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"Inverno" di Umberto Saba: Un Paesaggio dell’Anima. Recensione di Alessandria today
La fragilità dell'esistenza nell'inverno dell’animo umano.
La fragilità dell’esistenza nell’inverno dell’animo umano. La poesia “Inverno” di Umberto Saba rappresenta una straordinaria sintesi tra descrizione paesaggistica e introspezione emotiva. Attraverso immagini potenti e una visione simbolica, Saba esplora temi universali come la fragilità dell’esistenza, il conforto nella desolazione e il legame tra natura e condizione umana. Analisi della…
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Damiano's instagram, 12.02.2025
Grazie Lucio Grazie per essere riuscito a guardare la vita in un modo così profondo. La felicità non è mai un sentimento definitivo, ma è nascosta in una serie di momenti che si alternano tra le gioie e le difficoltà delle nostre vite, non è un concetto astratto o inarrivabile, è alla portata di tutti noi, basta accettarne la precarietà. Non cerchiamo troppo lontano, quello che, in realtà è già vicino. Grazie Alessandro Borghi per aver condiviso questo momento con me, grazie per la tua sensibilità. Grazie al piccolo Vittorio, nessuno tocchi la tua di felicità, il futuro è nelle tue mani. Grazie Carlo Conti per questo invito e per avermi dato l’opportunità di tornare nel posto che più mi sta a cuore. ❤️
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Coloro che sono chiamati alla ricerca interiore, sono proprio quelli che si perdono più facilmente.
Osservano la Vita da migliaia di prospettive, si pongono perennemente in discussione, si immergono negli abissi di loro stessi, si assestano per un attimo nella loro precarietà d'animo per poi scivolare pericolosamente nelle Energie del dissesto.
Non è impresa semplice affiancare coloro che si "scrollano" costantemente di dosso le illusioni, le credenze, le prospettive antiche e i simboli della prigionia.
La sensazione di essere approdati alla loro definitiva "versione identitaria" dura qualche attimo e poi riprendono a lavorare sodo sul prossimo cavillo esistenziale.
A livello Umano questa "precarietà" può nascondere una profonda paura di essere imprigionati per sempre nel Dolore dell'Altro. E di se stessi.
Può rappresentare a livello inconscio (e spesso inconsapevole) il bisogno di allontanare costantemente da se stessi il ruolo Antico in cui l'Altro vuole incasellarci, provocando una eguale e potente spinta alla liberazione, a non accogliere nulla per vero, ma solo per "provvisoriamente valido".
La "provvisorietà interiore" è ciò che "salva" dall'eterna condanna ad essere complici di un sistema malato e triste che non ci appartiene, che sentiamo pesante e non autentico.
Nel tempo impariamo ad allontanarci sempre più tempestivamente dalla "gabbia" del Dolore e diveniamo simili ad un animale che, quando si bagna, si scrolla istintivamente di dosso l'acqua in eccesso.
Ma tolta la ferita infantile del "mancato riconoscimento" e "dell'abbandono fisico ed emotivo", tolto lo sguardo del genitore che ci vorrebbe inconsciamente eredi di quel Dolore, tolto tutto ciò, restiamo noi.
E noi siamo portatori di un Dono speciale. Non di una condanna.
Siamo coloro che "sanno", che "vedono", che "trasmutano".
Siamo le Fenici dello "Spirito incarnato".
Ci dedichiamo assiduamente ai cicli della Morte e della Vita. Ci dissolviamo più volte al giorno nell'atto della Fine, e generiamo, nel Campo interiore, luminosi nuovi Inizi.
Non chiedete agli altri di "comprendere" questo movimento.
Chiedete a voi stessi di "amarlo".
Anche se non è facile accogliere la precarietà che avvolge questo movimento interiore. Anche se viola costantemente le leggi del bisogno di "stabilità" e di "sicurezza" dell'Umana Esistenza.
Siete cresciuti "nell'Instabilità" e vi farete sempre ritorno. Per maturare la vostra "versione" più autentica e pura. Per rigenerare insieme al Pianeta Terra e alle Dimensioni dell'Invisibile la più alta versione dell'incontro tra Spirito e Materia.
Ed è vero. Non è un viaggio sempre affollato di familiari, compagni, amici disposti a considerare con affetto e comprensione questi vostri passaggi così faticosi e insondabili.
Ma dalla vostra trasmutazione, si genererà "polvere di stelle" che guarirà ogni vostro campo di espansione e produrrà allineamento temporaneo anche agli ignari e sconvolti "presenziatori" del vostro movimento alchemico.
Genererete in loro il "campo della possibilità". Seppur non potrete mai sostituirvi alla loro personale volontà di crescita e cambiamento.
Viaggerete spesso "soli" per questo motivo.
Perché rappresenterete mille facce, mille volti, mille espressioni della stessa Verità. Che non cambia. Non muta. Ma si esprime nelle sue molteplici forme materiali, emotive e psichiche.
E questo spaventa. Atterrisce chi non è disponibile ad entrare pienamente nei vostri movimenti di scoperta e di esplorazione.
Potete solo comprendere quanto il mondo dell'Arte e dello Spirito sia costellato di "folli" ricercatori della magia alchemica della "Rappresentazione".
E quanto essi si sentano spesso incompresi nella loro funzione di "maghi della manifestazione", di "pionieri della visione".
Alcuni perdono il "senno". Perché fa male. Fa male non essere visti, compresi, sostenuti e riconosciuti dentro a questo immenso e faticoso Dono.
Non è semplice.
Non lo è mai stato.
Ma all'oggi, "cercare di essere ciò che non si è", resistere alla corrente che "trascina", cercare di "normalizzare" i Doni interiori, diventa pressoché solo forzatura, frustrazione e infelicità.
Se gli altri appaiono spenti nella loro unica "credenza", se non vogliono sforzarsi di comprendere, né tantomeno di "sentire", nulla potrà smuoverli dalla loro posizione di chiusura.
Nemmeno la prospettiva di "ammalarsi". O di vivere per sempre infelici e arrabbiati con la Vita.
Ma "chi vede", ha il sacro compito di proteggere se stesso dall'"immobilità", di non sostare troppo a lungo dove non c'è terreno fertile per la Vita, di non soffermarsi a "spiegare" troppo.
Non c'è tanto da "spiegare". C'è da "seguire il Cuore".
E se nemmeno se ne percepiscono i battiti, se c'è troppa guerra dentro e troppo rumore fuori, non ha senso "forzare" l'Altro a "farlo per compiacere noi", "per non rischiare di perderci", per non obbligarci a rivivere la nostra ancestrale "ferita dell'Abbandono".
Si va. Senza tante spiegazioni. Che servirebbero qualora ci fosse un paritario livello di "linguaggio interiore condiviso".
Ma se così fosse, l'Altro sarebbe il primo ad accompagnarci con affetto ed entusiasmo all'imbocco della nostra prossima esperienza terrena e spirituale, con gli occhi commossi e colmi di riconoscenza, augurandoci di vivere sempre pienamente il nostro Dono in ogni sua straordinaria manifestazione possibile.
E magari potrebbe coraggiosamente decidere di "buttarsi" insieme a noi, cogliendo la preziosa occasione di afferrarci la mano forte forte, chiudere gli occhi, e "volare" insieme verso lande inesplorate della Vita.
Ed invece per molte Anime del Cristallino non c'è il "lieto fine", o il "lieto inizio".
Sono costrette a "scappare" per non essere annientate dal Dolore dell'Altro. Spesso si ritrovano a dover offrire giustificazioni e bugie per non incorrere nell'ira e nella rabbia che l'Altro gli riversa contro. Si ritrovano magari a "giustificarsi" quando scelgono di allontanarsi o di cambiare direzione.
Ciò accade quando non c'è connessione reciproca con l'Altro.
Quando le parole diventano "troppe", significa che l'Altro non comprende il nostro linguaggio. O non lo vuole comprendere.
Lo "violentiamo" e violentiamo noi stessi quando tentiamo di convincere l'Altro di qualcosa che non sente. E non vede. O non vuole sentire o vedere.
E ciò non significa che chi compie questi profondi viaggi interiori, sia "migliore" di chi non li vuole compiere. Anzi. Sono solo "missioni" diverse interpretate con "strumenti diversi".
Ma chi ha scelto di aderire alla profonda chiamata del Rinnovamento Emotivo e Spirituale del piano di Coscienza Umano, non può interrompere il suo eterno ciclo di Morte e Rinascita per "paura di non essere accettato, di non valere abbastanza, di non essere normale, di perdere l'Altro".
Sente oramai troppo potente e impellente la necessità di proseguire. Di andare "oltre" il già visto e vissuto.
E, nonostante la terrorizzante paura della perdita affettiva ed emotiva, la Verità è che "nulla di ciò che è stato offerto con Amore, verrà mai perso veramente". Poiché tutto prima o poi torna a noi, "si ritrova". Si ricollega alla Fonte.
Se ancora "diventa necessario" allontanarsi da amici, compagni, animali, famigliari, per differenza di linguaggio, o magari perché si è concluso quello spazio evolutivo, o per volontà di crescere e maturare esperienze diverse di introspezione e ricerca della Verità, non sentiamoci "falliti" o "cattivi", o ancor peggio "incapaci di amare veramente".
Amare spesso significa "liberare" l'Altro da noi stessi.
E fa male.
Ma ciascuno ha per se stesso il Sacro Compito di trovare e ri-trovare, manifestare ed esprimere la sua "più piena e completa Versione interiore".
Ed è lo stesso compito dell'Altro.
E, a volte, noi glielo impediamo, volendo a tutti costi imporgli la "nostra visione dei fatti", obbligandolo troppo presto a compiere passi che non appartengono alla sua "struttura base", di cui non sente la necessità, o per cui ha ancora troppa paura di frantumarsi dentro.
Perciò andate, se dovete andare.
Non forzate le condizioni dell'Altro per un vostro bisogno interiore di essere accettati o riconosciuti.
E se scegliete comunque di "restare" perché voi non vi sentite ancora pronti per "lasciare andare", non arrabbiatevi se l'Altro non vi "capisce", non parla più la vostra lingua o non si sforza di venirvi nemmeno più incontro.
Magari non vuole. O non può. O non sente.
O forse semplicemente è Tempo per voi di "dirigervi altrove".
Accorgetevi però. Siate onesti e sinceri. Con voi e con l'Altro.
Buon "passaggio epocale". E' il Secondo Varco. E' il più potente di tutti.
Forte. Deciso. Compatto. Esplosivo.
E' la fine dei Tempi. L'ennesima. Ma più "umana" che mai.
Mirtilla Esmeralda
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Prendo una pausa dallo studio per incazzarmi fugacemente; questa roba che nel 2024 considerate gli psicofarmaci come parte di un grande piano malvagio degli psichiatri brutti e cattivi che vi vogliono sedare per rendervi “servi” del sistema è una stronzata così colossale e approssimativa che può generarla solo chi ha avuto il privilegio di non dover ricorrere ad ausili di questo tipo.
1) Non c’è alcun piano malvagio dietro perché se sono depressa in culo non riesco a cambiare o sovvertire nel mio piccolo il sistema e non mi tange neanche un conflitto mondiale che si consuma davanti ai miei occhi; viceversa, con un antidepressivo in corpo, riesco a essere più lucida, determinata e costante nei miei obiettivi e sicuramente più proattiva; ne consegue che non sono gli psicofarmaci ad inebetirmi, ma la patologia.
2) “Eh ma chi può dire cosa sia patologia o cosa no, magari tu non hai niente che non vada ma è questa società che te lo fa credere!” Sì Gianfranco sono pure d’accordo però t’assicuro che questa argomentazione sull’interrogarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina in relazione a questioni così complesse porta a un vicolo cieco senza risoluzione da cui comunque esco depresso e comunque t’assicuro che società o meno le mie psicopatologie me le porto dietro dagli 0 anni di età, quindi facciamo che, come per tutto, la smettiamo di interrogarci in maniera inutile sulla questione e adottiamo la filosofia del “basta che funzioni”, cioè la filosofia che nella vita dovrebbe portarti a viverla, tipo, nel migliore dei modi possibili, cercando di essere un umano decente; e che se mi aiutano 10 gocce di xanax ben venga se in loro assenza e preda delle pippe mentali di cui sopra trucido dieci persone.
3) Il fatto che esistano psichiatri di merda che rifilano farmaci con dosaggi sbagliati o non imbroccano proprio la cura non rende lo psicofarmaco di per sé un problema (spoiler: ogni sostanza che ingeriamo, ogni farmaco che assumiamo, agisce sul cervello e su specifiche aree di quest’ultimo).
4) Per quanto l’introspezione e l’analisi critica della società sia fondamentale - anche - per guarire, fino a quando non mi trovate una soluzione alla depressione maggiore, al disturbo bipolare, alle varie disfunzioni chimiche cerebrali, all’insonnia e via dicendo che non siano discorsi alla Basaglia usciti però un po’ peggio continueremo a prenderci gli psicofarmaci che ci impediscono di buttarci sotto un treno davanti i vostri occhi.
5) Nelle tribù, per dirne una, dalla notte dei tempi si utilizzano sostanze psicotrope perché l’essere umano evidentemente ne sente l’esigenza pure quando vive in mezzo alla giungla e si gratta il sedere dalla mattina alla sera senza che ci siano questioni capitalistiche di mezzo, quindi figurati se io che vivo una vita di merda tra lo smog, la freneticità, le crisi mondiali, i conflitti, le disparità sociali e la precarietà esistenziale non devo assumere il Valium, ma va là.
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COS' È LA DISTRAZIONE DI MASSA...
🔻Noam Chomsky, uno dei piu' importanti intellettuali oggi in Vita, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.
Dedicate 5 minuti e non ve ne pentirete.
Non foss'altro per ampliare le proprie conoscenze.
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare.
Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà.
O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi.
E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura.
E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato.
Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.
Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale.
Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile.
Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo.
Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione.
E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti.
Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca.
Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Noam_Chomsky
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Basta io sono stanca di studiare, farmi il culo per avere una vita instabile a venticinque anni. Voglio un lavoro vero, una casa tutta mia e una routine fissa per almeno 5 anni. Invece mi ritrovo a fare la seconda magistrale con l'idea di fare il dottorato e vivere in una situazione di precarietà economica e sociale per i prossimi quattro anni della mia vita, sarei un po' piena. Inoltre vedo i miei coetanei che non hanno seguito percorsi universitari fare carriera nelle loro aziende e prendere stipendi che anche io prenderò molti anni dopo l'ingresso nel mondo del lavoro. Allora che senso ha studiare? Investire tutte queste risorse e farsi il culo per specializzarsi in un settore se potevo avere gli stessi risultati economici lavorando in altri ambiti? Cioè è destabilizzante sapere che coetanei diventano district manager di catene grandi con il diploma di maturità per niente affine al settore. Io sono felice per i miei amicə e sono fiera di loro ma io ci arriverò mai? Avrò mai la stabilità che hanno loro? Risparmierò del tempo nella marcia di carriera per aver studiato così tanto?
#uno con il diploma di maturità prende 2500 euro netti#dopo 4anni di carriera aziendale#io col dottorato appena entrata predendere 1600#che cazzo di senso ha avuto investire tutte queste risorse?
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Un giorno l'onda chiese al mare:
"Mi vuoi bene?"
Ed il mare le rispose:
"Il mio bene è così forte che ogni volta che ti allontani verso la terra io ti tiro indietro per riprenderti tra le mie braccia. Senza te la mia vita sarebbe insignificante. Sarei un mare piatto, senza emozione. Tu sei l’essenza del mio esistere".
L'onda fu felice tra le braccia del mare facendo finta, ogni volta, di volare via per dare quel senso di precarietà alle cose, per renderle preziose. Ed ogni volta il mare la riprendeva, con le sue braccia grandi, per riportarla a sé.
Raccontano che una notte la luna illuminava il mondo, e l’onda bianca lentamente, in un ballo infinito, scivolava tra un prendersi e un lasciarsi col mare che stendeva le braccia per poi ritirarle, facendo finta a volte di non poterlo fare, perché l’onda potesse assaporare anch’essa quella precarietà che rende le cose preziose.
L’onda ed il mare sono ancora lì, nel gioco infinito delle emozioni. E fanno finta che sarà l’ultima volta che l’onda partirà verso la terra, per non tornare più ma poi, alla fine, è più forte su tutto il bisogno di riprendersi. Nel sogno di un bene senza fine.
- Tony Kospan
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«L’incertezza in cui siamo immersi, la nostra precarietà, sospesa sull’abisso dell’immensità di ciò che non sappiamo, non rende la vita insensata: la rende preziosa.»
Carlo Rovelli
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“Come stai?” mi chiedi.
“Stanca” rispondo. Rispondiamo spesso così. Mi sento, ci sento: siamo adulti, siamo tanti e siamo stanchi tutti quanti.
“Come mai?” mi chiedi. Ma non è la domanda corretta. Non siamo stanchi perché lavoriamo troppo o dormiamo poco o mangiamo male o per carenza di ferro o magnesio. Non è una stanchezza chimica, è esistenziale. Non siamo stanchi per qualcosa. Siamo stanchi di qualcosa.
Io sono stanca dei miei pensieri che escono dal gregge, di non essere un buon cane pastore capace di girargli intorno, arginare, compattare. Perché spesso sono il lupo che minaccia di sbranare le certezze. Sono stanca dei sospesi: la lampadina che devo cambiare da un anno e tre mesi. Devo imbiancare, togliere gli adesivi di Cars dal mobile del salotto, dalle scale, ho ancora mezzo armadio pieno di vecchi vestiti, me ne dovrei disfare. È sempre stato più facile gettar via che sistemare.
Ma ci sono anche gli oggetti che non so buttare. L’oggetto del mio rancore, l’oggetto del desiderio, l’oggetto delle mie angosce, l’oggetto della mia malinconia, l’oggetto dell’invidia, sono un’accumulatrice seriale di piccole ossessioni. Sono stanca degli appelli mancati, quelli che manco io più di tutto, quando non ci sono nel modo giusto, sono stanca di mancare. Sono stanca di aver bisogno di questa stanchezza per sentirmi viva, perché se non sei stanca non hai fatto abbastanza.
Sono stanca perché il vero riposo per me è la soddisfazione del darmi da fare, anzi di fare fatica. Sono stanca e un po’ suonata, ogni tanto ripenso a quando ero più giovane e innamorata, così innamorata da potermi concedere il tormento con dubbi inesistenti. Ancora mi sorprende quanta resistenza si possa fare ad accettare la felicità. Oggi sono stanca della precarietà. Sono stanca del “per ora”, delle mani avanti che sono sempre le mie, della mia incapacità di pensare per assoluti, del senso di allerta che mi abita. Io peroro, tu perori, egli perora… voce del verbo “del doman non c’è certezza”. Ci diciamo che stiamo attraversando un periodo complicato. Una fase. Ma per quanto mi riguarda questo periodo complicato è iniziato quando mia sorella mi rivelò che Nicca Costa era molto più bella di me e non si è mai esaurito. La vita è una fase complicata dell’esistenza. È che la complicazione non è circoscritta e il periodo di cui sopra non si attraversa e via, quando trovi le strisce.
Se tocchi il fondo, immagini di scendere giù, verso un abisso di tristezza, ma poi di picchiare la pianta del piede e risalire rapido. E invece no, ti aspetta la merdosissima maratona nei fondali, anfibi disperati che non siamo altro, con le branchie che fanno contatto coi condotti lacrimali.
“Sei stanca” mi chiedi? Sì, ma per ora il gregge dei pensieri è in salvo, anche stasera il lupo non si è visto arrivare. Sono stanca, siamo stanchi, ma via e pedalare.
Enrica Tesio
🍀
#smokingago
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COS' È LA DISTRAZIONE DI MASSA.
Noam Chomsky, uno dei piu' importanti intellettuali oggi in Vita, ha elaborato la lista delle 10 strategie della manipolazione attraverso i mass media.
1-La strategia della distrazione
L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dei cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazioni di continue distrazioni e di informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico d’interessarsi alle conoscenze essenziali, nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere l’Attenzione del pubblico deviata dai veri problemi sociali, imprigionata da temi senza vera importanza.
Mantenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza nessun tempo per pensare, di ritorno alla fattoria come gli altri animali (citato nel testo “Armi silenziose per guerre tranquille”).
2- Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare.
Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che il pubblico sia chi richiede le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà.
O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.
3- La strategia della gradualità.
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, a contagocce, per anni consecutivi.
E’ in questo modo che condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte durante i decenni degli anni ‘80 e ‘90: Stato minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione in massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero state applicate in una sola volta.
4- La strategia del differire.
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è quella di presentarla come “dolorosa e necessaria”, ottenendo l’accettazione pubblica, nel momento, per un’applicazione futura.
E’ più facile accettare un sacrificio futuro che un sacrificio immediato.
Prima, perché lo sforzo non è quello impiegato immediatamente. Secondo, perché il pubblico, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato.
Questo dà più tempo al pubblico per abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo rassegnato quando arriva il momento.
5- Rivolgersi al pubblico come ai bambini.
La maggior parte della pubblicità diretta al gran pubblico, usa discorsi, argomenti, personaggi e una intonazione particolarmente infantile, molte volte vicino alla debolezza, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente mentale.
Quando più si cerca di ingannare lo spettatore più si tende ad usare un tono infantile.
Perché? “Se qualcuno si rivolge ad una persona come se avesse 12 anni o meno, allora, in base alla suggestionabilità, lei tenderà, con certa probabilità, ad una risposta o reazione anche sprovvista di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno” (vedere “Armi silenziosi per guerre tranquille”).
6- Usare l’aspetto emotivo molto più della riflessione.
Sfruttate l'emozione è una tecnica classica per provocare un corto circuito su un'analisi razionale e, infine, il senso critico dell'individuo.
Inoltre, l'uso del registro emotivo permette aprire la porta d’accesso all’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, compulsioni, o indurre comportamenti.
7- Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità.
Far si che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù.
“La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza dell’ignoranza che pianifica tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare dalle classi inferiori".
8- Stimolare il pubblico ad essere compiacente con la mediocrità.
Spingere il pubblico a ritenere che è di moda essere stupidi, volgari e ignoranti ...
9- Rafforzare l’auto-colpevolezza.
Far credere all’individuo che è soltanto lui il colpevole della sua disgrazia, per causa della sua insufficiente intelligenza, delle sue capacità o dei suoi sforzi. Così, invece di ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e s'incolpa, cosa che crea a sua volta uno stato depressivo, uno dei cui effetti è l’inibizione della sua azione.
E senza azione non c’è rivoluzione!
10- Conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscono.
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno generato un divario crescente tra le conoscenze del pubblico e quelle possedute e utilizzate dalle élites dominanti.
Grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” ha goduto di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia nella sua forma fisica che psichica. Il sistema è riuscito a conoscere meglio l’individuo comune di quanto egli stesso si conosca.
Questo significa che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un controllo maggiore ed un gran potere sugli individui, maggiore di quello che lo stesso individuo esercita su sé stesso.
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Rimini ottava, nella triste classifica del numero di homeless deceduti nel 2023.
“La solita, invisibile, strage: 415 morti nel 2023 riporta il report curato dalla fio.PSD sui senza dimora che lo scorso anno hanno perso la vita a causa della condizione di grave emarginazione.
Aumenta il numero e si muore durante tutto l’anno, non soltanto d’inverno. Muoiono soprattutto uomini di nazionalità straniera.”
Servono risposte abitative nuove e strutturali adeguate a rispondere alla precarietà abitativa che colpisce sempre più persone.
Di precarietà abitativa si muore d’inverno come d’estate, e Rimini ancora una volta entra in una triste classifica.
Invece questa amministrazione, per volontà di un Sindaco indispettito che gestisce la cosa pubblica come un fatto personale, (non sopporta le critiche), deve fare fuori Casa Madiba Network... e quale miglior modo se non impiantare lì un progetto, quello del centro servizi a bassa soglia, che grazie all’aiuto della Lega, non sarà uno spazio di nuovi diritti per le persone senza casa, ma l’ennesimo palazzo del grigiore istituzionale, dove chi è senza casa deve sentirsi COLPEVOLE, non di certo incoraggiato a lottare per un diritto che dovrebbe essere universale come quello alla casa?
Intanto la gente muore nelle strade, mentre loro, sindaco e assessore ( e proni funzionari tecnici ) sono ancora lì a finire di scrivere il comunicato per il Piano freddo che non c’è, o peggio a strumentalizzare vicende umane e personali, come quella del signor Franco, alias Charlotte.
Intanto ci sono operator* della Marginalità adulta che lavorano con la partita iva, altr* che vengono minacciat* o screditat* se non si allineano, oppure volontar* su cui si scarica il peso opprimente di un lavoro sociale non riconosciuto e di un welfare sempre più frammentato.
Mentre la gente muore nelle strade, negli hotel abbandonati. E loro si occupano solo di scrivere comunicati stampa.
Non ci stupisce la loro ipocrisia e la loro strumentalizzazione, hanno persone pagate per scrivere e gestire la comunicazione del signor Sindaco, ci stupisce invece chi sostiene questo carrozzone, chi entra nei Cda di enti come ACER senza avere la capacità di muovere un millimetro, chi legittima un’azione istituzionale come quella del centro servizi, senza mai avere ascoltato le persone che da dieci anni a questa parte negli spazi di Casa madiba, tutti i giorni creano progetti, risposte, alleanze, relazioni contro la precarietà abitativa e per il benessere e la sicurezza di tutta la collettività con le persone in condizione homelessness.
E per favore non parlateci dei percorsi partecipati svuotati di ogni significato che la parola partecipazione porta con se. Come ridurre un oceano... agli interessi degli Enti amici, ops.... ad una vasca da bagno.
Per questo oggi più che mai, dobbiamo gridare e lottare ancora più forte:
UNA CASA PER TUTT*
Casa Madiba Network
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Il tappeto è in realtà un incredibile mosaico: è la tomba di Nureyev
Poco fuori Parigi il cimitero ortodosso di Sainte-Geneviève-des-Bois conserva un’opera splendida e commovente. È la tomba del più grande ballerino del XX secolo.
La vita di Rudol’f Chametovič Nureev, Nureyev per il mondo intero, sembra scritta da un grande romanziere: nato nel 1938 in un vagone passeggeri della Trasiberiana, vive gli anni della guerra in condizioni di grande precarietà. Poi i sacrifici, l’affermazione, gli anni di gloria, la malattia. Oggi Nureyev è considerato il più grande danzatore del XX secolo, precursore della danza moderna. Morto nel gennaio del 1993 a causa del decorso della malattia (era malato da anni di AIDS), il grande ballerino fu sepolto nel cimitero ortodosso di Sainte-Geneviève-des-Bois, poco fuori Parigi. La sua tomba, molto meno nota rispetto a quelle di altri grandi personaggi dei suoi anni sepolti nella capitale francese, è un vero capolavoro. Progettata dello scenografo Ezio Frigerio e realizzata dallo Studio Akomena di Ravenna, la tomba di Nureyev è un mosaico che raffigura un kilim, tappeto pregiatissimo tessuto come arazzo tra i Balcani e il Pakistan, amatissimo dal ballerino. È impressionante ammirare come la grande maestria dei mosaicisti di Ravenna sia riuscita a rendere, in quest’opera meravigliosa e commovente, il senso di pesantezza tipico del kilim, che pare adagiato sulla tomba a conservare le spoglie di questo straordinario artista e atleta del secolo scorso.
ByGiovanni Mavaracchio
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Siamo adulti, siamo tanti e
siamo stanchi tutti quanti.
Non siamo stanchi perché lavoriamo troppo o dormiamo poco o mangiamo male o per carenza di ferro o magnesio. Non è una stanchezza chimica, è esistenziale. Non siamo stanchi per qualcosa. Siamo stanchi di qualcosa.
Io sono stanca dei miei pensieri che escono dal gregge, di non essere un buon cane pastore capace di girargli intorno, arginare, compattare. Perché spesso sono il lupo che minaccia di sbranare le certezze.
Sono stanca dei sospesi: la lampadina che devo cambiare da un anno e tre mesi. Devo imbiancare, ho ancora mezzo armadio pieno di vecchi vestiti dovrei disfare. È sempre stato più facile gettar via che sistemare.
Ma ci sono anche gli oggetti che non so buttare. L’oggetto del mio rancore, l’oggetto del desiderio, l’oggetto delle mie angosce, l’oggetto della mia malinconia, l’oggetto dell’invidia, sono un’accumulatrice seriale di piccole ossessioni.
Sono stanca di aver bisogno di questa stanchezza per sentirmi viva, perché se non sei stanca non hai fatto abbastanza.
Sono stanca perché il vero riposo per me è la soddisfazione del darmi da fare, anzi di fare fatica.
Sono stanca e un po’ suonata, ogni tanto ripenso a quando ero più giovane e innamorata, così innamorata da potermi concedere il tormento che costruivamo noi, con dubbi inesistenti. Ancora mi sorprende quanta resistenza si possa fare ad accettare la felicità.
Oggi sono stanca della precarietà. Sono stanca del “per ora”, delle mani avanti che sono sempre le mie, della mia incapacità di pensare per assoluti, del senso di allerta che mi abita. Io peroro, tu perori, egli perora… voce del verbo “del doman non c’è certezza”. Ci diciamo che stiamo attraversando un periodo complicato. Una fase. La vita è una fase complicata dell’esistenza. È che la complicazione non è circoscritta e il periodo di cui sopra non si attraversa e via, quando trovi le strisce.
Se tocchi il fondo, immagini di scendere giù, verso un abisso di tristezza, ma poi di picchiare la pianta del piede e risalire rapido. E invece no, ti aspetta la merdosissima maratona nei fondali, anfibi disperati che non siamo altro, con le branchie che fanno contatto coi condotti lacrimali.
“Sei stanca” mi chiedi? Sì, ma per ora il gregge dei pensieri è in salvo, anche stasera il lupo non si è visto arrivare. Sono stanca, siamo stanchi, ma via e pedalare.
Enrica Tesio
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Accetto la mia incompletezza,
gli smarrimenti, il bloccare le emozioni quando non le so gestire, il temere la mia potenza realizzatrice.
Accetto l'instabilità, la precarietà, la presunzione di sentirmi diversa e la sofferenza dei miei limiti.
Accetto che anche il rumore di una foglia fa sussultare la mia anima bambina, che una parola può uccidermi e una parola può ridarmi vita.
Accetto con amore, con un sorriso, con umiltà la mia imperfezione, le mancanze, tutte le volte che non ho amato, che non ho osato, che non ho taciuto.
Accetto la mia chiusura silenziosa, il mio non voler esserci, il mio desiderio di fuga. Accolgo le mie fragilità, la mia emotività eccessiva e una sensibilità che mi lacera, perché l'anima ce l'ho sulla pelle, senza protezioni naturali, senza autodifese. E così mi espongo al sole e aspetto che mi maturi come il migliore dei suoi frutti.
Accetto quella che sono, così come sono, nello splendore di tanta imperfezione, nella luminosità di tanta trasparenza, nell'oscurità di tanto dolore.
Accetto il fiore che germoglia nel mio seno di donna, nel mio cuore di artista, nel mio spirito contraddittorio e traboccante di vita. Nella ricezione amorevole del mio essere, scelgo di accogliere i desideri, approdi da cui salpare verso acque interiori, paesaggi dell'anima immaginati, a cui devo dare un nome, per poterli chiamare, per poter cantare: "ti ho visto anima mia, ti ho conosciuto e amato come si fa con la creatura più bisognosa, affamata di vita e di bellezza, magica, incantevole, miserevole, compassionevole, vitale, un eterno divenire che mi sfugge e che pure possiedo nell'annullamento della mia piccola persona, nella regalità di un sogno privo di dubbi e ardente di stupore".
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Smile: Se il sorriso è sinonimo di morte
La recensione di Smile: il nuovo film horror con Sosie Bacon ci ricorda che un sorriso può anche essere sinistro, beffardo, mortale.
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Smile: Sosie Bacon in un'immagine
Un sorriso è quanto di più bello possa capitare a una persona. Hai di fronte a te qualcuno che ti sorride, e immediatamente ti senti a tuo agio. Come vedremo in Smile un sorriso può anche essere sinistro, beffardo, mortale. Lo si è ampiamente visto nella storia del cinema: pensiamo al ghigno di Jack Nicholson in Shining, o al sorriso beffardo del Joker. E la lista potrebbe andare avanti. In Smile un sorriso, altamente inquietante e sinistro, appare sul volto di una persona. Se vedete quel sorriso, è meglio scappare. Perché è sicuro, o quasi, che state per morire. Smile vive su questo spunto molto interessante, ma finisce per sviluppare una trama e un finale incoerenti, e per essere un film che, in generale, abusa troppo del jumpscare invece di creare la giusta atmosfera e la giusta tensione. Qualche brivido, però, ce lo regala.
Il sorriso che uccide
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Smile: Sosie Bacon in una scena
Rose Cotter (Sosie Bacon) è una psicoterapeuta che lavora con passione in un ospedale ed è dedita anima e corpo ai suoi pazienti. Un giorno, all'improvviso, vede una paziente morire proprio davanti ai suoi occhi: la donna dice di aver visto qualcosa di fronte a sé e comincia a urlare. Un attimo dopo è calma, lucida e ha un sorriso agghiacciante stampato sul volto. Prende il frammento di un vaso e si taglia la gola. Da quel momento Rose si sente perseguitata. Una sorta di entità sembra passare da una persona all'altra, facendo presagire segnali di morte. Su queste persone appare un sorriso malefico e poi finiscono per uccidersi infliggendosi ferite mortali o subendo atti di violenza fisica.
Come It Follows, The Ring, Final Destination
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Smile: Sosie Bacon in una sequenza
Sul senso inquietante che può trasmettere un sorriso si potrebbe scrivere un libro e la storia del cinema ne è piena. La cosa interessante di Smile, però, è soprattutto quello schema di un pericolo che non ha un volto e passa da una persona all'altra. In Smile non c'è un vero villain, un vero assassino, né un Freddie Kruger né un Mike Myers. C'è un costante senso di pericolo che si trasmette da una persona all'altra senza che, apparentemente, si possa prevederne lo sviluppo. È uno schema non originale, ma che è sempre interessante. Ricorda a tratti It Follows, in cui all'improvviso le persone, catturate da un'entità, iniziavano a seguire in modo lento e inesorabile chi volevano uccidere. Ma possiamo anche pensare alla struttura di The Ring, o a quella della saga di Final Destination. Sono tutti i casi in cui il pericolo, e quindi la morte, viaggiano da una persona all'altra in una sorta di passaggio di testimone.
Quel senso di contagio, o di persecuzione
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Smile: Sosie Bacon, Kyle Gallner in una scena del film
A livello metaforico, che si parli di Smile, di It Follows o degli altri modelli, è uno schema che evoca cose ben precise. Da un lato il contagio: un'entità che passa da una persona all'altra sembra quasi voler simboleggiare un virus e assistere a uno schema di questo tipo, dopo gli anni che abbiamo passato, dà un senso molto particolare alla storia. Dall'altro, soprattutto in Smile o in It Follows, c'è il senso di persecuzione, di accerchiamento. È quel non sentirsi sicuri e avere la percezione che il pericolo non sia legato a una persona precisa, ma possa arrivare ovunque. È un senso di precarietà e di insicurezza che molte persone, nella vita, arrivano a provare.
L'abuso del jumpscare
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Smile: Kyle Gallner in una scena del film
Tutti questi spunti, poi, si inseriscono nella realizzazione del film. Che è quella di un horror piuttosto classico dove la regia sceglie di puntare, prima di tutto, a spaventare lo spettatore e a sollecitarlo di continuo in questo senso. Smile ha un uso reiterato, quasi un abuso del jumpscare, quella tecnica che unisce movimento e suono in modo che lo spettatore salti dalla sedia. Alcuni sono realizzati in maniera studiata e sapiente da regalare qualche brivido, ma l'uso continuo finisce per svelare subito il gioco del film, a scapito dell'atmosfera e della tensione. Ma è tutto il suono in Smile che è particolarmente curato: fate caso al rumore, eccessivo, di quando la protagonista apre una scatoletta con il cibo per gatti.
Sosie Bacon, figlia d'arte
Il finale, poi, ci sembra svilupparsi in modo piuttosto incoerente rispetto alle premesse del film, alle regole del gioco così come ci erano state presentate e una serie di attori in overacting ci sembrano nuocere ulteriormente al film. Ci sembra spesso in overacting anche la protagonista Sosie Bacon, figlia di Kevin Bacon, che evidentemente deve aver preso molto da lui. È un'attrice che però ha sicuramente delle grandi doti, e una delle notizie migliori di Smile è proprio lei.
Conclusioni
In conclusione il film Smile vive su uno spunto molto interessante, ma finisce per sviluppare una trama e un finale incoerenti e per abusare troppo del jumpscare invece di creare la giusta atmosfera e la giusta tensione. Qualche brivido, però, ce lo regala.
👍🏻
Lo spunto è molto interessante.
La struttura narrativa, con il pericolo che passa da una persona all'altra, rimanda a It Follows.
Sosie Bacon è un'ottima attrice.
👎🏻
Il film abusa del jumpscare, invece che puntare a costruire la giusta atmosfera.
Il finale ci pare incoerente con le premesse e la logica della storia.
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La felicità
La vita ci insegna che quando siamo felici ne siamo inconsapevoli ma sappiamo quando siamo infelici. Ogni uomo è alla ricerca della felicità, dello stato in cui il nostro spirito è appagato senza che sia necessario altro per aumentare la sensazione di grazia che lo pervade. Ma la felicità è fuggevole, e quando ne avvertiamo la presenza viviamo la precarietà della sua durata come se camminassimo su un filo tagliente di rasoio, come se dovessimo spingere i nostri passi su una lastra sottile di ghiaccio, pronta a creparsi all’improvviso. È allora meglio non cercarla in maniera ossessiva, perché, raggiunta, potremmo perderla in un solo istante. Questa è la natura fragile della felicità, anche di quella che si ha nelle piccole cose: passa velocemente dopo avere illuminato il cuore di chi è triste o disperato, disperato come il pianto del bambino che giocando con un pallone lo perde tra le case, perdendo anche la felicità del gioco.
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