#non perdere la speranza
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“Continua a guardare in alto… questo è il segreto della vita.”– Charles M. Schulz, ‘Peanuts, Snoopy’
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La speranza è la prima a rammollire
Nei periodi come questo, quando gli occhi peggiorano drasticamente, mi rifugio nei ricordi. È l'unico posto dove i colori sono ancora gli stessi e le persone ancora definite. Ho un archivio di ricordi fotografati accuratamente nel corso della mia esistenza. Reperti dal millennio passato. Ci navigo tra cartelle organizzate per argomento. Passo ore così. Ricordando. Ricordo ad esempio quando tutto questo calvario era iniziato una qundicina di anni fa. Ricordo che la luce era troppo forte e non riuscivo ad andare in giro durante il giorno. Di notte entravo al cinema indossando gli occhiali da sole perché la luce dello schermo era lame che infilzavano la retina. In quel periodo, quello che inizialmente fu solo un'eredità degli anni 90, documentare divenne un vero e proprio obbiettivo. Fotografare tutto per non perdere niente. Non riuscivo a godermi quello che stavo vivendo completamente ma potevo fotografarlo e poi, la notte, abbassando la luminosità dello schermo al minimo, potevo ripercorrere lo scattato e comprendere quello che avevo vissuto. Ho vissuto sempre in due tempi diversi. Il primo nel momento stesso in cui accadeva, incapace però di comprenderlo pienamente, il secondo quando il momento era passato, rivivendolo attraverso i ricordi, aggiungendo i sensi mancanti. Questa modalità di vivere comporta il subentrare di un ingrediente tanto saporito quanto terribile: la nostalgia. Io ero in quelle foto. Ero dietro l'obbiettivo ok, ma io ero lì, incapace di godermelo eppure c'ero! Così, quando ripercorrevo, mi mancava non esserci stato davvero. Poi ahimè si è ripercosso su tutto. Anche nei periodi in cui la vista non ha grossi problemi, resto sempre distante. Non mi fido di quello che sto vivendo perché preferisco diventi un ricordo in cui aggiungere tutta la nostalgia che voglio a mio piacimento.
Equivale a vivere in tempi diversi. Ho perso fiducia nel futuro. L'ho dovuta ridimensionare davanti a un'altra terapia fallita. Io davvero ci speravo questa volta ma poi lo dico sempre che ci spero. Non sono cinico come sembro. Sono un cinico a posteriori. Accade qualcosa di brutto e dico "Ah ma tanto lo sapevo che andava così" e in realtà non sapevo niente, anzi, nel mio cuoricino di adolescente pulsava linfa di speranza. Come un coglioncello. Ci speravo in questa terapia perché non mi sarebbe dispiaciuto avere un pensiero in meno. Ma poi, se le cose fossero andate bene, che me ne sarei fatto del bene? Io il bene non me lo so godere. Sembro uno di quelli che inviti a cena, gli metti il piatto in tavola e lui aggiunge subito altro sale senza nemmeno aver assaggiato. Giusto perché deve rovinare quello che riceve. Questa terapia doveva funzionare ma poi sai che palle che mi sarebbero venute ad andare in giro e magari godermi quello che c'era attorno?
Al telefono con mia madre non riesco a sorridere, mi dice che le manca il Matteo che fa lo scemo e fa battute. Manca anche a me quel Matteo. Mi manca non poterlo chiamare e fargli fare il suo spettacolino per tranquillizzare i genitori e per fortuna stiamo a centinaia di chilometri di distanza così questi contatti si centellinano altrimenti dovrebbero confrontarsi con un uomo che giace per la maggior parte del tempo sul divano con il telefono quasi schiacciato in faccia per riuscire a guardare video da qualche social network asiatico. Non mi piace avere gente attorno a me quando sto così. Non mi piace dover spiegare cosa si prova e quello che odio più di tutto è quando mi viene fatto presente che potrebbe essere molto peggio. Lo so cazzo. Tutto potrebbe essere molto peggio. Ma molto potrebbe anche essere non dico meglio ma almeno evitare di rompere il cazzo.
Ti chiudi in te stesso e non vuoi dire come stai. Almeno riesco a scrivere. Ci sono alti e bassi. Oramai questa tecnica di scrittura simile a un diario mi aiuta a tenere traccia delle maree della mia salute. Non voglio dimenticare i precedenti del male per ricordare che poi, forse, se si è fortunati, passa tutto. Bisogna ritirarsi nella propria caverna, mentale o reale, e aspettare. Avere sempre pazienza. Questa estate ho avuto un paio di momenti dove sono stato davvero bene e me li sono appuntati perché non scappassero durante i periodi bui. Bui sul serio. Bui come il bar dove mi rinchiudo a scrivere scappando dal timido sole viennese. Mi costringo a ricordare attraverso le foto, gli archivi, le pagine del diario, i tatuaggi. Il mio corpo è una mappa del tesoro, nascosti tra i rotolini di ciccia ci sono racconti, amori del passato, battute. Devo ricordare.
Quando mia nonna si è ammalata di Alzheimer ho capito che quello sarebbe stato il mio inferno. Perdere pezzi del mio passato, della mia identità. Certo, sarebbe stato un allegerirsi, ma il prezzo è troppo alto. Dimenticare i nomi delle persone a cui voglio bene. Dimenticare dove sta il bagno. Dimenticare il tuo piatto preferito.
Vorrei la mia testa funzionasse esattamente come le cartelle dove deposito quello che non voglio perdere. Sperando che nessun virus o difetto dell'hardware accorra. Vorrei salvare tutto per i momenti difficili. Organizzare per data e importanza. Alcune cartelle le avrei nascoste o addirittura cancellate. Le volte in cui ti ho fatta piangere. Le volte in cui non sono stato abbastanza. La foto che ho scattato quando hai detto che non mi amavi più, che ho scattato per commerare quel dolore mentre tutti e due stavamo sorridendo. Come quando scatto un ritratto davanti allo specchio per poi guardare nel telefono che aspetto ho, come sto invecchiando. Se la mia testa fosse organizzata così io sarei più tranquillo. Non avrei paura di un eventuale peggioramento della mia condizione perché tanto potrei andare sul desktop e cliccare da qualche parte un'icona gigantesca (per facilitarne l'individuazione) e navigherei in quel mare, remando tra momenti pessimi e momenti lontanamente buoni.
La musica aiuta. È autoreferenziale lo so, ma anche la musica che ho scritto io mi aiuta. Riascolto alcune tracce sperando di poterle tornare a suonare. Accadrà. Lo so. Lo sento. Quando non vedo mi torna il bisogno di cantare. Che rottura di cazzo deve essere avermi accanto. Non biasimo il mio gatto che mi odia e anzi, lo capisco. Ha sempre fame. Costantemente. Io oramai lo accontento e basta, ho provato a dargli delle regole, a farlo dimagrire, ma poi ho pensato, cosa è meglio per lui? Una vita breve ma piena di cibo e quindi rilassata, oppure una vita lunga e sana ma sempre dietro a chiedere di essere nutrito e insoddisfatto? Sai quando pensi di fare il bene per qualcun altro e allora prendi una decisione ma poi non serve a nulla perché comunque non rendi l'altro felice perché prova tu a spiegare che ci vuole tempo perché le cose migliorino a chi non ha idea di cosa sia il tempo perché è una palla di pelo rossastro.
Scrivere di getto mi aiuta. Sono i discorsi che non sto facendo a nessuno perché non riesco a comunicare con nessuno e che non voglio neanche fare a un essere umano reale voglio scriverli perché scrivendoli resteranno. Potrò rileggerli. Ti immagini andare da una persona e dirle "Oh senti ti ricordi quello che ti avevo detto quella volta che non stavo tanto bene e allora mi sono messo a parlare di come mi piacerebbe avere un sistema di archiviazione nel mio cervello simile a..." e poi mi fermerei perché anche meno dai. Trattieniti. Forse sono sempre stato questa forma di scrittore. Uno a cui piace parlare da solo. O parlare con se stesso. Che ha diverse personalità che entrano in scena quando le cose si complicano.
Non c'è una nuova terapia all'orizzonte. Quella che è fallita era l'ultima speranza. Allora si torna indietro. Si prova una terapia che era fallita anni fa. Proprio agli inizi della mia carriera di malato cronico. La provo adesso, quindici anni dopo, anche perché non ricordo esattamente cosa andò storto all'epoca perché non avevo preso appunti a riguardo! Errore fatale! Adesso invece ho imparato e scriverò tutto e poi lo confronterò tra altri quindici anni quando tornerò a provare la stessa terapia per la terza volta. Si spera io sia vivo tra quindici anni e che non sia diventato un calcolatore elettronico strabordante di cartelle contenenti foto e testi e tracce audio.
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QUESTA È UNA STORIA CHE NON SO COME COMINCIARE A RACCONTARVI
È una storia triste con un finale velato di speranza che però non riesce a diminuire in me la tristezza, visto che è troppo spesso ripetuta ovunque nel solito loop di solitudine e sofferenza.
Non a caso ho deciso di raccontarla solo adesso e a taluni potrà sembrare che io mi voglia agganciare furbescamente al trend 'femminicidio' e con questo post fare virtue signaling.
Tutt'altro, credetemi.
Questa storia parla del coraggio di una ragazzina di 20 anni, l'unica reale protagonista, mentre noi come famiglia, semmai, abbiamo avuto solo il merito di essere al posto giusto al momento giusto.
Ricordate questo: AL POSTO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO e poi nella chiusa a questo post capirete.
Anche se dubito fortemente che conosciate lei o siate venuti a sapere della sua storia, per un mio senso di riservatezza cambierò molti particolari, senza però far perdere mai il senso di quanto accaduto.
Mia figlia piccola aveva una compagna di studi con la quale era rimasta in contatto anche dopo la maturità e una sera questa ragazza è venuta a cena a casa nostra, su strana insistenza di nostra figlia perché era già tanto tempo che non si vedevano, tranne qualche messaggio con cui lei la teneva informata sullo stato di salute del fratellino di 7 anni, affetto da una forma aggressiva ma curabile di leucemia.
Avevamo capito che era successo qualcosa e infatti questa ragazza, durante la cena, ci confida che lei, la madre e, soprattutto, il fratellino sono da anni vittime di maltrattamenti psicologici e fisici a opera del padre.
E noi, su insistenza di nostra figlia che è riuscita a convincerla, siamo state le prime e uniche persone alle quali trova finalmente la forza di dirlo, visto che il padre aveva costretto la madre a chiudere i contatti con ogni parente e cerchia di amici.
Erano sole, la madre non lavorava e tutti dipendevano da un unico stipendio, quello del padre, che inoltre decideva quando e quanto potessero uscire di casa.
Una storia di abusi familiari come tante, solo che invece di sentirlo in un telegiornale ce le stava raccontando di persona una ragazzina smilza e che sorrideva triste per l'imbarazzo.
E poi ho visto gli occhi di mia figlia, pieni di rabbia e indignazione ma scintillanti anche di qualcos'altro... speranza, anzi, convinzione che noi potessimo aiutarla.
Con un peso enorme nel cuore, le abbiamo allora parlato tutta la sera, l'abbiamo consolata, consigliata e spronata a fare quello che la madre non aveva più la forza di fare: denunciare ai carabinieri e rivolgersi a un centro antiviolenza.
E mentre lei piangeva lacrime di gioia per aver finalmente trovato qualcuno con cui aprirsi, le arriva un messaggio wathsapp sul telefono con una foto.
Una foto da suo fratello.
Che si era fotografato il naso.
Rotto e sanguinante.
E il messaggio sotto diceva 'Papà ha picchiato la mamma e poi me. E poi se n'è andato'.
Un bambino di 7 anni con la leucemia che deve andare a fare la chemio due volte a settimana.
A vederlo scritto pare assurdo pure a me, una di quelle brutte sceneggiature per una fiction rai in prima serata ma il fatto era che stava succedendo di fronte ai nostri occhi e non so come io sia riuscito a non prendere una delle mie asce appese al muro per andare schiantarlo in due come un ceppo marcio.
Lei, però, non si scompone più di tanto e ci dice 'Adesso vado. Ci penso io' con un tono che nascondeva stanchezza e abitudine... ma forse anche qualcos'altro di nuovo.
Vent'anni anni e ci pensava lei, quando noi - cinquantenni - eravamo solo riusciti a dire delle belle parole, tutto sommato inutili.
Prende ed esce, con noi che le andiamo dietro urlandole di chiamare subito i carabinieri e cercando di andare assieme ma lei sembra essere molto decisa, finché le luci posteriori della sua macchina non scompaiono nella notte.
Minuti, decine di minuti e poi ore ad aspettare notizie, senza conoscere il suo indirizzo e senza sapere dove mandare qualcuno a controllare.
Poi squilla il telefono. È lei. Ci racconta che quando è arrivata a casa ha subito controllato che non ci fosse la macchina del padre, è entrata e ha chiuso la porta da dentro lasciandoci le chiavi sopra. E quando il padre, ore dopo, ha provato a entrare e, non riuscendoci, ha cominciato a dare in escandescenze, ha chiamato i carabinieri dicendo loro che aveva picchiato la madre e il fratello.
Carabinieri che, ovviamente, lo hanno beccato mentre prendeva a calci la porta di un appartamento con dentro una donna e un bambino sanguinanti per le botte ricevute.
Nonostante tutto, quella notte non siamo riusciti a dormire.
Il giorno dopo mi arriva un audio su whatsapp (le avevo dato il mio numero per emergenza) e per quanto forse avrei potuto postarvelo qua per farvelo ascoltare, preferisco trascrivervelo
'Ciao, sono E. Ti volevo dire che ieri sera siamo stati al pronto soccorso e io ho insisitito con i medici che facessero tutte le foto a mamma e L. e che poi chiamassero la polizia che c'è dentro. L. è stato coraggioso e ha raccontato tutto, poi anche mia mamma ha trovato il coraggio di parlare. Ora stiamo andando al centro antiviolenza di Parma così ci aiutano con gli avvocati e magari ci trovano anche un altro posto dove andare. Io vi volevo ringraziare perché per la prima volta in vita mia mi sono sentita in una famiglia vera che capiva il mio dolore e la mia paura e con voi ho trovato la forza di parlare. Grazie di essere così meravigliosi'
Io ogni tanto ascolto quell'audio e poi le telefono per sapere come va. Lo ascolto perché, vedete, non mi sembrava che avessimo fatto chissà che cosa ma il tono della sua voce diceva tutto il contrario.
E allora mi sono ricordato di quella vecchia storia del ragazzino con la gamba rotta al quale ho fatto compagnia mentre aspettavamo l'elisoccorso e di come i genitori, mesi dopo, mi hanno riconosciuto in mezzo alla folla e mi sono venuti ad abbracciare come se gliel'avessi riattaccata, quando io mi ero limitato solo a rassicurarlo in attesa dei soccorsi.
Però ero al posto giusto al momento giusto.
Quel posto e quel momento, però, che non sono e non accadono mai a caso alla persona che sa cosa sia la sofferenza.
Se questo mondo non vi ha reso cattivi - e se siete arrivati a leggere fin qua non solo non siete cattivi ma anzi molto pazienti - allora avrete capito che il posto giusto al momento giusto è quello in cui siete ora, nello stesso frammento di tempo in cui decidete di spostare gli occhi dal centro del vostro dolore personale alla consapevolezza di quello degli altri.
Come non mi stancherò mai di dire, una mano protesa salva tanto chi la stringe quanto chi la tende.
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Per una piccola parte di me <3 0.1
La parte più difficile in ogni cosa è iniziare, come adesso. Non è facile trovare le parole giuste per aprire la strada alle milioni di cose che vorrei dirti. Ogni inizio è spaventoso, difficile. E me lo ricordo che qualche mese fa di paura ne avevo tanta, temevo tutte le cose che avremmo dovuto vivere.
Tu sei la prima volta in cui ho perso il controllo, in cui mi sono buttata nel vuoto e mi son detta 'Ora o mai più'. Perché in fondo te lo senti che alcune cose puoi farle solo in un determinato momento e che non c'è altro tempo per viverle.
Sei il mio momento giusto, su questo non ho dubbi, mi sei piombato addosso per caso e senza alcuna pretesa, nessuna forzatura e nessuna speranza, sei rimasto.
A volte mi chiedo perché, dopo aver visto tutto il casino che sono, tu sia rimasto. Non hai neanche dovuto lottare per entrarci nella mia vita, perché ti avevo lasciato ogni porta aperta, era troppo tempo che non davo così tanta fiducia a qualcuno ma stranamente con te mi sentivo al sicuro. E ci sono tutti gli ingredienti le farfalle, le palpitazioni, l'impazienza di essere tua.
Ci sono tutti gli ingredienti perché tu possa distruggermi e forse, per la prima volta, voglio correrne il rischio.
Probabilmente, anzi, sicuramente mi sono innamorata prima io ma come dovevo fare? Quando mi guardavi e mi parlavi di filosofia, di storia, cose che non mi hanno mai preso, ma che dette da te diventavano la cosa più interessante del mondo.
Non mi sono innamorata di te perché necessitavo di avere qualcuno al mio fianco, sono sempre stata bene da sola.
Non mi sono affezionata a te perché avevo bisogno di qualcuno che mi rendesse felice, ne perché stessi cercando qualcuno con cui stare.
In realtà, non cercavo proprio nessuno.
Mi sono innamorata di te perché mi sono sentita apprezzata, perché sei l'unica persona che mi restituisce tutto l'amore che do. Mi sono innamorata di te perché mi fai stare tranquilla, potremmo anche stare seduti senza dire nulla e guardare tik tok ed io non avrei ansia.
Siamo così simili ma in certi sensi così diversi, eppure sei esattamente quella parte che mi manca per essere come vorrei.
E' bastato un istante, uno sguardo e ti ho riconosciuto, come se in fondo ti avessi sempre aspettato. Delle volte sono istanti piccolissimi a cambiarci la vita, momenti così insignificanti da non rendercene nemmeno conto, ogni tanto mi chiedo cosa starei facendo ora se non ti avessi mai scritto, se tu non mi avessi mai baciata, se fossimo rimasti solo amici.
La maggior parte delle persone si limita al “mi piaci”, Kierkegaard invece scrisse: “Ti muovi costantemente sulle onde dell’intuizione; eppure, ogni singola somiglianza con te basta a rendermi felice. Perché? É a causa della ricca unità del tuo essere o della povera molteplicità del mio? Non é l’amare te, amare un mondo?”
D’altronde hai avuto tutto, prima ancora che te ne rendessi conto. Ti ho parlato di qualsiasi cosa, quando per me parlare di sentimenti o emozioni risulta essere complicato, tendo sempre a sopprimere qualsiasi cosa, penso perché da piccola venivo etichettata come “la bimba matura “e qualsiasi persona contava su di me ed io non avevo tempo di pensare a cosa realmente provassi.
Forse ho perso la testa, tu mi hai fatto perdere la testa, perché adesso non sento neanche di essere io, ho meno paura di tutto e provo cose talmente diverse che mi destabilizzano. Ti ho parlato di cose che non voglio ammettere nemmeno a me stessa, che portavo, e porto, come un peso, con vergogna, ma tu sei stato così paziente e mi hai ascoltato quando probabilmente quello che dicevo non aveva senso nemmeno per me.
Ti ho amata fin da subito ed ho avuto paura della velocità con cui un sentimento del genere sia cresciuto, d’altronde sono un overthinker e mi son chiesta, che vuoto lascerà una persona del genere nella mia vita? Come mi faccio domande, mi do anche risposte e Tu lasceresti un vuoto enorme, incolmabile.
Oramai occupi tutto, tutto lo spazio che c'è, sei ovunque e neanche me ne rendo conto. Se conquisti la mia mente ci sarai sempre dentro.
Hai reso tutto pieno di significato, pieno d'amore e di timori. Per la prima volta ho davvero paura di perdere qualcuno, per la prima volta penso che non esista qualcosa che non farei per te, qualsiasi cosa pur di farti stare bene.
Non lo dico perché ti amo, ma lo dico perché sei una persona speciale. Meriti qualsiasi cosa di bello possa esserci, tutta la felicità che possa provare. Hai così tante cose dentro, che non dici e che non mi mostri. Ed io vorrei sapere tutto, conoscerti meglio di te stesso perché niente che ti riguarda mi è estraneo.
Ho capito che ero fottuta quando non mi sapevo dare una risposta al perché ti amassi, lo faccio e basta.
Ogni volta che dico di amarti significa che ti accetto per la persona che sei, e che non voglio trasformarti in qualcun altro. Significa che ti amerò e starò al tuo fianco anche nei momenti peggiori. Significa amarti anche quando sei giù di morale, non solo quando è divertente starti vicino. "Ti amo" significa che conosco la tua persona e non ti giudico. Significa che ci tengo abbastanza da lottare per quello che abbiamo e che ti amo abbastanza da lasciar perdere, se ciò significa vederti felice. Vuol dire pensarti, sognarti, volerti e aver bisogno costantemente di te, e sperare che tu provi lo stesso per me.
Mi stai donando qualcosa che non potrò che inscrivermi nel cuore, quelle cose che ti porti gelosamente dentro, che sai di poter vivere solo con una determinata persona.
Alla fine, ogni cosa mi riconduce a te. Sei nei libri che sottolineo e nella musica che ascolto, in ogni film che mi segno, in tutte le parole che scrivo, persino in quelle che non scrivo ma che custodisco gelosamente dentro di me, tra l’anima e il cuore, in quello spazio che solo tu riesci a raggiungere e che vorrei non abbandonassi mai. É come se dopo un viaggio molto lungo tu mi avessi finalmente riportato a casa.
Mi hai dato talmente tanto che adesso sono piena di te e non potrei dimenticarti mai, seppur volessi.
Mi hai riempita di un amore che non credevo avrei mai provato, così forte che adesso fatico nello scrivere senza commuovermi, senza sentire quelle stupide farfalle, perché pensarti mi fa questo effetto.
Esattamente come quando ti guardo troppo a lungo, penso a quanto sei stupenda, a quanto sai farmi stare bene e mi escono dagli occhi tutte le parole che mi rimangono bloccate in gola. Non riesco a dirtelo mentre ti ho davanti, ma hai dato alla mia vita un valore aggiunto e che avrei milioni di parole da dedicarti se solo riuscissi a concentrarmi mentre mi guardi con quegli occhioni da cui non riesco a fuggire.
Quando mi guardi dimentico tutti i miei difetti ma allo stesso tempo ho paura che guardandomi troppo o standomi troppo vicina tu mi veda come mi vedo io.
Vorrei rivivere ogni ora passata insieme, per rendermi conto di quanti dettagli mi son persa, ma poterli assaporare tutti, coglierli e conservarli. Sei un regalo grandissimo, per il quale sarò per sempre in debito verso il destino. Non so cosa succederà un domani, non importa se un ti amerò esattamente come adesso, probabilmente di più, ma sarai sempre e comunque tu, niente ti renderà diverso di fronte ai miei occhi, adesso non vedo altro che la tua essenza. Non vedo l'ora di poterti baciare, mi manchi da morire e niente mi rende felice come averti accanto e poter sentire il calore di un tuo abbraccio che tanto ho desiderato. Sei ciò di cui ho più bisogno e che non voglio lasciar andare per nulla al mondo.
Ti amo, come non amo altro.
Tua, A.
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La verità è che vivo nel tormento invisibile della mia stessa vergogna. In un fragile momento di vulnerabilità, ho abbassato le difese e ho permesso ad un'estranea di attraversare il confine della mia esistenza, come un'ombra sottile che scivola sotto il fondo di una porta.
Avevo un disperato bisogno di essere visto, di essere capito, e ho abbracciato quella presenza come se fosse l’unico faro, un lumicino di speranza nell'oscurità di una tempesta interiore.
Le onde del mio tormento si infrangevano con furia, ma lei brillava come un'ancora, un miraggio di stabilità. Questa persona mi ha regalato un'illusione di pace e sicurezza, facendomi credere di essere finalmente al riparo dalle mie paure.
È stato come un caldo abbraccio, come il primo sorso di una tazza di tè bollente durante una giornata grigia e uggiosa, un conforto inaspettato che riscaldava l’anima.
E così, lentamente, è diventata una dipendenza. Come un veleno subdolo e dolce che ha messo radici dentro di me, facendomi credere che senza di lei nulla avesse più senso. Mi sono lasciato cullare da quella fantasia di libertà, come se tutto fosse finalmente a portata di mano, come se per la prima volta mi sentissi capito, apprezzato, accolto.
E ho desiderato rimanere lì, in quell'illusione.
Non volevo spezzare l’incanto, non volevo guardare in faccia la realtà. Eppure, dietro la dolcezza, c'era sempre il sibilo della paura: paura di affezionarmi troppo, di perdere tutto in un battito di ciglia.
Mi sono trovato intrappolato tra il desiderio di avvicinarmi e il terrore di essere abbandonato, come un topo in trappola, aggrappato a un legame che sapevo fragile.
E poi, senza preavviso, quella persona si è dissolta come fumo, lasciandomi da solo a fare i conti con la mia ingenuità e con le macerie dei miei errori. Ma in tutto questo, se c'è una lezione amara che ho imparato, è che non posso portare da solo il peso di ogni colpa.
Non posso continuare a punirmi per aver aperto il cuore, per aver creduto, anche solo per un attimo, che potesse essere vero. Se ho ceduto, è perché qualcuno ha saputo danzare sulle mie fragilità, ha sfiorato i miei sentimenti e, anche se inconsapevolmente, ha scelto di fare leva sulle mie paure, lasciandomi indifeso.
E ora, mi prometto di non dimenticare. Di riconoscere chi, con una maschera di gentilezza, si muove nell'ombra agendo con una sottile sagacia, cercando di toccare le vulnerabilità altrui per soddisfare i propri bisogni nascosti.
E mi auguro, con dolcezza, di non dover più incrociare la strada di chi trasforma la fiducia in un'arma.
Questa, forse, sarà la mia salvezza.
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Sai ci sono riuscita, sono tornata nei luoghi dove siamo stati insieme. Dopo tanto tempo, ho avuto di nuovo il coraggio, e credimi ce n’è voluto tanto. Ci vuole tanto coraggio a lasciare andare una persona che non sei ancora pronta a lasciare andare. Sono anche andata a Parigi dove siamo stati insieme, dove mi hai detto di amarmi per la prima volta, faceva così freddo eppure tu mi scaldavi. Avevamo così tanti piani, così tanti progetti, te ne sei andato prima che potessimo realizzarli. Era così bello, sembrava di vivere in un sogno, ma ora ho dovuto lasciar perdere tutto. Ho camminato da sola per le strade in cui prima camminavi mano per la mano con me, e chi lo sa, magari ora per mano hai qualcun altro, qualcuno che ti scalda il cuore per le strade della città dell’amore, un po’ come facevo io. Ma per dove siamo passati, il nostro amore è eterno, come un’ombra, un ricordo che non svanirà, e quando ci passo quasi sento ancora il tuo odore, se chiudo gli occhi sento la tua voce, e chi lo sa, magari dopotutto c’è ancora speranza, almeno nei posti dove siamo stati noi.
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Quindi in Italia da una parte abbiamo:
1. Un piano pandemico che, seppure con parole diverse, prevede sostanzialmente le stesse misure di quello di Speranza, edulcorate da vaghe promesse verbali del ministro Schillaci di ricorrere a restrizioni delle libertà solo "in casi estremi"
2. La struttura informatica del green pass che da ieri è diventata permanente e interoperante con quella della UE e dell'OMS.
Dall'altra, in Florida, Texas, Svezia e altri Stati, invece abbiamo:
1. La PROVA controfattuale che i lockdown non servono a niente, green pass e obblighi vaccinali neanche (anzi fanno perdere la fiducia anche nei vaccini sicuri, oltre che, più in generale, nelle Istituzioni).
NONDIMENO da noi si continua imperterriti sulla stessa strada.
Un errore poteva essere umano, due no. Il perseverare è decisamente diabolico.😈
Le spiegazioni possono essere:
1. Una guerra ibrida "a pezzetti" non dichiarata ma in atto, che spinge i governi occidentali a reprimere il dissenso, togliere le libertà fondamentali e militarizzare la società con la scusa di sempre nuove emergenze (virus, catastrofi climatiche, Putin alle porte), fatte credere grazie al controllo dei Media e a schiere di "esperti" venduti e corrotti.
2. Una strategia di lungo termine delle élite occidentali volta a ridurre la popolazione attraverso il caos sociale, la cancellazione dei valori tradizionali e l'immigrazione incontrollata. In particolare spingendo aborto ed eutanasia, esaltando l'omosessualità, e spargendo depressione con l'annuncio di sempre nuove catastrofi. E soprattutto liberando periodicamente virus a bassa letalità, affinché una parte della popolazione muoia, o per la malattia, o per gli effetti avversi dei vaccini, che vengono resi obbligatori anche se pericolosi.
Una spiegazione non esclude necessariamente l'altra. Anzi, si integrano a vicenda. Non a caso l'Occidente è in guerra coi paesi che non hanno problemi di sovrappopolazione, ma anzi perseguono la crescita demografica.
Perfino la popolosa Cina si preoccupa di combattere il calo delle nascite. Russia e Iran hanno territori enormi da popolare. Noi invece ascoltiamo l'ex ministro di Draghi Cingolani spiegare che il mondo ha una popolazione tripla rispetto a quella per cui sarebbe "progettato".
Complottismo? Allora è complottista anche Elon Musk. Lui ripete da tempo che la vera guerra è tra cui vuole lo sviluppo dell'umanità e chi ne progetta l'estinzione.
l'Occidente galleggia sempre peggio in un mare di debiti e di titoli senza nessun sottostante, e le materie prime scarseggiano.
Probabilmente stanno tentando d' impossessarsi delle risorse dell'Oriente. Di qui la guerra. Intanto l'Occidente globalista e anglosionista tampona la crisi contenendo i consumi e il numero di coloro che consumano.
Si stanno giocando ultima carta che hanno.
Massimo Montanari
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Le speranze sono come le stelle, illuminano l'immenso buio fatto di incertezze.
Non perdere mai la speranza.
cywo
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"Non bisogna mai perdere la speranza d'amare."
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Organizzare giorno per giorno il proprio suicidio è pazzia Eppure lo fai anche tu... eppure lo fanno tutti... Lo stile è potenza isolatrice Perdere il senno Giustificarsi una vita e non perdonarsi mai Siamo l'ultima speranza di noi stessi Un giorno capirai che non avere niente È la parte più bella dell'avere tutto Quel giorno ti bacerai la mano e ti sorriderai allo specchio Ti ringrazierai di cuore e poi ti tradirai Ogni atto di volontà è un atto magico Ricorda... Quel giorno sarà il primo ed unico giorno In cui avrai potere su te stesso Sarà il giorno in cui capirai Che è sempre stata solo colpa tua
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#frase del giorno#rassegnazione#reagire#non accontentarsi#pensiero del giorno blog#aspirazioni#non perdere la speranza
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Come mai leggo tutti i tuoi post molto negativi rivolti alla vita e ai tuoi giorni. Cos'è che non va? Hai bisogno di parlarne?
Ciao anon, grazie per il messaggio.
Sono stanco di tutto e di me stesso, alcuni periodi come quello attuale non fanno altro che alimentare lo stress, il nervosismo e l’insoddisfazione. Abito con mia nonna e mia sorella, gestisco tutto da solo tra faccende domestiche, commissioni, se nonna ha bisogno di qualcosa e/o deve andare dal fisioterapista e così via. Inoltre soffre di demenza senile, per fortuna non grave a parte alcune crisi, tuttavia non è autosufficiente al 100%.
Non sempre riesco a dedicare il giusto tempo a me stesso, dipende dalla singola giornata e talvolta sembra una perdita di tempo; in generale vorrei fare di più, ma ad un certo punto lascio perdere per mancanza di stimoli e voglia.
Sono pochi i periodi tranquilli e belli, almeno che io ricordi, però già dalla quarta elementare ebbi a che fare con dei problemi tra mia madre e mio padre, poi con il passare degli anni subentrarono altre difficoltà.
Se non avessi intrapreso un percorso psicologico ai tempi delle medie, grazie a mia madre, forse ora non sarei qui a scrivere e andare avanti un piccolo passo alla volta.
Lo sbaglio più grande, senza alcun dubbio, fu arrendermi dopo la morte di mamma ormai ben 12 anni fa.
Adesso va meglio grazie alla psicologa che mi ha aiutato per tanto tempo, una flebile speranza c’è ancora e voglio stare bene nonostante gli alti e bassi della vita.
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Cara me stessa,
So che in questo momento ti senti triste e incompresa. Ti senti come se non fossi mai abbastanza, come se il tuo amore e la tua generosità non fossero mai ricambiati. Ma voglio che tu sappia una cosa: sei una persona straordinaria.
Non lasciare che le parole degli altri ti abbattano. Non permettere a chi ti dice che meriti il meglio, ma poi non è disposto a dartelo, di farti sentire meno di quello che sei. Tu sei capace di offrire tanto, di prenderti cura degli altri in modo autentico e sincero.
È triste quando ci si sente soli nonostante tutto l'amore che si è disposti a dare. Ma non sei solo. Ci sono persone che apprezzano il tuo valore, che vedono la tua luce anche quando sembra che il mondo non la riconosca.
Non smettere di credere in te stessa. Non smettere di sperare. Continua a essere quella persona speciale che sei, perché il mondo ha bisogno di te. Meriti qualcuno che sappia riconoscere il tuo valore e che sia disposto a darti ciò che meriti.
Ti abbraccio forte, perché so quanto può essere difficile sentirsi così tristi e incompresi. Ricorda che sei importante e che il tuo amore merita di essere ricambiato. Non perdere mai la speranza, perché un giorno troverai chi saprà apprezzare tutto ciò che sei.
Con amore, e buon compleanno 🎂🎊🎈🎉
Te stessa
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Anni fa, agli inizi della mia
carriera, un amico e collega più anziano di me mi disse
che la vita fino a una certa età serve per mettere insieme
cose, pensieri, persone.
Poi, da un certo punto in poi, si deve avere l'accortezza e la
saggezza di iniziare a mollare la presa.
Prima che sia tardi.
Lasciare andare, se hai fortuna con calma e
progressivamente, un pezzo alla volta.
Fino a presentarti all'appuntamento nudo come quando sei
venuto al mondo.
Mi disse che sperava che le sue ultime parole fossero :
"Ecco qui. Sono pronto."
Certo che non piace sentirsi ricordare un fatto che mette in
crisi business plan e marketing e social media manager.
Soprattutto su pagine come queste.
Dove si cerca giustamente di sistemare il primo di pezzo di
vita.
Ma in questa epoca di vite sgangherate e smemorate
ispirate ai reel e tik tok degli altri, vivendo sempre nella
speranza di sfuggire ad una resa dei conti che ci metterà di
fronte ad un bilancio di dare e avere probabilmente in
passivo di amore, penso che sia un suggerimento che
dovrei tenere davvero caro.
Perdo e perderò molti pezzi a cui tengo, di cui sono
innamorato e geloso.
Pezzi miei e pezzi altrui.
Pezzi di proprietà e pezzi che non sono mai stati miei.
Una Caporetto esistenziale inevitabile.
Ma anche tutto questo perdere avrà un minimo di senso, se
mi ricorderò, già da ora, che tutto, mio e non mio, è solo un
noleggio, un prestito, un affitto, un comodato d'uso al
massimo.
Da ritornare in buono stato e spalmato di amore.
Almeno in pareggio di bilancio.
Almeno per farmi ricordare bene
Anche su queste pagine.
Sebastiano Zanolli
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Rileggendo alcuni miei vecchi appunti, esattamente 2 anni fa mentre stavo rialzandomi da un periodo non facile, scrivevo questo:
"Se sei già morto, perché temi ancora di morire? E della morte tua che hai timore o di quella del mondo intorno a te? La senti la libertà della fine? Senti quel senso di leggerezza dovuto al nulla intorno a te? Non è necessario morire realmente per iniziare a vivere, basta accettare di morire. In silenzio e senza paura…
E invece ho paura. Ho paura perché ora sto ricominciando ad affezionarmi alla vita, ma allo stesso tempo non ricordo più cosa significhi (ammesso che l'abbia mai saputo), lottare per tenersela stretta. Non voglio perdere la mia indifferenza alla morte, ma neanche voglio morire."
In effetti non ho ancora imparato a vivere o quantomeno a tenermi stretta la vita. Tutto ciò che mi limito a fare è eseguire dei semplici compiti di autoconservazione. Paradossalmente anziché liberare la mia natura, ho finito per rinchiudermi ancor più saldamente, solo ed isolato, nella gelida gabbia della cruda esistenza, condannandomi al 41 bis di una estrema ed atarassica razionalità.
Il problema è che ogni tanto torna ad affacciarsi quell'ansia per il fallimento, passato e futuro, che mi avvolge in ogni sua forma e si lega all'angoscia dell'impotenza, alla sensazione che qualunque cosa farò non potrò mai cambiare nulla.
E sento l'inflessibile Moira che bussa, che sospira nel mio orecchio, sussurrandomi parole dolci e soavi, promettendomi quella liberazione, quella tanto agognata κένωσις soterica e catartica, quello svuotamento da quel vuoto infinitamente denso e pieno di nulla che mi soffoca e mi trascina con sé, a fondo. Come un grido che finalmente si libera, svuotandosi di quel silenzio pressante e quel dolore ammutolente, nel solito sogno in cui provo ad urlare, ma la voce non esce.
Così io le accenno un sorriso con un’espressione beata e sollevata ma allo stesso tempo procrastinatrice, prima di tornare alla notte. Quella stessa Notte novalisiana dove la fantasia creatrice è la sola realtà, dove posso tornare ad essere dio o fantasma, e dove ancora una volta cerco conforto. Nella speranza che anche stavolta la luce della mia ragione, anche se solo per il breve intervallo che separa il tramonto dall'alba, si attenui innanzi alle tenebre della mia autentica essenza.
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Sebbene gli ostacoli della vita a volte ci sembrano insormontabili,c’è sempre una speranza.
Una luce in fondo al tunnel,che dobbiamo assolutamente raggiungere.
Si può perdere la via,ma l’importante è camminare e non restare immobilizzati dalla paura.
Anche a piccoli passi…ma camminare.
E non importa quanto faticoso sia,perché quella luce rimarrà sempre la nostra unica salvezza.
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