#nuovo capitolo
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Buongiorno Tumblr ☺️
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omarfor-orchestra · 2 years ago
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Se Damiano fa prisma2 sul serio raga 💀
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primepaginequotidiani · 7 months ago
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PRIMA PAGINA Il Riformista di Oggi martedì, 30 luglio 2024
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aleximustd13 · 1 year ago
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Some love for you, stronzo <3
MA 🥹🥹🥹🥹
Thank u ale, ily 😭😭😭🩷🩷🩷
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fashionbooksmilano · 1 month ago
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Armani
testo di Richard de Combray
introduzione di Arturo Carlo Quintavalle , Postace di Anna Piaggi
edizione a cura di Gini Alhadeff e Graziella Buccellati Piaggi
Franco Maria Ricci, Milano 1982, 224 pagine, 25x37cm, con cofanetto, ISBN 88 216-25931, 6000 copie numerate , copia n.2010
euro 1400,00
email if you want to buy [email protected]
Il libro raccoglie in 121 disegni le creazioni di Giorgio Armani, seguendo l’evoluzione di questo grande astro dello stile. Lo scrittore Richard de Combray ne traccia l’itinerario umano e professionale.
La prima collezione ufficiale di Giorgio Armani, con la sua “griffe”, nel 1975, ha segnato un nuovo capitolo nel modo di vestire contemporaneo e oppone allo stile romantico del periodo un nuovo “tailoring” contemporaneo. Mentre da un lato George Sand ritornava alla ribalta, dall’altro, come omaggio al suo stile “coraggioso”, l’uomo riprendeva, per un momento, una sua storica flamboyance. Questo volume presenta una ricca selezione delle sue invenzioni di stile, raccogliendo disegni nei quali la posa frontale dei figurini è abolita, e abolita è anche la costruzione articolata del corpo secondo modelli proporzionali un tempo accademici, e quindi, a seconda dei tempi, riprogettata secondo formule diverse: figure allungate, figure slanciatissime, figure senza seno e senza natiche oppure con sento e natiche accentuate. Attraverso queste prove grafiche sarà evidente come Armani lasci per strada il rituale stereotipo della “recita di moda” per intraprendere una via personalissima e originale.
01/01/25
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ragazzadalsorrisonero · 5 months ago
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[...]
«ho raccontato di te, il mio primo amore, al mio vero amore» dissi di punto in bianco.
si girò di scatto a guardarmi, il bicchiere di vino quasi cadde dalle sue mani tremanti, eppure non pensavo che tale frase avesse potuto portare così tanto stupore.
«mi odia?» i suoi occhi vacillarono per una frazione di secondo.
«no, ti ringrazia» dissi sorridendo.
«perchè mai?» stupore e curiosità nel suo sguardo fecero capolinea.
«non sarei la donna che sono adesso grazie a te» ed era veramente così.
chissà se mai avesse pensato a quanto la nostra cosiddetta “prima storia d'amore”, ci avesse cambiato cosi tanto nel corso degli anni, portandoci a quelli che siamo ora.
«sono felice che tu abbia trovato la tua persona, ti brillano gli occhi quando sei con lui o semplicemente parli di lui. e poi vedo come ti guarda, come se fossi la sua luce. ti merita davvero» fece un cenno al soggiorno indicando il mio compagno, nel mentre quest'ultimo giocava con i bambini dell'uomo di cui un tempo, da ragazzina, ero innamorata.
«lo so, per questo lo amo» risposi in tutta sincerità e trasparenza.
se dovessi dire il nome dell'amore, come ci si sente ad essere amati, ma soprattutto amare, direi il nome del mio compagno senza esitazione.
«perchè hai raccontato di me, la persona che ti ha fatto solo stare male?»
«se tu incontrassi una persona in grado di mettere a posto pezzi di un puzzle messi in disordine da qualcun altro, credi davvero che le importerebbe soltanto di comporre il puzzle? o che soltanto ci provasse? o che addirittura si fermi un attimo ad osservare il tavolo in cui sono cosparsi tutti i pezzi, solo per cercare di capire perché lasciare tutto lì senza nemmeno averlo finito?» ammetto che come paragone non aveva alcun senso, eppure un filo logico dietro tutto ciò era ben evidente.
«per i puzzle con tanti pezzi ci vogliono ore ad assemblarlo»
«esatto, così come il cuore rotto di una persona»
«perchè mi stai dicendo tutto questo?» sembrava ferito, o forse semplicemente si rese conto delle mie parole e ciò che intendessi dire.
«per ringraziarti. per dirti quanto mi hai fatto bene, ma allo stesso tempo tanto male. per ringraziarti di avermi fatto capire cosa voglio, ma soprattutto cosa merito. per dirti che sono diventata forte, e non sono più l'ingenua di un tempo»
«se questo nostro amore ti ha reso una persona migliore nonostante il dolore, sono davvero felice che tu stia bene. questo è l'importante»
[...]
«grazie per la cena, è stata davvero una bellissima serata. e soprattutto ringrazia tua moglie, le sue doti culinarie sono strepitose»
«grazie a te di essere venuta, era da un po' che non chiacchieravamo come ai vecchi tempi»
il primo e ultimo abbraccio dopo sette anni di puro silenzio.
un capitolo chiuso.
un nuovo capitolo da scrivere.
ecco il potere del primo amore, farti crescere e capire che il vero amore deve ancora arrivare.
[...]
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raccontidialiantis · 1 month ago
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Lo so che cosa vuoi
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Siamo qui in vacanza insieme in questo villaggio turistico; siamo un bel gruppetto di colleghi e amici. E poi c'è Nadia; lei è un capitolo a parte. Questa giovane donna è la bellissima e fresca sposa del mio collega Carlo. Lui è innamorato pazzo. Probabilmente lo ama anche lei, sebbene sia comunque una tipa abbastanza “aperta”, lo so per certo. L'ho capito subito due anni fa, quando me l'ha presentata come fosse la luce dei suoi occhi.
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Poi, restati soli io e lei vicino alla portafinestra del locale dove per l'appunto festeggiavano il loro fidanzamento ufficiale, con una scusa mi ha portato nel vasto giardino. Nel capanno degli attrezzi mi ha praticamente spinto dentro e con evidente esperienza, rapida mi ha slacciato i pantaloni, s'è chinata e mi ha regalato un bacio intimo che al solo ricordo chiudo gli occhi e ne gusto di nuovo ogni secondo. Eh, Nadia, Nadia… Adesso è evidente che qui e ora tu vorresti di più, ma sei sposata con lui. Cerco di evitarti.
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Non so però quanto resisterò ai tuoi sguardi, alle tue richieste abbastanza esplicite: la donna più attraente per un uomo è quella che gli fa chiaramente capire la propria disponibilità. Se poi ha pure quindici anni meno di lui... Sai che sono un maschio di sani appetiti. Separato da poco, per giunta. E purtroppo non sono insensibile alle tue armi di seduzione, al tuo bellissimo corpo. E chi lo sarebbe, con quel culo tondo…
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Tra l'altro, da quella sera mi sei entrata nel cervello e il gusto del proibito, dell'immorale, del non si fa, aggiunge molto sale sulla ferita ben viva del mio desiderio per il tuo corpo. Vedremo. Parlo da solo: no, scemo! Certo che comunque sei bellissima. Ehi: ho detto di no! Ma dai… a chi la voglio raccontare! Mi piacerebbe tantissimo gustare i sapori intimi che hai: dappertutto. Amerei molto odorarti, toccarti ovunque, profanarti, sentirti muovere e godere sotto di me. E poi farti felice; vederti ridere mentre ti faccio toccare le vette dell'orgasmo e quando vieni urlando… Noooo: ho detto di no, va bene? Che idiota che sei…
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"Ciao, bello: che fai?"
"Stavo pensando di scendere in spiaggia…"
"Anche io: però da sola, purtroppo! Carlo è sul letto con due linee di febbre"
"Ah, mi spiace! Allora, andiamo?"
"Si. Hai visto che lì prima del paese c'è anche la pineta ombreggiata? Sarà una bella mattinata. Andiamo prima a farci un giretto con la tua macchina? Dovrei far due compere nel paese vicino… poi magari torniamo in spiaggia…"
"Certo: sarà letteralmente un piacere, lo sai. Sei molto bella, stamattina…"
"Scemo! Ma dimmi la verità: io ti piaccio veramente? Non lo dici solo per cortesia?"
"Vieni qui, bambolina: ora andiamo in camera mia. Tu vuoi giocare, stamattina. Ma con me si va fino in fondo, sai?"
"Non chiedo altro..."
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RDA
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kakashi-fangirl-ita-blog · 11 days ago
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Mi sono appena resa conto che gli Spamano nella mia fanfiction Neve Rosso Sangue sono letteralmente Not Sorry For Loving You di Epic (soprattutto dopo la scena del capitolo 15 rip)
Mentre i FrUK sono Would You Fall In Love With Me Again (quando e se si incontreranno di nuovo... eh)
Chissà invece i Gerita
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jadarnr · 26 days ago
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TRINITY BLOOD
RAGE AGAINST THE MOONS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol.1 - From the Empire
WITCH HUNT - CAPITOLO SEI
Traduzione italiana di jadarnr dai volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il suo prezioso contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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“Ah! Quelli del Vaticano sono proprio dei buoni a nulla!” Esclamò la vampira, liberandosi dei vestiti da suora.
Mireille Manson sogghignò fra sé e sé, lasciando intravedere le punte delle sue zanne.
Non era una risata cattiva, solo amaramente ironica.
“Finalmente ti ho trovato, mostriciattolo. O dovrei dire 'piacere di conoscerti'?” Ringhiò.
“Che ne dice di saltare i convenevoli, signora ” Eris rispose in modo distaccato.
Anche con le mani ammanettate e il suo piccolo corpo legato da catene, Eris non sembrava essersi persa d'animo. Rivolgendosi alla vampira Mireille, che sollevò le sopracciglia al commento della ragazzina impertinente che la chiamava “signora”, continuò a parlare in tono provocatorio:
“Comunque, ci saluteremo presto...... Quindi forse è meglio dirsi subito addio.”
“Addio? Non essere sciocca. L'ultima volta i miei tirapiedi hanno commesso un errore, ma questa volta non sarà così... Abbiamo scoperto molto tempo fa che non puoi usare il tuo potere senza toccare l'avversario.” Ribatté Mireille con un sorriso sprezzante.
“...Uh!”
Eris venne afferrata violentemente per la testa dai capelli dorati e fu costretta ad alzarsi in piedi. Un gemito di dolore le sfuggì dalle labbra quando le catene le graffiarono la pelle. Mireille fece scivolare le zanne sulla sua gola inarcata, sentendo con piacere le grida della ragazzina.
“Hai un viso molto carino, ma in realtà sei un mostro terrificante... Ma ora potremo fare felici quelli del Rosenkreuz Orden. Noi Fleurs du Mal potremo finalmente lasciare questo tugurio.”
“Rosen...Che?” Chiese Eris col suo solito tono impertinente.
Di cosa sta parlando? Ci sono altri vampiri oltre a questi? Pensò preoccupata mentre ascoltava le parole della vampira.
“Ci sono persone che vogliono davvero tanto conoscerti... Sono loro che ci hanno raccontato dell’orfanotrofio” Mireille rispose.
Eris iniziò veramente a preoccuparsi.
Quindi, fin dall'inizio, questi tizi mi stavano cercando.... Pensò, lasciando trasparire la rabbia e la frustrazione dal suo bel viso e gridando:
“Maledetti assassini! Siete stati voi ad uccidere tutti...!”
Mireille sorrise di nuovo sprezzante e continuò:
“Stai chiamando me assassina?”
Lei sa! Quell’affermazione attraversò i pensieri di Eris come un fulmine.
Gli occhi dorati del vampiro si stavano facendo beffe di lei.
Sapeva dei suoi genitori, del suo padre adottivo e dei ragazzi dell'orfanotrofio…
“Onestamente, signorina, nemmeno io sono alla tua altezza in quanto assassina. Non ti sei forse lasciata una montagna di morti ovunque sei stata? In confronto a questo, noi vampiri siamo praticamente dei santi.” La vampira sorrise, vedendo l'effetto che le sue parole avevano sulla ragazza.
“I-Io...” Eris cercò di ribattere, ma alla fine si morse il labbro e rimase in silenzio.
Sì, forse è naturale che venga chiamata mostro ── quell'abominevole 'potere' che toccava i cuori degli altri e li stravolgeva aveva disseminato disastri indipendentemente dalla sua volontà.
I suoi genitori non erano nemmeno stati i primi. La sua prima vittima era stata il prete che aveva tentato di violentarla nel suo villaggio natale: si era trafitto il petto con una croce tra le lacrime. Il doppio suicidio dei suoi genitori era stato dovuto alla disperazione provocata dallo scoprire il terrificante potere della figlia. Il suicidio del padre adottivo era stata autodifesa: aveva scoperto la capacità di Eris, aveva cercato di ucciderla con un fucile da caccia. Lottando disperatamente, Eris alla fine non aveva avuto scelta e aveva usato il suo potere ancora una volta. Il padre adottivo si era puntato il fucile da caccia alla testa. Ed infine, l'altra sera al rifugio...
Ma Dio mi è testimone, non volevo uccidere nessuno... Fu l'unico pensiero di Eris in mezzo alla disperazione.
“Non hai nessuno a cui chiedere aiuto.” Sussurrò velenosamente la vampira nell’orecchio di Eris, accorgendosi del conflitto della ragazza.
“Sei un mostro. Non sei né umana né come noi... Sei completamente sola.”
Eris distolse silenziosamente lo sguardo, con aria spaventata.
Intorno a lei c'era il buio totale ── sul treno che percorreva il tunnel c'erano solo Eris e una decina di vampiri armati che la circondavano. Inoltre, anche se fosse riuscita a fuggire da quel luogo, gli umani le avrebbero comunque dato la caccia.
“È vero, sono sola...” disse a se stessa.
Le spalle le tremavano per la disperazione, mentre gli occhi le si riempirono di lacrime. 
Ciò che dice questo vampiro è vero. Non ho nessuno... Per me, che sono un mostro, non c'è nessuno...
“I-io...” - balbettò nella sua disperazione.
“Eriiiiiiiiiiis!”
Fu allora che una voce familiare chiamò il suo nome.
“Chi diavolo è!?” Esclamò Mireille, voltandosi verso il finestrino.
Proprio accanto al treno che usciva dalla galleria, il prete con gli occhiali rotondi fluttuava nel cielo notturno. No, non era così, non stava fluttuando. Quella a cui era aggrappata era...
“Una nave da guerra aerea del Vaticano!”
Con curve eleganti e una croce romana chiaramente dipinta, un enorme dirigibile lungo più di trecento metri si era affiancato al treno senza farsi notare.
“SORELLA KATE! AVVICINATI, PER FAVORE!” Abel gridò.
Aggrappato a una corda che pendeva da una delle passerelle della nave, il sacerdote stava gridando qualcosa rivolgendosi verso l’alto.
“STO PER SALTARE! AVVICINATEVI DI PIÙ!” Continuò a gridare, lasciando Eris attonita. 
<Più di così è impossibile! Inoltre, padre Abel, è sicuro che si tratti di un affare ufficiale? Avete il permesso di Caterina, vero? Mi hanno chiamato all'improvviso e quando sono arrivata qui...> Una voce femminile risuonò nell'auricolare di Abel.
“SI' IL PERMESSO... LO OTTERRÒ PIÙ TARDI.” Rispose Abel, tagliando corto.
<Eh!? Che cosa ha detto? Mi é sembrato di sentire qualcosa di estremamente inappropriato!> La voce femminile risuonò di nuovo, questa volta in tono di esasperata disapprovazione.
“OK! LASCIA STARE, AVVICINATI... AH!?" Le grida di Abel furono interrotte.
La mano del prete, che stava sventolando mentre gridava, finì per scivolare. Purtroppo al momento sbagliato, la corda aveva ceduto a causa del forte vento, con il prete ancora attaccato ad essa, facendolo oscillare come un grande pendolo...
“A-ORA NOOOO... AAAAAAAAAAAAH!”
Ancora urlando volò nella carrozza insieme a diversi pezzi di vetro che andarono in frantumi quando la corda, che era stata andata avanti e indietro con il prete all'estremità, colpì direttamente il finestrino. Il corpo di Abel, lanciato dalla corda, si schiantò sul pavimento e poi proseguì, distruggendo due o tre sedili, prima di riuscire finalmente a fermarsi.
Persino i vampiri furono tanto storditi dalla scena da rimanere immobili. Poi Abel si rialzò dalle macerie, si sistemò la veste e parlò come se nulla fosse successo:
“Ah, pensavo davvero che sarei morto stavolta... oh, scusa se ti ho fatto aspettare Eris.”
“Padre...” Eris mosse le labbra, stupita, guardando il volto del sacerdote, che in qualche modo si stava rimettendo in sesto.
“Padre... perché?” mormorò.
“Non te l'avevo detto?” Abel sorrise, con un'espressione allegra sul viso pallido, ma le bende avvolte intorno alle spalle e alle cosce stavano lentamente diventando rosse. “Ti ho detto che sono dalla tua parte.” Disse con un sorriso allegro e affettuoso.
“... Sei davvero così coraggioso o sei solo un idiota?” Gridò Mireille, così un suono così acuto come di denti che stessero pulsando e graffiando i timpani.
La vampira conficcò nel muro i suoi artigli, ormai cresciuti di ben trenta centimetri.
Mentre torceva una lastra d'acciaio come fosse un pezzo di carta, fissò il volto dell'ospite indesiderato e disse:
“Morirai qui, cane del Vaticano! Sei pronto per essere torturato a morte, eh?!”
“Siete tutti dei Fleurs du Mal, vero? Siete in arresto perché sospettati di ottanta omicidi, furti di sangue e rapimenti di minori. Vi consiglio vivamente di disarmarvi e di arrendervi immediatamente.” Con serietà, il prete fece il suo avvertimento formale mentre si aggiustava gli occhiali. 
“Ah! Non dire sciocchezze! Cosa puoi fare da solo?” Mireille grugnì.
“Negativo - chi dice che è solo?”
Una voce fredda interruppe gli insulti della vampira.
Tutti guardarono in alto, ma era troppo tardi. Un attimo dopo, con un botto, il soffitto andò in frantumi e una pioggia di proiettili attraversò la spessa lastra d'acciaio.
I proiettili da 13 mm di diametro fecero a pezzi uno dopo l'altro i vampiri che non capivano cosa stesse succedendo. Schizzi di sangue e pezzi di carne lacerata volarono nell'aria.
“Impossibile! Vengono dal soffitto... Agh!”
Un giovane vampiro che aveva puntato il fucile verso l'alto si vide saltare via metà del busto. Appena sopra di lui, un'ombra balzò nella carrozza, sfondando il tetto. 
“Sparate! Sparate per uccidere!” Le voci dei vampiri risuonavano disperate.
”0,27 secondi in ritardo."
Rotolando tra le fitte linee di fuoco, Tres estrasse un altro M13 con la mano sinistra. Dalle estremità di entrambe le sue braccia tese ora uscivano ferro e fuoco senza tregua.
“Tres, non puoi ucciderli!” Abel gridò.
“Positivo... Ho molte cose da chiedere a questa gente .”
Nello stesso momento in cui Tres rispose, il fiume di pioggia d'acciaio si fermò... aveva finito i proiettili. Accortosi di ciò, un vampiro cercò di attaccarlo alle spalle.
”0,14 secondi in ritardo.” Tres calcolò senza nemmeno voltarsi.
Era una scena surreale. Tres agitò il polso ed il caricatore vuoto cadde dall'impugnatura della pistola. Nello stesso momento, un nuovo caricatore spuntò dalla manica con il suono di una molla che scattava e scivolò nell'impugnatura della pistola. Un istante dopo, tre colpi consecutivi vennero sparati verso l'alto ──. 
“Argh!"
Il vampiro fu impalato da una lastra di ferro che si staccò e cadde dal soffitto, bloccandolo a terra come una falena infilzata da uno spillo.
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Poi Tres si occupò di eliminare i nemici rimasti. In pochi secondi, quando l'ultima eco di urla e spari si spense all'interno della carrozza, ormai trasformata in un quadro astratto rosso, rimasero solo il prete con gli occhiali rotondi, la ragazza bionda e Gunslinger, che osservava il proprio lavoro con occhi come perle di vetro.
“Libero. Area di combattimento messa in sicurezza. Riscrittura del programma di attacco, dalla modalità ‘genocidio’ alla modalità ‘cerca e distruggi’... Rapporto sui danni, padre Nightroad."
“Sono vivo in qualche modo... credo. Tu stai bene, Eris?” Abel rispose, con un'aria un po' sconcertata.
“Sì... Ah, attenzione!” Eris gridò liberandosi dalle catene.
Un giovane vampiro che era sdraiato accanto a Tres si alzò improvvisamente. No, c'era qualcuno nascosto sotto di lui...
“Vai all'inferno, cane del Vaticano!” Mireille si alzò in piedi da dietro il corpo, urlando.
Gli artigli, di cui erano rimasti circa venti centimetri dopo aver trafitto il cuore del suo compagno, fendevano l'aria mentre attaccavano Tres. 
“Attento!”
Se Eris non lo avesse istintivamente spinto via, la vampira avrebbe aperto un grosso buco nel busto di Tres. Invece, gli artigli sfiorarono la spalla della ragazza ed andarono a conficcarsi nel muro.
Ancora a terra, Tres sollevò la canna della pistola, ma non fece in tempo. Ricevette un calcio feroce e l'M13 rotolò sul pavimento. 
“Sei in ritardo di 0,52 secondi!" Con un sorriso beffardo, Mireille estrasse gli artigli dal muro. Facendoli roteare in aria, li fece scendere verso Tres ed Eris, che era inginocchiata accanto a lui, come per proteggerlo.
Si udì un suono umido quando qualcosa trapassò il cuore della vampira.
“Ma cos—?” Gli occhi di Mireille si spalancarono.
“... Tres, porta via la ragazzina.” Disse Abel con fermezza. Mantenendo la mano che aveva trafitto il cuore di Mireille ferma dentro al corpo della vampira, il prete dagli occhiali rotondi incoraggiò il suo collega ad andare. Nel frattempo, Mireille cercava disperatamente di divincolarsi dalla presa, senza riuscirci. 
“Ma— Chi cazzo sei!?” Urlò mentre si contorceva.
“Sono un umano. Proprio come te e questa ragazza...” Abel rispose con calma.
Il prete si tolse gli occhiali rotondi e guardò il suo collega ed Eris con i suoi occhi blu. Sorrise un po' tristemente e disse:
“Tres, per favore, prenditi cura di lei.”
“Non avrai d intenzione di farlo, padre Nightroad?” Domandò Tres.
La sua voce, di solito priva di intonazione, sembrava avere una sottile nota di sorpresa. Alzò le sopracciglia mentre afferrava la spalla della ragazza che cercava di correre verso Abel e gli chiese di nuovo: 
“Va bene se questa ragazza assiste?”
“Sì...” Abel rispose con un tono di voce che trasmetteva tristezza.
Distogliendo lo sguardo dal collega, lo rivolse verso Eris e poi verso la propria mano, e poi disse:
“Se la situazione inizierà a sfuggire di mano, ti prego, conto su di te.”
“... Positivo.” Tres rispose con un cenno del capo.
“Padre!” Eris lo chiamò.
“Eris... devo dirti una cosa.” Mormorò Abel.
Flettendo le dita della mano con cui aveva trafitto il cuore, il sacerdote pronunciò queste parole lentamente ma chiaramente:
“Anch'io sono come te. Anche nel mio corpo giace dormiente un potere abominevole. E cerca sempre di divorare la mia anima...”
I suoi occhi, nello spazio di un secondo, cambiarono vividamente colore: dal blu di un tranquillo lago invernale al rosso vivo del sangue fresco. Poi proseguì:
“Ma non posso smettere di vivere. Non posso scappare dai peccati che devo pagare. Se morissi qui, sarei solo un mostro. Quindi, per essere un umano, vivrò con questo potere... Nano-macchine Crusnik-02: operatività autorizzata fino al limite del 40%. Attivazione.”
Si udì un suono secco all'interno della mano chiusa.
“No, non può essere!” Mireille emise un grido con voce acuta. I suoi artigli spezzati caddero a terra mentre cercava di indietreggiare. “Dannazione, sei un Metuselah?” Chiese tra i grugniti.
“Ti sbagli...” Disse il prete a bassa voce, inginocchiandosi. Il terreno che era stato tinto di rosso dal sangue dei vampiri ora stava cominciando a subire un terribile cambiamento.
Il liquido viscoso che si estendeva sul pavimento come un tappeto cremisi cominciò a muoversi come un'ameba. Il flusso del sangue formava vortici rossi e scompariva, come risucchiato al centro , dove si trovava la mano di Abel, appoggiata a terra.
“Ci hai pensato? Gli esseri umani mangiano bestiame e pollame. I vampiri succhiano il sangue di quegli umani... In questo caso, non è possibile che da qualche parte ci sia qualcosa che si nutre di sangue di vampiro?”
Pronunciò queste parole, mentre ogni goccia di sangue a terra era scomparsa. Al contrario, le labbra del sacerdote che si era alzato in silenzio erano diventate rosse, come se fossero state dipinte di sangue. 
“Sono un Crusnik, un vampiro che succhia il sangue di altri vampiri.”
“Che idiozia." Mireille, che nel frattempo si era rigenerata abbastanza da riuscire a muoversi di nuovo, cercò di attaccare nuovamente con i suoi artigli, con un rapido movimento curvo di una forza tale da sembrare poter squarciare lo spazio stesso—
Con un rumore secco, il movimento di Mireille si bloccò. Gli artigli che si erano abbassati contro il braccio destro del sacerdote erano fermi, immobili.
“Che cosa...?” Urlò disperata.
Con un suono soffocato, il braccio destro del sacerdote si strappò alla spalla. Tuttavia, non uscì nemmeno una goccia di sangue. Al contrario, ciò che trasudava era un liquido di una lucentezza nera e viscosa. Indurendosi nella mano del sacerdote, il liquido formò un'enorme falce con lame alle due estremità del manico. 
“Quae enim seminaverit homo, haec et metet - Perché ciò che l'uomo semina, lo raccoglie anche.” Sussurrò Abel, mentre abbassava la sua grande falce - la Falce della Morte.
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“Stai bene, Eris?” La chiamò una voce bassa e calma.
Il prete, il cui corpo ora era interamente tinto di rosso, le tese la mano.
I suoi occhi avevano già ripreso il colore di un tranquillo lago invernale, ma vi si rifletteva una luce triste.
“Sei ferita? Ti fa male da qualche parte?” Chiese ancora.
“...L'hai uccisa?” Eris tirò fuori a forza una voce tremante, lanciando un'occhiata di sbieco al vampiro accasciato al suolo. Il corpo insanguinato non si muoveva minimamente.
“......no, ho solo fermato i suoi movimenti.” Abel rispose con un tono più basso del solito.
“Ma tu chi sei?"
Eris guardò il volto di Abel, sembrando non accorgersi della sua mano tesa. No, forse se ne era accorta, ma l’aveva deliberatamente ignorata. Invece indietreggiò lentamente, continuando a chiedere: “Cosa sei esattamente?”
“Sono un essere umano...” Abel rispose sorridendo tristemente, continuando a tendere la mano, anche se sapeva che non sarebbe mai stata afferrata. Poi continuò: “Proprio come te... sono un umano.”
Al suono di quelle parole, gli occhi rosso-bruni di Eris si allargarono. Poi, timidamente, allungò le dita e toccò la mano del prete. Infine la ragazzina si alzò ed abbracciò il prete nel suo mantello insanguinato. 
“Oh, no. Ti sporcherai.” Abel le mise le mani sulle spalle, esitante.
“Non importa. Ancora un po'... possiamo restare così ancora per un po'?” Eris si rannicchiò in quell'abbraccio, come se avesse trovato una casa.
“....Va bene, allora.”
Abel sospirò dolcemente e sorrise, posando una mano sui suoi morbidi capelli.
In quel momento si udì un suono metallico secco e Abel chiese:
“Tres, pensi ancora che questa bambina sia pericolosa?”
“Positivo. Come ho già detto, le sue intenzioni non contano.” Tres rispose con la sua solita voce monocorde.
Abel si girò verso Tres, che aveva nuovamente puntato la pistola senza la minima esitazione. La luce rossa del mirino laser montato sulla canna era puntato direttamente tra le sopracciglia di Eris.
La Killing Doll, mantenendo un'espressione impassibile come una maschera, mise il dito sul grilletto e continuò:
“Devo eliminare ogni elemento di pericolo.”
Abel spinse Eris immediatamente indietro, ma non abbastanza velocemente. Con un suono pesante, il cane della pistola si abbassò... ma non successe altro.
“Ma per questa questa volta...” Iniziò Tres con parole monotone, guardando con i suoi occhi di vetro la pistola dalla quale erano finiti tutti i proiettili. “Le munizioni sono finite. Non ho altra scelta che abbandonare l'operazione di sterminio.”
“... Grazie, Padre Tres.” Abel tirò un sospiro di sollievo.
“Negativo: non ci sarà una prossima volta.” Tres si girò con la stessa intonazione indifferente della sua voce monotona, lanciò una rapida occhiata al volto di Eris e passò al suo fianco...
HUAAAAAAAAA!
Fu in quel momento che una massa di carne sanguinolenta che era accanto ad Eris ── o quella che poteva essere vista come tale ─ emise un ruggito.
“N-No, Eris!” Abel gridò.
Gli occhi del vampiro che era balzato in piedi brillavano di odio, e sul suo braccio alzato i lunghi artigli irradiavano una luce orribile ──
Era Mireille. Poteva ancora muoversi!
“MUORI!”
“E-Eri...!”
Abel allungò la mano, ma non fece in tempo: i lunghi artigli stavano per raggiungere la ragazzina, paralizzata come se fosse congelata.
Nelle mani di Tres, che dava le spalle al vampiro, apparve improvvisamente un caricatore. Con un solo battito di ciglia, lo ricaricò. Allo stesso tempo, puntò la canna dell'arma all'indietro sopra la sua spalla.
Con nove colpi di grilletto, i proiettili espulsi in successione dalla canna d'acciaio della pistola attraversarono con precisione il tronco cerebrale, le vertebre cervicali e il cuore della vampira, uscendo dalla sua schiena.
“Missione completata... ritirata.” Disse Gunslinger, la sua voce fredda come sempre.
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accidentiaituoiocchi · 1 month ago
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Ansietta delle 4:30 che non mi fa dormire per nuovo super - eccitante e spaventoso - capitolo di vita
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ilsoleesistepertutti · 1 month ago
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2025: un nuovo capitolo, nuove sfide e nuove speranze. Non so cosa mi aspetta, ma so chi voglio diventare. Questo è l’anno in cui proverò a sorprendere anche me stesso.
Buon Anno 🥂🍾
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e-ste-tica · 2 months ago
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torno a roma dopo 5 ore e mezza di autobus, vado a dormire col mal di testa e mi risveglio con il sole. è uno dei motivi per cui vale la pena tornare giù, il sole, che in pianura padana d'inverno si nasconde spesso. lavoro sulla scrivania di quella che una volta era la mia stanza, e ora è un luogo in transizione fra l'accettazione della mia assenza e la nuova designazione a "studio" di mia madre. la sua struttura è la stessa, ma ogni anno si aggiungono nuovi pezzi che non mi appartengono e non servono a me, si generano nuovi ordini in cui posizionare le cose e nuovi utilizzi dei muri e dei vuoti. a questa scrivania cerco di aggiungere le parti mancanti al primo capitolo di quella che fra due anni (si spera) sarà la mia tesi di dottorato. su questa scrivania, dopo natale, devo iniziare a scrivere un paper che non volevo fare ma che devo, perché la supervisor insiste che devo guardare lontano: "è una rivista di classe A" e sono punti per un futuro che in realtà, però, io non so ancora come voglio che sia - e non sono certo di volerlo fatto di calcoli, punteggi e classi. ieri sera, mentre eravamo in macchina tornando dalla stazione, mia madre mi ha raccontato i film natalizi che vede su la 8, in cui la protagonista torna in paese dal suo stressante lavoro in città, si innamora del fioraio e alla fine la gioia trionfa. vorrei essere quel fiorario, o anche la ragazza che torna a casa, sarei anche il panettiere in quella recita, o il ferramenta, in quell'illusione nevicante in cui in paese tutti si aiutano a vicenda e ogni cosa trova il suo posto calmo e rassicurante. ogni tanto mi sforzo di vedere la mia vita con questo sguardo e per qualche giorno mi sembra che funzioni. voglio finire quest'anno provandoci, e non con il ricordo del pianto durato tre ore fatto quattro giorni fa, in cui mi sembrava di sentire tutto il dolore di questo mondo brutale e impietoso addosso. essere un piccolo portatore di pace o anche semplicemente di silenzio, nella mia piccola quotidianità fatta del raggio di persone che incontro, è uno dei quasi-impossibili buoni propositi per il nuovo anno.
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mrfilippa · 2 months ago
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Piango, il capitolo nuovo (e penso ultimo) del comic di TF2 è bellissimo.
Leggendolo così velocemente non ho capito perché la guerra tra Red e Blutarch sia andata all'infinito (dovrò rileggerlo per bene), però lo skip nel futuro è una poesia.
Mi sento quando finii di leggere il signore degli anelli o alla fine di MLP l'amicizia è magica.
Vedere tutti i mercenari amici è stato qualcosa di potente: da un'opera così demenziale non mi sarei mai aspettata un finale così dolce e d'impatto, una bellissima tavolata natalizia.
In fondo volevo che finisse così canonicamente TF2.
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ruzzologiu · 5 months ago
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“T x Teso” - Un viaggio tra caos e riflessione
Vi presento T x Teso, il mio nuovo progetto, un fumetto che racconta la storia di un ragazzo stanco della vita, immerso in una realtà frenetica fatta di traffico, colleghi falsi, e una famiglia disfunzionale. Con uno stile ispirato a “Zerocalcare”, il protagonista si destreggia tra battute, sorrisi forzati e riflessioni profonde, cercando di trovare un equilibrio tra amore, rabbia e delusioni passate. Segui Teso nel suo mondo fatto di pensieri confusi e momenti di leggerezza, dove ogni capitolo svela un po’ della sua condanna e della sua ricerca di sé.
Scoprite con me questo nuovo capitolo, fatto di ironia, verità e tante riflessioni sulla vita. 🚗💭
Fatemi sapere se siete interessati a leggere di più su questo piccolo progetto
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ros64 · 2 months ago
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Non posso dire che la stagione 7B non mi piaccia, trovo che qui siamo stati defraudati da qualcosa di magico!!!!
Tumblr media
Legami di sangue
Capitolo 24
«Non dirò che non m’importa di quello che è successo, perché mentirei. E non dirò che non scatenerò il caos, per questo, perché è probabile che lo farò. Ma ti dirò che non c’è niente in questo mondo, o in quello che verrà, che possa allontanarti da me... o che possa allontanare me da te.» Sollevò un sopracciglio. «Ti trovi in disaccordo?» «Oh, no», dissi, ardente. Prese un altro respiro, e abbassò appena le spalle. «Be’, meglio così, perché non sarebbe un bene, per te. Un’ultima domanda», aggiunse, «sei mia moglie?» «Certo che lo sono», gli risposi, attonita. «Come potrei non esserlo?» A quelle parole, il suo viso cambiò; inspirò profondamente e mi prese tra le braccia. Io lo strinsi, forte, e insieme ci lasciammo andare a un enorme sospiro, e ci tranquillizzammo, la sua testa che si chinava sulla mia. Mi baciò i capelli, e io girai la faccia verso la sua spalla, la bocca aperta sulla scollatura della camicia aperta, le ginocchia di entrambi che cedevano lentamente, in preda a un sollievo reciproco. Un attimo dopo eravamo in ginocchio nella terra appena rivoltata, aggrappati l’una all’altro, radicati come un albero, senza foglie e con tanti rami, ma con un unico tronco molto solido. E arrivarono le prime gocce di pioggia. Il suo viso era aperto, adesso, e i suoi occhi erano di un blu limpido, senza preoccupazioni... per il momento, almeno. «Dove possiamo trovare un letto? Ho bisogno di stare con te nudo.» La sua proposta mi trovò perfettamente d’accordo, ma la domanda mi colse alla sprovvista.
…….
«Troverò un posto.» Con un calcio sonoro aprì la porta del nuovo capanno degli attrezzi, e all’improvviso ci ritrovammo immersi in un’oscurità striata di luce, che odorava di tavole scaldate dal sole, di terra, di acqua, di argilla umida e di piante. «Cosa... qui?» Era chiarissimo che non stava cercando un po’ di intimità per altre domande, per discussioni o rimproveri. A tal riguardo, la mia domanda suonò parecchio retorica. In piedi, mi fece girare e cominciò a slacciarmi il corsetto. Sentii il suo alito sul collo nudo, e mi venne la pelle d’oca. «Sei...» cominciai, solo per essere interrotta da uno conciso «Shhh». Tacqui. E sentii quello che aveva sentito lui: i Bartram, che conversavano tra loro.
Erano a una certa distanza, sulla veranda posteriore della casa, immaginai, riparata dal sentiero lungo il fiume da una spessa siepe di tassi inglesi. «Non possono sentirci», dissi, anche se abbassai la voce. «Basta parlare», sussurrò lui e, chinandosi in avanti, mi morsicò delicatamente la carne del collo ora esposta. «Shhh», fece ancora, ma dolcemente. In realtà non avevo detto niente, e il suono che avevo emesso era troppo acuto per attirare l’attenzione di una creatura che non fosse un pipistrello di passaggio. Espirai vigorosamente dal naso, e lo sentii ridacchiare con la gola. Un risolino basso, profondo. Il corsetto si aprì, e l’aria fresca attraversò la mussolina umida della sottoveste. Si fermò, una mano sui nastri delle sottogonne, mentre l’altra mi sollevava delicatamente un seno, pesante e libero, e il pollice mi accarezzava il capezzolo duro e tondo come il nocciolo di una ciliegia. Emisi un altro suono, questa volta più basso. Pensai che era una fortuna che fosse mancino, perché era con la sinistra che stava slacciando abilmente i nastri delle sottogonne. Queste caddero in mucchio frusciante attorno ai miei piedi, e d’un tratto – mentre la sua mano sinistra mi sollevava il seno e la sottoveste saliva alle orecchie – ebbi una visione del Giovane Mr Bartram che all’improvviso decideva di aver bisogno di invasare una partita di pianticelle di rosmarino. Probabilmente lo shock non l’avrebbe ucciso, ma... «Se dobbiamo essere puniti», disse Jamie, che evidentemente mi aveva letto nel pensiero, dal momento che mi ero girata e mi stavo coprendo le parti intime come la Venere del Botticelli, «allora ti prenderò nudo.» Con un sorriso si tolse la camicia sporca di terra – la giacca se l’era levata quando mi aveva presa – e si calò i calzoni senza fermarsi a sbottonare la patta. Era abbastanza magro da poterlo fare: i calzoni gli stavano appesi alle anche, e non gli cadevano per miracolo; e intravidi l’ombra delle costole sotto la pelle, quando si chinò per sfilarsi le calze. Si tirò su, e gli misi una mano sul petto. Era umido e caldo, e sotto il mio tocco vidi rizzarsi i pelli rossastri. Sentii il suo profumo caldo, avido, nonostante l’odore agricolo del capanno e il perdurante tanfo di cavolo. «Non così in fretta», sussurrai. Emise un verso scozzese, interrogativo, tese le braccia verso di me e io affondai le dita nei muscoli del suo petto. «Voglio un bacio, prima.» Mise la bocca sul mio orecchio, e le mani sulle mie natiche. «Credi di essere nella posizione di avanzare richieste?» mormorò, stringendo la presa. Non potei non cogliere il tono pungente di quella domanda. «Sì, maledizione», dissi, spostando la mia mano un po’ più in basso. Lui non attirerebbe mai i pipistrelli, pensai. Eravamo occhi negli occhi, avvinghiati, respiravamo l’una il respiro dell’altro, così vicini da vedere le più piccole sfumature di espressione, nonostante la luce debole. Notai quanto fosse serio, al di sotto delle risate... e capii che la sua spavalderia celava un dubbio. «Sono tua moglie», gli sussurrai, sfiorando le sue labbra con le mie. «Lo so», disse sommessamente, e mi baciò. Teneramente. Poi chiuse gli occhi e mi passò le labbra sul viso, senza baciarmi, ma tastando i contorni di zigomo, sopracciglio, mascella, e la pelle morbida sotto l’orecchio. Cercava di conoscermi di nuovo al di là della pelle e del respiro, di conoscermi fino al sangue e alle ossa, fino al cuore che batteva là sotto. Emisi un piccolo verso e cercai la sua bocca con la mia, premendomi contro di lui, i nostri corpi nudi freschi e umidi, i peli che raspavano dolcemente, e la deliziosa solidità di lui che rotolava tra di noi. Ma non si lasciò baciare. Afferrò i miei capelli legati, alla base del collo, mise la mano a coppa attorno alla mia nuca, mentre con l’altra giocava a mosca cieca.
Un rumore sordo, seguito da un tintinnio; indietreggiando, ero finita addosso a una panchina per l’invasamento, e avevo fatto vibrare un vassoio di minuscoli vasetti; le foglie speziate del basilico dolce stavano tremando, agitate. Jamie spinse il vassoio da una parte, poi mi afferrò per i gomiti e mi sollevò, facendomi mettere sulla panchina. «Adesso», disse, senza fiato. «Devo averti adesso.» Mi prese, e io smisi di preoccuparmi del fatto che potessero esserci delle schegge. Lo avvolsi con le gambe, e lui mi fece sdraiare e si chinò sopra di me, le mani appoggiate alla panca, con un verso a metà tra l’estasi e il dolore. Si mosse lentamente, dentro di me, e io ansimai. Il ticchettio della pioggia sul tetto di lamiera lasciò il posto a un rumore assordante, che copriva qualunque verso uscisse dalla mia bocca – ed era una buona cosa, pensai confusa. L’aria era più fresca, ma anche umida; i nostri corpi erano scivolosi, e si sprigionava un calore bruciante laddove la carne toccava altra carne. I suoi movimenti erano lenti, deliberati, e io inarcai la schiena, incitandolo. Per tutta risposta, lui mi afferrò per le spalle, si chinò di più e mi baciò con delicatezza, muovendosi appena. «Non lo farò», sussurrò, e tenne duro quando mi opposi, cercando di spronarlo a quella reazione violenta che desideravo, e di cui avevo bisogno. «Non farai che cosa?» Stavo ansimando. «Non ti punirò», disse, talmente piano che lo udii a malapena, nonostante fosse sopra di me. «Non lo farò, hai capito?» «Non voglio che tu mi punisca, bastardo.» Grugnii per lo sforzo, e sentii scricchiolare l’articolazione della spalla quando provai a liberarmi dalla sua stretta. «Voglio che... Dio, lo sai che cosa voglio!» «Aye.» La mano sinistra lasciò la spalla e scese ad afferrarmi una natica, toccando la carne nel punto in cui eravamo uniti, tesa e scivolosa. Emisi un piccolo verso di resa, e sentii cedere le ginocchia. Lui si tirò fuori, e poi mi penetrò ancora, con tanto vigore da strapparmi un piccolo, acuto grido di sollievo. «Chiedimi di venire nel tuo letto», disse, senza fiato, le mani sulle mie braccia. «E io verrò da te. A tal riguardo, verrò che tu me lo chieda o no. Ma ricorda, Sassenach: io sono il tuo uomo. Sono io che decido come servirti.» «Fallo», dissi. «Ti prego, Jamie. Voglio che tu lo faccia!» Mi afferrò il sedere con entrambe le mani, con tanta forza da lasciarmi dei lividi, e io inarcai la schiena, spingendo il pube verso di lui, mentre tentavo di afferrarlo, le mani che scivolavano sulla sua pelle sudata. «Dio, Claire. Ho bisogno di te!» La pioggia picchiettava forte sul tetto di lamiera, ormai, e un lampo cadde vicino a noi, bianco-blu, dal pungente odore di ozono. Lo cavalcammo insieme, inforcandolo, accecati dalla sua luce, senza fiato, mentre il tuono rombava nelle nostre ossa.
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mystandthemoon · 2 months ago
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Drago, volpe, corvo - cap. I
For @danmei-december, Set Gold, day 2, Lan Xichen (I'm late so what)
If this keeps going beyond the first chapters I'll probably translate it to English.
Titolo: Drago, volpe, corvo - cap. I: caduta
Rating: pg 13ish
Personaggi: Meng Yao, Lan Xichen, Wen assortiti
Genere: AU, fantasy, avventura, animali mitologici. In sostanza mi serviva una scusa per scrivere la mia versione di dragon!chen e fox!yao
Wordcount: 2718
Lan Xichen, un drago celeste in fuga dal Clan Wen, allo stremo delle forze cerca rifugio nella foresta. Meng Yao, che assiste alla sua fuga, decide di aiutarlo.
"Del resto, gli Wen si aspettavano di trovare un drago, non una volpe."
Con un ringraziamento a @yukidelleran per il confronto e il betaggio!
Capitolo I - caduta
Uno strato di nubi basse offuscava la luce del sole, ancora alto sopra l’orizzonte del grigio cielo invernale. Il vento aveva l’odore asciutto e pungente che precede una nevicata.
Meng Yao si arrampicò su una roccia che sporgeva dal limitare del bosco. Da lì, lo sguardo spaziava sulla valle sottostante e sui tetti già mezzi ricoperti di bianco della cittadina di Yunping. Il cielo a est si era fatto livido e una cortina grigia oscurava l’orizzonte. Presto, avrebbe iniziato a nevicare anche lì.
Chiedendosi se sarebbe riuscito a rientrare a casa prima di venire sorpreso dalla neve, Meng Yao fece per ridiscendere verso il folto degli alberi, quando il vento gli portò un distinto odore di bruciato. Si voltò di scatto - forse veniva dal centro abitato, pensò, ma non vide nulla al di fuori dell’ordinario sopra i tetti di Yunping. Allora, il suo sguardo ansioso spaziò sulla distesa di alberi attorno a lui, senza però notare nulla che potesse allarmarlo ulteriormente, fino a che non lo scorse: un guizzo di fumo, uno sbuffo bianco contro il grigio delle nubi. 
Meng Yao aguzzò la vista, ma l’aveva perso. No, eccolo, era ricomparso, era… non era fumo. Si contorceva fuori e dentro le nuvole, e andava facendosi sempre più vicino e più grande. Era inseguito da quelle che sembravano fiamme, fiamme nel cielo…
Meng Yao sentì il pelo rizzarglisi sulla schiena. 
Fiamme con le ali - fenici dalle piume scarlatte, avvolte da lingue di fuoco, che guizzavano intorno alla sagoma sinuosa di un drago dei cieli. Il suo corpo era dello stesso colore delle nuvole, ricoperto di scaglie opache che non riflettevano la luce del sole. Pur nella disperazione della sua fuga, il drago fendeva il cielo con eleganza tale che pareva dare forma al vento.
Le fenici lo circondavano e lo ghermivano con becchi e artigli. Di nuovo, l’odore acre di carne bruciata e sangue raggiunse il naso di Meng Yao.
Nonostante la velocità del volo del drago, questo non riusciva mai a distanziare a sufficienza i suoi inseguitori. Cercava di allontanarli con gli artigli, ma tra le zampe anteriori sembrava stringere qualcosa, ed era chiaro che la sua priorità era quella di seminarli. Le fenici - sei, ne contò Meng Yao - però, non demordevano. 
Stavano perdendo altitudine e, per un istante, Meng Yao li vide piombare su Yunping, ma il drago si risollevò all’ultimo, riguadagnando quel poco di altezza che gli consentì di non rovinare tra le case, per puntare poi diritto verso il bosco.
Una delle fenici, troppo intraprendente, gli calò sulla fronte e cercò di beccargli gli occhi, ma il drago si liberò di lei con uno schiocco di fauci. Dal cielo iniziarono a piovere cenere e piume scarlatte, che si disfacevano in sbuffi di fumo.
Il drago e i suoi inseguitori sfrecciarono sopra la testa di Meng Yao, facendo stormire i rami degli alberi alle sue spalle e arruffandogli la coda. Qualche istante dopo, si udì lo schianto, la confusione di rami spezzati e lo stridere delle fenici.
La volpe si voltò. Un attimo dopo, sparì nel sottobosco.
❄️❄️❄️
Per un po’, le fenici rimasero a osservare la devastazione provocata dall’impatto, volando in cerchio come uno stormo di avvoltoi. Il drago si era schiantato sulla foresta, lasciando dietro di sé una scia di tronchi divelti, che si assottigliava fino a sparire nel fitto degli alberi. Della bestia, però, non c’era alcuna traccia.
Si appollaiarono sui rami ancora interi di un alto pino, scrutando le ombre al di sotto delle chiome. Ora che non erano avvolte dalle fiamme, il loro piumaggio era di un color mogano scuro, screziato di riflessi dorati. Erano una vista lugubre, con i colli sottili arcuati e le lunghe code che si allungavano tra le sagome dei rami spezzati, scuri contro il cielo sempre più plumbeo.
“Tu, tu e tu,” stridette il capo, indicando col becco i tre sotto di lui. “Setacciate il sottobosco. Quando lo trovate, lanciate un segnale in aria.”
Le tre fenici prescelte calarono a terra. A toccare il suolo, però, non furono i tre uccelli dal piumaggio scarlatto, ma tre uomini dalle lunghe vesti color rosso porpora, con un motivo di soli dorati lungo gli orli. I loro lunghi capelli corvini erano trattenuti sulla nuca da fermagli alti e dorati, appuntiti come lingue di fiamma. Ai loro fianchi pendevano i foderi di spade lunghe, anch’essi decorati d’oro.
Con fare deciso, iniziarono a perlustrare la confusione di corteccia e fronde, muovendosi con attenzione per non rimanere impigliati nei moncherini dei rami che sporgevano ovunque. 
“Ancora niente?” La voce risuonò arrogante nel bosco muto, ancora frastornato dallo schianto. L’uomo più massiccio dei tre si guardò attorno con disprezzo. Sarebbe stato praticamente impossibile trovare tracce del drago in quel disastro.
“Qua!” Gli altri due compagni richiamarono la sua attenzione e lui si mosse per raggiungerli, prendendo a male parole le ramaglie del sottobosco che intralciavano i suoi passi e suscitando la reazione irritata degli altri. 
“Wen SuZhang, chiudi quel becco! Ci sentirà arrivare.”
Wen SuZhang non badò al richiamo, osservando con una smorfia di derisione il ritrovamento. Era una scaglia perlacea, grande come una mano, insozzata di fango e sangue.
“E se anche fosse? Non andrà tanto lontano, conciato com’è.” 
I tre si rimisero a frugare, finché non si imbatterono in un lembo di terra ancora imbiancata di neve intonsa. In bella vista, in mezzo all’erba secca, c’erano delle inconfondibili orme di stivali, imperlate di sangue ancora rosso.
Con un ghigno soddisfatto, Wen SuZhang e gli altri le seguirono a passo svelto, utilizzando la spada per sfalciare le fronde e i rampicanti secchi che gli impedivano l’avanzata.
Dopo poco tempo, raggiunsero un piccolo torrente. I bordi erano ghiacciati ma, al centro, la corrente fuggiva veloce su un fondo di ciottoli scuri. Le orme finivano sulla sponda. Bastò una ricognizione veloce per capire che non riprendevano nelle immediate vicinanze, sulla riva opposta.
“Maledetti i Lan e la loro ossessione con le acque gelide,” ringhiò Wen SuZhang, rifiutandosi di entrare in acqua e bagnarsi i piedi.
Gli altri due, che avevano perlustrato quel tratto di torrente al suo posto, scrollarono le spalle.
“Dovrà uscirne, prima o poi,” commentò uno dei due. “Noi seguiremo la corrente, tu esplora a monte. Il primo che lo trova lanci un segnale.”
Wen SuZhang grugnì un assenso e si voltò dall’altra parte. Se avesse trovato il drago, avrebbe potuto benissimo affrontarlo da solo. Sicuramente anche il fuggitivo avrebbe dovuto mantenere la sua forma umana per continuare a nascondersi nel folto del bosco e, ferito com’era, non aveva dubbi che avrebbe avuto la meglio su di lui.
Riprese le sembianze di fenice, Wen SuZhang spiccò il volo. Sopra il corso del torrente gli alberi si aprivano, lasciando spazio sufficiente alle sue ali. In quella forma, sarebbe stato più efficiente nella perlustrazione e, soprattutto, avrebbe evitato di insudiciarsi ulteriormente le vesti nel sozzume del sottobosco. Fosse stato per lui, avrebbe appiccato fuoco a tutto per dare bella ripulita a quel posto e per stanare il drago, come già avevano fatto una volta.
Volava basso, completamente concentrato a scrutare gli argini del torrente sotto di lui per localizzare le orme del drago - doveva pur uscire da quel rigagnolo presto o tardi! - perciò si avvide solo all’ultimo momento dell’improvviso guizzo nel sottobosco al suo fianco.
Intuì appena, con la coda dell’occhio, la sagoma fulva che gli balzò addosso,  mandandolo a schiantarsi contro la sponda ghiacciata del torrente. Sentì una fitta lancinante al collo e il sapore improvviso del sangue che gli riempiva la gola. Istintivamente, avvampò di fiamme, ma non ebbe nemmeno la soddisfazione di sentire un lamento di dolore da parte del nemico, prima che tutto diventasse definitivamente nero.
❄️❄️❄️
Meng Yao soffocò un guaito, ritraendosi dalla fenice avvolta dalle fiamme. Affondò il muso nell’acqua gelida del torrente e si forbì il naso, mentre osservava il fuoco finire l’opera che lui aveva iniziato. Non sapeva se era più sgradevole l’odore del suo stesso pelo appena strinato che gli riempiva le narici o il sapore del sangue del maledetto Wen che aveva ancora sulla lingua.
In ogni caso, era uno di meno, considerò mentre osservava le fiamme spegnersi, tramutandosi lentamente in una pila di ceneri fumanti.
Si davano tante arie, questi Wen, e agivano sempre come se tutto fosse loro, ma anche la loro arroganza, alla fin fine, si riduceva a un mucchietto di polvere.
Le ceneri erano ancora calde quando Meng Yao ci affondò le zampe. Incurante del fastidio, si dedicò a scavare di buona lena, spargendo tutto quello che restava della fenice nel torrente alle sue spalle, lasciando che venisse trascinato via dalla corrente.
Risorgi dal fango, se ci riesci, pensò Meng Yao, calpestando gli ultimi resti nella fanghiglia che si era creata sulla riva, dove il fuoco aveva sciolto il ghiaccio.
Finito il lavoro, la volpe drizzò orecchie e naso, sempre sull’attenti, ma il bosco era tranquillo. Quando aveva lasciato la scia di impronte nella neve, aveva scommesso sul fatto che si sarebbero divisi al torrente. Quanto avrebbero perseverato gli altri due nella loro ricerca a valle, prima di ritornare indietro?
Avrebbero senz’altro notato i segni di colluttazione sulla sponda del torrente, ma, con un po’ di lavoro, Meng Yao poteva trasformare quei segni nelle tracce dell’inseguito che usciva dal torrente. Del resto, gli Wen si aspettavano di trovare un drago, non una volpe.
❄️❄️❄️
Lan Xichen riaprì gli occhi. Sapeva di aver perso conoscenza per qualche tempo, ma non capiva per quanto a lungo.
La luce si era offuscata, complice il tramonto ormai prossimo e la neve che aveva iniziato a scendere. Sotto di lui, il terreno era duro e gelato. Lentamente, cominciò a muovere le membra intirizzite per alzarsi in piedi, puntellandosi contro la parete rocciosa che gli aveva dato rifugio fino a quel momento.
Come si mosse, venne attraversato da fitte di dolore. Le sue vesti candide erano stracciate in più punti, annerite da bruciature, lerciume e sangue, ma era ancora vivo e, soprattutto, ancora libero.
Non si era allontanato poi tanto dal luogo in cui aveva terminato la sua caduta, era strano che gli Wen non l’avessero ancora trovato. Forse, con il calare della notte, avrebbe avuto una possibilità di allontanarsi e far perdere le sue tracce…
Un fruscio dietro di lui, e Lan Xichen si voltò di scatto in quella direzione, la fedele spada Shuoyue in mano, tutti i muscoli tesi.
Quando si rese conto di chi aveva causato il rumore, però, la sua espressione si ammorbidì. Gli occhi scuri di una volpe lo sbirciavano dal sottobosco, le orecchie ritte sopra il muso fulvo. 
“Vai via, piccolo amico,” disse, con voce rauca ma gentile. “Non è posto per te.” 
La volpe sembrò capire, perché abbassò le orecchie ai lati della testa e scomparve.
L’istante dopo, dall’altra parte, provenne un improvviso tramestio di foglie, e due voci maschili spezzarono il silenzio della nevicata.
“Maledizione a questa neve, finirà col coprire tutte le tracce. Quei due faranno meglio a trovarli in fretta, sia il drago che Wen SuZhang.”
“Quel SuZhang fa sempre di testa sua.”
“Meglio che mi porti la testa del Lan, o sarà la sua a cadere.”
Lan Xichen si appiattì contro la parete. A giudicare dai rumori, i due Wen stavano venendo proprio verso di lui, forse attirati dal riparo offerto dalla roccia. 
Lan Xichen fu loro addosso prima che potessero rendersi conto della sua presenza.
La lama di Shuoyue balenò e si conficcò nel petto del primo Wen, che cadde riverso con un rantolo soffocato. Prima che Lan Xichen potesse ritrarla per affrontare il secondo, però, questo lo attaccò con furia. 
Per un soffio, Shuoyue sviò l’affondo del nemico, ma Lan Xichen subì il contraccolpo, barcollando all’indietro. Solo l’impatto con la parete di roccia alle sue spalle gli impedì di cadere ma, ora, non aveva più spazio di manovra. Fece appena in tempo a rendersene conto che si ritrovò la punta della lama del guerriero Wen a un soffio dalla gola.
“Dimmi dove hai nascosto quello che hai rubato, e ti concederò una morte rapida,” gli ringhiò quello in faccia.
Lan Xichen deglutì, fissando di rimando il nemico da sotto le ciocche di capelli che gli si erano incollati al volto. Poteva prendersi la sua vita, ma non quello che aveva portato in salvo da Gusu. 
“Non posso rubare ciò che già appartiene al mio clan.”
“Quello che ancora non avete capito,” sibilò l’altro, premendo la lama contro la gola di Lan Xichen, che avvertì distintamente il metallo graffiargli la pelle, “è che se gli Wen decidono che qualcosa è di loro proprietà, questa lo diventa.”
“Dovrai impegnarti a cercarla, allora,” rispose Xichen, gelido come la nevicata.
Il viso del guerriero Wen si contrasse in una smorfia di rabbia. L'istante dopo, i suoi occhi si dilatarono improvvisamente. 
Lan Xichen sentì il rumore soffice di una lama che affondava nella carne e l’odore del sangue che sgorgava, accompagnato da un rantolo e da un’improvvisa sensazione di bagnato sulle vesti. Solo quando il guerriero Wen si afflosciò di fronte a lui, si rese conto che non era stata la sua gola ad essere tagliata.
Al posto del suo nemico comparve un ragazzo snello, di bassa statura, avvolto in una veste color sabbia. Il nuovo venuto osservò il guerriero rantolare qualche istante ancora e poi rimanere immobile ai suoi piedi. Allora sollevò gli occhi su Lan Xichen e si produsse in un profondo inchino, le mani che ancora stringevano il pugnale sanguinante unite di fronte a sé.
“Vi chiedo umilmente perdono per avervi sporcato le vesti con il sangue del vostro nemico.”
Lan Xichen sbatté le palpebre, colto alla sprovvista. Istintivamente, allungò una mano per sfiorare il gomito del giovane e bloccarlo.  
“Come potrei fartene una colpa?” Lan Xichen lanciò un’occhiata ai suoi vestiti, ora quasi completamente scarlatti. “Se non fosse stato per te, sarei ricoperto nel mio, di sangue.”
Rialzando lo sguardo, incontrò quello del suo salvatore. Aveva due grandi occhi neri, che lo scrutavano intenti. Si rese conto di aver già visto quello sguardo, ma mentre cercava di capire dove, venne colto da un giramento di testa.
Fu l’altro, ora, ad afferrarlo per i gomiti per non fargli perdere l’equilibrio e guidarlo mentre appoggiava la schiena alla parete.
“E’ tutto a posto, devo solo recuperare le forze,” ma la sua voce risuonò debole alle sue stesse orecchie.
Il ragazzo si voltò a guardare il bosco attorno a loro, e Lan Xichen ebbe l’impressione che fiutasse il vento.
“Con tutto il rispetto, penso che dovremmo andare via da qui al più presto,” disse, tornando a rivolgersi al drago con il capo chino ma con una certa urgenza della voce. “Se vorrete seguirmi, conosco un posto sicuro; non è lontano.”
Lan Xichen annuì, rendendosi conto di stare usando Shuoyue per puntellarsi e rimanere in equilibrio. Un’improvvisa debolezza gli aveva pervaso tutto il corpo e gli rendeva difficile anche soltanto tenere gli occhi aperti.
“Dovremmo prima liberarci di questi due corpi. Sarebbe saggio bruciarli, ma il fumo e il fuoco attirerebbero l’attenzione degli Wen rimasti. Li nasconderò, se avrete la pazienza di attendermi. La neve coprirà le nostre impronte,” stava dicendo il suo salvatore, e Lan Xichen lo sentiva affaccendarsi là attorno, impegnato a rovistare nei cespugli, forse per trovare un nascondiglio consono.
Quando l’altro giovane gli passò davanti per andare a prendere uno dei due corpi, Xichen si allungò per sfiorargli una manica e richiamare la sua attenzione.
“Ascoltami, c’è… c’è una cosa…” ma le parole gli vennero meno tra le labbra. Ebbe appena la consapevolezza di un braccio che gli circondava la vita, prima di ripiombare nell’incoscienza.
❄️❄️❄️
Lan Xichen si risvegliò qualche tempo dopo, avvolto dal buio e dal tepore.
Nonostante non riuscisse a vedere nulla, ebbe la netta impressione di trovarsi in un posto molto angusto. La sensazione, però, non era spiacevole, anzi, gli dava un senso di sicurezza.
Su di sé sentiva il peso confortante delle coperte e avvertiva distintamente qualcosa di caldo premuto contro il suo fianco. Allungò una mano, con cautela - tutti i suoi sensi erano offuscati dal dolore e dalla stanchezza - fino a che le sue dita non sfiorarono una folta pelliccia. Ne seguirono il contorno tracciando un cerchio, indovinando il contorno aguzzo di un paio di orecchie abbassate.La volpe del bosco, pensò Lan Xichen nel dormiveglia. Rasserenato da quella conclusione, si riaddormentò, cullato dal buio e dal tepore.
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