#non ne esco più
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Raga sto per fare una cazzata sto per iniziare pure mare fuori
#lo so lo so#è che sono come una drogata senza il suo fix in questo momento#dopotutto poteva non precipitare la situa?#ero consapevole a cosa andavo incontro quando ho iniziato#un professore#boh forse in realtà non lo ero cioè ce ne vuole per scrivere una seconda stagione così di merda ma comunque#non ne esco più#mare fuori#la scelta è tra quello o studiare per la sessione capire
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#sanremo 2023#valerio lundini#tananai#mr rain#elodie#ariete#manuel agnelli#paola e chiara#ditonellapiaga#colla zio#leo gassmann#rosa chemical#piero pelù#lazza#will#gianmaria#io non ne esco più#madame#baustelle#sethu#ho dimenticato qualcuno di sicuro#colapesce e dimartino#levante#sanremo#mara sattei#eugenio in via di gioia#olly
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Ah adesso per mia madre è pericoloso girare in città alle 5 del pomeriggio insieme a un'altra persona. Il perché? Rischio di attacchi terroristici 😐😐😐
#propaganda di merda a parte#ogni scusa è buona per farmi stare chiusa in casa io veramente non ne posso più#pretende che ogni volta che esco e rientro devo mandarle un messaggio#non è normale. per niente
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Scusate raga io l'avevo detto che sarei diventata ingestibile
#più che altro davvero se mi fermo un secondo a pensare a stasera non ne esco quindi meglio per me che sia così#scusate ancora bloccate il tag
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#magari smettiamo di romanticizzare e glorificare l'italia come se fosse un posto dove è impossibile stare male#io mi becco una p0rcodio di m0lestia al giorno ed esco pochissimo di casa perché ormai ho solo paura#quando è il coglione alla stazione che mi fa le foto di nascosto#quando è il vicino di casa viscido#quando lo stronzo che mi chiama “pecorella” davanti all'università#è una vita che va avanti questa cosa e ho 22 anni a malapena io sono stanca sono stanca sono stanca#l'altro giorno una donna è stata ammazz4ta a 30 minuti da casa mia. io non ne posso più voglio solo andarmene da qui#devo avere sempre paura di tutto e tutti#basta
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Oggi al bar c'era il tizio francese di cui ho scelto di non imparare il nome perché è un nome francese e io sono contrario all'imparare i nomi francesi, quindi lo chiamo "amico mio" che trasuda falsità ma poco importa. Non capisco cosa dice quando parla perché si barcamena un po' in tedesco e un po' in inglese ma si mangia le parole e le imburra con la lingua romanza più formaggiosa di tutte. Io annuivo ma ero concentrato a disegnare. La nebbia negli occhi c'è ancora. È un po' meno forte così mi sono messo fuori al sole all'aperto e il francese fumava e guardava il telefono e mi raccontava dell'appuntamento che avrebbe avuto la sera stessa con la propria fidanzata. Io continuavo a disegnare ma lui insisteva allora ho immaginato il loro appuntamento, in un bar come quello dove eravamo seduti. Ogni tanto emergevo dalle profondità di dove mi rintano quando disegno. Quando disegno esco dal pianeta, un processo molto simile a quello che attuo durante la scrittura. Abbandono il piano terreno e tutto cessa di esistere. I miei occhi funziano. Sto bene lì, sono sano, sereno. Capisco il francese e un po' vomito. Vedo dei topini intenti a ordinare una nuova bottiglia di vino. Il cameriere topino sale da una scaletta e gliela porge e loro siedono sul tavolino proprio di fronte al mio. Per disegnare i dettagli più minuscoli ho dovuto accendere la luce portatile della bici. In pieno giorno. Quando ho finito e sono tornato in superficie il francese se ne stava per andare. Ha pagato lui il conto ringraziandomi per la piacevole conversazione (non ho detto praticamente nulla ma rido sempre alle battute degli altri specialmente quando non le capisco). Ho guardato gli altri tavoli e ho visto una ragazza piena di pennarelli che disegnava diavoli rosa. Un signore di una certa età che scriveva a penna nel suo taccuino. Un ragazzo che provava a decifrare un file excel o forse era un programma di sintetizzatori formato dj techno. Poi io con i miei topini. Io non me lo posso permettere un atelier anche se mi do arie da artista. Mi posso permettere a malapena di stare in un bar sperando che qualcuno mi offra da bere. Ma qua è tutto così. Gli atelier sono per artisti con qualche mecenate, tipo un babbo ricco. Noi morti di fame paghiamo un caffè al giorno per sentirci meno soli, finire circondati da morti di fame come noi, costretti ad ascoltare il francese che diventa un salvagente mentre si sprofonda nella solitudine. Io ho i miei topini al momento a tenermi compagnia. Un giorno spero torneranno gli occhi.
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ULTIME ORE SU X
Ultime ore su X. Sto scaricando l'archivio dei miei tweet: ci vorranno 24 ore.
Per me non è stato facile uscirne. Ci sono da 14 anni. Li è nato questo mio alterego col barattolo che uso per sfogarmi su qualsiasi cosa. Posso senz'altro dire, senza vergognarmene, che Twitter (mi piace chiamarlo col suo vecchio nome) fa parte della mia storia personale.
Ho scritto 67.197 tweet. Potrebbero riempire diversi libri. Sono così tanti che alcuni (per la legge dei grandi numeri, non perché io sia bravo) hanno fatto il giro del web. Con la disattivazione del mio profilo si perderà "la fonte". A chi li ha copiati per ottenere un pugno di like, dico: complimenti, hai vinto!
Non esco con la convinzione di fare chissà quale gesto rivoluzionario. Non esistono i "social etici", a parte Mastodon che non appartiene a nessuno.
Esco per motivi molti più prosaici. La disparità di trattamento fra chi paga e chi non paga su X è davvero troppo grande per i miei gusti. Mi sembra stupido buttare del tempo in un social che ormai condiziona pesantemente la visibilità dei contenuti alla presenza di un abbonamento. E poi frequento troppi social: IG, Bluesky, Threads, Tumblr, Telegram: in tutti i casi come ideeperscrittori. L'unico social che non ho mai frequentato è TikTok perché non volevo umiliare le altre persone con il mio notevolissimo talento nel ballo vincendo tutte le "challenge".
Quindi niente, si chiude un capitolo importante per me: per tutti gli altri questa cosa rappresenta un immenso "qu3l gr4n c4zz0 ch3 m3 ne fr3g4", me ne rendo conto.
Ogni tanto a qualcosa bisogna rinunciare. E rinuncio volentieri a X.
[L'Ideota]
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Nel pieno della preparazione (delirio!) dei dolci per la domenica (il giorno più atteso in pasticceria) avviene una conversazione curiosa e divertente tra me ed il secondo pasticciere. Quest'ultimo, infatti, stava decorando con della frutta un dolce — nello specifico una torta bignè metà crema pasticcera e metà ricotta, a mio parere pure brutta, molto rustica, odio il bignè rigato non posso farci niente — alché un pezzo di frutta cade come un uccello morto, io me ne sono accorta e gliel'ho fatto notare aggiungendo tanto per ridere "si è suicidato". Amico pasticciere mi guarda con una faccia strana, un lampo attraversa i suoi occhi e mi dice "tu pensi al suicidio?". Io, sorpresa, lo scruto con occhio sospettoso per capire se mi prende per il culo o è serio e gli chiedo più volte perché me lo sta chiedendo; non ricavo nessuna informazione che potrebbe farmi capire quali sono le sue intenzioni, mi dice soltanto di rispondere sinceramente. Io me ne esco con una alzata di spalle e con un generico "normale". Lui continua dicendomi "ah quindi ci pensi" ed io con nonchalance aggiungo "come si pensano le altre cose". Alla fine mi dice che me lo ha chiesto perché una sua amica si era suicidata e che quando cadeva qualcosa, come nel caso del pezzo di frutta del dolce, diceva sempre "si è suicidato".
Un delizioso contrasto tra contesto, argomento e situazione (confusione totale per la preparazione dei dolci).
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Prendo una pausa dallo studio per incazzarmi fugacemente; questa roba che nel 2024 considerate gli psicofarmaci come parte di un grande piano malvagio degli psichiatri brutti e cattivi che vi vogliono sedare per rendervi “servi” del sistema è una stronzata così colossale e approssimativa che può generarla solo chi ha avuto il privilegio di non dover ricorrere ad ausili di questo tipo.
1) Non c’è alcun piano malvagio dietro perché se sono depressa in culo non riesco a cambiare o sovvertire nel mio piccolo il sistema e non mi tange neanche un conflitto mondiale che si consuma davanti ai miei occhi; viceversa, con un antidepressivo in corpo, riesco a essere più lucida, determinata e costante nei miei obiettivi e sicuramente più proattiva; ne consegue che non sono gli psicofarmaci ad inebetirmi, ma la patologia.
2) ��Eh ma chi può dire cosa sia patologia o cosa no, magari tu non hai niente che non vada ma è questa società che te lo fa credere!” Sì Gianfranco sono pure d’accordo però t’assicuro che questa argomentazione sull’interrogarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina in relazione a questioni così complesse porta a un vicolo cieco senza risoluzione da cui comunque esco depresso e comunque t’assicuro che società o meno le mie psicopatologie me le porto dietro dagli 0 anni di età, quindi facciamo che, come per tutto, la smettiamo di interrogarci in maniera inutile sulla questione e adottiamo la filosofia del “basta che funzioni”, cioè la filosofia che nella vita dovrebbe portarti a viverla, tipo, nel migliore dei modi possibili, cercando di essere un umano decente; e che se mi aiutano 10 gocce di xanax ben venga se in loro assenza e preda delle pippe mentali di cui sopra trucido dieci persone.
3) Il fatto che esistano psichiatri di merda che rifilano farmaci con dosaggi sbagliati o non imbroccano proprio la cura non rende lo psicofarmaco di per sé un problema (spoiler: ogni sostanza che ingeriamo, ogni farmaco che assumiamo, agisce sul cervello e su specifiche aree di quest’ultimo).
4) Per quanto l’introspezione e l’analisi critica della società sia fondamentale - anche - per guarire, fino a quando non mi trovate una soluzione alla depressione maggiore, al disturbo bipolare, alle varie disfunzioni chimiche cerebrali, all’insonnia e via dicendo che non siano discorsi alla Basaglia usciti però un po’ peggio continueremo a prenderci gli psicofarmaci che ci impediscono di buttarci sotto un treno davanti i vostri occhi.
5) Nelle tribù, per dirne una, dalla notte dei tempi si utilizzano sostanze psicotrope perché l’essere umano evidentemente ne sente l’esigenza pure quando vive in mezzo alla giungla e si gratta il sedere dalla mattina alla sera senza che ci siano questioni capitalistiche di mezzo, quindi figurati se io che vivo una vita di merda tra lo smog, la freneticità, le crisi mondiali, i conflitti, le disparità sociali e la precarietà esistenziale non devo assumere il Valium, ma va là.
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ce n’ho abbastanza per comprarmi una bottiglia di vodka un chilo di arance un amburg il pane tondo una birra un pacchetto di marlboro. E poi mangio l’amburg col pane tondo tostato e bevo la birra e fumo la marlboro e poi spremo due arance con la vodka. E poi esco e incontro la più grande figa della mia vita con gli occhi verdi e le ciglia nere e la bocca rossa e le mani nervose e decidiamo cazzo di non fare nessun film di non scrivere nessuna stronzata di non recitare nessuna cagata e di non andare in campagna e di non occuparci della casa né della merda né dei capelli né dei comunisti. Io butto nel fiume il trench di mio fratello io compro i biglietti per la partita roma-river plate io raccolgo gli occhi nella spazzatura io accompagno mio figlio nel paradiso totale senza nessun pericolo né gas né elettricità né politica né bicchieri né coltelli né stanze di pavimento. E lei scompare come le ore e appare come le ore e me ne frego della pensione e me ne frego di morire me ne frego dei fascisti e dovunque mi sdraio sogno e ho sempre voglia di baciarla e gli alberi respirano e le nuvole di merda si spaccano e da dentro partono razzi luminosi e dovunque sono vivo e non ho nessuna paura né dei rinoceronti né dei serpenti né degli appuntamenti e butto via l’elmetto e esco dalla trincea delle spalle di piombo e mando affanculo tutti gli stronzi cagacazzi della terra e grido come un’arancia stellare e viaggio nella luce dell’ananas e cago cicche d’oro sulla faccia dei nazi-igienisti maledetti puliscicessi. Buttare via il tempo della vita a lucidare i bidè e conservare i bicchieri e sorridersi a culo sbarrato e invecchiare come i più stronzi prima di noi. Maledetti cagoni falsi e vigliacconi. lei apparirà. Bruciando i tampax dell’anima sanguinante. apparirà con gli occhi verdi e ciglia nere e bocca rossa anima luminosa come arcobaleno puro radice che spiega con tutta la chiarezza perché questa merda è merda e finirò di vivere la vita con la paura di vivere la vita.
Victor Cavallo - Ce n'ho abbastanza
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ok è giunto il momento di:
-aprire un asilo nido (perché a questo punto non esco con degli uomini ma con dei bambocci dell’ età mentale di 4 anni)
-farmi suora (perché non se ne può più)
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Di cose da fare
Mi alzo dalla sedia. Perché ho deciso di fare una cosa. Esco dalla stanza. Per andare nel corridoio. E non mi ricordo più cosa volevo fare. Intanto che ci sono, vado in bagno. Con uno dei due libri che sto leggendo. E mi torna in mente cosa volessi fare. Esco dal bagno. Rimetto il libro da dove l'ho preso. E faccio quella cosa. Con una certezza rassicurante. Dovesse venirmi l'Alzheimer, sarei già pronto. Non me ne accorgerei nemmeno.
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Si, dovrei fare attenzione quando la mattina esco dal bagno. Quasi sempre seminuda. Di solito in intimo. La casa è piccola. Dal bagno alla camera da letto, dove finisco di vestirmi, Andrea ha così modo di guardare la sua mamma.
È un adolescente. È normale che mi guardi. Che arrossisca. Diventa rosso già quando passo davanti a lui veloce. Non parliamo di quando mi fermo, magari perché ho indosso qualche cosina nuova appena comprata, e gli chiedo se gli piace…. Allora diventa viola, cerca quasi di distogliere gli occhi. È quasi sempre la sua mano corre al pacco, per non farmi vedere cosa gli succede….che effetto gli faccio.
Potrei girare in vestaglia, ben chiusa. Vestirmi in camera mia, con la porta chiusa. Potrei essere una madre seria e riservata. Ma è così tenero e dolce il mio piccino quando diventa rosso davanti la mamma……!
Esci con un uomo, mamma?
Me lo ha chiesto, balbettando. Deve averlo capito dalla mia mise, più sofisticata, più sexy del solito.
È geloso! Il mio tesoro.
Si, è vero, un uomo mi aspetta, una cena, una serata che sarà conclusa con una scopata. Non so nemmeno quanto ne abbia davvero voglia.
Ma qui adesso davanti a me c’è il mio piccino ingelosito. Gli sorrido senza rispondere. Gli chiedo di allacciarmi dietro il reggiseno. Lo sento tremare e trattenere il respiro.
Mi giro di scatto, ora siamo occhi negli occhi. Lo abbraccio, lo stringo. Gli sussurro in un orecchio: “si, è vero, avevo un appuntamento, preferisci che resti con te stasera?” Gli bacio l’orecchio, glielo mordicchio, glielo lecco. Lo sento tremare tra le mie braccia. Spingo la coscia, sento il suo pene. Duro. Accidenti quanto è duro. Quanto glielo ho fatto io diventare duro.
Quale mamma potrebbe lasciare suo figlio solo e sofferente. E quale donna potrebbe lasciarsi scappare una occasione del genere, sedurre un ragazzo ancora vergine.
Abbasso là zip dei pantaloni mentre lo bacio sulle labbra.
“Resto con te, stasera, contento?”
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Ho bisogno di silenzio
come te che leggi col pensiero
non ad alta voce
il suono della mia stessa voce
adesso sarebbe rumore
non parole ma solo rumore fastidioso
che mi distrae dal pensare.
Ho bisogno di silenzio
esco e per strada le solite persone
che conoscono la mia parlantina
disorietate dal mio rapido buongiorno
chissà, forse pensano che ho fretta.
Invece ho solo bisogno di silenzio
tanto ho parlato, troppo
è arrivato il tempo di tacere
di raccogliere i pensieri
allegri, tristi, dolci, amari,
ce ne sono tanti dentro ognuno di noi.
Gli amici veri, pochi, uno ?
sanno ascoltare anche il silenzio,
sanno aspettare, capire.
Chi di parole da me ne ha avute tante
e non ne vuole più,
ha bisogno, come me, di silenzio.
Alda Merini
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Mi vede in terrazza, occhi negli occhi per un breve istante, poi salta di qua ed entra da me.
Non ci vediamo da cinque giorni.
Inizia il rito silenzioso dell’accoglienza: resto accucciata, mi sfiora il polpaccio poi s’infila fra la gamba e il braccio per cercare carezze; ripete il giro due tre volte poi si lascia accarezzare completamente.
Testina, schiena, dietro alle orecchie, petto, poi ancora testina, mento in alto, occhi chiusi, nasino rosa vicino al mio e poi occhi aperti: vicinissime, piccole persone s’incontrano.
Finiti i grattini fa il giro delle sedie, tutte le gambe posteriori sono oggetto di struscio, poi il frigo e i mobili.
Resto ad osservarla come per entrare nel suo essere totale d’intenzionalità chiara e potente poi mi siedo sulla poltrona.
Finito lo struscio inizia la pulizia, prima in zona cibo poi davanti a me respirando l’aria fresca che entra dalla porta finestra.
Sto in silenzio: è una pulizia-danza, una ginnastica aerobica con leccata. Eleganza anche mentre si fa il bidet. Brevi istanti di pausa e poi via un nuovo avvitamento elegante e leggero.
Leggo.
All’improvviso è alle mie spalle: gioca con il tiragraffi, selvaggia, agguerrita, occhi sbarrati a tratti sfidanti, s’interrompe, mi guarda.
Le faccio sempre i complimenti, sembra chiedere approvazione.
A pancia in su, mostra la parte più delicata di sè, un manto bianco morbidissimo: mi tornano alla mente alcuni tratti di “Gatti molto speciali” “Il trucco più grazioso, del quale faceva sfoggio soprattutto per avere compagnia, consisteva nello sdraiarsi di schiena sotto un divano, e poi spingersi fuori da sola facendo leva sulle zampe, con scatti rapidi e bruschi, fermandosi per volgere l’elegante testina da un lato e dall’altro, gli occhi gialli semichiusi, in attesa dell’applauso”.
Fine dei giochi, oggi si è rotto l’elastico che tiene legata la pallina al tiragraffi, Micia è rimasta per un istante interdetta poi si è accontentata di mordere e sfilare l’elastico tenendosi con le zampe aggrappata al cilindro; qualche altro morso alla piuma e poi via, si porta di nuovo davanti alla finestra.
Respira l’aria fresca, osserva fuori possibili prede allungando il collo a destra e sinistra, resta immobile qualche istante poi si gira, mi guarda con quell’aria mista di dolcezza e voluttà.
È finita, intende dire, per ora è finita, gradirei uscire mia cara; se tu mi usassi la cortesia di alzare la zanzariera potrei tornare nel mondo dei vivi, grazie, non temere, quando ne avrò voglia tonerò a mostrarti cosa sono bellezza e libertà. Tornerò.
Alzo la zanzariera, passa sotto come fosse di gomma ma resta fuori ad osservarmi. Ad un certo punto miagola, è cosa strana perché solitamente lo fa solo quando vede il cibo.
Esco, in effetti fuori l’aria e molto più fresca e respirabile; ancora un po’ di grattini e di fusa, poi comincia a sbirciare fra le aste di finto legno della terrazza. Prede. Uccelli. Caccia. Istinto.
Salta sulla ringhiera. Non esisto più. Posizione aerodinamica, tutti i sensi accesi. Salta. È via.
Buona giornata.
A più tardi.
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Guardo Valerio nel suo letto di terapia intensiva e mi dico che lo amo, mi dico che è comunque l’uomo più bello su cui i miei occhi si siano posati, mi dico che la mia è una depravazione triste. Esco dalla terapia intensiva e mi dico che domani mollo tutto e me ne vado in vacanza, ci sono le mie nottate a ballare e i miei amici ad ore che mi attendono, che in fondo io voglio stare lì e non qui. Penso a Valerio che probabilmente sta morendo, mi dico che la qualità dell’esistenza potrebbe essere la stessa, che io Valerio prima di oggi non lo vedevo da un anno. Mi dico che potrei essere qui, sulla via Emilia, seduta al tavolino di un bar a bere una coca zero e lui potrebbe non esserci più. Mi dico che sarebbe lo stesso. Mi dico che non sarà mai più lo stesso. Mi dico che non è già più lo stesso. Mi dico che lo amo. Mi dico che non so amare. Mi dico che so mentire benissimo. Mi dico che lui è sempre stato migliore di me. Mi dico che è facile amare lui che nei deliri epatopatici mi ricorda che gli ho insegnato a vivere. Mi dico che non è sempre stato così. Mi dico che è stata l’unica relazione simmetrica che abbia mai vissuto. Mi dico che Valerio esiste. Mi dico che moriremo tutti. Mi dico ancora e sempre che lui è migliore di me. Nessuno è mai stato più squallidamente egoista di me. Ci credo veramente.
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