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Giornata Nazionale ADISCO: Un Dono di Vita attraverso la Donazione del Sangue Cordonale
Ad Alessandria, una celebrazione della solidarietà e della ricerca medica per promuovere la donazione del sangue cordonale.
Ad Alessandria, una celebrazione della solidarietà e della ricerca medica per promuovere la donazione del sangue cordonale. Il 15 novembre 2024, Alessandria celebra la Giornata Nazionale ADISCO (Associazione Italiana Donatrici Volontarie Sangue di Cordone Ombelicale), un evento annuale dedicato alla sensibilizzazione sull’importanza della donazione del sangue cordonale. Questa giornata speciale…
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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Perfetti per l'estate
Come di consueto, proponiamo agli affezionati lettori delle biblioteche milanesi la nostra rubrica di consigli di lettura, perfetti per l’estate!
Fonte: Pexels
La recente ristampa de Al paradiso delle signore di Zola è una ghiotta occasione per leggere un romanzo avvincente, tomo XI del ciclo dei Rougon-Macquart: un feuilleton di gran classe per gli appassionati di moda, scritto da un maestro nell’arte della descrizione (il tema è simile a quello de Il ventre di Parigi, ma concentrato sull’abbigliamento), “che esplora lucidamente l’universo femminile”, spaziando per tutti gli strati sociali della Parigi di metà Ottocento. Una lettura che analizza la nascita di un fenomeno moderno tuttora in espansione: il grande magazzino, oggi diventato centro commerciale (come in Il denaro si descriveva la bolla finanziaria del 1860, profetica di quelle dei nostri tempi). Non erano necessarie le parole di Gide (e di molti altri critici citati nella preziosa prefazione di Mario Lunetta) per rivalutare questo capolavoro. Iperbolico, lussureggiante, immaginifico.
A questo romanzo è vagamente ispirata la serie televisiva italiana trasmessa da Rai 1 dal 2015, ora diventata una vera e propria soap, ma ambientata tra gli anni cinquanta e sessanta a Milano, dove esistette davvero un negozio chiamato “Paradiso delle signore”.
Ironico (di un’ironia antifrastica), divertente, scorrevolissimo, Di chi è la colpa? fu pubblicato nel 1947 ed è l’unico romanzo dello scrittore russo Aleksandr Ivanoviĉ Herzen. Dimenticatevi Tolstoj e Dostoevskij, il suo stile ricorda piuttosto il Gogol’ fantasioso e stravagante dei racconti. Citiamo dalla prefazione di questa recente ristampa: «È strano che questo straordinario scrittore, in vita celebre personalità europea, stimato amico di Michelet, Mazzini, Garibaldi e Victor Hugo, a lungo venerato nel suo paese non solo come rivoluzionario, ma come uno dei più grandi uomini di lettere, sia tuttora poco più di un nome in Occidente. Il piacere che si ricava dalla sua lettura … rende ciò una strana e ingiustificata perdita». Sottoscriviamo in pieno.
È già in testa a tutte le classifiche la nuova avventura, attesa da ben sei anni dopo Il morso della reclusa, dell’ispettore Adamsberg, creato dall’abile penna della scrittrice francese Fred Vargas, questa volta in trasferta nella selvaggia Bretagna, il regno di Asterix e dei menhir. Sulla pietra è il decimo resoconto della serie dell’improbabile ispettore e le profonde conoscenze storiche dell’autrice si dispiegano felicemente in questo noir ricco di misteri e di legami con il passato.
Appena ripubblicato da Edizioni Capricorno nella collana Capolavori Ritrovati, L’altare del passato di Guido Gozzano ci consente di scoprire, se ancora non l’abbiamo fatto, la prosa del poeta di “Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”. In questi undici racconti “riaffiorano tutti i temi cari al poeta - la malinconia, il rimpianto per il tempo che passa, i ricordi ingialliti, l’esitazione amorosa, l’indulgenza verso gli oggetti inutili”.
A cento anni dalla nascita dell’autore (New Orleans 1924 - Bel Air 1984) Garzanti ha appena ripubblicato Bare intagliate a mano: cronaca vera di un delitto americano (presente anche nella raccolta Musica per camaleonti), sorta di reportage esposto in forma narrativa di Truman Capote. Non potevamo aspettarci niente di meno dallo scrittore che, dieci anni prima della pubblicazione di questo giallo, in Sangue freddo (da cui nel 2005 è stato tratto un film con la strepitosa partecipazione di Philip Seymour Hoffman) aveva romanzato un fatto di cronaca che nell’America del 1959 aveva destato grande scalpore: lo sterminio di un’intera famiglia per un bottino di pochi dollari.
Anche questo thriller, per quanto incredibile possa sembrare la sua progettazione (e poi realizzazione), si ispira alla realtà, raccontata in forma di dialogo tra l’autore e l’investigatore incaricato delle indagini. Uno stile assolutamente inimitabile.
Ambientato in una Milano semideserta di metà agosto (il cadavere di una donna annegata viene recuperato nel Lambro) Le conseguenze del male di Gian Andrea Cerone è ormai un best seller. Avevamo già proposto questo autore nel post natalizio (I libri della renna) per un racconto contenuto nell’antologia Un lungo capodanno in noir, la cui protagonista, Marisa Bonacina, era la moglie del commissario Mandelli, che invece campeggia in questo thriller estivo da leggere tutto d’un fiato. Il numero di donne trovate annegate è decisamente troppo alto perché si tratti sempre di suicidi e, contestualmente, il commissario, costretto a interrompere le ferie, si trova a fare i conti con il passato. Un duplice percorso di indagine guidato da una scrittura che attanaglia l’attenzione del lettore per non abbandonarla più.
Il Saggiatore ha appena ripubblicato una raccolta dei racconti di un autore ingiustamente dimenticato, Guido Morselli, intitolata Gli ultimi eroi. “Gli ultimi eroi raccoglie per la prima volta tutti i racconti di Guido Morselli, narrazioni in cui, come solo nelle sue opere più alte, la sua invenzione si libera, dando vita a realtà alternative e a commoventi ritratti umani: da un Mussolini che si trasforma per amore in leader democratico all’incontro fra Pio XII e uno Stalin che vuole sostituirlo con un sosia; dall’ultima grottesca resistenza di un gruppo di soldati nazisti fuggiti da un manicomio a un comico tentativo di far finanziare agli americani l’Unità d’Italia. Fantasmagorie proiettate sul muro da una lanterna magica, la cui luce ci permette di osservare per una volta, una volta ancora, l’abbacinante talento di un maestro nascosto”. Da non perdere.
Se ancora non l’avete letto, vi consigliamo Zipper e suo padre, uno dei migliori romanzi di Joseph Roth. Ambientato durante gli anni della Grande guerra e della repubblica di Weimar, è incentrato sul tema universale dei rapporti familiari e questo ne fa un’opera sempre attuale. Dal padre frustrato che maltratta e umilia la moglie e il figlio primogenito, al protagonista (amico del narratore, rappresentato dallo scrittore stesso) Arnold che, dopo la partecipazione al conflitto, si isola diventando angolista, neologismo che indica la sua volontà di stare in disparte in qualsiasi circostanza sociale, la famiglia Zipper rappresenta il simbolo dei danni provocati dalla guerra. Il risultato è la formazione di una generazione di indifferenti (per citare le parole dell’autore), proprio come li descriveranno Gramsci, nell’articolo Odio gli indifferenti, e Moravia, nel suo capolavoro. Si gusta ogni singola pagina.
#emile zola#herzen alexandr ivanovic#fred vargas#guido gozzano#truman capote#gian andrea cerone#guido morselli#joseph roth#antonio gramsci#alberto moravia#philip seymour hoffman
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Small things
Mi piacciono le cose che gli altri nemmeno notano, quelle che appaiono come piccole, imperfette e spesso banali.
Le venature delle foglie, per esempio, che tracciano righe via via più sottili, mano a mano che si allontanano dal centro verso le estremità della foglia come tante minuscole vene che irrorano la pianta trasportando il nutrimento nel suo sangue verde di crolofilla al pari del lavoro svolto dal nostro sangue; mi piace come ogni pianta abbia le sue foglie, diverse da quelle altrui e persino difformi tra loro poiché non ve ne sarà mai una in tutto e per tutto identica ad un'altra.
I fiori ed il muschio che crescono tra i ricami di cemento spezzando il nero con i loro colori brillanti e festosi, svettando mossi dal vento a suggello della loro vittoria sul catrame dell'asfalto e della loro resilienza.
Le differenti tipologie di cinguettii emessi dagli uccellini, incasellati uno dietro all'altro per avvertire di un pericolo, per corteggiare, per ammaliare o semplicemente per cantare al mondo intero la loro esistenza mentre eleganti e leggeri prendono il volo librandosi nel cielo di frasca in frasca.
Le sfumature che la flora e la fauna acquatiche conferiscono all'acqua rendendola viva e pulsante e permettendole di cangiare a proprio piacimento dal blu, al verde, al celeste o al nero pece a seconda del mondo che va ad accogliere e delle stagioni che andranno a susseguirsi, creando specchi più o meno cristallini in cui riflettersi e dove riflettere.
Le "consistenze" difformi delle nuvole, più o meno dense, soffici, sfibrate che conferiscono alle stesse quel magico gioco di mutare forma e solleticare la nostra fantasia ad associarvene una per ciascuna o viceversa ad associarle alla panna, allo zucchero filato e via discorrendo mentre puntiamo in su i nostri nasi.
L'odore che permea la carta dei libri a seconda della cellulosa scelta per creare il foglio, dell'inchiostro che vi è stato intriso, delle mani delle persone che lo hanno stretto, assume quando aperto se ne respira la storia, la realizzazione nel frattempo che si leggono mirabolanti avventura, si studiano nuove informazioni, si notano i piccoli dettagli delle figure o le finiture che ne rilegano le pagine alla copertina stessa.
Il sapore dolce e zuccherino della frutta appena raccolta, leggermente calda per via della temperatura, ma così soddisfacente da addentare durante l'estate quando è accatastata nelle ceste in vimini costruite a mano da chissà che artigiano esperto e che profumano di frutta, d'estate, di sole e di terra; che vengono riportate nelle case per realizzare deliziose confetture e marmellate da conservare per l'inverno.
Il profumo persistente del legno che scricchiola nel camino e che riscalda la casa diffondendo la sensazione di coccola emanata dal cedro, dal pino, dal ciliegio e che ti si appiccica addosso come un profumato scudo contro il gelo.
La morbidezza della pelle dei neonati quando solamente gli sfiori e con la forza di quelle manine tanto piccole ti stringono il dito e tu senti tutta la vita e la sua forza in un piccolo esserino morbido e profumato, che seppur fragile all'esterno è spesso molto più forte di noi all'interno.
La laboriosità delle formiche che in fila indiana trasportano le briciole di pane e si muovono come un piccolo esercito minuscolo, ma compatto formando a volte anche curiosi "disegni" durante il tragitto.
Mi piacciono i nei, quelli piccoli o dalle forme particolari, quelli che se uniti creano quasi delle forme o delle costellazioni sulla pelle delle persone,come se seguissero il loro personale schema.
Le sfumature di colore, le pagliuzze più o meno dorate, le punte più accese di una sfumatura quando guardando una persona negli occhi sotto diverse luci, secondo diverse angolazioni o altresì a seconda dell'umore animano la persona da dentro, accendendo ora una sfumatura, ora un'altra permettendo di cogliere nel suo complesso quest'opera d'arte straordinaria.
Sono belle le rughe in un viso, in un punto preciso, le fossette, le voglie o le lentiggini, sono preziosi i riflessi tra le ciocche di capelli, i vari particolari che danno senso al tutto; come pennellate di colore su una tela che sigillano la composizione.
L'andatura di coloro che mi trovo ad osservare mentre passeggiano, il modo di adagiare il piede al suolo o viceversa di sollevarlo dal terreno per spostarsi, l'ampiezza della falcata, il punto esatto in cui si possono il tacco o la punta della scarpa, il movimento oscillatorio o assente delle mani, composte o sbarazzine.
Sentire il mare dentro una conchiglia, il ticchettio della pioggia, la neve posarsi sulle superfici ricoprendole, il suono del mare, del vento.
Il timbro di una voce, il suo tono, l'incriminazione di una parola, il sentimento in un'altra, l'accento utilizzato o la sua assenza, le vocali chiuse e quelle aperte, la scelta delle parole in un discorso o l'assenza del suono stesso; l'intensità del silenzio.
Contare i puntini sul dorso delle coccinelle o i cerchi nei tronchi degli alberi per calcolarne l'età; il cambio di "casa" di un paguro che lascia una conchiglia per sceglierne un'altra con chi adornarsi.
Le impronte lasciate dalla farina sui vestiti quando si prepara un dolce e che sembra di farci uscire dal forno del Mulino Bianco talmente abbiamo gli indumenti cosparsi.
Le filastrocche, i giochi e le ninnnananne di quando ero bambina e che ancora ricordo e canticchio di tanto in tanto come svagare la mente o per addormentarmi la notte.
Saltare nelle pozzanghere formate dopo i temporali, camminare nei cumuli di foglie secche in autunno e sentirle scricchiolare sotto le suole delle scarpe, stendersi sulla coltre bianca e fare gli angeli di neve rabbrividendo per via del freddo, ma ridendo per il divertimento dato dal gioco.
Potrei proseguire ancora, ma non mi basterebbe una vita intera, perché troppo belle e straordinarie sono le piccole cose ed io le amo tutte.
-umi-no-onnanoko ( @umi-no-onnanoko )
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Con le ali tagliate nel sangue, spazzate via dal vento crudele e cinico della vita, così ti ho trovata, esanime in terra, indifesa e tremante nella notte oscura. Come un Dio in terra, ti ho raccolta, accolta e protetta tra le mie braccia, potenti e sicure, E così nel tempo, ti ho donata il mio amore è tutta la vita. Ti ho creato e forgiato nuove ali per volare libera e felice Verso nuovi orizzonti, senza catene. Ed ora è giusto il momento, non indugiare oltre, e ti prego, non voltarti mai indietro. Ciao piccolo angelo mio…..
OscuroIo
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Il Gladiatore II: Un Viaggio Epico tra Politica e Cinema
Sangue, rabbia e una narrazione epica per un sequel potente e, a tratti, visionario. Un film che può essere letto anche alla luce delle problematiche contemporanee. Sullo schermo, Paul Mescal, Pedro Pascal e un magistrale Denzel Washington sono i protagonisti.
Il titolo stesso, Il Gladiatore II, ha un impatto gigantesco. Un film che mira a riportare sul grande schermo un tipo di cinema spettacolare, emotivo e maestoso, che sembra essere scomparso, ormai rivolto solo a un pubblico più distratto. Ma, sin dalla prima scena, Ridley Scott ci trasporta in un universo che richiama i grandi kolossal del passato: Ben-Hur, Quo vadis? e Spartacus, con tanto di omaggi. Eppure, nonostante l’omaggio al passato, Il Gladiatore II non è solo un grande seguito, ma un progetto che guarda anche al futuro, pur mantenendo il legame con la tradizione del cinema epico.
Le premesse erano alte, eppure il risultato non ha solo soddisfatto le aspettative, ma le ha superate. Creare un seguito per un film leggendario come Il Gladiatore - che ha segnato una generazione - non era certo facile, ma Ridley Scott è riuscito a mantenere intatto lo spirito originale, pur dando vita a un film indipendente, contemporaneo e quasi visionario. Inoltre, con la sceneggiatura di David Scarpa, il film risulta essere uno dei più politici del regista, un'opera che, soprattutto in un'epoca in cui pochi autori osano esprimere opinioni forti, si propone come una dichiarazione di intenti chiara e potente.
Il Gladiatore II: Il Testimone di Massimo Decimo Meridio
Tra vendetta, redenzione e un viaggio che tocca anche dimensioni spirituali, Il Gladiatore II si fa portatore di un messaggio forte. Pur essendo ambientato in un mondo antico, la storia è un riflesso critico di un mondo moderno, in cui il potere e la guerra sono il terreno fertile di una politica corrotta e amorale. È un mondo che, sfortunatamente, somiglia molto al nostro. In questo contesto, la Roma che viene ritratta nel film è sull’orlo del collasso, e la trama riesce a rendere tangibile questa sensazione di decadenza.
A vent'anni dalla morte di Massimo Decimo Meridio, l'eredità del leggendario gladiatore viene raccolta da Lucio Vero (Paul Mescal), un uomo ridotto in schiavitù dopo essere stato deportato dalla Numidia (l'antico nome del Nord Africa) dalle legioni di Marco Acacio (Pedro Pascal), sotto il dominio degli imperatori Caracalla e Geta. Arrivato a Roma, Lucio viene costretto a combattere come gladiatore per il crudele Marcrinus (Denzel Washington), uno schiavista senza scrupoli che trama per raggiungere il potere.
Il sogno di Roma e il crollo dell'Occidente
Ciò che distingue Il Gladiatore II da tanti altri sequel è la sua forte componente politica, che va oltre la trama e si intreccia perfettamente con la narrazione storica e i temi trattati. La storia, infatti, si presta a una lettura che richiama le analogie tra l'Impero Romano e gli Stati Uniti moderni. Il sogno di Roma, incarnato da Lucio e poi da Marco Acacio, è il medesimo sogno tradito dell'“American Dream” – una promessa di libertà e giustizia ormai svuotata di significato.
Con una regia impeccabile, che riesce a catturare l'essenza del passato con grande maestria, Scott affronta temi come la democrazia, l'oppressione, la civiltà, la rivoluzione e la resistenza. La scenografia, la fotografia (firmata da John Mathieson) e la colonna sonora (di Harry Gregson-Williams, che si fa portavoce della grande tradizione musicale di Hans Zimmer e Lisa Gerrard) accompagnano lo spettatore in un viaggio visivo che fa vibrare ogni singola scena. Eppure, un avviso: non cercate una riproduzione storicamente fedele; il cinema, come sempre, è prima di tutto un'arte, non una lezione di storia.
In questo contesto, Lucio, interpretato da Paul Mescal, emerge come una figura potente e moderna, ancora più incisiva di quella di Massimo Decimo Meridio (Russell Crowe), che pur non essendo presente, si fa comunque sentire. Lucio è l'emblema di un eroe che cerca giustizia e libertà, ma che si scontra con la realtà di un mondo ormai corrotto. La sua lotta per il sogno di Roma è una riflessione sulla fine di un impero e sulla ricerca di un ideale che ormai è sfocato. In qualche modo, Lucio rappresenta un tentativo di riscatto in un’epoca che sembra incapace di cambiare. È la rivalutazione del sogno di Roma, ormai svuotato di significato e destinato a crollare sotto il peso della sua stessa corruzione. Una riflessione che si estende anche al nostro presente, dove le stesse dinamiche di potere e paura sembrano prevalere.
Conclusioni
Il Gladiatore II di Ridley Scott è un sequel che non solo rispetta, ma espande l'eredità del film originale. È un'opera cinematografica potente e significativa, che si distingue per il suo spirito politico e la sua visione. Con ogni scena, Scott ci regala un'esperienza che mescola perfettamente spettacolarità e riflessione profonda, facendo di questo sequel una delle migliori esperienze cinematografiche recenti.
👍🏻
Una regia imponente e maestosa.
L'approfondimento politico e sociale.
La performance di Denzel Washington.
Il sequel che mantiene lo spirito dell'originale.
👎🏻
Inaspettatamente, il film potrebbe sembrare durare meno rispetto alla sua ambizione narrativa.
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Quando un social è gratis, vuol dire che il prodotto in vendita sei tu.
Se la tua domanda posta riguarda l'argomento in causa (social offerti gratuitamente), rispondo che gli "acquirenti di un social" sono le aziende che raccolgono dati sensibili per profilare gli utenti - accade anche quando un social ti propone pubblicità.
Se la tua domanda posta è specificatamente sulla mia persona, rispondo che io non sono in vendita, perché sto offrendo le mie foto e i miei contenuti senza chiedere nulla in cambio: nemmeno un caffè.
Stephen King, in un suo racconto, ha provato a dare una interpretazione a questa diffusione di social/app gratuite; il racconto fa parte della raccolta di quattro scritti inediti di King, intitolata “Se Scorre il Sangue“, pubblicata nel 2020, su cui è stato fatto un adattamento cinematografico (Mr. Harrigan’s Phone), recuperabile su Netflix.
Il solo fatto che per potermi iscrivere su questa piattaforma, passando da Instagram, io abbia dovuto, per forza, offrire dati reali e foto reali (come altri hanno fatto, oltre a me), offre prova concreta, anche a chi non sia esperto informatico, che siamo noi, con i nostri dati, la nostra vita privata, il prodotto venduto qui ad aziende terze - su cui Zuckerberg guadagna moltissimo.
In un social gratuito, come Facebook, Instagram, ed ora Threads, non dovrebbe essere assolutamente richiesto che i tuoi dati immessi per iscriverti siano reali (altrimenti viene cancellato il tuo account), poiché la privacy deve prevalere sempre per tutelare il cittadino comune; ma ciò accade, poiché veniamo tutti profilati e venduti come merce di scambio ad aziende e politica.
#social#gratis#prodotto#vendita#acquistare#dati sensibili#profilare utenti#aziende#social networks#pubblicità#domande#offrire#caffè#chiedere
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Ieri notte stavo andando a letto Avevo sei libri di poesia sul comodino e una zanzara sul muro Ho scelto la raccolta di Patrizia Cavalli e l’ho scagliata contro la zanzara che è rimasta spiaccicata sulla parete in una macchia di sangue Gli altri libri erano I Sonetti amorosi e morali di Quevedo Elegia di Mariasole Ariot Il Gatto lupesco di Edoardo Sanguineti I Sonetti dei Giorni di Quarzo di Aldo Nove e i Ragli di Fabio Greco Se avessi avuto qualche testo di Arminio non avrei rischiato di macchiare le parole limpide e trasparenti della Cavalli Ogni scelta è una negazione sosteneva Spinoza
La zanzara sul muro da ((( aitanblog )))da aitanblog
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Quest'anno mi vesto da rancore. Quest’anno mi vesto da “bene, bene, e tu?”.
Quest’anno mi vesto da comprensione del testo, da influencer che piange, da neurotipico per fama, da meme buffissimo sul fatto che non avremo la pensione. Quest'anno mi vesto da ci sono questioni più importanti, da benaltrismo, da non si scherza su certe cose, da la guerra è orribile e il mio libro è in libreria. Quest'anno mi vesto da brava persona, da buon padre di famiglia, da troppo amore, da raptus, da titolista di quotidiano. Mi vesto dal tuo vicino di casa, mi vesto dal mio che ha venduto l'anima al diavolo per l'immortalità e un tosaerba, oppure mi vesto da quello stronzo del suo vicino, che poi sarei io.
Quest'anno mi vesto da breve incontro, da sentimento non corrisposto, da visualizzato e non riposto, da tutto quel ghosting, fatto e subito, che potremmo aprirci una casa stregata.
Mi vesto da messaggi alle due del mattino, da telefonata non richiesta, dall'interregionale veloce che ho preso e forse non era il caso. Dal fatto che non posso lasciarlo, mi ama troppo.
Quest'anno mi vesto da accisa, da rincaro, da fine mese, da per il contratto ormai se ne riparla l’anno prossimo. Mi vesto da regali di Natale, da pagami un caffè, da wishlist Amazon sotto il post dov’è morto papà.
Quest'anno mi vesto da dono della sintesi, dalla parola morbidoso, da neolingua, da congiuntivo in una pozza di sangue, da mio cugino che si rivende il bonus cultura da 500 euro a 200.
Quest'anno mi vesto da tastiera. Quest'anno mi vesto da parere, da informazione, da opinione informata, da lungo elenco emozionale per raccattare un po’ di like. Quest'anno mi vesto da commento social, da mio zio che mi vuol bene e mette la faccina che ride sotto il post della strage e io al pranzo di Natale dovrò capire quale dei due sentimenti è più forte.
Quest'anno mi vesto da oh, se funziona significa che ha valore, se vende è bravo, se piace è giusto così.
Quest'anno mi vesto da necrologio a fumetti di uno famoso pronto venti minuti dopo che è morto. Da ordigno sui binari, da tizio sotto un treno, da sciopero generale, da 120 minuti di ritardo.
Quest’anno mi vesto da ponteggio, da elmetto, da norma di sicurezza, da fatalità, da tragico incidente, da morte bianca ma così bianca che non è colpa di nessuno.
Quest'anno mi vesto da corteo, da manifestazione, da raccolta firme, dalla voglia di cambiare il mondo che si scontra con un mondo che non ha tanta voglia di cambiare. Mi vesto da poliziotto troppo zelante, da abuso di autorità, da eccesso colposo di legittima difesa.
Quest’anno mi vesto da quella serie tv che devi troppo vedere, mi vesto da sinonimo, da perifrasi, da non meglio identificata matrice squadrista, da fragilità esistenziale, da anche cose buone. Mi vesto da accorato, coraggioso, disinteressato appello al cessate il fuoco, dove però la parola guerra la censuro perché altrimenti l’algoritmo mi penalizza.
Quest'anno mi vesto dalle parole che non diciamo, dagli specchi che copriamo.
Quest'anno mi vesto da Tosa, da Gramellini, da Fazio, dal primo che ha deciso che il modo migliore per opporsi alla retorica di una destra priva di contenuti fosse imitarla.
Mi vesto dalla condivisione spietata di ogni ricordo importante, di ogni esperienza significativa, di ogni preziosa cronaca famigliare sperando che alla fine ne rimanga qualcuna per me. Mi vesto da persona così naturalmente gentile che ce lo deve raccontare.
Mi vesto dagli eserciti di mamme, nonne e zie che si sono conquistate con le unghie e con i denti prima un palinsesto, poi un social e domani, probabilmente, il mondo.
Quest'anno mi vesto da ansia, da panico, da soffitto di camera da letto, da pelo bianco sul cazzo, da quella cosa che il dottore dice che non sa bene cos'è, magari è psicosomatica, provi a rallentare. Quest'anno mi vesto da io che penso che se rallento ancora un po’, sto fermo.
Quest'anno mi vesto dalla distanza tra l'uomo e l'artista, mi vesto da pessima persona che fa arte bellissima, perché di vestiti da brava persona che fa arte mediocre ce ne sono già troppi.
Quest'anno mi vesto da quella cosa spaventosa che faccio finta non ci sia, che non ho mai detto a nessuno, neanche a me, eppure sta lì e mi fissa ogni giorno.
Quest'anno mi vesto da domani, da futuro, da inutile fasciarsi la testa prima del tempo, da bestemmia quotidianamente voluta, cercata, ponderata, trattenuta e, quietamente, somatizzata.
Anzi no. Quest'anno non mi vesto da niente, che siamo già a posto così.
(Dalla pagina Non è successo niente di Fb, che vi consiglio caldamente di seguire)
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Francis che si ferisce e muore in una mia fanfiction, CHE STRANO, non lo faccio MAI soffrire io.......
"Morire nella fossa"
Arthur si avvicinò a lui, scivolando sui ciottoli della trincea. - Che fine ha fatto lo schieramento guidato dal generale Bonnefoy? Il soldato di prima riemerse da un cumulo di ciottoli e fango tossendo, ancora frastornato dall’onda d’urto. - Non abbiamo più notizie della prima linea, signore. Arthur sentì il sangue ribollirgli nelle vene dalla rabbia. - E me lo dite solo adesso?! - sbraitò con occhi furenti.
Chapters: 20/31 "ANGST" Fandom: Hetalia (Anime & Manga) Rating: Mature Warnings: Graphic Depictions Of Violence Relationships: England/France (Hetalia) Characters: France (Hetalia), England (Hetalia) Additional Tags: One Shot Collection, One Shot, Hurt/Comfort, Angst, Romance, I've never participated to these kinds of challenges before help, I love FrUk Summary:
Una raccolta di one-shot scritte per l'evento FrUK-tober2024 organizzato da @imgigglesita su Tumblr (https://www.tumblr.com/imgigglesita) incentrate esclusivamente sulla coppia FrUK! A ogni giorno di ottobre il suo capitolo corrispondente. Non è necessario leggerli in ordine, trovate i titoli dei capitoli nell'elenco per leggere quelli che vi interessano di più. [Coppia principale: FrUK. Altre coppie che potrebbero comparire nei prossimi capitoli: Spamano, Gerita, USUK, altre] !!! Maybe I'll translate these one-shots in English but I still don't know !!!
Efp Fanfiction:
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e allora, eccomi qui
ho deciso e calcolato che finirò assolutamente oggi girl with dove ed entro venerdì the life of charlotte brontë perché in totale per entrambi mi mancano più o meno 200 pagine; la raccolta di racconti di gogol' che ho iniziato continuerò a leggerla con calma anche oltre questo mese ma in queste settimane voglio leggere almeno i due racconti di natale giusto perché sono nel mood (anche se ci sono streghe che banchettano con il sangue dei bambini, il che non è natalizio AFFATTO ma vedremo, avrò sicuramente un'opinione più accurata quando li avrò letti); continuo poi blackwater, anche questo senza troppa fretta, anche se comunque sono audiolibri e sicuramente finirò la saga molto presto visto che in questi giorni devo pulire tipo tutta la casa; se riesco e mi va finisco anche sorcery of thorns, che sto leggendo sul cellulare molto alla leggera soprattutto quando mi viene il sonno e sono a letto, e poi mi godo la raccolta che mi ha regalato ieri mamma perché penso che sia perfetta per questo periodo e direi che può bastare così per ora dai
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Il sangue di 1000 demoni
Una delle tante leggende che circolano nel mondo di Saiyuki è quella secondo cui se una persona uccide 1000 demoni si trasforma in uno youkai, infatti dal Saiyuubito abbiamo:
Blood of a Thousand Youkai 【千の妖怪の血 Sen no Youkai no Chi】 (Sai. Vol 4 - Continuous)
☆ A popular belief in Shangri-la that says “if one bathes in the blood of a thousand youkai, one will become a youkai,” but like the belief that “devouring the flesh of a virtuous monk will make one undying and un-aging,” it’s supposedly just a rumor. It is also speculated that the reason Hakkai actually changed into a youkai might have been because he had accumulated so much negative pathos within his body. It’s not that Chin Yisou was the thousandth youkai, nor is there any need to worry that Sanzo might later turn into a youkai (laughs).
che tradotto diventa:
Sangue di un migliaglio di Youkai 【千の妖怪の血 Sen no Youkai no Chi】(Sai. Vol 4 - Continuous)
☆ Un credo popolare nello Shangri-la che dice “se uno si macchia del sangue di un migliaio di youkai, diventerà uno youkai” ma come il credo che “divorare la carne di un monaco virtuoso,renderà immortali e sempre giovani” è presumibilmente solo una diceria. Si è anche speculato che la ragione per cui Hakkai in realtà è divenuto uno youkai, è che abbia accumulato molti sentimenti negativi. Non è vero che Chin Yisou è stato il millesimo youkai e nemmeno c’è bisogno di preoccuparsi che Sanzo possa trasformarsi in uno youkai (ride).
Quindi la Minkeura conferma che tanto la “leggenda” dei mille youkai quanto quella del consumo di carne di monaco virtuoso sono mere dicerie senza alcun fondamento anche se oltre ad Hakkai abbiamo altri esempi di persone divenute youkai dopo aver fatto fuori mille youkai ma li vediamo o solo nell’Anime (Gensoumaden,un episodio di riempimento,un filler,per la precisione l’episodio 18) o solo in Saiyuki Requiem,tuttavia notiamo subito che l’elemento comune a queste trasformazioni non è l’uccisione di 1000 youkai ma il sentimento di odio/ira/orgoglio ecc. Ecco questo ci fa capire una cosa importante se vogliamo interpretarla in un certo modo: se ci lasciamo guidare dalle emozioni ditruttive e offuscanti diventiamo noi stessi degli youkai.
Pur essendo una balla la trasformazione in youkai dopo l’uccisione di mille di questi, c’è un fondamento di verità con la realtà folkloristica giapponese ossia se passano 100 anni uno strumento di famiglia si carica di energia tanto da divenire esso stesso uno youkai, quindi è probabile che la Minekura abbia preso questo elemento folkloristico di forte stampo sciamanico e lo abbia poi reinterpretato per creare ad arte la leggenda/diceria dei 1000 youkai.
Questi oggetti che, raggiunta una certa età (100 anni), diventano youkai si chiamano Tsukumogami letteralmente “Kami degli oggetti”. Gli Tsukumogami furono usati per la diffusione anche ad un popolo poco colto, con già preesistenti conoscenze e tradizioni degli Tsukumogami, del Buddhismo Shingon. Noriko Reider spiega:
“Gli Tsukumogami sono oggetti di uso domestico animati. Una otogizōshi (“storia in compagnia”) intitolata Tsukumogami ki (“Raccolta di Kami degli oggetti”; del periodo Muromachi) spiega che dopo una vita di servizio durata quasi cento anni, gli utsuwamono o kibutsu (contenitori, attrezzi e strumenti vari) ricevono un'anima. Mentre si fa spesso riferimento a quest'opera come un'importante fonte per la definizione di tsukumogami, insufficiente attenzione è stata dedicata all'effettivo testo di Tsukumogami ki.”
Se andate nella pagina inglese di Wikipedia, trovere un elenco di Tsukumogami: https://en.wikipedia.org/wiki/Tsukumogami
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L'Immacolata
il sangue rientra nella sua ferita perché vuole dire tante altre cose, è un giorno perfetto di beatitudine, qualche centimetro dopo il vento riferirà com’è andata a finire, intanto la luce si chiama a raccolta rannicchiata come il pugile suonato nella sua guardia per non andare subito giù *
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TRAMONTO
Cos'altro mai puoi dirmi che io non sappia,
vena del sole che il sangue dai alla terra,
quieto sfrangiare di nebbia rifratta
tra l'azzurro del mare e il rosso cielo?
Quanti tramonti ci sono nei ricordi,
quante lingue di fuoco sulle acque,
e tutti si confondono, quando a notte,
calato il sole, si chiudono i tuoi occhi.
José Saramago ⚘⚘
Dalla raccolta " Le poesie "
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Roma: DonatoriNati promuove la solidarietà contro la violenza di genere. Donne per le Donne: in occasione della Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne DonatoriNati ha organizzato una straordinaria raccolta di sangue nell'ambito del progetto "Dal sangue versato al sangue donato".... 🔴 Leggi articolo completo su La Milano ➡️ Read the full article
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House of the Dragon 2, Episodio 7 (The Red Sowing): no Draghi, no Party!
Nel settimo episodio tornano protagoniste le creature mitologiche che tanto affascinano i fan di House of the Dragon, mentre le pedine sulla scacchiera prendono definitivamente posto in attesa del gran finale.
La Danza dei Draghi. Un nome così affascinante e suggestivo quello ideato da George R.R. Martin per indicare una doppia guerra, letterale e metaforica, che ha caratterizzato e segnato la storia dei Sette Regni nelle sue Cronache del ghiaccio e del fuoco. Ovvero la battaglia intestina dei Targaryen, la famiglia discendente dall'Impero di Valyria indissolubilmente legata ai draghi e al loro lignaggio sulla dinastia di sangue della Casa del Drago. Una guerra civile accennata nella saga principale di Game of Thrones e nella sua trasposizione televisiva Il Trono di Spade, e narrata più approfonditamente in Fuoco e Sangue, trasposta come House of the Dragon per la tv.
Uno di ritorni della puntata è Hugh Hammer
Proprio per il rapporto bilaterale tra i cavalieri e i loro draghi, non sono solo le creature a combattersi tra loro ma anche i loro "padroni", fratelli e sorelle di sangue, pronti a tradirsi e colpirsi alle spalle fino all'ultimo "Dracarys". Il prequel presenta così il settimo (e penultimo!) episodio, concentrandosi proprio su questa dicotomia e iniziando finalmente ad unire i puntini che finora erano stati, forse, troppo a lungo sparsi sull'arazzo che caratterizza la stupenda sigla di questo secondo ciclo.
House of the Dragon 2x07: cosa accade
Il settimo episodio di House of the Dragon 2 è davvero una summa delle tematiche che hanno caratterizzato e plasmato lo spin-off. Se di successione (più o meno) di sangue abbiamo parlato finora - e la sigla della prima stagione lo testimoniava - è tempo di andare a cercare gli antichi lignaggi mancanti o sopiti. Trovano quindi compimento le storyline finora solo apparentemente sparse - com'è tipico di Martin e dello showrunner, Ryan Condal - di alcuni popolani, ovvero Hugh Hammer (Kieran Bew), il Fabbro di Approdo del Re che aveva chiesto aiuto a Aegon II quando sedeva sul Trono di Spade; Ulf The White (Tom Bennett), l'ubriacone della taverna che aveva millantato tra una pinta e l'altra di essere sostanzialmente il fratello illegittimo di Viserys e Daemon e quindi lo zio di Rhaenyra; e Addam di Hull (Clinton Liberty), carpentiere a Driftmark, isola della Baia delle Acque Nere, sede di Casa Velaryon e del Trono di Legno.
Un cavaliere per un drago
Tutti a rapporto: anche gli Hull di Driftmark
Proprio da quest'ultimo parte la trama di questa puntata: Rhaenyra (Emma D'Arcy), legittima erede al trono, ha finalmente la prova che non sono solo i Targaryen "stretti" a poter cavalcare le mitiche creature. Dopo l'epic fail di Ser Steffon Darklyn, il piano della Regina e di Mysaria procede, nonostante le rimostranze non solo del Concilio Ristretto ma anche di Jacaerys (Harry Collett): quest'ultimo infatti rinfaccia alla madre la propria dinastia di sangue (il tema, come avevamo detto, torna centralissimo): sa di essere figlio biologico di Lord Harwyn Strong come lo era Luke, e la prova sono i capelli neri e non quelli argentei che caratterizzano la Casa del Drago, sentendosi ancor più delegittimato dell'eredità al Trono, come dicono da vent'anni le voci di corridoio nella Fortezza Rossa.
A questo punto è un drago a cercare un cavaliere e non viceversa: accade ad Addam, fratello minore di Alyn (Abubakar Salim) che ha salvato la vita di Lord Corlys Velaryon (Steve Toussaint) in mare. Una volta scoperto, Rhaenyra procede spedita chiamando a raccolta tutti coloro che hanno del sangue Targaryen nelle vene, anche se di basso lignaggio e bastardi. L'intuizione potrebbe rivelarsi fortunata e dare una svolta importante alla guerra in corso oltre alla storia di sangue della famiglia. Non è solo a livello narrativo che House of the Dragon subisce uno scossone: finalmente rivediamo i draghi protagonisti in tutta la loro magnificenza e le sequenze in cui affrontano i loro potenziali nuovi cavalieri sono epiche a dir poco, anche a livello registico.
La stasi di Daemon e La liberazione di Alicent
A proposito di scossoni, passiamo all'opposto. L'avevo definita la crisi di Daemon (Matt Smith) qualche episodio orsono, ma arrivati al penultimo comincio a pensare che forse sia stata solamente un pretesto degli autori per i cameo dalla stagione precedente (Milly Alcock, Nanna Blondell, Paddy Considine e così via).
Finalmente, però, anche qui sembra smuoversi qualcosa ed è di nuovo - come nella tradizione di Martin e della serie originale - a venire da un Lord erede ancora bambino ma che sa già il fatto suo: lo si era visto con Lyanna Mormont (che tra l'altro aveva "predetto" il prequel) e ora vi assistiamo nuovamente con Oscar Tully (Archie Barnes), che deve prendere l'eredità di Delta delle Acque dal nonno deceduto e provare a ristabilire l'ordine ad Harrenhal dopo le follie del Re Consorte, provando anche a fare da paciere nella lunga faida tra Bracken e Blackwood a cui avevamo già assistito ad inizio stagione, finalmente il fratello minore di Viserys comincia a preparare il proprio attacco per prendersi il Trono di Spade. Se nel mentre Daemon gioca a ghostbuster anche la storyline di Alicent (Olivia Cooke) sembra incentrarsi sui fantasmi del suo passato e sul ruolo di secondo piano che ora è costretta a ricoprire all’interno della corte e quel suo “scappare” per ritirarsi nel bosco, quando prendi letteralmente la frase “esci e tocca un pò d'erba”, rappresenta un qualcosa, un qualcosa così sottile che bisogna cogliere i dettagli disseminati per tutte le sue scene, il non indossare il verde, ma un blu che tende al verde, abbandonare i simboli della religione, a cui si è fortemente attaccata per molto tempo, tutto indica un cambiamento di rotta una rinascita se così si può dire e dal prossimo episodio forse vedremo cosa ci riserverà il suo personaggio. Mentre i Verdi hanno un Aemond (Ewan Mitchell) sempre più agguerrito. Eppure lo vedremo vacillare, proprio a bordo del suo drago; lo stesso che aveva reclamato ma non che non gli spettava di diritto e che ha portato alla morte di Luke. House of Dragon è (tornato ad essere) una storia di draghi oltre che di sangue. Lunga vita ai draghi!
Conclusioni
In conclusione il settimo episodio di House of the Dragon 2 vede di nuovo al centro i draghi, indissolubilmente legati a Casa Targaryen. Le loro sequenze sono spettacolari e ci rivelano molto di tanti personaggi e storyline presentati in modo sparso nelle precedenti puntate. I nodi stanno per venire al pettine, anzi le scaglie di drago stanno per farsi sentire. La (effettivamente) lunga crisi di Daemon oramai scricchiola e sembra un mero escamotage per allungare il brodo, ma potrebbe anche avere una svolta interessante, nel mentre Alicent combatte con se stessa con il nuovo ruolo datole a corte, così come le mosse dei Verdi e dei Neri. Chi reclamerà le mitiche bestie sputafuoco?
👍🏻
I draghi.
I cavalieri finora tenuti “nascosti”.
Emma D’Arcy: dobbiamo ancora lodare la sua performance come Rhaenyra?
Olivia Cooke, riesce in un lavoro molto difficile umanizzare un personaggio che in molti detestano e verso il quale non vogliono provare empatia.
👎🏻
La storyline di Daemon mi lascia estremamente perplessa.
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