#notte e mistero
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pier-carlo-universe · 6 months ago
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Il gelsomino notturno di Giovanni Pascoli: una poesia tra mistero e nostalgia. Recensione di Alessandria today
La poesia simbolica di Pascoli esplora la fragilità della vita e il legame tra i vivi e i defunti in una notte intrisa di profumi e silenzi
La poesia simbolica di Pascoli esplora la fragilità della vita e il legame tra i vivi e i defunti in una notte intrisa di profumi e silenzi. Il gelsomino notturno è una delle poesie più celebri di Giovanni Pascoli, un capolavoro che rappresenta l’essenza simbolista e malinconica della sua produzione. Pubblicata nel 1901, questa poesia è un’esplorazione della notte come luogo di mistero e di…
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scritturacreativa-85 · 4 months ago
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Il mistero della luce che tremava nella candela
La luce tremolante della candela danzava sulle pareti della piccola stanza, proiettando ombre mutevoli e fugaci. Il crepitio del fuoco era l’unico suono che rompeva il silenzio della notte, insieme al battito del mio cuore, troppo forte per essere ignorato. Ero seduta su una sedia di legno antico, con il libro aperto sulle ginocchia. Le parole, che fino a pochi istanti prima mi avevano rapita,…
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empito · 4 months ago
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Nel silenzio profondo della notte, quando le stelle tessono trame di luce nell'oscurità, l'anima mia si desta in un fremito. Attraverso i labirinti interiori, mi smarrisco e mi ritrovo, guidato da ardori ineffabili e desideri inconfessati. La passione infiamma il mio spirito come fuoco indomito, un impeto che travolge ogni argine della ragione. Sospeso tra estasi e contemplazione, navigo mari di emozioni tumultuose. Ogni battito del cuore è un sussurro di promesse taciute, un richiamo verso abissi inesplorati dell'essere. L'impeto dell'amore mi avvolge come un manto di stelle cadenti, incendiando i sensi e l'immaginazione. Le mie giornate sono intrise dei colori vividi dei sentimenti più profondi, tinte di carminio e oro antico. Ogni pensiero è permeato da un languore dolceamaro, un'eco di melodie lontane che risuonano nell'intimità più recondita. I sensi si affinano, percependo sfumature sottili e profumi evanescenti che destano memorie sopite. Il desiderio scorre come un fiume sotterraneo, alimentando la terra fertile dell'anima. È un'energia primordiale che plasma emozioni e alimenta sogni di indicibile dolcezza. In questo viaggio solitario, abbraccio le contraddizioni dell'esistenza, trovando bellezza nell'intensità che mi attraversa. Non cerco approdi certi né risposte definitive. Mi lascio trasportare dalla corrente impetuosa dell'essere, esplorando i confini tra luce e ombra, tra quiete e tumulto. Ogni istante è un dono prezioso, un'occasione per immergermi nel mistero dell'esperienza umana. Così proseguo, pellegrino dell'anima, assaporando la sublime complessità delle emozioni che mi animano. Lascio che la passionalità tracci il cammino, che l'erotismo sussurri tra le pieghe dei pensieri. In questo percorso, ogni sensazione è un tesoro, ogni emozione un universo da esplorare.
Empito
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angelap3 · 2 months ago
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Hai novant’anni. Sei vecchia, piena di acciacchi. Mi dicono che sei stata la più bella ragazza del tuo tempo e io ci credo. Non sai leggere. Hai le mani grosse e deformate, i piedi induriti. Hai portato sulla testa tonnellate di stoppie e le��gna, laghi d’acqua. Hai visto nascere il sole ogni giorno. Con tutto il pane che hai ammassato si potrebbe imbandire un banchetto universale. Hai allevato persone e bestie, ti sei messa i maialini nel letto quando il freddo minacciava di gelarli. Mi hai raccontato storie di apparizioni e di lupi mannari, vecchie questioni di famiglia, di un morto ammazzato. Trave della tua casa, fuoco del tuo focolare, sette volte incinta, sette volte hai partorito.
Non sai niente del mondo. Non ti intendi di politica, né di economia, né di letteratura, né di filosofia, né di religione. Hai ereditato un centinaio di parole pratiche, un vocabolario elementare. Con questo sei vissuta e vivi. Sei sensibile alle catastrofi e anche ai fatti di strada. Nutri grandi odi per ragioni che non ricordi più, e grandi dedizioni basate sul nulla. Vivi. Per te, la parola Vietnam è appena un suono barbaro che non si confà al tuo cerchio di una lega e mezza di raggio. Della fame sai qualcosa: hai già visto una bandiera nera issata sul campanile della chiesa (me lo hai raccontato tu, o avrò sognato che me lo raccontavi?). Porti con te il tuo piccolo bozzolo di interessi. E, tuttavia, hai gli occhi chiari e sei allegra. Il tuo riso è un fuoco d’artificio colorato. Come te, non ho mai visto ridere nessuno.
Ti sto davanti, e non capisco. Sono della tua carne e del tuo sangue, ma non capisco. Sei venuta al mondo e non ti sei curata di sapere che cos’è il mondo. Arrivi alla fine della vita e il mondo, per te, è ancora quel che era quando nascesti: un interrogativo, un mistero inaccessibile, una cosa che non fa parte della tua eredità. Cinquecento parole, un fazzoletto di terra di cui si fa il giro in cinque minuti, una casa di tegole e pavimento di terra battuta. Stringo la tua mano, passo la mia mano sul tuo viso rugoso e sui tuoi capelli bianchi, rovinati dal peso dei fardelli — e continuo a non capire. Sei stata bella, dici, e vedo bene che sei intelligente. Perché allora ti hanno rubato il mondo? Chi te lo ha rubato? Ma questo forse lo capisco io, e ti direi il come, il perché e il quando se solo sapessi scegliere delle mie innumerevoli parole quelle che tu potresti comprendere. Però ormai non ne vale la pena. Il mondo continuerà senza di te e senza di me. Non ci saremo detti l’un l’altro quel che più importava.
Non ce lo saremo detto, davvero? Io non ti avrei dato, perché le mie parole non sono le tue, il mondo che ti era dovuto. Resto con questa colpa di cui non mi accusi — ed è ancora peggio. Ma perché, nonna, perché ti siedi sulla soglia della porta, aperta sulla notte stellata e immensa, sul cielo di cui nulla sai e nel quale mai viaggerai, sul silenzio dei campi e degli alberi attoniti, e dici, con la tranquilla serenità dei tuoi novant’anni e il fuoco della tua adolescenza mai perduta:
« Il mondo è così bello,
e io ho tanta pena di morire! »
E’ questo che non capisco
ma la colpa non è tua.
José Saramago,
da - Di questo mondo e degli altri -
ph Pepi Merisio, Cogne 1959
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licaonia · 30 days ago
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♠️_Ogni sguardo è una promessa, ogni movimento un richiamo.
Il desiderio e un rituale,il mistero un arte.
Questa notte e per chi sa aspettare, per chi sa osare..🖤🌹
©️ Licaonia Lupe
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mughetto03 · 1 month ago
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Il gioco delle ombre
Lei si muoveva come un’ombra che danza,
il suo corpo una sinfonia di curve e silenzi.
Ogni passo era un’invocazione,
ogni sguardo un’incantesimo che avvolgeva l’aria.
Le sue labbra, semi aperte,
sussurravano parole che solo il vento poteva cogliere,
mentre le sue dita sfioravano la pelle,
come se stessero dipingendo un segreto sul mondo.Il suo sorriso era un enigma,
un mistero che si svelava solo nel buio.
La sua voce, calda e profonda,
scivolava tra le pieghe del tempo,
trasformando ogni attimo in eternità.
E quando si avvicinava,
il respiro del mondo si fermava,
come se tutto aspettasse il suo tocco.Nell’estasi del momento,
lei era l’artefice del desiderio,
la tessitrice di sogni che si intrecciavano nella notte.
La sua malizia era un’arte raffinata,
che trasformava ogni gesto in un’opera d’arte,
ogni istante in un’esperienza che bruciava senza consumarsi.
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jazzandother-blog · 1 month ago
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Wayne Shorter
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(English / Español / Italiano)
Late night, cigarette smoke, reflections of rain on the glass, a radio on somewhere. Wayne Shorter has been dead for two years. But his shadow still moves in the dank alleys of jazz, amidst the chiaroscuro of a saxophone hissing in the dark.
He was the sound of mystery. He did not play notes, he evoked stories. All it took was a puff, a pause, a sentence cut in half, and suddenly you were somewhere else. Another world, another atmosphere. A sonorous noir.
Shorter never explained too much, he left room for doubt, as in a detective story without a solution. His solos were tracks to follow, clues scattered between darkness and light, roads that led far without ever turning back. Because jazz, the real kind, the kind that creeps through the cracks of reality, is never a perfect circle. It is an enigma.
And now? Now the legend remains. There remains the sound of 'Footprints' echoing in the sleepless nights. There remains a man with a saxophone, in the chiaroscuro of time, playing a long, long note… and then he disappears!
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Tarde en la noche, humo de cigarrillo, reflejos de lluvia en el cristal, una radio encendida en alguna parte. Wayne Shorter lleva muerto dos años. Pero su sombra aún se mueve en los húmedos callejones del jazz, entre el claroscuro de un saxofón que sisea en la oscuridad.
Era el sonido del misterio. No tocaba notas, evocaba historias. Bastaba un soplo, una pausa, una frase cortada por la mitad, y de repente te encontrabas en otro lugar. Otro mundo, otra atmósfera. Un noir sonoro.
Shorter nunca explicaba demasiado, dejaba lugar a la duda, como en una novela policíaca sin solución. Sus solos eran pistas que seguir, pistas dispersas entre la oscuridad y la luz, caminos que llevaban lejos sin volver nunca atrás. Porque el jazz, el de verdad, el que se cuela por las grietas de la realidad, nunca es un círculo perfecto. Es un enigma.
¿Y ahora? Ahora la leyenda permanece. Queda el sonido de "Footprints" resonando en las noches de insomnio. Queda un hombre con un saxofón, en el claroscuro del tiempo, tocando una nota muy, muy larga… ¡y luego desaparece!
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Notte fonda, fumo di sigaretta, riflessi di pioggia sui vetri, una radio accesa da qualche parte. Wayne Shorter è morto da due anni. Ma la sua ombra si muove ancora nei vicoli umidi del jazz, tra il chiaroscuro di un sassofono che sibila nel buio.
Lui era il suono del mistero. Non suonava note, evocava storie. Bastava un soffio, una pausa, una frase tagliata a metà e all'improvviso ti ritrovavi da un’altra parte. Un altro mondo, un’altra atmosfera. Un noir sonoro.
Shorter non spiegava mai troppo, lasciava spazio al dubbio, come in un giallo senza soluzione. I suoi assoli erano piste da seguire, indizi sparsi tra il buio e la luce, strade che portavano lontano senza mai tornare indietro. Perché il jazz, quello vero, quello che si insinua tra le crepe della realtà, non è mai un cerchio perfetto. È un enigma.
E ora? Ora resta la leggenda. Resta il suono di "Footprints" che echeggia nelle notti insonni. Resta un uomo con un sassofono, nel chiaroscuro del tempo, che suona una nota lunga, lunghissima… e poi sparisce!
Source: Emiliano D'Alessandro writer
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mucillo · 5 days ago
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Claire de Lune - Debussy
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Clair de lune", è un'opera che evoca serenità, mistero e romanticismo, ispirata alla poesia di Paul Verlaine.
è un'evocazione della notte. Gli accordi delicatamente in calando che accompagnano la melodia sono tipici dello stile di Debussy. Un interludio preannuncia il ritorno alle magiche atmosfere silenziose rischiarate dai raggi della luna.
La musica, parte della Suite Bergamasque, mira a catturare la bellezza e la suggestione della luce lunare, creando un'atmosfera magica e contemplativa. 
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pier-carlo-universe · 29 days ago
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“Come le canne” di Lucio Zaniboni: riflessioni in versi tra mito, vento e nostalgia del cuore. Recensione di Alessandria today
Informazioni essenzialiAutore: Prof. Lucio ZaniboniLuogo: LeccoGenere: Poesia filosofica, lirica e narrativaValutazione: ★★★★★ Con “Come le canne”, il Prof. Lucio Zaniboni costruisce un componimento profondo e stratificato, in cui la leggenda di Ulisse si intreccia alla modernità, e la natura – soprattutto il vento – diventa protagonista simbolico e spirituale. In questo mosaico di immagini,…
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scritturacreativa-85 · 4 months ago
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Il calore del suo cappotto in una notte d’inverno
Era una notte che sicuramente sarebbe rimasta nei miei ricordi, una di quelle che, anche con il passare degli anni, riaffiorano improvvise, come il profumo di un fiore che sboccia solo di notte. La neve cadeva lieve, coprendo tutto con un silenzio surreale. Camminavo per le vie del centro, stringendomi nel mio cappotto leggero. Qualcosa mi faceva pensare che quella notte non fosse come le altre,…
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empito · 17 days ago
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C'è un'assenza che mi abita, un vuoto che non ha nome. Sento la mancanza di qualcosa che non riesco a definire, come un'eco distante di cui non ricordo l'origine. È un'inquietudine sottile che vibra nelle ossa quando cala la sera, quando i rumori della vita si attenuano e resta solo il respiro del mondo. Cerco questa cosa sconosciuta negli occhi dei passanti, nelle pagine dei libri mai aperti, nelle melodie che affiorano dall'infanzia. La cerco tra le foglie mosse dal vento, nell'odore della pioggia sull'asfalto, nel sapore del caffè bevuto in solitudine. Forse è nascosta nelle città mai visitate, nei sentieri non percorsi, nelle conversazioni mai avute. Questo desiderio senza oggetto è come un seme caduto in un terreno arido che continua ostinatamente a cercare l'acqua. Si manifesta in momenti inaspettati: quando il sole al tramonto dipinge d'oro le facciate dei palazzi, quando una risata sconosciuta risuona in lontananza, quando le stelle sembrano così vicine da poterle toccare. Non è nostalgia, perché non si può rimpiangere ciò che non si è mai posseduto. Non è speranza, perché non ha un futuro definito verso cui tendere. È piuttosto una fame ancestrale, un richiamo primordiale che viene da un luogo situato tra il cuore e la gola. Forse è proprio questo mistero a renderci umani: questa ricerca perpetua, questa fame insaziabile di qualcosa che sfugge alla comprensione. Forse è proprio in questo spazio vuoto che risiede la nostra essenza più profonda. Nel frattempo, continuo a camminare con questo strano compagno di viaggio, questo fantasma familiare che sussurra: c'è dell'altro, c'è dell'altro, c'è sempre dell'altro. E nel silenzio della notte, quando il mondo dorme, questa assenza innominabile diventa paradossalmente la cosa più presente, più viva, più reale di tutte.
Empito
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angelap3 · 5 months ago
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Ci sono state raccontate due grandi falsità su Cleopatra: innanzitutto, non era affatto una bellezza convenzionale; in secondo luogo, non era neanche egiziana. Gli storici hanno cercato di spiegare come una donna sia riuscita a sottomettere gli uomini più potenti del suo tempo, ma i documenti storici testimoniano che Cleopatra non era semplicemente una seduttrice, bensì una donna di intelligenza straordinaria.
Plutarco scrive di lei che era incredibilmente affascinante, anche se non bella nel senso classico del termine. Racconta che fosse impossibile dimenticarla. Cleopatra aveva una voce così melodiosa e magnetica da incantare chiunque le parlasse.
Era una donna dotata di un’intelligenza eccezionale.
Cleopatra era profondamente istruita e padroneggiava diverse discipline, tra cui matematica, astronomia, oratoria e filosofia. Fu la prima e unica sovrana della dinastia tolemaica ad abbracciare la religione e la cultura egiziane. Nessuno dei suoi predecessori aveva mai mostrato interesse per le tradizioni del popolo che governavano: tutti veneravano esclusivamente gli dèi greci.
Inoltre, Cleopatra era una poliglotta straordinaria: parlava almeno nove lingue. Fu la prima tra i Tolomei a imparare l’egiziano, una lingua che nessuno prima di lei si era mai preoccupato di studiare, nonostante governassero l’Egitto. Tra le altre lingue che conosceva c’erano l’ebraico, l’etiopico, l’arabo, il persiano e il latino.
Cleopatra ebbe quattro figli: il primogenito, Tolomeo XV Cesarione, probabilmente nato da Giulio Cesare, e tre avuti da Marco Antonio. I gemelli, figli di Antonio, portavano nomi che in traduzione significano "Sole" e "Luna".
Dopo la morte di Cleopatra, Cesarione fu giustiziato da Ottaviano, il figlio adottivo di Cesare. Gli altri figli furono portati a Roma per essere allevati. Si sa che la figlia si sposò con un re della Mauretania, ma il destino degli altri figli rimane avvolto nel mistero.
Cleopatra e Marco Antonio morirono insieme. Avevano deciso che, in caso di sconfitta, si sarebbero suicidati. Antonio si tolse la vita con la spada, mentre si crede che Cleopatra abbia usato il veleno di un serpente.
La regina, rinchiusa in una stanza con le sue ancelle, fu minacciata da Ottaviano: se si fosse suicidata, avrebbe colpito i suoi figli. Nonostante ciò, Cleopatra decise di togliersi la vita. Secondo i romani, un servo le avrebbe portato un serpente nascosto in un cesto di fichi, ma molti storici ritengono più probabile che Cleopatra avesse nascosto del veleno in una forcina cava tra i capelli.
Prima di morire, Cleopatra scrisse una lettera a Ottaviano chiedendo di essere sepolta accanto a Marco Antonio. La sua morte fece infuriare Ottaviano, poiché lo privò del trionfo di esibire la regina sconfitta.
Ad oggi, la posizione esatta della tomba di Marco Antonio e Cleopatra rimane sconosciuta. Esistono solo ipotesi e supposizioni.
Così si concluse la vita di Cleopatra, un’incredibile sovrana, ultima regina d’Egitto e ultima rappresentante della dinastia tolemaica. Con la sua morte, l’Egitto perse la propria indipendenza e divenne una provincia dell’Impero Romano. La caduta di Cleopatra segnò la fine della grande civiltà egizia.
Informatevi meglio, prima di scrivere cazzate, mondo di Tumblr.
Notte ✨✨✨
(Angela P.)
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t-annhauser · 9 months ago
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Il caldo mi ammazza, rinvengo solo di notte, come i vampiri, di giorno dormo come un pipistrello. Devo prendere i minerali, il magnesio, il potassio, il topazio, l'opale, il quarzo citrino, tutta la tavola di Mendeleev e un po' quella di Tiffany. Che nomi curiosi che hanno i minerali, per esempio l'ametista. Améthystos in greco vale per "non ebbro". Per i greci era un rimedio contro l'alcol: versando acqua in una coppa d'ametista, questa prendeva i riflessi violacei del minerale, dando l'illusione di bere del vino. Il potassio invece viene estratto dalle cave di banane, o dalle banane cave. Nessun mistero invece sul suo nome: deriva dall'inglese "pot ash" (cenere di pentola), poiché in passato veniva ricavato dalla lisciviazione delle ceneri di legna. Il potassio farebbe bene ai muscoli, peccato che io ne sia quasi completamente sprovvisto, percepisco la loro presenza solo quando iniziano a dolermi.
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licaonia · 4 days ago
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♠️_Ogni sguardo è una promessa, ogni movimento un richiamo.
Il desiderio e un rituale,il mistero un arte.
Questa notte e per chi sa aspettare, per chi sa osare..
Buona sera 🖤🌹
©️Licaonia Lupe
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saayawolf · 1 year ago
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- tratta da ” Voci Indiane del Nord America”
Io sono il lupo. La fame è la mia compagna, la solitudine la mia sicurezza eterna, triste condanna. Io sono l'istinto. Passi svelti nella notte, il freddo è il mio giaciglio, il vento la mia sola coperta. Io sono il silenzio. Un'ombra nella foresta, impronte lungo il fiume, occhi di brace nel profondo buio. Io sono il mistero. Canti d'amore alla luna, lunghe corse inseguendo fantasmi, ombre e tracce di odori e suoni. Io sono il sogno. La libertà pura, assoluta che tracima violenta su stagioni senza tempo. Io sono alfa e omega, neve rossa d'ignare prede, soffio di nuova vita e chiusura del naturale anello. Io sarò ucciso ma mai distrutto. Io sono il Lupo.
● It's me in the photo. (C) @saayawolf
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susieporta · 1 year ago
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La verità è che nessuno si regge più in piedi da solo, sulle proprie gambe. Nessuno regge più il dolore, la perdita, la frustrazione, l’attesa.
Insomma, le cose della vita.
Abbiamo bisogno di normalizzare i processi della vita: nascere, crescere, ammalarsi, ferirsi, invecchiare, morire.
Un tempo si moriva sazi di vita, appagati, senza rimpianto alcuno, in modo del tutto naturale.
Oggi si muore insoddisfatti, delusi e stanchi.
Il lutto non rientra più nelle categorie del vivente.
Abbiamo inventato questa parola: “elaborazione”, dimenticando che i lutti non si elaborano, ma si accolgono, come parti integranti dell’esistenza, tutt’al più si contemplano come espressioni mutevoli del flusso continuo della vita.
“Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a
stanze chiuse a chiave
e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.”
Aveva ragione Rilke.
Abbiamo disimparato il valore del piangere insieme, di condividere il pasto, dono gentile e premuroso gesto della vicina di casa, la sera, quando si raccontava ai bambini dove sta il nonno adesso, e si passava la carezza della mano piccola sul suo viso freddo e immobile, disteso sul letto.
I sogni facevano il resto, perché si aveva tempo per dormire e per sognare. E al mattino, appena svegli, per raccontare.
Così chi non c’era più continuava ad esserci, a contare, a suggerire, a consolare.
I morti stavano insieme ai vivi.
Complicato allora non è il lutto, ma il modo di viverlo, di trattarlo, come se fosse una malattia in cerca di una cura. Ma la vita non è un problema da risolvere.
Ancora Rilke. Piuttosto un mistero da sperimentare. Una quota di ignoto inevitabile che spinge lo sguardo oltre la siepe.
Chi ha ancora desiderio di quell’infinito che solo l’esperienza del limite può disvelare?
Oggi tutti reclamano il diritto alla cura della psiche, forse perché i medici del corpo non riescono a guarire certe ferite dell’anima.
Ma così si sta perdendo il valore della psicoterapia. Così si confonde la patologia con la fisiologia dell’esistente, che contempla nel suo lessico le voci: malattia, solitudine, sofferenza, perdita, vecchiaia, morte.
Qual è l’immagine del nostro tempo, che rappresenta il senso estetico dominante? Una enorme superficie levigata, perfetta, specchiante.
In questo modo, privata delle increspature, delle imperfezioni, del negativo, della mancanza, l’anima ha smarrito il suo luogo naturale, la sua origine, il respiro profondo della caducità, della provvisorietà, della fragilità del bene e del male.
Perché alla fine, tutto ciò che comincia è destinato a finire e l’unica verità che rimane è questo grumo di gioia che adesso vibra ancora nel cuore, qui e ora, in questo preciso istante, nonostante la paura, il disincanto, la sfiducia.
Non c’è salute dunque che non sia connessa alla possibilità di salvezza.
Alle nostre terapie manca quel giusto slancio evolutivo, che spinga lo sguardo oltre le diagnosi, i funzionamenti, i fantasmi che abitano nelle stanze buie della mente.
Un terapeuta non può confondere la luna con il dito che la indica.
Può solo indicare la direzione e sostenere il desiderio di raggiungerla.
Per questo ogni sera mi piace chiudere gli occhi del giorno con una poesia, ogni sera una poesia diversa, per onorare la notte con il canto dei poeti.
Perché la notte sa come mantenere e custodire tutti i segreti.
Perché le poesie assomigliano alle preghiere.
Dicono sempre cose vere.
Stanotte per esempio ho scelto questa:
“Si è levata una luna trasparente
come un avviso senza minaccia
una macchia di nascita in cielo
altra possibilità di dimora. E poi.
Siamo invecchiati.
Il volume di vecchiaia
è pesato sul tavolino delle spalle,
sugli spiccioli di salute.
Cos’è mai la stanchezza?
Le cellule gridano
chiamano l’origine
vogliono accucciarsi
nel luogo prima del nome
nello spazio che sta tra cosa e cosa
e non invade gli oggetti
li accarezza e li accalora.
Non smettere di guardare il cielo
ti assegna la precisa misura
fidati della vecchiaia
è un burattino redentore.
Dopo tanta aritmetica
la serenità dello zero.”
Chandra Candiani
Testo di Giuseppe Ruggiero
foto dal seminario " In Quiete". Introduzione alle costellazioni Familiari con Anna Polin
Gloria Volpato
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