#saverio tutino
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"Viaggio in Israele" nell'Archivio Diaristico Nazionale
Dopo alcuni anni di lavorazione, come annunciatomi in una mail del 2021 dalla curatrice Cristina Cangi, il mio diario odeporico “Viaggio in Israele” (rieditato nel 2020) risulta ufficialmente catalogato tra i diari accolti dall’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano (AR) ideato dallo scrittore e giornalista Saverio Tutino. Online è presente solo la scheda relativa al diario donato…
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20 settembre 2009
Claude Monet – Strada di villaggio in Normandia Le parole finali del libro di Saverio Tutino, scritto nel 1995, sono premonitrici della realizzazione di un sogno… […] vorrei realizzare due progetti che andrebbero controcorrente nel fiume della storia di questa fine millennio. Primo: nell’alta valle del Tevere, dove abbiamo la nostra casa, vorrei organizzare un esperimento di convergenza dei…
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I LUOGHI DELL'ANIMA
Vagando con la nostra anima, la strada ci conduce in uno dei borghi più belli e suggestivi d'Italia. Fa parte di quei luoghi sconosciuti ai più, ma proprio perciò, non essendo sotto "le lenti" del turismo di massa, ancora intatti nella loro bellezza, nella loro essenzialità ma soprattutto con una natura ancora "selvaggia" ma ricca di panorami unici: questa è Pieve Santo Stefano, paese per il quale vi rimando qui sotto alle descrizioni tratte dal sito:
La Città del diario
Nell’alta Valle del Tevere, ai confini orientali della provincia di Arezzo, ad un passo dall’Umbria e dalla Romagna c’è Pieve Santo Stefano, la Città del Diario.
Di origini antichissime – vi sono tracce che risalgono al Neolitico e agli insediamenti romani – questo paese è oggi la terra della memoria ritrovata.
Nel Medioevo il territorio di Pieve Santo Stefano fu dominato dai Fiorentini e dai Tarlati. Nel Rinascimento grazie a Lorenzo il Magnifico la città arrivò al suo massimo splendore. Di quest’epoca sono le opere dei Della Robbia – come la bella terracotta invetriata che raffigura Gesù e la samaritana al pozzo, che si può ammirare all’interno del Palazzo comunale – di Piero della Francesca e del Ghirlandaio.
Ma è la storia più recente che segna il paese con due tragici eventi e lo porta a diventare la Città del Diario. Nel 1855 una grande alluvione inondò il paese distruggendo gli archivi e le opere d’arte più preziose della città risalenti al Rinascimento. Nel 1944 le truppe tedesche in ritirata devastarono Pieve Santo Stefano, minando e distruggendo l’intero centro abitato. Un paese mutilato, un enorme cumulo di macerie dove si salvarono solo parte del Palazzo Pretorio e le chiese.
Ma Pieve e la sua gente sono forti e come fenici sono rinati dalle proprie ceneri. Hanno ricostruito velocemente il paese, per poi prendersi cura della propria storia, lavorando per ricucire lo strappo nella propria memoria.
Nel 1984, da un’idea di Saverio Tutino, noto giornalista e scrittore, nasce l’Archivio Diaristico Nazionale, per custodire le storie degli “italiani gente comune”. Le nostre storie nei diari, nelle memorie e negli epistolari finora lasciati chiusi in un cassetto. Negli anni prende vita anche il Piccolo museo del diario,
l’attrazione più importante e intensa del paese che ha vinto il premio come museo più interattivo d’Italia. Il Piccolo museo, interattivo e multimediale, è un museo narrante che dà voce e vita alle storie dell’Archivio dei Diari e del suo Premio Pieve, il festival della memoria autobiografica popolare inedita che ogni terzo fine settimana di settembre torna ad animare il paese con eventi e personaggi della cultura italiana e internazionale.
Da gennaio ad aprile, nel teatro di Pieve, si tiene una stagione di musica classica, lirica, jazz e modern art denominata Pieve Classica che è diventata ormai un punto di riferimento nel panorama musicale italiano.
Nel mese di maggio la Pro Loco di Pieve organizza la Sagra del Prugnolo e le Giornate del Pastore, durante le quali si possono degustare prelibatezze tipiche combinate con il prugnolo, il cosiddetto tartufo dei funghi, come ad esempio il raviolo pievano.
Per gli amanti dello sport, imperdibile il doppio appuntamento con Lo Spino. Il primo, tra la fine di maggio e i primi di giugno, è una gara di campionato italiano di velocità in salita per auto storiche, mentre il secondo, nella quarta settimana di settembre, per moto d’epoca e moderne, è una gara valida per il campionato italiano ed europeo di velocità in salita.
Durante la prima quindicina di agosto, il borgo si trasforma nel villaggio turistico di Pieve Village, con una serie nutrita di eventi che scandiscono le giornate, proprio come in un villaggio vacanze, tra musica, balli, giochi ed esibizioni esilaranti.
Nei giorni 07 e 08 settembre si celebra la Festa della Madonna dei Lumi, la più antica ricorrenza tradizionale di Pieve, nata durante l’epidemia di peste che colpì il paese nel 1631 come voto del paese alla Santa Vergine. Per l’occasione, il borgo si accende di elaborati giochi di luci dall’effetto spettacolare e si disputa il Palio dei Lumi, che si chiude con la sfida del Calcio in costume, una lotta all’ultimo sangue tra i quattro rioni di Pieve che ricorda molto il Calcio Storico fiorentino.
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Caro diario, qualche giorno fa i casi della vita mi hanno portato all’archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano (AR). Te lo racconto. O almeno ti racconto quello che ho capito io.
Nel 1984 Saverio Tutino (giornalista, scrittore, partigiano, di quelle persone che nelle biografie ci stanno strette) si interroga sulla triste parabola di vita dei diari. Uno li scrive, poi schiatta, poi forse vengono ritrovati da qualcuno che li butta. Fine della vita dei diari. Allora pensa che sarebbe carino tenerne un archivio, magari nazionale, dove chiunque può mandare il suo diario o quello di sua nonna e si potrebbero catalogare e valorizzare come testimonianze storico-culturali oltre che personali.
Inizia quindi a sentire da alcuni sindaci se gli danno una stanzetta per quest’arduo compito. Un paio gli rispondono picche, poi va a parlare con l’allora sindaco di Pieve Santo Stefano (AR). Ora, Pieve Santo Stefano (AR) è un posto che è particolarmente sensibile al tema della memoria. Dei paesini che si sono ritrovati lungo la linea gotica durante la seconda guerra mondiale nessuno ne è uscito benissimo, ma Pieve in particolare è stato sistematicamente demolito dai tedeschi mentre se ne andavano. Poi sì, è stato ricostruito, ma nell’idilliaca val tiberina, circondato da altri eremi, borghetti e meraviglie antiche varie, l’effetto è un po’ quello della cucciolata di gattini che sono tutti puccettosi e coccolosi tranne quello che è finito sotto l’apecar del fruttivendolo ed è zoppo e guercio da un occhio.
E da questo sodalizio fra gente che ha a cuore la memoria per scelta o per necessità è nato l’archivio diaristico nazionale. Per invogliare la gente a mandare i propri scritti o quelli dei Cari Estinti™ è stato affiancato dal “premio Pieve” che annualmente premia e pubblica la testimonianza ritenuta migliore fra quelle pervenute in quell’anno.
Il catalogo e parecchi estratti dei diari sono consultabili anche online (http://archiviodiari.org/index.php/diari-online.html) anche se la migliore introduzione all’archivio resta una visita al piccolo museo del diario, aperto nel 2013 che offre tante sorprese in poco spazio (una fra tutte, il diario-lenzuolo di Clelia Marchi fotografato sopra).
Negli anni il “premio Pieve” si è evoluto in una quattro giorni di eventi, discussioni, spettacoli e letture tematiche, e ritrovarmici in mezzo è stata un’esperienza meravigliosamente surreale, fra la passione contagiosa di chi lavora, chi partecipa e di chi è lì ad assistere. Tutti quanti con una preparazione culturale che mi ha un poco intimorito, ogni volta che facevo due chiacchiere con qualcuno avevo quella vaga inquietudine tipica del giorno delle interrogazioni a scuola quando non avevi studiato e temevo mi chiedessero cose tipo la data di nascita di Calvino o di descrivere l’apporto di Terenzio Mamiani al risorgimento italiano.
Alla fine è curioso come un atto sostanzialmente intimista come scrivere un diario finisca per generare tempeste sociali del genere.
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sette luglio
Domenico Morelli, La terrazza
Il mughetto rosa ha un profumo delicato, sulla forca dondoleremo tutti lentamente.
Ehi, ahi, è arrivata la fine, per noi maggio non avrà più il suo profumo!
Latrava per tutta la notte quel cane furioso, per tutta la notte il becchino ha lavorato di pialla.
Ci innaffieranno la tomba di piscio, e sulle viscere nostre getteranno concime di cane a…
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#Daniele Brolli#Domenico Morelli#Félicien Rops#Gaetano Benedetti#Giovanni Arrighi#Joe Zawinul#Lion Feuchtwanger#Luciano Bellosi#Marc Chagall#Miroslav Krleža#Robert Demachy#Saverio Tutino#Sándor Ferenczi#Vincenzo Pardini#Vladimir Majakovskij
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Premio Pieve Saverio Tutino festival dei diari 14-17 settembre 2017, Archivio Diaristico Nazionale, Pieve Santo Stefano (AR)
#premiopieve#pieve santo stefano#arezzo#festival#diari#autobiografie#saverio tutino#premio#2017#archivio diari#archivio diaristico nazionale
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DUCCIO DEMETRIO, biografia professionale e pubblicazioni
DUCCIO DEMETRIO, biografia professionale e pubblicazioni
Fondatore del Gruppo di ricerca in metodologie autobiografiche, della Libera Università dell’Autobiografia, con Saverio Tutino, nonché dell’Accademia del Silenzio insieme a Nicoletta Polla Mattiot – entrambe site ad Anghiari (Arezzo) – è stato a lungo professore ordinario di Filosofia dell’educazione e di Teorie e Pratiche della narrazione presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Si…
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Raffigurazioni di San Giuseppe a Tutino di Tricase
di Fabrizio Cazzato
A TE O BEATO GIUSEPPE
…stretti dalla tribolazione ricorriamo e fiduciosi imploriamo il tuo patrocinio insieme con quello della tua santissima sposa…
Questa ricorrente preghiera è una delle più antiche e più belle dedicate a San Giuseppe che spesso molti di noi hanno recitato in chiesa o ascoltato dalle nostre nonne e riportata su moltissimi libri di preghiera.
Quest’anno la Chiesa, per volere del Santo Padre Francesco, con lettera apostolica Patris Corde, ha voluto dedicare alla sua figura un periodo speciale di indulgenza plenaria fino all’8 dicembre c.a., in concomitanza del 150° anniversario della proclamazione di Patrono Universale della Chiesa avvenuta l’8 dicembre del 1870 dalle mani di Papa Pio IX.
Giuseppe, dall’ebraico Yosèf (che significa “accresciuto da Dio”), era un discendente della stirpe di David; accettò la maternità divina di Maria e rispose alla chiamata del Signore. Di lui abbiamo poche notizie storiche e a tratti lacunose. Sappiamo che svolgeva principalmente il lavoro di falegname nella sua bottega di Nazareth; la sua vita nascosta si svolse all’ombra del figlio Gesù e rivelò spirito di fedeltà, di povertà e di umiltà , ma soprattutto rappresentò il simbolo dell’accettazione della fede. L’evangelista Matteo, rivelando la divinità di Cristo e la missione di Maria, pose l’accento su Giuseppe chiamato ad essere consapevole collaboratore del mistero di Dio che si fece uomo. Fu definito ” Uomo giusto”.
Protegge i falegnami, i lavoratori, i papà e i moribondi. Dichiarato patrono della Chiesa Universale da Pio IX l’8 dicembre 1870, è festeggiato il 19 marzo e il 1° maggio. In suo onore, soprattutto a partire dagli inizi dell’800 sorsero sotto il suo patrocinio chiese, altari, corporazioni, confraternite ed associazioni. La larga diffusione del suo culto permise anche una vastissima produzione di immagini di piccolo e grande formato e quella di manufatti e statue di diversi materiali e grandezza. In particolare quelle in cartapesta leccese destinate alle Chiese, ai pii sodalizi e per l’uso devozionale domestico (santi in campana) e non v’è chiesa al mondo che non abbia un altare, una statua o un’immagine a Lui dedicata.
Nella città di Tricase è ampiamente raffigurato nei luoghi di culto in varie sembianze, così come nella chiesa parrocchiale di Tutino il Santo è venerato presso l’altare a lui dedicato e raffigurato in una statua realizzata negli anni ’30 del secolo scorso dal maestro cartapestaio Antonio Febbraro da Taurisano (1885- 1965) per devozione di Addolorata Alfarano di Tutino.
L’impostazione iconografica ricalca principalmente i lineamenti classici rilevati quasi in tutte le immagini che si conoscono tranne qualche variante. Rappresentato quasi sempre in una posizione statica, insieme al Bambin Gesù che sorregge tra le braccia per il suo ruolo che ebbe di padre putativo, dal volto di uomo maturo, capelli folti ondulati e barba ricciuta, tunica color violaceo, mantello color senape e un virgulto di mandorlo fiorito.
Un’opera di discreta fattura restaurata nel 1997 nella bottega dei F.lli Gallucci di Lecce è attualmente conservata in una nicchia a muro nella sagrestia della chiesa parrocchiale e si presenta in buone condizioni.
San Giuseppe, statua in cartapesta, chiesa Madre di Tutino
L’ altare del Santo, del XVIII sec., privo di ornamenti architettonici si presenta nella sua classica semplicità; ha una mensa con due bassi dossali dai quali si innalzano due colonne in pietra leccese lisce con base e capitelli corinzi che sorreggono a loro volta un architrave sul quale è riportato il nome del benefattore, Francesco Saverio Forte, e l’anno di dedicazione, 1838.
Completano lo schema semplice e lineare dell’altare la piccola tela della Madonna del Carmine posta in alto tra due volute fogliate e quella al centro del Santo della prima metà del XIX sec. di ignoto autore, nella quale predomina la scena con Giuseppe seduto su una panca di legno, con sguardo intenso che sembra rivolto agli astanti, vestito con tunica color turchese e mantello color senape con effetti chiaroscurali, i piedi calzati da sandali. Sulle ginocchia sorregge il piccolo Gesù seduto su due cuscini ricamati, che con affettuosità sembra regalare una carezza al padre, mentre ai suoi piedi una cesta in vimini colma degli attrezzi di falegname identifica la sua mansione terrena; al lato della panca un libro chiuso alludendo a quello della Bibbia. Sul tavolo bardato da una tovaglia bianca con ampio merletto un angelo ha donato a Giuseppe un serto di fiori disposti su un vassoio, mentre sullo sfondo da una finestra si intravede un paesaggio collinare non del tutto locale.
Un drappeggio semiaperto sulla sua sinistra colma l’ambientazione domestica e dal quale due cherubini si sporgono delicatamente ad osservare la scena.
Recentemente, dai test eseguiti con alcune aperture stratigrafiche, si è potuto verificare che, sottostanti gli strati di calce, sono presenti le decorazioni originali dell’altare che in un prossimo futuro ci auguriamo vengano riportate in luce.
#Antonio Febbraro da Taurisano#cartapestai leccesi#Fabrizio Cazzato#iconografia san Giuseppe#Patris Corde#Patrono Universale della Chiesa#San Giuseppe nell'arte#Paesi di Terra d’Otranto#Spigolature Salentine
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“Nei miei okki” di Tania Ferrucci vince il 36° Premio Pieve Saverio Tutino
“Nei miei okki” di Tania Ferrucci vince il 36° Premio Pieve Saverio Tutino
Anna de Simone
20 settembre 2020, Pieve Santo Stefano. La Giuria del Premio Pieve Saverio Tutino premia l’autobiografia di Tania Ferrucci Nei miei okki, racconto di una vita difficile, storia di una donna che ha avuto la determinazione e il coraggio di ribellarsi a un destino in cui non si è riconosciuta, di rivendicare con forza il suo diritto all’amore e la sua identità femminile.
Nei…
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I quaderni di Luisa, Luisa T.
I quaderni di Luisa, Luisa T.
Nel 1946, in provincia di Frosinone, nasce Luisa. Luisa è la scrittrice e protagonista dei suoi quaderni, che vincono il Premio Pieve Saverio Tutino nel 1994. “L’Archivio diaristico nazionaledi Pieve Santo Stefano (AR) conserva dal 1984 i diari, le memorie e gli epistolari degli italiani e ha raccolto fino ad oggi oltre 8000 storie di vita.Cercate nelle soffitte e nei cassetti i carteggi d’amore…
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Foliage. Vagabondare in autunno di Duccio Demetrio: osservare per capire, espandere i sensi per conoscersi
Foliage. Vagabondare in autunno di Duccio Demetrio: osservare per capire, espandere i sensi per conoscersi
Duccio Demetrio(Milano, 1945), già docente ordinario di Filosofia dell’Educazione e di Teorie e pratiche della narrazione presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca e di Pedagogia sperimentale all’Università degli Studi di Parma ed alla Statale di Milano; fondatore (con Saverio Tutino nel 1998) e docente della Libera università dell’autobiografia di Anghiari e di Accademia del silenzio. Si…
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L'opera e il suo doppio. Per un'attribuzione a Maria Rachele Lillo
di Franco Contini
Dopo la recente ricomparsa di un prezioso disegno di Vincenzo Ciardo, del quale non se ne sapeva l’ubicazione e conosciuto solo attraverso una pessima riproduzione fotografica, una nota casa d’aste europea continua a riservare sorprese per la storia dell’arte in Puglia. Nello specifico riguarda un’opera della pittrice Maria Rachele Lillo (Ruffano, 1768 – Lecce, 1845), una delle rare, per l’epoca, artiste donne di questa terra.
Cominciamo dicendo che alle ore 20:10:31 del primo Aprile 2020 è stato aggiudicato un dipinto passato in asta come “Anonimo: Sacro Cuore di Gesù Bambino”.
Si tratta di un dipinto ad olio su tela di cm. 55×40, proposto come [Quadro della tradizione popolare, probabilmente ispirato al dipinto “Bottega siciliana secc. XVIII-XIX. Dipinto del Sacro Cuore di Gesù Bambino” presente nell’inventario dei beni storici e artistici della Diocesi di Piazza Armerina (Sicilia, Italia). Ex voto con iscrizione sacra “Dolce Cuore del mio Gesù, fa ch’io vi ami sempre più”… Proveniente da collezione privata].
Verosimilmente, saranno state queste presunte peculiarità a spingere l’acquirente a rilanciare, concitato, più volte la posta fino ad aggiudicarsi il lotto.
Abbiamo cercato, ed in fine trovato, il dipinto a cui si fa riferimento nella scheda di presentazione della casa d’aste, e sulla quale poggia l’attribuzione dell’opera “Sacro Cuore di Gesù Bambino” alla “Bottega siciliana”. Ce lo ha fornito l’inventario dei beni artistici e storici della Diocesi di Piazza Armerina (la piccola città della Sicilia centrale, più famosa per lo splendore dei mosaici ed i resti di una grande ed incredibile villa romana), nel quale inventario è schedato un dipinto dal titolo “Madonna con Gesù Bambino e Sacro Cuore”, un olio su tela di cm. 94×70, dichiarato “di ambito Italia centrale sec. XIX, Bottega Umbra”.
Effettivamente, al confronto risulta evidente, nelle due tele, la similitudine anatomica nella parte superiore della figura di Gesù dove il busto, le braccia e la testa denotano la stessa, identica gestualità, mentre la parte inferiore si differenzia per le inconfondibili posture: seduto nella prima opera e, nella seconda, in piedi sulle ginocchia della Madre seduta che lo indica al mondo.
Fin qui, sembrerebbe non fare una piega il ragionamento sull’assegnazione alla Bottega siciliana dell’opera venduta all’asta. Esiste però una terza opera che non solo smonta in maniera inoppugnabile e definitiva la tesi della “Bottega siciliana” riconducendola, di fatto, alla Scuola pugliese e che, senza equivoci, rende certa anche l’autografia del dipinto il quale, pur non essendo firmato, è da assegnare senza ombra di dubbio, così come abbiamo accennato nell’introduzione, alla salentina Maria Rachele Lillo.
L’opera è dipinta ad olio su tela e misura cm. 56×37, quasi le stesse misure del dipinto battuto in asta. Allocata nella chiesa matrice di Tutino, frazione di Tricase (Lecce), fa parte dei beni storici e artistici della Diocesi di Ugento.
La totale, e chiara, sovrapponibilità del disegno compositivo, dell’una e dell’altra opera, conferma l’ipotesi che Maria Rachele non disdegnasse dipingere i suoi soggetti utilizzando ripetutamente i medesimi cartoni preparatori apportando, di volta in volta, solamente lievi modifiche: quella più evidente, tra le due opere, è l’assenza in una e la presenza nell’altra del cuore (che insieme alla catena d’oro è l’attributo iconografico del soggetto rappresentato), pendente dalla catena che Gesù regge tra le mani. Identica è pure la didascalia apposta alla base che si differenzia invero nella stesura testuale: “Dolce catena tiene = In mano il mio Signore / E lega col suo Cuore, = Un cuor che lo ferì”.
Simile è la tavolozza cromatica e la stessa timbrica tonale. Uguali sono la fonte luminosa proveniente da sinistra e le ombre. L’incarnato è reso con il consueto, solito, effetto luminoso, di un rosato chiaro ottenuto da sintesi tonali che sfumano in leggerissime ombre, quanto basta a dare il senso della tridimensionalità corporea e la resa dei dettagli anatomici.
Sul petto è posto l’attributo iconografico principale: il Cuore infiammato coronato di spine e sormontato dalla Croce.
Sul viso è fissata l’espressione di una grazia accogliente e rassicurante, quella grazia con cui Maria Rachele Lillo si distingue e con la quale, in fondo, si distingue dagli altri artisti a lei coevi.
A sinistra, in alto, fanno capolino due testine alate (delle quali diremo dopo) riscontrabili in altri suoi dipinti e che, in particolare, abbiamo notato nel dipinto “Sacro Cuore di Gesù con l’Immacolata e San Giuseppe” collocato nella chiesa matrice di Sant’Eufemia, altra piccola frazione del Comune di Tricase (Lecce).
Quest’ultima opera, datata 1833, così come attualmente appare, non è certamente da annoverarsi tra le meglio riuscite a Maria Rachele (probabilmente perché umiliata da ripetute ridipinture) però ci consente di ipotizzare il periodo di esecuzione delle due telette caratterizzate da un forte simbolismo che affonda le radici nel Vecchio Testamento e nei Vangeli di Luca, Matteo e Giovanni.
In entrambe i dipinti la figura di Gesù Bambino si staglia su un fondo scuro ma comprensibilmente collocata in uno spazio di verzura. È una evidente allusione all’orto del Getsèmani sul Monte degli ulivi dove Gesù si ritirò per pregare pronunciando le parole: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Luca. 22, 39-46) e ( Matteo. 26, 39-49). Gli apparve un angelo dal cielo per confortarlo prima di essere arrestato, tradito da Giuda Iscariota.
Maria Rachele sceglie dunque di raffigurare Gesù Bambino nel paesaggio di un giardino, l’orto del Getsèmani e, cosi facendo, carica la rappresentazione di chiari significati simbolici.
In primo piano, a sinistra e a destra, si staglia un tripudio botanico di foglie e fiori che rafforzano e sostengono cromaticamente il colore del mantello regale (preludio anch’esso alla Passione e Morte ed alla Resurrezione di Cristo) che avvolge il corpo di Gesù Bambino e ne enfatizza la sacra dignità.
Maria Rachele sceglie anche di non rappresentare l’angelo mandato da Dio secondo i racconti di Luca (22, 43) a confortare Gesù prima che iniziasse il supplizio ma, colloca, nella scena in alto a sinistra, due cherubini alati.
Secondo la gerarchia angelica i cherubini sono collocati con estrema vicinanza a Dio. Hanno una sola faccia e due ali. Nell’Antico Testamento si legge: “Li io mi i contrerò con te; dal propiziatorio, fra i due cherubini che sono sull���arca della testimonianza, ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i figli di Israele”. (Esodo. 25, 18-22) ed in (Giovanni. 17, 6-8).
Nella raffigurazione dei due dipinti i cherubini rappresentano dunque il diretto intervento di Dio Padre Onnipotente per consolare il proprio Figlio.
Maria Rachele non raffigura l’angelo mandato da Dio secondo il Vangelo ma, due cherubini, tra i quali sta Dio, secondo l’Antico Testamento. Cioè, pone in essere un’iperbole iconografica e insieme iconologica che ne amplifica il significato ed il significante.
Al momento non ci è dato conoscere la reale formazione culturale di Maria Rachele Lillo. Molto avrà influito su di lei frequentare la bottega del padre Francesco Saverio ma, la dimestichezza e la perspicacia, o l’acume, con cui ha affrontato, e risolto, le problematiche della rappresentazione del soggetto dei dipinti in questione, ci suggerisce che la conoscenza dei testi sacri non le era affatto estranea.
Ci avviamo alla conclusione annotando inoltre che, pur conservando il medesimo impianto disegnativo, le due tele presentano una differente tecnica esecutiva nella stesura della materia pittorica riguardante la flora, particolarmente nelle rose.
Ciò induce ad ipotizzare anche l’intervento di un’altra mano, presumibilmente quella di un aiuto di bottega che, al momento, resta a noi sconosciuto.
Rimane da chiosare chi ha preso da chi, tra l’Anonimo di Piazza Armerina e Maria Rachele Lillo o, da chi, entrambe gli artisti, ipoteticamente potrebbero avere attinto. È risaputo, d’altronde, che le riproduzioni delle opere dei grandi maestri circolavano tra gli artisti attraverso le stampe calcografiche divenendo, talvolta, veri e propri modelli a cui ispirarsi o da cui trarre spunto. In fondo, né più e né meno di quanto accade oggi con certa arte contemporanea, in maniera molto più amplificata ed estesa, per via dei potenti e rapidi sistemi di informazione e di divulgazione a portata di mano o, per meglio dire, di click.
#Franco Contini#Maria Rachele Lillo#Sant'Eufemia#Tutino#Arte e Artisti di Terra d'Otranto#Spigolature Salentine
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Su: Raccontarsi di Duccio Demetrio, in Ai confini dello sguardo di Gabriele De Ritis
Su: Raccontarsi di Duccio Demetrio, in Ai confini dello sguardo di Gabriele De Ritis
Raccontarsi,
Il sottotitolo è L’autobiografia come cura di sé. Il volume Raccontarsi di Duccio Demetrio è stato pubblicato dall’editore Raffaello Cortina nel 1996; la Libera Università dell’Autobiografia è stata fondata da lui ad Anghiari assieme a Saverio Tutino nel 1999.
«Arriva un momento nell’età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un po’…
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Premio Pieve Saverio Tutino 2017 / Festival del diario (14-17 settembre)
Arrivo con un carico di crema (con amarena nello stomaco; candita in un cartoccetto di sfogliatelle). Quando viene presentata la nuova edizione de "I quaderni di Luisa T." mi torna in mente quella precisa mattina di marzo '13, giornataccia, fredda, terzo piano dipartimento antropologia, che non volevo neanche andare a lezione, ma durante la quale la prof. I. introdusse la storia degli archivi europei di scritture personali e dell'Archivio dei diari, mostrando la prima pagina scritta da una sfortunata casalinga di Cisterna di Latina. La Valtiberina è uguale a Twin Peaks, vista dalle finestre dell'appartamento della Forestale (montagne, nebbia, salotto in legname spartano, divani, camino, poster di gufi e cavalli alle pareti, crostata di frutta e beverone in tazza). Appollaiati nella piccionaia del Teatro Papini abbiamo ascoltato nuove storie e vecchie vite, sgranocchiando arachidi salvati dalla pioggia o bevendo caffè sospesi e quartini di vino sotto un ombrello a pattern gatti. Una conversazione notturna sul qui/ora, tempo e spazio, mi ricorderà di non mettere sempre le cose in prospettiva. #premiopieve #attivalamemoria #STAFFare
un anno fa: [Premio Pieve Saverio Tutino 2016] due anni fa: [Premio Pieve Saverio Tutino 2015]
#Archivio dei diari#archivio diaristico nazionale#Pieve Santo Stefano#festival#2017#diario#diary#Arezzo#Toscana#staff
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