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COMUNICATO STAMPA CONCORSO DI POESIE, FILASTROCCHE, RACCONTI E FIABE “LIBERA LA FANTASIA” – 5^ EDIZIONE
SCADENZA BANDO IL 20 MAGGIO 2023! GRANDI NOVITA’ PER I VINCITORI!
L’Associazione culturale e teatrale “Luce dell’Arte” ETS indice il Concorso di Poesie, Filastrocche, Racconti e Fiabe “Libera la fantasia”- 5 ^ Edizione per tutti coloro che hanno voglia di dare sfogo alla potenza dell’immaginazione attraverso la stesura di opere fantasy e non solo, essendoci anche due sezioni per opere a tema libero.
Quest’anno, in più, grandi novità per gli autori Primi e Secondi classificati!
Infatti, per i Primi classificati, se risultati vincitori per opere inedite, come ulteriore premio la realizzazione gratuita da parte nostra della stampa nel numero di 10 copie dell’elaborato con copertina originale, pronto per essere pubblicato con un contratto da “Luce dell’Arte Edizioni”, il nostro prestigioso progetto editoriale. Se, invece, i primi classificati risulteranno vincitori con opere edite, oltre al classico riconoscimento conferito dal Concorso, sarà fatta proposta di pubblicazione per un loro eventuale inedito nel cassetto, da sottoporre in seguito a valutazione della curatrice collane. Anche ai Secondi classificati che vincano, in questo caso, soltanto con testi inediti, sarà dato come valore aggiunto la possibilità di pubblicare con l’Associazione.
Il concorso è articolato in quattro sezioni ed è aperto a giovani e adulti italiani o stranieri. Età minima consentita per partecipare: 14 anni. Età massima: nessun limite.
A) Sezione Poesie e Filastrocche a tema fantasy: si può partecipare con poesie o filastrocche inedite o edite in lingua italiana o vernacolo con traduzione a tema fantasy. Il numero massimo di opere da inviare è di tre. Sono ammessi anche libri editi di poesie e filastrocche o e-book. Non ci sono limiti di lunghezza per gli elaborati.
B) Sezione Poesie e Filastrocche a tema libero: si può partecipare con testi inediti o editi in lingua italiana o vernacolo con traduzione a tema libero. Sono ammessi anche libri editi di poesie e filastrocche o e-book. Non ci sono limiti di lunghezza per gli elaborati. Il numero massimo di opere da inviare è di tre.
C) Sezione Racconti e Fiabe a tema fantasy: si può partecipare con racconti fantastici e fiabe inediti o editi. Sono ammessi anche libri editi di racconti e fiabe o e-book. E’ possibile aderire peraltro con sceneggiature, purché fantasy. Non ci sono limiti di lunghezza per gli elaborati. Il numero massimo di opere da inviare è di tre.
D) Sezione Racconti e Romanzi a tema libero: si può partecipare con racconti e romanzi inediti o editi. Sono ammessi anche libri di racconti editi o e-book. E’ possibile aderire peraltro con sceneggiature a tema libero. Non ci sono limiti di lunghezza per gli elaborati. Il numero massimo di opere da inviare è di tre.
Ogni concorrente può partecipare ad una o più sezioni. Prevista quota base di adesione di euro 10. Per ulteriori info scrivere a: [email protected] o telefonare al n. 3481184968. Partecipazione via e-mail e per chi impossibilitato via web, partecipazione cartacea. Scadenza bando 20/05/2023! Tutte le info su www.lucedellarte.altervista.org
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Popolo di Tumblr, vi ricordate quel post in cui dicevo di aver scritto un libro come regalo di laurea per mio fratello?
Ecco oggi sono orgogliosissimo di annunciarvi la sua pubblicazione: quella notte d'inverno, andammo a caccia di Yokai. È un'emozione incredibile.
Lo trovate qua:
E lo trovate anche qua: http://www.futuralibri.com/prodotto-143374/QUELLA-NOTTE-DINVERNO.aspx
Potete inoltre scrivermi per qualsiasi info. Spero tanto vogliate leggerlo e parli un pochino anche della vostra esperienza esistenziale.
Bacioni e buon Natale.
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25€ SPEDIZIONE GRATUITA - PIEGO LIBRI RACCOMANDATO consegna gratuita nell'area del comune di Firenze / contatto telefonico su richiesta
LIVELLO BIBLIOGRAFICO: Monografia
TIPO DOCUMENTO: Testo a Stampa
TITOLO: Il Fiume Livenza : Contributo Alla Salvaguardia Del Territorio
A CURA DI: Roberto Guerra – Massimo Mattozzi – Lamberto Uvai
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2003
EDITORE: Roberto Guerra - Tipolitografia Rubino
LUOGO DI PUBBLICAZIONE: San Stino di Livenza
DESCRIZIONE FISICA: 158 Pagine – Illustrazioni – 33 x 23 x 1 cm
FORMATO: Brossura Copertina Flessibile
FOTO AEREE: Roberto guerra
NOTE GENERALI: Volume 2 dell'opera Il Fiume Livenza E I Suoi Principali Affluenti
SOGGETTI: Fiume Livenza
ISBN: 8890128194
CLASSIFICAZIONE DEWEY: 914.53(21.) GEOGRAFIA. ITALIA NORDORIENTALE VENETO
LINGUA DI PUBBLICAZIONE: Italiano
PAESE DI PUBBLICAZIONE: Italia
Il libro "Il fiume Livenza. Contributo alla salvaguardia del territorio", a cura di R. Guerra, M. Mattozzi e L. Uvai richiama nuovamente l'attenzione del lettore sulla particolare importanza del fiume per il territorio. Le diverse voci che raccontano storie e vicende legate al fiume hanno un denominatore comune: l'amore, la sensibilità e l'interesse nei confronti del Livenza, da tutti considerato un asse di riferimento delle vicende sociali, storiche, militari, idrauliche delle regioni del Nord-Est. Devo ringraziare gli Autori, e Roberto Guerra in particolare, per avere compreso che anche le iniziative dell'Autorità di Bacino nei confronti del Livenza fanno parte delle cose da raccontare sul fiume. Proprio pochi giorni fa il Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino ha adottato i piani stralcio per la difesa idraulica del Livenza e per il suo assetto idrogeologico, definendo con precisione gli interventi che lo Stato adotterà per dare sicurezza ai territori attraversati dal fiume, con particolare riferimento al Pordenonese.
E’ anche questa una avventura da raccontare, assieme alle altre testimonianze riguardanti le antiche presenze antropiche e la storia dell'll° Reggimento Genio Guastatori, che spesse volte, in passato, è stato chiamato ad intervenire anche per fronteggiare le emergenze alluvionali del Livenza
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Arezzo, “Chimera com'era – Il mito svelato”: sabato 27 maggio presentazione del libro presso lo spazio multisala Eden
Arezzo, “Chimera com'era – Il mito svelato”: sabato 27 maggio presentazione del libro presso lo spazio multisala Eden. La Chimera e il suo mito continuano ad appassionare. È fresco di stampa un nuovo volume dedicato al bronzo etrusco curato da Massimo Gallorini, presidente del Centro Studi Arte&Co.Scienza, dal titolo “Chimera com'era – Il mito svelato”, edito da Polistampa, la cui presentazione si terrà sabato 27 maggio alle ore 10:00, presso lo spazio multisala Eden. Il volume nasce da un progetto ambizioso quanto affascinante: ricostruire l’aspetto originale dell’opera risalendo a quando, nel IV secolo a.C., fu collocata come dono votivo all’interno di un tempio o un altro spazio riservato al culto. Frutto di una lunga ricerca, il testo si basa su un approccio inedito che comprende nuovi studi sulla cromia e sulla tecnica, fornendo anche informazioni su di un ipotetico complesso di sculture che comprendeva Chimera, Pegaso e Bellerofonte. Nella pubblicazione, la storia inizia 2400 anni fa con l’ideazione/produzione da parte delle maestranze etrusche-elleniche di questo misterioso manufatto simbolo della città di Arezzo e della sua storia, dando particolare spazio all’analisi di quanto avvenuto nel tempo dalla scoperta in terra d’Arezzo durante gli scavi del 1553, il restauro del Carradori fino alle fedeli riproduzioni bronzee realizzate dal Centro Studi, grazie alla Direzione regionale Musei della Toscana. Ma l'impegno del Centro Studi Arte&Co.Scienza non si ferma soltanto alla ricerca, si rivolge anche alla formazione dei giovani. Sempre nella stessa giornata di sabato 27, a seguire la presentazione del libro, sarà illustrato nei dettagli il concorso Biennale Giovani promosso dal Centro Studi insieme al liceo artistico Piero della Francesca. Si tratta di un progetto pensato da e per i giovani, rivolto ad artisti che, attraverso la scultura, la fotografia, l’illustrazione, la pittura, la serigrafia, la poesia visiva, la video-arte e la street-art sono chiamati ad interpretare il tema “la bellezza salverà il mondo”, frase pronunciata dal Principe Myskin nel celebre romanzo di Fiodor Dostoevskij, dove per bellezza si intende lo “splendore del Vero”, secondo una definizione di Platone. Il concorso vuole valorizzare la creatività a partire dalla nostra terra con un progetto che sarà esteso a livello nazionale, e sarà il primo ad essere aperto a tutti gli artisti e designer (singoli o riuniti in collettivo) a partire da 16 anni di età. La partecipazione al concorso è gratuita. Obiettivo del concorso, del quale presto sarà pubblicato il bando, è quello di dare la possibilità a giovani e studenti di mostrare la propria arte ad un pubblico più ampio fuori delle mura scolastiche e domestiche. Entrambi gli eventi hanno ottenuto il patrocinio del Comune di Arezzo e del il marchio del Consiglio Regionale della Toscana. La giornata di sabato si concluderà nel pomeriggio presso la sede del Centro Studi Arte&Co.Scienza, dove alle ore 15:00 verrà svelata una fedele copia in bronzo della Chimera che ha visto la luce anche grazie all’appassionato lavoro di alcuni studenti e stagisti. Tale opera traduce nella pratica gli studi racchiusi nella pubblicazione. Alla realizzazione delle iniziative hanno collaborato: Rotary Arezzo, Fondazione Guido d’Arezzo, University of Oklahoma, Liceo artistico Piero della Francesca, ITIS Galileo Galilei, TCA spa, Centro Chirurgico Toscano, Fonderia Artistica del Giudice, The Circle Of Life Art Gallery, Fondazione Monnalisa, Maestro Vittorio Angini.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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AVVIO PREORDER
🦩 "𝚃𝚒𝚖 𝙱𝚞𝚛𝚝𝚘𝚗 𝚎 𝚒𝚕 𝚌𝚊𝚝𝚊𝚕𝚘𝚐𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕𝚎 𝙼𝚎𝚛𝚊𝚟𝚒𝚐𝚕𝚒𝚎. 𝚄𝚗 𝚜𝚊𝚐𝚐𝚒𝚘 '𝚙𝚘𝚙' 𝚝𝚛𝚊 𝚕𝚎𝚝𝚝𝚎𝚛𝚊𝚝𝚞𝚛𝚊 𝚎 𝚌𝚒𝚗𝚎𝚖𝚊"
Il nuovo saggio di Maria Cristina Folino in pubblicazione con Dialoghi Edizioni
Dopo alcune anticipazioni, è arrivato il momento delle presentazioni. Questo saggio "pop", che spazia tra letteratura e cinema, è interamente dedicato all'universo di Alice in Wonderland, tra le fiabe per bambini più famose al mondo, riadattato in forma cinematografica da uno dei registi più visionari di Hollywood: Tim Burton.
In questo libro sono svelate numerose curiosità che riguardano non solo l'opera letteraria originale, ma anche la trasposizione cinematografica della Disney, con le illustrazioni tratte dalla prima edizione del romanzo di L. Carroll e la prefazione a cura di Mario Monteleone, professore di Linguistica Computazionale presso l'Università degli Studi di Salerno.
👉 Cos'è il preorder?
Il "preordine" consente di acquistare una delle prime 100 copie del volume, una tiratura esclusiva e limitata con spedizione gratuita. Al termine del preorder, il libro verrà ufficialmdnte pubblicato e distribuito in tutta Italia.
👉 Punto di ritiro:
La Casa Editrice ha aperto un punto di ritiro presso il Teatro Nuovo Salerno, per chi desiderasse ricevere copie autografate e con dedica da parte dell'autrice. Si tratta di un'ulteriore opzione a disposizione di chi acquista il libro.
👉 Quando potrò ricevere il libro?
Appena sarà ultimato il preorder, le prime 100 copie saranno spedite o inviate al punto di ritiro (per chi sceglie questa opzione), e il libro andrà ufficialmente in stampa e sarà pubblicato e distribuito in tutta Italia. Quindi, più in fretta termina il preorder, prima potrete riceverlo. Contiamo su di voi per il passaparola!
• Per maggiori informazioni e per acquistarlo:
https://www.edizionidialoghi.it/negozio/Preordine-Tim-Burton-e-il-catalogo-delle-Meraviglie-p461969482
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Intenti lodevoli
Mi scrive un editore di recentissima costituzione, che non dovrebbe avere la mia mail "seria" (quella a pagamento, sulla quale riverso le questioni più importanti) perché non mi risulta di avergliela data. La sua intenzione sarebbe questa: dare a tutti gli autori esordienti la possibilità di pubblicare gratuitamente il proprio libro e vederlo distribuito in tutte le librerie d’Italia e sui principali portali web. Vado a controllare sul sito. Il concetto è ribadito: tendenzialmente pubblicherà tutti i volumi che riceverà, firmando con gli autori regolare contratto di edizione, con riconoscimento annuale dei diritti d’autore. Non sono richiesti contributi, non è richiesto un acquisto minimo di copie. L'intento è molto più che lodevole. Ma desta la mia perplessità. Non è tanto la pubblicazione gratuita dell'opera. Quanto piuttosto la volontà di pubblicare - sia pure tendenzialmente - qualunque autore che voglia esordire. Perché non puoi pubblicare tutti. La letteratura non è democratica. Nel senso che non si può dare voce a tutti. Non tutti meritano di vedere il proprio nome su un volume. Se le intenzioni di questo nuovo editore prevedono anche una seria valutazione qualitativa del materiale pubblicabile, mi sta più che bene. E auguro a lui e al suo staff di riuscire in questa coraggiosa impresa. In caso contrario, meglio che lasci perdere. C'è già abbastanza robaccia, sugli scaffali.
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Nella relazione annuale della Direzione Antimafia scompare il parere positivo alla legalizzazione
Un terzo dei detenuti sono entrati in carcere per la legge sulle droghe mentre crescono in modo esponenziale le persone segnalate per consumo di sostanze psicotrope, soprattutto tra i minorenni, che quadruplicano rispetto al 2015. Il fallimento del proibizionismo lo si vede anche osservando la popolazione detenuta italiana.
Nell’ultima relazione annuale della Direzione nazionale antimafia di Federico Cafiero De Raho scompare il parere positivo alla legalizzazione come mezzo efficace per sottrarre alle mafie il suo mercato principale, mentre ribadisce la “War on drugs”, espressione resa popolare dal presidente degli stati Uniti Richard Nixon, che durante il suo mandato l’ha perseguita con grande impegno. Eppure, nello stesso tempo, «le azioni di contrasto – afferma la Direzione nazionale antimafia nella relazione – nonostante i migliori propositi e gli sforzi più intensi, non hanno determinato, non solo una scomparsa del fenomeno ( che per quanto auspicabile appare obiettivamente irrealizzabile), non solo un suo ridimensionamento, ma neppure un suo contenimento».
Ma la legalizzazione – come ha ricordato l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini – è sparita dall’agenda politica, soprattutto dal nuovo governo visto che nel contratto legastellato non se ne fa alcunaccenno. Per capire il fallimento della lotta alle droghe, bisogna, appunto, analizzare i numeri degli ingressi in carcere. A farne un quadro completo è la recente pubblicazione del IX Libro Bianco sulle droghe, il dossier diFuoriluogo e promosso da la Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca e Associazione Luca Coscioni con l’adesione di altre associazioni, tra cui A Buon Diritto e Arci. Un libro che esamina le politiche sanzionatorie messe in atto dall’Italia sulle tossicodipendenze e i loro effetti sul sistema penitenziario. Giunto alla sua nona edizione, questo rapporto è stato pubblicato al termine di un lungo ciclo che ha visto alternarsi protagonisti e vicende assai contrastanti: dall’approvazione della legge Iervolino-Vassalli ( che regolamenta l’utilizzo degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope) e l’inizio della guerra alla droga in Italia, alla dichiarazione di incostituzionalità di una legge proibizionista e punitiva – la Fini Giovanardi – fino alle recenti ti- mide modifiche legislative.
L’EFFETTO DELLA REPRESSIONE SULLE DROGHE
I dati inclusi nel rapporto rendono l’idea della situazione italiana. Una delle notizie più interessanti è che quasi il 30% dei detenuti entrati in carcere nel 2017 ( 14.139 su 48.144) lo ha fatto per aver violato un solo articolo di una legge: l’articolo 73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, che sostanzialmente punisce la detenzione per piccolo spaccio. Questo dato, in aumento rispetto allo scorso anno, rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al trend discendente seguito all’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2012. Con la sentenza Torreggiani, la Cedu aveva infatti condannato l’Italia perché il generale sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani aveva impedito ad alcuni detenuti di scontare la pena in condizioni dignitose: in seguito a questa condanna, il nostro Paese aveva deciso di fare ricorso alla detenzione in maniera meno diffusa. Se i detenuti in carcere aumentano in termini generali, percentualmente aumentano ancora di più quelli per reati di droga: il 34,5% dei detenuti è infatti in carcere per la legge sulle droghe. Dal dossier emerge che un quarto della popolazione detenuta è tossicodipendente. Record degli ingressi in carcere di persone con uso problematico di sostanze: 34,05%. 14.706 dei 57.608 detenuti al 31/ 12/ 2017 sono tossicodipendenti. Il 25,53% del totale. Si consolida l’aumento dopo che il picco post applicazione della Fini-Giovanardi ( 27,57% nel 2007) era stato riassorbito a seguito di una serie di interventi legislativi correttivi. Preoccupa l’impennata degli ingressi in carcere, che toccano un nuovo record: il 34,05% dei soggetti entrati in carcere nel corso del 2017 era tossicodipendente.
LA TOLLERANZA ZERO NON TOCCA LE GRANDI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI
Un’altra notizia emerge dal Libro Bianco è che se si paragonano i numeri relativi all’art. 73 ( piccoli spacciatori in pratica) con quelli relativi all’art. 74 del Testo Unico – che riguarda un una condotta criminosa più grave, quella di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope: dei detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2017, infatti, quasi 14.000 lo erano per violazione del solo art. 73, poco meno di 5000 per la violazione dell’art. 73 in associazione con l’art. 74, mentre solo meno di 1000 erano detenuti esclusivamente per l’art. 74. Questo conferma la tendenza del nostro sistema repressivo sulle droghe a concentrarsi sui “pesci piccoli”, mentre i consorzi criminali non solo restano fuori dai radar della repressione penale, ma ne traggono anche vantaggio, trovandosi ad operare in un mercato ripulito dai competitor meno esperti. Ma chi fa uso personale della droga? Durissima la repressione. Il Libro bianco denuncia che rispetto al 2015 si evidenzia un + 40% di segnalazioni per consumo di sostanze, quadruplicano i minori segnalati e aumentano del 15% le sanzioni amministrative. Su oltre 35.860 persone segnalate, ci sono solo 86 richieste di programma terapeutico mentre il 43,45% viene colpito da sanzione. La repressione colpisce per quasi l’ 80% i consumatori di cannabinoidi ( 78,69%), seguono a distanza cocaina ( 14,39%) e eroina ( 4,86%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze.
RIMEDI
Le associazioni promotrici del Libro Bianco riportano come la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini- Giovanardi ( legge n. 49 del 2006) da parte della Corte costituzionale non ha risolto ma, anzi, ha reso ancora più urgente la revisione della legislazione italiana sulle droghe e, specificamente, sulla parte sanzionatoria e penale. Per questo motivo, gli autori del rapporto hanno presentato tre proposte di legge, riguardanti la modifica del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti, la tutela della salute nell’ambito del consumo e della produzione di cannabis, e la regolamentazione legale della produzione, consumo e commercio della cannabis e suoi derivati. Per quel che concerne la proposta di revisione del Testo Unico vigente sulle sostanze stupefacenti, gli autori del rapporto richiedono in particolare la completa depenalizzazione del possesso e della cessione gratuita di piccoli quantitativi destinati all’uso personale. Viene infatti proposta la qualificazione in termini di liceità, penale e amministrativa, del mero consumo di stupefacenti ( e, conseguentemente, delle condotte a esso strumentali). Allo stesso tempo, si propone una riduzione considerevole delle pene previste per le condotte qualificate come illecite, al fine di rendere il trattamento sanzionatorio proporzionale all’offesa, rispettando i princìpi costituzionali. «Tutti sul tappeto restano i problemi aperti o irrisolti: la riunione dell’Onu a Vienna nel 2019, la presentazione delle due proposte di legge sulla legalizzazione della canapa e di revisione radicale del Dpr 309/ 90, la richiesta ultimativa per la convocazione della Conferenza nazionale sulla politica delle droghe, la ridefinizione della natura e dei compiti del Dipartimento antidroga, un confronto sulle soluzioni che emergono in tanti paesi in Europa e nel mondo», scrivono nella prefazione del Libro Bianco i garanti regionali dei detenuti Stefano Anastasia e Franco Corleone.
Damiano Aliprandi
da il dubbio
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"Da tempo ormai considero #YoshiharuTsuge e tutto il suo lavoro come un enorme paradosso. Parliamo di uno dei più importanti esponenti del fumetto giapponese che è riuscito a imporre la sua grandezza pur pubblicando pochissimo; un autore che ha smesso di lavorare trent’anni fa… una rarità in Giappone, dove i mangaka sono come degli appartenenti a una gang: “entri vivo ed esci solo morto”. Nel 1986, dopo la pubblicazione de L’uomo senza talento – che era stato serializzato in una rivista chiamata “Comic Baku” – Tsuge ha realizzato altre due storie e poi ha salutato tutti. Il libro reinventa il watakushi manga, cioè il manga dell’Io, ed è il culmine della sua ricerca trentennale. " - [Vincenzo Filosa] . . Ne parleremo nuovamente con @filosav il 3 Marzo e sul nostro canale Zoom, per il nuovo appuntamento on-line di #Testafralenuvole - Il club del Fumetto di Bari. La partecipazione è libera e gratuita, ma è necessario prenotarsi compilando il consueto form che trovate nell'evento. . . #spinebookstore #Spine #Bari #Puglia #Italia #libri #fumetti #autoproduzioni #smallpress #albiillustrati #microproduzioni #editoria #edizioni #italiane #estere #stampe #graphicnovel #illustrazione #arte #poster #bookshop #booklovers #illustratedbooks #indipendente #independentbookshop #illustration #autori (presso SPINE Bookstore) https://www.instagram.com/p/CLuPRzGAA29/?igshid=1wh8pi40fp9bs
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Frieda, confessioni di un agente letterario
Frieda, la storia della "riscoperta" di un libro senza tempo. Una vicenda editoriale unica ai tempi di social network e coronavirus raccontata in prima persona da un agente letterario a caccia di scrittori veri Di Gianluca Zanella Quando le persone mi chiedono che lavoro faccia, ho sempre qualche istante di difficoltà. Non tanto per paura che il mio interlocutore non capisca, quanto per non essere sicuro di riuscire a spiegarmi bene. Dunque alla risposta “Faccio l’agente letterario”, segue sempre la postilla “Vado a caccia di scrittori”. Il termine anglosassone sarebbe talent scout, ma non mi piace il suono della parola, quindi mi affido alla ricchezza del nostro vocabolario per inoltrarmi in definizioni a volte precise e circoscritte, altre volte più elaborate, in base all’umore del giorno. I miei “terreni di caccia” sono molti: festival letterari, presentazioni di libri, il supermercato dietro casa e, soprattutto, i social. È su portali come Facebook, Twitter e Linkedin che entro molto spesso in contatto con scrittori o aspiranti tali. Specificare la differenza è d’obbligo: Non conosco la tendenza negli altri Paesi, ma posso dire con una discreta dose di sicurezza che in Italia ci sono molti più (pseudo) scrittori che lettori. Sono tanti i messaggi che mi arrivano ogni giorno. Persone che mi chiedono di leggere le proprie opere, di valutarle, di curarne l’editing, nell’intento di inserirsi nella corrente giusta che li porti al mare magnum dell’industria editoriale italiana, ovviamente puntando sempre al top, sicuri di avere tra le mani il prossimo Premio Strega, quando non il Nobel. Inutile dire (ma lo dico lo stesso) che un buon 90% delle volte quello che mi arriva è da cestinare dopo aver letto le prime righe. Lo so, vi chiederete come si possa scartare un libro senza nemmeno aver letto le prime dieci pagine. Vi assicuro che è possibile, anzi, se così non fosse sarebbe davvero impensabile poter far fronte all’infinita mole di materiale che si accumula nella mia casella di posta. Senza contare il fatto che, molto spesso, chi mi contatta lo fa senza alcun tatto verso il mio lavoro, pretendendo una valutazione gratuita di un libro che magari supera le 500 pagine, senza rendersi conto che per farlo devo impiegare tempo, concentrazione e, soprattutto, la mia professionalità. Altre volte, invece, chi mi scrive riesce a cogliere la mia attenzione anche solamente per la gentilezza che traspare sin dalle prime righe del messaggio. Con Christophe Palomar è andata così. Il suo messaggio mi arriva sulla posta di Linkedln in un giorno qualunque. Mi chiede se voglio leggere qualcosa di ciò che ha scritto, rispondo di sì senza troppi convenevoli. Inizia così, grazie all’intermediazione di un social, la storia della mia prima grande scoperta. O meglio, la storia di una riscoperta. Christophe mi affascina da subito. Mentre mi invia un saggio scritto a sei mani e che vedrà la luce senza la mia intermediazione nel 2019, cerco qualche informazione su di lui, rendendomi conto che si trova veramente poco. Una volta letto il saggio in questione (pubblicato da Pendragon con il titolo Occhi mediterranei), ci sentiamo telefonicamente. Vive a Bologna, ma il suo accento è il risultato di un impasto di lingue, culture e luoghi diversi: Trieste, Parigi, Tunisia, Spagna. Il saggio che ho letto mi ha convinto, ma non credo di avere contatti con l’editore giusto. Lui mi dice che ha dell’altro materiale, io gli dico che mi piacerebbe leggere qualcosa, lui mi dice che sarebbe bello conoscerci di persona, io prenoto seduta stante un treno per Bologna. Nel giro di pochi giorni siamo faccia a faccia sotto la Fontana del Nettuno. Niente convenevoli, nessun imbarazzo. Come due vecchi amici per i quali la differenza d’età è un aspetto insignificante, ci abbracciamo (sembrano lontani i tempi in cui si poteva farlo senza temere il contagio!) e, facendoci largo tra i turisti che affollano il centro di Bologna in quella primavera del 2018, troviamo un bar in cui sederci. Mentre attendiamo che qualcuno venga a prendere le ordinazioni (capiremo solo dopo una buona mezz’ora che non è previsto il servizio al tavolo) cominciamo a parlare. Di cosa, non ricordo. Probabilmente di tutto. Mi colpisce la sua cultura vasta e il modo di non farla pesare sull’interlocutore. Capisco di avere di fronte un uomo di mondo, particolarmente avvezzo nel cogliere le sfumature e le contraddizioni del presente, dei rapporti con le persone, delle dinamiche che regolano la società. È mentre stiamo parlando del saggio che ho avuto il piacere di leggere che mi parla di un suo romanzo, Frieda. Al di là di quello che mi dice, una cosa mi colpisce sopra tutte: il libro è già stato pubblicato qualche anno prima. Abbastanza per farmi disinteressare seduta stante della faccenda. Un libro già pubblicato è un libro “bruciato”, è stato più o meno quello che ho pensato. Mi spiego meglio: perché perdere tempo a parlare di un libro già uscito per un’altra casa editrice quando io sono venuto qui alla ricerca di qualcosa di inedito? Christophe capisce il mio ragionamento, ma insiste nel volermi far leggere questo Frieda. Ne parla davvero come se si trattasse del libro di tutta una vita. Gli dico che lo leggerò e cambiamo argomento. Al termine del nostro incontro, sui binari della stazione sotterranea in attesa del treno che mi porterà a Roma, Christophe torna all’attacco. Mi ha già mandato il Pdf del libro, dice, così lo potrò leggere durante il viaggio di ritorno. Ammetto di essermi improvvisamente scoperto contrariato. Non tanto nel sentirmi messo con le spalle al muro da un autore che conosco appena, quanto nello scoprire, una volta comodamente seduto al mio posto, che ho dimenticato a casa il romanzo che stavo leggendo e che dunque sono in qualche modo costretto a ingannare il tempo leggendo un libro che - a prescindere - so che non rappresenterò mai presso alcun editore. Il viaggio da Bologna a Roma sull’alta velocità dura circa tre ore. Tre ore durante le quali ogni mio convincimento riguardo il mio rapporto futuro con Frieda viene implacabilmente sovvertito. Quello che scorre sullo schermo del mio portatile è un romanzo che, pagina dopo pagina, mi lascia senza fiato. Al mio arrivo a Termini sono arrivato a metà, l’altra metà la divorerò il giorno seguente. Frieda è la storia di una fuga senza fine da sé stessi, quella del conte Joachim von Tilly, ricco rampollo di una famiglia di industriali nella Germania di inizio Novecento. Una fuga che lo porterà in Italia, Austria e, infine, Argentina. Una fuga costellata di incontri, amori travolgenti, tradimenti, amicizie, sullo sfondo del tragico dipanarsi del Secolo breve, tra la fine in agonia della Belle Epoque e l’avvento brutale del nazifascimo. La Frieda che dà il titolo al romanzo è realmente esistita: si tratta di Frieda von Richthofen, figlia di un ufficiale tedesco e cugina del Barone Rosso, destinata a divenire musa e moglie di D.H. Lawrence. Donna dalla personalità eccezionale, è lei la grande fonte d’ispirazione del protagonista e voce narrante del romanzo. Di quest’opera mi colpisce l’atmosfera di una grande saga d’altri tempi, narrata con un linguaggio e uno stile modernissimo, personale. Una penna, quella di Palomar, capace di sviscerare l’animo dei protagonisti, di coglierne le doppiezze, gli inganni, le falsità ma, soprattutto, la grande umanità, spesso caratterizzata tra una tragica ironia. Mi rendo conto del grande potenziale di questa storia così trasversale e, improvvisamente, il fatto che il libro sia già stato pubblicato si trasforma in un’opportunità. Telefono a Christophe. Non sembra stupito del fatto che io abbia cambiato idea riguardo Frieda nel giro di 48 ore. Ho bisogno di sapere di più della vecchia pubblicazione. Tutti i dettagli. Per buona parte della sua vita, Christophe è stato un manager e dirigente d’azienda a grandissimi livelli. Ha viaggiato molto ed è stato proprio nel corso di questi viaggi che ha scritto Frieda. Una gestazione lenta, maturata per lo più nel cuore della notte. Una specie di doppia vita, la sua. Poi, un giorno, avviene quella piccola “svolta”, quell’incontro, quell’improvvisa illuminazione che può mutare il corso degli eventi per ciascuno di noi. Christophe incontra Francesco Morawetz, un letterato prestato al mondo aziendale. È infatti in ambito lavorativo che i due si conoscono e si piacciono, come possono piacersi gli spiriti affini. Una sera a cena, a margine di discorsi tutti gravitanti attorno all’orbita dell’azienda di turno che li vedeva temporaneamente colleghi, Morawetz chiede a Christophe di fargli leggere qualcosa di suo. Perché è chiaro che tu sia uno scrittore, gli dice. Christophe si sente preso in contropiede. Non si aspettava certo di venire allo scoperto in questo modo. Prima nega, poi ammette. Si, sono uno scrittore. Qualche giorno dopo, Christophe porta il manoscritto di Frieda a quello che, inaspettatamente, si sta profilando come mentore. Ancora non sa che Francesco Morawetz ha un figlio, Lucio Morawetz, noto libraio milanese che ha in progetto di diventare anche editore. Da questo momento le cose sembrano accelerare il loro corso. L’incontro con Lucio, la proposta di pubblicare con la Libreria Utopia Editrice, il netto rifiuto di Christophe, che non vuole mischiare le sue due vite. Poi la stessa proposta, ancora un rifiuto, stavolta meno netto. Poi il sogno di vedersi pubblicati prende il sopravvento. E sia! Ma poche copie, nessuna distribuzione, nessuna pubblicità. Affare fatto. Frieda viene pubblicato in 500 copie nel 2015. Sarà disponibile solamente all’interno della libreria. Poi accade qualcosa. Le prime copie vendute, i primi commenti in rete – tutti positivi, e – assolutamente inaspettate – le prime recensioni da parte di grandi critici del panorama italiano, venuti chissà come a conoscenza di Frieda. “Uno splendido esordio”, scrive Daniele Giglioli sul Corriere della Sera; “Palomar fa il proprio esordio con un romanzo di rara potenza narrativa e letteraria… un capolavoro”, scrive su Il Giornale Gian Paolo Serino. Tanto Christophe quando il suo editore sono sconcertati. Ma lo sono ancora di più quando Frieda viene selezionato per il Premio Campiello «Opera Prima». Certo, non stiamo parlando del Festival di Sanremo, ma partecipare a un premio così prestigioso, irrompendo sulla scena letteraria italiana a gamba tesa, sicuramente esporrebbe a una discreta notorietà, almeno in ambito culturale. Questa considerazione, legata alla mancanza fisica di copie cartacee da inviare ai giurati del Premio e dai primi gelidi venti del fallimento che travolgerà la casa editrice di lì a poco tempo, spingono entrambi a tirarsi indietro. Proprio come “uno stupendo meteorite capitato da chissà dove” (Silvia de Laude sul blog Satisfiction), Frieda si perde da qualche parte nell’universo. Alcune copie circolano sul web, qualcuno nei blog si chiede che fine abbia fatto il misterioso Christophe Palomar, addirittura se sia mai esistito, ma il silenzio dura – più o meno ininterrotto - tre anni. Tre anni sicuramente cruciali nella vita di Christophe; tre anni durante i quali l’anima dello scrittore prende il sopravvento su quella del dirigente d’azienda. Come nato a nuova vita, Christophe si guarda indietro, forse sente di aver mancato una grande occasione, o forse capisce di averla solamente rimandata a un futuro prossimo. Questo dovremmo chiederlo a lui. Poi quello che già sapete: un messaggio su Linkedln, un treno preso come un salto nel buio e un caffè che non arrivava. E infine questa chiamata. Da oggi sono il tuo agente, gli dico. Va bene, risponde Christophe. Chiudo la telefonata e prima che arrivi il treno (si, sono alla stazione di Maccarese. Telefonare in attesa di un treno è stata la costante di quel periodo), compongo il numero di Vincenzo Ostuni, l’editor di Ponte alle Grazie. Collaboro da tempo con questa casa editrice che in qualche modo mi ha dato i natali, ma fino a questo momento sempre per libri d’inchiesta, anche molto coraggiosi. Mai per un romanzo. Parlo con Vincenzo. Le nostre sono chiamate veloci. L’essenziale la fa da padrone. È un libro già pubblicato, gli dico, ma la casa editrice è fallita e l’autore detiene tutti i diritti. Ah, aggiungo, è bellissimo. Frieda è stato pubblicato da Ponte alle Grazie il 27 febbraio 2020, alla vigilia della pandemia che avrebbe sconvolto le nostre esistenze (in perfetta linea con la sua storia editoriale unica) in una versione in parte differente dalla prima, se possibile migliore. Una parte consistente del lavoro di promozione punta proprio su quello che, inizialmente, mi era parso come un ostacolo insormontabile: la passata pubblicazione e la scomparsa dai radar che, caso davvero più unico che raro, permettono oggi il grande ritorno. Una storia nella storia – in parte ancora da scrivere - dove tutto (o almeno, la tappa finale del viaggio) parte da un social network. Quel messaggio su Linkedin è stato per me un passaggio cruciale che mi ha portato a prendere decine di treni, passare ore al telefono, correggere bozze, infilarmi nei panni del conte von Tilly, immaginare il volto di Frieda, il suo sorriso, il suo odore. Grazie a Christophe ho viaggiato da Napoli a Buenos Aires insieme a migliaia di migranti italiani sul ponte di un transatlantico; ho assaporato l’atmosfera estiva di una Capri esaltante di inizio Novecento e ho sentito sulla pelle il vento che spazza la Pampa argentina; ho camminato nella Vienna della Belle Epoque tra studenti perdigiorno e artisti suicidi; ho vissuto in prima persona la tormentata parabola di una Germania protagonista indiscussa nella storia del secolo scorso. Ecco, quando mi chiedono che lavoro faccia, mi piacerebbe sempre poter rispondere: scopro dei capolavori senza tempo. Gianluca Zanella Frieda, di Christophe Palomar - GUARDA IL ROMANZO Read the full article
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8�� PREZZO RIBASSATO / SPEDIZIONE GRATUITA - consegna a domicilio nell'area del comune di Firenze - contatto telefonico su richiesta
- Livello Bibliografico: Monografia
- Tipo Documento: Testo A Stampa
- Autore Principale: A.C. Bhaktived257;nta Sv257;m299; Prabhup257;da
- Titolo: Il Nettare Della Devozione
- La Scienza Completa Del Bhakti-Yoga
- Pubblicazione: The Bhaktivedanta Book Trust, [2016]
- Descrizione Fisica: 420 Pag – cm 21 x 15 x 2,5 - Carte Di Tav. - Titolo Uniforme: The Nectar Of Devotion.
- A.C. Bhaktived257;nta Sv257;m299; Prabhup257;da
- Nomi: A.C. Bhaktived257;nta Sv257;m299; Prabhup257;da
- Soggetti: Religioni - India - Testi
- Classificazione Dewey: 294.5(21.) Induismo
- Lingua Di Pubblicazione: Italiano
- Paese Di Pubblicazione: Italia
- libro illustrato a colori
- spedizione gratuita
- consegna a domicilio gratuita nell’area del comune di Firenze
Il Nettare della Devozione è uno studio riassuntivo del Bhakti-rasamrita-sindhu, classico medioevale di Rupa Gosvami. Si tratta della prima analisi in italiano, dettagliata e documentata, sulla pratica del bhakti-yoga, lo yoga della devozione. L’opera presenta le cerimonie, le dinamiche e le tecniche del misticismo indiano. La descrizione grafica dei livelli di coscienza trascendentale e dell’esperienza religiosa fanno di questo volume una lettura importante e un punto di riferimento prezioso per quanti siano interessati allo studio filosofico e psicologico dello yoga e della spiritualità in generale. Ogni essere vivente ha l’innato desiderio di amare. Nessuno può vivere senza amore, manca però la capacità di amare in modo inclusivo, ossia per la gioia di tutti. La società moderna insegna l’amore per la patria, la famiglia e se stessi, ma non dà alcuna indicazione riguardo all’arte di amare senza escludere nessuno dalla gioia che ne deriva. Il Nettare della Devozione ci rivela quest’arte insegnandoci a ridestare il nostro amore per Krishna e a riscoprire la felicità eterna che ci appartiene. Ci fornisce indicazioni pratiche su come vivere nel mondo perfettamente impegnati nel servizio del Signore e soddisfare così tutti i nostri desideri, sia materiali che spirituali, in questa vita e nella prossima.
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L'ARTE INTELLETTUALE PUBBLICAZIONE INTEGRALE GRATUITA PAGINE 215. Direttamente da Instagram Link sul profilo @larteintellettuale L'ARTE INTELLETTUALE. ARTES LIBERALES: ARTE E SCIENZA Raccolta di articoli di Critica d'Arte, Scienze Sociali e Tecnologia Innovativa di Luca Falace 100% Anteprima Pagine: 215 su Google books °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° 41 INVENTIONS BY LUCA FALACE 🇮🇹 ITALY art #creative #art #arts #libro #libri #book #books #leggere #instalibri #patent #brevetti #leggeresempre #poetry #scrittori #libreria #read #bookstagram #reading #bookworm #booklover #instabook #bibliophile #bookaddict #author #library #literature #writer #reader https://www.instagram.com/p/CE4hP3NqSLA/?igshid=detdsqaeact3
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interessati nasce nel 2016 come blog per pubblicare recensioni di libri tra ragazzi. Negli anni si evolve in una iniziativa culturale/artistica con l’obiettivo di diventare una onlus no-profit. Attualmente abbiamo 3 eventi attivi che tendono ad aiutare la società gratuitamente grazie ai social network e grazie ai nostri quotidiani ascoltatori e visitatori. La tua musica è arte: Un evento che ha come obiettivo quello di condividere e supportare artisti emergenti tramite i nostri social network senza alcuna pre-selezione. Interessati Summer Edition: Contest estivo gratuito che consiste nella pubblicazione di artisti emergenti dove, in base a un determinato calcolo del punteggio, vi saranno 3 vincitori. Il primo oltre ad alcuni premi materiali avrà una sponsorizzazione gratuita fino al prossimo contest, quindi di un anno. Donare è il miglior regalo che puoi farti: Stiamo recuperando libri di seconda mano per donarli, tramite una struttura ospedaliera che decide di aderire, a pazienti ricoverati al fine di regalare un sorriso tramite un libro. NON CHIEDIAMO SOLDI MA LIBRI. CONTATTI: Sito Web: www.interessati.com Email: [email protected] Facebook: https://ift.tt/3ipnjk3 Instagram: https://ift.tt/2ByInnE Fondatore: https://ift.tt/2BlPMXG Email fondatore: [email protected]
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“La poesia è sovversiva per eccellenza. Lautréamont e la volontà di aggressione”. Benjamin Fondane sfida Gaston Bachelard
Benjamin Fondane, il pensatore imprendibile, imprevedibile, agisce come un giaguaro. Dietro la sua prosa, smagliante, a tratti involuta, strategica, sento l’odore, l’animalesco. Fondane fonda il gesto critico sulla descrizione dell’avversario, non senza elogi. Parte, cioè, dalla riconoscenza – non dal riconoscimento. Riconosce la muscolatura della preda, la sua eleganza. Poi affonda. Come il giaguaro, all’inizio Fondane ha andatura dimessa, elogia la foresta filosofica; quando attacca, infine, è drastico e mirabile, ed è tutto lì, in quella frase clamorosa, nuda, “La poesia è sovversiva per eccellenza – e non vediamo cosa essa potrebbe sovvertire, se non, precisamente, i «valori intellettuali»”. Lì, Fondane, con morso chirurgico segna l’abisso tra poesia e filosofia, tra la vita filosofica che l’uomo occidentale ha scelto rispetto all’abitare poeticamente, nel crisma del rischio. Ha preferito elevarsi, cioè, più che adorare l’etica dell’erba, il vigore del suolo. Ma uccidere un dio con il ragionamento non è divorarlo nel canto. In particolare, nel 1940, su “Cahiers du Sud” – la rivista fondata da Jean Ballard, su cui hanno scritto, tra gli altri, René Guenon, Antonin Artaud, Albert Camus, Henri Michaux – Fondane legge e disseziona il Lautréamont di Gaston Bachelard (passato in Italia, nel 2009, edito da Jaca Book, per la cura di Filippo Fimiani). Lo fa, prima con aristocratico distacco, considerando un filosofo di cui spesso ha scritto – riconoscendone, quindi, una postura degna di scontro – poi squartando. Riguardo a Lautréamont, di cui quest’anno ricorrono i 140 anni dalla morte, Fondane aveva già detto tutto in Rimbaud le voyeu, diversi anni prima (1933; nel 2014 pubblicato da Castelvecchi come Rimbaud la canaglia, per cura di Gian Luca Spadoni). “Lautréamont parla per il lettore, declama; vi si sente scaturire in ogni istante il tono della predicazione, l’enfasi romantica e romanzesca, il genere maudit, la sicurezza dell’uomo che insegna quel che sa bene di non sapere e si attribuisce una missione tra gli uomini… Non sfugge alla volontà, terribilmente tesa, di apparire straordinario… Che questa dinamite non esploda, che non superi il livello della scrittura, non siamo nelle condizioni d’incolpare Lautréamont; ma è lo iato che separa la sua esperienza da quella di Rimbaud a rendere l’avventura di quest’ultimo assolutamente unica”. Quando ‘recensisce’ – cioè, azzanna – il Lautréamont secondo Bachelard, irritandosi quando il poeta, che resta una ferita, un assoluto, una voragine, viene semplificato a emblema, a santino, a figurina metafisica, Fondane ha da poco scritto il Faux Traité d’esthétique (per Denoël, è il 1938). Un libro d’estasi, un trattato di ribellione poetica. Uscito nel 2014 per Mucchi come Falso Trattato di estetica. Saggio sulla crisi del reale (per la cura di Luca Orlandini), tornerà in circolo, in traduzione e curatela rinnovate (sempre a firma di Orlandini) per Aragno, tra un paio di mesi. Sarà un piccolo evento, l’irrinunciabile, un fuoco sul palmo della mano, che fiamma lame. (d.b.)
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A proposito del “Lautréamont” di Bachelard
Il libro di Bachelard è il terzo di una serie dedicato alla ricerca di una psicanalisi della cultura – o meglio, poiché la psicanalisi è concepita dall’autore in modo assai poco classico: analisi dei bassifondi, delle zone profonde e delle forze motrici e istintive del fatto culturale e poetico. La Psychanalyse du feu, il secondo libro della serie, tentò di ricavare le fondamenta «di una fisica o di una chimica del sogno», al fine «di approntare gli strumenti per una critica letteraria oggettiva, nel senso più rigoroso del termine». Il libro dedicato a Lautréamont costituisce l’illustrazione di tale avvincente e ampio progetto. Egli adotta come modello l’opera di Lautréamont, introdotta mirabilmente da Edmond Jaloux, nei termini in cui ci viene presentata, all’apice della raffinatezza e del rigore, dall’edizione José Corti. È un’ottima e lodevole iniziativa editoriale, quella di Corti, di far seguire alla pubblicazione delle opere di Lautréamont la potente e mirabile intelligenza dell’analisi di Bachelard.
*
È un’opera capitale e, ancor meglio, estremamente fertile. Attualmente è impossibile prevedere quale influenza egli avrà sulla psicologia dell’arte – ma il lettore non può che auspicarla di tutto cuore. Nulla di meglio è stato scritto in merito, con un punto di vista così innovativo, una intuizione così penetrante e mezzi così rigorosi. Ma una personalità così robusta non poteva fare altro che comunicarci la sua sola intuizione; in questo libro troviamo anche la parte del filosofo, che d’altronde è di prim’ordine – e che, per quanto voglia cancellarsi, non risalta di meno: questa seconda influenza entra in gioco creando qualche difficoltà alla prima, dispiegando di fronte ai nostri occhi la natura ambivalente dell’autore. È la prova – nel caso ce ne fosse il bisogno – della buona fede dell’opera, e i commenti che questa suscita in noi non fanno altro che mostrare con maggior forza le profondità da cui essa emerge alla luce della coscienza.
*
È una duplice e profonda intuizione, quella che, dopo aver descritto l’opera di Lautréamont come «una fenomenologia dell’aggressione» e l’opera poetica in generale come un atto istintivo e spontaneo, proclama che, al contrario della credenza generale, anche il pensiero è un atto aggressivo – che il filosofo «attacca» il problema. In effetti, è uno stile aggressivo, quello di Bachelard – tuttavia, non è certo che l’aggressività del filosofo sia analoga alla natura di quella del poeta, e che ne perpetui il significato. Nel mio Faux Traité d’esthétique ho mostrato che fu Platone, nella sua Repubblica, il primo a comprendere che la natura dell’aggressività poetica e quella speculativa erano di natura opposta; la filosofia, in seguito, ha avuto il torto di volersi conciliare con questo irriducibile avversario, la poesia a sua volta ha avuto il torto di accettare una tregua che non poteva che danneggiarla. Credo che, dopo Platone, nessuno sia spinto tanto lontano quanto Bachelard, nella scoperta del fondo cupo della poesia, e abbia segnalato in questa, con maggior forza e penetrazione, quel complesso profondo e primitivo, anteriore al pensiero stesso, che suscita il risentimento del filosofo e lo induce senza tregua a volersi rivalere contro il poeta. Da parte mia, vi è il rammarico che Bachelard abbia evitato di trionfare; il suo piacere estremo per la poesia glielo ha impedito; egli propone delle conciliazioni, tanto ripugnanti per la poesia quanto per la filosofia; ciò vuol dire che il problema dell’antagonismo poetico-filosofico non emerge affatto dall’avvolgente oscurità dei secoli. Di conseguenza, l’enigma perdura, e tanto più grande, nel momento in cui l’analisi di Bachelard è dedita a descrivere apertamente e con audacia il cuore dell’esperienza poetica ch’egli considera allo stesso tempo istintiva – e irriducibile.
*
Bachelard si propone di analizzare innanzitutto l’opera di Lautréamont, ma avvertiamo chiaramente che, nel suo pensiero, si tratta solo di un caso esemplare, e perfino di un caso limite dell’attività poetica: una volta posti i termini dell’analisi, si potrà rintracciare il valore degli altri poeti in base al fatto che questi lautréamontizzino più o meno, o qualora essi oppongano un rifiuto al lautréamontismo. Il lautréamontismo è ritenuto da Bachelard un criterio della poesia: e una presa assoluta, da parte della coscienza poetica, di un complesso di vita animale, la produzione di una violenza, una creazione di tempo e velocità, una volontà sostantivante, di metamorfosi. È un occhio immenso, quello di Bachelard – un occhio che vede più lontano dello sguardo. Trascuro con rammarico gli innumerevoli dettagli e le audaci definizioni che il pensatore del Siloe adopera per infondere una manciata di magnifico magnesio, benché duratura, nei bassifondi della poesia lautréamontiana; è un’intuizione che emerge chiaramente, e con tale certezza, che consiglio al lettore di procedere nei miei termini: leggere il libro lentamente. Questi potrà così verificare che in effetti, per Bachelard, Lautréamont rappresenta una sorta di unità di misura dell’atto poetico: egli non giudica forse l’opera di Kafka – e a ragione? – un complesso di Lautrémont negativo? quello di Hugo o di Leconte de Lisle un Lautréamont estenuato? quello di Eluard, infine, come la trasposizione di un complesso lautréamontiano su un piano diverso, ecc.? Bachelard compie un passo in avanti, nel momento in cui pone il complesso lautréamontiano dell’animalità, un complesso inumano – insiste egli – sul piano culturale; egli vede nel dramma di Lautréamont «un dramma della cultura», un atto che deve trovare la sua soddisfazione, il suo rigoglio e la sua estenuazione – nelle parole. Tutto ciò è di una esattezza sorprendente. Ma quando Bachelard si decide a mostrarci la trasposizione che viene prodotta, nell’opera di Ducasse, del complesso animale in immagini e disposizioni culturali – non lo vediamo affatto:
Levant cette peau noire ouverte sous le crin (oltre una pelle nera aperta sotto il crine)
di cui parla Mallarmé nel «sa négresse par le démon secouée» (la sua negra scossa dal demonio). E il mistero si installa, irritante, perfino là dove un’istante prima lo avevamo così precipitosamente cacciato. Questa «volontà di aggressione», questa crudeltà per la crudeltà, gratuita, pura contiene tuttavia un’etica perlomeno singolare: in effetti, con nostro grande stupore, il critico scopre, in Maldoror, un’anima tutta matematica, colma «di furia matematica» (p. 128), che disprezza la forza, la brutalità, la violenza e la vita. Nulla è più vero, ma anche più estraneo, alla precedente analisi di Bachelard, di questa affermazione: «Sembra, in effetti, che nell’opera di Ducasse vi siano le tracce di due concezioni dell’Onnipotente. Esiste l’Onnipotente creatore di vita – e contro questo creatore di vita la violenza ducassiana si rivolterà. Vi è l’Onnipotente creatore del pensiero: Lautréamont lo associa allo stesso culto della geometria.» (p. 129) E Bachelard aggiunge: «Vediamo così che, nell’opera di Ducasse, a una passione per il pensiero si aggiunge il disprezzo per la vita. Ma perché Dio ha creato la vita, se avrebbe potuto creare direttamente il pensiero?». Non so se questo pensiero di Bachelard sia giusto, ma proverei imbarazzo a contestarlo, io, che nel XXIV capitolo del mio Rimbaud scrissi: «Lautréamont rimprovera a Dio di essere (“la mia soggettività e il Creatore, è troppo per un cervello”) e Rimbaud gli rimprovera di non essere, di abbandonarlo a se stesso (“la vera vita è assente”). Rimbaud rimprovera a Dio la sua assenza (ossia l’esistenza della Necessità, dell’Autorità) e Lautréamont la sua “presenza” nel mondo (ossia l’esistenza dell’Ingiustizia)». È indubbio che ciò voglia dire: Rimbaud rimprovera a Dio di aver creato il pensiero, e Lautréamont gli rimprovera di aver creato la vita. Ma, nello schema del mio libro, si comprende che l’anima matematica disprezza quel Dio che ha creato la vita; com’è possibile che Bachelard, nel suo schema, giustifichi il disprezzo della vita da parte di un uomo ch’egli considera l’esemplare privilegiato del complesso animale, un prototipo della fenomenologia dell’aggressione? Se, in ogni caso, la violenza esiste qua e là, e anche la «furia», queste non potrebbero essere della stessa natura, essendo esse rivolte – essenzialmente a quanto a pare – rispettivamente, la prima a disprezzare il pensiero, la seconda, a disprezzare la vita. La «furia» poetica la troviamo agli antipodi rispetto alla furia etica. Preso dall’intento di scoprire la disposizione etica di Lautréamont, non mi sono affatto preoccupato di stabilire a quale profondo istinto rispondesse la sua poesia; preso dalla disposizione poetica dell’autore del Maldoror, Bachelard avrebbe potuto trascurare la sostanza della sua etica. In effetti, è stata solo una dimenticanza; la conclusione del libro ci dimostrerà che Bachelard non crede a una disposizione etica che non sia saldamente collocata al centro stesso dei valori che governano l’opera poetica. Egli non potrebbe degnarla di una seria considerazione.
*
D’altronde, non è affatto mia intenzione chiedere conto a Bachelard delle contraddizioni interiori del suo autore; esse esistono, si fondono in una meravigliosa unità organica; è compito del critico esporle, e non spiegarle. Tantomeno intendo dimostrare che questa duplice tendenza, ch’egli trova nel cuore dell’opera di Maldoror, noi la ritroviamo nell’analista: questi afferma continuamente che esiste autentica originalità poetica solo nel ritorno a un qualche complesso primitivo, biologico e tuttavia, alla fine della sua analisi, egli si propone di umanizzare la poesia, di «deanimalizzarla», conducendola a questo dilemma, ch’egli ci confessa apertamente: «… dobbiamo forse divorziare dalla vita o continuare con la vita? Per noi, la scelta è compiuta… La vita deve volere il pensiero» (p. 199). Ma la seconda tendenza è decisamente più accentuata in Bachelard che in Lautréamont, poiché il libro conclude in questi termini: «Dobbiamo inserire nel lautréamontismo dei valori intellettuali» (p. 199). Vediamo così (come già osservato più in alto) che Bachelard non considera seriamente l’odio di Lautréamont per il Dio creatore della vita, né la sua passione matematica per un Dio creatore del pensiero. La «scelta» di Bachelard è ormai compiuta, e quella di Lautrémont lo è altrettanto; mentre il primo sceglie il pensiero «deanimalizzante», il secondo sceglie la poesia animalizzante. Se la vita deve volere il pensiero, è indubbio che quella di Lautréamont non lo vuole; e, se credo all’analisi dello stesso Bachelard, è in quanto volontà poetica che la vita di Lautréamont rifiuta il pensiero. È pur vero che l’estetica classica non tiene in alcun conto la «volontà» del poeta; a questi si dirà quel che egli «deve volere» e non dovrà fare altro che conformarsi al dettato; il poeta non è forse una creatura della ragione? Ma, agli occhi dello stesso Bachelard, il poeta non è affatto una creatura che appartiene alla ragione; egli tiene in gran conto la sua irresponsabilità; sa che il poeta crea la sua opera attraverso l’istinto e i suoi complessi; e al cuore della poesia egli riconosce non una volontà di pensare, ma una volontà di aggressione, di metamorfosi… Non solo il poeta è perduto, se obbedisce ai dettati dei filosofi, ma egli è perduto nell’istante in cui la decisione di «volere il pensiero» emerge in lui stesso, dalle sue profondità. Una decisione cosciente – e il «dover volere» non potrebbe essere altro che un atto cosciente – non farebbe che alterare un atto che appartiene al getto spontaneo, all’esplosione.
*
Da parte mia, non abbraccio l’intera poesia che appartiene al nome esclusivo di Lautréamont. Il complesso animale non è il solo, a mio avviso, al quale il poeta abbia ricorso. Ma convengo con Bachelard che l’immersione poetica, per sua essenza, accada in qualche luogo irrazionale, che essa agisca in modo istintivo. La poesia è sovversiva per eccellenza – e non vediamo cosa essa potrebbe sovvertire, se non, precisamente, i «valori intellettuali». Così, collocare in lei quei valori che essa disprezza, vuol dire conciliare – con la forza – nemici irriducibili. Ma poiché, di fatto, tale operazione si rivela tanto assurda quanto irrealizzabile, non sarebbe più onesto ammettere la loro opposizione? Ammettiamo che la vita del filosofo «deve volere» il pensiero; che quella del poeta al contrario lo disprezza; non dico che debba volerlo disprezzare; egli lo fa suo malgrado, spontaneamente. In apparenza il poeta smette di essere un poeta nell’istante in cui egli è «appassionato del pensiero» – almeno in quanto poeta – e il filosofo smette di essere un filosofo nell’istante in cui egli sente la vita, e il fetore dell’istinto; impossibile inserire i valori intellettuali nell’uno, o la vita, nell’altro.
*
Ammettere, tuttavia, che la poesia si opponga irriducibilmente alla filosofia, vorrebbe dire ammettere che la poesia rappresenta una funzione metafisica analoga a quella della filosofia, e – poiché vi è lotta, e un equilibro precario – nulla ci vieta di parteggiare per il trionfo della prima. Quest’unico pensiero relativizzerebbe per sempre l’assoluto della conoscenza; e sappiamo che, dopo aver descritto l’opera d’arte come il mago che ci svela l’essenziale assurdità, il Signor Bergson, avvertito il pericolo, ritornò a conciliazioni più prudenti. Malgrado il suo piacere per il pericolo e l’amore per il rischio poetico, Bachelard si deciderà forse ad affrontarli, libero di rischiare il suo «dover volere» il pensiero?
In ogni caso, ritengo il libro di Bachelard un meraviglioso stimolante di idee. Se non avessi già scritto il mio Faux Traité d’esthétique, lo farei ora, se non altro per il piacere di confutarlo. Vi aggiungerei una solo cosa: è la psicanalisi della cultura a non essere possibile, poiché la cosa più difficile di tutte, è quella di vincere le resistenze dello stesso analista.
Benjamin Fondane
*L’articolo è apparso originariamente nei «Cahiers du Sud», il 1940, XIX, pp. 527-532; e successivamente pubblicato nella raccolta di testi: B. Fondane, «Le Lundi existentiel», Editions du Rocher, 1990, Monaco, pp. 157-168. La traduzione italiana è di Luca Orlandini, come la ricerca bibliografica.
L'articolo “La poesia è sovversiva per eccellenza. Lautréamont e la volontà di aggressione”. Benjamin Fondane sfida Gaston Bachelard proviene da Pangea.
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Quei missili d’oro - 28 agosto 2017
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sede: Studio Museo Francesco Messina (Milano).
Le notti di Tino di Bagdad è il nuovo progetto transmediale di ConiglioViola: un esperimento post-cinematografico di arte pubblica che combina l’utilizzo di nuove tecnologie, quali la Realtà Aumentata, con il recupero di tecniche tradizionali, dalle incisioni su rame al Teatro delle Ombre. A otto anni dalla retrospettiva al PAC, il duo composto da Brice Coniglio e Andrea Raviola torna a Milano, nello Studio Museo Francesco Messina e in altre dieci sedi in città, per presentare un progetto che trasforma lo spazio urbano in un “cinema diffuso” e per ingaggiare il pubblico in una caccia al tesoro il cui obiettivo non è altro che la ricostruzione del senso di una narrazione.
Il punto di partenza è un’opera letteraria, Le notti di Tino di Baghdad (1907) di Else Lasker-Schüler. Le fiabe espressioniste “orientali” della poetessa tedesca sono un piccolo caleidoscopio di contaminazioni inattese: il fascino dell’esotismo e l’esperienza della metropoli moderna, il richiamo delle radici ebraiche e il gusto per la sperimentazione avanguardistica, l’indagine pittorica e il manierismo letterario, il gioco infantile e l’erotismo. La protagonista è Tino, principessa e poetessa d’Arabia, costretta a rinunciare alla vita per rendere immortale la poesia.
Giocando sulla struttura non lineare del testo, ConiglioViola ne ha lacerato la trama per dare vita a ventisei episodi autonomi, ognuno dei quali ha ispirato una diversa tavola incisa sul rame e un diverso episodio cinematografico da fruire in realtà aumentata.
Negli spazi del museo le opere vengono presentate all’interno di piccoli lightbox realizzati in cemento a forma di finestra araba. Basta inquadrare le opere attraverso il proprio smartphone, utilizzando l’app gratuita, per osservare le immagini prendere vita sul proprio display e ammirare i video realizzati combinando animazione digitale, animazione a mano e le performance di danzatori. Gli spazi della ex-chiesa barocca vengono completamente reimmaginati dai due artisti. Al piano terreno sono esposti, oltre ai lightbox in cemento, il dittico animato di grandi dimensioni “Tino und Apollides” ispirato a una delle scene più celebri de “Il fiore delle mille e una notte” di Pier Paolo Pasolini e un cortometraggio di animazione, proiettato sui muri del museo. La cripta ospiterà invece le opere e i manufatti realizzati durante il complesso processo di produzione: le incisioni su rame, le foto realizzate durante le riprese del film, i disegni preparatori, le maschere di grandi dimensioni realizzate dagli artisti e indossate da attori e danzatori durante le riprese, infine il documentario che illustra l’intera preparazione del progetto.
L’esperimento non si conclude nel museo ma coinvolge altre dieci sedi in tutta la città di Milano ognuna delle quali ospita una diversa tappa del racconto. Lo spettatore errante sarà costretto a spostarsi tra gli spazi del museo Messina e gli altri punti in città – indicati attraverso una mappa sul sito http://www.tinobagdad.com – per ricostruire gli episodi di una narrazione che varia con il variare di ogni singolo itinerario. Il viaggio può iniziare da qualsiasi punto: si tratta di un gioco attraverso il quale bisogna ricostruire una storia e poi condividerla, perché l’ultimo invito che gli artisti rivolgono al pubblico è quello di tornare a casa e riscrivere il testo. Una ricombinazione delle tessere che permetterà di assistere a una moltiplicazione delle narrazioni, attualizzando nello spazio urbano le teorie della Letteratura Combinatoria e trasformando lo spettatore in co-autore.
ConiglioViola ConiglioViola è un duo artistico fondato nel 2000 da Brice Coniglio e Andrea Raviola. Dalla videoart al teatro multimediale, dalla musica elettronica alla performance, dalla net. art alla fotografia, non c’è quasi settore della creatività contemporanea che Coniglioviola, “bottega rinascimentale nell’era digitale”, non abbia esplorato e provato a sobillare con le armi dell’ironia, muovendosi tentacolarmente come un vero e proprio marchio. Noto per imprese spettacolari come l’Attacco Pirata alla Biennale di Venezia (2007), ConiglioViola è impegnato in un’indagine trasversale sul territorio della cultura POP-olare. Il multilinguismo e la transmedialità sono risultato di una riflessione intorno al medium digitale concepito come meta-linguaggio, a partire dalla quale è in grado di declinare ogni progetto attraverso più linguaggi. Tra i vari progetti ricordiamo il già citato l’Attacco Pirata alla Biennale di Venezia, l’opera net. art La meditazione di Yolanda (2001–2003), la produzione musicale-teatrale Recuperate Le Vostre Radici Quadrate, la copertina delle Pagine Bianche Piemonte del 2007, l’opera Ecce Trans (balzata alle cronache internazionali per via della censura all’interno della mostra Arte e Omosessualità a Milano), la mostra Nous deux a Parigi con Unicredit & Art nel 2007, la collaborazione con la cantante Loredana Bertè, con gli stilisti Etro, Vivienne Westwood e Antonio Marras, con il critico d’arte Achille Bonito Oliva e con Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (questi ultimi nell’inedita veste di attori), con la compagnia teatrale IRAA Theatre e, sempre in ambito teatrale, con Valter Malosti. Nel 2009 il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ha dedicato a Coniglioviola (i più giovani artisti ad avere avuto una personale in questa sede) una mostra antologica dal titolo “Sono un pirata / Sono un signore” visitata da oltre diecimila persone in dieci giorni. La mostra è accompagnata dalla pubblicazione del catalogo edito da Silvana Editoriale con testi critici di Antonio Arevalo, Alessandro Bergonzoni, Achille Bonito Oliva, Martina Corgnati, Maurizio Ferraris, Tommaso Labranca, Milva, Domenico Quaranta, Laura Serani, Massimiliano Finazzer Flory. Sempre nel 2009 ha debuttato nel cartellone del Teatro Stabile di Torino all’interno del Festival Prospettiva con lo spettacolo teatrale Concerto senza titolo interpretato da Antonella Ruggiero: un’investigazione sulla collisione tra il tema-tabù della morte e la cultura pop. Nel 2011 partecipa alla Biennale di Venezia, tra gli eventi legati ai Padiglioni nazionali, con il progetto collettivo Pirate Camp – The stateless Pavillion, che coinvolge oltre trenta giovani artisti provenienti da tutto il mondo, ospitati all’interno di un campeggio pirata allestito in laguna. Dall’anno successivo fioriscono i progetti legati all’organizzazione Kaninchen-Haus, che produce, con il sostegno della Compagnia di San Paolo, il programma sperimentale di residenza viadellafucina nel quartiere di Porta Palazzo a Torino, e che da vita all’artist run space K-HOLE, nello stesso quartiere. Nel 2015 viene pubblicato il disco Recuperate Le Vostre Radici Quadrate, presentato insieme al nuovo video “Non domina sum” e al riallestimento dello spettacolo, il cofanetto cd+dvd Requiem Elettronico nato dalla collaborazione con Antonella Ruggiero, e l’opera d’arte pubblica in realtà aumentata Le notti di Tino di Bagdad prodotta da Kaninchen-Haus in collaborazione con TIM, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e Salone Internazionale del Libro. Nel 2016 con il progetto Ulysses Now, che verrà prodotto nel 2017 da Accademia degli Artefatti, vince il Bando ORA! della Compagnia di San Paolo.
Il progetto è prodotto da Kaninchen-Haus in collaborazione con care/of e con la galleria Montoro12 di Roma.
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ConiglioViola. Le notti di Tino di Bagdad sede: Studio Museo Francesco Messina (Milano). Le notti di Tino di Bagdad è il nuovo progetto transmediale di ConiglioViola: un esperimento post-cinematografico di arte pubblica che combina l'utilizzo di nuove tecnologie, quali la Realtà Aumentata, con il recupero di tecniche tradizionali, dalle incisioni su rame al Teatro delle Ombre.
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