, se ricordo bene è quello creato da te nella realtà proprio come quel film dove c'è lei che lo disegna e lui che lo recita. Hai capito quale? A te serve solo fuori, non il web, la vita socializzante. Non è difficile. In primis devi fare acquisti. Non sul web ma anche si. Dipende in che parte del mondo vivi. Nel mio di City c'è tutto, siamo oltre il Medio Evo e la Super Nova. Non so da dove digiti però i soldi servono a lui non a te. Qualcuno dirà ingegnere. Io ti dico soldi.
Altezza: discutibile assai. E' qualcosa che puoi avere e non. Madre Natura ducet. Il protocollo di corte esige lo sport. Il muscolo flaccido non è mai andato di moda. Lo statuario Adone si. Il pettorale in bella vista, l'aderenza che traspare la perfezione di un marmo di Carrara. Gambe lunghe si ma quanta palestra fai? Non quella del The Sims University, i pesi, il bilancino, la forza portata allo stato estremo. Samantha, l'uomo curato è principesco sempre. L'estetista non deve mancare mai. Capello lungo? Si se ti chiami Sansone o come piace a voi/noi il greco. Gay anche lui. Che tristezza la vita in due. Il pelo. depilazione completa sempre e comunque. Non puoi mai sapere quando dovrai riparare il tubo dell'acqua di casa tua. Barba mai incolta e rivolta verso l'alto, non sei mica Babbo Natale ma Nicola lo gnometto si. L'occhio azzurro è principe sempre, l'occhio di Panzi è profondissimo. Mio padre era verde nel grigio, mia madre nocciolato, mia nonna celeste, mio nonno ateo. Gemelli da parte di madre e padre da 13 generazioni. Torniamo al principe. Mani estetista. Mani curate è sinonimo di eleganza. Anelli si ma solo all'anulare. La fede al dito e basta. Curato nel vestire. Giacca e pantalone è avvocatura, gilet è impiegato comunale, capello ribelle è maestro di musica. Squattrinato no. Quelli non piacciono a nessuno. Azienda di famiglia: stabilità economica e mai sotto il padrone. I principi non si fanno comandare, comandano l'azienda. Grey per intenderci. Le sfumature e ... lui. Voleva sempre e solo lei. La vecchiaccia gli ricordava sempre che lei casomai poteva colmare il vuoto della sua infanzia mancata e invece no, voleva solo lei. I soldi, i soldi e lei. Viaggi, villa al mare, in montagna, vacanze e le cene di famiglia. Lui è il prototipo del principe di oggi. Lei la PRINCIPESSA UNICA DEL SUO IMPERO.
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aloiguig · 3 years ago
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mi dicono che non è un addio, e per l’amor di dio vorrei essere tutto tranne che drammatica, ma so che sei più consapevole di me che siamo arrivati al capolinea, e no, non mi sto tirando indietro, perché anche se tu tornassi tra 1 anno, sarei pronta a scommettere sulla nostra amicizia ancora e ancora, ma per una volta, vorrei semplicemente che tu capissi che non sono fatta del tutto da egoismo, e si che c’è una parte di me che è distaccata e ignora qualunque cosa che non sia il proprio benessere, ma c’è un’altra parte di me, quella che i miei problemi non hanno trasformato. Quella che si emoziona ai piccoli gesti, e che tende a ricordare le minime cose rispetto a quelle enormi, quella che si emoziona per le storie degli altri, e quella che non smette di piangere per un episodio di grey’s anatomy. È quella che i miei traumi non sono riusciti ad eliminare, è la migliore ma più fragile parte di me, ed è quella dove sono conservati tutti i bei momenti che abbiamo passato, quella che annulla i litigi, gli attacchi di isteria, l’orgoglio e i sensi di colpa. Quando un rapporto si consuma si tende a ricordare solo le cose brutte, è un tratto comune dell’essere umano, si mettono in rilievo i problemi, e cerchi di convincerti al 100% che doveva andare così, che in qualche modo era destinato. Posso davvero provare a convincere me stessa che è così che finisce, ma non ci credo, non voglio farlo. Purtroppo per me, spero, fino a che non ne esco a pezzi, ai ritorni, spero che il bene e l’affetto e gli abbracci, annullino e magicamente sistemino quello che i nostri errori hanno distrutto. E so quanto contraddittorio e immaginario sia come pensiero, ma è il mio modo di rifugiarmi nei ricordi delle persone che nella mia vita non ci sono più. Ti ho raccontato tutto quello che mi ha formata, quello che mi ha cresciuta, e cosa mi ha portata ad essere esattamente come sono. Non mi pento di nessuna scelta, di nessuna parola; non mi pento di averti conosciuto, e di averti fatto entrare così tanto nella mia vita, e non mi pento di dirti che sei parte della mia storia. Quando vuoi, sempre, ad un millimetro dal tuo cuore.🌙
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fiamminga95 · 5 years ago
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Resistance Reborn : molte ragioni per cui non era necessario ma un motivo per leggerlo
*Spoiler!*
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Di cosa parla il libro
Allora, sicuramente c’è da dire che il soggetto è Poe: nello specifico, quello che deve fare per rimediare a ciò che ha causato in The Last Jedi. Sicuramente l’obbiettivo della storia è mostrare come, in poco tempo, la Resistenza riesce a racimolare nuovi capi e nuove attrezzature, dando una breve spiegazione.
A quanto pare si viene a sapere che la chiamata di Leia non è stata udita perché il Primo Ordine ha da tempo sequestrato e incarcerato i simpatizzanti della Resistenza, quindi non c’era nessuno che li potesse udire. Tra l’altro, la storia è così immediatamente successiva a Crait che nessuno sa ancora cosa è successo: la distruzione della flotta dell’Ordine, la morte di tutti i generali e degli ammiragli e di Luke. Si rivedono molte facce conosciute in altri libri e nei fumetti, perciò se siete un minimo esperti di canon vi farà piacere incontrare di nuovo vecchi personaggi, anche se la loro presenza massiccia pesa sulla narrazione a parer mio è diventato noioso leggere le sotto-trame di ognuno mentre la storia si frazionava troppo.  
Un voto
Un pensiero generale sul libro, sulla sua qualità, aldilà di Star Wars: io darei un 5. Oltre alla necessità di sapere materialmente cosa è successo, il libro non intrattiene. Anzi, ci sono molti altri libri lì fuori che sembrerebbero meno necessari e invece sono bellissimi (Phasma, per esempio). Scrittura blanda, approfondimento dei personaggi altrettanto blando, azione risolutiva alla fine del libro inconsistente, villain inutili. Personalmente credo che in un contesto moralmente ambiguo come StarWars che gioca molto sui chiaro scuri, siano sempre più interessanti i personaggi che seppur cattivi pensano di fare del bene e di essere nel giusto (Cardinal, Ammiraglio Rae Sloane) e questo tale Bratt che offriva un minimo di antagonismo era noioso e forse anche superfluo. Insomma, all’interno della narrazione penso ci siano molte cose non necessarie. A dire il vero, avrebbero potuto farci un fumetto.
Avrei preferito un fumetto chiamato “Resistance Reborn” e un libro “The rise of Kylo Ren”, ma ormai le cose stanno così.
 Personaggi un po’  …. meh
Ma andiamo alla parte succulenta: i personaggi centrali della storia sono Leia e Poe. Riguardo a Leia, è stata forse la delusione peggiore. Per chi ha letto i libri della Grey, sappiate che non regge il confronto. Caratterizzazione inesistente. Ci viene detto appena appena che 1. Sta ancora male per la sua passeggiata spaziale 2.A quanto pare vuole istruire Rey sulla speranza … ma sarebbe stato carino capire dove prende la sua. A questa donna ne sono capitate di tutti i colori e si regge ancora in piedi e parla di speranza, cosa anche possibile, ma dare un’idea del perché?? Un po’ di introspezione? Magari perdere due righe per dire come si sente visto che il fratello si è sacrificato per loro mentre suo figlio tentava di ucciderli tutti?? No.
Passiamo a Poe. Ora, lo metto in chiaro: a me Poe non piace. Come personaggio secondario ci stava, ma come mi ha infastidito in TLJ! Non mi è piaciuto nulla di quello che ha fatto. Mi piaceva invece l’idea che accusasse un po’ di dispiacere per quello che aveva causato. Almeno nel libro si degna di ricordare la morte di Paige Tico e vagamente si rende conto che forse è colpa sua. Detto questo, non mi piace come è passato da vergognarsi di sé stesso a fare grandi dialoghi sulla libertà alla fine. Troppo repentino, secondo me. Ricorda un po’ Jyn Erso e il suo cambio di opinione da una scena all’altra in Rouge One. In un film me lo faccio anche andar bene ma l’introspezione?? Questa sconosciuta tecnica narrativa??
Altrettanto fastidioso è stato leggere come anche se lui si dispiaceva sembra che immediatamente tutti gli abbiano detto: “E ma sai com’è: sei bello, avevi buone intenzioni, ma dai ti perdoniamo!”. In secondo luogo, per quanto mi pare che sia stata passata come una storia di redenzione – anche dall’autrice – Poe stesso che non cerca redenzione, ma vuole fare ammenda. E non è proprio la stessa cosa. (Io dico: Ovvio. Perché non ha detto scusa a nessuno. Non si è mica scusato con Rose, NO, ha solo deciso che gli servivano più X-wing. Perché lui ha detto che ha capito che ha sbagliato allora tutti gli altri hanno applaudito e subito tutti a tarallucci e vino). E poi Ben dovrebbe pagarla? Pagare lo scotto per potersi redimere? Poe avrà ammazzato più persone da solo in una scena che Kylo Ren in tutta la sua carriera ... Semplicemente non mi sembra giusto. Come non mi sembra giusto che tutti gli ripetano che ha dei capelli bellissimi. (Mi scusi signore, ma qualcun altro ha dei capelli più belli, mi dispiace). Ma ora sto divagando.
Le ship
Ma quale Reylo? Ma quale FinnRose? Qui la stormpilot imperversa. C’è una scena dove Poe aiuta Finn a mettersi la cravatta. Giuro di aver scritto una fanfiction uguale. Comunque, l’interezza del libro non si eleva dal livello di bassa fanfiction (anzi, ce ne sono alcune bellissime e molto più elaborate). Ma se siete un minimo Stormopilot, il libro vi piacerà molto. Personalmente è stata la prima ship che ho shippato, almeno per la prima oretta del film Il risveglio della Forza. Rose mi piace molto e mi dispiacerebbe se la lasciassero sola nel prossimo film. Se la stormpilot avvenisse, almeno spero che mi arrangino Rose con qualcuno, perché se lo merita.
Ma la Reylo???
Ed ecco il vero motivo per cui questo libro si deve leggere. La mia teoria è che Rey abbia detto a Finn e Leia del ForceBond.
Per prima cosa, c’è una possibile scena di Forcebond qui:
“Well, that’s someone, Rey of Jakku. That’s someone, indeed”. Rey flushed scarlet and took a gulp of tea. She choked briefly and quickly set the cup down. She pressed a hand to her mouth, coughing hard. “Are you all right?” Charth asked, leaning forward.
In una conversazione che è stata messa subito in chiaro riferimento con l’ultima conversazione tra Rey e Kylo, perché poco prima Rey si identifica come “nessuno” ancora una volta, viene smentita e dopo un po’ si strozza con il tea …? E poi scappa via?? E poi guarda un po’, chissà perché si manifesta il Primo Ordine su Ryloth senza nessun motivo apparente, e tutti continuano a dare opinioni e fare ipotesi sul come mai siano così tanto nell’Orlo esterno.
In un secondo momento, poi Poe si imbatte in Rey e Finn che parlano vicinissimi e a bassa voce, ma si fermano non appena lo vedono arrivare. Rey va via e Poe chiede se stesse bene. Poe insiste e Finn dice che si fida di Rey e sa che lei avrà tutto sotto controllo. In oltre dice questo:
“I know you said Rey had it under control, but is it everything okay? With Rey? That conversation looked serious”. Finn’s Brow furrowed in thought. “She’s gone to talk to Leia about it. She didn’t want to burden her, but I told her Leia needed to know”. “Whoa”, Poe said, hand grasping Finn’s Harm and bringing him to a stop “Is there something I should Know, too? If Leia’s in danger …”. “Rey will handle it”
Alla fine del libro Rey sembra aver deciso di dedicarsi alla speranza. A quanto pare lei e Leia condividono questa cosa, questa missione di riempire il vaso goccia a goccia per formare un oceano. Ora mi chiedo … si riferiscono alla Resistenza solamente? Perché Leia aveva perso la speranza in suo figlio alla fine di The Last Jedi e Luke le aveva detto che “nessuno e veramente perduto”. È da qui che trae la sua speranza? Dal fatto che pensa che in qualche modo suo figlio possa tornare indietro almeno alla fine? Avrei preferito saperlo, ma il libro non si degna di dare mezza motivazione a questa cosa.
Vista la rabbia con cui Rey affronta Kylo nel trailer, dubito che lei mantenga ancora speranze verso di lui … ma Leia è un’altra questione.
Per concludere, penso sia probabile che il film parta con Finn e Leia che sanno del Forcebond ed in qualche modo Poe lo venga a sapere. Visto il soggetto, sono ancora convinta che non gli piacerebbe affatto. è probabile che sia questo quello a cui si riferisce Rey quando dice che “tutti le dicono che la conoscono ma nessuno può?” magari si aspettano cose diverse da lei riguardo la gestione della sua relazione con Kylo?
Chissà.  
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itsmesantana · 8 years ago
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E siamo solo a martedì!
Settimane che iniziano bene. Mi si è rotta la piastra per i capelli dopo 5 anni, vani i tentativi di rianimarla, non c’è stato niente da fare. Mi ha lasciata con i capelli metà piastrati e metà no, con un risultato deplorevole. Io senza quel prezioso oggetto praticamente non vivo, tutti i giorni anche più volte al giorno se necessario. Si, lo so che rovina i capelli ma sono fortunata perché non sembra che io li stressi così tanto, poi li taglio e (una gioia!) mi ricrescono in fretta. Quindi si, domani andrò alla ricerca di una piastra nuova e devo andare tipo a mille mila km perché sia mai che qui trovi il negozio. Ok la smetto di essere materialista fino alla fine, però mi ha scosso. 
Sono di buon umore in questo periodo, non troppo, rimango la solita ansiosa rompiscatole lamentosa però quando riescono a strapparmi un sorriso è sempre cosa buona e giusta e il fatto che lo faccia qualcuno che conosce così poco di me mi fa piacere. E io che credevo di non piacerti, di essere troppo poco, troppo piccola, troppo bassa, troppo strana! Invece i: ma perché ti fai tutti questi problemi? fanno bene all’anima. Ed è per questo che mi sono lasciata andare, perché l’autostima è salita a livello 1 e basta davvero poco per farmi stare bene. Non ho troppe aspettative per il futuro, ed è giusto che non ne abbia, però mi sento coraggiosa e più indipendente, tanto che sto per fare una piccola, ma grande pazzia. Anzi due!
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mbcorvo-author · 5 years ago
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Corvo’s Writober - Day 3 & 4
Since yesterday I didn’t have time to write anything for Writober (not that I must write everyday, but right now I want to try just to see if I can write more than the five days of last year’s writober lol) today I tried to write some more, mixing some of yesterday’s and today’s prompts.
This is another piece that will need some fixing and rewriting, maybe a bit silly after the previous two scenes I shared, but even this will go into my wip “In the Pits of Hell”.
The prompts used are:
3 - Mundane & 4 - Summon from October 2019 prompt list by @downwithwritersblock
Day 2 -  “Just follow me, I know the area” & Day 4 - “I know you didn’t ask for this.” from Fictober 2019 prompt list by @fictober-event
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Title: Not an actual temple
“Do you know that I’m not here in the mundane realm to do some tourism?” remarked the man, running a hand through his grey hair “but because I was entrusted with the task of-” “Yeah, yeah, okay” the interruption came from what looked like a young man around twenty-five or twenty-seven years old, with raven black hair and many tattoos of various shapes that marked his skin crawling out of his t-shirt with a death metal band print on it. “Just...follow me, I know the area.” added, turning his head to the older man and giving him a wide smile that showed off his unnatural pointed teeth. The Devil’s Advocate huffed, mumbling to himself something intelligible – probably something about how much he loathed getting appointed to locate and get a hold of one of the devils that were living hiding between the humans on Earth – and followed the other along the street of the human city in which they were.
“Would you at least mind telling me where we are going to?” asked the severe advocate, interrupting that silence that had formed between them when the other simply started to walk and tinker with a battered smartphone. The devil with younger appearances put away his phone inside one of the pockets of his black leather pants and returned to look towards the older “I know you didn’t ask for it, but I thought that we could talk in a place a bit more… let’s say appropriate.” another smile appeared on his face when on the visage of the stoic Advocate a hint of puzzlement showed up. Non that it was visible, but he knew the Devil’s Advocate for long enough to have learnt to read even the minimal shifts of his severe and austere expression. “You know, right, which city is this and its fame?” added.
“Sure: we are in Salem, the one made famous in history for its witch-hunting past.” answered the devil “Did you choose this place because you thought that it could be, how you say, ironic-” “Ironic the idea of two infernal creature like us met in a place where, in the past, hundreds of people were killed because others suspected that they were allied with the rest of us?” the younger interrupted again, amused by the unnerved expression of the other “Yes and no.” “And then for what other reason?” “It shows that it’s been a while since you hung out on Earth, but still I thought that you would’ve come back from time to time to wander between your fellow humans.” “Watch what you are saying” hissed the Advocate, trying to not lose his usual aplomb, pointing his left index finger in warning towards the younger looking devil “You know very well that I’m a devil just like you.” remarked.
A sly smile grew on the younger’s face, points of the forked tongue slipping out for a little bit between the pointed teeth, trying to not burst out laughing in front of the other devil. “Oh, my old friend!” chuckled “You haven’t changed at all! And I’m still able to make you lose your temper, I was afraid to be out of practice!” continued, trying to suffocate another laugh and turning into another street.
The devil huffed and rolled his eyes, but returned to his usual severe composure following in silence the younger that after few moments started again to speak. “Here in Salem, there is an interesting place called “The Temple of Satan”. It’s not the real one, and they are some edgys that want to be some kind of rebels from the traditional religions or something like that. Not that kind of Satanists that do sacrifices and that try to summon some of us… fuck, it’s been a while since the last time I popped out from some summoning circle scaring the shit out of some dickheads!” “So, you thought that it could be fun to talk while in this “Temple of Satan” because of our nature?” asked the advocate, trying to put the conversation back on its tracks. “Yeah...and because I wanted to take a selfie with their Baphomet statue to post it on Instagram” replied the youngster. “So, everything for the irony of the place and for taking a picture to put on I-don’t-know-what of the humans?” “A selfie on Instagram.” corrected the devil shaking the smartphone that was again in his hands, probably to answer a message. “It’s a social used by the humans usually to share photos and videos. Sytry talked me about it, they’re an influencer on there or almost.” the smartphone was put back into the leather trousers’ pocket “Anyways it’s weird that someone like me, well way older than you, is the one that is more in step with the times!” his attention then was moved to look around the street, searching for the building they were trying to reach, left hand scratching his head in confusion. “Mh. If you are so up to date, you should already know that the Temple is an art gallery and not an actual temple...right?” said the Devil’s Advocate, with a slightly amused smile on his otherways stoic face. “Oh.”
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Italian under the cut!
Dato che ieri non ho avuto tempo per scrivere alcunché per Writober (non che io abbia l’obbligo di scrivere ogni giorno, ma al momento voglio provare solo per vedere se sono in grado di scrivere più dei cinque giorni del writober dello scorso anno lol) oggi ho provato a scrivere un po’ di più, mescolando alcuni spunti di ieri e di oggi.
Questo è un altro pezzo che necessiterà di essere sistemato e riscritto, forse un po’ più sciocco rispetto alle precedenti due scene che ho condiviso, ma anche questo andrà a finire nel mio work in progress “Nelle Profondità dell’Inferno”.
Gli spunti usati sono:
3 - Mondano & 4 - Evocare from October 2019 prompt list by @downwithwritersblock​
Day 2 -  “Solo seguimi, conosco la zona” & Day 4 - “Lo so che non avevi chiesto questo” from Fictober 2019 prompt list by @fictober-event​
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Titolo: Non un vero tempio
“Lo sai che non mi trovo nella dimensione mondana per fare il turista” rimarcò l’uomo passandosi una mano tra i capelli grigi “ma perché mi è stato affidato il compito di-” “Sì, sì, okay” lo interruppe quello che appariva come un giovane sui venticinque o ventisette anni, dai capelli corvini e sulla pelle svariati tatuaggi che sbucavano e serpeggiavano da sotto la sua maglietta recante la stampa di una band deathmetal, rappresentanti i soggetti più disparati. “Solo...seguimi, conosco la zona.” aggiunse, volgendo il capo verso l’uomo più anziato e rivolgendogli un sorriso che metteva in mostra la sua dentatura innaturalmente acuminata. L’avvocato del Diavolo sbuffò, borbottò qualcosa d’incomprensibile tra sé – probabilmente qualcosa legato a quanto detestasse quando lo incaricavano di rintracciare qualcuno diavoli mescolatisi tra gli umani sulla Terra – e seguì l’altro lungo una delle strade della città umana in cui si trovavano.
“Potresti almeno degnarti di dirmi dove ci stiamo dirigendo?” domandò il severo avvocato, interrompendo quel silenzio che si era andato a formare tra loro quando l’altro si era semplicemente messo a camminare e armeggiare con uno smartphone dall’aria un po’ malconcia. Il diavolo dalle apparenze più giovanili ripose il cellulare nella tasca dei pantaloni di pelle nera che indossava e tornò a voltare il capo verso l’anziano “So che non l’avevi richiesto, ma ho pensato che si potrebbe parlare in un posto un po’ più… adeguato, diciamo.” altro sorriso gli apparve sul viso quando sul volto impassibile dell’Avvocato una nota di perplessità si fece notare. Non che fosse evidente, ma ormai conosceva l’Avvocato del Diavolo da ormai abbastanza tempo da riuscire a cogliere i minimi cambiamenti nella seria e severa espressione altrui. “Sai, no, che città è questa e la sua fama?” aggiunse.
“Certo: ci troviamo a Salem, quella resa famosa nella storia per gli episodi di caccia alle streghe.” rispose il diavolo “Hai scelto questa città come luogo d’incontro perché trovavi, come dire, ironic-” “Ironica l’idea che due creature infernali come noi si incontrassero in un luogo dove, in passato, centinaia di persone furono uccise perché si sospettavano in combutta con noialtri?” lo interruppe nuovamente il giovane, divertito dall’espressione irritata altrui “Sì e no.” “E allora per quale altro motivo?” “Si vede che è un po’ che non bazzichi più sulla Terra, eppure pensavo che saresti tornato almeno ogni tanto a gironzolare tra i tuoi simili” “Bada a come parli” sibilò l’Avvocato, cercando di non perdere il suo usuale aplomb, andando a puntare l’indice mancino verso l’altro in una sorta di gesto ammonitore “Sai bene che sono un diavolo tanto quanto te.” rimarcò.
Un sorriso sornione si fece strada sul volto del giovane, lingua biforcuta che per qualche momento spuntò tra i denti acuminati, cercando di non mettersi a ridere di fronte all’altro. “Oh, vecchio mio!” sghignazzò “Proprio non sei cambiato di una virgola! E sono ancora in grado di farti perdere le staffe, temevo di non essere più allenato!” proseguì, trattenendo un’altra risatina e imboccando una nuova via.
Il diavolo sbuffò e roteò gli occhi al cielo, ma tornò alla sua usuale severa compostezza seguendo in silenzio il giovane che poco dopo riprese a parlare. “Qui a Salem c’è una struttura interessante chiamata “Il Tempio di Satana”. Non è quello vero, loro sono più degli edgy che vogliono fare i ribelli rispetto alle religioni convenzionali o qualcosa del genere. Non quel tipo di satanisti che fanno sacrifici e che cercano di evocare qualcuno di noi… cazzo, è un po’ che non sbuco da un qualche rituale di evocazione terrorizzando dei coglioni!” “Quindi, hai pensato che fosse divertente il parlare in questo “Tempio di Satana” data la nostra natura?” domandò l’avvocato, cercando di tornare sul punto della questione. “Sì… e anche perché volevo farmi un selfie con la loro statua di Baphomet per postarla su Instagram” affermò il giovane. “Quindi tutto questo per l’ironia del luogo e per farti una foto da mettere su non so che cosa degli umani?” “Un selfie su Instagram” precisò il diavolo agitando il telefono che di nuovo teneva in mano rispondendo probabilmente a un messaggio “È un social usato dagli umani dove di solito postano foto e video. Me ne ha parlato Sytry, ormai è un influencer o quasi.” smartphone che quindi venne posto di nuovo all’interno della tasca dei pantaloni di pelle “Comunque è assurdo che uno come me, di gran lunga più vecchio di te, sia quello più al passo con i tempi!” lo sguardo poi si spostò a scrutare i dintorni della via, alla ricerca dell’edificio verso cui erano diretti, mano mancina che va a grattare distrattamente il capo corvino. “Mh. Se sei così al passo coi tempi, saprai che il Tempio è una galleria d’arte e non un vero e proprio tempio...vero?” disse l’Avvocato del Diavolo, con un lieve accenno di sorriso divertito sul suo volto altrimenti severo. “Oh”.
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sciogli-lingua · 6 years ago
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The Hunchback of Notre Dame || Out There (German lyrics + English and Italian translation)
Die Welt ist schlecht, die Welt ist böse The world is bad, the world is cruel Il mondo è brutto, il mondo è cattivo In ganz Paris kannst du nur mir allein vertrauen I’m the only one you can trust in the whole of Paris In tutta Parigi sono il solo di cui puoi fidarti Ich bin dein einz'ger Freund I’m your only friend Sono il tuo unico amico
Ich bin der, der dich ernährt und kleidet I’m the one who feeds you and clothes you Sono colui che ti sfama e ti veste Und der dich betrachtet als normal And who sees you as normal Colui che ti considera normale Ich will nur, dass du da draußen niemals leidest I only wish that you’d never have to suffer out there Voglio soltanto che tu non soffra mai là fuori Nicht einmal, ein einz'ges mal Not even one single time Neanche una volta, una volta sola
Du bist entstellt (Ich bin entstellt) You are disfigured (I am disfigured) Tu sei deforme (Sono deforme) Und du bist hässlich (Und ich bin hässlich) And you are ugly (And I am ugly) E sei brutto (E sono brutto) Für diese Welt ist so ein Gräuel unerträglich This world cannot tolerate such a horror Un simile orrore è intollerabile per questo mondo Gehorche meinem Rat (Ihr seid für mich ein Vater) Listen to my advice (You’re like a father to me) Ubbidisci al mio consiglio (Siete come un padre per me)
Einmal siehst du’s ein, du bist ein Monstrum (Ich bin ein Monstrum) Understand this once and for all, you are a monster (I am a monster) Vedi di capirlo per una volta, sei un mostro (Sono un mostro) Einmal reicht allein, sie sind brutal (Entstelltes Monstrum) One time would be enough, they’re brutal (A disfigured monster) Basta una volta, sono brutali (Un mostro deforme) Willst du diese Höllenqual, mein Sohn? Do you want to go through that hellish pain, my son? Vuoi sottoporti a questo supplizio, figlio mio? Drum sei, was ich befahl: mir treu ergeben! Then be what I ordered: true to me! Allora fa’ come ti ordino: restami fedele! Ich bin dein (mein) Leben I am your (my) whole life Sono la tua (mia) vita Bleib mir loyal, diesmal, Stay loyal to me, this time, Conserva la tua lealtà a me, questa volta, Es war einmal It was just this time È stata una volta
Hier im Schutz der Kathedrale, hoch im Glockenturm, Here, sheltered in the cathedral, high in the belltower, Qui, al riparo nella cattedrale, in cima al campanile, Liegt vor mir die Welt in weiter Ferne The world lies in front of me in the distance Vedo tutto il mondo in lontananza Jahrelang versteckt, seh ich von hier den Menschenstrom Hidden for years, from here I can see the stream of people Nascosto da anni, da qui vedo un fiume di gente Sehne mich vom Leben was zu lernen I’m longing to learn something about life Vorrei tanto imparare qualcosa dalla vita
Jahrelang entdecke ich Gesichter, For years I’ve been discovering faces, Sono anni che colleziono volti, Menschen, die mich niemals kennen werden People who will never know me Persone che non mi conosceranno mai Jahrelang will ich so sehr die Welt da unten seh'n For years I’ve longed to see the world down there Sono anni che desidero vedere il mondo laggiù Nichts versäumen, nicht mehr träumen To not miss anything, no more (day)dreaming Non perdermi nulla, non dover più sognare
Und einmal in der Sonne geh'n And, for once, to walk in the sun E, per una volta, camminare sotto al sole Ganz Paris nur einmal einen Tag lang seh'n Just for once, see the whole of Paris in a day Solo per una volta, vedere Parigi in un giorno Für mich erobern To conquer it myself Conquistarla da me Einmal wird es alle Welt versteh'n One day the whole world will understand Un giorno tutto il mondo capirà Ohne Leid, ohne Qual Without pain, without sorrow Senza dolore, senza sofferenza Meine Zeit, sie kommt einmal! My time will come one day! Un giorno, il mio momento arriverà!
Einmal mich im Gewirr der tausend Gassen zu verlier'n For once, losing myself in the maze of the thousands streets Per una volta, perdermi nel labirinto di migliaia di viuzze Draußen, wo die Menschenmassen leben Out there, where the crowds of people live Là fuori, dove vive la gente Wie sie lachen, wie sie streiten und sich nie genier'n How they laugh, how they fight and never feel embarassed Come ridono, come litigano e non si vergognano mai Würden sie auch alles dafür geben? Would they give anything for this, too? Anche loro darebbero qualsiasi cosa per questo? In meiner Fantasie spazier’ ich immer wieder In my fantasy, I’m strolling over and over Nella mia fantasia, cammino senza sosta
Einmal fröhlich an der Seine, For once, happy along the Seine Per una volta, felice lungo la Senna Früh am Morgen Early in the morning Di mattina presto Einmal, so wie die and'ren Menschen, For once, just like the other people, Per una volta, proprio come le altre persone, Glücklicher wie keinmal, einen einz'gen Tag Happy like never before, just for one day Felice come non mai, per un giorno soltanto Ich will für mich nur eins I only wish for one thing Desidero soltanto una cosa Und ich zahl’ jeden Preis And I’ll pay any price E pagherò qualsiasi prezzo Ganz egal, ob als Greis I don’t care if I’ll be an old man Non m'importa se sarò vecchio Krumm und kahl, bis ich weiß Bent and bald, until I know Curvo e calvo, prima che io sappia Es war einmal! It happened one time! Che è successo una volta!
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pangeanews · 6 years ago
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“Serotonina” è la salvezza della letteratura europea o la prova che santifica la mediocrità del suo autore? (Con una lettera a Michel Houellebecq)
No, non è perfetto – quasi nessun romanzo che superi le duecento pagine lo è, troppi elementi da tenere sotto controllo. Non è neppure il suo testo migliore. Eppure è superlativo, micidiale come lo sparo di un cecchino, definitivo. Fatico a credere di poter incappare in un’opera anche solo vagamente al suo livello, durante il corso del nuovo anno.
Purtroppo Houellebecq, in Serotonina, ha un problema troppo grande per non essere notato, che mi porterebbe a bocciarlo senza appello, se non fosse per il tripudio di saggezza esistenzialista – e politicamente scorrettissima – che tracima abbondante dalle sue righe. Il francese ha creato un personaggio – un consulente esterno del Ministero dell’Agricoltura – decisamente inadatto per far uscire dalla sua bocca riferimenti letterari che spaziano con leggerezza all’interno di tutta la letteratura europea. Se la cosa era tranquillamente accettabile per Bruno, il professore di letteratura in Le particelle elementari, oppure nel caso del docente universitario di Sottomissione, con Serotonina sembra proprio che Houellebecq abbia voluto strafare. In verità, qui, il solo protagonista è lui, con le sue idee, e le mentite spoglie che ha scelto come abito di scena non gli si attagliano neanche un po’. Ma forse il mio è un vezzo da critico pieno di rigide convinzioni come quella che il linguaggio debba essere commisurato, in particolare quando si usa la prima persona, al soggetto parlante.
Diciamo allora che adotteremo quella che in gergo tecnico si chiama “sospensione di credibilità”. In sostanza: nella vita reale uno non parlerebbe mai così ma, quando si tratta di fiction, non si possono adottare gli stessi parametri. Difficile dirlo per un romanzo che avrebbe la pretesa di essere realista, se non neonaturalista – almeno questo sembra essere il genere adottato dallo scrittore, da Sottomissione in poi. Noi lo prenderemo per buono.
Detto ciò, Houellebecq vince a mani basse. “Ed ecco come muore una civiltà, senza seccature, senza pericoli né drammi e con pochissimo spargimento di sangue, una civiltà muore semplicemente per stanchezza, per disgusto di sé…”. Vero, verissimo! Direi che non c’è altro da aggiungere. Houellebecq è il medico perfetto per l’Occidente, quello a cui ognuno si vorrebbe rivolgere, quando abbiamo la certezza della malattia e tutti intorno ci prendono oscenamente per il culo. E lui ha ragione, siamo malati terminali e un’ideologia idiota ci impedisce di metterlo nero su bianco – per fortuna, lui di lusingare il pensiero dominante se ne sbatte altamente.
Il resto delle considerazioni, solo apparentemente buttate lì a caso, è ogni volta fulminante: “il porno è sempre stato all’avanguardia dell’innovazione tecnologica”; “di sicuro non c’è alcun settore dell’attività umana che sprigioni una noia così assoluta come il diritto”. Personalmente non avrei alcunché da obiettare.
Al netto, comunque, di tutta la sordità diffusa tra quelli che faranno finta anche questa volta di non sentire, vorrei proprio sapere chi non si ritrova nella vita del protagonista di Serotonina. Certamente, lui è ricco o almeno decisamente benestante – condizione oramai rara, dopo lo sterminio programmato della borghesia. Per il resto, è tutto impietosamente vero: “In Occidente nessuno sarà più felice […], mai più, oggi dobbiamo considerare la felicità come un’antica chimera, non se ne sono più presentate le condizioni storiche”. O vorreste forse negare che “Parigi come tutte le città era fatta per produrre solitudine” e che “il mondo sociale era una macchina per distruggere l’amore”, ovvero l’unica cosa che potrebbe dare un senso alle nostre già miserabili – ontologicamente miserabili – esistenze?
Naturalmente, Houellebecq sa bene che c’è stato un tempo in cui le cose erano più semplici, naturali, normali e francamente meno problematiche. Quell’epoca è tragicamente venuta meno a seguito di tutte le cosiddette “grandi conquiste di civiltà”: “per me come per tutti i miei contemporanei la carriera professionale delle donne era una cosa che andava rispettata prima di ogni altra cosa, era il criterio assoluto”. Sulla base di questo presunto grande principio, infatti, il protagonista perde la possibilità di avere al suo fianco la ragazza che ama. Non è concepibile chiederle di abbandonare il lavoro per diventare “la mia donna”. Sarebbe troppo in controtendenza rispetto al progressismo diffuso. E così l’uomo occidentale si ritrova a dover inghiottire ogni giorno il dosaggio massimo di un farmaco antidepressivo, a ubriacarsi per reggere l’insulso susseguirsi dei giorni, sperando solo che tutto ciò lo porti quanto prima all’estrema conseguenza, la morte. Alla donna, oggetto d’amore del protagonista, non va meglio: dopo un concerto, si è fatta scopare da uno ed è rimasta incinta, ritrovandosi infine a dover crescere un figlio senza padre. Potrebbe unirsi nuovamente a lei, in una di quelle assurde forme altrimenti note oggigiorno con la neutra e quasi dolce dicitura di “famiglie allargate”, che i francesi chiamano letteralmente “ricomposte”? Stando a Houellebecq, pare proprio di no: “io di famiglie ricomposte non ne avevo mai viste, mentre di famiglie decomposte sì, in pratica non avevo visto altro”.
Senza voler essere eccessivi, si può tranquillamente ammettere che nessuno di questi tempi – e malgrado questi siano effettivamente i tempi che stiamo vivendo – parli di ciò, del vero e proprio tramonto dell’Occidente, e meno che mai in letteratura. Perlomeno, nessuno riesce a contemplarlo in tutta la sua portata.
In Serotonina, invece, la visione è totale, non esclude niente: la distruzione della famiglia e di conseguenza della società; i gloriosi e tragici movimenti di rivolta di una borghesia allo stremo – e non una semplice anticipazione dei gilet gialli; l’annichilimento di qualsiasi pulsione vitale in noi; il bisogno di trovare un senso trascendente – le ultime righe sono per Lui: Dio esiste ed è amore, non diversamente da quanto sosteneva Ratzinger nella sua enciclica Deus caritas est. E questo Dio potrà anche “essere un mediocre sceneggiatore”, come sta scritto, ma di certo non lo è lo scrittore francese. Houellebecq è il profeta, la coscienza europea, l’unica possibilità di salvezza della sua letteratura e del continente stesso. Se un giorno avremo dimenticato questo spaventoso incubo europeista, sarà grazie a lui che ci ha brutalmente svegliati, mentre eravamo in caduta libera verso il precipizio.
Matteo Fais
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Caro Michel,
lo sapevo – lo sapevamo tutti – lo sapevi tu, soprattutto. Non avrei dovuto leggere Serotonina, sappiamo tutti che è un romanzo mediocre, d’altronde, lo sai, hai scelto di ergere la mediocrità a genio, dimostrando che si può vendere molto con un libro modesto, che Houellebecq è diventato una griffe dello scemo prêt-à-porter editoriale, ormai sei l’Armani dei depressi, la panacea per gli scrittori ombelicali, il cesso del narcisismo. Intendo, Michel, che sei uno scrittore tipicamente, clamorosamente degli anni Novanta, un reazionario dell’ovvio, lo sai anche tu – la massa lettrice riconosce sempre ciò che gli è noto, che annota da anni, a cui è riconoscente; l’ignoto, che è il carato della profezia, sconvolge il giudizio, viene ammesso con sospetto. Le tue riflessioni sono barbaricamente idiote, meno interessanti delle speculazioni del lavandino. Ne cito una, sull’amore:
Nella donna l’amore è una potenza, una potenza generatrice, tettonica, quando l’amore si manifesta nella donna è uno dei fenomeni naturali più imponenti di cui la natura possa offrirci lo spettacolo, è da considerare con timore, è una potenza creatrice dello stesso tipo dei terremoti o degli sconvolgimenti climatici, è all’origine di un altro ecosistema, di un altro ambiente, di un altro universo, con il suo amore la donna crea un mondo nuovo.
Ecco, una frase come questa va bene come sfondo a una puntata di Grey’s Anatomy, dove turbe di umani esagitati, nella latrina dell’ego, spacciano sentenze esistenziali, esiziali, inesistenti.
Vado avanti, Michel, sperando che questa mia abbia per te un valore catartico, catatonico. Qui definisci la prostituta, senza alcuno sforzo intellettivo:  
La puttana non seleziona i propri clienti, è proprio quello il principio, l’assioma, la puttana dà piacere a tutti, senza distinzione, ed è grazie a questo che accede alla grandezza.
Qui ti fai delle domande che dovrebbero creare qualche sommovimento nel sistema arterioso, invece sono stupide, indotte dal dio del banale, servono per indottrinare i sudditi del giusto mezzo, i vagabondi del niente:
Ero capace di essere felice nella solitudine? Pensavo di no. Ero capace di essere felice in generale? È il tipo di domanda che credo sia meglio non farsi.
Mi viene da dirti, Michel, mai letto Leopardi?, mai sperimentato il suo adamantino rafting nel nulla? Provaci, sfoglia lo Zibaldone, scoprirai il piacere di essere ammutolito, Leopardi zittisce tutti i tuoi incubi da illibata concubina.
Quando vuoi fare il battutista, Michel, mi intristisci con la tua insipienza:
Una Lolita sarebbe stata in grado di far perdere la testa a Thomas Mann; Rhianna avrebbe fatto sbarellare Marcel Proust; quei due autori, vette delle rispettive letterature, non erano, per dirla con altre parole, uomini dignitosi, e si sarebbe dovuto risalire più indietro, all’inizio del XIX secolo, ai tempi del romanticismo nascente, per respirare un’aria più salubre e pura.
Magari possedessi la sontuosità narrativa di Thomas Mann, magari fossi benedetto dalla vastità intellettuale di Marcel Proust, magari riuscissi a scrivere Lolita, magari fossi eroticamente penetrante come Rhianna. I temi definitivi del romanzo, il sesso e Dio, cioè la vita e la morte, cioè il tutto e il nulla, cioè i cardini della letteratura, sono trattati scioccamente, senza il brillio di una intuizione, di una avventatezza narrativa. Sul sesso ti cito questo passaggio:
Pieno di buona volontà, mi tolsi i pantaloni e gli slip per renderle più agevole prenderlo in bocca, ma in realtà ero già preda di una premonizione inquietante, e quando Claire ebbe vanamente masticato per due o tre minuti il mio organo inerte capii che la situazione rischiava di degenerare e le confessai che in quel periodo prendevo degli antidepressivi (“dosi massicce” di antidepressivi, aggiunsi per sicurezza) che avevano l’inconveniente di sopprimere in me ogni traccia di libidine.
Il desiderio annacquato, la libido che sbrodola via, la sessualità incancrenita, la vecchiaia che disintegra ogni bramito di carne, sono elementi che vanno esasperati, esagitati, abusati. Ecco. Non c’è alcun abuso, in te, Michel, che non sia l’abusivismo dei cliché, dottrine retrodatate – te l’ho detto, sei uno scrittore degli anni Novanta che giunge a noi, ora, in ritardo, vent’anni dopo – stinte, antiquate. Leggiti Massimiliano Parente, Michel, che sull’eros, sul porno, sull’eccesso e sull’oltreterra della foia e sul sopruso ha scritto, con la ‘Trilogia dell’inumano’, qualcosa di notevole, di drastico, dovrebbe diventare il tuo abbecedario. Leggiti Andrea Temporelli, che in Tutte le voci di questo aldilà porta la questione letteraria sul tremito del suicidio, Michel, mioddio, bela, ulula, sbraita, abbandonati al gorgoglio dei ghigni, strappati la pelle, spolpaci, portaci in un viaggio mefistofelico dal sottosuolo alla Gerusalemme celeste, dal fango al cosmo, ma questo pantano retorico, ti prego, evitacelo.
 Su Dio, poi, sei quasi pietoso, il beghino del buon credo:
In realtà Dio si occupa di noi, pensa a noi in ogni istante, e a volte ci dà direttive molto precise. Questi slanci d’amore che affluiscono nei nostri petti fino a mozzarci il fiato, queste illuminazioni, queste estasi, inspiegabili se consideriamo la nostra natura biologica, il nostro statuto di semplici primati, sono segni estremamente chiari.
Se hai scoperto il sacro nel dissacrato, sono felice per te, piglia la via del monastero e non farci la predica. Se invece pigli Dio sul serio, sfidalo a duello, prendilo a testate, detronizzalo, dissezionalo, annaffialo nella colpa, coltivalo nel danno, dagli valore di dramma. Si scrive azzannando, mica facendo un valzer sul primo pulpito che capita.
In ultimo, Michel, la tua scrittura, speculare alla mediocrità sponsorizzata nel romanzo. Sciupata, nitidamente anonima, da scrittore sottodotato, frollato nel piagnisteo. Ti cito un esempio, tra i tantissimi:
Alle sette in punto mi alzai e attraversai il soggiorno senza fare il minimo rumore. La porta dell’appartamento, blindata e massiccia, era silenziosa quanto quella di una cassaforte. A Parigi il traffico era fluido in quel primo giorno di agosto, trovai perfino parcheggio in Avenue de la Sœur-Rosalie, a pochi metri dall’albergo.
Come sai, un lettore vuole annegare nella gioia o nell’angoscia. “L’infinito è l’eccesso, l’opposto del giusto mezzo, della misura, del finito”, scrive Benjamin Fondane in un miracoloso saggio che sonda Baudelaire e l’esperienza dell’abisso. In particolare, parlando della filosofia greca, Fondane forgia una memorabile metafora: “si presenta a noi come la Vittoria di Samotracia – una scultura senza testa da cui la testa fu deliberatamente omessa, poiché doveva rimanere esclusiva proprietà degli ierofanti; consegnato il corpo al pubblico, la testa, gelosamente conservata chissà dove, non smetteva di guidarne l’espressione e il significato, come verità occulta e ineffabile su cui riposava il discorso visi bile ed espresso”. Vedi, in te, Michel, non c’è infinito e non c’è eccesso, non c’è occulto né mistero: ma è quello, solo quello, incedere in ciò che inciampa, che squassa, che cerchiamo. Il resto – il giusto mezzo, il visibile – è davvero geometricamente troppo poco. Ora che anche chi ti ha osannato per anni – non sono tra costoro – comincia a nutrire dubbi su di te, caro Michel, ora che soltanto per questo, per spirito di sfida, ti difenderei a spada tratta, non posso che ricordarti, per onore di verità, che sei uno scrittore senza testa, che sei uno scrittore senza palle.
Affettuosamente,
Davide Brullo
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countrysidekid · 6 years ago
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Dieci anni dopo il mio primo tour di TRL
Circa dieci anni fa si chiudeva il mio primo tour come conduttore di TRL su Mtv, un programma che i ragazzini di oggi giustamente ignorano ma che ha invece fatto parte dell’immaginario teen italiano di almeno un paio di generazioni. In questi giorni di grande calore estivo mi sono preso del tempo, con l’aria condizionata accesa, per riordinare un po’ il mio archivio digitale. E’ una cosa che faccio raramente ma che mi piace molto, perché mette a confronto quello che sono oggi con l’idea che avevo di ciò che sarei diventato. Ho ritrovato un po’ di documenti che proprio avevo scordato. Dato che il tempo ha risolto molte questioni, vorrei condividerne uno con voi. Si tratta di una lettera che scrissi a Antonio Campo Dall’Orto - all’epoca AD di Mtv Italia - nel gennaio 2008, quando dopo avermi comunicato la chiusura di Your Noise - il bel programma che conducevo all’epoca - mi proposero di passare a TRL. Per molti sarebbe stata la proposta della vita, per me era fare un grande passo. La confusione era tanta, sentii il bisogno di esorcizzarne un po’ scrivendo. Non ricordo nemmeno se infine la inviai o meno (credo di no), ma poco importa ormai. Qui dentro ci sono tutti i miei 22 anni: tratti di ingenuità evidente alternati a sprazzi di enorme consapevolezza, egotismi che grazie a dio ho perso nel tempo a favore di un equilibrio meno competitivo ma più armonico con il mondo. Tutte cose che mi permettono di dire, con il senno di poi, che fare TRL fu per molti versi complicato e straniante, ma davvero intenso e molto educativo e formativo.
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(TRL Reggio Calabria, Luglio 2008, backstage)
Ciao Antonio,
spero tu abbia passato delle buone vacanze.
Mi avevi chiesto di aggiornarti sulla mia situazione dopo l'incontro con Rossini al quale ha partecipato anche Fiacco. Ti scrivo per condividere con te, esattamente un anno dopo essere entrato in Mtv, quello che ho visto e capito di questa grande famiglia. E quello che sento per il futuro.
In questi mesi ho maturato una preparazione, una sensibilità e un'esperienza di cui devo gran parte a Mtv e alle persone che vi lavorano. Ritengo Mtv una cosa importante, e sono una persona che si dedica alle cose importanti con abnegazione. Sono dunque molto contento che questo lavoro sia stato capito e apprezzato dalla rete, che mi ha comunicato per via ufficiale di essere una persona sulla quale investire e lavorare. Frasi come “non c'era nessuno che ci convinceva come te da quando abbiamo preso Nongio” hanno per me un significato speciale.
Credo d'altronde di aver portato a Mtv una ventata di aria fresca, qualcosa di urgente che cercavo/trovavo nel canale anche da spettatore, e sono contento di aver avuto la possibilità di esprimere questa caratteristica importante della mia personalità.
Il discorso, ora, è come crescere ancora assieme.
La rete mi ha proposto di condurre TRL. Un programma che da giovanissimo ho guardato, a cui oggi mi relaziono con rispetto e stima, ma che non rientra proprio nel mio percorso. Il fatto che mi si proponga lo show più visto del canale mi lusinga. Ma non c'è solo questo. L'idea di affidare a me lo show è principalmente incentrata su tre fattori che si incontrano: 1) Cattelan non ne vuole più sapere; 2) Your Noise è destinato a chiudersi; 3) la rete – anche secondo le parole di Rossini - vuole affidarmi qualcosa di forte e non più cose “tiepide”.
Io penso che una persona che fa questo mestiere a Mtv debba soltanto essere contenta di avere una tale possibilità su questo canale, ma penso anche che una persona come me che ha fatto del proprio percorso un punto di forza debba necessariamente porsi delle domande. Quanto posso portare di mio dentro un contenitore così forte e così rodato come TRL? Dal punto di vista dell'empatia con il pubblico, penso di aver capito di avere una capacità che prima avevo annusato solo quando ero rappresentante di istituto durante le assemblee scolastiche. L'altro giorno ero al Palladium a Roma a presentare un contest di Fazi Editore legato alla saga della Meyer (in America ha superato Harry Potter) e mi sono divertito alla grande, lo show è venuto fuori cazzutissimo (1′30 di improvvisazione), ho buttato in mezzo tutti. Dal punto di vista della professionalità e del ritmo, la visibilità di TRL ti impone necessariamente una crescita che non può che farmi bene. Devo migliorare parecchio. D'altro canto, pensavo di poter rappresentare un'alternativa e uno squarcio di futuro per questa rete; questa scelta in qualche modo cambia le cose.
In questi mesi ho ricevuto i complimenti di Fabri Fibra, Jovanotti; Tiziano Ferro mi ha detto: “sei il futuro di Mtv”. Non sono mondano, spero non sia piaggieria. Se penso a Mtv, dico che è dieci anni che TRL va avanti come un carrarmato e ancora non siamo riusciti a costruire qualcosa di altrettanto forte e nuovo. Forse non ce n'è bisogno, Striscia d'altronde va avanti da 20 anni e non mi pare soffra di salute. Però io penso che dobbiamo lavorare sul lungo periodo e non sulle necessità dell'oggi. I Clash cantavano “no Elvis, Beatles e Rolling Stone”. L'Italia ha bisogno di innovazione e cose forti. Credo che fare di Carlo Pastore il “nuovo Maccarini” o il “nuovo Cattelan” non sia proprio la cosa giusta.
Come mi hai consigliato, ho chiesto alla riunione di dirmi cosa Mtv aveva in mente. La risposta, quella l'ho intuita, è questa: se fai TRL ti becchi un sacco di visibilità e ci togli un sacco di problemi. Apprezzo. Però possiamo fare di più, no? Quello che mi pare manchi in questo momento sia la percezione completa di un percorso. Se da un lato è chiaro che una televisione come Mtv debba porsi l'obiettivo di arrivare competitiva all'incontro/scontro con i dati d'ascolto (anche se credo che sulle date sarebbe opportuna una maggiore chiarezza: Our Noise cambiò lo scorso marzo perchè entro settembre si sarebbe entrati nel rilevamento dati... non mi pare sia successo né mi pare succederà nel 2008), dall'altro non è assolutamente chiaro *come* si debba arrivare a quel punto. Mtv è in questo momento un agglomerato di reality americani, serial TV, cartoons, show, videoclip musicali e in minima parte show musicali. E' giusto che non possiamo più permetterci la nicchia, è sbagliato perdere l'identità. Mtv è stata forte nel costruire alternative che generassero in maniera nuova, fresca, striking, un senso comunque di aspirazione fra i ragazzi. Quest'anno il palinsesto di Mtv è molto bello. Kebab For Breakfast, bellissima serie. Skins, spaccherà. Però sappiamo tutti che sono gli OC e i Grey's Anatomy che spostano il grosso, e quelli costano parecchio. E mentre si investe sui grandi nomi - che automaticamente, necessariamente e giustamente attraggono a sé tutte le risorse (economiche ma non solo) - quello che caratterizzava Mtv (e che Mtv produceva) viene a diventare meno prioritario.
Non ti nego di aver colto segnali di disorientamento all'interno dell'azienda in questi ultimi periodi, soprattutto fra i lavoratori semplici, quelli che attraversano l'Arabia ogni giorno per arrivare in Via Belli; segnali che a mio avviso vengono enfatizzati per un cambiamento strutturale/logistico sicuramente importante ma anche ancora poco lucido, ma che non possono essere trascurati. La linea editoriale è poco percettibile. Come andiamo incontro al videoclip che domina ormai su Internet e alla televisione satellitare che offre quello che si cerca? Se è solo con Ambra, mi spiace ma non ho capito.
Perdona la mail un po' lunga, i temi si accavallano. Purtroppo non ho mai occasione di parlare con te; e se c'è un motivo per cui lavoro in questa azienda è perché ne condivido i valori e perché tu ne sei amministratore delegato.
Grazie per l'ascolto,
buon lavoro e a presto!
Carlo
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bruskous · 6 years ago
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Dai 16 ai 70
La verità è che nella nostra società occidentale si smette di essere sociali circa tra i 16 e i 18 anni. In quel lasso di tempo fai esperienza dell'amicizia per come la intendiamo, le stesse dinamiche tuttavia andranno avanti per il futuro. Magari più raffinate, magari più schiette e meno grezze, ma sarà sempre lo stesso contesto. Non salverà il cambiare "la location", anche la mostra sarà sempre "lo stesso giro alla mostra". La verità è che mancano i discorsi. Cos'è la mostra senza un discorso adeguato che la renda viva? Che la renda parte della nostra vita! Ecco io vedo e sento troppo spesso, in me e negli altri, che il fare le cose non fa altro che distanziarci ulteriormente. Questo perché non c'è un criterio di fondo con cui essere sociali, perciò rimane solo la prassi, il fare. Tutto viene giudicato da cosa fai: che lavoro fai, che vacanze fai, che hobby fai, quanti soldi fai, le esperienze che fai. Ma tolto tutto questo fare, la domanda "chi sei?" pare quasi malposta, perché tolto tutto ciò che facciamo non rimane nulla, perciò concludo che ciò che sono è ciò che faccio. Io sono il mio successo, le cose che ho fatto. Agli occhi dei greci saremmo dei barbari, ce lo dice Omero nell'Odissea, quando alla frase "non si può chiedere di meglio per un uomo se non le cose che fa con le sue mani" Odisseo risponde in modo offeso e offensivo (venendo addirittura meno alla sua virtù paziente) al Feacio che l'aveva pronunciata e di fatto umiliandolo nel lancio del disco (la frase era riferita al gesto atletico). Senza parlare di tutta la filosofia greca basata sul "conosci te stesso". Solo al barbaro una volta spogliato del suo fare non rimane niente. E crolla. La verità è che molte persone fanno (incluso il lavoro) per non crollare, per non pensare, per illudersi della propria divina forma senza vedere la barbarie, una massa di moderni Dorian Grey. Questa ossessione della prassi purtroppo colpisce più il femminile del maschile e rende tutto molto più difficile. Questo non perché gli uomini siano mediamente più profondi, sono solo mediamente più fessi, ma questo quantomeno ci salva, anche se in modo del tutto inconsapevole. Ma non temete, ci sono anche loro, i maschi della prassi, pratici di niente, ma che fanno i fatti. Fanno girare l'economia, quindi il mondo. La donna infine si fa prendere da tutto questo delirio e mediamente non si chiede nemmeno lontanamente chi è, se lo fa diventa una complessata e infine si piega, mediamente, all'idea main stream che comunque l'uomo che fa il cash ne sa di più, lo prende come esempio e spesso come partner, anche perché nel mentre della sua rovinosa ricerca psicospirituale è diventata povera, molto povera. Questo accade mediamente tra i 30 e i 40 anni. Poi tutte le certezze empiriche maturate (tante o poche) iniziano a venir meno, si entra negli "anta" e si capisce di non averci capito una mazza. Si da la colpa alla giovinezza e si riprende il percorso psicospirituale (chi ci ha già provato parte con molta meno enfasi). Nel frattempo avrete sfornato dei pargoli e maturato, forse, un divorzio. I pupi in particolare diventano la ragione di vita, o meglio l'escamotage per non guardare alla propria estraneità. Unite questo assieme al lavoro e avete creato il perfetto cittadino. Questo infine è, quando va bene, il massimo grado di apprezzamento di sé: aver fatto il proprio dovere. Schopenhauerianamente come dei prosecutori ed assicuratori della specie e della cultura umana. Paghi di avere sfornato figli, fatturato (o fatto fatturare) e aver goduto il socialmente-godibile. Insomma non si può certo criticare! Ma nemmeno apprezzare, direte voi... Quale sfregio, sciagurati! I meno accorti vi si rivolteranno sbattendovi in faccia i loro codici morali, i più "saggi" diranno: va bene così. Entrambi infine spireranno senza sapere da chi prendono congedo.
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recensioniyoungadult · 3 years ago
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Emily & Mike - Elizabeth Giulia Grey, RECENSIONE
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1.Titolo: Emily & Mike (La scommessa Vol. 1) 2. Autrice: Elizabeth Giulia Grey 3.Casa editrice o Self Publishing: More stories 4.Data pubblicazione:7/06/2021 5.Serie/saga: serie La scommessa 6.Genere: Contemporaneo Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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Recensione
Emily & Mike – Elizabeth Giulia Grey Ciao a tutti, oggi voglio parlarvi del primo libro della serie La scommessa, e che ha come protagonisti Emily&Mike di Elisabeth Giulia Grey. Due amiche al bar, alcol in abbondanza, due approcci diversissimi alla vita. Emily sta per aprire un ristorante tutto suo, Brooke fa l’assistente legale. Emily è a stecchetto da un pò, non è tipa da una notte e via. Brooke tipa più libera, pensa che per tenersi un uomo serva il sesso. Dopo aver visto il suo capo nel bar, Brooke propone una scommessa. «Stavo pensando a gara. Un duello. Chiamalo come vuoi» dice infatti Brooke. «Tu userai il tuo fascino e il tuo carisma, io il mio corpo e il mio sex appeal. Alla fine vedremo chi l'avrà spuntata.» Mi irrigidisco. «Aspetta, non ti seguo più ... O almeno, spero tanto di non aver capito ... Non puoi intendere ciò che temo Lei ridacchia e mi si fa più vicina. «Perché no? Lo stesso uomo, due approcci diametralmente opposti, un unico obiettivo. Non venirmi a dire che la cosa non ti intriga!» Stesso bar di fronte a Emily e Brooke, ci sono Mike e George, due amici e avvocati in un grande studio. Mike farfallone, latin lover, non va oltre una notte. George invece dopo una storia finita male fa fatica a riprendere a frequentare qualcuno. Anche loro decidono di fare una scommessa proprio su quelle due donne.   «Allora, la scommessa è questa: tu troverai una brava ragazza, la corteggerai e cercherai di conoscerla, farai lunghe chiacchierate, passeggerai con lei al parco e la porterai a cena fuori. Questo diciamo per ... quindici giorni. E nel frattempo non la toccherai nemmeno con un dito. Pensi di poterci riuscire?» «Ma sei fuori? Quindici giorni senza neanche toccarla?» «Certo.» Annuisce. «E ovviamente non dovrai andare a letto con nessun'altra nel frattempo, questo è fondamentale.» Scuoto il capo e faccio una risata secca. «Scordatelo! Due settimane senza assolutamente fuori discussione!» «Non essere ridicolo.» George leva gli occhi al cielo per un istante. «Sono sicuro che ce la puoi fare.» Il giorno dopo per caso Emily e Mike si ritrovano in palestra. Quale migliore occasione per iniziare la loro scommessa? Dopo il primo “incidente” iniziano i primi battibecchi e se non fosse per la scommessa non si frequenterebbero mai. Sono agli antipodi e proprio non ce la fanno a non stuzzicarsi.   Il sorriso entusiasta che mi regala non basta a lenire la mia frustrazione. Cosa si crede? Se solo non fosse stato per quella stupida scommessa non avrei mai nemmeno preso in considerazione l'idea di invitare una come lei. Non è particolarmente bella, non è provocante, non è così brillante come pensa, non è granché simpatica né divertente, insomma non ha niente per cui valga davvero la pena di dedicarle del tempo. E ora mi ignora perfino!   Due scommesse, un ristorante da inaugurare, battibecchi e scintille sono gli ingredienti di questo libro, ovviamente non c’è solo questo ma molto altro che non posso anticiparvi altrimenti vi toglierei il bello. Vi dico solo che è un libro molto scorrevole e carino. Entrambi i personaggi si evolvono in maniera diversa e ci fanno divertire in più di un’occasione. Sappiate solo che questa scommessa cambierà irrimediabilmente le loro vite. Mike saprà vedere oltre ad un bel corpo? Riuscirà a non fare sesso per quindici giorni? Chi tra Mike e George vincerà la scommessa? E chi tra Brooke ed Emily vincerà il duello per far innamorare di sé l’uomo? Fascino e carisma o un bel corpo e sesso? Voi che scegliereste? Avete mai fatto una scommessa che vi ha cambiato la vita? Buona lettura, nel frattempo io curiosa aspetto di leggere il secondo volume che ci parlerà di George e Brooke… Terry SCOPRI IL NOSTRO TEAM Vuoi ricevere in anteprima le nostre uscite ?
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Trama
Emily & Mike – Elizabeth Giulia Grey È una semplice sfida tra amici, una piccola e innocente dimostrazione di forza. Ma se non fosse solo un gioco? Emily e Brooke sono amiche da sempre: l’una l’opposto dell’altra, soprattutto quando si parla di amore. Ecco perché, in un locale esclusivo della New York più modaiola viene loro un’idea, all’inizio stramba e fumosa, poi via via sempre più vivida e concreta. Una scommessa: conquistare lo stesso uomo con approcci contrari. Mike e George sono amici e colleghi. Presenti anch’essi nel locale in cui ha luogo l’accordo fra le due ragazze, finiscono per trovarsi invischiati nello stesso gioco. Una scommessa, quasi del tutto identica all’altra se non per un piccolo particolare che farà la differenza. Chi la spunterà? E quali saranno le conseguenze? I destini di quattro persone fino a quel momento estranee o quasi si legheranno in modo imprevisto e imprevedibile, portando a sviluppi che nessuno di loro si aspettava. In un modo o nell’altro si metteranno tutti in gioco. Emily & Mike – Elizabeth Giulia Grey Buona lettura, Terry. Ringraziamo di cuore a tutti quelli che continueranno a sostenerci seguendoci e per chi farà una piccola donazione! Grazie di cuore! Autrice consigliata : monique vane SERVIZI ONLINE PER IL TUO LIBRO Read the full article
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unbagagliodiemozioni · 6 years ago
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Finalmente ho tempo e forza per scrivere. In questi giorni ho avuto la sfortuna di riflettere molto, ragionare sulle cose e farmi tante di quelle domande.
Gli incidenti stradali stanno invadendo le nostre terre. Non so per quale motivo, ma quest estate la gente si è impazzita.
Per mala sorte è venuta a mancare una persona cara ai parenti ma cara anche a me che un pò c'entravo. Sono stati giorni intensi, pieni di speranze andate in fumo, magoni alla gola e voglia di piangere.
Per primo il mio pensiero va al mondo, alla gente di Roma impazzita, alle strade di Ostia che hanno accumulato delle vittime.
Nel giro di una settimana sono morti quattro giovani, e un po' mi domando dove siamo finiti.
Mi domando il perché. Mi chiedo perché proprio a loro? Perché il destino alle volte è tanto arrogante? Perché doveva andare per forza così? Perché proprio a quell'ora? Per quale motivo quel cretino imbecille doveva passare proprio in quell'istante.
Sarò dettagliata perciò se la cosa vi impressionerà, non andate avanti.
La ragazza in questione è stata vittima di incidenti stradali per ben due volte. La prima è stata distruttiva, ma la seconda non è stata solo distruttiva, un incoscente di 29 anni senza patente si aggirava proprio lì dove lei stava attraversando tranquilla. Un incoscente sotto effetto di cocaina, perché a 29 anni sei cresciuto, sai quello che fai o si spera, a 29 anni hai consapevolezza, sei abbastanza maturo da saper selezionare ciò che è sbagliato e ciò che si può fare. A 29 anni non fai il cretino, lo sai che la vita fa schifo, ma nonostante tutto ce la fai, e non cerchi di privarla a qualcuno solo perché la tua fa miseramente pena.
Un uomo di 29 cosciente sarebbe proprio così. Ma tu no. Tu sei una grandissima testa di cazzo, e non lo meriti, non meriti neanche un pochino di vivere tranquillamente non ora, non in questo fottutissimo momento, perché potevi scegliere qualsiasi veleno per distruggerti, ma non questo. Questo proprio non te lo passo.
Potevi stare in qualsiasi posto a far baldoria con chi cazzo di pare, ma perché stare proprio lì in quel momento? Perché? Perché distruggere la vita di una ragazza con tanti anni sulle spalle ma non a sufficenza da dire "okay, posso andarmene ora, ho fatto tutto." Perché non aveva fatto tutto. Perché le mancava tanto. Perché questo non doveva essere il suo destino e tu potevi anche risparmiartela.
E giuro, giuro che se non ti capita qualcosa di brutto non son contenta.
Hai distrutto una famiglia nel periodo più bello della loro vita, hai distrutto il futuro di una ragazza, hai dato una vita piene di paura e d'angoscia a una sorella, e hai privato loro di una figlia e una sorella.
Perché? Perché tutto proprio in quell'istante? Roba che se fosse stato un secondo più tardi tutto questo casino non si sarebbe creato.
Perché proprio quel colpo? Perché quella ragazza ha lasciato che quello stronzo ce l'avesse vinta? Forse una risposta ce l'ho. Quando il casino è tanto grave, quando la ferita è tanto grande, e il bicchiere che strabocca non puoi far altro che lasciarti andare, sei finita, sconfitta e lasci che le cose vadano come devono andare.
Mi chiedo se sia stato meglio così o se la morte sul colpo sarebbe stata migliore.
Mi chiedo cosa si pensa, come ci si sente in quell'attimo. Come ci si sente ignari di tutto un'ora, minuti prima che accada la disgrazia.
Mi chiedo se si è sensitivi in questi momenti, se ci si sente combattutti, se davvero si sente quella brutta sensazione che qualcosa di spiacevole stia per accadere.
E per ultimo mi chiedo come ci si sente ad essere le "vittime", come si sta, la sensazione che si prova ad esser feriti, no , non voglio che accada anche a me, ma sono solo curiosa. Mi chiedo come ci si sente, se quando sei ferita, in coma, senti qualcosa, se come Grey's Anatomy ci si trovi in una stanza con tutte quelle persone ormai andate via. Mi chiedo cosa c'è sopra di noi. Cosa c'è dopo di noi. Se si pensa, se si sente qualcosina.
Probabilmente non avrò mai delle risposte sensate a tutte queste domande, ma mi piace pormele e scriverle.
Basta essere così tremendamente egoisti, basta con gli incidenti stradali, basta con le morti giovani.
Sono stanca di vivere in un posto nella quale ci si fa guerra tra di noi invece che fare alleanza.
Sono stanca perché così l'allegria non ci sarà più. Vivremo nei ricordi che ci faranno star male, e io non voglio vivere una vita così.
Ragionatici sulle cose, per favore. Perché fin quando non capita a noi la cosa ci va bene, ma io vi giuro che ho quasi toccato con mano cosa significhi perdere qualcuno di davvero importante e fa schifo.
Non sono mai stata tanto vicino. La cosa ha fatto soffrire me. Non ho dormito una sera. Non ho fatto altro che svegliarmi, da tre sere dormo con mia sorella, stesso letto stessa stanza e mi terrorizza l'idea di dormire da sola in un letto. Non so quando mi riprenderò. Serve tempo.
Ma se tutto ciò ha scosso me, pensiamo a chi l'ha vissuta in prima persona.
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eliqueveronarpg · 4 years ago
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elique, 5 giugno 2020.
𝗘: Il tempo di entrare in casa, che Elia sale al piano superiore, in punta dei piedi, sperando di non svegliare Monique. Giunto in bagno si si guarda allo specchio per la prima volta: il volto sbianchito è macchiato da un sangue che non gli appartiene. Come il volto, anche i vestiti sono impregnati della stessa sostanza scarlatta. Puzza dello stesso terrore che ha afflitto il russo prima di perdere i sensi, forse morendo. Si toglie solo le scarpe, poi così, vestito, entra in doccia. La apre. Non sarà l'acqua cristallina a ripulire la sua coscienza nera, non questa volta. 𝗠: È notte inoltrata, ormai, quando Monique cade nelle braccia di Morfeo, assonnata e con il cuore in pace, per quanto macchiato dalla preoccupazione. Ha aspettato per lunghe ore il ritorno di Elia a casa, fra le calde coccole dei cani e una serie tv. È crollata abbracciata a loro, con la speranza di sentirlo rientrare. Non sa che ora sono quando riapre gli occhi, sensibile al movimento brusco di Ares ad orecchie tese e lo sguardo puntato verso la porta della camera. È disorientata, così come Loki che guarda confuso e ancora incerto l'altro. Monique si alza dal letto, cammina a piedi nudi sul freddo pavimento, sospettosa. ‹‹ Elia? ›› chiama, muovendosi per quella grande casa buia. Nessuna risposta. Allora si muove, passo dopo passo, guardandosi intorno fino al bagno, lì dove vede una luce filtrare dalla porta semi chiusa di esso. 𝗘: L'acqua scivola prepotente sul suo corpo, scavando sui vestiti divenuti pesanti. Chiude gli occhi, solleva il volto in direzione della pressione liquida e lascia che sferzi gli occhi, il naso e la bocca. Non ha la forza per struffare via il sangue ingrumato. Ha speso tutte le energie nel magazzino, là dove è tornato per poche ore la bestia che era, e che probabilmente che sarà di nuovo, preso. È aprendo gli occhi che nota un'ombra nello spiraglio lasciato aperto dalla porta. E la riconosce subito. Interrompe immediatamente il flusso dell'acqua, mentre una mano sistema i capelli all'indietro sulla nuca. Il sangue continua a disciogliersi e a scendere lungo il suo corpo, fino alla fogna, senza fermarsi. « Monique? » 𝗠: Aleggia un leggero senso di paura, in Monique, quando si accorge che c'è qualcuno in casa. È per questo che si dirige a passo felpato verso la fonte di quella luce. E se ci fosse qualcuno? In fondo Elia ha detto lei di svegliarla, al ritorno. È il rumore della doccia ciò che sente quando si avvicina all'unica cosa che la separa dall'uomo che c'è oltre. Ma tira un sospiro di sollievo quando sente la voce del suo amato, solo allora apre la porta. I suoi occhi si poggiano sulla figura, lei — con addosso solo l'enorme maglia di Elia e i capelli morbidi sulle spalle — se ne resta sulla soglia a guardarlo. ‹‹ Sei tornato. ›› dice, prima di accorgersi che si è infilato sotto la doccia con i vestiti. 𝗘: Non esiste un evento analogo a quello, nella relazione tra Elia e Monique. Ed è nel momento in cui gli occhi del Ferrera si posano sulla fragile donna, che capisce di aver sbagliato a tornare a casa, a mostrarsi così come è adesso. La sua mente è un groviglio di pensieri, di reazioni e di improbabili via di fuga. Come puo' giustificare alla donna che ama il motivo per cui è ricoperto di sangue? Come spiegarle che cio' che ha fatto, i pugni che ha tirato, sono stati sferrati anche per lei? Rimane in silenzio inizialmente, non sa cosa risponderle, cosa dirle. Non ricorda più il motivo per cui è entrato sotto la doccia ancora vestito. Forse perché troppo spaventato da cio' che gli era appena successo per ricordarsi di spogliarsi? O forse perché deciso ad eliminar via ogni prova del male inflitto? « Come promesso » forse è per questo che è tornato a casa, seppur in quelle condizioni pietose, per la promessa fatta a Monique. Sarebbe tornato prima dell'alba dell'indomani. Il "come" non importava. 𝗠: È troppo impegnata a guardare negli occhi l'uomo che ama per dar retta alle domande che si formano nella sua testa. Ma è nel momento in cui, forse per istinto o forse per indole, il suo sguardo comincia a scendere sul corpo dell'uomo. Passa in rassegna il volto, lì dove nota le prime macchie di sangue, poi il torace, la maglia sporca così come il resto degli abiti. Si forma un'espressione confusa, corrucciata, che la spinge ad avvicinarsi con quello che sembra un salto, uno scatto felino. Forse è solo presa dal sonno, ancora, forse i suoi occhi la stanno tradendo. ‹‹ Perché sei sotto la doccia con i vestiti? ›› forse una domanda stupida, mentre ad un passo da lui, afferra un lembo della sua maglia, lì dove c'è davvero una chiazza rossa. ‹‹ È sangue? Cos'è questo? ›› teme la sua risposta. Teme di sentire una conferma. 𝗘: Colpevole. L'espressione dipinta nel suo volto è colpevole. Sono colpevoli i suoi occhi sgranati, ancora vittime di cio' che ha dovuto vedere all'interno del magazzino. E' colpevole la bocca piegata in una smorfia di scuse, pronta a scendere a patti, nel caso in cui Monique gli porga una domanda di troppo. E' colpevole la sua postura storta, con la spalla ferita piegata in avanti e la schiena un po' ricurva. Sono colpevoli le parole che sta per rivolgerle senza mentirle, cosciente però, delle conseguenze che porteranno: « Non è il mio » è allora che prende dalle sue mani quel lembo di maglietta, lo strappa via, seppur con garbo; poi tramite esso, cerca di sfilarsi via la maglia dalla testa, impedito dalla pesantezza del braccio destro nuovamente KO. 𝗠: Ad ogni passare dei secondi, aumenta la sensazione di angoscia che grava sulle sue spalle, aumentano i gesti delle sue mani, prima portate sulla maglia poi sulle braccia, poi  sul volto di lui per potersi accettare dell'assenza di qualche ferita. Non lo guarda negli occhi, guarda quel sangue ancora fin troppo vivo nonostante l'acqua scesa a pulirlo, la sua postura, il braccio ferito  privo del tutore. “ Non è il mio ” dice, ma questo non serve a rassicurarla. ‹‹ Che diavolo hai fatto? ›› ed è rude la sua domanda, rude è la sua voce, allarmata e forse alimentata dalle ipotesi nella sua testa. È la prima volta che lo vede riversare in quelle condizioni, pieno di sangue che non gli appartiene. E questo, questo le fa spavento. 𝗘: Non si ferma. Continua a tentar di rimuovere la maglietta attaccata al suo petto per mezzo di sangue e di acqua, senza riuscirvi. Piega la testa in avanti mentre solleva il tessuto, dimenando il braccio ferito per riuscire a farlo sottrarre dalla cavità della maglia che ancora lo imprigiona. E' quando se l'è ormai tolta che la lascia cadere a terra, sulla doccia. Abbassa gli occhi in direzione dei propri piedi, là dove si è creata una pozza di sangue diluito. Raccontarle cio' che è successo all'interno del magazzino lo salverà? Lo giustificherà? Allenterà la tensione di lei e la collera che, ne è sicuro, sta per vomitare? « Abbiamo interrogato l'uomo che ci ha fatto quel maledetto discorso, al Dorian Grey. Non voleva parlare » si afferra la spalla destra, caccia le dita tra clavicola e scapola, come a voler ricucire le membra lacerate per mezzo delle sue gesta. Il dolore è insopportabile. Contrae il volto, ma non si lamenta. « E' vivo. Nessuno muore nel magazzino di mio padre. Pietro si sta prendendo cura di lui » mente per rassicurarla. Non sa cosa Pietro stia facendo al corpo inerme dell'uomo, se già ha tolto lui la vita, se si è sbarazzato dei quattro arti e della testa per renderlo irriconoscibile o se ancora tramortito, l'ha trascinato nuovamente davanti al ristorante dove l'ha prelevato. Non sa niente, se non che da quello spietato interrogatorio non ha ricavato le informazioni desiderate. « Sto bene, Nique. Ho solo -- la spalla, è andata, di nuovo » 𝗠: Le ipotesi che si formano nella sua mente sono tante, una peggio dell'altra. Monique sente la rabbia mista alla paura invadere ogni arto, organo, vena presente nel suo corpo. Lo guarda, ma non sa descrivere il proprio sguardo. Sente gli occhi bruciare, come bruciano quelle parole che ascolta attentamente. ‹‹ Non prendermi per il culo. ›› e non sa se ha alzato il tono o quella frase risulta solo come un ringhio. Ha l'udito ovattato, la percezione del mondo circostante è diversa. Lo conosce, sa leggere nella sua anima, riconosce una bugia. ‹‹ Che cosa avete fatto a quell'uomo? /Tu/ cosa gli hai fatto? ›› gli impone di voltarsi dalla sua parte, poggiando le mani sulle sue spalle e accompagnandolo in quel semplice movimento del corpo. La goccia che fa traboccare il vaso è la spalla, già ferita e in via di guarigione. ‹‹ In mattinata andremo a fare dei raggi, se ti rifiuti, ti trascino con la forza. ›› 𝗘: Si sente stretto all'interno delle mura di quella stanza. Si sente stretto sotto al tatto delicato, ma comunque sicuro della ragazza, mentre lo volta in sua direzione. Non è di certo la presenza di lei ad accartocciare le sue membra, le percezioni ed il suo cuore, quanto la lenta idealizzazione di cio' che ha fatto, quella sera, in presenza di Giovanni e di Pietro. Cosa gli ha fatto? Bella domanda. Si sforza di scavare nei suoi pensieri e di risponderle in modo chiaro ed intellegibile, ma non ci riesce. Le immagini si mescolano. Non ricorda di preciso cosa sia successo, i colori si confondono, si sovrappongono formando una macchia poco precisa. E' stato lui ad interrogare il russo? A cercare quella diplomazia che non gli appartiene più? O è stato lui a pugnalare la spalla altrui, facendo fioccar fuori dalla ferita fiotti incontrollabili di sangue? Il ragazzo davanti agli occhi di Monique non è la stessa persona che, solo un'ora prima, ha torturato il russo del Dorian Grey. E' di nuovo lui, il Ferrera di cui Monique si è innamorata e che presto porterà all'altare. E' possibile, dunque, vestire due anime uguali, ma opposte? E' possibile contenere due menti ben separate, due coscienze, due identità in un'unica persona? E' così che si sente in quel momento, diviso tra due realtà che collidono tra di sé. Poggia le mani sul volto di Monique, ha bisogno di perdersi nei suoi occhi per alleviare quella sensazione di pesantezza e di disagio. Ha bisogno di ritrovarsi, e di ritrovarsi subito nello specchio delle sue pozze cristalline, prima di perdersi definitivamente. Difficilmente indietreggia tanto da chiedere aiuto, eppure: « Aiutami, Monique » 𝗠: Le si spezza il cuore al sentire quelle parole, la richiesta di aiuto da parte del suo uomo, soprattutto da parte di una persona restia a farlo. Non lo ha mai lasciato nei momenti di difficoltà e non lo farà nemmeno ora. Odia la rabbia, odia quella sensazione di distanza fra loro, odia vederlo ridotto in quello stato. Afferra il suo volto, così come lui ha appena fatto con lei, ne accarezza le gote poi si poggia contro la sua fronte. ‹‹ Rimanderemo la conversazione a dopo. ›› afferma la fanciulla, prima di riprendere parola. ‹‹ Ti aiuto a ripulirti, okay? Partiamo da qui. ›› 𝗘: Gli brucia la gola per aver pronunciato quelle due parole. Due sole parole che hanno distrutto la sua virilità, facendo di lui un uomo più fragile del normale. Che fine ha fatto l'uomo che prepotentemente ha preso a pugni il volto di un uomo legato ad una sedia? Che fine ha fatto l'Elia che ha condotto interamente quell'interrogatorio, prendendo in mano la situazione davanti a due ragazzi senz'altro più affamati di lui? E' lo sguardo di Monique, probabilmente, che lo costringe ad indietreggiare e a digerire cio' che è successo nelle ore precedenti. Sta lentamente prendendo coscienza di cio' che è successo, ma ricordare è tutt'altro che semplice. Vorrebbe dispiacersi con lei, mentre socchiude gli occhi, aiutato dalle mani di lei che si tingono a loro volta di un sangue che non le appartiene. La sta rendendo indirettamente complice di un attentato, complice della sua colpevolezza. Serra le palpebre, tentando di non rigettare fuori le emozioni attraverso le lacrime, senza riuscirvi. Gli occhi ancora chiusi si tingono dello stesso rossore di quel sangue, mentre i canini affondano nelle labbra. Ha fallito. Si era promesso che mai e per niente al mondo avrebbe trascinato Monique con sé in quella realtà, ma lo ha appena fatto. "Mi dispiace", continua a ripetersi, sfiorando la punta del naso con quello di lei, mentre il petto sprofonda lentamente in un mare nero. « Torna in camera -- vai -- » quelle parole non rispecchiano il suo volere. Respingerla non serve, sa che non l'abbandonerà lì e che continuerà ad aiutarlo, ed in fondo, spera che sia così. 𝗠: Non sa cosa stia passando in quella testa che lei descrive come brillante, cosa abbia passato nelle ultime ore o cosa lui abbia fatto. Tutto, però, passa in secondo piano quando la situazione che si crea è ben diversa. Un passo alla volta, tutto andrà a posto. Continua ad accarezzare quelle gite sporche di sangue, fronte contro fronte, mentre lo guarda negli occhi lucidi. Sa che sta per allontanarla, ma sarà solo un tentativo fallimentare. Mai, al mondo, potrà lasciarlo, a prescindere dalle azioni o dalle conseguenze. ‹‹ Lo sai che non succederà mai. ›› mormora, sulle sue labbra, prima di lasciar andare il suo volto e portare le mani sui pantaloni. Come potrebbe mai lasciarlo? Come potrebbe mai abbandonare l'uomo che fra poco meno di tre mesi sposerà? Ha deciso di stargli accanto nel bene e nel male, non cambierà idea. ‹‹ Togliamo questi abiti, facciamo una doccia e buttiamo via tutto. ›› cerca di rassicurarlo, di sciogliere i suoi nervi, di fargli capire che non è debole se si lascia aiutare. 𝗘: Lei non ha idea di quanto, in quel momento, lo stia aiutando. Non ha davvero idea di quanto ognuno di quei gesti stia sollevando di forza la coscienza di Elia, scrollandola e ripulendola dal male accumulato. Non ha idea di quanto grazie a lei si senta al sicuro ed allietato. Se non l'ha svegliata, è anche per paura di una relazione errata, di vederla correre via, al sicuro da una bestia che non conosce. Ed invece, eccola lì, in silenzio. Come ci riesce? Come riesce a fidarsi tanto di lui, da metter da parte tutta se stessa, pur di aiutarlo? Come riesce a non inondarlo di domande / cosa successa più di una volta, in passato /, e a continuare a trattarlo come fosse un bambino con le ginocchia sbucciate? Aprendo lentamente le palpebre rimane ad osservarla, in silenzio, aiutandola a disfarsi dei pantaloni impesantiti dall'acqua. Le mani del Ferrera tremano ancora, sia a causa del rilascio progressivo di tutta l'adrenalina accumulata nel corso della serata, sia a causa delle ferite riportate sulle nocche della mano destra, la stessa con cui ha colpito la mascella del russo. « Parliamone. Se hai delle domande, fammele adesso e ti risponderò. Voglio dimenticare cos'è successo stanotte, non posso portarmelo dietro ancora per molto » è così che hanno eretto la loro relazione: parlando. Non esistono segreti tra Elia e Monique, né zone buie. E' il loro modo per fare pace, per rafforzare cio' che già hanno e per andare avanti, insieme, mano nella mano. 𝗠: Non ha idea di cosa lei stessa stia facendo, non ha idea di come possa aiutarlo. Sa farlo? Lo sta facendo o sta solo peggiorando la sua situazione? Con tante domande, Monique decide di proseguire per la sua strada, di seguire il suo istinto, di aiutarlo come ha sempre fatto. In modo dolce, delicato, evita di fare domande ma di concentrarsi su di lui. Lo libera dei pantaloni, così come dei boxer, afferra la maglia a terra e butta tutto via, nel cesto dei panni sporchi. Provvederà a buttare via tutto in mattinata. ‹‹ Parlami. Dimmi tutto ciò che vuoi, ma senza mentirmi. Sfoga, Elia. ›› mormora, a tono basso e meno rude, intenta ad aprire l'acqua. Cerca di metterlo ad agio, di dare lui lo spazio necessario. 𝗘: La cerca un'ultima volta con lo sguardo, come a voler fare degli occhi puri di lei uno scoglio al quale aggrapparsi. Ha bisogno di ternervicisi aggrappato, onde evitar di venire trasportato via da quella forte corrente. Non puo' e non deve lasciarsi andare, non puo' allontanarsi di nuovo da cio' che è oggi solo grazie a lei e alla sua umanità. Solo una volta denudato da quei vestiti Elia si siede a terra, con le gambe contro il petto ed entrambe le braccia a tenersi la testa. « Io -- » si concentra, serra le palpebre, scava tra quei ricordi non troppo lontani ma pur sempre confusi. "Io...cosa?". La verità è che non importa chi ha colpito per la prima volta quell'uomo. Non importa chi ha fatto su di lui violenza fisica o psicologica, non importa chi ha affondato la lama di quel coltello tra le sue membra, non importa chi l'ha ridotto in uno stato pietoso. Non c'è un colpevole e un innocente in certe situazioni, non quando l'obiettivo è comune e le forze sono condivise. Non importa se a dargli il colpo di grazia è stato lui, Pietro o Giovanni. Se quell'uomo non rivedrà più la sua famiglia, le sue figlie, la donna che ama ma che tradisce, è causa di tutti e tre. Inutile, dunque, colpevolizzare le persone che si trovavano con lui all'interno di quella stanza e che probabilmente hanno tirato un colpo di troppo, accecati dalla vendetta. L'hanno fatto insieme, come se quelle mani fossero appartenute alla stessa persona. « Non ha risposto a nessuna delle nostre domande -- o se l'ha fatto, l'ha fatto in russo. Abbiamo provato a farlo parlare, a fargli capire che avremmo potuto -- raggiungere i suoi familiari, ma sembrava non capire. Ho paura che non si trattasse dell'uomo che ci ha parlato al Dorian. Ho quasi ucciso la persona sbagliata, Monique -- per niente » non ha altro da aggiungere, mentre l'acqua riprendere ad accarezzare il suo corpo. Forse è meglio lasciare quello scoglio e lasciarsi trascinare via, tra le scogliere appuntite. Qual è il pegno che deve pagare, per cio' che ha fatto a quel padre di famiglia? 𝗠: ‹‹ Elia sono qua. Sono qua con te. ›› ci tiene a precisarlo, ci tiene a tenerlo lì con sé, mentre afferra le sue mani e le custodisce fra le proprie. Non vuole vederlo affondare, non lo permetterà. È Monique la sua ancora, è lei a tenerlo a galla. E allora che se ne renda conto, che lui capisca che Monique è la sua colonna, la persona di cui può fidarsi e che mai lo lascerà affondare. Si siede con lui, senza mai lasciarlo. Lo stringe fra le braccia, tenendolo contro il petto, li dove il cuore batte. Lo ascolta, lo ascolta attentamente ma non dice nulla. Le si spezza il cuore a sentire quelle parole, pensa al povero malcapitato che, probabilmente, nemmeno è responsabile. Lascia che l'acqua scorra su di loro, che bagni i loro corpi e faccia scivolare via ogni cosa. ‹‹ Sei a casa adesso. Sei con me. ››
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edenlyeden · 4 years ago
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.       📽️  𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐯𝐞           𝗋𝗈𝗈𝗆 𝗈𝖿 𝗋𝖾𝗊𝗎𝗂𝗋𝖾𝗆𝖾𝗇𝗍           𝗌𝖾𝗉𝗍𝖾𝗆𝖻𝖾𝗋 𝟤𝟢, 𝟤𝟢𝟤𝟥           #𝖽𝖺𝗇𝗀𝖾𝗋𝗈𝗎𝗌𝗁𝗉𝗋𝗉𝗀                     ⤸    𝐙𝐢𝐧𝐙𝐢𝐧 𝐒𝐨𝐭𝐭𝐨𝐧𝐞 𝐓𝐮𝐦𝐛𝐥𝐞𝐫𝐢𝐧𝐨 𝐁𝐨𝐫𝐫𝐞  𝖠𝗍𝗍𝗂𝗏𝗈/𝖺 𝗈𝗋𝖺 ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––            📱 Fra   ›   Pepi   ›   Eden   ›   Octavia                   📱 Hai mancato due nomi             ›   Non so se posso accettare il richiamo            📱 Fossero solo due   ›   Ti diverti?                   📱 Due tra i principali             ›   Mi sono nascosta sotto il tavolo             ›   Ho creato il mio regno         📱 Ti volevo vedere ma dopo questa confessione   ›   Non so                   📱 Non ti conviene, è appiccicaticcio             ›   Mi è caduta la Coca-Cola             ›   Come procede la festa? Sento i balli         📱 Che ci fai sotto al tavolo?                   📱 Mi serviva un po' di pausa             ›   E non volevo dividere le patatine             ›   ci credi che sono riuscita a salvarmi            una busta tipo proprio in extremis????                                 ・・・                Quando il corvonero la raggiunge, poco dopo, è da un punto a lei distante che fa il suo ingresso nel privè di fortuna, quindi è costretto a scivolare col sedere per poterle essere vicino.  « Non dividi nemmeno con il tuo fra? »  « Non lo so, fra, che cosa puoi offrire in cambio? »  « Basta? » si indica, Lorcan.  « Meh, dipende, a volte sei un po' malfunzionante. » però gli porge la busta aperta, che pure è una valida risposta. L'amico la osserva ma decide di andarle a coprire le spalle con il braccio, piuttosto che approfittare subito dell'offerta-non offerta.  « Lo so. Vorrei avere il tuo potere, ma solo per usarlo con te. Te l'ho mai detto?  « Per cambiarmi l'umore e rendermi più disponibile a dividere i miei bottini? »  « Per vederti più felice e basta. » muove appena la testa contro la sua tempia.  « Lo sono spesso, dai, non ce ne sarebbe bisogno. »  « E allora che combini qui? »  Non potrebbe mai nascondere la reale risposta, ché in primis è Lorcan, in secundis sarebbe stato proprio stupido farlo: chi trascorrerebbe buona parte di una festa, per giunta da lei organizzata, sotto un tavolo? Da Eden Ambrose ci si aspetta delle stranezze, ma non di questo tipo. Prende a fare pressione con la sua, di testa, in una specie di gara e respira forte prima di rispondere.  « Avevo paura. »  « Avevi paura. » ripete piano, mentre continua a muovere piano il capo, accarezzandola. « Posso chiederti di cosa? »  La serpeverde esita per qualche istante, si ferma dalla "sfida" perché adesso la testa la scuote, le ciocche vere e finte che un po' lo frustano a causa di quel movimento. 𝘊𝘩𝘦 𝘵𝘶 𝘦 𝘵𝘶𝘰 𝘧𝘳𝘢𝘵𝘦𝘭𝘭𝘰 𝘷𝘪 𝘴𝘤𝘰𝘳𝘯𝘢𝘴𝘵𝘦 𝘥𝘪 𝘧𝘳𝘰𝘯𝘵𝘦 𝘢 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘪, 𝙙𝙞 𝙛𝙧𝙤𝙣𝙩𝙚 𝙖 𝙢𝙚 non è proprio ponderabile come ipotesi di replica.  « Questo non te lo posso dire, ma tu puoi dirmi come stai. »  « Da quando abbiamo segreti, noi due? » è molto leggero il tono che usa e sa che non occorre una vera risposta a quella domanda che lascia lì, sospesa. « Come se mi avessero amputato il braccio destro, quindi nel complesso non posso dire "male" perché sono vivo, ma vivo di merda. »  La ragazza si sporge a controllarlo, il braccio destro, ché non si sa mai per davvero con Lorcan Scamander.  « Esaustivo? »  « Fra, sei sempre così tumblerino, poi con questo stile ancora di più. »  « Grazie. »  « Il braccio amputato è stato messo nel ghiaccio, comunque. »  « Pensavo fosse impossibile avere ancora più stile e invece ─ mh. »  « Ho guardato otto stagioni di Grey's Anatomy, sono praticamente un chirurgo, quindi so che in queste condizioni si può ri-attaccare al corpo. E, comunque, per avere ancora più stile, ci sarebbe stata una puntina di eyeliner. »  « Quello che si trucca è Lys, io nemmeno volevo esserci qua. » e stavolta la patatina la prende.  « In questo caso, non si sarebbe trattato di vero e proprio trucco. Che cosa ti ha spinto a venire? »  Bisogna aspettare che mangi altre quattro volte prima che le risponda ed Eden attende che passi il tempo scrutandolo, un pizzico di apprensione a definire il viso.  « Sapevo che avrei potuto vedere mio fratello senza farlo stare male: ha smesso di venire a lezione e non ho dormito in stanza mai, ma sono certo che lui abbia fatto la stessa cosa. Qui avevo un terreno caotico, neutrale. »  « Potevi confonderti nell'oscurità. » ricevuta la risposta, adesso tocca alla serpeverde mangiare, sgranocchia una patatina come fosse una carota e lei il coniglio. Aiuta a riflettere, non bisogna giudicarla. Lorcan intanto annuisce e fissa l'altro lato della lunga tavolata. « Con Violet, invece? »  « Non avete parlato? »  Scuote la testa, mangia ancora. « Mi aveva scritto poco prima che arrivassi tu, però. »  « È di questo che avevi paura? »  « Di Violet che mi scrive? » lo guarda divertita, le sopracciglia inarcatissime. Lui però rimane serio, quindi si becca una bella testata.  « Di ciò che comporta. Mi viene in mente solo Gyros altrimenti. »  « Sì e no. » fissa le patatine, che d'un tratto sono diventate più belle che buone.  « Ha fatto qu ─ » si ferma per farla parlare.  « Non volevo condividerlo con te perché hai già le tue, di paure a riguardo, non hai bisogno delle mie. »  « Ma smettila di dire cazzate e parla, su. » non vorrebbe risultare sempre così duro, ma soprattutto con Eden comunica in una maniera che è tutta loro e sa che ottenere una risposta è possibile solo in questo modo.  « Penso che sia abbastanza chiaro, no? Che cosa vuoi che ti dica, che ho paura che non ci saranno più i momenti spensierati di una volta, di noi tutti insieme a non fare un cazzo se non mangiare, ridere, dire le prime cose che ci passano per la mente, non capire un cazzo ma ridere di nuovo lo stesso fino ad aver un mal di pancia talmente forte che vorresti solo fermarti ma non fa niente, un'ultima-ma-mai-davvero-ultima cosa divertente si può e si deve sempre aggiungere? Che forse per la prima volta nella vita vorrei non essere una pippa in quella stronzata che è la divinazione per avere la certezza di poter stare tranquilla, che si aggiusterà tutto? Che sono una cretina? Questo già lo sai. »  Il ragazzo vorrebbe poterle dare quella certezza che tanto desidera, ché lui ci pensa intensamente almeno quanto lei a tutte le cose che ha appena elencato e proprio non ci sta ad essere "il colpevole". Ci ha riflettuto tanto, Lorcan, e non è solo per il suo, di egoismo, se così si può chiamare, il motivo per cui sono tutti in quella situazione.  « Se non si aggiusterà e non tornerà proprio come prima, non è detto che sia un male. A volte qualcosa deve finire per farne nascere una nuova e con questo non voglio dire che saremo divisi, Peps, ma che torneremo a stare tutti insieme quando il bene che ci unisce, placherà tutto ─ facendoci capire come comportarci. Alla fine credo che sia anche il segno che stiamo crescendo, no? »  « L'unica cosa che mi tranquillizza un po' è proprio il pensiero che almeno tu e Violet possiate stare bene. Per il resto... »  « Per il resto, ho lasciato a Lysander anche troppo spazio. »  Eden si stringe nelle spalle, mangia di nuovo. la pensa tendenzialmente come Lorcan, sulla questione del bene e del punto a cui arriveranno, un po' meno sul segno della crescita su cui arriccia il naso. Odia sentirsi così, lei che tende ad essere sempre quella che conforta e motiva. « Che cosa vuoi fare? »  « È arrivato il momento di aprirgli le orecchie. Magari non stasera che è lercio. »  « In questi giorni in cui ho pensato tipo un sacco, mi era balenata in mente l'idea di chiudervi in una stanza, di farvi uscire soltanto a questione risolta. »  « Conoscendoci, non so se avrebbe funzionato bene. »  « È per questo che poi non l'ho fatto, anche se in uno sprazzo di sogno post pensata vi avevo visti come scimmie col pannolino che fanno wrestling — sarebbe un interessante risvolto. Tu lo avevi sul verde petrolio, e te lo dico perché è un'informazione di vitale importanza. »  E finalmente, dopo giorni, Lorcan si concede una grossa risata. La ragazza lo abbraccia senza aggiungere altro, l'orecchio premuto contro il suo petto e quella terribile paura ancora lì, vero, ma di certo un po' sbiadita da quell'ilare latrato e dalla loro chiacchierata. Almeno per questa sera, almeno per questi pochi minuti, non le sembra che sia tutto pronto ad andare a catafascio.         𝐧.𝐛. l'immagine nella gif è più indicativa dello stato interiore (un po' enfatizzato in virtù del ✨ drama ✨) di eden che del modo in cui si mostrava davvero quella sera. xoxo
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mbcorvo-author · 6 years ago
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Weird gifts
I jotted down this scene months ago following this prompt by @write-it-motherfuckers​ and I’m planning to edit it (and maybe change something, but before that I need to reach that point with the novel) and adding it to my wip “Beyond the Veil”... and since It’s been a while since last time I posted an excerpt and such, I thought that it could be good enough to be shared and also I can introduce you to another character of my wip! So, I translated it and here it is!
It’s not perfect or good because it’s unedited and I translated it at the best I could do, so I hope the English isn’t that bad.
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The cat when returns home is always bringing back dead things and leaving them on the counter or the kitchen table. Mice, lizards, birds and frogs are the usual "gifts". Today there are no mice, no lizards, no birds, and no frogs. In their place, on the kitchen table, there was a mutilated human-looking arm... if you exclude the clawed fingertips and the skin that had a strange ash-grey colouration.
The man stood there motionless looking at that gruesome "hunting trophy" on his kitchen table as if he needed some more time for his brain to process what was seeing. He took a deep breath, exhaling the air in an unnerved snort as he started walking towards the french window that leads to the garden. Chestnut eyes that immediately turned looking towards the little wooden cat-house on the window-sill near the door, to be precise his gaze was on the grey-fur cat that was napping inside.
"Zane, what do I owe your unpleasant gift?" he rudely asked to the feline that, in response, opened his little surreal-blue eyes and lifted his head towards him. "I thought that you might be interested in it" the male-sounding voice of the cat echoed in the man's mind that was still showing the cat a grim expression. "And don't worry Javier, your familiar is safe and sound" continued the voice while the grey cat left the tiny house, stretching his legs and letting out a big yawn that showed that even the insides of his mouth were in shades of grey. Like it was popped out from a black and white television, except for his eyes. "He's napping inside your closet if you didn't notice" concluded. "Why a severed arm would ever interest me?" snapped Javier "Make sure you take it back before going away, if you don't want to get bound and closed forever in a coffeepot" from the expression on his face and the tone of his voice, it was clear that Javier wasn't kidding, even if he just turned to the french door to return inside his home after throwing that threat at Zane.
"Hey, hey!" exclaimed the alarmed cat, the tip of his tail and paws becoming like smoke when he moved to the edge of the window-sill. Smoke that engulfed him when he jumped from that elevated place and that increased its size before vanishing and leaving in its place a thin and tall guy with short black hair and bright blue eyes, dressed in a pair of black skinny jeans, battered combat boots and plain grey t-shirt. "Let's discuss this," said Zane showing a faint smile to Javier "I need you to tell me something about that arm" The man let out an annoyed grunt as he walked past the threshold of the door "Ask it to some Necromancer, I don't know anything about corpses." The Ghul moved quickly, slipping through the door before it was closed. "I know that you are an Oracle" added, following the man towards the kitchen "This is why I need you".
Javier stopped his walking, right hand running through his ruffled brown hair while he let out a tired sigh "There are other witches able to do oracular and divination magic in the world, why do you have to bother me?" grumbled, turning to face the Djinn again. "Yes, it's true... but you are the best" answered with another light smile on their lips, pointing both index fingers at the man "Or maybe I'm remembering badly and you aren't the Supreme Oracle anymore?"
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Italian & tag list under the cut!
Ho abbozzato questa scena mesi fa seguendo questo spunto di @write-it-motherfuckers​ e sto progettando di modificarla (e forse proprio cambiarci qualcosa, ma per quello devo raggiungere quel punto col romanzo) e aggiungerla al mio wip “Oltre il Velo”... e siccome è passato parecchio tempo dall’ultima volta che ho postato un estratto o affine, ho pensato che potesse essere abbastanza buono da essere condiviso, inoltre ho l’occasione di introdurre un nuovo personaggio del mio wip! Così ho deciso di tradurlo ed eccoci qua.
So che il testo non è perfetto, non l’ho mai modificato da quando lo scrissi di getto seguendo l’ispirazione, mentre la versione in inglese l’ho tradotta meglio che potessi. Spero non sia poi così male.
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Strani regali
Il gatto quando torna a casa si porta sempre dietro qualche cosa morta e la lascia sul tavolo o sul bancone della cucina. Topi, lucertole, uccellini e rane sono i suoi soliti “regali”. Oggi niente topi, niente lucertole, uccelli o rane. Al loro posto, sul tavolo della cucina, si trovava un braccio mutilato dalle sembianze del tutto umane se si escludevano gli artigli sulla punta delle dita e la pelle dalla strana colorazione grigiastra simile al colore della cenere.
L’uomo rimase lì fermo immobile a osservare quel raccapricciante “trofeo di caccia” sul proprio tavolo della cucina, come avesse bisogno di qualche momento in più a osservarlo perché la sua mente riuscisse a carburare quello che stava vedendo. Inspirò profondamente, esalando poi l’aria in uno snervato sbuffare dalle narici mentre si avviò verso la portafinestra che dava sul giardino. Occhi dalle iridi color castagna che subito si puntarono in direzione della casetta di legno presente sul vicino davanzale, per la precisione lo sguardo era rivolto verso il gatto dalla pelliccia grigia che stava sonnecchiando al suo interno. 
“Zane, a cosa devo il tuo spiacevole regalo?” domandò brusco al felino che, di tutta risposta, aprì gli occhietti di un azzurro irreale e sollevò il muso in sua direzione. “Ho pensato che potesse interessarti” la voce maschile del felino riecheggiò nella mente dell’uomo che continuava a mantenere un’espressione truce in sua direzione. “E tranquillo, Javier, il tuo famiglio sta bene” proseguì la voce, mentre il gatto grigio uscì dalla cuccia stiracchiandosi ed emettendo un grande sbadiglio che rivelò l’interno delle sue fauci anch’esso sui toni del grigio. Come se fosse uscito da un televisore in bianco e nero a eccezione degli occhi. “Sta sonnecchiando nel tuo armadio, se non te ne sei accorto” concluse. “Perché un braccio mozzato dovrebbe mai interessarmi?” sbottò Javier “Vedi di riprendertelo e sparire se non vuoi essere vincolato e chiuso per sempre dentro una caffettiera” dall’espressione e dal tono di voce dell’uomo si capiva che non stesse scherzando, anche se subito dopo aver lanciato quella minaccia a Zane si voltò intenzionato a rientrare in casa.
“Ehi, ehi!” esclamò allarmato il felino, punta della coda e delle zampe che si fecero simili a fumo quando si mosse raggiungendo il bordo del davanzale. Fumo che lo avvolse completamente quando balzò da quella posizione rialzata e che aumentò di dimensioni prima di svanire lasciando al suo posto un ragazzo alto e magro, occhi azzurrissimi e corti capelli neri, vestito con un paio di jeans neri aderenti, anfibi malconci e una maglietta anonima grigia. “Parliamone” fece Zane rivolgendo un leggero sorriso a Javier “ho bisogno che tu mi dica qualcosa su quel braccio” L’uomo emise un vago grugnito scocciato oltrepassando la soglia della porta “Chiedilo a qualche Necromante, io non mi intendo di cadaveri” Il Ghul si mosse rapidamente, riuscendo a sgusciare all’interno della casa dell’uomo prima che la porta venisse chiusa “Lo so che sei un Oracolo” rispose, seguendo l’uomo verso la cucina “Per questo mi servi tu”.
Javier si fermò, mano destra che venne sollevata e fatta scorrere tra gli scompigliati capelli bruni mentre lui emise un nuovo stanco sospiro. “Ci sono altri stregoni che possono usare magie oracolari e divinatorie al mondo, perché devi scocciare me?” borbottò voltandosi per guardare nuovamente il Djinn. “Sì, è vero...ma tu sei il migliore.” rispose, sempre con un leggero sorriso in viso, puntando entrambi gli indici verso l’uomo “Oppure ricordo male e non sei più Sommo Oracolo?”
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