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Per tutte le piogge! in tour • Foggia e San Giovanni Rotondo
Qualche parola di ringraziamento, qualche foto e tanti bei ricordi di queste memorabili giornate a Foggia e San Giovanni Rotondo, all'insegna della lettura e delle attività con i più piccoli...
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#albi illustrati#attività#Carthusia Edizioni#creatività#disegno#eventi#Foggia#illustrazione#laboratori per bambini#lettura#libri#libri per bambini#Per tutte le piogge!#scuola
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Come mai non sopporto l'ora di arte?
Come mai non sopporto l’ora di arte? Ci possono essere diverse ragioni per cui si prova avversione o disinteresse verso l’ora di arte, e non è detto che dipendono da te. Ricordo che al liceo artistico avevamo una prof di storia dell’arte bravissima ma severissima, e pur amando la materia provavo avversione per quell’ora piena di ostacoli e interrogazioni a trabocchetto. Alcuni motivi comuni che…
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Un futuro tutto da scrivere ed un filo che non si romperà mai.
Sono una persona sognatrice che appunta ogni pensiero su carta, da sempre.
Scrivo di me in questo blog, che uso come mio diario virtuale.
Scrivo di ciò che voglio e di ciò che vorrei avere e trovare durante il cammino della mia vita.
Sono una persona che crede nell'amore come quello delle favole.Quel tipo d'amore che ci faceva sognare da bambine.
Mentre scrivo questo, resto legata ad un filo, quello del destino.
Quel filo di color rosso per il quale, esiste una leggenda giapponese che ci racconta di come due persone siano legate tra loro.
Ho sempre creduto in questa leggenda nonostante tutto.Sono convinta anche io di questa cosa, e spero che un giorno, anche se tardi, troverò anche io la mia anima gemella, il mio amore per la vita.
È importante ricordare che, il filo rosso può aggrovigliarsi e allungarsi, ma mai spezzarsi.
Un-mei-no-akai-ito è ciò che sono io, sono io quel filo. Mi trovo già legata alla mia anima gemella, senza però, essere ancora a conoscenza della sua effettiva esistenza.
Questo non è un sogno, è la realtà, e come tale, molto presto, si realizzerà, anche se ci vorrà del tempo.
Vorrei che sappia amarmi nonostante la mia disabilità, e che faccia in modo che per lui non sia un problema, ma un valore aggiunto.
Vorrei che mi insegnasse ad amare (visto che quella in questione, sarà la mia primissima relazione e spero anche l'ultima).
Sono spesso sola, non ho molti amici, quindi vorrei che lui per me fosse un amico o molto di più.
Non so nuotare, quindi spero che apprezzi la montagna 🗻 e le colline, cottage e agriturismi, cose così.
Mi vedo bene in vacanza anche ad esplorare città d'arte, in Italia o all'estero.
Vorrei che fosse una persona aperta al dialogo con le persone e che modo educato esprima il suo pensiero, come io faccio abitualmente.
Vorrei che rispettasse sempre il prossimo, sia per quanto riguarda il pensiero altrui, e tutti i loro credo, qualunque essi siano.
Mi piacerebbe che parlasse più lingue straniere, come lo faccio io avendo questa passione da tutta la vita, e che magari lui abbia piacere di insegnarmene qualcuna se ne conoscerà.
Da sempre, sono stata rapita da occhi color mare e color smeraldo.
Chi sono io.
Beh qualcosa ti ho già raccontato di me, Anima ancora sconosciuta.
Sono una ragazza semplice, con l'animo da bambina. Sognatrice, forse anche troppo, con la vena d'artista, a volte.
Spesso scrivo volentieri un mio pensiero su carta, anche se non ho mai avuto un vero e proprio diario.
Qualche volta mi trovi chinata su di un foglio, mentre disegno e coloro.
Altre volte mi trovi a giocare ai videogiochi, ed altre ancora, a guardare film e serie TV in lingua originale e partite di calcio, senza togliere tempo alla lettura, una delle mie più grandi passioni, trasmessa da mia mamma.
Spero che con la tua presenza costante nella mia vita, tornerò a scrivere d'amore, quell'amore che parlerà di noi.
Scriverò per te lettere (perché si, scrivere è sempre stata una passione che da un po' di tempo che si è spenta) che potrai leggere ogni volta che vorrai, ricordandoti di me, anche quando saremmo lontani, se vorrai.
Scriverò per te poesie, descrivendo il nostro amore che muterà piano piano nel tempo.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Per conquistarmi penso che non ci voglia molto: non sono una ragazza che indossa borse all'ultima moda, né ha un cellulare ultimo modello anche perché non sono malata di fotografie e non avendo altri social, non mi serve un cellulare troppo performante.
Come una bambina amo ancora i peluche (quindi questo sarebbe un ottimo regalo), ovviamente accompagnato da una lettera scritta a mano, sarebbe un sogno realizzato, ma non voglio chiedere la luna.
So per certo che, per amor mio, dovrai fare tanti cambiamenti nella tua vita, nel tuo quotidiano, e ovviamente io non obbligo nessuno ad amarmi, ma spero che un giorno, proprio come nelle favole, potrai essere il principe azzurro sto cercando e sognando da sempre.
Tiro un po' di più il mio capo del filo, se ti va, fallo anche tu, per incontrarci prima.
A presto amore mio, resto qui ad aspettarti.
@un-mei-no-akai-ito //(Lun 12.08.24 h 21:53) @un-mei-no-akai-ito
#frasi#pensieri#nuovo blog#amore#fidanzato#primo amore#sogni#desideri#descrizione#vita#citazioni#frasi mie#un mei no akai ito#lettera#scrivere#scrittura#coppia#favole#principe#principessa#relazione
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Esattamente due giorni prima di ogni ciclo piango ininterrottamente pensando a come fare per tornare in terapia.
Oggi il bambino che seguo non ha lavorato neanche per un secondo. Ha urlato, graffiato, dato calci alla porta, morso e datomi testate per i motivi più strampalati - dal voglio andare a casa al voglio il disegno di Pikachu che ha fatto un mio compagno per la sua mamma e lo voglio regalare alla mia mamma, voglio guardare i cartoni animati, voglio una classe più bella, voglio un lavoro facile, voglio un lavoro difficile, voglio Sonic, voglio il disegno perfetto e non lo voglio disegnare.
Lunedì è stato fissato un GLO straordinario perché la mamma ha detto alla NPI una versione completamente diversa rispetto a quella che ha dato alla scuola e lavorare così è faticoso.
Sono molto stanca e scoraggiata perché ce la sto mettendo tutta ma non mi sento proprio all'altezza in questi giorni.
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Un futuro tutto da scrivere ed un filo che non si romperà mai.
Sono una persona sognatrice che appunta ogni pensiero su carta, da sempre.
.Scrivo di me in questo blog, che uso come mio diario virtuale.
Scrivo di ciò che voglio e di ciò che vorrei avere e trovare durante il cammino della mia vita.
Sono una persona che crede nell'amore come quello delle favole.Quel tipo d'amore che ci faceva sognare da bambine.
Mentre scrivo questo, resto legata ad un filo, quello del destino.
Quel filo di color rosso per il quale, esiste una leggenda giapponese che ci racconta di come due persone siano legate tra loro.
Ho sempre creduto in questa leggenda nonostante tutto.Sono convinta anche io di questa cosa, e spero che un giorno, anche se tardi, troverò anche io la mia anima gemella, il mio amore per la vita.
È importante ricordare che, il filo rosso può aggrovigliarsi e allungarsi, ma mai spezzarsi.
Un-mei-no-akai-ito è ciò che sono io, sono io quel filo. Mi trovo già legata alla mia anima gemella, senza però, essere ancora a conoscenza della sua effettiva esistenza.
Questo non è un sogno, è la realtà, e come tale, molto presto, si realizzerà, anche se ci vorrà del tempo.
Vorrei che sappia amarmi nonostante la mia disabilità, e che faccia in modo che per lui non sia un problema, ma un valore aggiunto.
Vorrei che mi insegnasse ad amare (visto che quella in questione, sarà la mia primissima relazione e spero anche l'ultima).
Sono spesso sola, non ho molti amici, quindi vorrei che lui per me fosse un amico o molto di più.
Non so nuotare, quindi spero che apprezzi la montagna 🗻 e le colline, cottage e agriturismi, cose così.
Mi vedo bene in vacanza anche ad esplorare città d'arte, in Italia o all'estero.
Vorrei che fosse una persona aperta al dialogo con le persone e che modo educato esprima il suo pensiero, come io faccio abitualmente.
Vorrei che rispettasse sempre il prossimo, sia per quanto riguarda il pensiero altrui, e tutti i loro credo, qualunque essi siano.
Da sempre, sono stata rapita da occhi color mare e color smeraldo.
Chi sono io.
Beh qualcosa ti ho già raccontato di me, Anima ancora sconosciuta.
Sono una ragazza semplice, con l'animo da bambina. Sognatrice, forse anche troppo, con la vena d'artista, a volte.
Spesso scrivo volentieri un mio pensiero su carta, anche se non ho mai avuto un vero e proprio diario.
Qualche volta mi trovi chinata su di un foglio, mentre disegno e coloro.
Altre volte mi trovi a giocare ai videogiochi, ed altre ancora, a guardare film e serie TV in lingua originale e partite di calcio, senza togliere tempo alla lettura, una delle mie più grandi passioni, trasmessa da mia mamma.
Spero che con la tua presenza costante nella mia vita, tornerò a scrivere d'amore, quell'amore che parlerà di noi.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Scriverò per te lettere (perché si, scrivere è sempre stata una passione che da un po' di tempo che si è spenta) che potrai leggere ogni volta che vorrai, ricordandoti di me, anche quando saremmo lontani, se vorrai.
Scriverò per te poesie, descrivendo il nostro amore che muterà piano piano nel tempo.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Per conquistarmi penso che non ci voglia molto: non sono una ragazza che indossa borse all'ultima moda, né ha un cellulare ultimo modello anche perché non sono malata di fotografie e non avendo altri social, non mi serve un cellulare troppo performante.
Come una bambina amo ancora i peluche (quindi questo sarebbe un ottimo regalo), ovviamente accompagnato da una lettera scritta a mano, sarebbe un sogno realizzato, ma non voglio chiedere la luna.
So per certo che, per amor mio, dovrai fare tanti cambiamenti nella tua vita, nel tuo quotidiano, e ovviamente io non obbligo nessuno ad amarmi, ma spero che un giorno, proprio come nelle favole, potrai essere il principe azzurro sto cercando e sognando da sempre.
Tiro un po' di più il mio capo del filo, se ti va, fallo anche tu, per incontrarci prima.
A presto amore mio, resto qui ad aspettarti.
@un-mei-no-akai-ito //(Lun 12.08.24 h 21:53) @un-mei-no-akai-ito
@unmeinoakaito
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LA NOSTRA SCUOLA
La nostra scuola è privata. È in due stanze della canonica più due che ci servono da officina. D’inverno ci stiamo un po’ stretti. Ma da aprile a ottobre facciamo scuola all’aperto e allora il posto non ci manca! Ora siamo 29. Tre bambine e 26 ragazzi. Soltanto nove hanno la famiglia nella parrocchia di Barbiana. Altri cinque vivono ospiti di famiglie di qui perché le loro case sono troppo lontane. Gli altri quindici sono di altre parrocchie e tornano a casa ogni giorno: chi a piedi, chi in bicicletta, chi in motorino. Qualcuno viene molto da lontano, per es. Luciano cammina nel bosco quasi due ore per venire e altrettanto per tornare. Il più piccolo di noi ha 11 anni, il più grande 18. I più piccoli fanno la prima media. Poi c’è una seconda e una terza industriali. Quelli che hanno finito le industriali studiano altre lingue straniere e disegno meccanico. Le lingue sono: il francese, l’inglese, lo spagnolo e il tedesco. Francuccio che vuol fare il missionario comincia ora anche l’arabo. L’orario è dalle otto di mattina alle sette e mezzo di sera. C’è solo una breve interruzione per mangiare. La mattina prima delle otto quelli più vicini in genere lavorano in casa loro nella stalla o a spezzare legna. Non facciamo mai ricreazione e mai nessun gioco. Quando c’è la neve sciamo un’ora dopo mangiato e d’estate nuotiamo un’ora in una piccola piscina che abbiamo costruito noi. Queste non le chiamiamo ricreazioni ma materie scolastiche particolarmente appassionanti! Il priore ce le fa imparare solo perché potranno esserci utili nella vita. I giorni di scuola sono 365 l’anno. 366 negli anni bisestili. La domenica si distingue dagli altri giorni solo perché prendiamo la messa. Abbiamo due stanze che chiamiamo officina. Lì impariamo a lavorare il legno e il ferro e costruiamo tutti gli oggetti che servono per la scuola. Abbiamo 23 maestri! Perché, esclusi i sette più piccoli, tutti gli altri insegnano a quelli che sono minori di loro. Il priore insegna solo ai più grandi. Per prendere i diplomi andiamo a fare gli esami come privatisti nelle scuole di stato.
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Brano tratto dalla lettera dei ragazzi di Barbiana ai ragazzi di Piadena dell’1 novembre 1963 raccolta in:
Lettere di don Lorenzo Milani priore di Barbiana, a cura di Michele Gesualdi, Milano, A. Mondadori (collana Oscar n° 431), 1976 [1ª Edizione: 1970]; pp. 167-168.
#eguaglianza#uguaglianza#lettere#epistolario#egalitarismo#don Lorenzo Milani#leggere#Barbiana#Piadena#studiare#metodi di insegnamento#libertà#apprendimento#pedagogia#intellettuali italiani del XX secolo#scuola#passione#ragazzi#Storia d'Italia del '900#istruzione#bambini#sapere#piacere#società italiana del XX secolo#Scuola di Barbiana#generosità#insegnamento#altruismo#liberazione#politica
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Un futuro tutto da scrivere ed un filo che non si romperà mai.
Sono una persona sognatrice che appunta ogni pensiero su carta, da sempre
.Scrivo di me in questo blog, che uso come mio diario virtuale.
Scrivo di ciò che voglio e di ciò che vorrei avere e trovare durante il cammino della mia vita.
Sono una persona che crede nell'amore come quello delle favole.Quel tipo d'amore che ci faceva sognare da bambine.
Mentre scrivo questo, resto legata ad un filo, quello del destino.
Quel filo di color rosso per il quale, esiste una leggenda giapponese che ci racconta di come due persone siano legate tra loro.
Ho sempre creduto in questa leggenda nonostante tutto.Sono convinta anche io di questa cosa, e spero che un giorno, anche se tardi, troverò anche io la mia anima gemella, il mio amore per la vita.
È importante ricordare che, il filo rosso può aggrovigliarsi e allungarsi, ma mai spezzarsi.
Un-mei-no-akai-ito è ciò che sono io, sono io quel filo. Mi trovo già legata alla mia anima gemella, senza però, essere ancora a conoscenza della sua effettiva esistenza.
Questo non è un sogno, è la realtà, e come tale, molto presto, si realizzerà, anche se ci vorrà del tempo.
Vorrei che sappia amarmi nonostante la mia disabilità, e che faccia in modo che per lui non sia un problema, ma un valore aggiunto.
Vorrei che mi insegnasse ad amare (visto che quella in questione, sarà la mia primissima relazione e spero anche l'ultima).
Sono spesso sola, non ho molti amici, quindi vorrei che lui per me fosse un amico o molto di più.
Non so nuotare, quindi spero che apprezzi la montagna 🗻 e le colline, cottage e agriturismi, cose così.
Mi vedo bene in vacanza anche ad esplorare città d'arte, in Italia o all'estero.
Vorrei che fosse una persona aperta al dialogo con le persone e che modo educato esprima il suo pensiero, come io faccio abitualmente.
Vorrei che rispettasse sempre il prossimo, sia per quanto riguarda il pensiero altrui, e tutti i loro credo, qualunque essi siano .Mi piacerebbe che parlasse più lingue straniere, come lo faccio io avendo questa passione da tutta la vita, e che magari lui abbia piacere di insegnarmene qualcuna se ne conoscerà.
Da sempre, sono stata rapita da occhi color mare e color smeraldo.
Chi sono io?
Beh qualcosa ti ho già raccontato di me, Anima ancora sconosciuta.
Sono una ragazza semplice, con l'animo da bambina. Sognatrice, forse anche troppo, con la vena d'artista, a volte.
Spesso scrivo volentieri un mio pensiero su carta, anche se non ho mai avuto un vero e proprio diario.
Qualche volta mi trovi chinata su di un foglio, mentre disegno e coloro.
Altre volte mi trovi a giocare ai videogiochi, ed altre ancora, a guardare film e serie TV in lingua originale e partite di calcio, senza togliere tempo alla lettura, una delle mie più grandi passioni, trasmessa da mia mamma.
Spero che con la tua presenza costante nella mia vita, tornerò a scrivere d'amore, quell'amore che parlerà di noi.
Scriverò per te lettere (perché si, scrivere è sempre stata una passione che da un po' di tempo che si è spenta) che potrai leggere ogni volta che vorrai, ricordandoti di me, anche quando saremmo lontani, se vorrai.Scriverò per te poesie, descrivendo il nostro amore che muterà piano piano nel tempo.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Per conquistarmi penso che non ci voglia molto: non sono una ragazza che indossa borse all'ultima moda, né ha un cellulare ultimo modello anche perché non sono malata di fotografie e non avendo altri social, non mi serve un cellulare troppo performante.
Come una bambina amo ancora i peluche (quindi questo sarebbe un ottimo regalo), ovviamente accompagnato da una lettera scritta a mano, sarebbe un sogno realizzato, ma non voglio chiedere la luna.
So per certo che, per amor mio, dovrai fare tanti cambiamenti nella tua vita, nel tuo quotidiano, e ovviamente io non obbligo nessuno ad amarmi, ma spero che un giorno, proprio come nelle favole, potrai essere il principe azzurro sto cercando e sognando da sempre.
Tiro un po' di più il mio capo del filo, se ti va, fallo anche tu, per incontrarci prima.
A presto amore mio, resto qui ad aspettarti.
@promettimicherestiqui
@un-mei-no-akai-ito //(Lun 12.08.24 h 21:53) @un-mei-no-akai-ito
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BELLISSIMA ❤️
Un papà non è quello che ti dà la vita.
Ma è quello che c’è.
Quando non riesci a fare la pipì.
Quando ti svegli la notte perché hai la febbre.
Quando fai i capricci ed lui ti dice di no.
Quando vuoi giocare e, anche se è distrutto, ti dice di sì.
Quando scoppi a ridere senza motivo e lui muore dalle risate più di te.
Quando la strada si fa lunga e in salita e ti prende sulle spalle.
Quando gli racconti il gioco che hai inventato a scuola con il tuo amico, e ti guarda con gli occhi pieni di stupore.
Quando lo aspetti la sera, perché dovevate fare un disegno insieme, ma lui esce dal lavoro tardissimo e quando arriva ti guarda mentre dormi, e rimane fermo così, perché sei la cosa più bella dell’universo.
Quando andate in vacanza, e al ritorno ti addormenti in macchina e lui all’una di notte ti porta su per le scale in braccio, facendo piano, fino a metterti nel letto, fino a rimboccarti le coperte, fino a baciarti sulla fronte senza sfiorarti, perché non ti vuole svegliare.
Quando gli dirai per la prima volta che non vuoi più giocare con lui, e ti sorriderà lo stesso.
Quando tornerai a casa tardi, senza avvertirlo, e lui rimarrà in piedi ad aspettarti ogni volta.
Quando prenderai il volo e fuggirai lontano, e lui aspetterà con ansia una tua telefonata.
Perché un papà non è quello che ti dà la vita, ma è quello che c’è anche quando non c’è, perché le sue carezze te le ha lasciate sul volto come una seconda pelle, un sottile velo invisibile con cui potrai affrontare qualsiasi tempesta.
(web)
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Nella hit parade degli avvelenatori della scuola pubblica ha troneggiato la cosiddetta “buona scuola” di Renzi, all’epoca segretario nazionale del PD, madre di tutte le miscele più corrosive: la managerializzazione dei presidi, gettati sul mercato alla ricerca di sponsor privati, utenti e docenti da scegliersi in autonomia negli albi territoriali, in ufficiale deroga ai finanziamenti statali, alle graduatorie pubbliche, a paradigmi di trasparenza e di controllo; lo school bonus e le detrazioni per la famiglie che avessero optato per le paritarie; la premiazione con un bonus di qualche centinaio di euro dei docenti ritenuti da un dirigente scolastico migliori. Insomma la logica degli incentivi, discrezionali, una tantum, ha preso il posto di diritti uguali per tutti. Faceva capolino la divisione dei lavoratori della scuola, all’uguaglianza nella legge e davanti alla legge subentrava l’arbitrio, alla cogestione la competizione. Soprattutto la “pessima scuola” di Renzi introduceva la cosiddetta alternanza scuola-lavoro, vale a dire l’effettuazione di 400 ore di tirocinio negli istituti tecnico-professionali e di 200 ore nei licei, cioè lavoro giovanile gratuito, pur sotto la veste dell’esperienza professionalizzante. Oggi queste ore sottratte alla conoscenza si chiamano con terminologia altisonante PCTO, “percorsi per il conseguimento di competenze trasversali e per lo sviluppo della capacità di orientarsi nella vita personale e nella realtà sociale e culturale”: restano obbligatori, sono condizione per l’ammissione agli esami di Stato, “non possono essere considerati come un’esperienza occasionale di applicazione in contesti esterni dei saperi scolastici, ma costituiscono un aspetto fondamentale del piano di studio”(legge n. 145/2018). Attraverso l’accoglimento della Raccomandazione del Consiglio del Parlamento Europeo (22 maggio 2018), che invitava a riprogettare la didattica a partire dalle competenze trasversali, funzionali a definire un progetto concordato per la soluzione di un problema, coi PCTO viene perseguito l’obiettivo di sviluppare le attività imprenditoriali“così come effettivamente presenti nella realtà, naturalmente con l’apporto fondamentale del territorio (aziende, enti culturali, professioni etc.)”. In questo contesto il disegno di legge Valditara sguazza a suo agio nella melma dei picconatori del sistema formativo pubblico. Aumenta le ore di PCTO, l’apprendistato è anticipato a 15 anni, affida la definizione dei contratti di prestazione d’opera dei giovani studenti ad accordi di partenariato con i soggetti del sistema delle imprese e delle professioni; inserisce i privati (sempre le imprese) nella programmazione dell’offerta formativa, nelle attività di insegnamento e formazione, nonché di “addestramento”in attività laboratoriali; regionalizza il sistema formativo, in ossequio all’autonomia differenziata; riduce di un anno la formazione scolastica; acuisce la natura classista della scuola, che prevede percorsi troppo differenziati per chi proviene da classi povere rispetto a quelli destinati ai ceti più abbienti.
La scuola al servizio dell’impresa
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Ennesima polemica politica sul presepe nelle scuole. Il problema non e' la dx al governo che propone un disegno di legge per dare la possibilita' a chi voglia fare il presepe a scuola, di farlo. Il problema e' la sx che ogni volta che e' stata al governo non ha mai fatto niente per togliere ogni simbolo religioso da scuole ed edifici pubblici, visto che siamo uno Stato laico.
@ilpianistasultetto
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Milano, 1913: Nasce Piero Fornasetti, un genio poliedrico che sconvolgerà il panorama del design del XX secolo. Pittore, scultore, designer, scenografo... non c'è campo che il suo estro non abbia toccato.
Primogenito di una famiglia benestante, era predestinato a seguire le orme del padre nell'import-export. Ma il suo animo ribelle anelava a ben altro: il disegno. Espulso dall'Accademia di Belle Arti di Brera per insubordinazione, Fornasetti si forma alla Scuola Superiore d'Arti Applicate.
Il successo arriva nel 1933 con i suoi foulard di seta stampata alle
Triennali di Milano. Incontra il maestro Gio Ponti, con cui collabora a stretto contatto, pubblicando le sue opere su riviste come Domus e Stile. Un sodalizio che darà vita a opere memorabili.
Le sue opere diventano inconfondibili: rigore, fantasia e ironia si fondono in oggetti, mobili, scenografie e costumi. Ma se c'è un elemento che urla "Fornasetti" a gran voce, sono i suoi volti.
Nel 1952, sfogliando una rivista, Fornasetti resta folgorato dal viso di Lina Cavalieri, cantante d'opera dalla bellezza abbagliante. In lei trova la musa ispiratrice: il volto ideale a cui dare forma alla sua arte.
Nasce così la leggenda: la serie dei volti di Fornasetti. Infinite variazioni su Lina Cavalieri, una bellezza classica che diventa protagonista di piatti, mobili, lampade e qualsiasi oggetto Fornasetti possa immaginare.
Fornasetti muore nel 1988 lasciando un’eredità senza tempo, un pioniere visionario che ha tracciato un solco inconfondibile nel panorama dell'arte e del design.
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Sabbia sulle cosce
Sabbia sulle cosce. Gratta, gratta, a volte fa male, ma è così piacevole! L'ho sempre adorata. Stare lì, così, accovacciata nella buca sabbiosa che ho ricavato tra una sdraio e l'altra, mi fa sentire un animale. Una creatura del mare, tipo una foca, o un granchio. Una primitiva. E, oh mamma, quanto mi piacerebbe esserlo davvero. Un ammasso di cellule, ciccia, ossa e muscoli con nessun altro scopo se non quello di vivere.
E giocare, ovviamente. Selvaggia, rumorosa, sufficiente a me stessa. Invece ho dieci anni e quando questa estate cederà il posto all'autunno inizierò la scuola media. Ne ho una gran voglia, a dire il vero! È roba da grandi, un salto verso il domani, un'idea bellissima e nuovissima. Qualcosa che fa un po' paura, sì, ma che mette a disagio solo perché ancora non la conosco. Ne sono certa. Come quella sera di qualche mese fa, quando i miei stavano guardando "The Village" e io sarei già dovuta essere addormentata, al sicuro nella mia cameretta. Solo che non lo ero. Avvolta nel pigiamino blu, ero scivolata silenziosa come un furetto dal mio letto al corridoio; da lì, avevo provato a fare capolino dalla mezza parete che si affaccia sulla sala. Era tutto buio, ma le facce di mamma e papà erano illuminate dalla luce rossastra del film.
Mi ero messa sulla punta dei piedi per vedere lo schermo anch'io. Ed eccolo lì, il mostro di "The Village"! Era sbucato all'improvviso proprio mentre mi stavo sporgendo per curiosare. Ero tornata nel lettino con la coda tra le gambe, spaventatissima. Ma in realtà non avevo visto chissà cosa, giusto uno scorcio. Un microsecondo di quel mostro prima di scappare via. Mi aveva spaventata, molto, e mi era rimasto in testa per tutta la settimana, con quel suo mantello rosso, gli artigli e le zanne.
L'avevo anche disegnato, a un certo punto, da tanto era forte il bisogno di buttarlo fuori dalla mia mente! Mamma aveva visto il disegno e se n'era accorta. Mi aveva chiesto se per caso volessi parlarne e rivedere quella scena insieme a lei e papà, per far andare via la paura. Avevo detto sì e così avevamo fatto. Wow, a vederlo bene quel mostro non faceva per nulla spavento. Anzi, mi era sembrato quasi carino. Avevo sempre avuto un debole per le creature bizzarre. Sicuramente poteva venirne fuori un bel costume di carnevale per l'anno successivo.
Ecco, sono sicura che andare alla scuola media sarà proprio così. Mi sento nervosa e preoccupata, ma solo perché devo abituarmi e guardare tutto da vicino per la prima volta. Sarà fantastico; una cosa da grandi.
Sabbia sulle cosce. Mi metto a sedere e continuo a scavare, a giocare con la poltiglia sabbiosa che mi si forma nelle mani che ho appena immerso nel secchiello. Stravaccato sulla sdraio più vicina, c'è il nonno. Legge il giornale, borbotta qualcosa che non sento — c'�� talmente tanto rumore lì, tra coccobello e la musica sparata a tutto volume dalle casse dei bagni 52. Sull'altra sdraio, la nonna. Si abbronza, i grandi occhiali da sole leopardati le coprono quasi tutta la faccia.
Sono loro i miei compagni di vacanza a Riccione. Mamma e papà sono ancora a casa, ci raggiungeranno più avanti. Mi mancano un po', ma diventare grandi è anche questo, no? Cavarsela da soli. Come una primitiva. Come una foca, o un granchio.
E, in fondo, non è per nulla male. Anche se…
Gratta, la sabbia gratta. Ora un po' più di prima, la sento sfregare sulla pelle delicata dietro le ginocchia: mi dà fastidio. La mia schiena è sudata. Da quanto tempo sono lì tutte quelle goccioline di sudore? Boh. Ma quanto rumore!
Pusch mi, en den giast tuch me, til ai chen ghet mai, satisfachton, satisfachton…
Quella canzone tutta agitata e dal suono che mi ricorda un po' le caramelle acide mi piace anche, parecchio, ma è tipo la quinta volta che oggi la mettono su e adesso inizia a trapanarmi le orecchie come non aveva mai fatto prima, mi entra giù nel collo e mi fa tremare le spalle. È troppo.
Quella sensazione pulsante corre da lì fino alla pancia e poi un po' più in basso, verso un punto a cui non penso quasi mai, se non per gioco o quando guardo i documentari sugli animali e a un certo punto il narratore spiega come avvengono gli accoppiamenti e le nascite dei cuccioli. Una piccola fitta proprio al centro, poi quel dolore sconosciuto si sdoppia e si sposta verso i fianchi. Ma come è possibile? Non mi era mai successo prima che il mio corpo avesse male in più punti contemporaneamente, non in quel modo.
Oh. Forse ho capito.
"Nonna?"
"Che c'è, Martinina?"
"Devo andare in bagno, posso? Mi scappa la pipì."
"Vai, vai."
Ma non è vero che mi scappa la pipì. Le toilette sono all'ingresso della spiaggia, proprio vicino agli spogliatoi e alle cabine dove William il bagnino mette tutti gli oggetti smarriti che ritrova sulla spiaggia dopo l'orario di chiusura. Entro in quella libera: dentro c'è odore di caldo, sabbia bagnata, sudore e acqua sporca. Non è certo gradevole, ma non direi che sia una puzza brutta; fa anche quella parte dell'estate e di Riccione. Mi abbasso la parte sotto del costume e mi siedo sul gabinetto. È tutto così buio, ma un po' di sole filtra in linee sottili dai tagli verticali della porta verniciata di bianco: guardo l'interno del costume.
Sangue. Sangue? Una macchiolina tutta rosa, pallida, sembra quasi un gioco di luce. Ma non è un gioco, è sangue vero. E il rosso sulla carta igienica che uso subito dopo me lo conferma.
Le mie cose. Urrà! Viva! Wow! Sono felicissima! Che emozione! Sono appena diventata una signorina. Mamma me ne aveva parlato. E anche nonna, anche se in un modo un po' da persona vecchia. Non sono impreparata, ho più o meno capito di che cosa si tratta e che cosa significa quando arrivano. Sapevo che le avrei avute anche io, prima o poi, ma mi sembrava una cosa fin troppo da ragazza grande: un'idea lontana, distante dalla mia vita di bambina che ancora gioca con il secchiello e fa le vocine per dare vita ai suoi pupazzi a forma di cavalli e draghi. E, invece, eccole lì, nelle mie mutandine. Sono una piccola donna.
Plic, plic. Un'altra scossa tiepida mi strizza la pancia e altro sangue scivola via da me, cadendo nell'acqua del water. Oh, ma allora è proprio una roba seria, qui c'è da dirlo a qualcuno. Mi pulisco come posso, tiro su il costume e torno dai miei nonni; felice, orgogliosa, con il cuore che mi batte a mille.
Ci affrettiamo a tornare in hotel, manco stessimo scappando dall'arrivo di un tornado. Nonno viene spedito prontamente a comprare degli assorbenti in farmacia — tornerà più tardi con quattro confezioni di marche diverse, due da me inutilizzabili, una troppo ingombrante, l'altra più o meno adatta; e anche dei cioccolatini.
Nonna si occupa di me. Mi dà un ricambio, mi spiega come lavarmi, mi chiede se sto bene. E io sto bene, eccome. Questa è una giornatona, è appena successa una cosa talmente importante che non riesco ancora a crederci. Chiedo a nonna di poter usare il cellulare per chiamare la mamma e dirglielo. Però, quando la voce di mamma tocca le mie orecchie e sento la curiosità elettrica di mia nonna agitarsi sopra la mia testa, in attesa che io mi sbrighi a dare la notizia, la mia euforia viene meno.
C'è qualcosa che non va. Qualcosa che non quadra. Io voglio dirlo alla mamma, ma le mie guance diventano tutte rosse e calde. Sento una sensazione spiacevole pizzicarmi la nuca, gli occhi e la gola. Non mi è estranea, l'ho già provata prima, quando le maestre mi rimproverano per qualcosa davanti a tutti o gli zii chiedono che io reciti la poesia di Natale davanti a tutti subito dopo aver mangiato gli struffoli e prima di scartare i regali. Imbarazzo. Vergogna. Che strano, non mi ero mai imbarazzata per qualcosa che riguardasse il mio corpo. Mai. E poi, perché nonna continua a darmi dei colpetti di gomito, esigendo che io dica quello che è successo? Che fastidio! E se non volessi dirlo? E se volessi che sia una cosa solo mia? Perché non può essere solo mia? Cos'è, se una cosa esce da te allora diventa di tutti?
Beh, comunque glielo dico, ovvio.
"Oggi ho ripassato le tabelline. Ho fatto un po' di matematica con nonna. Ah, e… e… emisonovenutelemiecose, ciao!"
"COSA?!"
È divertente, in fin dei conti. Sento mia madre inchiodare con la macchina — sta tornando a casa — e balbettare qualcosa, tutta agitata ed emozionata. Seguono un po' di coccole fatte a voce, parole di conforto, congratulazioni, domande e qualche lacrima. Mamma è buona, non vuole sottrarmi quel momento importante che, a voler ben vedere, appartiene solo a me. Ma certe cose deve dirmele, è così che funziona il mondo. Deve dirmi che sono diventata signorina. Deve dirmi che ora ogni mese sarà così. Deve dirmi che è tanto, tanto felice per me. Deve dirmi che sono entrata nel club delle ragazze grandi. Deve, e lo fa con dolcezza.
Ed è bello sentirsi così speciali, grazie a quelle parole. Ma l'imbarazzo non se ne va.
Quel pomeriggio non andiamo al mare. Nonno se ne sta nella hall, a leggere il giornale e chiacchierare. Nonna e io ce ne stiamo in piscina. O meglio, siamo sedute a un tavolino vicino alla piscina. Lei beve un caffè, io un succo alla mela. La pancia mi fa un po' male, ma non è per nulla insopportabile. Anzi, mi fa quasi piacere sentire un dolore nuovo: quei pizzicotti che arrivano dall'interno mi ricordano che tutto sta funzionando proprio come dovrebbe e mi incuriosisce scoprire tutte queste sensazioni che il mio corpo di signorina può provare.
"Martinina," fa mia nonna, "ora sei una donnina, lo sai, sì?"
"Certo!"
"Ora sei diversa. E stai attenta, perché anche gli uomini sanno che sei diversa."
"Eh?"
"Ora puoi avere figli. E gli uomini ti vedono."
Ma in che senso? La guardo aggrottando le sopracciglia, con i baffetti sporchi di succo. Lei si sporge per pulirmi con un tovagliolo e fa un gesto generico verso gli altri tavolini vicini al nostro.
"Mah, tipo quello, quello ti guarda."
Quello è un uomo, in effetti. Un signore che non ho la minima idea di quanti anni abbia, potrebbe averne trenta come anche sessanta, per me sono tutti uguali, con quei pantaloncini del costume sempre blu o grigi, i nasi un po' scottati e le gambe pelose. L'ho già visto prima, è un ospite dell'hotel e gli piace stare in piscina. Mi sta guardando, è vero. E non è la prima volta, ora che ci penso. Mi ha guardata anche ieri, e l'altroieri. Mi guarda quando aspetto che le crepes siano pronte a colazione. Mi guarda quando rido alle battute degli animatori la sera. Mi guarda quando gioco nell'acqua della piscina. Ma, ehi, che problema c'è? Anche io guardo le cose attorno a me.
Ma adesso è diverso. Mi guarda. E io lo guardo. Lo guardo e vedo il nemico. Vedo il pericolo. Ed è un nemico diverso da quelli che nascono durante i giochi di fantasia che faccio ancora con i miei amici al parco o nel cortile della scuola. Quelli sono finti, iniziano e finiscono quando voglio. Dietro di essi ci siamo solo noi, i bambini, e noi ci conosciamo, ci fidiamo della bontà dei nostri compagni. Io mi fido di loro. I "facciamo finta che" funzionano, in fondo, perché so che Matteo, Samira o Anna non vogliono farmi male per davvero. Farsi male non è divertente e mette nei guai. È un gioco, solo un gioco. Mi fido di te, tu ti fidi di me, e i nemici sono solo una maschera spaventosa da mettere e togliere tra mille risate.
Ma quello è un nemico diverso. È un nemico vero. Non finisce e non inizia. Non finge. Non gioca. Non ha maschere. È, semplicemente è, un pericolo. Lo sento.
È stato risvegliato dal mio sangue, come una bestia magica? L'ho creato io, quel pericolo, con la macchiolina rosa nel mio costume, o è sempre esistito? Se fossi ancora senza macchia e senza sangue, sarebbe diverso? Non lo so, io davvero non lo so.
"Non dare confidenza, sai, agli uomini che non conosci. Non puoi, ora."
"Ok."
Di nuovo, imbarazzo. Vergogna. Torno a dare attenzione al mio succo alla mela. Sento una gocciolina umida scivolare sull'assorbente. Più quel sangue esce, più ho la sensazione che un velo si stia alzando. Mi sembra di vedere le cose in modo diverso, un po' come quando mi diverto a mettere e togliere e mettere e togliere gli occhiali da sole leopardati di nonna: quelli hanno le lenti rosate e il mondo sembra fatto di zucchero filato e sciroppo quando li indosso. Poi quando li tolgo tutto torna normale, tendente al grigio. Ecco, è così: è come se avessi cambiato le lenti. Ora tutto sembra più vero, concreto, reale, presente. Io sono presente, lui è presente. Il mio corpo è reale, il suo sguardo è reale.
"Nonna, sai che non ho ricoperto la buca con la sabbia? L'abbiamo lasciata tutta aperta."
"Vabbè, Martinina, ci pensa William."
"Magari domani la trovo ancora lì, per giocare."
"Certo."
E spero davvero sia così. Spero che la buca sarà ancora lì. Così potrò accovacciarmi, come una creatura del mare, tipo una foca, o un granchio. Una primitiva. Oh mamma, quanto mi piacerebbe esserlo davvero. Un ammasso di cellule, ciccia, ossa e muscoli con nessun altro scopo se non quello di vivere. Sufficiente a me stessa
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Conosci la folle storia della famiglia Bodnariu? Tutti i figli di Ruth e Marius Bodnariu sono stati separati dai genitori, dagli amici e dalla scuola e mandati in 3 case diverse dallo stato norvegese, perché? Marius e Ruth hanno cresciuto i loro figli in un ambiente amorevole, attivo e attraente. Hanno coinvolto i loro figli in una vasta gamma di attività tra cui la pesca, la cura degli animali, la falegnameria, il disegno, la pittura e la musica.
I Bodnarius erano una famiglia molto unita. I genitori di Ruth vivevano in una casa vicina e rappresentavano una parte importante nella vita dei bambini. Tutti quelli intervistati dai funzionari dell’assistenza all’infanzia e dalla polizia, compresi colleghi, vicini e familiari allargati, non hanno avuto altro che elogi per la famiglia. Delle 122 visite mediche a cui i bambini sono stati sottoposti dalla nascita fino alla presa in custodia, non c'è stata una sola conclusione che i bambini fossero altro che profondamente amati e curati.
Le accuse che hanno causato il dramma sono state mosse dal direttore della scuola dove frequentavano i loro figli, affermando che i Bodnariu erano “molto cristiani e la loro fede in Dio crea una disabilità tra i bambini”. Inoltre, sosteneva che i genitori avessero bisogno di “guida” per educare i propri figli.
Gli agenti governativi per la protezione dei giovani hanno portato via i ragazzi più grandi e poi le figlie più giovani. Il giorno successivo, il bambino di 3 mesi è stato portato via. I servizi di protezione hanno detto ai genitori che i loro figli erano affidati alla custodia di due famiglie adottive separate e si stavano “integrando bene”.
La storia di Bodnariu ha causato una diffusa indignazione a livello internazionale. I suoi vicini hanno lanciato una petizione di sostegno che ha raccolto più di 30.000 firme. A causa della pressione internazionale e dell'azione dei suoi avvocati, il governo norvegese ha permesso ai bambini di tornare a casa dai genitori, dopo essere stati separati per più di 7 mesi. Il sostegno internazionale alla famiglia è stato così forte che i governi di Slovacchia, Romania e Repubblica Ceca sono intervenuti nel caso a nome della famiglia.
Pensi che sarebbe stato lo stesso se al posto dei cristiani ci fossero stati i musulmani, la comunità che cresce di più in Norvegia, dove proliferano i ghetti e l'estremismo o il progressismo è forte solo contro i cristiani autoctoni? Credi che in Italia non accada questo ogni giorno? Comunismo e islam sono una miscela criminale ovunque...ma senza finanziamenti implodono...
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Days 91-94
Totale caffè bevuti: due ogni giorno.
Sono quasi alla soglia dei cento giorni di questo piccolo esperimento di trascrizione dei cibi ingeriti e limitazione del caffè bevuto; un piccolo esperimento divenuto una routine autoimposta e solo nelle ultime settimane leggermente trascurata.
Quali sono le conseguenze dell'inserimento forzato di un ingranaggio del genere (scrivi ogni giorno! fai i pesi ogni giorno! disegna ogni giorno! non bere più di due caffè al giorno! sforzati di mangiare più vegetali) all'interno di una vita vissuta, più o meno, alla giornata?
Analizziamoli.
Benefici dell'aver ridotto i caffè a due: inesistenti, se il termine di paragone è tre. Qualità del sonno e dominio del sistema nervoso sicuramente migliorati rispetto a quattro caffè al giorno e notevolmente migliorati rispetto al caffè dopo cena, che ho abolito. Ma a parte questo? Nient'altro. Penso chiaramente che potrei tornare a tre caffè senza grosse conseguenze.
Benefici del diario alimentare: almeno so cosa sto mangiando e riesco a rendermi conto meglio di quanto la mia dieta possa essere pesantemente sbilanciata verso i carboidrati e le proteine.
Benefici dei pesi fatti ogni giorno: boh. Troppo presto per dirlo. Arrivo a 100 sollevamenti dei bicipiti con pesi piccoli e leggeri, che rispetto a zero è comunque meglio.
Benefici dell'imposizione del disegno giornaliero: mh. Mi sono divertito, l'inktober è stato più semplice degli altri anni (anche se è stato un bel mal di testa farlo quadrare ogni giorno) ma ora sono in down, come sempre accade a novembre, e aspetto lo stimolo giusto per disegnare ancora.
Intanto, nella mia routine settimanale è entrata musica d'insieme e, dalla settimana scorsa e senza cadenza fissa, una cover band (esterna alla scuola) fatta con delle persone davvero carine.
Che altro? Stasera ho fatto una torta. Ho lavorato da casa quest'oggi. Ho ospite il suocero in questi giorni. Cucinerò, e spero di riposare un po'. Ho un'incredibile voglia di contatto fisico, una roba più da primavera che da inverno: forse, le mie stagioni si sono sfasate. Forse è solo la solita voglia di sentirmi delle mani addosso, e di tutto il resto. Ché capita, eh, sporadicamente; ma non abbastanza. E non abbastanza a lungo.
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Infondo è così che sono cresciuta, senza amore, senza affetto, senza carezze, senza una famiglia che pensasse e a come stavo veramente, con la paura addosso, senza chiedermi mai cosa c’è che non va, sentivo solo le maestre ripetere ai miei: signora sua figlia non parla, non interagisce con gli altri, non si alza mai dal banco, non mangia fuori con gli altri, tutte le volte.. ma mai nessuno si è mai chiesto il perché io fossi così. Adesso mi porto addosso ancora tutti i traumi addosso delle volte che la gente è stata cattiva con me, traumi che non risolverò mai, traumi che ancora oggi mi si ritorcono contro, a lavoro, nelle relazioni, nelle amicizie, mi sento costantemente giudicata, sbagliata, guardata dall’alto al basso, odio il mio carattere timido,introverso, il mio carattere buono, che mi ha portato solo traumi su traumi, sentirsi ogni giorno dire non sarai mai nulla, non farai mai nulla nella vita, mi ricordo ancora la mia compagna di classe un giorno che mi disse :sei brava nel disegno perché non vai a fare l’artistico? la scuola dei falliti, la scuola dei drogati, io gli risposi col sorriso solo quello sapevo fare, fingere che andava bene così.. la gente non ha fatto altro che farmi sentire una fallita, e il mio carattere mi ha portata a dire forse un fondo di verità c’è se dicono così.. non andrò mai da nessuna parte. Odio tutto questo, odio me stessa, odio la gente, odio non riuscire a fare nulla, odio sentirmi sbagliata. In questo mondo se non calpesti gli altri non sarai mai nessuno, in questo mondo se non sei cattivo non arriverai mai da nessuna parte, in questo merda di mondo devi seguire la massa solo così potrai sopravvivere. Ma per chi è debole non c’è via di fuga.
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In fin dei conti non posso dire con esattezza chi sono e cosa desidero, se la mia persona è un individuo o un agglomerato di paure e traumi altrui. Non ho mai avuto una parola di incoraggiamento a svilupparmi in qualcosa di mio, dunque ho sempre cercato di imitare gli altri e di farli contenti ché magari così sarebbe bastato a farmi volere bene. Ricordo che ero brava in disegno, a scuola, solo perché copiavo le opere degli altri; un'altra scena, questa volta delle elementari: presi ottimo e lode solo per aver tagliato ed incollato delle figure di scoiattolo, evidentemente era tutto preciso e ben fatto pure se anche allora mi chiesi il perché di quel voto dato che il lavoro non era poi così preciso. Ecco, forse adesso capisco perché è significativo questo ricordo – uno dei poi che ho delle elementari –, perché forse è da lì che stavo sviluppando la mia nevrosi: tutto era perfetto e pulito e ordinato, io ero quella brava che faceva le cose come dovevano essere fatte. Tuttavia non sono mai stata eccellente in nulla e paradossalmente ho sempre scoraggiato, con atti di profonda timidezza (come la chiamavano) insicurezza ed evitanza, quei pochi che cercavano di incoraggiarmi: alla fine avevo introiettato ciò che nel mio ambiente era la regola base, e cioè che ero un essere buono a nulla e che non avevo futuro tanto meno speranza, la mia esistenza era inutile così come tutto quello che facevo dunque ogni tentativo di cambiamento, ogni slancio emotivo che vedeva un minimo di interesse per qualcosa era bloccato sul nascere. Adesso non mi aspetto nulla da me stessa se non riuscire a campare decentemente: un tetto sopra la testa, un piatto caldo davanti, riuscire a pagare quel che devo pagare senza dovermi svenare. Parlarmi di desiderio è totalmente inutile, parlarmi di progetti futuri e obiettivi è semplicemente ridicolo. Gli unici desideri, forse, sono solo le mie più grandi paure: morire sofferente, sola, povera e pazza.
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