#pantouflage
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Des ministres qui rejoignent des multinationales, des députés qui deviennent lobbyistes ou inversement, des hauts fonctionnaires qui se mettent au service d’intérêts économiques qu’ils étaient chargés de réguler… Enquête sur le grand brouillage des frontières entre public et privé.
#vivelarépublique#pantouflage#politique#fonction publique#privé#entreprises#lobby#lobbying#France#gouvernement#Jean-Baptiste Djebbari#José Manuel Barroso#Muriel Pénicaud#Benoît Ribadeau-Dumas#Brune Poirson#Maud Brégeon#Alexis Kohler#Hugh Bailey#Élisabeth Borne#Marie-Anne Barbat-Layani#Jean Castex
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Contrairement à une tendance prétendument naturelle, plus je vieillis et plus je crois à la nécessité impérieuse de la révolution. Chaque jour, la République représentative démontre qu’elle n’est qu’un système de copinage et de prévarication, d’endogamie para-maffieuse, non pas par dégénérescence, ou de façon circonstancielle, mais par nature, intrinsèquement, ontologiquement. Le mythe démocratique définitivement et officiellement enterré après le vote trahi contre le traité constitutionnel européen, il ne reste désormais plus qu’une vieille boutique crasseuse négociant ses prébendes et ses passe-droits. La multiplication des « fromages », des « placards dorés », des « pantouflages » et des « recyclages », grassement rémunérés, n’est pas une « dérive », elle est le but et la fonction du système, quelle que soit sa coloration politique passagère.
Ce n’est donc pas la VIe République qu’il faut penser, mais l’après-République. Même s’il est à craindre que celle-ci finisse comme elle a commencé : en pataugeant dans le sang du peuple
Xavier Eman
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Au-delà des fantasmes, est-ce que l'État profond français existe ?
À ce sujet, passer de la fonction publique dans le secteur privé s’appelle du « pantouflage »
Temps de lecture = 4 minutes Ce concept d’État profond représente la haute administration non élue et choisie par le chef de l’État pour décider de la politique et de la gestion des dépenses publiques. Par Claude Janvier Nous aimons la liberté de publier : à vous de partager ! Ce texte est une Tribune Libre qui n’engage que son auteur et en aucun cas Observatoire du MENSONGE Au-delà des…
#administration#chef de l&039;état#choisie#Claude Janvier#dépenses publiques#fantasmes#gestion#non élue#Observatoire du MENSONGE#politique
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Da manager di Stato alle fortune nel privato. Le porte girevoli di Battisti
Con “pantouflage” s’intende il passaggio di un manager dal pubblico al privato. Dal 2012, in Italia una norma regola il fenomeno. Il caso di un’azienda nata quattro anni fa, Renova Red, dimostra che i controlli sono ancora carenti
In quattro anni di vita sul registro imprese, Renova Red – sede legale a Roma e ramificazioni in Romagna – è passata da poche decine di migliaia di euro a 2,7 milioni di utili. Si occupa, come recita il sito, di «infrastrutture, edilizia, rigenerazione urbana, tlc (telecomunicazioni, ndr), ambiente, risparmio energetico». Tra i promotori della candidatura di Roma per ospitare l’Expo 2030, dall’estate 2022 sta discutendo un piano per l’acquisizione di un ramo d’azienda della Cooperativa muratori & cementisti di Ravenna (Cmc), a rischio fallimento da diversi anni. «Siamo l’aggregazione di trent’anni di attività ingegneristiche», viene messo in chiaro sul sito dell’impresa.
Il proprietario è Umberto Ambrosini, imprenditore romano titolare effettivo di diverse società in Italia e all’estero. Nel management di Renova Red ci sono i fratelli Cesare e Stefano Trevisani, provenienti dal Gruppo Trevi così come Marco Casadei, l’ex Cmc Paolo Porcelli e Rosalba Veltri, nel cui curriculum spicca la Direzione generale della Presidenza del Consiglio dei ministri. A presiedere il consiglio d’amministrazione, da agosto del 2022, è invece l’ex numero uno di Ferrovie dello Stato, Gianfranco Battisti.
La presenza del manager di Fiuggi avrebbe dovuto impedire a Renova di partecipare a due bandi indetti da società di cui Ferrovie dello Stato è socia o addirittura controllante, ovvero FerrovieNord e Anas. Lo stabilisce la legge Severino del 2012, dal nome dell’allora ministra della Giustizia, che ha introdotto il divieto per i dipendenti pubblici che abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali di lavorare per aziende private nei primi tre anni dall’uscita dalla pubblica amministrazione. La norma prevede, nel caso di assunzione, che l’impresa per tre anni non possa avere rapporti economici con gli enti presso cui il lavoratore prestava servizio. Un periodo che viene definito di raffreddamento e che serve ad arginare un fenomeno noto con l’espressione “porte girevoli” oppure pantouflage.
Dal francese pantoufle, pantofola, il termine pantouflage è stato coniato per descrivere il percorso di chi rinunciava a fare carriera negli apparati statali per accasarsi nel settore privato. In Italia, l’intento del legislatore è stato quello di evitare la nascita di conflitti interessi che, a loro volta, possano tramutarsi in terreno fertile per la corruzione.
La questione di opportunità è immediatamente percepibile: basti pensare, per esempio, ai vantaggi che un’impresa otterrebbe dall’avere tra i dipendenti qualcuno in possesso di informazioni su una gara d’appalto bandita poco prima di lasciare la pubblica amministrazione oppure ai condizionamenti che potrebbe subire un funzionario a cui viene promesso, da un’azienda privata che partecipa a una gara, un futuro incarico lautamente retribuito.
«Il pantouflage è tra le modalità più sofisticate con cui oggi si manifestano i condizionamenti delle scelte pubbliche da parte dei portatori di interessi privati», spiega a IrpiMedia l’esperto di corruzione e docente di Scienza politica all’Università di Pisa Alberto Vannucci. «Ci stiamo allontanando dallo schema tradizionale della bustarella – continua -. Un atto contrario ai doveri d’ufficio può passare da forme di scambio differite nel tempo. Bisogna tenere a mente, infatti, che la corruzione vive all’interno di ecosistemi basati su un forte sentimento di fiducia, dove un favore fatto oggi verrà restituito domani».
Dipendente di Ferrovie dello Stato dal ’98, Gianfranco Battisti, oggi 61 anni, viene collocato a capo della holding nel 2018, nei primi mesi del primo governo Conte, quando la maggioranza in Parlamento era espressione dell’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Lega. A nominarlo è l’allora ministro dei Trasporti Danilo Toninelli: «Alla faccia di chi ci accusava di voler occupare delle poltrone, ai primi due gradini abbiamo messo due eccellenti manager interni all’azienda», sono le parole pronunciate da Toninelli facendo riferimento, oltre a Battisti, anche al neopresidente di Ferrovie dello Stato Gianluigi Vittorio Castelli.
Nei panni di ad, tra le prime decisioni prese da Battisti c’è la designazione del nuovo numero uno di Anas, controllata di FS dal gennaio 2018. Sceglie un dirigente interno, Massimo Simonini, che prima di diventare amministratore delegato (carica che lascerà nel 2021) era dirigente dell’ufficio Ponti, viadotti e gallerie. Posto che poco dopo va a occupare, su decisione dello stesso Simonini, il funzionario che è stato responsabile della gara a cui ha preso parte Renova Red. Simonini attualmente è indagato a Roma insieme ad altri dirigenti di Anas perché sospettato di avere garantito la «messa a disposizione delle funzioni pubbliche» per andare incontro alle richieste di una serie di imprenditori vicini a un altro indagato, Tommaso Verdini, il figlio dell’ex senatore Denis.
Le gare di Anas aggiudicate a Renova Red sono state due: una per la manutenzione di ponti e viadotti, l’altra per lavori nelle gallerie. In entrambi i casi si tratta di opere che negli ultimi anni sono finite al centro di inchieste giudiziarie, dal crollo del viadotto Scorciavacche in Sicilia al tragico cedimento del ponte Morandi di Genova, fino alla caduta del ponte sul fiume Magra. Per le due gare, Anas ha scelto la formula dell’accordo quadro: la ditta che vince si impegna a intervenire dove richiesto dalla stazione appaltante per la durata del contratto, che nel caso di ponti e viadotti è stata individuata in due anni, mentre è di tre per le gallerie.
Per la manutenzione di ponti e viadotti, Anas ha fissato in 50 milioni di euro il valore di ognuno dei cinque lotti in cui è stato suddiviso il territorio nazionale. Il bando per le gallerie, invece, ha previsto due lotti dal valore di 65 milioni di euro l’uno e ha riguardato solo il Nord Italia. La gara è stata indetta a fine 2022 e le buste sono state aperte nei primi mesi del 2023: in cima alla graduatoria, in entrambe le gare, si è piazzata Renova Red.
Il 26 luglio, poco meno di due mesi dopo la proposta di aggiudicazione, accade un colpo di scena: Anas esclude Renova Red dalla gara. Il motivo, però, non sta nelle porte girevoli, nonostante la norma prevista dalla legge Severino sia citata anche nel documento sulle misure per la prevenzione della corruzione adottate da Anas, Renova viene esclusa per motivi legati a problemi con le dichiarazioni relative al subappalto delle opere. Una necessità, questa, che come si legge nel provvedimento di revoca è connessa al fatto che «l’impresa non possiede alcuna qualificazione Soa (società organismo di attestazione, ndr) nelle categorie di lavori a base di gara». La situazione, tuttavia, si è ribaltata proprio oggi: il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dalla società di Battisti, che così torna a essere l’aggiudicataria dei lavori.
Nel provvedimento di revoca, Anas aveva specificato di avere rilevato anche la mancata comunicazione di alcuni carichi pendenti da parte di un amministratore e di un socio dell’impresa ma di avere deciso di «soprassedere» per evitare di prolungare ulteriormente i tempi di sottoscrizione dei contratti per via del contraddittorio che ne sarebbe derivato. Adesso, però, dopo la sentenza del Tar, bisognerà capire se tali questioni verranno riprese in considerazione da Anas. Il pronunciamento del tribunale amministrativo del Lazio rimette al centro dell’attenzione la mancata contestazione del pantouflage, che se riconosciuto, oltre a implicare la perdita dei due affidamenti da circa un centinaio di milioni di euro, impedirebbe a Renova Red di contrattare con Anas per tre anni.
«Avere il potere di affidare incarichi dirigenziali e promozioni – commenta il professore Vannucci – crea reti di relazioni forti, e ciò accade anche nel caso in cui tali affidamenti siano frutto di valutazioni oggettive e non celino favoritismi. Ciò, però, rischia di creare anche debiti di gratitudine ed è per questo che una disciplina come quella sul pantouflage diventa essenziale, in quanto – sottolinea – ha l’obiettivo di rendere impossibile che tali rapporti possano un giorno essere usati come merce di scambio, nel momento, per esempio, in cui ci si ritrova davanti, come manager di una società privata, colui che un tempo era stato il proprio superiore».
Contattata prima del pronunciamento del Tar da IrpiMedia per capire come mai il pantouflage fosse passato inosservato, Anas si era limitata ad affermare che «la questione (la gara, ndr) è oggetto di contenzioso davanti al Tar: in questa fase Anas, di conseguenza, non assume posizioni ufficiali nel pieno rispetto del lavoro dell’autorità giudiziaria».
L’assegnazione della gara di FerrovieNord in Lombardia
In Lombardia, Ferrovie dello Stato possiede il 14,74% di Ferrovie Nord Milano Spa (Fnm). È il secondo azionista, dopo Regione Lombardia. A luglio 2023, due anni dopo la fine del mandato in FS e un anno prima della conclusione del “periodo di raffreddamento”, Battisti e la sua Renova Red hanno vinto la gara per H2iseO Hydrogen Valley. Il progetto darà vita a una “valle dell’idrogeno”, un ecosistema integrato su base regionale dove si produce e consuma idrogeno per produzione industriale e mobilità pubblica, lungo la linea Brescia-Iseo-Edolo, in occasione delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. Renova Red si è aggiudicato l’affare da 29 milioni e 668 mila euro presentandosi insieme al consorzio Appaltitalia.
«Se Battisti era amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, come può, a meno di tre anni dalla cessazione di tale carica, diventare presidente del Cda di Renova Red Spa, quando il capitale azionario del Gruppo Fnm – cui appartiene la società appaltante, FerrovieNord – è detenuto per il 14,74% dalle stesse Ferrovie dello Stato Italiane? – si chiede l’avvocata amministrativista Valeria Passeri, a cui IrpiMedia ha chiesto un commento – È un’evidente fattispecie di pantouflage».
Non è d’accordo FerrovieNord, secondo cui la posizione di Battisti in FS prima e in Renova poi non comporterebbe un caso di “porte girevoli”: «FerrovieNord non è una società soggetta al controllo, diretto o indiretto, di Ferrovie dello Stato Italiane», recita una nota di risposta. La società lombarda aggiunge che «Battisti non è un ex dipendente e/o amministratore della stazione appaltante (ma neppure, a tutto voler concedere, di altra società del gruppo Fnm)» quindi non avrebbe potuto avere alcuna influenza sull’aggiudicazione di Renova Red (i dettagli nel box).
In merito al primo punto, oltre alle parole dell’avvocata Passeri, va sottolineata la «doppia natura giuridica» del Gruppo FS, sia impresa pubblica sia soggetto privato, di cui si legge ad esempio negli annunci di lavoro di Ferrovie dello Stato. La stessa descrizione è riportata in decisioni e relazioni di organi pubblici come il Consiglio di Stato o la Corte dei conti (vedi box per i dettagli). Sul secondo punto, invece, va tenuto presente un principio generale: «Quando parliamo di poteri autoritativi – commenta il professore Vannucci – bisogna sempre considerare un piano formale e sostanziale nelle relazioni. Questo perché se è vero che a volte si svolgono ruoli che formalmente non assegnano poteri autoritativi, al contempo i soggetti in questione si muovono all’interno di reti relazionali che li mettono nelle condizioni di incidere comunque nei processi decisionali».
Negli anni in cui Battisti è stato ai vertici di FS, però, l’ex amministratore delegato ha più volte incontrato sia i vertici di Regione Lombardia sia il Gruppo Fnm per discutere il futuro delle società ferroviarie lombarde. Da parte di Renova Red, invece, non è arrivata nessuna risposta sulla valutazione o meno dei rischi che avrebbe potuto comportare la partecipazione alle gare bandite da Anas e FerrovieNord.
Quanto sono rari i casi di pantouflage? Le porte girevoli tra aziende pubbliche e private quanto condizionano l’assegnazione degli appalti? Per rispondere a questa domanda servirebbero i dati. A Merida, in Messico, nel 2003 è stata firmata la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione che all’articolo 61 stabilisce che «ciascuno Stato considera la possibilità di monitorare le proprie politiche e le attuali misure per combattere la corruzione e di valutare l’efficacia e l’efficienza delle stesse». Il principio è chiaro: in quanto fenomeno umano, anche la corruzione è soggetta a mutamenti che possono essere determinati da fattori di natura diversa. Non esistono però dati sui casi di “porte girevoli”: «Ogni caso di pantouflage accertato è a sé, e quindi non esiste un elenco di casi accertati o denunciati, con relative sanzioni». A rispondere così è stata Anac, l’autorità nazionale anticorruzione che per sua stessa ammissione, come si legge in una relazione al Parlamento inviata nel 2022, «è chiamata direttamente a vigilare sui casi di pantouflage».
Nello stesso documento inviato alla Camera, l’autorità presieduta da Giuseppe Busia afferma la necessità di ritoccare la norma in quanto «estremamente scarna e ciò crea evidenti difficoltà applicative». Nel mirino c’è il meccanismo delle sanzioni. «Attualmente esiste un automatismo, senza alcuna gradualità o valutazione di fattispecie diverse», si legge nella relazione. Per questo si suggeriscono modifiche «al fine di valutare l’elemento psicologico sotteso alla violazione del divieto» ma anche per graduare «il periodo di interdizione, ancorandolo ad elementi oggettivi valutabili caso per caso».
«In Italia si è ancora indietro nella gestione dei big data e questo riguarda in particolar modo il settore pubblico. Non stupisce che Anac non abbia idea di cosa sia stato fatto in questi anni sul fronte del contrasto al pantouflage – commenta il professor Vannucci -. Bisogna lavorare affinché le tante banche dati presenti siano in grado di comunicare tra loro, e questo nell’interesse anche dei singoli funzionari chiamati a effettuare i controlli amministrativi nel corso di una gara d’appalto».
Gli occhi dell’Ue e il nuovo codice degli appalti
A maggio la Commissione europea ha varato una direttiva sull’anticorruzione in cui si specifica che «disporre di norme aggiuntive efficaci sulla dichiarazione dei conflitti di interessi, sulle “porte girevoli” o sul finanziamento dei partiti politici può contribuire a evitare zone grigie e prevenire influenze indebite».
Il nuovo codice italiano degli appalti, in vigore da luglio, ha posto al centro il tema della «reciproca fiducia». L’articolo 2 riporta: «L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato».
Si tratta di un importante cambiamento di prospettiva rispetto al passato. «L’introduzione del principio della fiducia può rappresentare un aspetto positivo perché ci allontana dalla visione del funzionario come soggetto che è oberato da adempimenti formali che impediscono il raggiungimento degli obiettivi – commenta Vannucci -. Ma è necessario dotarsi di strumenti che consentano, a posteriori, di verificare la qualità del risultato, così da stabilire se il funzionario abbia esercitato i propri poteri per il conseguimento di interessi collettivi o se invece gli stessi siano stati sfruttati per favorire interessi privati. Insomma – conclude l’esperto – non può trattarsi di una fiducia cieca. E non avere dati su cui ragionare, come nel caso del pantouflage, spinge invece proprio in questa direzione».
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🔎 Il Pantouflage nei lavori pubblici: normativa, implicazioni e gestione 🎯 Una delle principali sfide nella gestione del pantouflage è la definizione di cosa costituisca un "rapporto diretto e significativo" tra la pubblica amministrazione e il soggetto privato
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PANTOUFLAGE DES FONCTIONNAIRES : UNE DIMENSION SANS ÉQUIVALENT DEPUIS 2017
AMPLEUR INÉDITE DEPUIS L’ARRIVÉE AU POUVOIR DE M. MACRON Hauts fonctionnaires : “Le pantouflage a pris une ampleur inédite depuis que Macron est au pouvoir” c’est ce que démontre Vincent Jauvert dans son livre “Les Voraces”. Un de nos contributeurs a souhaité que nous parlions de cet ouvrage, car ce phénomène n’a cessé de s’amplifier depuis 2020. Journaliste à “l’Obs”, Vincent Jauvert a…
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Nous sommes dans un pays qui met en construction chaque année environ deux logements pour chaque habitant supplémentaire. Mais apparemment, ce n’est pas suffisant pour Véronique Bédague, éminente représentante du pantouflage de la haute fonction publique, passant du cabinet de Laurent Fabius, à la Mairie de Paris, pour finalement se retrouver PDG de Nexity, et qui vient, dans un grand oral cynique défendre le bout de gras des promoteurs sur les ondes publiques. Déjà, on trouvera l’astuce syntaxique qui consiste à confondre crise du logement et crise de l’immobilier particulièrement mal venue. Quelles sont les raisons invoquées par Madame Bédague ? Comme il y a moins de neuf, il y a moins de stock… Elle est bien pratique cette rhétorique monocausale qui permet de continuer le business as usual. Il faudrait donc éternellement construire plus, plus vite, moins cher, et nourrir une sorte de Sisyphe glouton métropolitain en espérant s’en mettre plein les fouilles au passage, en faisant fi de toute problématique environnementale. Selon le schéma de Madame Bédague, la métropolisation n’est pas un sujet, c’est un fait inéluctable, l’aménagement du territoire, une vieille lune, et il faut laisser les mains invisibles de l’offre et de la demande réguler ce bon vieux marché de l’immobilier. Rien dans son allocution en revanche sur le décalage toujours plus grand entre les prix de l’immobilier et les revenus des ménages. Or ce sont les promoteurs qui proposent aux vendeurs les prix d’achat des terrains, et ce sont donc eux, et eux seuls, qui font le marché. Ils entretiennent donc leur propre bulle spéculative, en creusant tous les jours leur propre tombe. Dieu se rit des hommes qui déplorent les effets dont ils chérissent les causes. Mais ce qui est absolument insupportable, c’est ce chantage social au travail dans le secteur du BTP : nous avons un défi colossal devant nous, qui consiste à rénover correctement les logements et le parc tertiaire existant afin de respecter nos engagements en matières de réduction d’émission de gaz à effet de serre. Cette tâche implique non seulement des plans de formations, mais un recrutement de main-d’œuvre très importants. Mais c’est assez peu compatible avec les plans d’embauche d’ouvrier non qualifié et interchangeable prévue par les majors du BTP, et la promotion immobilière qui doivent bien y dégager quelques marges. La semaine prochaine sur les ondes de la radio publique, le PDG de Philip Morris viendra nous parler de Santé Publique.
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Null’altro che la moda italiana di copiare espressioni straniere per esprimere concetti nazionali: come ci dice il dizionario Garzanti della Lingua italiana, dicesi “pantouflage” il “passaggio di alti funzionari statali a ditte private”. Questa pratica è stata limitata con la Legge 190/2012 che, con una modifica all’articolo 53 del D.lgs 165/2001 (inserendo il comma 16 ter) , dispone: “I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attivita’ lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attivita’ della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed e’ fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti”. #pantouflage #revolvingdoors (presso Villa Niscemi) https://www.instagram.com/p/Bj9SghUARIr/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=6u50q2o2yvhl
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Le rapport de la commission d’enquête sénatoriale sur l’emprise croissante des cabinets de conseil privés sur le déploiement des missions de l’État français a été rendu public ce 17 mars, à l’issue de quatre mois d’investigations et d’auditions. Son titre annonce la couleur : « Un phénomène tentaculaire : l'influence croissante des cabinets de conseil sur les politiques publiques ». Les sénateurs y soulignent « l’influence avérée » des cabinets de conseil sur les décisions publiques, le coût exorbitant des prestations pour des résultats parfois jugés médiocres, ou encore le « pantouflage » bien réel et les risques de conflits d’intérêts. Face à ce phénomène qui s’exerce sur « des pans entiers des politiques publiques », ce rapport « soulève deux principales questions : notre vision de l’État et de sa souveraineté face à des cabinets privés, d’une part, et la bonne utilisation des deniers publics, d’autre part », écrivent le président de la commission, Arnaud Bazin (LR) et la rapporteure Éliane Assassi (CRCE). Le cabinet de conseil américain McKinsey est également accusé d’évasion fiscale alors qu’il avait prétendu le contraire sous serment lors d’une précédente audition en janvier...
Le rapport :
http://www.senat.fr/rap/r21-578-2/r21-578-21.pdf
La suite de l'article :
https://www.francesoir.fr/politique-france/cabinets-de-conseil-la-commission-denquete-alerte-sur-les-conflits-dinterets
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Dei biglietti acquistati per far assistere gratuitamente alle partite esponenti politici del Partito democratico tutti sapevano, ma nessuno dei vertici di Iren Spa, la partecipata di Reggio Emilia al centro dello scandalo, volle intervenire.
Bocche cucite, gente che faceva orecchie da mercante, irregolarità sottaciute: è quanto risulta dall'esposto che il vice presidente del consiglio di amministrazione della società ha inoltrato alla Consob nell'aprile dello scorso anno.
Nel documento si racconta come Cesare Beggi, ovvero l'incaricato di tenere i rapporti con le pubbliche amministrazioni, fosse stato assunto con contratto di somministrazione in violazione dell'articolo 53 comma 16 ter della legge 190/2012 (cosiddetto divieto di pantouflage) che vieta, appunto, l'assunzione prima dei tre anni dalla cessazione del rapporto di pubblico impegno. Era lui che con l'amministratore delegato Massimiliano Bianco si occupava dell'acquisto dei biglietti.
L'allora vicepresidente Iren Ettore Rocchi pose la questione al Consiglio di amministrazione, ma come si legge nell'esposto, «a seguito dell'attività di segnalazione degli episodi e criticità, tuttavia, si registrò - in modo reiterato - una sostanziale riluttanza o addirittura un espresso rifiuto del presidente, dell'Amministratore Delegato e di taluni dirigenti a dar corso alle indicazioni di due organi di controllo e vigilanza interna». Rocchi consigliò di rivolgersi all'Anac e richiese un Audit di carattere straordinario da cui emerse «una criticità a proposito di Beggi, già esponente politico di rilievo provinciale del territorio di Reggio Emilia e già sindaco, fino all'anno 2009, del Comune di Quattro Castella (RE)». Iren chiese un parere a studi legali esterni. Tuttavia, «in considerazione sia delle particolarità del caso in esame, legate al ruolo non agevolmente inquadrabile rivestito dal Beggi dipendente comunale collocato fuori ruolo per lo svolgimento presso la società partecipata di un incarico sostanzialmente fiduciario, esercitato (anche) nell'interesse di alcuni comuni soci , sia, appunto, dell'interpretazione particolarmente estensiva fornita dall'Autorità anticorruzione e dalla prima giurisprudenza anche in ordine al tipo di poteri esercitati dall'ex dipendente, si ritenne opportuno suggerire una veloce risoluzione». In sostanza, fu messo tutto a tacere. Fino a quel momento Beggi aveva, per conto di Iren, acquistato abbonamenti e biglietti che prevedevano alcuni benefits tra cui cena prima della gara e parcheggio riservato, per politici quasi tutti in area Pd tra i quali il presidente della Regione Emilia Romagna, oggi di nuovo candidato col Pd, Stefano Bonaccini, l'allora segretario alla presidenza della Regione e oggi parlamentare Pd Andrea Rossi, l'assessore alla protezione civile della Regione Leonardo Palumbo, l'ex sindaco di Genova Marco Doria, l'ex sindaco di Piacenza Paolo Dosi, l'ex assessore al Welfare del Comune di Piacenza Stefano Cugini, l'ex assessore allo sviluppo economico dello stesso Comune Francesco Timpano, l'allora presidente della provincia di Reggio Emilia Gian Maria Manghi e molti altri. Di particolare rilievo l'acquisto di 6 biglietti con benefits al costo totale di 46.800 euro. Tra gli invitati alle partite della Juventus molti anche coloro che figuravano come «agente/fornitore».
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Derrière la suppression de l’ENA, Emmanuel Macron est en train de réformer tous les grands corps de l’État. Les corps d’inspection et leur indépendance sont menacés. Le pantouflage et le poids des réseaux pourraient être renforcés.
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Coronavirus #2 - Y a-t-il un problème avec la presse belge francophone ?
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Hier, le 15 avril 2020, le Conseil national de sécurité s’est réuni, présidé par la Première ministre Sophie Wilmès. À l’issue de la réunion, une conférence de presse a eu lieu.
Lors de cette conférence de presse, entre deux questions sur l’évolution des mesures de confinement, une question et la réponse qu’elle a appelée, ont défrayé la chronique:
Alexandre Penasse, rédac’ chef de Kairos, interroge la Première ministre sur les possibles conflits d’intérêts quant aux décisions prises face à la pandémie, compte tenu de la composition du groupe chargé de penser le déconfinement.
Si on s’intéresse à l’épisode seul, force est de reconnaître que c’est plutôt réjouissant: on peut y entendre un journaliste poser la question, vraiment dérangeante pour le coup, des accointances du pouvoir politique avec la finance et du caractère antidémocratique de ces manœuvres, tandis que Sophie Wilmès, en bonne libérale pur jus, nous sert une réponse de libérale pur jus, à base de liberté individuelle, de confiance en les élections, avec une pointe de déni de toute possibilité de pantouflage (”ils ne donnent que des conseils”; ”ces décisions sont prises par le politique”), tandis que les experts dont les intérêts sont questionnés sont érigés en héros altruistes (ben oui, ils bossent gratis, dis !)
Mais si on replace les choses dans le contexte plus large de l’état de la presse en Belgique, il y a nettement moins matière à se réjouir.
Cet épisode, et les réactions qu’il suscite, met en lumière un problème fondamental de la presse en Belgique: au plat pays, le journalisme d’investigation est effroyablement mou du genou. Questions à la Une sur la RTBF (service public) n’a pour ainsi dire aucun retentissement majeur, tandis que les enquêtes les plus retentissantes relayées par les médias généralistes sont celles... de Test-Achats.
Notons que j’exclus ici la situation néerlandophone, dont je ne connais pas les détails (essentiellement parce que je ne pète pas un mot de flamand), mais pour ce qui est du côté francophone, peut-être la langue commune avec nos voisins français nous fait oublier qu’il n’existe pas de média posant ce genre de question à nos politiques. Il n’y a pas d’équivalent belge francophone au Canard Enchaîné, ou à Mediapart, qui, comme le souligne Thibault Scohier sur Facebook, impose ces questions régulièrement au débat public.
C’est d’ailleurs ce trou béant dans l’offre journalistique qui a laissé à Alexandre Penasse le loisir de monter au créneau, et ainsi de s’offrir une publicité que, très honnêtement, il ne mérite pas. Je ne vais pas m’étendre en long en large et en travers sur les propos et la démarche franchement limite de cet énergumène notoirement homophobe, transphobe et misogyne, tranquillement antisémite, tout à fait à l’aise avec les politiques d’Al-Assad, antivax, et plus largement complotiste. Je vous renvoie à la lecture du post de Thibault Scohier déjà cité ci-dessus, ou à la lecture de n’importe quel article de Kairos.be sur ces sujets si vous voulez plus de détails.
Bref, vu son pedigree, Alexandre Penasse est un joyeux confusionniste de plus, chez qui on trouve donc logiquement à boire et à manger, quelques fulgurances, mais aussi et surtout un bon gros monceau de merde.
Mais comme je le disais, je n’écris pas aujourd’hui pour (re)dresser la liste des saloperies diffusées par Kairos, qui est depuis aujourd’hui (et c’est une bonne chose) facilement trouvable, mais pour réfléchir aux conséquences de cette absence d’un organe de presse rigoureux qui s’intéresse à ces questions, et notamment les conséquences sur les prises de position de divers militant-es de gauche (radicale, pour la plupart, mais pas que) wallon-nes.
En l’espace de 24 heures, j’ai vu un camarade syndicaliste partager avec enthousiasme l’intervention de M. Penasse, pour ensuite se rétracter et faire son mea culpa pour avoir donné de la visibilité à ce type et à son média, j’ai vu une connaissance l’appeler “mon héros” pour avoir mis sur la table ces questions face à la Première ministre, et j’ai vu d’innombrables commentaires, qui allaient dans tous les sens, de la mise au pilori au portage aux nues, en passant par la remise en question de l’utilité de mettre en lumière le travail passé du bonhomme.
Sans avoir ici la prétention de détenir une quelconque forme de vérité révélée, ou de m’improviser moralisateur, j’ai eu envie de partager quelques réflexions personnelles sur cette histoire:
Sur la question posée à Sophie Wilmès
Cette question était plus que bienvenue. J’en parlais déjà dans mon introduction, et je le redis: cette question DOIT être posée. Mieux, la question en elle-même ne pouvait pas être mieux posée. Le choix des mots, le rappel du caractère antidémocratique de la situation, sur ce coup-là (mais juste sur ce coup-là), Alexandre Penasse a tout bon (bon, à la rigueur, le truc sur la 5G, c’était pas utile). Si cet épisode peut conscientiser la population à la question du conflit d’intérêts en politique, et aux liens étroits entre le monde politique (public) et le secteur privé, alors c’est indiscutablement une bonne nouvelle. Et on peut se réjouir que cela fonctionne, puisqu’il semblerait bien que cette question ait appris l’existence du pantouflage aux moins politisé-es d’entre nous, et on ne peut qu’espérer que cette question du copinage public-privé devienne récurrente dans le débat public.
Sur l’érection en héros populaire d’Alexandre Penasse
Je suis nettement moins enthousiaste. Nous avons tous-tes, à des degrés différents, une appétence pour les figures providentielles, de surcroît dans des périodes troubles comme celle-ci (l’engouement autour de la figure de Didier Raoult en est une autre manifestation, soit dit en passant). Si je suis prêt à saluer la démarche de M. Penasse dans le cas précis et spécifique de cette conférence de presse, je me garde de l’ériger en parangon de la presse d’investigation. Je vois ça et là quelques lecteur-ices de longue date de Kairos se féliciter d’être des lecteur-ices fidèles, en plein biais de confirmation, s’autocongratuler d’avoir vu et su avant tout le monde que ce journal, en la personne de son rédac’chef, valait quelque chose.
Sachons raison garder. Si M. Penasse tape dans le mille avec ses questionnements sur les conflits d’intérêts en ces temps de pandémie, peut-être n’est-ce pas le cas sur d’autres sujets. En l’occurrence, ses antécédents notoires sur des sujets tels que la vaccination, l’anti-impérialisme, le féminisme ou la transidentité suffisent à m’amener à le qualifier de charlot (comme quoi même les charlots tapent dans le mille une fois de temps en temps).
Le fait est que Kairos a tout de la revue confusionniste. J’ai déjà par le passé parlé brièvement de ce phénomène, complexe s’il en est, qui consiste à voir des personnes faire un gloubiboulga d’opinions diverses et variées issues d’un peu partout, de l’extrême-droite à l’extrême-gauche, en passant par le rouge-brun, pourvu que ce soit “anti-système”. Le risque de ce genre de pratique est de voir la confusion idéologique se répandre davantage, ce qui est rarement une bonne nouvelle, puisque, l’Histoire nous l’a appris, la confusion idéologique sert surtout... l’extrême-droite. Quelques liens pour en savoir plus sur le confusionnisme: (1) (2) (3) (4) (5)
Aujourd’hui comme demain, gardons-nous de nous découvrir idolâtres. Soyons iconoclastes, en tout temps.
Sur notre rapport à la presse
Il est amusant que les premiers mots de la réponse de Sophie Wilmès à la question d’Alexandre Penasse aient été “[...] vous venez d’introduire dans cette salle de presse la question biaisée politiquement, ce qui en général n’est pas l’habitude des journalistes. Soit. [...]”. C’est amusant car c’est une caractéristique du libéralisme que de se prétendre exempt de toute forme d’idéologie, alors même que le libéralisme est précisément une idéologie. C’est d’autant plus cocasse que la Première ministre embraye ensuite sur un peu moins de 2 minutes d’idéologie libérale à fond les ballons (pardon, elle embraye sur “un peu moins de 2 minutes de réponse biaisée politiquement”).
Tout ça pour dire que trouver un propos qui ne soit pas “biaisé politiquement” dans un média d’information, c’est foutrement compliqué, tant et si bien qu’il est possible de se livrer à l’amusant exercice de classer les différents titres de presse sur les différents axes du spectre politique. Cet état des choses a une conséquence: nous sommes nettement moins critiques face à des informations qui nous parviennent par le biais de notre journal préféré. Pourtant, il n’est pas si difficile de se trouver en désaccord avec un article de ce même journal, nous en faisons tous-tes l’expérience (et c’est heureux).
C’est un lieu commun, mais on ne le répète jamais assez: il nous fait faire preuve de davantage d’esprit critique face à des messages avec lesquels nous sommes d’accord, plus encore que face à ceux avec lesquels nous sommes en désaccord.
Et cet exercice sera d’autant plus important dans le futur, car il y a fort à parier que Kairos va bénéficier d’un conséquent boost de visibilité. Mon avis personnel est que la revue Kairos ne devrait pas gagner en visibilité, compte tenu des énormités infâmes qu’elle rapporte, mais à défaut de convaincre qui que ce soit à ce sujet, je me permets tout de même d’appeler au moins à un fort esprit critique en la matière, tant les propos tenus dans ces colonnes sont parfois nauséabonds.
Sur la santé de la presse francophone belge.
La presse belge francophone n’est pas intéressante. Qu'il s’agisse de papier ou de numérique, de texte, d’audio ou de vidéo, la presse en Belgique, c’est chiant. Préférer l’un ou l’autre titre revient surtout à choisir la quantité de faits divers dont nous aurons connaissance. La presse, qu’il s’agisse du service public ou d’organismes privés, est anxiogène et définitivement au service du pouvoir.
Le vide abyssal est tel qu’aujourd’hui, à la faveur d’un accès à une conférence de presse, un homme comme Alexandre Penasse peut occuper à lui seul toute la largeur du créneau journalistique quant à la question des conflits d’intérêts.
La situation est si peu réjouissante, et la presse d’ordinaire si vide et si convenue qu’aujourd’hui, une revue rouge-brune peut, en l’espace de 24h, devenir (apparemment) un incontournable du journalisme.
Ce n’est pas une bonne nouvelle. Car dans un contexte où les médias sont de plus en plus décriés et boudés par la population, précisément parce qu’ils sont réduits à l’état d’outil de communication des puissants, on peut déplorer qu’une revue jouant à fond la carte de l’”anti-système” s’impose comme une solution, surtout quand “anti-système” se traduit ici par “n’importe quoi, pourvu que ça fasse chier le gouvernement, et tant pis si c’est le fond de la poubelle”.
Sans être journaliste, on ne peut qu’appeler de nos vœux que l’intervention d’Alexandre Penasse nous fasse prendre conscience qu’une information de qualité est un impératif pour un processus démocratique sain et fonctionnel. Il nous faut nous rappeler que la presse peut (ou doit ?) constituer un contre-pouvoir, avant d’être un outil de communication pour celleux qui le détiennent déjà. On peut même espérer davantage et oser rêver que cela secoue l’un-e ou l’autre journaliste...
Peut-on se réjouir qu’un journaliste ait posé cette question à Sophie Wilmès en ces termes ?
Oui.
Doit-on prendre en compte la teneur de ses propos, la ligne éditoriale de sa revue, ses références intellectuelles et ce qu’implique de donner de la visibilité à un tel personnage ?
Oui. Mille fois Oui.
Souhaite-t-on que la revue Kairos devienne une référence en matière de réflexion politique ?
J’espère que non.
Est-il urgent de réclamer une presse qui soit moins au service du pouvoir en place et d’intérêts privés ?
Oui.
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LA CASTE, MAIN BASSE SUR L'ÉTAT - LAURENT MAUDUIT
Diffusé le 24 sept. 2018
#laurent maduit#caste#hauts fonctionnaires#pantouflage#rétropantouflage#privatisation#service public#ena#macron#oligarchie#ultralibéral#autoritarisme#rotchshild#banques#intérêts privés#finance#démocratie#lemediatv
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Conflits d’intérêts dans la plus haute administration française
Conflits d’intérêts dans la plus haute administration française
Basta ! http://www.bastamag.net Basta ! et Alternatives Economiques publient une enquête exclusive sur les pratiques de pantouflage au sein de l’Inspection générale des finances (IGF), qui montre que plus d’un tiers de ces hauts fonctionnaires travaillent ou ont travaillé pour le secteur bancaire. Emmanuel Macron a promis de lutter contre les conflits d’intérêts. Au sein de la haute…
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🔄 Divieto di pantouflage: arrivano le nuove Linee Guida #ANAC
🔎 Lo schema sarà in consultazione fino al 10 maggio
👉 Si chiariscono alcuni aspetti normativi e sanzionatori
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