#paurosi
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Clara con il vestito quasi monospalla sopra ai leggins si vede che è del 99
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Sono canon i due personaggi di Master of the Airs che posti ultimamente? Voglio essere preparata 😅
TECNICAMENTE nella serie non lo sono, PRATICAMENTE lo sono per tutti e 9 gli episodi, nella vita reale pure perche i due attori sono amici e sono bellissimi insieme hanno una chimica pazzesca quando recitano. Nel mio cuore sono canon confermati al 100% se non hai visto la serie guardala ORA
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Io non mangio le "bestie", ma le bestie siete voi.
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La più mite e pacata e molle stagione, l'autunno, soppianta la precedente e si stabilisce con sussulti paurosi, temporali enormi, tenebre sul mattino, turbini e stragi di foglie che fan capire quanta violenza costi la maturità.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere.
_______Kindra Nikole
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La più mite e pacata e molle stagione, l'autunno, soppianta la precedente e si stabilisce con sussulti paurosi, temporali enormi, tenebre sul mattino, turbini e stragi di foglie che fan capire quanta violenza costi la maturità.
Cesare Pavese
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M E R A V I G L I O S A
Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre far la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, saper portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe
stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.
(C. Resio)
IlNegozioDeiConcetti
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Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre far la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, saper portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe
stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.
- Cecilia Resio, “Le istruzioni”
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Non è facile invecchiare con garbo. Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle, di nuovi solchi, di nuovi nei. Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza mortificarla in una nuova età che non le appartiene, occorre far la pace con il respiro più corto, con la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi, con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso, che prendono il posto dei grilli per la testa. Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era, reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia, ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru, canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza. Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli. Bisogna camminare dritti, saper portare le catene, parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia. Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe stata di morire ed io... ho ancora tante cose da imparare.
(il mio amico Cristian)
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"Faceva sempre piú caldo, un caldo intollerabile, le estati erano come inferni e
gli abitanti dei villaggi non trovavano ristoro nemmeno nei torrenti e nei laghi, divenuti caldi come brodo.
Qualcuno diceva che erano i segnali dell’imminente fine del mondo.
Gli esperti scienziati borbottavano a tutto spiano salmi incomprensibili e paurosi, che facevano la fortuna dei preti, sempre piú cercati da piagnucolanti fedeli in cerca di salvar l’anima.
Quando l’estate finí, tutto tornó come sempre.
Era stata la solita estate calda di ogni anno.
I preti e gli uomini di scienza si erano arricchiti, mescolando con sapienza superstizione e paura.
Sarebbe poi arrivato il solito inverno di sempre."
François Rabelais
(1542)
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Weltanschauung Italia
Guerrieri per la libertá
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Io ho l'incubo
della mia vita
fatta di grandi
sconcertanti conoscenze
e di sogni paurosi.
Per questo credo
di vivere ancora per poco
e non rischiare
di sfiorare l'eternità.
Se passa una nube
fra incerte piogge
quella è nube
in cerca di serenità.
- Salvatore Toma
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Non è facile invecchiare con garbo.
Bisogna accertarsi della nuova carne, di nuova pelle,
di nuovi solchi, di nuovi nei.
Bisogna lasciarla andare via, la giovinezza, senza
mortificarla in una nuova età che non le appartiene,
occorre far la pace con il respiro più corto, con
la lentezza della rimessa in sesto dopo gli stravizi,
con le giunture, con le arterie, coi capelli bianchi all’improvviso,
che prendono il posto dei grilli per la testa.
Bisogna farsi nuovi ed amarsi in una nuova era,
reinventarsi, continuare ad essere curiosi, ridere
e spazzolarsi i denti per farli brillare come minuscole
cariche di polvere da sparo. Bisogna coltivare l’ironia,
ricordarsi di sbagliare strada, scegliere con cura gli altri umani, allontanarsi dal sé, ritornarci, cantare, maledire i guru,
canzonare i paurosi, stare nudi con fierezza.
Invecchiare come si fosse vino, profumando e facendo
godere il palato, senza abituarlo agli sbadigli.
Bisogna camminare dritti, saper portare le catene,
parlare in altre lingue, detestarsi con parsimonia.
Non è facile invecchiare, ma l’alternativa sarebbe
stata di morire ed io ho ancora tante cose da imparare.
Cecilia Resio, “Le istruzioni”
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(Tragicommedia dell'infanzia). In pieni anni ottanta a Rivabella di Rimini si smarrivano i bambini sulla spiaggia, ammucchiati come ombrelli venivano raggruppati presso il chiosco dei bambini smarriti e se ne dava contezza attraverso accorati appelli trasmessi dagli altoparlanti, la maggior parte di loro veniva recuperata in giornata, le giacenze venivano tradotte mestamente all'orfanotrofio e qui dimenticate per sempre. Io non volevo finire all'orfanotrofio, sicché rimanevo sempre attaccato alle gambe della nonna, avevo il terrore di essere smarrito, io che ero già stato smarrito dai miei genitori, la possibilità di perdermi apriva nella mia mente impressionabile di bambino scenari sconcertanti alla Dickens, già mi vedevo spedito in paesi lontani dove venivo scambiato con una Mercedes, io che ero bello e biondo come il figlio dei ricchi e sicuramente valevo il prezzo di una berlina di grossa cilindrata. Le paure che avevo quando ero piccolo non si possono spiegare, percepivo le presenze, intuivo gli spettri, mi sembravano oggetti reali come reale è l'occhio che vede il sole, la mano che tocca la terra, e insomma, per farla breve, ero un fifone di prima categoria, il non plus ultra dei paurosi, e ancora oggi che mi nascondo dietro a quello che scrivo non mi sento tanto al sicuro, nella vita come in spiaggia. Dei bambini dimenticati all'orfanotrofio poi non ho saputo più niente, spero solo che abbiano trovato una famiglia che abbia dato loro da mangiare.
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quindi grazie a furlani l'italia vince medaglie ogni giorno da quando è iniziata l'olimpiade e siamo sotto di 2 solo rispetto a tokyo2020
#il tutto rappresentato da una delegazione di FREGNI PAUROSI in ogni campo#aiutatemi a dire q q q qualita qualita quaLITA
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“ Sono anni molto violenti a Firenze. La città è percorsa da bande di fascisti terribili, duri e fanatici, riuniti in squadracce dai nomi paurosi. Una su tutti, ‘La Disperata’, al cui soccorso arriva ogni tanto ‘La Disperatissima’, composta da squadristi di Perugia che si muovono anche fuori regione spingendosi a fare incursioni fin nelle Marche. Gentaccia pronta a usare bastone e olio di ricino senza alcuno scrupolo, teppisti, criminali come Amerigo Dumini, il capo degli squadristi che un paio di mesi dopo sequestrano e uccidono Matteotti (e che, ricorda Lussu ne La marcia su Roma, era solito presentarsi dicendo «Amerigo Dumini, nove omicidi»). Il professor Salvadori, per non mettere in pericolo la famiglia, obbedisce alla convocazione senza fare storie e va a piazza Mentana. Entra nel covo alle diciotto del primo aprile [1924] e ne esce a tarda sera, coperto di sangue e barcollante. Max, all’epoca sedicenne, che gli è andato appresso perché aveva delle lettere da impostare alla stazione e l’ha aspettato fuori, ha sentito tre brutti ceffi che ciondolano per la piazzetta dire alcune frasi inquietanti. «Occorre finirlo». «Già, ma chi l’ha comandato?» «L’ordine viene da Roma».
In quel momento Willy esce dal palazzo circondato da una dozzina di fascisti esagitati che brandiscono bastoni. Il padre, ammutolito, è coperto di sangue, e quando Max gli si fa incontro per sostenerlo e aiutarlo riceve la sua razione di botte: i picchiatori non hanno finito, la squadraccia li segue fin sul ponte Santa Trinita, vogliono buttare padre e figlio al fiume. I due si salvano solo grazie a una pattuglia di carabinieri che passa di lì per caso, e quando infine arrivano a casa a mezzanotte, malconci e umiliati, sebbene Cynthia mantenga calma e lucidità e Willy cerchi di minimizzare, lo shock è forte per tutti loro. Scrive Joyce in Portrait: “Tornarono tardi, e la scena è ancora nei miei occhi. Noi due donne (mia madre e io, mia sorella era in Svizzera), affacciate alla ringhiera del secondo piano, sulla scala a spirale da cui si vedeva l’atrio dell’entrata; e loro due che dall’atrio salivano i primi gradini, il viso rivolto in alto, verso di noi. Il viso di mio padre era irriconoscibile; sembrava allargato e appiattito, e in mezzo al sangue che gocciolava ancora sotto i capelli, si vedevano i tagli asimmetrici fatti con la punta dei pugnali: tre sulla fronte, due sulle guance, uno sul mento. Mio fratello aveva il viso tutto gonfio e un occhio che pareva una melanzana. «Non è niente, non è niente», diceva mio padre, cercando di sorridere con le labbra tumefatte. Capii in quel momento quanto ci volesse bene.” In quella sera drammatica che costituisce uno spartiacque nella storia della loro famiglia, Joyce fa tesoro dell’esempio dato dai genitori e dal fratello. Il padre che coraggiosamente cerca di sminuire la portata della violenza e il fratello che lo sostiene forniscono alla Joyce dodicenne «solidità, in quanto alle scelte da fare. Servì a pormi di fronte a ciò che è barbarie e a ciò che invece è civiltà». “
Silvia Ballestra, La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, Laterza (collana I Robinson / Letture), 2022¹; pp. 13-14.
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Ho conosciuto M. la primavera del 2022. Prima ho una storia con un ragazzo che ho amato tanto, ma che mi ha devastata dentro. Mi manipolava, mi faceva terrorismo psicologico, mi obbligava a vestirmi come volesse lui quando ci vedevamo a casa. Le telefonate erano lunghissime, io pensavo che lo facesse perché aveva tanta voglia di sentirmi e invece ho capito solo dopo che così mi poteva controllare. Mi aveva proibito di uscire con una mi amica, e ho dovuto farlo di nascosto per mesi. Quando poi l’ho mollato perché non era stato supportivi nel momento in cui pensavo di essere incinta, sono uscita con un altro ragazzo. Nel frattempo lui poi è tornato e mi ricordo benissimo il momento in cui al telefono mi ha detto “tu sei una troia, sei uscita con questo mentre io ero qua a pensarti, mi fai proprio schifo”. Non ha mai alzato le mani, ma io ero arrivata al punto che avevo pura di incrociarlo. Ancora adesso a distanza di più di un anno ho paura di trovarmelo davanti perché mi fa sentire così impotente che vedo tutto così buio.
No, non lo aveva capito cosa mi stesse facendo nel mentre. L’ho capito dopo, quando poi ho avuto il coraggio di parlarne con M. tutto il male che mi aveva fatto.
M. è un uomo splendido e mi sento molto fortunata ad averlo accanto. Ma questa cosa che mi sento fortunata mi fa molto incazzare perché tutti dovrebbero essere come M.
E mi ritrovo a piangere a pensare all’ennesima vittima perché non è possibile che siamo ancora qui a fare la conta. E ho ancora in testa quegli occhi, così sicuri di sé, così paurosi, quel tono della voce e mi ripeto che sono stata anche fortunata che lui non mi abbia fatto nulla.
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"I paurosi tirano per i piedi chi è intento a volare, per riportarlo a terra. Nella meschinità si sentono meglio se tutti strisciano, li umilia che qualcuno possa contemplare da un piano a loro inaccessibile.”
Carlos Castaneda
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