#paura di fidarsi
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pensierodelgiornoblog · 11 months ago
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“L’esperienza dimostra che chi non si fida mai di nessuno non rimarrà mai deluso.” – Leonardo Da Vinci
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leggerezza-dell-essere · 3 months ago
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1. Eliminare i sensi di colpa.
2. Non fare della sofferenza un culto.
3. Vivere nel presente (o almeno nell’immediato futuro).
4. Fare sempre le cose di cui si ha più paura; il coraggio è una cosa che s’impara a gustare col tempo, come il caviale.
5. Fidarsi della gioia.
6. Se il malocchio ti fissa, guarda da un’altra parte.
7. Prepararsi ad avere ottantasette anni.
Erica Jong, Come salvarsi la vita
_____Sandra Ramos Casasampera
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ricorditempestosi · 6 months ago
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fa paura fidarsi di nuovo
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ossicodone · 2 months ago
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E' così difficile ricominciare, accettare la fine di qualcosa, passare sopra al dolore che ti hanno fatto provare, è difficile non arrendersi e credere che li fuori ci sia ancora qualcosa per cui valga la pena provarci ancora nonostante tutto. E' difficile convincersi che la prossima volta sarà diversa. E' così difficile non rintanarsi in sé stessi tenendo fuori il mondo, ed è difficile ricucirsi le ferite, aspettare che guariscano, mostrare le cicatrici senza la paura che qualcuno possa riaprirle. E' difficile, lo so. E' difficile tornare a fidarsi, trovare una persona che sappia aspettare, che abbia rispetto dei trascorsi degli altri, è così dura mettere da parte quello che è successo e custodirlo come una lezione anziché un dolore e basta. Lo so quant'è difficile non cedere alla tristezza, all'abbandono, quant'è difficile ricostruire tutto da capo cercando di non aggiungerci fili spinati intorno al cuore, lo so che vuol dire fare caso solo alle spine e non alle rose. E' così difficile accettare il fatto di essere sostituibili, rimpiazzabili, di essere gettati via come un vestito fuori moda. E' difficile stare a sentire chi ti dice che occorre solo del tempo, quando tutto il tempo che avevi ti sembra di averlo perso. E' difficile soffrire e non riuscire a pensare che prima o poi passerà. Sembra che non passerà mai. E' un cazzo di imbuto, ti arrovelli per cercare di capire dove hai sbagliato, che colpe hai, se avresti potuto fare di più. E' difficile convincersi di aver dato il massimo. E' difficile non concentrarsi sul pezzo mancante, quello che ti hanno sottratto, la tua parte migliore. E' difficile capire che in realtà la tua parte migliore non può andarsene via così, che tutto quello che doni ti apparterrà per sempre, in un modo o nell'altro. E' difficile restare unici quando ci si sente gli unici a provare tutto questo. Quando ti sembra di vedere che alla fine ce la fanno tutti, e tu ancora no. Quando tutti ricominciano senza di te, e tu sei ancora lì che ti cerchi. Lo so che è difficile, aspettare il giorno in cui finalmente lasci andare ciò che ti uccideva trattenere.
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cattivisinasce · 3 months ago
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La pisantrofobia è la paura di fidarsi degli altri e come tutte le fobie non è generata da un pericolo reale e imminente. Chi soffre di questa fobia si chiude in se stesso, si isola ed evita il contatto con gli altri precludendosi così la possibilità di stringere delle relazioni sociali profonde
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comefiorineldeserto · 1 month ago
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Si chiama pisantrofobia. La paura di fidarsi delle persone che insorge quando una o più esperienze negative lasciano un’impronta a livello emotivo su chi ne ha sofferto.
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grlbts · 9 months ago
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un piccolo frammento per ricordare due fantastici attori di un cinema che non esiste più.
In questa scena due estranei si ritrovano a fare conoscenza in un momento difficile per entrambi.
Vogel, interpretato da Gian Maria Volonté è un evaso, tutti lo inseguono, poliziotti, cani, posti di blocco, è un animale braccato che ha paura e non sa se potrà ancora fidarsi di qualcuno.
Corey, il personaggio di Alain Delon è invece appena uscito di prigione per buona condotta. Ha scontato la sua pena ma si rende conto di avere ormai perso tutto della sua vita precedente, la sua donna, gli amici, tutti lo hanno abbandonato, è un uomo allo sbando che sembra non provare più nessuna emozione.
Come in molti altri ruoli di Delon c'è anche un secondo livello, Corey è un uomo bellissimo e molto elegante, questo fatto non viene esplicitato in nessun modo durante il film ma è evidente agli occhi di tutti. Corey è bello e impossibile nella cella del carcere, mentre vaga all'alba tra bar e sale da biliardo nei bassifondi di Marsiglia, in questa scena in aperta campagna in cui il fango arriva fino alle caviglie. Tutti gli altri personaggi lo notano e hanno una naturale reazione, lo invidiano, lo disprezzano, non si fidano.
Alcuni dettagli rendono questo incontro per me indimenticabile cinematograficamente. Lo zoom che trasforma il campo larghissimo in un campo americano mentre Volontè si avvicina, come a sottolineare la distanza che si assottiglia tra i due uomini, e poi il momento topico della sigaretta: Vogel stringe la pistola con la destra e il pacchetto nella sinistra, così l'accendino gli cade a terra, se vuole recuperarlo deve distogliere sguardo e arma dall'altro uomo, è un dilemma, lo vediamo esitare e infine cedere, metaforicamente sotterrare l'ascia di guerra e accettare Corey, condividere una sigaretta che sancisce una fratellanza.
Il tutto in un paio di secondi e senza dire una parola, solo con gesti e sguardi. Tornare dopo questo a guardare un film americano in cui i gangster parlano del più e del meno e si urlano insulti e parolacce senza soluzione di continuità è un vero shock culturale.
da Le Cercle rouge di Jean Pierre Melville
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susieporta · 3 months ago
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Cos’è l’empatia:
L’empatia è non svegliare chi sta sognando.
Alcune speranze sono fragili
alcune illusioni servono per respirare.
Non tutto va spezzato
non tutto va riportato alla realtà.
L’empatia è capire la stanchezza.
Non dire “passerà”
non dire “fatti forza”.
Dire: siediti
ci sono giorni in cui bisogna fermarsi.
L’empatia è sapere che alcune cicatrici hanno voce.
Alcune parlano piano
altre urlano nella notte.
Ascoltarle, senza cercare di cancellarle.
L’empatia è non giudicare la lentezza.
Alcuni arrivano tardi alla felicità
alcuni impiegano secoli a fidarsi.
Bisogna aspettarli senza fretta.
L’empatia è accorgersi della fame invisibile.
Non solo di pane
ma di sguardi, di mani, di presenza.
Alcuni muoiono senza mai dirlo.
L’empatia è un battito di ciglia.
A volte basta quello per dire “ho capito”
senza una sola parola.
L’empatia è non avere paura di amare.
Sapere che forse non sarà ricambiato
che forse sarà ignorato
che forse farà male
ma amare lo stesso
perché è questo che ci rende umani.
L’empatia è essere un porto.
Non una prigione, non una catena
ma un luogo dove si può arrivare
dove si può partire
dove si può restare
senza dover chiedere il permesso.
L’empatia è il contrario del giudizio.
Non è dire cosa andrebbe fatto
non è misurare il dolore
non è spiegare come si sta al mondo.
È dire: se vuoi, sono qui.
L’empatia è non avere paura della nudità.
Mostrarsi senza corazze
senza vernice, senza luci di scena
per dire all’altro:
possiamo essere fragili insieme.
L’empatia è prestare il proprio sguardo.
Far vedere all’altro
che esiste ancora un orizzonte
che c’è sempre un punto
dove il cielo si apre.
L’empatia è tenere stretto un filo invisibile.
Anche quando l’altro si allontana
anche quando non risponde
anche quando sembra aver dimenticato
che c’eri.
L’empatia è l’arte del non invadere.
È essere porta socchiusa
mai muro, mai sbarra
mai chiave imposta nella serratura.
L’empatia è guardare con occhi nuovi.
Sentire il peso di una giornata
nelle spalle di uno sconosciuto
vedere la stanchezza
nelle mani che reggono
una busta della spesa.
L’empatia è bussare piano.
Sapere che ogni anima è una casa
e non tutte vogliono ospiti
non tutte hanno stanze libere.
L’empatia è abbracciare con tutto il corpo.
Non solo con le braccia
ma con il respiro, con il tempo
con la voglia di far sentire all’altro
che non è mai troppo tardi
per essere accolti.
L’empatia è passare una mano
tra i capelli di chi ami.
E farlo come se stessi sistemando
qualcosa nel mondo
come se un gesto semplice potesse
rimettere in ordine anche un giorno difficile.
Andrew Faber
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precisazioni · 19 days ago
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anche se con gli anni ho smussato il mio carattere, continuo a portarmi dietro una diffidenza di fondo che non mi piace. non ne vado fiero e cerco di mascherarla: ad una chiacchierata non mi permetterei mai di assumere quel tono che, con una blanda parafrasi, si riassume nel detto ‘fidarsi è bene, non fidarsi è meglio’. anzi, preferisco parlare della mentalità islandese, che parte dall’idea: se io mi reputo una brava persona, allora è probabile che lo sia anche chi ho davanti. diciamo che soffro di questo mio tratto; da un lato lo riconosco come parte dell’introversione, ma dall’altro mi domando se non sia anche un’eredità del pensiero capitalista, quello che esalta l’individualismo come virtù. se il primo posso provare ad accettarlo, il secondo lo rifiuto. per questo, e per altri motivi, ho cercato nel tempo di allenarmi e partire da un approccio positivo, sia nelle parole che nell'assetto mentale. ma forse, anche per la mancanza di quotidianità, per il fatto che spesso mi chiudo in camera, non riesco a liberarmi di quel sentore di ostilità, e quindi di paura, verso ciò che non conosco
non mi era successo prima, ma ultimamente mi capita di pensare a cosa rimarrebbe di me se morissi oggi. in questi giorni è morto un ragazzo che non conoscevo, non so neanche perché (forse un incidente?), però il mio profilo da artista è pieno di storie su di lui, di una festa fatta in suo onore, di una colletta per aiutarne la famiglia. mi sono chiesto: per quante persone la mia presenza è stata significativa? a quanti ho dato qualcosa, con le parole, con l'affetto? la risposta è: tutt'al più una decina; mi mostro poco, mi espongo poco, continuo a mantenere un basso profilo. prima di questi mesi, forse da quando mio padre ha avuto l’ictus, non mi ero posto il problema di cosa avrei lasciato con la mia morte. ma ora mi capita più spesso di pensare che non vorrei continuare a portarmi ostilità e diffidenza. vorrei essere in grado di conoscere persone e lasciare loro qualcosa in termini di intesa o condivisione. sono parole al vento: fuori casa mi sento straniato, tanto poco esco. certo, in questo periodo sto sempre dentro: sono dai miei per aiutare mio padre; ma anche in tempi normali, non è che vada diversamente. vivo con la mia ragazza, usciamo insieme, e adoro farlo. però i nostri coinquilini non hanno amici, non invitano nessuno, non escono mai. ecco, questa cosa mi mette tristezza. e io sono quasi come loro. e vorrei non esserlo più
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singinthegardns · 4 months ago
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Le lacrime sono sempre sincere? Mi chiedevo perché non so credere nemmeno più a quelle "paura che mi prendano in giro" non so se è colpa di tutte le bugie che m'hanno detto o solo paranoia però fa male non fidarsi mai di niente sai non esiste amore per chi non riesce a lasciarsi andare è persino meglio credere nelle cose sbagliate che non credere in niente.
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fee-ling · 10 months ago
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Che paura fidarsi di nuovo di qualcuno quando così tante persone ti hanno deluso che pensavi non avrebbero mai potuto farlo.
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miamerosempre · 7 months ago
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Com'è brutto avere paura di fidarsi ancora.
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marquise-justine-de-sade · 9 months ago
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"Come salvarsi la vita"
1. Eliminare i sensi di colpa.
2. Non fare della sofferenza un culto.
3. Vivere nel presente (o almeno nell'immediato futuro).
4. Fare sempre le cose di cui si ha più paura; il coraggio è una cosa che s'impara a gustare col tempo, come il caviale.
5. Fidarsi della gioia.
6. Se il malocchio ti fissa, guarda da un'altra parte.
7. Prepararsi ad avere ottantasette anni.
Erica Jong
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smokingago · 9 months ago
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🍀
"Sai cos'è la vera amicizia?
Si, è tenersi per mano e abbracciare l'altro più forte perché ha paura del buio,
È ridere quando cade perché non vuoi vederlo piangere,
È chiamarlo nelle ore più impensabile solo per dirgli: "ciao" solo per farlo sentire amato,
È diventare la sua spalla per piangere anche se ti senti distrutto ma sai che lui farebbe lo stesso per te,
È fidarsi di qualcuno dopo essere stato tradito da molti
L'amicizia è esserci."
Rosy Arebyl
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questsphere-nexus · 6 months ago
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"Confida in te stesso: cambia prospettiva, cambia la tua vita."
Essere sicuri di sé non significa non sbagliare mai o sapere sempre cosa fare. La vera sicurezza interiore si fonda sulla capacità di accettare i propri errori e di abbracciare se stessi, anche nei momenti di dubbio o difficoltà. Questo concetto, spesso confuso con l'autostima, può essere meglio descritto con il termine inglese confidence, derivante dal latino confidere, che significa avere fiducia.
Una persona sicura di sé non è priva di imbarazzi o errori, ma è capace di affrontarli senza sentirsi sbagliata. Spesso, l'insicurezza deriva dall'idea che esistano regole rigide da seguire e dalla paura di essere giudicati negativamente. Questo timore, radicato nella nostra educazione, ci porta a credere che se non rispettiamo queste regole, saremo abbandonati o rifiutati.
La sicurezza in sé, invece, si costruisce accettando che non esistano risposte perfette o comportamenti impeccabili. Significa permettersi di essere autentici, anche nelle proprie imperfezioni.
Molte delle nostre insicurezze nascono dal rapporto che abbiamo con il nostro "bambino interiore", quella parte vulnerabile di noi stessi che cerca protezione e rassicurazione. Spesso deludiamo questa parte di noi non mantenendo le promesse che ci facciamo, trascurando i nostri bisogni o evitando situazioni scomode per paura. Questo mina la fiducia che potremmo sviluppare verso noi stessi.
Diventare sicuri di sé significa diventare un genitore amorevole per il proprio bambino interiore. Come un genitore devoto, dobbiamo ascoltarci, accettarci e guidarci con amore, senza giudicarci.
1. Mantenere le Promesse : Imparare a fidarsi di sé inizia dal mantenere gli impegni presi con se stessi. Anche piccoli passi, come portare a termine una decisione, rafforzano la fiducia.
2. Visualizzazione del Futuro : Immaginare chi vogliamo diventare può essere un potente strumento di crescita. Visualizzare una versione futura di noi stessi, sicura e serena, ci aiuta a definire i pensieri e le azioni necessari per raggiungere quel traguardo.
3. Accettare il Disagio : Crescere richiede uscire dalla zona di comfort. Sbagliare, sentirsi a disagio o imbarazzati sono esperienze necessarie per sviluppare fiducia e capacità di adattamento.
4. Inner Bonding : Questo approccio consiste nel creare un rapporto profondo e amorevole con noi stessi, diventando il nostro miglior alleato. Significa trattarsi con rispetto, comprensione e compassione.
5. La Regola dei 30 Secondi : Ricorda che le persone, nella maggior parte dei casi, pensano a noi per pochi istanti. Non vale la pena sacrificare la propria autenticità per paura di un giudizio che svanirà in pochi secondi.
Essere sicuri di sé significa essere fedeli a chi siamo, senza cercare costantemente l'approvazione degli altri. Quando viviamo in autenticità, possiamo attrarre le persone e le esperienze che realmente risuonano con noi, lasciando andare quelle che non ci appartengono.
La sicurezza in sé è un percorso, non una destinazione. Richiede impegno, consapevolezza e amore verso noi stessi. Ogni piccolo passo verso l'accettazione di chi siamo ci avvicina a una vita più autentica e serena. Ricorda: essere sicuri di sé non significa essere perfetti, ma sentirsi a proprio agio nell'essere umani.
*Fonti :
Giorgia Dalla Valle *
✍️ Giulia A.
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comefiorineldeserto · 1 year ago
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È triste avere paura di fidarsi ancora.
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