#piccolo tamburo
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bearbench-img · 3 months ago
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コダイコ
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小太鼓は、打楽器の一種で、ドラムセットの一部としてよく使用される楽器です。他のドラムと比較して比較的高い音域が特徴で、鋭く明瞭な音を奏でます。 小太鼓はドラムセットの核となる要素の一つであり、その独特のサウンドと多用途性により、現代の音楽において不可欠な役割を果たしています。
手抜きイラスト集
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irisnero · 9 months ago
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Trovo rifugio nel calore del tuo abbraccio, mentre il respiro si mescola con l'essenza dei tuoi capelli. I nostri cuori danzano in un ritmo sincronizzato, un piccolo tamburo che batte all'unisono. Ti avvolgo in un abbraccio protettivo, ma con delicatezza ti lascio librare nell'immensità dei tuoi sogni infantili. Insieme, madre e figlia, ci muoviamo silenziose nel bosco della vita, come cerva e cerbiatta, unite da un legame invisibile ma indissolubile.
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allgoodok1 · 4 months ago
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Come posso scegliere un'anguria matura?
Come posso scegliere un’anguria matura?Ecco come scegliere un’anguria matura:1. Controlla la dimensione dell’ombelico. Le melone femminili con ombelico piccolo hanno un migliore contenuto di zucchero e sapore[1].2. Guarda le strisce sull’anguria. È un anguria abbastanza matura da avere un colore nero brillante [4].3. Colpisci l’anguria e ascolta il suono. Un’anguria matura fa suonare un tamburo…
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Trapani: la Polizia di Stato arresta due pregiudicati per l’aggressione a mano armata di via Calatafimi
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Trapani: la Polizia di Stato arresta due pregiudicati per l’aggressione a mano armata di via Calatafimi. A Trapani, la Polizia di Stato ha arrestato due fratelli trapanesi, pregiudicati. Gli investigatori della Squadra mobile della Questura di Trapani, supportati dagli uomini del Reparto Prevenzione crimine della Polizia di Stato, hanno sottoposto i due alla custodia cautelare in carcere per i reati di lesioni aggravate dall’uso di armi da sparo, porto in luogo pubblico di arma comune da sparo e minaccia aggravata. L’indagine, coordinata dalla locale Procura della Repubblica, è stata avviata, dagli investigatori, all’indomani della sparatoria in cui è rimasto ferito un giovane trapanese di 21anni, attinto alla gamba da un colpa di pistola di piccolo calibro. I fatti risalgono alla notte tra il 9 e il 10 marzo scorsi e sarebbero avvenuti sulla pubblica via, davanti a un bar. La vicenda sarebbe maturata nell’ambito di una violenta lite, scoppiata qualche ora prima, fuori da una nota discoteca di questa città, tra la vittima e il minore dei due fratelli arrestati. Dalle prime evidenze investigative sembrerebbe che l’uomo abbia avuto la peggio e abbia cercato vendetta, ricorrendo all’aiuto del fratello. Dopo la lite in discoteca, i due hanno raggiunto la vittima fuori da un bar di via Calatafimi. Le immagini dei sistemi di video sorveglianza della zona restituiscono la scena nella quasi interezza: l’uomo precedentemente aggredito riceve dal fratello una pistola e la punta alle gambe del giovane; verosimilmente a causa di un mal funzionamento dell’arma, l’aggressore fa diversi tentativi, alla presenza di altri avventori del bar che, alla vista dell’arma, si allontanano. Infine, colpisce la vittima, che viene attinta da un solo colpo alla coscia sinistra; le conseguenti lesioni sono state giudicate guaribili in 30 giorni. L’arma è stata rinvenuta stamattina: si tratta di un revolver calibro 38, una pistola a tamburo, con matricola abrasa; a permetterne il ritrovamento è stato proprio uno degli arrestati.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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newsnoshonline · 9 months ago
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Misurazione delle vibrazioni quantistiche di un piccolo tamburo a temperatura ambiente Misurazione delle vibrazioni quantistiche di un tamburo millimetrico a temperatura ambiente Uno studio pubblicato su Natura il 01 marzo 2024 ha rivelato che, grazie a nuove tecniche di riduzione del rumore, è stato possibile rilevare l’interazione quantistica tra la luce e un tamburo millimetrico a temperatura ambiente. Avanzamenti tecnologici Questo avanzato sistema sperimentale consente di […] More
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sellwater2theocean · 1 year ago
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Sofferenze parigine- luglio
Lo sguardo mi scorre sul volto. Ne noto il pallore, ne noto le ciglia così scure e mi fisso dritta dritta negli occhi. Apro la bocca per vedermi da dentro. Noto con dispiacere una fila di incisivi leggermente ondeggianti e ingialliti. Ci passo la lingua sopra e la mia saliva sa di tabacco bruciato. Mi corre un brivido lungo la schiena.  
Non riesco ancora a vedere la mia bocca come prima, a viverci insieme senza sentirmi lì. Faccio cliccare l’unghia dell’indice sull’incisivo sinistro e mi trovo dinuovo in quel letto, lo stesso cotone nella corteccia cerebrale, lo stesso tamburo nel mio petto. Sento anche il suo, così forte in quell’incavo eburneo, liscio, tiepido. Sento le sue mani che mi cingono le spalle, tracciando segmenti brevi e percorrendoli a ritroso con le dita. Quelle dita così affusolate, delicate, che per mesi ho ammirato come si ammira una statua.
Sono catapultata in quel materasso a molle affittato da un estraneo, i capelli umidi e freschi, la frangia appiccicata alla fronte e qualche ciocca cadente sulla sua spalla. E ricordo quanto mi sembrasse un’illusione, un sogno. Sento lo schiocco dolce di un bacio sulla fronte, sento le mie labbra in risposta sul suo collo. Un dito sulla spalla sinistra scorre in un piccolo cerchio continuo. Sento i suoi riccioli così definiti e soffici e familiari, e che amo così tanto, nel palmo della mano e tra le punte delle dita.
 Respiro profondamente con l’orecchio sul suo petto, e sorrido esalando
“Perché ridi?”
“Scusa, stavo ascoltando il tuo cuore completamente tachicardico”
Il torace si solleva erratico, e sento il suo fiato caldo sulla cima precisa della testa mentre ride in risposta
“Senti come spingono le uniche tre valvole funzionanti?”
“Si impegnano.”
Ripete il mio nome per intero. Mi stringe dolcemente mentre io ripeto il suo e lo accarezzo a mia volta, come facevamo da ore. Sento sangue vivo e argenteo pulsarmi nelle orecchie.
Mi bacia la guancia, gli bacio il primo punto del volto che raggiungo e così ancora.
Alzo il volto e il mio sguardo, scuro, immagino quasi nero, incrocia il suo candido, luminoso, coperto quasi completamente dalle palpebre e da quella riga di ciglia bionde fitte e morbide.
E mentre ci avviciniamo non esitiamo un secondo, e d’un tratto sento le sue labbra morbide sulle mie e non ho neanche il tempo per abituarmici, che la sua lingua mi passa sui denti e scontra le gengive.
Non mi allontano, è una scena che non sono mai riuscita a immaginare, nemmeno nei miei sogni più intimi e innominabili. Soffochiamo minuti in quella situazione tanto sorprendente quanto agognata, da me, e probabilmente inconsciamente attesa, da lui. E come posso pensare alla dolcezza senza ricordare il dolore irrazionale che ne seguì? Il suo respiro affannato zuppo di quelle rarissime lacrime, a me sconosciute, la mia testa dolorane, la nausea, i singhiozzi. Ricordo il modo in cui l’ho costretto a respirare, mentre faticava a trovare pace nel suo panico, e la sua schiena mentre sussurrava un umido “scusa”, sparendo dietro la porta e entrando in soggiorno, mai interrompendo quel pianto estenuante. E io mi distruggevo, ansimavo, tremavo, sola. Mi ripetevo le frasi che aveva pronunciato e cercavo di studiare il tono della voce tremula che le aveva dettate insicura e addolorata, bilanciando il familiare dolore autosufficiente del rifiuto con il terrore da esso causato. È sconvolgente quando si riesca a ignorare il proprio bene quando si ama così ciecamente un’altra persona- soprattutto quando questo amore non è corrisposto.
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weirdesplinder · 1 year ago
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Nuova Aggiunta alla mia libreria
Ho acquistato su Amazon due mobili colonna per ampliare la mia libreria e sfruttare fino all'ultimo centimetro disponibile nella camera.
Avevo solo 18 cm in larghezza e non avevo mai trovato nulla di così piccolo, poi finalmente è apparso lui:
Iris Ohyama, mobile contenitore, libreria, 3 ripiani modulari
Link: https://amzn.to/3sl8qsF
che è disponibile anche largo solo 14 cm, che è la misura che ho acquistato, ma anche in altre misure: 19cm , 24cm, 29cm o 34 cm
e in due varianti di colore (marrone scuro o chiaro) e di ripiani (2 o 3 ripiani).
Quindi è veramente super personalizzabile per ogni necessità.
Arriva da montare perciò armatevi di un poco di pazienza, ma è molto semplice, ci sono riuscita io, quindi ci possono riuscire tutti. Grazie al cielo esistono gli avvitatori e svitatori elettrici al giorno d'oggi.
Siccome io avevo molto spazio in altezza per sfruttarlo al meglio ho preso due mobiletti e li ho impilati uno sopra l'altro, cosa già prevista volendo quindi c'erano già i fori per unirli. Inoltre sono presenti anche fori già pronti per unirlo lateralmente nel caso a voi serve questo. Insomma sono super soddisfatta dell'acquisto e volevo proprio segnalarvelo, perchè ogni lettore compulsivo è sempre in cerca di nuove librerie. E' un dato di fatto.
Inoltre fa sempre bene sposare i libri e dargli aria perchè magari riscopriremo titoli che finiti in terza o quarta fila non vediamo da anni, a me è successo con un libro da esempio che non ricordavo proprio di avere su quello scaffale:
Kathleen e Michael Gear, dal libro La donna della pioggia.
Link: https://amzn.to/45jnJAT
Trama: Una terribile siccità sconvolge la terra. Solo una bambina dotata di straordinari poteri potrà salvare il suo popolo. Ombra della Notte, temuta sacerdotessa, sa che un crimine orrendo ha incrinato l'equilibrio del mondo ed esiste una sola persona capace di percorrere il sentiero degli spiriti e riportare la pace. È Piccolo Fiore, una bambina che tutti credono figlia di un valoroso guerriero, dotata di straordinari poteri. Ma una terribile minaccia incombe su di lei e sul suo popolo…
INCIPIT: “America del nord, anno 1300
Presenze invisibili si aggiravano per il villaggio di Talon. Ballavano al suono del tamburo sfiorando i danzatori che davano vita alle forze delle stelle, delle nuvole, del lampo. Anche Lungo corno e le Teste di fanfo erano arrivati. E dietro, i fratelli della guerra danzavano accarezzando il cielo con mani invisibili. Erano scesi dalle Montagne scintillanti per unirsi alla Danza del Grano di Primavera e assistere agli avvenimenti di quel giorno decisivo per la storia degli uomini. Ballavano alla melodia dolce del flauto, battendo con piedi spettrali al ritmo che aveva creato il mondo.
Invisibili a tutti, tranne che a una bambina che danzava con la testa rovesciata all'indietro e la voce che si alzava come un battito d'ali nella luce intensa del tramonto.”
Kathleen e Michael Gear, storici e antropologi, si occupano in particolare delle antiche civiltà dei nativi americani. Sono autori di numerosi romanzi di notevole successo in cui rivive il grande fascino della perduta cultura del continente nord americano, in epoche che variano dalla preistoria ai primi secoli di questo millennio.
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Guarda "CLAUDIO BAGLIONI - TAMBURI LONTANI🥁 🥁" su YouTube.
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TAMBURI LONTANI 🥁🥁🥁🥁
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Ognuno ha il suo tamburo 🥁
Un solo ritmo un canto
Della comune solitudine
Che noi mettemmo insieme
A starci un poco accanto
Su questa via dell'abitudine...
Il tempo vince sempre
Il tempo lui soltanto
Si muove e noi restiamo immobili
Finchè ci porta un suono
Atteso chissà quanto
E ci promettiamo indivisibili...
Alberi che sfilano come persone care
Fantasmi della strada
Devi prendere o lasciare
Si comunque vada non come volevi...
Battono i tamburi battono pi lontani
Giusto così
Non chiesi mai qualcuno che comprasse
La mia infelicita - tam tam tam -
Non piansi mai davanti alla tristezza
Ma verso l'onestà... - tam tam tam -
Dimmelo anche tu
Che il tempo non ci ha sconosciuto
Male e bene mio
Che dopo ti hanno amato meglio
Sì ma non di più
Di tutto il poco che ho potuto io...
Vieni padre mio
Usciamo a fare un giro e guida tu
E guarda avanti e non parliamo più
Albero padre con un ramo solo...
E come tutto torna
E come tutto passa
Le cose cambiano per vivere
E vivono per cambiare
Il mare s'alza e abbassa
E mai una goccia si va a perdere...
Ed ogni giorno siamo
Dietro ad una cassa
A dare il resto e poi sorridere
Un ballo senza fiato
Se la banda passa
E finchè non smetti di rincorrere...
E le storie muoiono quando c'è più paura
Di perdersi che voglia di tenersi
E com' dura quella soglia
E come siamo noi diversi...
Cambiano le scene cambiano le battute
E anche i battuti
Io non potrà incontrarvi in nessun luogo
In nessun'altra età - tam tam tam -
Fermar l'urgenza del mio cuore
Il cuore di un uomo a metà... - tam tam tam -
Pensa amore mio
Che t'insegnai mille altri cieli
E non seppi mai
Soffiarti vento sulle ali
Aspettai un addio
E un giorno di lasciarmi ti lasciai...
Credi figlio mio
Mi mancano i tuoi baci che non ho
E sono i soli baci che io so
Piccolo figlio...
E tu compagno dalle orecchie a punta
Io ti parlai di me
Come a un fratello a cui ci si racconta
Io non ne avevo e allora presi te
E quella tua sgomenta
E nostra malattia di vivere...
Giura amico mio
Che glielo metteremo ancora lì
A questa vita che va via così
Senza aspettarci...
Tam tam tam tam tam tam tam tam... 🥁 🥁
Tam tam tam tam tam tam tam tam
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avereunsogno-62 · 3 years ago
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Una volta, quando ero molto piccolo, mi sono arrampicato su un albero e ho mangiato delle mele verdi, acerbe. La pancia mi
si gonfiò e divenne dura come un tamburo. Mi faceva molto male. La mamma mi
spiegò che se avessi aspettato che le mele fossero mature, non mi sarebbe successo
niente. Così, adesso, quando desidero molto qualcosa, penso alle mele.
K. Hosseini
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libero-de-mente · 4 years ago
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Storia di una Goccia di Pioggia
di Fabio Violi 
Fraus: “Mi chiamo Fraus; coloro che della lingua latina hanno un vago ricordo, avranno già tradotto il mio nome in “Inganno”; semplice scherzo del destino.
Non ho la più pallida idea di quale sia lo scopo della mia vita. Non so fare niente di specifico. Non ho ambizioni. Sono solo un’ombra che vaga di notte. Ogni tanto, per sentirmi vivo, invento e racconto storie. Storie amare, nere...inganni.
 Non ho un pubblico; le racconto al vento sperando che porti in giro la mia voce...(Pausa) Eccolo, lo sento. E’ venuto per me; posso iniziare il mio racconto. Questa storia è un nonsenso, un gioco dell’illusione e un abbraccio di fantasia, così come è senza senso l’acqua scevra dal colore, il fiore privo di odore, la vita senza motivo e la morte senza poesia.
Un giorno, una piccola goccia di pioggia, desiderosa di veder quel mondo che aveva sempre intravisto dall’alto della nuvola che le faceva da padrona, decise di staccarsi per poter finalmente esplorare quel globo pieno di magia. Forza, un po’ di coraggio e via! Ed ecco che la piccola goccia, staccatasi dalla soffice nuvola, sfruttando il soffio di Eolo, si mise a percorrere la distanza tra cielo e terra.
Quanta strada da fare e quante cose da vedere. Già, quante cose! Un susseguirsi d'immagini e un rincorrersi di suoni e parole.
La piccola goccia si imbeveva avidamente di tutto questo, consapevole che la sua folle discesa sarebbe stata senza ritorno. E allora, quante cose.
Due ragazzi che combattevano contro l’angoscia del giorno. Come fare per trovare quella chiave magica che avrebbe aperto le porte di un Paradiso infernale? La piccola goccia guardava incuriosita.
Non capiva perché due ragazzi stessero lì, chiusi dentro una stanza, appoggiati a una parete sudicia, guardando il vuoto e tenendo in mano un laccio e una siringa dall’ago lucido e appuntito pronto a distruggere corpi con un’anima già stuprata dal perbenismo di chi punta il dito e condanna.
Ma più in là, la piccola goccia vide un fuoco. Le parve strano. Faceva caldo; perché mai un fuoco? Guardando meglio vide una “stella filante” senza colore. 
Una stella filante di quindici anni, che combatteva contro il disprezzo di chi, cinque minuti prima, ne aveva amato le fattezze. Attorno a lei, macchine e uomini senza volto e senza cuore.
E allora, la piccola goccia si voltò dall’altra parte. Voleva vedere e ascoltare qualcosa di bello. Ed ecco della musica. Della stupenda musica. Si, c’erano dei ragazzi che suonavano in una piazza. Una chitarra, un piccolo tamburo, un flauto e tanta allegria. Che bellezza, pensò la piccola goccia.
Ma la musica s’interruppe. La goccia vide delle macchine con una luce blu sul tetto. Da queste macchine scesero delle persone. Si avvicinarono ai ragazzi, mossero le braccia e i ragazzi festanti lasciarono la piazza. La goccia non capì.
Nessuno le aveva detto che per suonare, fare arte e regalare un po’ d’allegria, occorrevano autorizzazioni, permessi e soldi, tanti soldi. E non sapeva neanche che quella gente, con caschi e manganelli, pronta a caricare e calpestare, agiva in nome e nel bene della collettività.
La piccola goccia cominciava a esser stanca. La sua soffice nuvola era, ormai, lontana; mentre lei, piccola goccia, scendeva sempre più giù, fino alla fine.
Vide una casa, anzi no, una villa. Vide un signore sorridente, gioioso, che giocava con un bambino. Che bella scena! Quell’uomo sembrava Peter Pan. 
Osservò meglio. Gli occhi di quell’uomo erano rossi come il fuoco dell’Inferno. Il suo sorriso malefico e libidinoso. Le sue mani, come artigli, tiravano a sé il bambino. Non era Peter Pan. Era un demonio! Il bambino non rideva, piangeva e gridava dal dolore. Era un gioco brutto. Solo il ricco demone si divertiva.
La piccola goccia anche questa volta non capì. Non capì perché quel bambino, piangente, fosse senza vestiti e perché quel demone violentasse i suoi sogni e le sue speranze.
Basta, basta! La piccola goccia non ce la faceva più. Possibile che questo mondo fosse così brutto? Guardò il suo cielo.
Uno stormo di aironi neri la salutò. La piccola goccia continuò la sua discesa. E vide guerre, indifferenza, odio razziale e altro.
Vide il mare, dove sarebbe andata a morire. Ma prima di far questo...un gesto! Vide una mano che ne stringeva un’altra. Vide un segno d’amicizia, piccolo, anonimo.
Sogno o realtà? Non lo seppe mai. Andò a infrangersi nel mare azzurro, così come, prima di lei, avevano fatto tutte le altre gocce.!
Questa favola, altro non è che la conseguenza di un’osservazione, di un modo di guardare, giudicare e vivere sotto l’ombra di un’ala pessimista.
Fortunato chi, sotto la scusa di un pensiero ottimista, chiude gli occhi...e non vede. (Pausa riflessiva).
Mi chiamo Fraus, “inganno”. Canto storie al vento”.
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mooniiebee · 4 years ago
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𝑪̶𝒂̶𝒓̶𝒂̶ ̶𝑪̶𝒂̶𝒔̶𝒔̶𝒊̶𝒆̶
- No, no, così non va. -
𝑪̶𝒊̶𝒂̶𝒐̶,̶ ̶𝑪̶𝒂̶𝒔̶𝒔̶𝒊̶𝒆̶
- Ma manco fosse un’altra sorella... non so come cominciare. Dannazione. -
Non so minimamente come iniziare questa lettera, dunque non le darò un vero inizio.
Non ti saluterò come se fossi presente e nemmeno come se fosse la prima volta che ti scrivo, perché mentirei a me stesso.
Tante lettere ho scritto immagazzinandole nella mia memoria, ma che su carta non ho mai messo. Le conosco alla perfezione, ogni singola lettera di ciò che avrei voluto dirti. Di ciò che avrei voluto dirti i giorni che te ne sei andata.
Ci lasciamo lasciati di comune accordo, è vero, ho accettato questa tua condizione senza obbiettare troppo, ma non mi hai nemmeno dato il tempo di ragionarci sopra, di decidere cosa fare, quindi alla fine hai semplicemente deciso tu per entrambi.
Eravamo felici insieme. Me lo dicevi sempre che per quanto avessi questo perenne broncio, il mio broncio ti piacesse molto e che fosse una costante sfida tramutarlo in un sorriso... e quante volte ci sei riuscita senza il minimo sforzo, senza fare piroette o acrobazie, senza farmene pesare nemmeno uno.
Quante volte mi hai scaldato col tuo corpo, che tenevo tra le braccia, così piccolo, ma così pieno di vita che avresti potuto rompere il mondo con un dito.
Era la mia forza ed ero il mio spirito, così come io ero la tua roccia sulla quale poggiarti quando eri stanca. Ero il tuo appiglio in un mondo che va troppo in fretta.
Mi hai amato come solo una vera donna sa amare, anche se alla tua età di reale donna non avevi niente. Eppure mi piacevi così, piccola e così sensibile al mio tocco.
Fremevi sotto le mie dita più calde della tua pelle e mi dicevi, con una risata cristallina, che ti facevo il solletico, ma non ti scostavi mai, anzi, venivi più vicino per farmi sentire più a fondo il profumo di vaniglia che era il tuo shampoo. Non sapevi quanto il mio olfatto fosse così sensibile, tanto che mi riempiva anche il cervello di te, oltre che i polmoni.
E quei tuoi lunghi capelli che arrotolavi sulle dita, quando erano poggiati sul mio cuscino sembravano piccole mani che dovessero arrivare ad afferrarmi per attirarmi ancor più vicino a te di quanto già non fossi.
Ti ho amata come non ho amato nessun altro. Amavo i tuoi occhi delle nocciole più mature; quelle tue labbra perfette che mi facevano perdere il controllo non appena mi sfioravano; la tua voce squillante che mi riempiva le orecchie e sovrastava il baccano del mio cuore.
Ti amata, sai? Ti ho sempre amata fin da quando per sbaglio mi hai preso il libro di Cura delle Creature e poi me l’hai riportato solo dopo aver visto chi ci scriveva sopra.
Ti ho amata come si chiama una sorella, e poi come una migliore amica e infine come la donna che vedi in abito bianco.
Mi dicevi che sarebbe stato per sempre e io ci credevo davvero. Mi dicevi che pur se ci fossimo allontanati mi avresti amato, a modo tuo, ma non ho mai più ricevuto nessuna lettera da quando hai preso quel treno.
Hai preso un treno per l’altra parte del mondo, come se tutto quello che ci eravamo detti non fosse stato abbastanza per contarmi nella tua vita. Hai preso il treno e non sei più tornata da me. Né con una lettera, né con un messaggio.
Sei sparita, come spariva la tua figura oltre il vetro del vagone, quando il treno ha cominciato a muoversi.
Ti vedevo, sai?
Vedevo le lacrime che nascondevi dietro le mani appoggiate su quel viso che ad ora, se ci penso, mi fa martellare il cuore come un tamburo inarrestabile.
Piangevi le lacrime anche per me, perché io di lacrime non ne ho mai versate.
Hai sempre detto che sarebbe andato tutto nel verso giusto. Mi hai chiesto di aspettarti il giorno prima e il giorno dopo mi hai detto di non farlo, che non ci fosse speranza per un futuro che tu nemmeno volevi.
Mi dicesti che i tuoi avevano trovato una scuola migliore per le tue abilità, una scuola dall’altra parte dell’emisfero e che ora ti fa stare lontana.
Potremmo vederci, in realtà, ma non sapendo nemmeno più come sei ora, come potrei anche solo pensare di poterti riprendere tra le mie mani e stringerti come un bambino stringe il pupazzo della buonanotte, che lo tiene stretto a sé perché scaccia via tutti i mostri sotto il letto.
Eri la mia unica forza, in un mondo che non fa altro che schiacciarmi. Eri l’ancora che tiene ferma la nave in un mare in burrasca. Eri tutto quello che si potrebbe desiderare dalla vita: una sorella, un’amica, una madre, un’amante.
Ti ho amata come mai non ho amato nessuno.
Ti ho amata e tu mi hai amato, ma adesso non sei qui con me. Sparita dove solo tu sai, lontana dalle mie mani e dal mio cuore.
Ti ho amata.
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lanavetro · 4 years ago
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La teoria dell’algebra umana:
Mi ricordo adesso di quella volta che ti dissi com’era stato per me morire e risvegliarmi. Eravamo distesi quasi dentro al mare, con i nostri soliti modi di fare, e non ci guardavamo mai in faccia nonostante quello fu il contatto più intimo che abbiamo avuto. Mi ricordo che hai pianto sul mio petto, ed io avevo la camicia aperta per il troppo caldo. Quando tornammo dagli scogli, la marea si alzò e ci bagnammo i piedi, ed eravamo mano nella mano. Il nostro amore appena sbocciato riempiva il vuoto nevrotico delle nostre strade. Dopo poco tornammo. Ci conoscevamo appena, ma avevamo un pochino scalato quel monte che separava le nostre anime, di cui contavamo i centimetri.
L’estate è sempre un momento complicato per me. Un momento fatto di perenne scelte e decisioni da prendere. Qualche anno fa decisi di chiudere con una persona alla quale ho fatto tanto male, e che mi restituì quel poco di male che poteva farmi. Dopo poco mi ammalai, un paio di volte, forse. Mi ammalai principalmente nell’anima, ma sapevo, ero sicuro, che sarei guarito. In realtà guarivo nelle fossette che ti si formavano sul viso e che mi piaceva riempire.
Quando sto male provo a disegnarmi nella mente. Mi viene in mente il video de La Mia Mano Sola dei Sick Tamburo. Un piccolo topastro monco con un orecchio tagliato, e una goccia di sudore sulla fronte. Perché sì, mi si addice più il sudore che il pianto. Anche se i groppi in gola mi vengono spesso ultimamente, e ti giuro che io non li riesco a sopportare. Mi si addice il sudore perché corro, perché ho mal di stomaco continuamente per il nervoso. Perché vorrei smettere di digerire ed ingoiare. Mi basterebbe osservare ed ascoltare per poter apprezzare ciò che mi circonda.
L’apparenza non mi è mai appartenuta. Sono contento e sono presuntuoso nel dire che sono essenzialmente sostanza più che forma. Tu no. Tu sei solo forma, un po’ vuota dentro e un po’ mediocre. Un po’ come gli altri. Un po’ ti disprezzo, ma ti invidio. Sentirsi parte di questo mondo che funziona così e sentirsi a proprio agio, secondo me, è una fortuna indelebile. Io non sto bene. Non so integrarmi, non sono adatto. Mi emoziono con un gattino che succhia il latte dalla mammella della madre, come abbiamo visto qualche giorno fa, e nient’altro. Potrei stare ore a parlare del nulla, trovando un argomento su cui dibattere e litigare per gioco. Il cellulare lo prendo per dispetto, ormai. Perché anche io ho le cose mie, anche io ho i fatti da non condividere, soprattutto le persone da non condividere. E se non le ho, me le invento. Faccio finta. Per essere come te. Ma la mia forma è più un punto, non so se l’hai notato. Io do’ quello che ho. E lo faccio in maniera analogica, mi sa. Da questo discorso mi viene in mente un’altra cosa: qualche settimana fa eri ubriaca e io tornai da un lavoro di merda. Ci incontrammo in uno squallido baretto del centro e tu mi dicesti che io ero la cosa più vera che ti era capitata. Non sapevo cosa rispondere, ma capii che forse in questo mondo essere veri è complicato, e mi risulta difficile capire perché non so come sarebbe altrimenti.
Mi viene in mente di quella volta a Roma in cui scrissi una serie di passi di Cent’Anni Di Solitudine sul quaderno che mi regalasti. Ricordo perfettamente che ti scrissi il passo in cui Ursula desiderava spogliarsi della sua buona educazione e mandare a farsi fottere tutti. È da una vita che aspetto anche io di farlo, non so se l’hai mai capito. Ma del resto non sono neanche sicuro che io e te ci siamo capiti veramente del tutto. Ci sono molte cose che non riesco a capire. Le tue parole sono sempre state dolcissime. Mi riempivano il cuore e gli occhi colmi di gioia. E allora perché allontanarti da me? Perché dimenticarti di me? E non perché io mi reputi perfetto, ma non riesco a capire come sia possibile dire delle cose che non pensi.
Sto diventando come R. Mi sto svuotando piano piano, e sto aspettando che un lato non proprio buono di me si impossessi per darti una coltellata brutale. Farti del male. Fisico o psicologico che sia. Distruggerti. Annullarti. Non farti più uscire di casa. Temere di incontrarmi. Diventare il tuo incubo. Mi sforzo per diventare questa cosa, che ha poco a che fare con una persona. Non ci riesco.
Sono stato disonesto ancora con te. Alle tue spalle. Lo faccio con la consapevolezza che ogni volta che succede, raggiungo la stessa sensazione di collera e dolore che hanno portato ad uccidermi. Ma questa volta sono più forte, sono più grande. Mi svuoto l’anima con il vomito, ma dopotutto mi rianimerò, lo so. Perché sono cresciuto, perché voglio stare con me stesso, perché voglio ancora ascoltare e guardare. Io non so perché ti comporti così. Mi piace pensare che tu lo faccia perché hai paura di diventare un punto bianco all’interno di un foglio A4. Tu vuoi essere nero, ed il resto è bianco. Il problema è che, per me che sono daltonico, il bianco è diventato nero e il nero è diventato bianco. Alle volte è questione di priorità. La stessa priorità che dai alle mie grida di dolore quando ieri in spiaggia ti ho detto:”Mi sa che non sto molto bene.”. Ed io ho paura di questa cosa. Probabilmente si legge nei miei gonfi occhi oceanici. Tu forse non hai capito la lingua che parlo, o salti delle parole per la quale non comprendi appieno i concetti, perché le mie grida di dolore ti sembrano solo sussurri.
È una somma dolorosa, ed io amo la matematica. Mi affascina quanto guardare il tuo viso con il caschetto nero, accarezzarti i piedi, il viso, le braccia, i seni, la pancia. Ma un segno errato fa cambiare il volto a tutto. E non c’è più nulla di affascinante, perché è semplicemente errato. Ed una cosa errata non perde di significato, ma di valenza. Non c’è più validità tra noi. Questa cosa che c’è stata la rivendico. Perché la mia anima nulla ha ricominciato a riempirsi. Mi sono sentito vivo. Anche nel profondo dolore che ho sentito per le tue coltellate accompagnate da leggeri baci sul viso che ti davo, quella mattinata a Marsiglia. Ed è per questo che io ti perdono. Ti perdonerei tutto. Se solo la mia anima non avesse deciso di andarsene di nuovo, e farmi perdere il gusto di scegliere, sentire e combattere. È così di nuovo. Come all’inizio. I corsi e ricorsi storici. Mi tocca di nuovo sudare, e forse taglierò l’altra mano. Ti assicuro che tutto questo non è facile. Non lo sarà neanche per te, ma in questa competizione ti assicuro che vinco io, e ti prego di lasciarmi vincere. Almeno una volta, posso essere io il protagonista anziché l’ombra?
Abbiamo sempre apprezzato molto gli animali, vero? Ecco, di tutti quelli di cui abbiam parlato, ne è mancato sempre uno. Io sono un elefante. Perché, lo sai, gli elefanti non dimenticano mai.
Grazie. Sul serio.
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gregor-samsung · 4 years ago
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“ «Oh, tu, Riccardo!... Caro Riccardo, come va? Siedi pure!» Riccardo sedette. «Cosa c'è di nuovo?», fece il commendatore, tornando a battere il foglio con la punta della penna. «Nulla di nuovo, sciaguratamente!», rispose Riccardo «Sono sempre senza lavoro!» «Coraggio!», fece l'altro. «Non è poi un grosso guaio!» «E invece lo è!» «Lo è?» Riccardo spiegò lo strano suono di tamburo funebre che davano i suoi giorni così vuoti di occupazione. «La maggiore offesa che si possa fare a un uomo - si affannava a ripetere stringendo e torcendo le falde del cappello - è quella di dirgli: "Non c'è lavoro per te!". E come ci si convince subito di essere inutili! Diventiamo fastidiosi e ingombranti! Ci pare sempre di disturbare il lavoro degli altri. E in verità, con quella tua persona che non sa cosa fare, capiti sempre dagli altri, anche dagli amici e dai parenti, mentre essi lavorano! Diventi uno scheletro in cerca di una sepoltura! Cammini in un certo modo, t'appiccichi alle mura delle strade con le spalle e il piede sinistro! Ti sembra che anche il tuo passo abbia un rumore particolare e ributtante! Si dice poi: "Guardate gli uccelli che non si curano del cibo: e il Padre celeste li nutre!". Io ho provato talvolta a non curarmi del cibo, ma il Padre celeste non mi ha nutrito. Uscendo la mattina, vedevo nelle vie rionali montagne di frutta, di carni e di pesci, ma la sera tutto era sparito, e verso di me non era rotolato nemmeno il nocciolo di una ciliegia. A mezzogiorno poi, tutti andavano a chiudersi entro le case, e abbassavano le tendine, come per far qualcosa di nascosto a me. E io mi tiravo dietro le gambe, con quel rumore di passo disonorevole, mentre tutti gli uomini indistintamente facevano la medesima cosa dalla quale io solo ero escluso. Ora io non so sopportare tutto questo! Ridatemi, con un po' di lavoro, l'onore della vita! Lei, commendatore, se è vero che mi vuol bene, con un piccolo sì....» «Un sì?» Ma a questo punto, il commendatore somigliò tanto alle figure viste da Riccardo nel sogno, e tale era già in Riccardo la ripugnanza per questa vana mendicità, che il giovanotto s'alzò lentamente e, col cappello stretto fra le mani, ripercorse la sala, aprì una porta, fece un inchino e scomparve. Uscito Riccardo, il commendatore accese il lampadario del soffitto e, messa nella stanza una luce sfolgorante, buttò sul tavolo la penna, e si stirò con le braccia e le gambe, beatamente. “
Vitaliano Brancati, In cerca di un sì, racconto del 1935 raccolto in:
Id., Il vecchio con gli stivali, Mondadori (introduzione di Geno Pampaloni, collana Oscar n° 365), 1971 (1ª ed.ne L'Acquario, Roma, 1945); pp. 26-27.
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clacclo · 5 years ago
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WILD BILLY'S CIRCUS STORY
The machinist climbs his ferris wheel like a brave
And the fire eater's lyin' in a pool of sweat, victim of the heatwave
Behind the tent the hired hand tightens his legs on the sword swallower's blade
And circus town's on the shortwave
The runway lies ahead like a great false dawn
Fat lady, big mama, Missy Bimbo sits in her chair and yawns
And the man-beast lies in his cage sniffin' popcorn
As the midget licks his fingers and suffers Missy Bimbo's scorn
Circus town's been born
Whoa, and a press roll drummer go, ballerina to and from
Cartwheelin' up on that tightrope with a cannon blast lightin' flash
Movin' fast through the tent Mars bent, he's gonna miss his fall
Oh God save the human cannonball.
And the flying Zambinis watch Margarita do her neck twist,
And the ringmaster gets the crowd to count along:
"Ninety-five, ninety-six, ninety-seven"
A ragged suitcase in his hand, he steals silently away from the circus grounds
And the highway's haunted by the carnival sounds
They dance like a great greasepaint ghost on the wind
A man in baggy pants, a lonely face, a crazy grin
Runnin' home to some small Ohio town
Jesus send some good women to save all your clowns
And circus boy dances like a monkey on barbed wire
And the barker romances with a junkie, she's got a flat tire,
And now the elephants dance real funky and the band plays like a jungle fire
Circus town's on the live wire
And the strong man Sampson lifts the midget little Tiny Tim way up on his shoulders, way up
And carries him on down the midway past the kids, past the sailors
To his dimly lit trailer
And the ferris wheel turns and turns like it ain't ever gonna stop
And the circus boss leans over, whispers into the little boy's ear
"Hey son, you want to try the big top?"
All aboard, Nebraska's our next stop.
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LA STORIA DEL CIRCO DI BILLY IL SELVAGGIO
Il macchinista scala la sua ruota panoramica come un valoroso,
e il mangiatore di fuoco se ne sta in un mare di sudore vittima dell'ondata di caldo
Dietro il tendone una mano gli stringe le gambe sulla lama del mangiatore di spade
E il circo cittadino viaggia sulle onde corte
La pista si stende davanti come una grande aurora di plastica,
La donna cannone, big mama, Missy Bimbo è seduta sulla sua sedia e sbadiglia,
E l'uomo bestia è sdraiato nella sua gabbia annusando popcorn
Mentre il nano si lecca le dita e soffre per il disprezzo di Missy Bimbo
E' nato il circo cittadino
Whoa, e con una rullata di tamburo vai ballerina avanti e indietro,
facendo la ruota su quella corda tesa
con un colpo di cannone un lampo accecante si muove attraverso il tendone
Dannazione, mancherà il suo bersaglio
Oh Dio salva la palla di cannone umana.
E i fratelli volanti Zambini osservano Margarita che fa il suo numero di contorsionismo,
E il presentatore fa contare insieme a lui la folla:
"Novantacinque, novantasei, novantasette"
Una valigia scassata nella sua mano, silenziosamente si allontana dal circo
E l'autostrada è invasa dalle musiche del carnevale
Danzano come enormi fantasmi truccati nel vento
Un uomo in calzoni gonfi, una faccia triste, una smorfia folle
sta correndo a casa in qualche piccola città dell'Ohio
Gesù manda qualche buona donna a salvare tutti i tuoi clown
E il ragazzo del circo danza come una scimmia sul filo spinato
e l'imbonitore flirta con una drogata, lei è giù di corda,
E ora gli elefanti danzano davvero funky
e l'orchestra suona come fosse scoppiato un incendio nella giungla
Il circo cittadino è al top dell'eccitazione
E il gigante Sansone solleva il piccolo nano Tiny Tim sulle sue spalle, lassù
E lo porta lungo il viale centrale oltre i ragazzi, oltre i marinai
Fino alla sua roulotte poco illuminata
E la ruota panoramica gira e gira come se non dovesse più fermarsi
E il padrone del circo si sporge,
sussurra all'orecchio del ragazzino
"Hey figliolo, vuoi tentare la grande scalata?"
Tutti a bordo, il Nebraska è la nostra prossima fermata.
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GOOD MORNING!
BUONGIORNO!
Guarda ""TAMBURI LONTANI 🥁🥁" di CLAUDIO BAGLIONI" su YouTube
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TAMBURI LONTANI (CBS 1990)
Ognuno ha il suo tamburo🥁
Un solo ritmo un canto
Della comune solitudine
Che noi mettemmo insieme
A starci un poco accanto
Su questa via dell'abitudine...
Il tempo vince sempre
Il tempo lui soltanto
Si muove e noi restiamo immobili
Finchè ci porta un suono
Atteso chissà quanto
E ci promettiamo indivisibili...
Alberi che sfilano come persone care
Fantasmi della strada
Devi prendere o lasciare
Si comunque vada non come volevi...
Battono i tamburi battono più lontani
Giusto così
Non chiesi mai qualcuno che comprasse
La mia infelicita - tam tam tam -
Non piansi mai davanti alla tristezza
Ma verso l'onestà... - tam tam tam -
Dimmelo anche tu
Che il tempo non ci ha sconosciuto
Male e bene mio
Che dopo ti hanno amato meglio
Sì ma non di più
Di tutto il poco che ho potuto io...
Vieni padre mio
Usciamo a fare un giro e guida tu
E guarda avanti e non parliamo più
Albero padre con un ramo solo...
E come tutto torna
E come tutto passa
Le cose cambiano per vivere
E vivono per cambiare
Il mare s'alza e abbassa
E mai una goccia si va a perdere...
Ed ogni giorno siamo
Dietro ad una cassa
A dare il resto e poi sorridere
Un ballo senza fiato
Se la banda passa
E finchè non smetti di rincorrere...
E le storie muoiono quando c'è più paura
Di perdersi che voglia di tenersi
E com'è dura quella soglia
E come siamo noi diversi...
Cambiano le scene cambiano le battute
E anche i battuti
Io non potrà incontrarvi in nessun luogo
In nessun'altra età - tam tam tam -
Fermar l'urgenza del mio cuore
Il cuore di un uomo a metà... - tam tam tam -
Pensa amore mio
Che t'insegnai mille altri cieli
E non seppi mai
Soffiarti vento sulle ali
Aspettai un addio
E un giorno di lasciarmi ti lasciai...
Credi figlio mio
Mi mancano i tuoi baci che non ho
E sono i soli baci che io so
Piccolo figlio...
E tu compagno dalle orecchie a punta
Io ti parlai di me
Come a un fratello a cui ci si racconta
Io non ne avevo e allora presi te
E quella tua sgomenta
E nostra malattia di vivere...
Giura amico mio
Che glielo metteremo ancora lì
A questa vita che va via così
Senza aspettarci...
Tam tam tam tam tam tam tam tam...
Tam tam tam tam tam tam tam tam
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avereunsogno-62 · 4 years ago
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Una volta, quando ero molto piccolo, mi sono arrampicato su un albero e ho mangiato delle mele verdi, acerbe. La pancia mi
si gonfiò e divenne dura come un tamburo. Mi faceva molto male. La mamma mi
spiegò che se avessi aspettato che le mele fossero mature, non mi sarebbe successo
niente. Così, adesso, quando desidero molto qualcosa, penso alle mele.
K. Hosseini
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