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Grave incidente lungo la S.P. 50 a Camagna MonferratoCarabinieri ed elisoccorso intervengono per un sinistro autonomo di grave entità
Un grave incidente si è verificato lungo la S.P. 50, all'altezza del bivio per Camagna Monferrato, coinvolgendo un’autovettura che, per cause ancora in corso di accertamento, è uscita di strada a forte velocità.
Un grave incidente si è verificato lungo la S.P. 50, all’altezza del bivio per Camagna Monferrato, coinvolgendo un’autovettura che, per cause ancora in corso di accertamento, è uscita di strada a forte velocità. L’episodio ha richiesto l’intervento tempestivo dei Carabinieri di Occimiano e Casale Monferrato, oltre al personale medico del 118, giunto sul posto anche con un elisoccorso. La…
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Richard Siken è un poeta contemporaneo noto per il suo linguaggio intenso e vibrante, che esplora temi come l’amore, il desiderio, la sofferenza e la possessione. La sua poesia spesso naviga le acque turbolente delle emozioni e delle relazioni, evidenziando la complessità e la conflittualità tra l'intimità e la sofferenza. La sua raccolta più famosa, Crush (2005), affronta questi temi in modo diretto e appassionato. Ecco alcune citazioni e riflessioni sul suo pensiero riguardo l’amore, la possessione e le emozioni:
1. L’amore come una forza travolgente
Siken esplora l'amore come una forza potente che può consumare e definire l'identità. In Crush, l'amore non è mai semplice o unidimensionale, ma è qualcosa che può diventare ossessionante e distruttivo. Nella poesia "Scheherazade", scrive:
"I want to be your lover, but I don’t know how to begin. There’s a difference between love and love, and I don’t know where to start."
Qui, Siken suggerisce una tensione tra il desiderio di amare e il timore di non saperlo fare correttamente, come se l'amore fosse un campo minato di emozioni contrastanti.
2. La possessività e il desiderio
Il concetto di possessività nell'amore è un altro tema ricorrente nelle poesie di Siken. L'amore, per lui, spesso confina con il controllo e la paura della perdita. In Crush, Siken scrive nella poesia "The Weight of the World":
"I want you to want me. I want you to want me like I want you. I want you to be afraid of losing me. I want you to be afraid of nothing but losing me."
In questo passaggio, l’amore diventa un gioco di potere, di desiderio di possedere e di essere posseduti. L'idea di "essere temuti" e "temere la perdita" emerge come una riflessione sul desiderio che, se non equilibrato, può trasformarsi in un'ossessione.
3. Le emozioni come caos e bellezza
Siken spesso associa l'amore alle emozioni più intense e contrastanti, come il dolore e la bellezza. In "The Falling Woman", descrive il caos delle emozioni umane attraverso immagini potenti:
"The heart is a muscle, the heart is a pump, it doesn’t know any better, it just goes. I want you to take me with you."
Il cuore, qui, è visto come una macchina inarrestabile, una metafora per l'emotività che non può essere fermata, ma che è anche incapace di distinguere tra ciò che è sano e ciò che è distruttivo.
4. L’amore come ferita e guarigione
Siken esplora anche la dimensione dell'amore che guarisce ma, allo stesso tempo, ferisce. Il suo linguaggio è intriso di immagini dolorose, ma c'è anche una consapevolezza che l'amore, in tutte le sue forme, è necessario per l'esistenza. Nella poesia "Crush", scrive:
"I was the one who loved you. I was the one who wanted you. I was the one who couldn’t stop wanting you."
In questo passaggio, l’amore è descritto come un desiderio incontrollabile e auto-distruttivo, ma è anche ciò che definisce la persona che ama. L’amore è quasi una ferita che, pur causandoci sofferenza, ci dà senso e direzione.
5. L’idea della “Crush” come un desiderio incessante
Il concetto di "crush" (l'infatuazione) in Siken è complesso, poiché descrive un desiderio che non si soddisfa mai completamente, una ricerca continua di qualcosa che rimane sempre fuori portata. Nella poesia "Crush" scrive:
"It’s the most beautiful thing, you never get what you want, and you never stop wanting it."
Qui, l’amore o il desiderio diventa una ricerca infinita, una spinta che non si spegne mai, che lascia la persona in uno stato di costante tensione tra la speranza e la delusione.
Conclusioni sul pensiero di Richard Siken:
Siken ci offre una visione dell'amore che è tanto affascinante quanto inquietante. L'amore per lui è un terreno di conflitto: una forza che ci spinge a desiderare, a possedere, a essere consumati. Ma è anche una forza che ci trasforma, ci guarendo e ferendoci allo stesso tempo. Le emozioni in Siken sono tumultuose, non facilmente comprensibili, ma essenziali per l’esperienza umana. L'amore, con tutta la sua potenza e la sua difficoltà, è sia una benedizione che una condanna, una forza che dobbiamo affrontare pur sapendo che non ci sarà mai una risposta facile o definitiva.
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Chiunque guidi ha vissuto almeno una volta il fatidico momento: stai andando tranquillamente per la tua strada quando si accende la spia “Check Engine”. È il simbolo universale della paura, il punto in cui tutto può trasformarsi in una spesa imprevista e in una visita in officina piena di incertezze. Cosa sta succedendo? Quanto ti costerà? È qualcosa di grave? TOPDON CarPal, uno scanner OBD2 che si collega al tuo smartphone, promette di eliminare l’incertezza e restituirti il controllo. Con un prezzo di circa 39,99 dollari, questo piccolo dispositivo si presenta come la chiave per capire cosa sta accadendo alla tua auto senza bisogno di affidarti ciecamente al tuo meccanico. Come Funziona il TOPDON CarPal: Pronto All’Uso in Minuti Il TOPDON CarPal si collega facilmente alla porta OBD2 della tua auto, un connettore presente su tutti i veicoli dal 1996 in poi. Dopo aver scaricato l’app TOPDON CarPal sul tuo smartphone, colleghi il dispositivo via Bluetooth e sei pronto per una diagnosi completa. Ho testato personalmente il dispositivo su una Cupra Formentor 2022 e, con mia grande sorpresa, la configurazione è stata semplicissima. Dopo aver trovato la porta OBD2 (situata sotto il volante, come nella maggior parte delle auto), ho collegato il CarPal e, in pochi secondi, il dispositivo era pronto a eseguire il Full Vehicle Health Check. L’app ha richiesto il download di file specifici per la Cupra, operazione che si è conclusa rapidamente grazie alla connessione WiFi. La scansione ha identificato due errori principali: - P0442 – Piccola perdita nel sistema EVAP, probabilmente causata da un tappo del serbatoio allentato. - B1025 – Malfunzionamento del sensore airbag lato passeggero. Questo problema, segnalato come urgente, è stato accompagnato da una spiegazione chiara e dettagliata sulla posizione precisa del guasto. Mentre il primo codice non era particolarmente allarmante e ho potuto resettarlo temporaneamente per monitorare la situazione, il secondo mi ha convinto a prenotare subito un controllo specialistico. La cosa più sorprendente? Non solo ho capito il problema in anticipo, ma mi sono sentito preparato a discutere della situazione con il meccanico, evitando potenziali malintesi o preventivi gonfiati. Un Sistema Completo per il Controllo dell’Auto Il TOPDON CarPal non si limita a leggere i codici errore. Una volta collegato, ti permette di monitorare in tempo reale lo stato della tua auto: dalla temperatura del motore alla pressione dell’olio, fino al funzionamento di sistemi complessi come freni, airbag e controllo della velocità. Ho particolarmente apprezzato la funzione di test delle prestazioni, che mi ha fornito dati dettagliati sull’efficienza del motore mentre la Cupra era in movimento. Inoltre, il dispositivo offre reset avanzati per i principali sistemi dell’auto. Ad esempio, puoi resettare il contatore dell’olio, adattare il corpo farfallato o testare componenti come l’aria condizionata e i finestrini elettrici. È come avere un piccolo meccanico digitale che ti permette di interagire direttamente con la centralina del veicolo. L’app è intuitiva e progettata per chiunque: non serve essere un esperto di motori per capire i risultati della scansione. Ogni errore viene spiegato in un linguaggio semplice, con suggerimenti chiari su come affrontarlo. Un Test che Va Oltre la Diagnosi: La Funzione Riparazione Oltre a rilevare problemi, il CarPal ti fornisce anche guide di riparazione e accesso ai TSB (Bollettini Tecnici di Servizio), documenti ufficiali emessi dai produttori per risolvere problemi comuni. Quando ho riscontrato il problema del sensore airbag, l’app mi ha suggerito possibili soluzioni e mi ha fornito una stima delle tempistiche di riparazione. Questo livello di assistenza ti permette di capire quali interventi sono urgenti e quali possono aspettare, ottimizzando il tuo tempo e il tuo budget. L’Esperienza Utente: Oltre la Tecnologia Quello che rende il TOPDON CarPal davvero speciale è la sua capacità di trasformare il rapporto con la tua auto. Non è più una macchina piena di misteri, ma un amico che ti parla apertamente dei suoi problemi. Usare il CarPal è come avere una finestra aperta sulla salute del veicolo: ti fornisce trasparenza, ti aiuta a prevenire guasti gravi e ti dà la sicurezza di prendere decisioni informate. Ad esempio, grazie al test batteria integrato, ho scoperto che la batteria della mia Cupra era vicina alla fine della sua vita utile. Questo mi ha permesso di cambiarla prima che mi lasciasse a piedi in un momento critico. Conclusione: Perché Dovresti Avere il TOPDON CarPal Il TOPDON CarPal è molto più di un semplice lettore di codici OBD2. È uno strumento potente e accessibile che trasforma anche l’automobilista più inesperto in un utente consapevole e preparato. Può aiutarti a risparmiare centinaia di euro in diagnosi non necessarie, a individuare guasti critici in anticipo e a ottimizzare le prestazioni del tuo veicolo. Che tu sia un appassionato di fai-da-te o semplicemente un automobilista che vuole controllo e trasparenza, il CarPal è un investimento intelligente. Dopo averlo provato, non riesco a immaginare di guidare senza. La prossima volta che la spia “Check Engine” si accenderà, sarò pronto. E tu? Con un prezzo di 39,99 dollari (disponibile anche su Amazon), il TOPDON CarPal è un piccolo dispositivo che può fare una grande differenza. È il tuo nuovo alleato sulla strada. Altamente raccomandato. Read the full article
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Anoressia nervosa: le conseguenze dei disturbi alimentari
L'anoressia nervosa è uno dei disturbi del comportamento alimentare dalle conseguenze molto gravi. La cancellazione del Fondo nazionale per il contrasto dei disturbi della nutrizione e dell'alimentazione, per il mancato rifinanziamento in sede di Legge di bilancio, impone tenere acceso il faro sul tema. Due giorni fa lo ha fatto il Corriere della sera sul quale è apparsa un'intervista ad Arianna David. Miss Italia 1993, Arianna ha condiviso la sua esperienza con l'anoressia. Partendo dalla sua testimonianza, vogliamo illustrare cosa si cela dietro la malattia. Come riconoscere l'anoressia Il sintomo più evidente dell'anoressia nervosa è il forte calo ponderale. Arianna ha dichiarato di essere arrivata a pesare 39 chili. In realtà la perdita di peso, che potrebbe avere una causa diversa, è solo la punta dell'iceberg. Sotto c'è tutto un mondo fatto di percezioni distorte e di comportamenti disfunzionali. Le persone che soffrono di anoressia: - cercano la magrezza assoluta - hanno il terrore di ingrassare - si vedono grasse anche dopo aver perso molto peso - negano di avere un problema Per soddisfare l'esigenza di magrezza mettono in atto due tipi di strategie: la prima consiste nel ridurre le porzioni di cibo, la seconda nel rimpinzarsi per poi procurarsi il vomito o assumere lassativi. Nel primo caso si parla di anoressia restrittiva, nel secondo di bulimia. Le strategie malsane si compiono nella totale solitudine: si butta il cibo non consumato, ci si chiude in bagno quando si auto induce il vomito, si assumono i lassativi di nascosto. Se affermano di non avere fame non bisogna credere loro: la fame scompare solo quando si giunge a uno stadio molto avanzato. I soggetti malati si illudono, combattendo la fame, di esercitare un controllo sul proprio corpo. Quali sono le conseguenze dell'anoressia nervosa? Le conseguenze dell'anoressia nervosa sono svariate e di diverso tipo: - brachicardia e ipotensione - ipotermia - peluria su viso e collo - edemi - stipsi L'anoressia può portare a un calo del desiderio sessuale e nelle donne alla scomparsa del ciclo mestruale. La stessa Arianna ha raccontato di non aver avuto le mestruazioni per un anno. Si manifesta, inoltre, uno squilibrio ormonale con un deficit di estrogeni nelle donne e testosterone negli uomini, degli ormoni tiroidei e alti tassi di cortisolo. Nei casi più avanzati si riscontrano i sintomi classici della malnutrizione: il cuore si indebolisce pompando sempre meno sangue, possono verificarsi aritmie cardiache, disidratazione con conseguente svenimento, scompensi elettrolitici (bassi livelli di sodio e potassio). In caso di bulimia il vomito provoca un'infiammazione dell'esofago e la corrosione dello smalto dei denti, mentre l'uso prolungato di lassativi può portare a danni intestinali. Patologie in aumento In Italia ci sono circa 4 milioni di persone che soffrono di disturbi del comportamento alimentare. 1.680.456 sono i nuovi casi diagnosticati nel 2023 (il 30% in più rispetto agli anni pre-pandemia) e riguardano bambini tra i 10 e i 13 anni. Il Fondo per il contrasto dei disturbi alimentari sosterrà, fino a novembre, una rete di 126 strutture specializzate delle quali 112 pubbliche. Dopo tale termine se il governo non darà seguito alle ultime dichiarazioni circa lo stanziamento di fondi per questo capitolo, per i pazienti si prevedono enormi difficoltà di accesso alle cure e lunghe attese. In copertina foto di FranckinJapan da Pixabay Read the full article
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Auto contro muro ad Asiago, è la seconda volta in 15 giorni
Un’automobile è finita contro il muro di un’abitazione ad Asiago (Vicenza), dopo la perdita di controllo del mezzo da parte del conducente, rimasto ferito insieme a un passeggero. L’incidente è avvenuto alle 6:45 di oggi, e ha visto impegnati i vigili del fuoco del locale distaccamento. I pompieri hanno messo in sicurezza la vettura, una berlina Audi, mentre i due occupanti sono stati presi…
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In questi giorni il mondo scientifico e tecnologico è in fermento a causa di un annuncio che potrebbe essere letteralmente rivoluzionario.
L'annuncio, o meglio gli annunci, sono stati pubblicati da un gruppo di ricercatori coreani su Arxiv. Arxiv non è una rivista con validazione peer to peer, pubblica praticamente tutto quello che viene inviato senza un controllo. Tuttavia le prime verifiche indipendenti stanno arrivando in queste ore e sembrano confermare la scoperta.
La scoperta si chiama LK-99, ed è un superconduttore a temperatura ambiente, una sorta di sacro graal scientifico.
Perché è importante un superconduttore a temperatura ambiente
Cos'è un superconduttore? È un mezzo attraverso il quale passa la corrente elettrica senza dispersione. Anche nella vita quotidiana sperimentiamo spesso il fenomeno della dispersione elettrica: quando un alimentatore o un dispositivo si scaldano, quando una batteria perde piano piano la carica, eccetera. Una quantità variabile di energia elettrica va sempre perduta, trasformandosi in calore, perché i conduttori che vengono usati offrono una resistenza al suo passaggio. Questo causa una serie di effetti tra cui per esempio anche il ronzio di apparecchiature elettriche, a volte anche udibile a orecchio.
Esistono superconduttori, usati per applicazioni molto specifiche, ma sono materiali che devono essere mantenuti a temperature bassissime, con tutte le difficoltà che questo comporta.
La riduzione della perdita di energia che si potrebbe ottenere con un superconduttore a temperatura ambiente (RTAPS, room-temperature ambient-pressure superconductor) è incredibile.
Le applicazioni sono innumerevoli. Vanno dalla costruzione di batterie ad altissima efficienza e senza perdita della carica, che potrebbero rivoluzionare il mondo dei dispositivi mobile e delle auto elettriche, alla creazione di dispositivi medici di imaging ad altissima precisione e a una frazione del costo di quelli attuali (pensate alla risonanza magnetica), alla creazione di computer quantistici privi del problema dell'eliminazione degli errori causati dal surriscaldamento dei conduttori (“un computer quantistico su ogni scrivania”, a quel punto, diventerebbe possibile), e un enorme passo avanti verso verso la fusione nucleare, che si ritroverebbe sgravata da uno dei problemi più complessi.
Quanto è realistico
La comunità scientifica ha accolto l'annuncio con ovvio scetticismo, ma sono in corso le prime verifiche da parte di laboratori indipendenti. Tra i primi, il Lawrence Berkeley National Lab, in California, ha eseguito una simulazione che sembra confermare i risultati annunciati da Lee e Kim. Marco Cattaneo, direttore di Le Scienze, rilanciando l'annuncio dei test del LBNL commenta Se così fosse, sarebbe un balzo tecnologico terrificante.
La storia della pubblicazione
Ma perché pubblicare lo studio su Arxiv e non inviarlo a una rivista di settore più prestigiosa? Il motivo è la fretta. Lee e Kim hanno lavorato sul progetto fin dal 1999 (ecco da dove viene il 99 di LK-99); a un certo punto hanno tirato dentro Hyun-Tak Kim, un fisico americano di origine coreana, pensando che potesse aiutarli a navigare nel mondo accademico americano.
Ma dopo alcune pubblicazioni, Kim comincia a temere che qualcuno possa soffiar loro la scoperta. Così questo luglio pubblica tutto su Arxiv, a nome suo, di Lee e di un terzo ricercatore coreano, YH Kwon, un professore con un certo prestigio, ma lasciando fuori Hyun-Tak Kim. Il quale in tutta risposta pubblica a sua volta, poche ore dopo, un paper quasi uguale con il suo nome al posto di Kwon. Il secondo paper sarà poi rimosso.
L'ansia di Kim e Lee non è fuori luogo. Una scoperta come questa, se validata, è praticamente un biglietto per Stoccolma, una candidatura sicura al Premio Nobel. Che in questo caso verrà diviso tra Kim, Lee e Kwon.
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Alta sicurezza e processi sulle rivolte. Le vite sospese dei detenuti
Mario S. sta scontando un ergastolo dal 1983, quando è entrato in prigione venticinquenne. Quattro anni prima suo padre era stato ucciso in Calabria per una vendetta trasversale. Mario aveva quindi lasciato il suo lavoro e aveva iniziato la caccia agli assassini, che ha poi a sua volta ucciso in meno di due anni. In quello stesso periodo è diventato un uomo importante tra i clan del Tirreno cosentino, finché non è stato arrestato, processato e condannato.
Venticinque anni dopo, alla soglia dei cinquanta, Mario si era guadagnato la semilibertà per poter lavorare all’esterno del carcere, dove ritornava solo per la notte. Sei anni dopo la misura gli è stata revocata: Mario era stato rinviato a giudizio con l’accusa di aver ricostruito il vecchio clan calabrese. In seguito al procedimento è stato recluso in regime di alta sorveglianza nel carcere di Parma.
Nel 2017 Mario è stato assolto in appello con formula piena. I pm non hanno fatto ricorso. A questo punto i legali hanno chiesto al Tribunale di sorveglianza di ripristinare i benefici che si era guadagnato, ma il giudice, pur prendendo atto dell’assoluzione, ha respinto la richiesta perché il detenuto avrebbe dovuto ricominciare un percorso per dimostrare la sua affidabilità. Le relazioni redatte dal carcere parlano di un “comportamento corretto, assenza di sanzioni, manifesta cortesia, disponibilità e interesse, relazioni rispettose, rapporti assidui con i tre figli, due dei quali affetti da handicap”. Eppure Mario, che oggi ha quasi settant’anni, ha passato tutta la sua vita in galera e si trova in una sezione di alta sicurezza per un reato dal quale è stato assolto.
I circuiti di alta sicurezza nascono all’inizio degli anni Novanta, quando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comincia la progettazione dei cosiddetti “binari differenziati” – ancora oggi l’unico orizzonte del potere penitenziario –, stabiliti a seconda del reato per cui l’imputato è giudicato o condannato, e della sua pericolosità. L’architettura è semplice da escogitare, non bisogna far altro che raccogliere l’esperienza di campo della repressione dell’eversione rossa (i “circuiti dei camosci”, così venivano chiamate le prigioni speciali dei sovversivi): in accordo con i meccanismi di premialità che reggono la “rinegoziazione” dei benefici, quei gironi infernali – diversificati in As1, As2, As3, regime 41-bis op. – rappresentano infatti la massima espressione dell’internamento.
La corsa per i benefici, in questo scenario, diventa una perdita di tempo, dal momento che, come nel caso di Mario, sembra mancare sempre qualcosa per ottenerli. Fa parte del gioco, non è una disfunzione burocratica, perché l’obiettivo non dichiarato del “controllo premiale” è quello di prendere tempo (tra équipe di valutazione, osservazioni della personalità, visite psichiatriche, indagini familiari, udienze nei tribunali, ecc.) costruendo una dimensione astratta di attesa e desiderio in cui il soggetto si disgrega, ricomponendo e decomponendo le proprie speranze.
I PROCESSI DOPO LE RIVOLTE
L’inferno di prove da superare, interrogatori, attese, provocazioni e minacce – orizzonte comune e quotidiano per tanti ristretti – è il vortice in cui si muovono da mesi anche i ventidue detenuti che dal 18 gennaio cominceranno le udienze del processo per la rivolta al carcere di Milano Opera dello scorso 8 marzo. Le accuse ai loro danni sono incendio, danneggiamenti, resistenza a pubblico ufficiale, con aggravanti che potrebbero portare a pene fino ai quindici anni. Le accuse, in alcuni casi, sono però fondate solo su una “auto-denuncia” attraverso cui molti detenuti ammisero, nelle ore successive alle sommosse, di aver partecipato ai fatti. Nel corso dei mesi i familiari hanno riferito che su molti accusati furono fatte forti pressioni dalle autorità penitenziarie per indurli a firmare il documento.
Se la storia processuale di quei giorni è ancora tutta da scrivere, l’impressione è che gli eventi che si sono susseguiti prima, durante e dopo le rivolte, in decine di carceri in tutta Italia, avranno un destino molto diverso gli uni dagli altri, e i procedimenti si trasformeranno in processi in tempi più o meno lunghi, a seconda del lavoro e delle letture da parte delle procure e dei pubblici ministeri. Accanto ai processi nei confronti dei detenuti, ci sono infatti anche quelli ai danni degli agenti di polizia (non solo penitenziaria) che entrarono nei reparti di diverse carceri compiendo blitz punitivi, pestaggi, violenze ai danni dei detenuti.
Un elaborato percorso di indagini ha avuto come oggetto in questi nove mesi una tra le più volente irruzioni di poliziotti nelle celle, la “mattanza” del carcere campano di Santa Maria Capua Vetere. Le accuse della procura non sono ancora note perché le indagini non sono chiuse, ma le ipotesi di reato denunciate dall’associazione Antigone sono pesanti: tortura, omissioni di referto, falsificazione delle cartelle cliniche, abuso di autorità.
Per quanto riguarda le altre inchieste, non si riescono ad avere notizie precise su quanto accade a Milano e Modena, dove si sono registrati nove dei tredici decessi. Da mesi si parla di due inchieste di cui però non hanno notizie neppure gli avvocati di fiducia dei detenuti che hanno presentato gli esposti. Quello scritto dai cinque trasferiti da Modena ad Ascoli Piceno racconta nel dettaglio le violenze subite al termine della rivolta, durante il trasferimento, e una volta giunti nel nuovo penitenziario, quando il loro compagno Salvatore Piscicelli trovò la morte in cella, dopo essere stato a lungo percosso e visitato solo sommariamente in infermeria.
Una situazione simile riguarda anche il carcere di Foggia, all’interno del quale si sono verificati eventi che ricordano in maniera inquietante quelli di Santa Maria Capua Vetere: violenze e pestaggi a freddo, a rivolte ampiamente terminate, denunciate dai detenuti solo una volta liberati, tramite un esposto presentato con il supporto dell’associazione Yairaiha.
Da questo punto di vista è molto importante mantenere alta l’attenzione, perché le valutazioni degli inquirenti (numero di indagati e reati contestati) oltre a marcare una linea politica, saranno fondamentali per misurare la concretezza degli eventuali processi.
I SILENZI DEL MINISTRO
Alcuni dei detenuti coinvolti nelle rivolte furono trasferiti con grande fretta, subito dopo i fatti, nel carcere di Vigevano, un penitenziario che difficilmente raggiunge gli onori delle cronache, anche a causa della presenza di molti detenuti di origine straniera, i cui familiari fanno ancora più fatica a trovare voce. Le denunce raccolte da Napoli Monitor raccontano però di rapporti molto tesi tra detenuti e personale penitenziario, di casi di Covid che la direzione avrebbe provato a occultare, di ritorsioni rispetto alle proteste dei detenuti. La scorsa settimana un giovane tunisino ha tentato di impiccarsi; un grave atto di auto-lesionismo, in segno di protesta per la gestione quotidiana del carcere, è stato denunciato dai familiari di un altro ristretto; a fine novembre una prigioniera, che qualche giorno prima aveva incendiato il materasso della propria cella, ha avuto una “colluttazione” (così viene definita nelle veline) con un gruppo di agenti, successivamente a una visita in infermeria e alla somministrazione di psicofarmaci.
Mentre i sindacati di polizia, però, si esprimono su eventi e situazioni come queste solo per chiedere un aumento delle misure repressive nei penitenziari (nei loro comunicati è una costante la domanda d’uso delle pistole elettriche), il ministro della giustizia Bonafede continua a evitare di esprimersi sulle condizioni strutturali e sulla gestione autoritaria del quotidiano detentivo. Il 31 dicembre scorso il ministro ha visitato il carcere di Poggioreale, con un’inutile passerella che ha lasciato alla popolazione carceraria e agli operatori penitenziari solo un vuoto retorico. Sebbene l’istituto napoletano sia l’emblema dei fallimenti degli ultimi quarant’anni anni, Bonafede non ha ritenuto opportuno spendere nemmeno una parola sul contesto normativo, profittando del fatto che le richieste di modifica del sistema si perdono allo stato in inutili tecnicismi, nella riproduzione ideologica di vecchie battaglie, nelle futili istanze etico-religiose. Tutti tentativi che difficilmente si radicano negli strati sociali e che non trovano forza in un movimento generale di trasformazione, assente da tempo.
Quello che abbiamo davanti è insomma un quadro poco rassicurante, tanto più se si considera che l’insieme dei procedimenti a carico della polizia penitenziaria, il numero raddoppiato dei suicidi nel 2020, le morti e le brutalità nella gestione di episodi come quelli di marzo, restituiscono l’immagine di un sistema punitivo attraversato da enormi conflitti. Gli apparati istituzionali sono ormai privi di strumenti di assorbimento, perché le strutture disciplinanti previste dalla riforma del 1975 di fatto non servono più a nulla. Serve ossigeno. (luigi romano / riccardo rosa)
Da napolimonitor
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Non ho idea da dove arrivi, io l’ho scopiazzata da un amico di facebook, ma è geniale.
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Io, DA OGGI ANTIFRENISTA!!!
Ho preso una decisione seria e basata sulle evidenze. Non voglio discuterla ma farla conoscere a tutti. Siete pregati di rispettarla, non voglio sentire quei professoroni che mi avvertono dei fantomatici pericoli della mia scelta, a casa mia comando io. Sto smontando i freni della mia automobile. Non è una decisione avventata, vi spiego perché. Qualche settimana fa ho visto un incidente automobilistico, due persone si sono trovate allo stesso momento ad un incrocio, tutte e due hanno fatto una grande frenata e subito dopo si sono scontrate. Nessun ferito grave per fortuna ma ho subito pensato che, se invece di frenare avessero sorpassato semplicemente l'incrocio, non sarebbe successo nulla. Sono stati i freni quindi a causare l'incidente! A quel punto ho deciso di fare una ricerca e quello che ho trovato è stato sconcertante. Centinaia di persone, ogni anno, sono gravemente ferite da frenate inutili e ci sono casi in cui i freni, non funzionando, hanno investito anche altre persone, innocenti, bambini, famiglie intere: ditelo a loro che i freni sono sicuri e salvano le vite!! È dimostrato che praticamente in TUTTI gli incidenti stradali, i conducenti delle autovettura avessero azionato i freni subito prima dell'incidente, servono altre prove? Vi siete mai chiesti perché le multinazionali automobilistiche non rilasciano un certificato in cui si assumono tutte le responsabilità sull'uso dei freni? Avete mai visto un concessionario di auto dirvi che i freni sono sicuri al 100%? Non ve lo diranno mai!
Chi l'ha detto che i freni sono sicuri? I produttori di freni naturalmente e tutto questo i media non ce lo dicono. Una volta stavo guidando sulla neve ed ho premuto leggermente i freni: ciò ha causato la completa perdita di controllo dell'auto, i miei freni avrebbero potuto uccidermi facilmente. Avete fatto caso poi alle pastiglie dei freni che scadono, ai dischi che si usurano? Non sentite quanti sobbalzi e rumori stridenti? E questi sarebbero "sicuri"? Chissà perché qualche decennio fa i freni non li usava nessuno. Per diminuire la velocità delle auto si scalava di marcia o si usava il freno motore, sarà una coincidenza ma nel passato, quando usavano le marce o il freno motore non c'erano MAI incidenti causati dai freni ed oggi sempre più studi ci mostrano le scoperte sui metodi di frenata alternativi. Io le ricerche le ho fatte ed ho scoperto che ci vendono schifezze. I meccanici, le persone ai cui affidiamo il lavoro e la cura delle nostre macchine, sono pagati per cambiare ed installare i freni. Ogni freno da riparare sono soldi, cosa dovrebbero dire se gli chiedete se i freni devono essere installati? Chi vogliono prendere in giro? Voi pensate lo facciano per la nostra sicurezza ma prendere 49,99 euro per cambiare le pastiglie dei freni è proprio un bel guadagno. Fateveli montare voi i suoi freni!!
Ho parlato così con il mio meccanico e gli ho chiesto di smontarmi i freni e sono disgustato per quanto mi abbia trattato male. Mi ha accusato di essere pazzo, anche ignorante però quando gli ho detto che la torsione di coppia che puoi mettere sui freni è limitata e gli ho mostrato i valori che ho trovato su internet mi ha guardato strano e mi ha detto che non sapeva di cosa stessi parlando, l'ignorante è lui! Ha detto che i freni che mi avrebbe montato escono dalla casa madre dopo accurati test e che il prodotto è standardizzato, come se tutte le macchine fossero uguali. Ha avuto anche il coraggio di dire che la mia scelta personale potrebbe avere conseguenze, che potrei influenzare la vita di chi sta attorno a me.
Ne ho avuto abbastanza di lui, sto cercando un nuovo meccanico. Il problema è che molti meccanici sono pagati e sponsorizzati dall'industria automobilistica e che tutti, guardacaso, insistono affinché io non tolga i freni dalla macchina e cosa dovrebbero dire visto che dai freni della mia macchina dipende il loro guadagno? Avete mai visto un meccanico mettere i freni alla propria auto? Ci sono ricerche che dimostrano che il 79% dei meccanici non usa i freni! Siamo andati sulla Luna (anche su questo ci sarebbe da discutere) e non abbiamo trovato un modo per evitare i freni? Ma a chi vogliono darla a bere? La maggiorparte di loro non ha voluto nemmeno tenere la macchina in officina per controllarla dicendo che senza freni potevo causare danni alla loro struttura o alle altre macchine, cretinate! A loro semplicemente non piace chi crede a tecniche di frenata alternative. Ora, chiaramente, anche il governo è coinvolto e dice che io DEVO avere i freni, che non è una cosa che riguarda solo me e che con la mia decisione posso danneggiare gli altri. Cosa ne è quindi della libertà di scelta? Dov'è la libertà?!? Se chi usa i freni lo fa perché sono sicuri e si sente protetto, di cosa si preoccupa?
Vi invito allora a fare le vostre ricerche. Non basta ascoltare il ministero dei trasporti o le grandi case automobilistiche multinazionali. Ho preso una decisione personale per la mia famiglia, ho detto NO ai freni. Useremo rimedi naturali, come la gravità, il mettere i piedi a terra per fermare l'auto ed i rimedi popolari come l'uso del freno motore. Dopotutto, se funzionava già con me da bambino quando andavo in bicicletta, funzionerà con i miei figli nella mia macchina. Non ho mai sentito nessuno, tra quelli che hanno tolto i freni della macchina, dire di essere morto ma ci stiamo svegliando e siamo sempre di più.
Vi prego di essere rispettosi nei commenti. Il prossimo articolo tratterà dei danni ormai scientificamente dimostrati delle cinture di sicurezza.
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Tragedia a Viguzzolo: Incidente mortale lungo la S.P. 120. Un malore alla guida potrebbe essere la causa del fatale ribaltamento di un’utilitaria. Accertamenti in corso.
L’incidente sulla strada provinciale 120
L’incidente sulla strada provinciale 120 Un grave incidente si è verificato lungo la S.P. 120 a Viguzzolo, all’altezza dell’incrocio con strada Bedolla, nella mattinata di oggi. Un uomo di 75 anni, residente nella zona, è rimasto vittima di un drammatico episodio che ha scosso la comunità locale. L’uomo, alla guida di una piccola utilitaria, avrebbe perso il controllo del veicolo per cause…
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Giustizia
proprio il senso della vita quindi così alla fine si definirebbe la giustizia. Scotta questa definizione ma dirla non è mai giusta quanto farla perché il senso della vita reale non è altro che il probabile momento che deriva dall'oscillare tra il senso stretto dell'ente e il proprio della forza lavoro. Beh! direte la forza lavoro è una quantità giusta, esatta per quanto possa essere mai negata la procedura per il ricavo del prodotto interno lordo, ma finendo non ne si è ricavato qualcosa a livello psicopropedeutico?!; Se la propedeuticità’ non era l'aspetto primo dell'improvement fisico! che il dettame scolastico doveva mai dare al singolo?. In punto non è affatto innegabile il disguido che sta succedendo in diretta su queste linee, ma alla fine non si arriverà capo di una cosa del genere!. Se solo dessimo come idea di partenza la giustizia vista come giurisdizione dal punto di vista etico sociale e morale , mai detto immondo, si potrebbe esprimere, disastro come quello del pil che ha mai potuto demagrire o già detto intendo parola @scarnare ciò che si è mai potuto!, elargire dopo era domanda o cosa?! Ma solo gli eventi odierni hanno potuto mai più spiegare patto di questi tempi. Ebbene tocca all’Inghilterra per quanto ne ricordano alcune enciclopedie italiane. Il piccolo staterello, appare comunque, sia riuscito a tener testa gli altri stati nell’economia mondiale, ed oltre sul riscatto luce;, Che secondo clerica dicenza, non era affatto ingente. Vedere per credere; Società come i monaci benedettini, uomini di chiesa, perdono la proprietà di studio per maldicenze o maledizioni. Se non, ecco appunto di giustizia parlando, si può dire che per scindere giustizia e giurisdizione bisogna anche ridefinire il concetto di uomo più giusto. Ad esempio in una società come quella greca “cóllericamente” parlando della "bona" Italia negli anni di San Paolo filosofo.. Dividendo giustizia e giurisdizione non è difficile capire che in un'etica con una morale pro verit,,, con una logica dove il sillogismo e una fuorviante chiarezza di errore italiano,,,, il giudice di noi stessi vede la giustizia come un valore o come un'emozione, ed in tema mi sono trovato a chiedere realmente cosa fosse la giustizia per le persone! Ma in realtà se non sai cosa ti sto dicendo non comprendi l'incazzatura che dovremmo avere in questo momento!; non potresti definire oggettivi; e soggettivi’ della suddetta emozione, e quindi non riusciresti mai a capire realmente se la risposta a se è fuori o dentro di te, questa essenza di giustizia.Ammettendo é improbabile .quindi con dato di fatto ~ ~ che talcuni di noi possano ancora dare giudizio morale alla giustizia, potremmo mai noi, accantonare il dissenso comune umanitario della cosiddetta perdita della luce clericalmente emersa da questi ultimi lettere-temporum, scritte in manent; Approfondendo “ll QUID IUSTS” o il “QUIDO IUSTUM “ che diede uno slancio un innesto errato un diffondere “2pil” ma illeggittimando la “lira"; la ricerca del giusto cambio “ l bill of right “ vi ricorda qualcosa?; ammettendo anche l’accettazione di “libert” individualistica; Con inclusione della “libert’” legislativa A bando di un uomo sano, istruito e con sicurezza, non ravvisato da nessun futuro impropriamente chiamato da chissa quale forza.. insomma un futuro regolare nella norma una vita!;si potrebbe mai pensare che tutto lo scatafascio economico-sociale non avrebbe inciso sui nostri tempi? Quindi significativo il fatto che negli Stati Uniti che sono stati il primo paese ad introdurre fin dall’ottocento un’istituzione del controllo giudiziario il quale regala le leggi costituzionali; il Che ha avuto reale compimento durante l’epoca della “warren court”; Proprio come reazione hai sopprusi umani; indifferentemente se minoranze o maggioranze !!!... Quindi “germanica” “italica” “russai” addirittura ”l’Inghilterra’”. Ed è quindi poi con politiche basate su interiezioni come “common law” come le “courts” effettivamente letali secondo il “pil “ non mai innegabili per il “retoritco” arricciamento dell’ente-conto o enti di stato come ( common law );La sanità che avrebbero bevuto volentiri per quei quattro denari, nessuno se lo aspettava, ma era un plus-valore netto;. Ribadendo che gli imprinting pil, grazie alla giustizia o alle giurisdizioni, migliori, o meglio gli imprinting-prodottointernolira davano alla luce salotti italiani; peró nessuno ve l’ha mai detto ??. Si narra che ci sono esseri umani che della giustizia erano vettori per insegnamento auto-procace sociale e che nascondono segreti sulla luce inenarrabili.. Ciò che voglio dire io è: confessare una giurisdizione tale da non confondere teologia con filosofare. Ecco questo è il ravvisare, il futuro; Ad oggi che “pil” di merda abbiamo!!!!. non scoraggiandoci analizzando meglio l’informazione nel mondo della common law la frase della giustizia costituzionale, seppure non realizzata ancora, è da rifare ad oggi, ed a ex domini britannici degli stati uniti nel ,Canada e nel Pakistan. Quindi, di dato di fatto è che: approfondendo “ius”o “iustum” diede lavoro al dialogo, allo “slascio”, e che doveva essere solo un ravviso per il pil nazionale, all’epoca della lira. L’illegittimità delle cose la ricerca del giusto, che diedero l’uogo al “bill of right”, dicono qualcosa riguardo l’accettazione di libertà!; legislativa!; Abando di un uomo sano, istituito e con “sicurezza-prole”, 100/100 “alle stelle” , se non addirittura come clausola legislativa a “tarda valenza”(TFO). Ad oggi giustizi quindi, è meramente possibile farla congiungere a verità utopica: come un si! Detto ad uccisione di socrate,… Ma Povera anima!. Ma come reagì l’inghilterra, si fatto bill of right?, ad oggi pedone nella scacchiera della “probabile”,ecosostentazione- umanitaria? Ma anche da altri partirano queste sottigliezze economiche, che hanno fatto di uomini “giusti attori” di vita, distrutti dalla corsa al denaro. E non è che da qui che ci è imposto prendere spunto. da una società come quella greca, che sia; Che ammesso la si valenza della veridicità al livello di società, non è da escludere nel quadro demo giurisdizionale; Per un proficuo e giusto riscatto socioculturale e vitale di non poca importanza. Che ad oggi se tiriamo le some, ma quanti esempi di crolli abbiamo avuto ?! Che, ed ancora oggi, non siamo capaci di metterci in piedi come paese!?; Continuando, vi riaffiora che l’inghiterra è entrata a far parte di questo giuoco;di un’illusa ricchezza proprio negli anni di cui vi parlo; Questa pseudo-futuranza, dalla sicurezza economica è stata poi adottata da molte altre nazioni volendo dirvi ad esempio anche in “l’italia”, si arrivò a trattare di norme sui diritti naturali.Non da decifrare è il dato di fatto che non è che non abbiamo avuto dei segnali dal passato, in realtà ce ne siamo fregati! Da qui giustizia mette in risalto altri fatti a noi noti nell’umanità accaduti. Regimi totalitaristi, sterminii di grandi masse, popolazioni con razze religioni ed orientamenti politici differenti; E si facevano guerra! Rudi violazioni umane che poco dopo si sarebbero chiamate con il nome di “diritti naturali” ente tagliato fuori, per dar momento a poi una ravvisata follia econonica, questa! Non è insolito quindi farvi notare che il disastro é stato opera di tutti e che ad oggi con nota clericale, dobbiamo astenerci dai non più potendo!, e non dimenticare i disastri economici e sociali quindi essere meno sordi al temporum detto! Quindi anche se capovolta l’idea di giurisdizione quella di giustizia invece deve rimane ma con un’idea più pre-socratica, che si avvicina al logos al fuoco che arde per generare verità, in vista di una giustizia platonica-sentenziale. E qui noto l’excursus fatto sui greci, e mi chiedo: non é propedeutico provare ad una giurisdizione salda con visto atto del rinforzo vitae-spirito dell’uomo in teporum; sogni…non realtà!; Scolastica e la giurisdizione stanno andando a braccetto negli ultimi anni. La giustizia dunque emerge come il valore pratico, o politico, che di volta in volta oggettivamente é attribuibile alla risposta atta a risolvere un problema in società. Valore consistente in ciò che si tratta dire. Risposta capace di risolvere, in maniera adeguata, alle esigenze dell’epoca, quel dato problema “pratico-vitè”. In un secolo caratterizzato, quindi dove una linea temporale ove “quid jus” e “quid justum” sono alla base della tutela dell’uomo. Entra una giustizia che fa della costituzionalità sua espressione. Una legge naturale superiore al diritto positivo era negata o talvolta disprezzata. Germania, Italia, Austria ma tanti altri “statis quod” hanno iniziato ad adottare costituzioni più rigide; La maggior parte ha adottato una costituzione regolata da un sistema che partiva da un ente che doveva fare da passaggio giurista-costituzionale per garantire la giustizia, proprio come un” bill of rights “ fino a vedersi avvalere una corte costituzionale per i diritti dell’uomo. …“costituzionale si fatto e quindi PIL diventa socraticamente speranza”… questo logicamente a suo tempo. Ma il decorso ha tutto un collegamento e non esce altro che deprezzo e depressione. In germania ad espemio durante il regime, direi a mio mero ravviso, a creazione di esso, hanno fatto giustizia solo enti duri come la “versasungbeschwerde” o ricorso costituzionale, che risolvevano gli schiati economici dettati da un “pil” scarso di verità giuris-dizionale. Ammortizzo! ..nei primi anni di questi dissidi economici. Quindi basta dare un’occhiata alle enti che abbiamo, per avere giustizia si fatta alle, “menti brillanti”, Mai alcuni si sarebbero immaginati di sentirselo dire, ebbene si!; Ci sono molte menti che possono cambiare tutto ciò; bisogna solo capire quanto sia vero che stiamo osservando giustizia!.
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Morto l'orso marsicano mascotte del Parco Nazionale d’Abruzzo
Castel di Sangro: morto investito l’orso Juan Carrito. E’ Juan Carrito l’orso morto investito lungo la Ss17 nei pressi del cimitero di Castel di Sangro. Inutili i disperati tentativi di salvarlo: i soccorsi del Parco, dopo averlo stabilizzato, volevano trasportarlo nel centro Pnalm di Pescasseroli. La notizia che mai avremmo voluto scrivere: un dolore per tutti gli abruzzesi, e non solo, che per un’ora, appena si è diffusa la notizia del suo investimento, hanno tifato perché si salvasse. Juan Carrito ci ha abituati a scene da cartoni animati: negli anni lo abbiamo visto fare tutto tranne la vita da orso! Mai in letargo, come anche oggi, sempre tra la gente: per Carrito sempre molti like da vera star del web e tanto affetto specie dalle comunità abruzzesi che negli anni avevano imparato a convivere col suo muso sempre in giro. Juan Carrito, simbolo dell’Abruzzo, morto nel tardo pomeriggio di oggi dopo lo schianto con una vettura sulla statale 17, è stato trasferito nell’Istituto Zooprofilattico di Isernia per l’autopsia . Juan Carrito era uno dei quattro figli di Amarena, il più intraprendente, il più insistente. Spesso, alla sera, arrivava in paese prima a Villalago e poi a Roccaraso e faceva scorribande, arrampicandosi sugli alberi e correndo per strada in contromano.
Per evitare le sue incursioni era stato necessario allontanarlo, far sì che tornasse sulle montagne del Parco, senza stare là dove invece vivono gli uomini. Lui, un orso oggi di 150 chili, aveva preso troppa confidenza: per lui era più semplice trovare il cibo nei pollai, nei cassonetti e nelle pasticcerie, piuttosto che procurarselo tra i boschi come tutti gli altri orsi. Ma Juan Carrito doveva tornare a fare l’orso e, dopo varie battute delle guardie del Parco impegnate a trovarlo sulle montagne di Roccaraso e 394 turni di controllo, fu catturato e portato nei boschi della Maiella che non conosceva, tra i suoi simili. Intorno al collo, così da non perderne le tracce ed essere sicuri di rintracciarlo, aveva un collare con un Gps. L’ultimo avvistamento risale alla giornata di domenica sui campi da sci dell’Aremogna. Poi oggi lo schianto fatale. Una sconfitta per tutti. “Esprimiamo tutto il nostro sconcerto ed il nostro dolore per la morte dell’orso Juan Carrito, morte avvenuta ieri sera sulla statale 17 a Castel di Sangro a seguito dell’investimento di un auto guidata da una giovane donna, investimento che avrebbe provocato la morte dell’orso a seguito delle ferite riportate per lo sciacciamento contro il guard rail della statale 17. L’orso Juan Carrito era noto in tutto il mondo per le sue scorribande alla ricerca di dolci, scorribande durante le quali svaligiava le pasticcerie di Roccaraso. ” Questa la nota dell’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente AIDAA sulle cause della morte dell’orso marsicano, nota che prosegue indicandp da parte degli animalisti la presentazione di un esposto sulla vicenda. “Non vogliamo che su questa vicenda ci siano delle ombre o si nascondano dei fatti- scrivono gli animalisti di AIDAA- per questo nei prossimi giorni presenteremo un esposto alla procura dell’Aquila per chedere indagini approfondite sulla dinamica dell’incidente e sulla tempistica dei soccorsi per capire se Juan Carrito poteva essere salvato, sia chiaro, nessuna caccia alle streghe ma una chiara richiesta perchè nessun eventuale particolare sia trascurato e che eventuali responsabilità possano essere accertate fino in fondo”. Conclude la nota dell’Associazione AIDAA Investito e ucciso l’orso Juan Carrito, la mascotte del Parco Nazionale d’Abruzzo. Sul web, oltre al dolore per la perdita, in tanti si complimentano con l’Abruzzo: orsi amati e rispettati. Juan Carrito, l’orso marsicano simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo, è morto: è stato investito da un’ auto nei pressi del tunnel di Roccaraso, sulla statale 17, al bivio per il cimitero di Castel di Sangro. L’orso, contrariamente alle abitudini, da alcuni giorni era stato segnalato nei paraggi dell’Altopiano delle Cinque Miglia e non in letargo. L’impatto è stato fortissimo, e non ha lasciato scampo al giovane orso, deceduto a seguito dell’investimento. “Una tragedia immane – commenta Meta Parma – e ci auguriamo che vengano accertate eventuali responsabilità di chi era alla guida. Come hanno fatto a investire un orso? A che velocità andavano? C’era troppa scarsa illuminazione? Domande che ci stiamo ponendo in tanti, per capire se questa tragedia si poteva evitare e se ci sono delle responsabilità. In tutto questo però quello che colpisce di più è l’amore e il rispetto dell’Abruzzo per gli orsi, perchè Juan viveva libero. Juan Carrito non è morto in gabbia, come l’orsa F43 morta durante un tentativo di cattura in Trentino, non ha conosciuto la prigionia, come accaduto invece all’orso M49 in Trentino. Purtroppo su questo pianeta abbiamo lasciato poco spazio agli animali, quasi zero, le nostre strade interrompono il percorso dei boschi e l’asfalto è ovunque. Cani, gatti, cinghiali, tantissimi animali purtroppo vengono investiti e uccisi dalle auto, spesso anche colpevolizzati per questo, come nel caso dei cinghiali che stanno subendo una vera e propria persecuzione. Ora è stato investito addirittura un orso, che non viveva in prigionia ma da orso libero, come è giusto che sia. E in un periodo come quello che stiamo vivendo, dove vengono approvati emendamenti “far west” e dove nessuna specie animale sembra essere più al sicuro, dall’Abruzzo arriva un grande insegnamento per tutti: Juan Carrito è stato amato e rispettato, voleva vivere libero. La libertà purtroppo è anche rischio, e questo vale per tutti, anche per noi umani, ma nessuno vorrebbe vivere in una gabbia o sotto una campana di vetro. “Juan Carrito era un orso problematico ma al Parco abbiamo fatto di tutto, contro tutto e tutti, per dargli una chance e farlo rimanere libero. Ora ci ha lasciato… Stasera siamo tutti un pò più poveri perchè se ne è andato uno di famiglia”, hanno dichiarato il Presidente del Parco, Giovanni Cannata, e il Direttore del Parco, Luciano Sammarone. Una luce di umanità, che brilla in Abruzzo, dove gli orsi vengono amati e rispettati. Onore all’Abruzzo! Ha fatto il giro del mondo la sua foto alla stazione di Roccaraso, una delle tante volte in cui è stato immortalato a passeggio lungo i binari: era il 3 marzo del 2022 e questa foto che vi riproponiamo scatenò davvero affetto e simpatia.
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E poi ancora appena il 21 dicembre scorso ancora lui, il mitico Carrito, a cercar cibo a due passi dal ristorante stellato dello chef Niko Romito. Anche in questo caso, data la fama di Romito, fece il giro d’Italia il post che lo chef abruzzese ha dedicato a Juan Carrito su Instagram, entusiasta e “onorato” per la visita del giovane orso. E poi ancora a giocare, come il cucciolo che forse era rimasto, con un cane a pochi passi dalla padrona. Anche questa foto scatenò il web.
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A quanto si apprende l’animale, molto noto in Abruzzo per le sue scorribande, contrariamente alle abitudini, da alcuni giorni era nei paraggi dell’Altopiano delle Cinque Miglia e non in letargo. Le condizioni di Juan Carrito sono subito apparse serie: i soccorsi dei veterinari della Asl sono stati vani: constatato il decesso, è stato trasferito nell’Istituto Zooprofilattico di Isernia per l’autopsia.
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Alla guida della Golf bianca che ha investito l’orso, alle 18.30 circa, un giovane del posto. Sulla strada le forze dell’ordine, i guardia parco, i forestali e le autorità cittadine del Comune di Castel di Sangro. E’ appena di ieri la notizia dell’avvistamento di Carrito a Castel di Sangro: anche sul web le tante foto dell’orso più celebre d’Italia mentre si muove lungo una strada, tra la neve degli ultimi giorni e alcune autovetture. Ancora una volta troppo vicino ai centri abitati ma soprattutto a persone e auto, hanno commentato in tanti. E poi lo stupore di molti sul fatto che Juan Carrito non sia in letargo. “C’è un forte dispiacere in seno alla comunità: l’incidente mortale è successo nello stesso tratto dove è morta la madre di Juan Carrito. È un tratto dove c’è molto traffico quindi era un evento prevedibile, tra l’altro l’orso marsicano circolava nei paraggi. Ieri sera era stato avvistato vicino ad una masseria”. Così Angelo Caruso, sindaco di Castel di Sangro e presidente della Provincia dell’Aquila, sulla morte in seguito ad un investimento da parte di una autovettura nei pressi del tunnel di Roccaraso dell’orso Jaun Carrito marsicano che si era spinto nell’Altipiano delle Cinque Miglia. Anche lo scorso anno il figlio di Amarena fece molta fatica ad andare in letargo, tanto che pochi giorni dopo la sua presunta “ibernazione”, l’orso si fece nuovamente vedere mentre percorreva serenamente le piste da sci di Roccaraso. “Ho appreso con grande dolore la notizia dell’investimento mortale di Juan Carrito, l’orso marsicano più famoso e amato d’Abruzzo, avvenuto sulla statale 17 all’altezza di Castel di Sangro. L’orso è stato investito da un residente del luogo, il presidente della provincia e sindaco di Castel di Sangro, Angelo Caruso, mi ha informato dell’evento, inviandomi dei video in cui si vedeva l’orso pesantemente colpito. La sua perdita rattrista non solo l’Abruzzo ma il mondo intero che ha scoperto l’Abruzzo e la bellezza degli orsi attraverso i numerosi video che lo ritraevano sin da cucciolo con i suoi fratelli e l’orsa Amarena”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio. Read the full article
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Passato Gennaio, l’anno si ritiene convenzionalmente iniziato. E ciò che ha segnato l’inizio di questo 2019 è stato senza dubbio il vorticare della cronaca della “lotta al traffico di esseri umani”. Traducendo dal gergo governativo al linguaggio dei movimenti sociali si tratta l’attacco sferrato a livello globale ai migranti, alla solidarietà, all’organizzazione di qualunque azione di supporto, con l’evidente scopo di polarizzare ancora di più un corpo sociale che nel mantra della guerra tra poveri trova una risposta all’impoverimento di massa.
Diventa difficile, e non è nostra ambizione, tirare una sintesi dell’evoluzione dei molteplici discorsi e provvedimenti governativi con cui, “dall’alto”, si portano avanti le più ardite tecniche di costruzione del nemico, cavalcando la figura dell’invasore, della “minaccia alla sicurezza nazionale”, terrorista-fondamentalista islamico. A queste figure della criminalizzazione corrisponde simmetricamente la creazione dei nemici interni: ONG, reti di solidarietà, ogni traccia di attivismo per i diritti umani. Ma la Legge 132/18 consente di compiere un notevole salto di qualità; sotto attacco - assieme al dissenso sociale presente nel corpo vivo della società - finiscono anche i sindaci che criticano la proibizione di iscrivere le persone richiedenti protezione internazionale nelle liste anagrafiche.
D’altra parte il Governo ha, unanime, promulgato il “decreto sicurezza”, poi convertito in legge con voto di fiducia: a suo tempo chiaro indice dello stato di salute e coesione di una maggioranza parlamentare che ora è alla prova del TAV. Ma non ci addentriamo in questo terreno, non qui.
Anzi, facciamo notare invece come una sola voce accomuni leghisti e pentastellati quando si parla di migranti: rivendicano e difendono il blocco della Sea Watch 3 - e di ogni altra imbarcazione - scatenano le rispettive “bestie” da social network, forse proprio moneta di compensazione per il non allineamento sulle grandi opere. Attaccano senza mezzi termini quelle esperienze che sono diventate simbolo positivo e che hanno rappresentato un’alternativa reale e molto concreta a quello che definiscono “business dell’accoglienza”. La vicenda di Riace e di Mimmo Lucano è nota: l’emblema di come costruire e sperimentare pratiche alternative - dall’accoglienza, alla moneta locale fino alla raccolta differenziata - è stato paragonato dagli apparati dello Stato a un’associazione criminale.
Tornando alla questione dei sindaci, alcuni vedono con chiarezza che il divieto di iscrivere i richiedenti protezione internazionale nei registri anagrafici implica la perdita del controllo del territorio e, soprattutto, l’esclusione da qualsiasi accesso a minime forme di welfare ed assistenza: ci saranno centinaia e centinaia di persone non censite, materialmente presenti e magari messe al lavoro in agricoltura, nei servizi o nelle fabbriche, a dispetto della situazione formale.
Al (purtroppo) piccolo gruppo di amministratori locali si aggiungono alcune Regioni, schieramento questo dettato da una ragione di parte politica, il PD ora in cerca di risalto nell’ancora latente campagna elettorale per le europee più che di riscatto per le nequizie operate dallo scranno del Viminale da Marco Minniti.
L’inafferrabile cronaca fa annotare pochi giorni fa la “disobbedienza” di Leoluca Orlando, primo a violare il dettato della legge iscrivendo quattro persone tra i residenti a pieno titolo nella Repubblica Italiana. Orlando, ci piace ricordare, non ha fatto solo questo: la settimana precedente aveva di suo pugno firmato gli atti per “restituire” la residenza ad alcune famiglie dimorate presso le case popolari, ma insolventi da anni e dunque in stato di “occupazione”.
Salvini si trova ora nelle condizioni tecniche di rimuovere il Sindaco e commissariare il Comune di Palermo. Nelle manovre propagandistiche a caldo, rispondendo a specifica domanda, aveva annunciato di non voler fare uso di questa sua prerogativa: Orlando ha gettato il guanto di sfida, vedremo.
Nello spettro delle contromisure delle amministrazioni locali al diniego dell’iscrizione anagrafica, l’altro esperimento da annotare è l’istituzione dei registri paralleli al Comune di Napoli, operazione più tecnica che di “disobbedienza politica”, forse dettata dalla maggior dimestichezza di De Magistris coi codicilli, ma conserva lo stesso sapore di azione “contro”, dissenziente, dell’operato del collega panormita.
Il senso della contrapposizione tra Stato centrale e autonomie quali sono le Regioni ed i Comuni c’è tutto, è incontrovertibile e la Corte Costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità formale tra leggi e dettato della carta fondamentale.
Questo quadro magmatico, in turbolenta e continua trasformazione, si sottrae a ogni tentativo di semplificazione, restituendo alle letture immediate corto-circuiti di senso che mettono a dura prova la capacità di rilevare il falso logico. Più in là tenteremo di additare alcune conclusioni, con l’ambizione di stimolare dibattito, azione, proposta teorica e processi di organizzazione materiale.
Leggendo superficialmente questa rapida rassegna - pur omettendo tra l’altro i grandi appuntamenti globali e i conseguenti posizionamenti politici come il meeting di Marrakech che ha adottato il Global Migration Compact, da cui il Governo ha tenuto fuori l’Italia - appare che il pallino stia in mano ai nodi del potere costituito.
Il dibattito mainstream si centra solamente sulle dinamiche relative agli assetti istituzionali, come se solo il recupero della “disobbedienza” nell’alveo della legalità formale, come se solo i togati della consulta potessero salvarci dalla barbarie del salvinismo e del razzismo. Dal dibattito dominante sembra scomparsa quella pluralità di soggetti che rendono possibile un’accoglienza diversa nell’Italia di Minniti-Salvini e che subisce la scure della legge dell’esclusione sociale.
Quella moltitudine variegata, forse disomogenea, che il 10 novembre si è incontrata nella manifestazione “#indivisibili”, lasciando per un giorno il lavoro incessante nei territori per attraversare le strade della capitale, unico pronunciamento esplicito e diretto contro la conversione in legge del decreto sicurezza.
Tutto pare sussunto nella sfera delle istituzioni, del già dato, della formalità da discutere in punta di diritto. Le piazze però continuano a sviluppare un discorso, coi presidi che hanno chiesto la libertà di sbarcare per le persone in ostaggio nel Mediterraneo, così come centinaia di associazioni e organizzazioni sociali proseguono il lavoro quotidiano fianco a fianco coi migranti - nuovi poveri, spossessati ormai di qualunque diritto.
C’è dunque un piano materiale, quotidiano, lasciato al lavoro della talpa: lavoro sommerso, vien da dire, che sembra destinato a restare nascosto.
La talpa scava, mette in relazione ciò che visibilmente – a uno sguardo superficiale! - resta sconnesso, lontano, distante. Il terreno della cooperazione sociale, unica prassi capace di trasformare il tempo presente creando alternative reali al neo-liberismo che stritola corpi e territori, è ben dissodato. Non ha forse senso porsi la questione di ricercare il principio di molti e tortuosi percorsi, il nodo sta nell’incessante trasformazione dei temi, delle forme e dell’intensità organizzativa e di lotta. Inseguendo e rispondendo senza esclusione di colpi alle politiche neo-liberiste che hanno segnato il tempo della Grande Crisi dal 2007 in poi, sono le pratiche solidali auto-organizzate a garantire – con ogni mezzo necessario – la possibilità di un welfare.
Il mutualismo è stata la risposta materiale allo spossessamento dei diritti formali, all’estinzione progressiva dei dispositivi di redistribuzione della ricchezza (diretta ed indiretta), mentre il novero dei sacrificabili sull’altare del dogma del “rigore per la crescita” si allarga creando una nuova classe di subalterni, in lotta però tra loro e non contro la situazione loro imposta. Mors tua vita mea: si potrebbe concludere che ormai tutto è perduto, l’atomizzazione della società è un fatto compiuto.
Non è così, certo, purtuttavia ciò che vogliamo dimostrare è la grandezza delle sfide del tempo presente, in cui la capacità di auto-organizzazione in seno alla società viene messa alla prova sul fronte cruciale della tenuta del tessuto sociale.
Negli ultimi anni il lavorìo sottotraccia è emerso con picchi di visibilità e potenza laddove la produzione di “welfare dal basso” si è intrecciata alle istanze di coloro che sono arrivati nel vecchio continente – e non ci interroghiamo ora sul perché – ma da subito hanno reclamato condizioni di esistenza migliori di quelle lasciate e trovate nei luoghi del “sistema d’accoglienza”. Manifestazioni e lotte – maledettamente concrete e reali – si sono succedute in tutta Europa, facendosi via via più fitte ed intense. È a partire da questo, dalla modifica di rapporti di forza, che dobbiamo riorientare il dibattito per dar forza a una postura che abbia nella modifica normativa un tassello per istituire un diritto del comune.
Il blocco dei governi reazionari è decisamente più ampio del “blocco di Visegrad” o del governo 5 Stelle - Lega. La cordata della repressione appare guidata dall’ideologia neo-nazionalista e sovranista che cavalca da destra alcune istanze anti-liberiste, ma di fatto cade su due elementi. Da un lato nell’approccio alle problematiche reali segue il gioco dettato dai potentati economici (migranti? No: “veri profughi”, sfollati di guerra insomma, oppure clandestini: usurpatori, truffatori, turisti del welfare). Dall’altro rivendica l’ “autonomia del politico” nella sua forma più diretta e pura: le decisioni si prendono perché il Sovrano così ha deliberato. Sovrano è il Popolo, che – date le forme e i limiti stabiliti dalla Costituzione – ha con le elezioni legittimato l’operato dei Governi i quali sono disposti ad assumere responsabilità gravissime pur di proteggere la “Nazione” dalle gravi minacce che la rendono insicura. E tra queste minacce, quelle esterne sono i migranti, quelle interne tutte le pratiche di lotta e di solidarietà attiva: picchetti, blocchi stradali, occupazioni di case, regalare una bottiglietta d’acqua ad un migrante, opporsi alle loro deportazioni.
La prassi quotidiana continua a vivere di rotture, piccole e diffuse sovversioni di questo ordine discorsivo e materiale imposto dalle norme e ribadito di continuo nelle narrazioni dominanti.
La questione che ora vogliamo porre con forza è come far sì che questa disponibilità a “rompere le gabbie” si consolidi, possa aggregarsi in maniera stabile così da crescere nella propria capacità organizzativa. Altrimenti tutto si disperde, gli exploit di piazza restano nei bei ricordi ma spariscono nella timeline delle immagini spazzati via dalla propaganda di Salvini o dal prossimo naufragio, e l’unico spazio resta alla contrapposizione meramente tecnico-giuridica o di superficie.
A ben guardare c’è una faglia che coinvolge anche il piano delle istituzioni, ma è determinata dalla linea di frizione di questo assetto di organizzazione del potere costituito con la potenza del sociale cooperante.
Sia chiaro, non certo da queste colonne partiranno strali contro le azioni giuridiche volte a scardinare le norme razziste e criminalizzanti dettate da Salvini. Il Diritto, se ancora vogliamo ritenere di vivere in uno Stato di diritto, può senza dubbio essere strumento utile. Certamente non è il solo, ancor più certamente il diritto stesso contiene la cristallizzazione di rapporti di forza dentro la società e tra “società civile” e Stato.
Questi sono oggi i termini in cui è urgente leggere e narrare gli eventi.
C’è una potenza che si annida nel sociale, non facile da scovare, forse più incline alla silente fatica quotidiana che ai momenti di visibilità, di protagonismo, di presa di parola diretta. Anche in questo sta l’eccezionalità della giornata del 10 novembre: il vedersi, riconoscersi, l’essere un intreccio di relazioni è cosa inconsueta. Questo è un limite che è tempo di superare, abbiamo bisogno di conoscere questa forza e metterci in relazione, per esercitare appieno la capacità di trasformazione del reale di cui sappiamo di essere capaci.
Certamente la grande manifestazione non è venuta sola, né è rimasta isolata: non si contano più, a livello locale, presidi, fiaccolate, sit-in, e da ultimo anche l’abbraccio alle sedi municipali. C’è, palpabile, una voglia di mobilitazione diffusa che allude a un movimento, ne ha la potenza “in sé”. La misura è - al solito - la capacità di coniugare percorsi di lotta e processi organizzativi: la settimana di mobilitazione che si è appena aperta si pone come substrato nutritivo per i molti gangli di questo movimento in fieri, così penetranti in ogni territorio ma forse privi di quella sicurezza nell’articolare un discorso pienamente politico perché incerti sulla propria forza.
C’è uno sforzo da compiere, un salto di qualità che chiamiamo organizzazione: sappiamo che nulla accade da sé, sappiamo che la buona volontà non è sufficiente. Non abbiamo mai dimenticato, qualora fosse necessario fugare ogni dubbio, che nulla nasce in vitro: se la diffidenza – o l’aperta ostilità - alle ricette degli alchimisti della politica è il nostro tratto identificativo, è proprio per sperimentare un terreno di auto-organizzazione che sentiamo l’esigenza pressante di una discussione volta a creare ambiti di confronto e scambio.
Di fronte a noi percepiamo intatta la disponibilità ad agire, benché il governo (i governi!) restino saldi nella loro linea di reazione, criminalizzazione e si preparino alla repressione, dalla Sicilia alle Alpi una movimentazione continua è in atto e non accenna a scemare: come è possibile non disperdere in mille rivoli questa ricchezza?
Va colto l’attimo, occorre provare a farsi forza a vicenda, a ripristinare meccanismi di mutualismo e mutuo-soccorso, osare sinergie badando a non cadere nella tentazione della reductio ad unum, la molteplicità che siamo è la nostra forza: ciò che serve è affinare la capacità di connettere istanze, lotte e prassi di giustizia sociale.
Crediamo che l’assemblea di Macerata del 10 febbraio, indetta dall’assemblea che a Roma ha dato seguito alla manifestazione “#indivisibili”, si collochi nel pieno di uno spazio di possibilità e sentiamo la responsabilità di contribuire a renderla luogo vivo, molteplice e fecondo. Questo incontro potrà a nostro avviso essere strumento di rilancio e di apertura di nuovi percorsi non perché parte di un processo già pianificato o dettato dalla volontà di soggetti determinati, anzi. Se alla manifestazione nazionale di novembre aderirono in forma pubblica più di quattrocento realtà organizzate, l’impossibilità materiale di imbrigliarle in un alveo già dato è palese ed evidente.
D’altro canto, si debbono porre le basi di una forma di agorà aperta e capace di guardare in avanti, luogo di socializzazione di prassi, analisi, luogo di condivisione di proposte organizzative, di crescita comune di consapevolezza, per far finalmente sgorgare quel fiume carsico ed affermare la volontà politica di sfidare l’impossibile. Uno spazio comune da inventare insieme: la forma che crediamo più idonea è quella del “forum”, modellato sulla scorta delle sperimentazioni zapatiste in Chiapas.
La posta in gioco è alta, il percorso è tutt’altro che agevole e scontato, intraprenderlo è un atto di consapevolezza e coraggio. La sfida da raccogliere e rilanciare è la rottura della subordinazione all’arroganza del potere costituito.
Noi siamo pronti: ci vediamo a Macerata!
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L’avversione alla felicità esiste nelle diverse culture, specialmente in quelle che attribuiscono armonia e conformità all’individualismo, suggerisce una ricerca recente. I risultati sfidano l’assunto occidentale che tutti aspirino a una vita di gioia incrollabile.
[…]
Hanno trovato una certa paura della felicità in tutti i paesi, ma l’avversione era più forte nelle culture dell’Asia orientale e in altre culture “collettiviste”, che apprezzano il gruppo rispetto all’individuo. Ad esempio, India, Pakistan, Hong Kong e Giappone hanno ottenuto punteggi alti nelle misurazioni della paura della felicità.
Al contrario, le culture meno conformiste studiate avevano meno probabilità di rifuggire dalla felicità. I ricercatori hanno scoperto che i neozelandesi non avevano molta paura della felicità, e i brasiliani lo erano ancora meno.
“Gli Stati Uniti e il Canada non sono stati inclusi nello studio, ma data la cultura individualista di questi paesi, sembra probabile che i nordamericani non abbiano molta paura della felicità”, ha affermato Weijers.
Perché avere paura della felicità? Alcune culture vedono la felicità come una perdita di controllo: divertente, ma distruttiva, come essere ubriachi, ha detto Weijers. Altri credono che i massimi estremi dovrebbero essere seguiti da minimi estremi, come rivelato dai proverbi di molti paesi. In Iran, la gente dice che “la risata risveglia ad alta voce la tristezza”. In Cina, una persona allegra può essere avvertita: “L’estrema felicità genera tragedia”. Nei paesi di lingua inglese, potresti sentire “Ciò che sale deve scendere”.
Le culture islamiche apprezzano la tristezza per la felicità, ha detto Weijers, perché le persone tristi sono considerate serie e legate a Dio. Gli artisti possono temere che alleviare il loro tormento emotivo distruggerà la loro creatività (e in effetti, la creatività è scientificamente collegata alla malattia mentale). Gli attivisti possono vedere la felicità come compiacimento e cercare invece di suscitare rabbia.
E a volte, sostiene Weijers, non è la sensazione di felicità, ma l’espressione che sembra inquietante. Se due amici partecipano a una competizione e uno vince, il vincitore può sopprimere la sua gioia per far sentire meglio il perdente.
Fortuna di base?
I risultati mettono in dubbio l’idea che la felicità sia l’obiettivo finale, una convinzione echeggiata in numerosi articoli e pubblicazioni di auto-aiuto sul fatto che determinate scelte possano renderti felice.
La ricerca evidenzia anche la definizione variabile di ‘felicità’. Le culture potrebbero non essere d’accordo su cosa sia la vera felicità. In uno studio del 2013 pubblicato sulla rivista Personality and Social Bulletin, gli scienziati hanno esaminato le definizioni del dizionario di felicità nel tempo e nelle nazioni. I ricercatori hanno anche analizzato gli indirizzi sullo stato dell’Unione dei presidenti degli Stati Uniti e hanno setacciato il visualizzatore Ngram di Google, che può analizzare le parole nei libri di Google nel tempo, per le menzioni della felicità.
I ricercatori dello studio hanno scoperto che la maggior parte delle nazioni in passato descriveva la felicità come un fattore di fortuna e circostanze felici. L’inglese americano moderno, tuttavia, enfatizza la felicità come uno stato mentale interno, un po’ più innato in una persona e nel suo carattere che nel mondo esterno. Per rafforzare le prove di questo cambiamento, i ricercatori hanno scoperto che le menzioni di una “nazione felice” sono diminuite nel tempo nei libri in lingua inglese, mentre la frase “persona felice” è aumentata costantemente.
I ricercatori hanno anche scoperto che il passaggio dalla felicità esterna a quella interna è avvenuto negli Stati Uniti intorno al 1920. Per un certo periodo, questo è stato spesso considerato l’alba della modernità. Diversi altri paesi hanno anche raccolto l’uso di “felicità come interno”.
Come per il lavoro di Weijers e Joshanloo, questo studio ha le sue implicazioni per classificare la felicità del mondo.
“Tedeschi, russi, giapponesi, norvegesi e molti altri potrebbero pensare alla fortuna che hanno avuto nel rispondere tardi a domande sulla felicità”, hanno avvertito i ricercatori. “Mentre americani, spagnoli, argentini, ecuadoriani, indiani e keniani non lo sono”.
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Cellulite
Che cosa è la cellulite?
La cellulite è una lipodistrofia distrettuale o diffusa, riconosciuta come vera e propria malattia dall’OMS ( per malattia si intende tutto ciò che limita il benessere fisico, mentale, sociale ).
Consiste in un ingrossamento delle cellule grasse, che aumentano di volume, comprimono i capillari rallentando la circolazione e favorendo il ristagno dei liquidi e delle tossine: pertanto ritenzione idrica aumentata, dolore, difficoltà circolatoria, inestetismo.
Perché si forma?
E’ una malattia ( panniculopatia ) favorita dalle abitudini scorrette acquisite dai modelli di vita attuali:
Utilizzo di calzature e vestiario non adatto ( scarpe troppo alte o troppo basse, body costrittivi, ecc.)
Alimentazione sregolata ( dolci, pasticcini, ecc. )
Stress
Problemi circolatori
Problemi ormonali
Come si può curare la cellulite ?
Il trattamento consiste, secondo i protocolli adottati, ad attrezzature dedicate, a concentrazioni prestabilite dalla nostra metodica, nell’inoculazione nel sottocutaneo, tramite piccoli aghi di 4 mm. e in modo del tutto indolore, di una miscela di ossigeno e ozono che esplica la sua azione attraverso 3 principali meccanismi d’azione:
L’ozono esplica la scissione degli acidi lunghi grassi, rendendo queste catene corte e quindi idrofile cioè si legano facilmente ai liquidi e facilmente espulsi attraverso le urine.
L’ozono allontana i liquidi interstiziali ristagnanti ( edema ) dovuti sia alla cellulite sia alla cattiva circolazione
L’ossigeno ozono si lega alla membrana cellulare dei globuli rossi apportando più ossigeno ai vari distretti e quindi attivando il metabolismo locale e una circolazione venosa e linfatica migliore.
Un ulteriore trattamento non invasivo può avvenire con l’applicazione con le mani di una miscela di oli essenziali veicolati in acqua, che vengono posti sul corpo in 3 fasi consecutive e tenuti in posa con similcartone per 40 minuti; si pratica inoltre linfodrenaggio con digitopressione in punti specifici.
Ne consegue una perdita di sostanza grassa, di liquidi e il conseguente rientro in sede ( scomparsa apparente ) dei capillari, non più compressi dagli adipociti.
Il ciclo di cura completa va dalle 10 alle 15 sedute con cadenza settimanale o bisettimanale, durante le quali la vita quotidiana non subisce restrizioni; non esistono effetti collaterali o intolleranze.
Le 20 regole d’oro per mantenersi…..in gamba
Quali sono le cose utili da fare e le dannose ?
Evitare di restare fermi, in piedi o seduti, per periodi troppo lunghi ( sollevarsi 20 volte sulle punte dei piedi, mettendo in funzione la “pompa plantare”; durante lunghi viaggi, fare una sosta per brevi passeggiate. In treno o aereo, pullman o metrò praticare esercizi tacco e punta dei piedi ( 20 volte ogni ora).
Se costretti a letto per qualsiasi motivo, muovete spesso le gambe: il miglior esercizio è quello di pedalare 20 volte a gambe all’aria come foste in bicicletta.
Evitare l’esposizione diretta e prolungata delle gambe a fonti di calore (stufe, radiatori, ecc.) rinunciando a fare bagni in acqua troppo calda.
Evitare di urtare con le gambe oggetti contundenti ( specie in presenza di varici e/o ulcerazione ).
Ridurre o eliminare il fumo di sigaretta (dannoso alle arterie e alle vene)
Mantenere continuamente sotto controllo il peso.
Dieta equilibrata: uso abbondante di frutta e verdura, dieta ricca di zolfo, potassio, vitamina C
Fare uso abbondante di acqua ( almeno 1,5/2 litri al dì ) a basso “ residuo fisso” o acqua ozonizzata , preferibilmente lontano dai pasti ( l’acqua non fa gonfiare ),tenendo regolato al meglio l’intestino: la stitichezza causa ostacoli alla circolazione venosa.
Dormire sempre con gli arti inferiori posti ad un livello più alto rispetto al cuore: basta mettere un cuscino in corrispondenza dei piedi sotto il materasso.
Evitare indumenti troppo stretti, attillati (jeans, body non sgambati, giarrettiere )
Usare calze elastiche.
Evitare calzature con tacchi troppo alti o troppo bassi ( l’altezza ideale è 3/5 cm )
Evitare, durante le vostre vacanze al mare, esposizioni prolungate al sole, ma fare bagni frequenti, o docce fredde; non fare sabbiature.
Fare passeggiate lunghe in acqua che arrivi alla vita
Quando siete costretti a lunghi viaggi in auto, fare una sosta per brevi passeggiate.
Se viaggiate in aereo o in treno alzatevi spesso e fate almeno 20 passi se siete costretti a sedere (pullman o metro) alzate alternativamente tacchi e punta dei piedi 20 volte ogni tanto.
Praticare il nuoto ideale per le gambe sia per il movimento e sia per il contatto dell’acqua fredda.
Praticare attività sportive tipo nuoto, acquagym, jogging, lunghe passeggiate a passo svelto con scarpe idonee ( gli sports più dannosi sono il sollevamento pesi, il tennis, il canottaggio),
Fare le scale a piedi, usando il meno possibile l’ascensore.
Durante la gravidanza occorre praticare molte delle regole sopra esposte seguendo il vostro medico di fiducia.
ESERCIZI
Con la capacità di mettere in azione tutte le “pompe”; la plantare, la muscolatura, la respiratoria.
Al mattino
Bere 2 Bicchieri d'Acqua iperozonizzata a stomaco vuoto.
Stando sdraiati a pancia in su, piegare la gamba dx e la coscia sul bacino, per tornare alla posizione di partenza: ripetere almeno 20 volte ; eseguire poi lo stesso esercizio con la gamba sx.
Sempre da sdraiati, alzare la gamba dx e piegare la punta del piede prima verso se stessi e poi in direzione opposta ( movimento tacco/punta ) per 20 volte, Ripetere con la sx.
Alla sera
Seduti, mentre si guarda la TV, fare ruotare avanti e indietro un cilindro sotto la pianta del piede, prima a dx poi a sx: tale esercizio attiva la “pompa plantare” e il circolo venoso delle gambe, risultando rilassante.
Bere 2 bicchieri di Acqua iperozonizzata.
A letto, straiati con la pancia in su, appoggiare i piedi ad una parete, in modo che le gambe formino un’ angolo retto con le cosce e queste con il bacino. Premere sul muro, 20 volte, alternativamente con la punta del piede dx e poi con il sx.
Ossigena il tuo corpo con il nostro Generatore d'Ozono.
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distrazione
mancato rispetto della distanza di sicurezza
velocità eccessiva
perdita di controllo su fondo scivoloso
incroci bruciati (con e senza semaforo)
mancate precedenze
rabbia
probabilmente manca ancora qualcosa, ma a mio parere queste sono le cose a cui rinunceremo nel momento in cui saranno diffuse le auto a guida automatica. Certo, gli incidenti capiteranno ancora, ma li vedo molto più difficili e di certo molto, molto più rari.
Aggiungo
quasi nessuno avrà più la sua auto, basterà prendere quelle circolanti. Di conseguenza
esisterà solo il trasporto pubblico nelle città, le auto di proprietà avranno un senso solo nei trasporti extraurbani (forse)
i tassisti scompariranno, rimarranno i gestori delle auto automatiche da prendere in affitto per andare da A a B
Non vedo l’ora.
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#ravenfirerpg #foundationball [Austin and Blake]
<<Non sopporto tutto questo.>> <<E per farti esprimere così sta davvero succedendo qualcosa di brutto dentro di te, Iced.>> Sentenzia sentendo l'energia negativa che emana, fino a poco tempo prima resa meno estrema dalla presenza di Shoto. Per quanto lo riguarda, nonostante i problemi che ha con la razza dei Veggenti, gli basta che Blake sia tranquillo ed averlo sentito sollevato dopo la fottuta questione di Johanna era stato di sollievo anche per Austin stesso. Dunque che cosa diavolo sta succedendo ora? Blake Edward Hill « Austin, penso di volere un abbraccio. » * Ed eccola l’umanità negata poco prima che riaffiora come una rosa piena di spine e pieno d’odio contro se stessi. È la vita di Blake Hill che si corona come un dannato disastro dooddreriano e in parte anche umano. L’anima nera del giovane è impreziosita di un’altra condanna, lo sente dentro, lo sentono quelle lacrime che stanno quasi per uscire. Deglutisce, le mani in tasca, deboli sono i pensieri come l’anima vagante e stanca. * « Hielo, sono un mostro. » Austin McQueen Comincia a pensare seriamente che il fottuto karma di Raven si stia rivoltando contro gli unici abitanti della città che si fanno sempre beatamente i cavoli loro, ovvero i Doodd del Tattoo. Dopo la crisi di Grayson ora si ritrova a dover gestire anche Blake che per chiedere un abbraccio deve davvero versare in una condizione psicologica devastante. Specie perchè il fottuto abbraccio lo sta chiedendo proprio ad Austin. <<Sai che nemmeno sul letto di morte ne sarei capace ma...>> Nota quegli occhi in tempesta, il suo umore che gli solletica narici e palato, la voglia di divorare che seda solo in virtù della preoccupazione che prova per lui. Cosa è accaduto? Cosa avrà mai compiuto? Shoto non è lì. Non gli piace. <<Lo siamo tutti. Ma questo non vuole dire che siamo capaci di cose mostruose tutto il tempo. Cosa è successo?>> Blake Edward Hill * Il Karma non esiste o forse la sua presenza è così predominante nella vita dei giovani del Tattoo Land che Blake non l’ha mai compreso. Non ne conosce bene il significato, gli hanno regalato perfino il diploma proprio per non vederlo ancora fra i banchi, ma in fondo che problema c’è? Blake non crede a nulla se non Dio e le sue punizioni divine. Della materia religiosa sa tutto, o comunque ne è affascinato, consolato e presta, dunque, abbastanza attenzione. Ha prestato così tanta attenzione alla materia ecclesiale che ora si trova sconfitto da un gesto che non pensava neppure riuscire a compiere. È sul baratro, ma la verità è che vorrebbe trovarsi piuttosto al cimitero, a piangere sulla sua tomba suicida o su quella di Johanna. Non avrà mai il paradiso, mai. * « Lo senti. So, che lo senti. Abbracciami e nutriti. » * Gli occhi in tempesta e l’anima afflitta di Blake incontrano quegli occhi così simili ai suoi, quelli di Austin. La verità è che Blake è fuori di sé, vorrebbe piangere, vorrebbe uccidersi, vorrebbe continuare ad autoinfliggersi dolore, vorrebbe troppe cose e sa che l’unico a poter avere la lucidità di ascoltarlo è Austin. Semplicemente si fida e sa che il suo dolore non verrà abbandonato. * « Ma dieci minuti fa è stato mostruoso. Austin... » * Si volta verso l’amico di sempre, è serio, quasi crudelmente schifato da se stesso in viso. * « Sono andato via. » * Allegorico, biblico, Blake ha appena annunciato così quel suo lascito. *
Austin McQueen 《No. Non lo farò. Non mi nutriró di te stanotte. Ma sono qui come quel giorno e sempre ci sarò.》 La sua agitazione è percepibile solo da qualcuno che lo conosca bene come Blake. Serpeggia sotto pelle mentre tenta di comprendere i motivi di quella sofferenza che gli fa quasi snudare le zanne. Ha fame ma non è una necessità. È più una tentazione. Ma essere di IV livello porta anche un certo auto controllo che userà con lui. Quel "sono andato via" porta il rosso a imprimere gli occhi verdi in quelli celesti di lui. 《Chi.》 Non può esserci arrivato solo. Per quanto si senta immeritevole di ciò che Shoto gli aveva dato, immagina ci sia stata una spinta. Qualcosa che lo abbia condotto a quella scelta assurda. E l'immagine dell'uomo di chiesa a cui si rivolge gli riempie la mente. Lo afferra per il braccio. 《Parla Iced. Lo sento il tuo limite. Sento che qualcuno ti ha spinto a credere fosse la cosa migliore. E invece... invece vi ha condannati. Entrambi. Parla.》 Blake Edward Hill « Lasci tutto per me questo dolore e questa paura che mi attanagliano? Quel giorno. Ho sbagliato la mia intera vita. » * Le sensazioni che si dilatano all’interno del corpo di Blake sono prelibatamente orrende. Serpeggiano come non mai, lo affogano, lo annientano nella misura in cui /quel giorno/ l’avevano fatto davanti alla bionda di cui ha per giunta un tatuaggio da qualche parte. Da un lato, vorrebbe sentire quel dolore mentre gli lacera il sé interiore, ne sarebbe quasi geloso perché l’ha provocato lui, perché lo fa sentire vivo; dall’altro, però, è troppo, è insostenibile e sarebbe scappato se non avesse visto Austin. Lui sì, può aiutarlo, può nutrirsene, ha fiducia. Ha fiducia che quelle sensazioni sarebbero ingoiate con un’ingordigia umana, amichevole. Gli occhi disperati e ghiacciati, privi di sogni e d’amore, incontrano quell’intensità verde di Austin, un brivido di debolezza e di perdita di controllo passa nel corpo del Dooddrear. * « Io.... Sono andato via per sempre. » * La voce trema, l’acqua o qualsiasi liquido esista nel suo corpo lo affoga. È come se le tonsille vorrebbero unirsi l’un l’altra e finire per ammazzarlo, per non farlo respirare più. È convinto che abbia fatto del bene a Shoto, è convinto che così può solo aiutarlo a vivere senza alcuna mostruosità, ma se si parla di sé.... Blake è lacerato, distrutto, annientato, sviscerato dalla lama del coltello del proprio.. amore. Sa che non è vero, che una bestia come lui non può amare eppure il dolore di quel pseudo amore l’ha disintegrato. Oh, se la giustizia divina potesse guidarlo e consolarlo... È un vero peccato che Dio parli solo attraverso le Sacre Scritture, è un peccato che Egli stesso non si avvicini al cuore di Blake e soffi su quel cuore bollente di dolore. Bolle, sì, eppure il suo guardo resta color ghiaccio, o forse meglio si rabbuia come un giorno di pioggia quando Austin lo afferra. * « Il mio confessore ed io ne abbiamo discusso. Shoto non può morire come... Johanna. » * Le parole fuoriescono quasi con convinzione, ma tra le righe quella convinzione duole, perché ogni scelta di Blake è intrisa di dolore. Ogni vita ha la sua morte, ma ogni mostro deve avere la sua condanna e lui non vuole condannarsi per la seconda volta. *
Austin McQueen Per quanto lo ami come fratello, amico, famiglia, per quanto é ciò che provi per quell'amico che è stato sempre un porto sicuro in ogni tempesta che Austin abbia voluto evitare, o in cui vi sia gettato senza protezione, e per quanto sa che gli rimarrà accanto nonostante tutto, sa anche ora che gli spaccherebbe la faccia volentieri. Non lo tocca. Non si controllerebbe. Le sue mani agirebbero senza che lui comprendesse ciò che ha da dire, per quanto sappia quanto Blake sia cocciuto. Un fottuto cocciuto che si auto sabota in qualcosa che dopo anni sembra donargli un poco di pace. Getta giù in un sorso il contenuto del calice di champagne e respira dilatando le narici per poi voltarsi a incontrarne lo sguardo. <<C'ero anche io quella notte. Ho perso due persone care se posso definirle tali. Sai che il mio concetto di amore è particolare come la fottuta e magnifica natura che ci è stata data, e non sarà ciò che è successo a farmi pensare che tu o io siamo mostri, Iced, ma so cosa ho visto. Sei morto con lei quella notte. Sei morto con lei e io mi sono rifiutato di farti il funerale, quando sembrava che volessi mio fratello nella bara il primo possibile. Guardami. Ora. Sento ogni cosa e non ti toglierò nulla, non come quella notte, e sai perchè? Perchè stavolta hai scelto deliberatamente di fotterti con le tue mani credendo alle parole di qualcuno che non capisce un cazzo. Oh e posso anche accettare che tu creda in qualcosa al di sopra di queste spoglie mortali, Iced, ma non alle parole di chi si finge in comunicazione con quel qualcosa.>> Sibila mentre trema, tra rabbia, frustrazione, dolore, tutto per quel Doodd che ha chiamato casa tante volte insieme a Grayson, e che ora vorrebbe solo prendere a pugni. <<Torna da lui. Torna da lui e non fare questo errore Blake. Se Dio esiste ha visto ogni cosa fino a questo istante. Se il tuo Dio esiste ha un gran senso dell'umorismo a farti conoscere qualcuno come Shoto per poi fartelo mollare così e sai che ti dico: evidentemente tu non lo hai ascoltato perchè io sia dannato se quel bastardo esiste ti ha messo sulla strada una luce e tu ci stai sputando sopra.>>
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