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#ricorsività
aitan · 5 months
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Invece di chiederti perché ti succedono sempre le stesse cose, chiediti perché rifai sempre gli stessi passi.
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(Ciclicamente la ripropongo e ripongo le stesse speranze nella forza didascalica di quest'immagine. Ciclicamente, ripercorro gli stessi passi; come se servisse a qualcosa...).
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kyda · 11 months
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oggi durante la lezione di linguistica abbiamo guardato un documentario su degli studi fatti da un linguista su una lingua dell'America meridionale che sembra non presentare una delle caratteristiche FONDAMENTALI del linguaggio umano descritte dal più famoso linguista di tutti i tempi (suppongo), ovvero noam chomsky. sto parlando della ricorsività, cioè quella cosa, detta poveramente, che consente di creare frasi come: ha detto mario che gli ha detto martina che le ha detto alessandra che le ha detto matteo che al mercato mio padre comprò e bla bla cioè potrei andare avanti all'infinito se non fosse per l'incapacità dell'interlocutore di seguire il discorso e mi chiedo perché nessuno alla triennale ha mai smentito chomsky perché a me onestamente non è mai piaciuto né lui né il generativismo, forse perché l'ho studiato troppo (i linguisti capiranno) chissà
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lozizzi · 3 months
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Ricorsività
Stavo guardando un video di spot anni '80 su youtube e ad un certo punto si è interrotto per farmi vedere uno spot!….
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lamilanomagazine · 11 months
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Modena: alla Tenda un cineforum per riflettere sulla salute mentale dal 9 novembre.
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Modena: alla Tenda un cineforum per riflettere sulla salute mentale dal 9 novembre. Prende il via giovedì 9 novembre alla Tenda di Modena, con la proiezione del film "Gioventù, amore e rabbia. La solitudine del maratoneta" (Tony Richardson, 1962), la rassegna cinematografica "Follia e dintorni" a cura dell'associazione La Rosa Bianca in collaborazione con Unimore, che si concentra su tematiche legate alla salute mentale. In questo primo appuntamento presenta la pellicola e introduce il dibattito Giuseppe Caroli; l'appuntamento è alle ore 20.15, con ingresso gratuito. Il tema del cineforum, una presenza ormai consolidata nella struttura comunale di viale Monte Kosica grazie all'azione dell'associazione nata nel 2007 con l'obiettivo di far conoscere e introdurre a Modena l'Inserimento eterofamiliare supportato di adulti con disagio psichico (Iesa), è "il rispetto". I quattro film che vengono proiettati, coprendo un arco temporale di oltre mezzo secolo, analizzano infatti l'ottusità di un'istituzione verso i sentimenti di rabbia e solitudine di un adolescente marginale, l'intolleranza di una comunità chiusa verso chi non ha potere e non sa esprimersi come gli altri, la sterile e sconvolgente ricorsività dell'odio nelle drammatiche vicende di una donna all'interno di una guerra fratricida, il pregiudizio strisciante e contagioso del non oblio delle malattie innominabili (come cancro e lebbra) che colpisce i portatori di queste patologie. Dopo l'opera di debutto, la rassegna prosegue con tre proiezioni negli altri giovedì di novembre: il 16 "Il buio oltre la siepe" (Robert Mulligan, 1962), il 23 "Le ricette della signora Toku" (Naomi Kawase, 2015); il 30 "La donna che canta" (Denis Villeneuve, 2010). Approfondimenti online sul sito www.rosabiancamodena.it  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Il silenzio e l'invisibilità in cui può lasciarti una persona - senza motivo, senza spiegazione - sono assordanti; se è vero che oggi ritengo la mia autostima più impermeabile rispetto agli effetti pregiudizievoli del ghosting, il mio sgomento a tratti sconfina nella frustrazione e da lì precipita nella paralisi indotta dall'impossibilità di rendere ragione di ciò che solo passivamente si può subire.
So di non essere la persona per una casual relationship - non lo sono mai stato -, e la ricorsività di questo fenomeno nella mia esperienza recente mi spinge a credere che il problema non sia tanto in me, ma nel mio strenuo credere - quanto di questa convinzione lascio trasparire? - che le relazioni interpersonali possano essere profonde, sincere e generatrici di un cambiamento positivo; semplicemente, è un concetto in cui non tutte le persone vogliono o riescono a ritrovarsi.
Il paradosso è che la mia ferma fiducia che non esista reale felicità se non condivisa mi ha solo spinto ad esser infelice per gran parte della mia esistenza.
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polaroidblog · 5 years
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Source: https://corrierino-giornalino.blogspot.com/2008/09/ufo-34.html
In ricordo di Massimo Mattioli (https://www.fumettologica.it/2019/08/massimo-mattioli-morto-fumetti/)
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theca-libraria · 4 years
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Ricorsività. 📽 🏳️‍🌈
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Call me by your name, 2017.
Portrait de la jeune fille en feu, 2019.
🔥
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kon-igi · 4 years
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ROVESCIAMENTO STEREOTIPI DI GENERE
Ieri sera io e @lamagabaol si chiacchierava delle professioni e degli hobby più interessanti che avevo trovato nel reclutare tambleri per lo Zombie Team e a un certo punto ci siamo resi conto che le cose più strane e più belle erano appannaggio dei Figli di Adamo, a fronte di una feminina ricorsività delle attività delle Figlie di Eva.
Ma è proprio così?
Non che la cosa abbia per me un valore fondante (la ‘femminilità’ la trovo una manifestazione collaterale di una gamma di essenze esistenziali enormemente innumerevoli) ma mi chiedevo quante di voi facciano un lavoro o abbiano un hobby stereotipamente concepito come ‘manly’ e, di contro, quanti uomini invece impegnino il loro tempo in attività che scatenerebbero l’ilarità di un gruppo di sessisti avvinazzati da bar.
Insomma...
Donne, mostrate le vostre armi, i vostri saldatori e i vostri motori truccati!
Uomini, fuori le vostre poesie, i vostri lavori a uncinetto e le vostre composizioni di Ikebana!
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ideeperscrittori · 5 years
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IL CASO DI CHRISTIAN JESSEN E I TITOLISTI CHE NON SANNO USARE CERTI TERMINI
Si è parlato molto di un certo Christian Jessen, conduttore di "Malattie imbarazzanti".
Questo tizio ha detto la sua sull'Italia ferma per il coronavirus,
La vicenda è riassunta in un titolo su Repubblica online: CORONAVIRUS, "UNA SCUSA PER GLI ITALIANI PER NON FARE NIENTE": IL COMMENTO INFELICE DI UN PRESENTATORE BRITANNICO.
Per fortuna l'articolo è meno eufemistico. Del resto i titoli non sono quasi mai pensati dagli autori degli articoli.
Ma concentriamoci sul titolo.
Allora, parliamoci chiaro. Qui bisogna spiegare l'uso corretto della parola "infelice" in determinati contesti.
Facciamo qualche esempio.
"Non fa così caldo, non capisco perché indossi 12 maglioni in quella foto" (non indosso 12 maglioni, ne indosso uno, sembrano 12 perché sono grasso) è un commento infelice.
"Lei è in pensione? Lo sa che per i pensionati c'è uno sconto del 15 per cento?" (lo so che volevi essere gentile, ma la verità è che non andrò mai in pensione, e comunque ho 46 anni, grazie per avermi fatto notare che li porto malissimo, bell'idea questo sconto di merda ammazza-autostima) è una frase infelice.
"Uh, un regalo per me, non dovevi, e comunque l'importante è il pensiero, basta che non sia un estrattore di succo" (è un estrattore ultimissimo modello e mi è pure costato un occhio) è una frase infelice.
Io mentre leggo il commento di Christian Jessen sono un uomo infelice.
Quasi tutti i miei post sono infelici.
Una cosa è certa. Il commento di Jessen non è "infelice", e non è nemmeno "una frase inopportuna", come è definito in un titolo del Corriere TV..
Tanto per cominciare, bisogna precisare che il commento di Jessen è preceduto da una premessa: "Questo potrebbe sembrare razzista". Insomma, è lo stesso Jessen che ci porta sulla strada giusta nel fotogramma in cui mette le mani avanti.
Ma torniamo al titolo. Come possiamo definirlo? Ci torna utile un'espressione che dimostra lo scarto talvolta esistente tra il rispetto dei canoni linguistici oxfordiani e la cura per l'esattezza lessicale: il commento di Jessen, per la precisione, è da stronzo razzista, un po' come quelli di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.
Fottiti, Jessen.
* Lo ammetto. Ho scritto questo post anche perché morivo dalla voglia di scrivere che in quel titolo "infelice" è infelice. Sono il classico tipo che vede una manifestazione di ricorsività e ci si tuffa come se non ci fosse un domani. Benvenuti nel mio mondo.
** Ho scritto "quasi tutti i miei post sono infelici" soprattutto perché volevo fregare la battuta a un eventuale commentatore ostile. Già riducono in poltiglia la mia autostima proponendomi sconti per pensionati, ci manca solo che pure io mi metta ad autosvalutarmi.
*** Per curiosità ho cercato tweet di inglesi sulla vicenda: ne ho trovati moltissimi che criticavano aspramente Christian Jessen per quel commento, spesso insultandolo. Non cadiamo negli stereotipi di quelli che: "Gli inglesi sono tutti così". Gli stereotipi lasciamoli ai razzisti come Jessen.
— L’Ideota
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aitan · 2 years
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Le cose non possono andare meglio se ripercorriamo sempre gli stessi passi.
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maurovalsecchi · 4 years
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LE MAPPE DELLA RICORSIVITÀ - La linea del desiderio / Il soffio espirato Corpi plurimi / Nebulosa lontananza
Installazione site-specific di tessuti stampati, stampa digitale su seta-lycra-organza. 2017.
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Site-specific installation of printed fabrics, digital printing on silk-lycra-organza. 2017.
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«Mappa è un termine che deriva dal punico, e indica un pezzo di stoffa che serve ad avvolgere le cose e a trasportarle con sé, ogni mappa è un contenitore mobile [...] ma se la nostra rappresentazione del mondo ha subito una compressione spazio-temporale, la logica può affermare che, proprio perché tempo spazio sono ridotti, resta un fenomeno di difficilissima comprensione: un capriccio metafisico, ovvero che lo spazio ha assorbito il tempo» Franco Farinelli, La crisi della ragione cartografica.
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corallorosso · 5 years
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Un film che consiglio: Cafarnao – Caos e miracoli un film di Nadine Labaki (Libano / 2019 ) Zein vive con molti altri fratelli e sorelle in una baracca della capitale libanese. Povero, non istruito ma dotato di una grande intelligenza, si ribella quando la sorella viene venduta ad un uomo ricco, diventando una sposa bambina di 11 anni. Zein non ci sta, non può sopportarlo, ma potendo evitarlo scappa di casa per allontanarsi da una famiglia che ha la colpa di averlo messo al mondo, costringendolo ad essere come loro. Incontra così una donna etiope, con un bambino che è costretta a tenere nascosto, non avendo documenti (che hanno un costo elevato), e Zein viene adottato da questo piccolo nucleo familiare sgangherato ma ricco d’amore, facendo da baby sitter al piccolo in cambio di cibo e riparo ma ritrovandosi solo con lui quando un giorno la madre non fa più ritorno. Cafarnao si trasforma così in un viaggio on the road attraverso la disperazione, in cui Zein si ritrova a fare delle scelte obbligate troppo simili a quelle compiute dai propri genitori ma purtroppo inevitabili, fino a quando un’occasione non gli permette di dare una piccola svolta alla propria vita, provando a vedersi riconosciuto come essere umano pur non possedendo dei documenti – e quindi – un’identità. La potenza delle immagini di Capharnaüm è senza subbio il fulcro della sua efficacia ma non tanto per le lacrime dei bambini affamati o maltrattati, quanto per la ricorsività con cui la regista riesce a mostrare la circolarità alla quale la vita del protagonista sembra destinata. Una pellicola sentita, frutto di un desiderio di denuncia e di una capacità ammirevole di trasformare tale intenzione in un risultato preciso, dotato di un realismo sensibile e di un grande rispetto della spontaneità dei suoi protagonisti, ripresi in un contesto quasi naturalistico, in attesa del momento giusto da immortalare. Il tutto senza rinunciare all’originalità della messa in scena e delle situazioni mostrate, eloquenti nella loro disperata normalità.
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ohmarlenita · 6 years
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ricorsività
l’ansia che mi fa venire i problemi di concentrazione che mi fanno venire l’ansia che mi fa venire in mente una persona che mi fa venire
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domenicodelnegro · 3 years
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DIO gioca a SCACCHI con la Luce. Certamente, Dio non gioca a dadi, come affermava Einstein, ma forse gioca a scacchi. Infatti, lacreazione potrebbe essere intesa come una realtà interattiva, dove chi stabilisce strutture e regole debba confrontarsi necessariamente con la situazionalità emergente al suo interno. Questa necessità potrebbe essere essa stessa una regola stabilita a monte dal creatore. Se il mondo fosse concepito come una scacchiera, la sua struttura o circostanza di base sarebbe predeterminata e fissa. Se ci riferiamo al gioco degli scacchi anche i pezzi utilizzati per il gioco sono sempre gli stessi in numeroe qualità ed ognuno di essi, secondo il tipo, conserva i suoi valori predeterminati e modi fissi di potersi spostare. Le regole e le procedure del gioco non cambiano e lo sviluppo delle partite muoveda una situazione iniziale prevedibile: i modi di apertura sono in numero limitato e solo poche determinate aperture sono le più frequenti. Poi, nel corso del gioco, si sviluppano situazioni sempre nuove e diverse in base alle strategie, alle tattiche e al potere “posizionale” che i pezzi e la loro relazione via via assumono nell’ambito dello scacchiere in aggiunta al loro potenziale gerarchico iniziale (o talvolta persino a prescindere da esso). Dunque, è vero: a seconda delle partite che si giocano, si creano situazioni sempre nuove e diverse, ma è altrettanto vero che esse sono sempre configurabili in una sorta di coerenza secondo lamoderna teoria matematica dei “frattali” o rappresentazione geometrica del caos, il quale “caos” possiederebbe comunque in sé i germi dell’ordine e della ricorsività ciclica. Dunque, la situazionalità si svilupperebbe quasi paradossalmente dalla codificazione e le situazioni sempre nuove e diverse si determinerebbero in funzione progressiva ed in base alle strategie, alle tattiche e, come si è già sottolineato, al potere che i pezzi e la loro relazione assumono progressivamente nel contesto della scacchiera. Alla fine si scopre che nessuna partita è perfettamente sovrapponibile ad un’altra, per quanto talvolta le fisionomie del gioco possano rassomigliarsi. Dunque obbligatorietà-necessità e libertà- contingenza so https://www.instagram.com/p/CSg_wanqrC8/?utm_medium=tumblr
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Ricorsività
Dopo tanto tempo dall'ultima volta Oggi ho riascoltato quella canzone Che mi dicevi ti ricordasse di me
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shindrake · 4 years
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Recensione: A girl missing, di Koji Fukada ★★★★
Recensione: A girl missing, di Koji Fukada ★★★★
La sottile linea che separa la vittima dal carnefice è tema ricorrente degli ultimi film del sensibile Koji Fukada, regista che usa la camera in maniera circostanziata e delicata per non appesantire la grevità di molti dei suoi temi. A girl missing si può definire una specie di sequel ideologico dell’affascinante Harmonium, nella ricorsività suadente, semplice e toccante di una infermiera che dà…
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