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CALL per un laboratorio di giornalismo musicale gratuito
Eccoci alla seconda edizione del laboratorio di giornalismo musicale gratuito di Ubu Dance Party! Come al solito il laboratorio sarà a aperto a tutti, 4 incontri, 9 recensioni e 3 interviste, e no: non è incluso il buffet.
Questo blog tramite il canale YouTube Ubu Dance Party apre una chiamata pubblica per un laboratorio gratuito d’introduzione alla critica e al giornalismo musicale. L’invito è rivolto a giovani appassionati di musica, musicisti, amanti di concerti e ascoltatori entusiasti a cimentarsi con la scrittura, sperimentando la narrazione transmediale e le potenzialità dei social media. Il laboratorio,…
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C’era un banco pieno di vestiti, gestito da due o tre ragazze, una delle quali, di quell’età indefinibile che va dai venticinque a quando una persona può oggettivamente essere chiamata ‘giovane’ stava cercando di convincere una vecchietta a comprare qualcosa. Le diceva fossi in lei lo comprerei, o qualche formula analoga, e io l’ho guardata negli occhi, perché, di queste manifestazioni, ormai mi interessano più gli esemplari umani che non la loro dubbia mercanzia. Aveva occhi di un celeste con qualcosa di verde, e capelli castani che davano sull’arancione, più si avvicinavano alle punte, per quanto le mie descrizioni siano mai servite a dare l’idea dell’aspetto di qualcuno. In quell’istante mi ha guardato anche lei, e non dimenticherò a breve quello sguardo, perché era talmente bella. In quell’istante avrei voluto conoscerla, e credere tanto all’illusione che fosse fatta per me, e mi avrebbe risarcito senza saperlo di tutte le persone brutte e sbagliare conosciute lungo la strada, un inviato karmico per convincermi che l’universo aveva tanto altro da offrire. In un altro mondo avrei fatto di tutto per farle sapere cosa mi aveva fatto, in quel solo istante, con quel solo sguardo, in cui chissà quanti altri naviganti si saranno persi. Venire là anche solo per quel colore ne è valso pienamente la pena.
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nel freddo impetuoso
mi dimentico i tuoi occhi
che non ho nemmeno mai visto
che non ho mai davvero toccato
le tue ciglia sulla mia guancia
sarebbero potute cadere come cado io
in queste parole ghiacciate
lontane dal lamento
e dal ricordo
#scritttura
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“Per me, che si parli di psicologo o di schizofrenico, di maniaco o di psichiatra è la medesima cosa: sono tanti i ruoli, all'interno di un manicomio, che non si sa più chi è il sano o il malato.”
FRANCO BASAGLIA
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Amo scatttare foto, spesso la gente non capisce quanto siano importanti per me. Amo l'idea che c'è dietro, amo congelare momenti. Perchè ? Beh perchè io cambio, le persone cambiano, tutto cambia ,la vita cambia . Ed è questo che piú mi terroriza, ed è per questo che amo le foto, perchè non cambiano. - marika massenzio
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M., mi si dice, ha avuto una figlia. Che orrore, che vertigine, perché chiudo gli occhi e sono in camera sua, c’è lui con questo caschetto di capelli lisci e neri, e due incisivi che gli sono valsi tante di quelle prese per il culo e soprannomi mormorati alle spalle. Eppure eravamo davvero amici, quando ancora le amicizie contavano qualcosa e sembravano sacre. Il primo amico che abbia mai avuto. E ora la prima persona che conosco che abbia messo al mondo un altro essere umano; detto così sembra qualcosa di talmente rivoluzionario. Un passo così grande, che visto da fuori è talmente spaventoso. Ieri giocavamo sul pavimento di camera sua, e oggi, in seguito a passaggi che preferisco non immaginare nel dettaglio, si trova responsabile di una nuova creatura. Non so, ma mi sembra che certe persone vadano così in fretta. Che vivere venga loro naturale. Trovarsi un lavoro, un nuovo alloggio, un compagno, fare figli. Cose del genere. Le invidio, loro che ci riescono, mentre io rimango coi miei dubbi esistenziali, che a voler essere sinceri non sono poi molto diversi da quelli con cui riempivo i miei diari a sedici anni. La mia curva di apprendimento è piatta, il tempo passa e non imparo quasi nulla. Il mondo intorno, fatto delle persone che conosco, con le quali sono cresciuto, sembra andare così veloce, non lo capisco. Vorrei dire a tutti loro Fermatevi, gente, c’è tempo; ma la verità, e questo l’ho imparato perfino io, è che di tempo non ce n’è mai stato.
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In questi giorni mi piace dormire con la finestra aperta, le serrande non del tutto abbassate, perché adoro aprire gli occhi la mattina e vedere già luce nella stanza.
In realtà questa sistemazione fa sì che mi svegli più spesso del solito, nelle ore più strane. Le due e dieci. Le tre e quaranta. Le quattro e ventinove. Ogni volta dubito di riuscire a riprendere sonno, tentato di esplorare i territori inesplorati dei programmi televisivi in onda a queste ore strane. Eppure ogni volta richiudo gli occhi e torno a sognare.
Però ne vale la pena. Adoro sentire il debole filo d’aria notturna che viene da fuori, con l’orecchio teso a cosa succede oltre la mia camera. I rumori più normali che nella notte risuonano più forti e più cupi. Una macchina che passa alla quattro per la strada sotto casa mia. Un allarme che viene da chissà dove e tu lo senti strano, mezzo nel sogno e mezzo fuori. Un cane del cazzo che alle sei di mattina si mette ad abbaiare senza motivo.
E sopra di tutti, il più bello, il rumore della pioggia, come quella dell’ultima notte. Mi sveglio con le gocce che cadono, penso come prima cosa, stranamente, che il meteo non l’aveva previsto. Ma non è un temporale forte, non c’è bisogno di scomodarsi, alzarsi e chiudere di corsa le finestre, e c’è tutto il piacere di ascoltare i suoni bagnati e sapersi al sicuro all’asciutto, col privilegio di potersi addormentare di nuovo.
Anche i sogni, svegliandosi nella stanza illuminata dalla luna che entra da quella fessura lasciata dalla serranda non del tutto abbassata, sono più vivi. Come l’altra notte. Sognavo una ragazza triste coi capelli lunghi e rossi. La abbracciavo, stringendole il viso alla mia spalla, e nient’altro. Ma cosa c’entra questo col resto, direte. Nulla, assolutamente nulla. E lasciate le finestre aperte.
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