#roveredo
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Mi raccomando: se solo ti sfiorano un capello, tu mandami a dire, che con la rabbia del corpo mi mangio le strade e ti raggiungo, e dopo voglio proprio vedere. [Pino Roveredo]
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Tema: BRANT R. DE BEER
Thomo: Gelukkig is BRANT R. DE BEER nog nie getroud nie.
Van geboorte is ek 'n seun van my nasie, arm van toestand, ek is van die kategorie van mans, van karakter is ek 'n jong man, en van beroep is ek die outeur van die huidige biografiese verslag. My opvoeding het bestaan uit die feit dat my liewe pa my van tyd tot tyd Roveredo toe gestuur het. Roveredo is 'n klein historiese sentrum met net een maar vir hierdie breë pad en met 'n stygende gotiese kasteel. Mnr. Baumgartner het in Roveredo gewoon. Ek het na Roveredo gegaan na hierdie meneer Baumgartner om vinnig by my pa se beste en mees welsprekende retorici te leer. Dit was my opvoeding. My loopbaan en opleiding het bestaan uit die bywoning van 'n gimnasium. Dit is 'n klassieke instelling, aangesien dit geskep is deur Napoleon, die Eerste en Grote, of ten minste onder sy invloed. Sien, die lewe het my toe onbeskof aangespoor om die klere van 'n diaken van 'n Hervormer uit te trek. Ag, dat ek nog nooit 'n Hervormer geskryf het nie! Maar die noodlot, wat altyd onverstaanbaar is, wou dit so hê, en blykbaar het dit van my 'n springende en geparfumeerde skrywer en geleerde gemaak wat oor alles weet en skryf en die teenoorgestelde van alles; en so moes al die kosbare fundamentele eienskappe van my karakter, wat my na my vaderlike bande verwys, verlore gewees het. Een ding, dit, waaroor ek kla met die misdade in die oë en in die diepte van my erodeer siel. Verskriklike lot, waaraan ek my onderwerp! Dinge sal egter verbeter en miskien, wie weet, eendag ontmoet die boerevernuf my weer, en sal ek weer my hande in my eensaamheid kan wring. Intussen blyk dit egter dat ek begrawe is in die wasbak van ondeug wat verteenwoordig word deur glimlaggende en dansende korrespondensies, en daar is nou baie min of selfs geen hoop dat ek in die loop van my lewe weer sal kan jodel, soos soos byvoorbeeld hy in staat is om, op so 'n wonderlike spontane wyse, die ervare en literêr so ywerige Ernst Zahn te doen. Ernst Zahn en ander, insgelyks skerpsinnig, is meesters daarin om hul liefde vir land uit te sonder. Ek kon nog nooit sulke goed maak nie. Die wêreld is groot en die man is 'n raaisel en Napoleon was 'n groot man en Roveredo is 'n bekoorlike dorp en die kern van 'n man is nêrens definitief verlore nie. Maar watter nonsens is dit? Wat is al hierdie suidelike ou dame praatjies? Basel is so 'n pragtige stad, en sy mense is so hardwerkend, so eerlik, so gaaf.
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Addio allo scrittore Pino Roveredo, scomparso oggi 21 gennaio 2023.
Di seguito, il ricordo di Elisabetta Sgarbi
Ciao Pino. Ci legano momenti di grande gioia, quello straordinario Premio Campiello del 2005, outsider e vincente, il Premio Cavallini, i film insieme e tanti libri, una cena con Magris in una trattoria triestina di circa vent’anni fa. Da anni prevaleva il silenzio e la distanza. La tua scrittura, unica e irripetibile, le tue metafore ardite e illuminanti. Da lì, da dove sei, se puoi, Mandami a dire.
#PinoRoveredo #PremioCampiello
Foto dal film “Trieste la contesa” di Elisabetta Sgarbi
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E' morto Pino Roveredo, lo scrittore degli ultimi
(ANSA) – TRIESTE, 21 GEN – E’ morto nella notte lo scrittore Pino Roveredo. Aveva 69 anni ed era malato da tempo, ma nell’ultimo mese le sue condizioni erano peggiorate rapidamente. Roveredo era ricoverato da alcuni giorni nella struttura sanitari di Pineta del Carso. Scrittore impegnato, sempre a favore degli ultimi, Roveredo aveva esordito nel 1996 con il testo autobiografico “Capriole…
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Campobasso, la lettera vincitrice del concorso letterario dedicato ai detenuti di tutta Italia
Campobasso, la lettera vincitrice del concorso letterario dedicato ai detenuti di tutta Italia. "L’autore di questa bellissima lettera, scritta di cuore e con il cuore, inaspettatamente mette a fuoco un aspetto struggente della detenzione: l’affettività dietro le sbarre che non riguarda solo le madri ma anche i padri. E dovrebbe riguardare tutti noi perché i bambini sono le prime vittime della carcerazione dei genitori". È con questa motivazione che la Giuria Tecnica ha assegnato a Dario S., 39 anni, originario di Roma e padre di due bambini, ospite nella Casa circondariale di Campobasso, la sesta edizione di Scrittodicuore, il Concorso nazionale di scrittura rivolto ai detenuti degli Istituti carcerari di tutto il territorio nazionale, promosso e organizzato dal Comune di Campobasso e dall’Unione Lettori Italiani con la direzione artistica di Brunella Santoli e con la collaborazione della Direzione della Casa Circondariale di Campobasso nell’ambito di Ti racconto un libro laboratorio permanente sulla lettura e sulla narrazione 2022. Per la Giuria Tecnica, composta dagli scrittori Franco Arminio, Pino Roveredo, Camilla Baresani e Anna Giurikovic Dato, non c’è stato alcun dubbio. La lettera di Dario "è destinata a tutti, una sorta di monito a riflettere e a prenderci cura di questi cuori grandi e piccoli, che termina con l’ottimismo e il sorriso di chi guarda al presente come ad una fase transitoria ma necessaria per vivere il futuro e riprendersi tutto". Una lettera che ha profondamente emozionato non solo i giurati che l’hanno valutata, ma anche i presenti alla cerimonia di premiazione nel corso della quale, per la prima volta, è stato possibile consegnare il premio direttamente al vincitore. Sul secondo gradino del podio Enrico M., ospite nella Casa circondariale di Bergamo, che prende spunto da un fatto di cronaca recente e racconta le urla inascoltate che strappavano la gola di Oscià e le mani pesanti che gli toglievano il respiro. Parole che rammentano le preghiere e le suppliche di chi non c’è più. Ma quel giorno il mondo non ha visto, e la giustizia si è mescolata con l’ingiusto. Segnalata dalla Giuria Tecnica anche la lettera di Davide C., ospite nella Casa circondariale di Bergamo, che si rivolge al carcere, visto come luce in fondo al tunnel, come interlocutore, il carcere come affetto. Una breve, intensa, inaspettata prova letteraria. La Giuria Giovani, composta da Salvatore Dudiez, Roberta Tanno, Elena Sulmona e Angelica Calabrese ha voluto segnalare la lettera scritta da Rita D.L., della Casa circondariale Rebibbia di Roma, che racconta le emozioni di un amore a prima vista nato dietro alle sbarre. La premiazione del concorso ha rappresentato l’occasione per ritornare "dentro il Carcere" e riaprire un dialogo più volte interrotto a causa della pandemia. Un modo per tenere aperta la comunicazione con il mondo esterno e chi un giorno dovrà farvi ritorno. Nel teatro della casa circondariale di Campobasso si sono alternati gli interventi del Direttore del carcere Antonella De Paola, di Brunella Santoli Direttore Artistico dell’Unione Lettori Italiani e responsabile del concorso "Scrittodicuore", di Angelica Calabrese e Salvatore Dudiez in rappresentanza della Giuria Giovani, e di Rosanna Coccagno Presidente della Commissione Politiche per il sociale del Comune di Campobasso che ha anche consegnato il premio al vincitore. Tra i presenti una rappresentanza degli ospiti della casa circondariale, che fanno parte del gruppo di lettura, e che hanno letto alcune lettere selezionate dalla Giuria.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Nadia Lisanti dialoga con l'autore, Pino Roveredo | Mandami a dire
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Non c'è niente da fare: sono sempre più contento di appoggiare @paolonadalsindaco alla carica di sindaco di #Roveredo , anche perché non ha bisogno di prender lezioni di #etica da nessuno! (presso Roveredo in Piano) https://www.instagram.com/p/Bxw8PS5CKdz/?igshid=1q83tlq5alm4c
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Please, tell me Gonzalo Roveredo is in La Fiesta Inolvidable
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Tra il dire e il fare c'è di mezzo il coraggio.
Pino Roveredo
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Dolce tesoro mio, come stai? Anche oggi ti ho cercata al telefono e tu non c'eri, ma lì, nella tua lontananza, ti trattano bene? Mi raccomando: se solo ti sfiorano un capello, tu mandami a dire, che con la rabbia del corpo mi mangio le strade e ti raggiungo, e dopo voglio proprio vedere. La mia parte egoista vorrebbe anche sapere se sei infelice come me, perché vedessi come sono stanco di camminare da solo dentro la tristezza, a volte capita che piango senza sentirmi il singhiozzo. Vorrei anche sapere se, quando è l'ora che il tramonto si siede sopra il sole, spingendolo giù, giù fin sotto il mare, sei sempre là, davanti alla finestra, a osservare quel trapasso e a pensarmi. Una volta lo facevi, e oggi? Ti scongiuro tanto, mandami a dire. Cara, com'è assurdo questo nostro amore, che viveva meglio quando stavamo peggio, ma dentro quel peggio poi è venuto qualcuno e ci ha detto "Eccovi la libertà! Prendere e andare". Che brutto affare è stato, se è vero che oggi siamo prigionieri della distanza. Sapessi che rimpianto quando mi giro e guardo la nostra cronaca di ieri, ora pagherei tutta la fatica che ho per prendermi le spalle e mettermele davanti, trasformando il nostro passato in futuro; succede anche a te? Se sì, mandami a dire, sarà meno dura sperare. Se solo potessi liberarmi da questa libertà, la scambierei immediatamente con il nostro vecchio Casamento. In quel luogo stavamo bene, protetti da mura e portoni pesanti: non potevamo uscire, e pochi potevano entrare. A essere onesti fino in fondo, è vero che là dentro si doveva anche sottostare a qualche difficoltà, ma si sa che per avere bisogna anche saper dare. Erano disturbi sopportabili, come quello che ci costringeva a mangiare la carne con il cucchiaio: non era impossibile, bastava tenere ferma un'estremità con le dita e poi fare forza con la posata dall'altra. Con un po' di pratica si riusciva a strapparla pezzo a pezzo. Poi c'era la complicazione dell'elettrochoc, ma quello era medicina e aveva il dolore lungo di un'iniezione: però quando ci svegliavamo l'agitazione stramaledetta del diavolo non c'era più. E le passeggiate obbligate da farsi in circolo giù in cortile, a parte freddo e pioggia non era male; a volte riuscivamo anche a divertirci, specie quando c'era il piccolo Mario con le sue trovate. Ti ricordi di quella volta che cominciò a sputare in su e poi a coprirsi la testa? E noi tutti dietro a imitarlo, gridando in coro "Piove, piove" mentre dall'alto un sole rosso infuriato sembrava dirci "E io che cazzo ci sto a fare?" E il gioco della sigaretta, te lo ricordi? Quando riuscivamo a elemosinarne una, la si accendeva con la voglia di mille bocche, poi tirata passava tirata. Perdeva chi, nell'ultimo passaggio, urlava per il dolore delle labbra ustionate. Sì, si stava bene in quel posto, succedevano anche cose meravigliose, come quella che capitò alla vecchia Luigina, che un giorno improvvisamente si rifiutò di ridere, mangiare, parlare e fumare. Poverina, cominciò a dimagrire fino a diventare più magra di un'acciuga, allora i dottori dall’alto del loro ingegno la obbligarono a infinite flebo alimentari. Fummo noi a capire il motivo di quello sciopero, così tirammo fuori dai nascondigli tutti i nostri risparmi e le comprammo dei magnifici denti nuovi. Che commozione quella volta, e che momento, quando Luigina si mise a ridere e ordinò una sigaretta: credo che gli applausi intorno durarono per più di un'ora. E quell'altro episodio, quello che ti riguarda da vicino, lo rammenti ancora? Era il più freddo dicembre che avessimo mai vissuto, tanto che ci costrinsero nelle camere perché il cortile era così bianco e liscio che sembrava una pista di pattinaggio: solo al centro, dove doveva esserci l'aiuola, resisteva ancora in piedi un piccolo fiore bianco. lo e te ci guardavamo dalle finestre, quando tu con gesti strani cercasti di farmi capire qualcosa. Impiegai non so quanto tempo prima di afferrare il tuo desiderio, volevi a tutti i costi quel fiore coraggioso. Vestito com'ero del solo pigiama e sfidando la sorveglianza infermiera mi precipitai giù dalle scale e attraversando portone su portone arrivai in giardino, dove mi esibii in una danza memorabile. Facevo un passo, una giravolta, e giù per terra. Passo, giravolta e a terra: e così avanti, fino a cadere cinquanta volte prima di arrivare al tuo desiderio. Quando lo raccolsi lo innalzai al cielo come il trofeo della vittoria. Poi seguì il ritorno con la cautela di non rovinare il fiore, e per questo, mi misi con la pancia in giù e avanzai come fanno i soldati quando attraversano le trincee. Arrivato, passai il fiore bianco a un inserviente che ebbe la premura di portartelo. lo riuscii a raggiungere la mia finestra giusto in tempo per vederti, dolce mentre stringevi il mio omaggio delicato sul cuore: fu un momento da incorniciare e mettere da parte, perché subito dopo l'incantesimo si ruppe e il ghiaccio bianco si sciolse, lasciando il fiore al suo colore secco. Quella fu l'ultima immagine dell'episodio, subito dopo fui colpito dai pugni potenti dei controllori, offesi per l'affronto della mia disobbedienza. Quindi fui ricoverato in infermeria, non tanto per le contusioni subite, quanto per una broncopolmonite e una febbre a quaranta e passa che mi regalò quel dicembre incredibilmente freddo. Cara, ti ricordi ancora di quel ghiaccio? E il fiore secco lo conservi ancora? lo dico di sì, anzi, scommetto che l'hai anche colorato, magari con un rosso vivo e con il bianco dell'origine. Se sì, ti prego tanto, mandami a dire, la mia solitudine ha bisogno di sapere. A proposito di Casamento, ogni tanto ho il piacere di passargli vicino, sai come l'hanno combinato? Lo hanno vestito da Asilo e Scuola per i bambini. Non mi è sembrato giusto, così sono entrato per chiedere il motivo, e con la più grande scortesia mi hanno allontanato, dicendomi "che hanno più diritto i vivi che i sopravvissuti". Ti rendi conto, dire "sopravvissuti" a noi, noi che abbiamo scopi innamorati e un milione di baci e abbracci da vivere, ma non c'è niente d~ fare, noi l'offesa ce la porteremo dietro fino alla morte. Anche nei nostri anni migliori eravamo il bersaglio preferito dell'oltraggio. Visitatori; professori, dottori, tutti a spiegarci con parole difficili che non avevamo testa: ma allora," tutti i dolori insopportabili che girano dentro? Quelle fitte strappacervelli non vengono certo ordinate dall'esterno, per non parlare poi dei deliri, che ormai come un'abitudine non spaventano più. Quelli. non saranno mica fantasmi agitati spediti su per il culo, eh? Mah! Oggi la verità è sempre più rivoltata e maltrattata nelle versioni di comodo. Il nostro Casamento: oggi là dentro insegnano grammatica e geografia, una volta, invece, c'erano solo urla e terrore. Ma noi lasciavamo fare, noi eravamo più forti, dalla nostra avevamo la potenza del sentimento. Quanti amici sono passati, andati, e mai più sentiti. Tu hai qualche notizia? Mi piacerebbe sapere, se puoi... mandami a dire. Io dalla mia so poco, per certo so che Alcide il "Garibaldino", quello delle barricate e delle improvvise cariche agli infermieri, è finito, sotto un camion, e giù subito tutti a dire "È morto un demente che non sapeva vivere nel rispetto del traffico". Deficienti, sfido chiunque, dopo trent'anni di mura alte e portoni pesanti, a riuscire ad ambientarsi in poco tempo nel vaneggiamento di automobilisti senza occhi. Poi ho saputo della "Gran Dama", Margherita, quella che si vestiva più strano di noi e che aveva il vezzo di farsi servire, omaggiando poi i servi con caramelle alla frutta. Lei, appena buttata fuori dal Casamento, ha scelto il grattacielo più alto e da là ha preso il volo. Per lei solo due parole su un notiziario, che annoiate spiegavano "la morte di un'insana". Deficienti, due volte deficienti. Che ne sanno, loro, che non hanno mai messo la testa dentro il loro superfluo. Che ne sanno, loro, della paura atroce di chi è prigioniero della libertà. La libertà: ma chi l'aveva mai chiesta. Quel giorno ci vennero a prendere tutti con un pullman, sembrava che ci portassero a quelle solite gite dove si girava, si girava senza scendere un momento. Dopo aver caricato stracci e bagagli ci portarono alla Stazione. Là, senza darci il tempo del saluto, misero i ricoverati su degli orribili treni e li spedirono a destinazione. Chi dai genitori, chi dai nonni, e chi, èome te, da una sorella arrabbiata per il disturbo da mantenere. Solo io rimasi giù, a me diedero un biglietto, e sopra c'era l'indirizzo di un' abitazione da dividere con altri due: sono otto anni che abito con loro e quei due non li ho ancora sentiti parlare. Maledetta libertà, troppo grande per due che non riescono a incontrarsi, com'è possibile che da anni consumo le scarpe dentro la speranza senza riuscire a trovarti? E tu, anche tu cammini e mi cerchi? Se sì, mandami a dire, non vorrei che girassimo in un tondo infinito, senza trovare l'incontro che ci possa fermare. Oggi sembriamo i protagonisti di un volo dove non esiste cielo, mentre ci perdiamo nelle difficoltà delle ali inutili. Dico, ma quanto potrò resistere alla tortura della nostra distanza? A volte mi sembra di non farcela più, e così mi lascio andare alla proprietà degli umori, quelli che mi soffiano le condizioni più disperate. A volte mi consigliano la gelosia, e allora sto male e tremo al pensiero che tu, tu sia chiusa in un abbraccio che non è il mio, allora mi assale la voglia innaturale di distruggere il ladro del mio posto. A volte, invece, ricevo ipotesi sconfortanti che vogliono dettarmi la tua scomparsa: dura poco, però, perché poi mi ricordo che un giorno noi abbiamo comprato il Mondo e le nostre vite. Perciò decideremo noi quando andare, vero, mia Dolce Adorata? Cara, cara come il segreto più intimo che non si può confidare, adesso chiudo perché comincio a sentirmi stanco, anche oggi ho camminato inutilmente tutto il giorno in cerca di te. Ancora una cosa volevo chiederti: come mai le lettere che ti scrivo finiscono tutte per tornarmi indietro? Non sarà mica che hai cambiato casa o città? Se sì, mandami a dire, così non mi scrivo più da solo. E continuo a cercarti anche col telefono, però da anni non risponde nessuno. Ma non mi arrendo, tu sai che ho la testa dura dell'amore, così da un mese ogni giorno faccio un numero diverso e, siccome la coincidenza esiste, prima o dopo ti troverò.Io dalla mia ho una speranza che vince mille a zero sulla pazienza, così so e ho sempre saputo che un giorno... Un giorno arriverà il tramonto e si siederà sopra il sole, ma in quel momento il sole si rifiuterà di scendere giù, giù in fondo al mare, allora succederà che ci sarà luce tutto il giorno, sarà la volta che i curiosi non si sveglieranno dal riposo e tu, tu non sarai astratta come il sogno. Sarà un giorno senza numero, senza mese e senza anno, e io e te avremo conquistato l'eternità. Ci credi? Se sì, mandami a dire.
Pino Roveredo, Mandami a dire
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Parlare con le mani, ascoltare con gli occhi. Pino Roveredo
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sedici ottobre
Paul Strand, Rock, 1954
La mia macchia
Tardi, dicono, troppo tardi. In ritardo di decenni. Annuisco: sì, ce n’è voluto prima che trovassi parole per l’usurata parola vergogna. Accanto a tutto ciò che mi rende riconoscibile ora mi rimane appiccicata una macchia, netta quanto basta per gente che indica con dito senza macchia. Addobbo per gli anni che restano. O forse si doveva…
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#Arnold Böcklin#Dino Buzzati#G��nter Grass#Karl Kautsky#Louis Althusser#Oscar Wilde#Otto Mueller#Paul Strand#Pino Roveredo#Primo Conti#Tim Berne
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July 2022
- Brussels, Rahier, Ghent, Lausanne, Roveredo
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Anche le cose più semplici e care non si possono mandare a dire, è un obbligo dimostrarle, così un Abbraccio abbraccia, un Bacio bacia e una Carezza accarezza.
Pino Roveredo
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But empty flattery did not satisfy him [Masséna], for as early as Lonato, greedy for renown, he considered his success had not been fully recognised. In bitter anger he wrote to Bonaparte: "I complain of your reports of Lonato and Roveredo, in which you do not render me the justice that I merit. This forgetfulness tears my heart and throws discouragement on my soul. I will recall the fact under compulsion that the victory of Saintes Georges was due to my dispositions, to my activity, to my sangfroid, and to my prevision."
Source.
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Domenica #26maggio, a #Roveredo , è facile votare: basta una croce sul simbolo di @fratelliditalia1 e scrivere #Costalonga Così facendo, voterai anche per #PsoloNadal (presso Roveredo in Piano) https://www.instagram.com/p/BxmlrzQi3Is/?igshid=19hqvmltnyxhi
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