Tumgik
#non fate domande sulla gente a caso
kon-igi · 6 months
Note
Ciao Kon,
Tu forse non ti ricorderai di me ma io invece ricordo un liquore alla liquirizia, più di un meet up e quello che doveva essere un incontro al Lucca Comics finito "male" per il troppo casino (non siamo riusciti a beccarci).
Ti scrivo in anonimo perché penso tu sia una grande cassa di risonanza perché nonostante tumblr sia diventato -non per noi nostalgici- un po' obsoleto vedo che continui ad essere un punto di riferimento per questa comunità e che forse tu con il tuo cinico dissezionare la situazione possa in qualche modo riuscire a scuotere i più, ma ahimè vige il segreto professionale, cose firmate e quant'altro che mi impediscono di esprimere questo disagio pubblicamente.
REGÀ I SORRISI DEI COMMESSI SONO FALSI. Non perché non abbiamo più voglia di fare questo lavoro, ma perché è diventato tutto uno schifo, le aziende e anche i clienti se vogliamo dirla tutta.
Cosa si cela dietro la vita del commesso?
Conta persone agli ingressi, voi non li vedete ma è così e di recente c'è anche il contapersone del passaggio esterno, quindi se non ti cazziano perché non hai venduto, ti cazzieranno perché non è entrata gente.
Statistiche: pezzi per vendita, scontrino medio, media di scontrino per ingressi. Voi non lo sapete, ma ogni giorni ci sono storici e budget da raggiungere in base anche solo ad un singolo ingresso che voi fate "per dare un'occhiata" - ora capite perché non è facile sorridere quando i vostri figli giocano ad acchiappino correndo fuori e dentro i negozi? Perché per quei venti ingressi senza scontrino ci sarà un area manager pronto a far il culo allo staff.
Se sei fortunato e capiti in una squadra in cui ci si spalleggia bene, altrimenti è l'azienda stessa a incentivare la lotta e l'invidia tra colleghi in una lotta tra poveri per mantenersi il posto al miglior venditore.
Non abbiamo mai abbastanza personale, MAI. Siamo spesso contati, se ci ammaliamo almeno nel mio caso ci si mette una mano sul cuore e per non mettere i colleghi in difficoltà si va a lavoro con due bombardoni di tachipirina col rischio di portarsi dietro il malanno per un mese.
Le ferie saltano perché decidono di aprire più punti vendita ma non di assumere gente che non soccomba al "gioco degli stagisti".
Turni del cazzo, spezzati e il più delle volte tutto quello che fai oltre l'orario di lavoro (anche la semplice chiusura) è straordinario che non viene contabilizzato.
Reperibilità quasi totale, manco fossimo in un ospedale. Nel tuo giorno libero è un miracolo non venir contattati dal gruppo di lavoro.
E poi vogliamo parlare dei vari festivi in negozio? Io ho dovuto combattere per avere un cazzo di permesso per la comunione di mia sorella.
È domenica, sono le 15 sono in turno da un'ora in un piccolo centro commerciale di due clienti entrate, una mi ha salutato e trattato come se le avessi offeso l'intero albero genealogico con uno sdegno tale che fa tanto lotta di classe quando siamo tutti nella stessa sudicia barca.
Quindi Kon, per favore aiutami a diffondere il verbo, io sono disposta a rispondere a tutte le domande di questo magico mondo cercando di farvi entrare in empatia con i commessi, ma per favore se non è proprio questione di vita o di morte: SMETTETE DI ANDARE A GIRO PER CENTRI COMMERCIALI, TANTO LA DOMENIC SIETE TUTTI SCOGLIONATI A PRESCINDERE E ALLORA STATE COI VOSTRI CARI, MAGARI È LA VOLTA BUONA CHE SMETTERANNO DI LUCRARE A VUOTO SU STO MONDO.
Ps: stare fino alle 18 fuori e poi riversarvi alle 20 nei negozi non funziona, mettetevi una cazzo di mano sulla coscienza.
Per me i centri commerciali sono un aberrazione sociale che riesce a darmi claustrofobia e agorafobia al contempo ma dopo essere stato a quello di Orio al Serio (aspettavamo che le figlie scendessero dall'aereo... direttamente nel centro commerciale!), ho fatto la tessera di iscrizione ai terroristi.
Non sono un nostalgico della bottega sotto casa, anche perché erano altri tempi e altri modi di vivere... mi basta il supermercato ma il centro commerciale è concepito perché la gente sia invogliata A VIVERLO e questo lo trovo demotivante.
Mi spiace per te ma alla fine mi spiace per tutte quelle persone - non schiavi ma servi - che devono sacrificare se stessi per il benessere superfluo di gente che dà tutto per scontato, quasi se lo meritassero.
E invece sono solo nati dalla parte giusta della società. E del mondo.
EDIT
Non mi ricordo di te al Meetup perché probabilmente ero già ubriaco <3
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Yule Ball? a.k.a l’arte del rifiuto - part 1
PROMPT:  Ok ma dato che siamo in tema metanari teen!au how abt prom!au con Ermal che riceve mille inviti ma li rifiuta uno ad uno aspettando quello di Marco che però arriva un po' tardi perchè è imbarazzato ed Ermal si spaventa pensando "omg e se non me lo chiede?" Ma poi Macco prende coraggio e timidamente e con un po' di imbarazzo glielo chiede. Obv saranno la coppia più bella e tutti li invidieranno ed Ermal sarà tipo "wow ho il ragazzo migliore di tutti" e mentre ballano ha gli occhi a cuoricino.
Allora ragazzi, sono Asia aka @itsziapalla ed è tipo la ventesima volta che mi presento, perché ho diversi post in cantiere e non so quale vedrà la luce per primo, lol
@la-suonatrice-jones ci ha chiesto una metanari prom!au e la fillo io perché me piacciono le cose “strane”
Ho avuto il colpo di genio, quindi la cosa si è trasformata presto nell’au di una hogwarts!au plottata con Milena (la prima cosa che abbiamo plottato insieme, btw), che forse un giorno approderà su questi schermi, per adesso abbiamo il Ballo del Ceppo ed Ermal alla “ricerca” di un accompagnatore
La prima è Annalisa. Sono sulle scale della torre di Astronomia, come sempre, a studiare seduti vicini, quando lei alza il capo dal proprio libro e dice semplicemente: “Al Ballo del Ceppo andiamo insieme, vero?”
Non sa come dirle che no, non andranno insieme. Perché lui vuole andare con qualcun’altro, quindi boccheggia e si ferma un’istante a guardarla stupito, pensando a cosa dirle
“Oh” dice l’altra, capendo (in qualche modo, lei capisce sempre) “Chi?” si ferma a guardarlo, per poi aggiungere “Chi vuoi che te lo chieda?” 
Arrossisce e la guarda di sottecchi, balbettando un timido “Marco”
“Buona fortuna” dice lei solamente, senza nessuna particolare inflazione della voce, perché sanno entrambi quanto Marco sia timido. Sospira e la ringrazia. Avrà molto bisogno di fortuna.
Il secondo è un tassorosso del settimo anno che Ermal ha sempre guardato da lontano ed ammirato per il suo essere così... bello. 
Gli si avvicina e un po’ gli tremano le ginocchia ad averlo di fronte. Si vergogna e si appoggia alla scopa con disagio, la divisa da Quidditch di serpeverde zuppa di sudore. “Ciao, Fabrizio” lo saluta, mentre i suoi compagni di casa e squadra lo superano e lo prendono in giro.
Fabrizio sorride e davvero, non è giusto essere così belli.
“Mi chiedevo se ti andasse di venire al Ballo del Ceppo con me” chiede semplicemente l’altro, mettendosi le mani in tasca, abbassando un po’ la testa, rivelandosi più timido di quanto Ermal credesse
“Io...” balbetta, leccandosi le labbra nervoso “Mi dispiace”
“No, non fa niente” replica Fabrizio, mettendo una mano avanti e sorridendogli “sai qualcun’altro a cui potrei chiederlo?”
“Oh” è sorpreso e anche un po’ offeso. Sperava che un po’ se la sarebbe presa “La mia migliore amica non ha ancora un... date?” azzarda, chiedendosi se Fabrizio sappia cosa voglia dire, dato che per fama sa che è uno di quelli che Piton prende sempre di mira per l’inglese e che si fa scrivere i temi dai suoi compagni di casa più generosi
Fabrizio fa un espressione pensierosa per un secondo, poi gli dà una pacca sul braccio “Vabbé, ce provo... speramo non me dà picche anche lei, no? Grazie. Ce vedemo, regazzi” dice poi, dandogli un buffetto anche sulla guancia 
Rimane per un po’ a guardarlo andare via, confuso
Il terzo glielo chiede proprio davanti a Marco. E ad Annalisa. E a tutto il corridoio del secondo piano, perché Francesco Gabbani, grifondoro del sesto anno, cosa sia il pudore non lo ha ben capito
“Meta! Vieni al ballo con me?” chiede, correndogli incontro con il suo miglior sorriso da marpione, la cravatta messa in testa come in Karate Kid
Ermal guarda prima Marco che si guarda i piedi e poi Annalisa che rotea gli occhi al cielo
“No, mi spiace, Francesco. Voglio andare con qualcuno che mi interessi davvero” specifica, sperando che Marco capisca che quel qualcuno è lui
spoiler: non lo capisce e continua a guardarsi i piedi, rosso come un peperone
“Ok” dice Gabbani, girandosi verso Annalisa “Scarrone, tu invece...” 
“Scordatelo, Gabbani”
“Montanari?”
Marco alza la testa e lo guarda stupito, diventando ancora più rosso. “Vorrei chiederlo a qualcun’altro. Appena trovo il coraggio”
Ermal panica. Annalisa eyerolla talmente tanto che le vengono le zampe di gallina in anticipo di quarant’anni. Gabbani scrolla le spalle, dicendo “Sbrigati, prima che lo faccia qualcun’altro” e poi si rivolge ad una ragazza di Beuxbatons che sta passando accanto a loro in quel momento. “Mademoiselle, voulez vous coucher avec moi à le Yule Ball?”
“Francesco” cerca di avvisarlo Ermal, ma la ragazza fa un verso sgomento e poi lo schiaffeggia, prima di andare via indignata
“Ma che ho detto?” chiede confuso l’altro, tenendosi la guancia, per poi voltarsi verso un altro ragazzo di Beuxbatons “Garçon, voulez vous coucher avec moi à le Yule Ball?” Il tipo lo guarda, scrolla le spalle...
“Oui, pourquoi pas?” Francesco si volta a guardarli “Oui è sì, vero?” e quando annuiscono torna a sorridere al giovane francese. “Merci very much, ma cher. C’est magnifique” poi li guarda, facendo loro l’occhiolino. “Nailed it” sussurra, andando via con il francese 
Anche al quarto invito indesiderato Marco è presente, anche se un po’ più lontano e probabilmente non sente nulla
Ermal è nella sala comune di grifondoro, a fare un po’ di compagnia a Rinald, quando davanti a loro si siede Andrea Vigentini che lo guarda con una serietà che ad Ermal fa spavento e d’istinto si gira a guardare in direzione di Marco, che distoglie lo sguardo abbassando il capo e arrossendo 
“Ermalvorrestivenirealballoconme?” chiede Andrea, tutto d’un fiato ed è Rinald a rispondere “Eh?”
Andrea fa un respiro profondo “Ermal, mi chiedevo se tu...”
Lo ferma subito. “Mi dispiace, Andrea, ma... vado già con...” ci pensa e non sa cosa dire, venendo salvando soltanto dalla cocente delusione che si forma sul viso di Andrea, mentre pigola un “oh, fa niente dai. Sarà per la prossima volta”
Non sa perché lo fa, davvero, ma “Rinald non ha ancora un accompagnatore, però”
“ERMAL” si lamenta l’altro, imbarazzato, mentre Andrea pigola un alto piccolo “oh” voltandosi verso il più piccolo dei fratelli Meta. “Ti andrebbe di...”
“Ok, sì. Ma solo perché nessuno ancora non me l’ha chiesto e ho paura di perdermelo” spiega, con il broncio, dato che lui è del secondo anno e i ragazzi così piccoli non possono partecipare se non invitati 
“Va bene. Perfetto” risponde Andrea, per poi alzarsi senza aggiungere altro, mentre Rinald gli pesta il piede indignato “Tu sei coglione”
Ma Ermal non lo ascolta. è troppo impegnato a fissare Marco che ancora fa finta di nulla. “Perché non mi inviti ancora, cazzo?” pensa, desiderando di essere un legimante per poter capire cosa diavolo ha in testa Marco
Il quinto invito è probabilmente il più difficile da rifiutare, sia per la poca pazienza nei confronti del ritardo di Marco, sia per il soggetto in questione
Che quando si siede al tavolo al quale Ermal sta studiando con Annalisa, gli fa andare la saliva di traverso per la sorpresa
La saliva di traverso non va a Fabrizio, seduto con loro a fingere di studiare per far contenta il suo date (come si diverte a chiamarla credendo che sia chissà che dolce epiteto in inglese), che subito la saluta
“Ciao, Fabrizio” replica lei, sorridendo (ed Ermal è sicuro che stia sorridendo e dio, quanto ama il suo sorriso, ci ha scritto una canzone che Marco adora e dio, Marco. Marco che ancora non lo invita. Marco che gli piace da impazzire ed è il suo migliore amico ed è timido e codardo e per niente grifondoro e che cavolo ci fa in quella Casa? Marco che porca troia e se non lo ricambiasse? E se si fosse sognato tutti gli sguardi e le toccatine strategiche e la sintonia che avverte tra di loro? Marco che probabilmente non lo vuole e che cazzo però)
“Lei è Annalisa, la mia ragazza” dice Fabrizio, per poi proseguire con “e lui è...” ignorando completamente il “Non sono la tua ragazza, Mobrici” di Annalisa
“So chi è” lo interrompe la ragazza, sorridendo ancora “Sono qui per lui in realtà. Ermal...” lo chiama e lui deve guardarla e dio, Marco glielo chiederà, deve chiederglielo per forza “So che è un po’ strano, visto che sono una ragazza, ma dato che sembrava che tu non me l’avresti mai chiesto” e ridacchia e che risata ha? Troppo bella per essere vera “verresti al ballo con me?”
“Silvia...” balbetta, guardandola triste “Mi dispiace...”
C’è un motivo per cui Ermal ha passato tutto l’anno precedente a sbavare su Silvia Notargiacomo. O, meglio, ce ne sono mille. è bellissima, biondissima, divertentissima e... buonissima. Quindi non se la prende e va via con lo stesso sorriso con cui è arrivata.
Sorriso che non trova sul viso irritato di Annalisa e su quello confuso di Fabrizio.
“Ermal, una domanda... perché diavolo non lo chiedi tu a Marco?” gli domanda Annalisa ed Ermal non riesce nemmeno a guardarla in faccia
Ora. Ermal non chiederà mai a Marco di andare al ballo per motivi che non staremo qui ad elencare e che si riassumono con il fatto che Ermal non ha mai chiesto a nessuno di uscire. Ed ha passato la maggior parte del suo tempo ad Hogwarts in completa solitudine, se non fosse stato per un incontro fortuito in un bagno in disuso alcuni mesi prima. Quindi, le relazioni sociali sono un mistero per lui. E se sa come accettare e come rifiutare, non riesce a chiedere. E poi è orgoglioso, tanto orgoglioso. ed è Marco, santo dio. Marco. E andiamo!
Insomma, basic!Ermal being Ermal
Ma Fabrizio è di tutt’altra pasta. Lui non comprende l’orgoglio di Ermal e non comprende nemmeno la timidezza di Marco. Fabrizio è un essere umano a 360°. Un animale sociale. Lui ha più amici che cellule nervose. Avrà adottato mezza Hogwarts, professori compresi. Ed ha adottato Ermal da quando ha deciso di dividere la custodia dei suoi figli con Annalisa
Inoltre, non è una ragazza. Quindi quando Annalisa gli parla di girls code e di segreti e tutte quelle puttanate alla Sleepover Club, lui non capisce bene di cosa sia parlando. Anche perché la sua non-ragazza, all’in fuori di Ermal e di quel spilugone troppo cresciuto di Michele Bravi, non ha amici. E nessuno dei due è una ragazza. Quindi girls code cosa esattamente?
Quindi, capirete bene che anche il buon Bizio si comporta da basic!Bizio. E al buon Bizio è impossibile non fare del bene. Quindi va da Marco.
E per adesso è tutto! La seconda parte arriverà a breve. So che c’è voluto del tempo e me ne dispiaccio, ma ho preparato un esame da cui sono fuggita senza nemmeno provarlo ed ho dovuto affrontare la consapevolezza di doverlo (ri)dare a breve. Settembre fa schifo. Non date mai esami a settembre, sentite a me. 
Ma parliamo di cose belle e cioè che non si capisce nulla di ciò che ho scritto! è la mia prima cosa a punti e non cosa sia venuto fuori. So che ci sono inoltre cose che non sono molto chiare, ma ho praticamente preso un au sviluppata con Milena e ho sostituito la metamoro & kose con la metanari soft. In pratica, gli antefatti e il world building (perché ho fatto world building per questa cosa) sono gli stessi, solo che anziché combinare disastri vari, Ermal e Marco sono incapaci di invitarsi l’un l’altro al Ballo del Ceppo (che sì, è il Ballo del Ceppo del 1994, nel Torneo Tremaghi che ha visto partecipare Harry Potter. Più che un’au questo è un crossover, ma vbb)
Insomma, spero che questa prima parte vi sia piaciuta! Nei prossimi giorni dovrebbe arrivare la seconda. Nel frattempo se avete domande, curiosità, commenti, insulti, non esitate a farne :)
Alla prossima, kissini :*
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sexyugly11 · 3 years
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Tumblr media
Bello come non vi accorgete che state facendo il giochetto di Salvini e degli omofobi che ci vogliono divisi. Prendetevela con chi sta dalla vostra parte, avanti!
1) Lauro è la persona meno omofoba del mondo e questo si vede da mille cose: tutti gli insulti che si è beccato perché ad inizio carriera si vestiva da donna per eliminare la mascolinità tossica dal mondo del rap -da altri rapper e dalla gente (e non tutto lo ha raccontato, ma vi posso assicurare che la gente è tutt'altro che aperta a riguardo di chi porta abiti del sesso opposto, è così, stiamo al Medioevo).
Nel suo libro- che voi che parlate non avete letto- spiega molto bene perch�� si vestiva e si veste da femmina e cosa significa questo per lui.
Inoltre ha partecipato al lovers film festival, un festival di cinema LGBT quindi, con una sua opera d'arte proprio sulla libertà di scegliere chi amare. C'è una sua bellissima intervista dove Vladimir Luxuria gli fa delle domande e da lì si capisce chiaramente quanto questi ideali non solo gli stiano a cuore ma facciano parte di lui.
È a favore della libertà di scelta in ogni caso e lo ha sempre ampiamente dimostrato pagando il prezzo di ricevere insulti e accuse fittizie da chiunque.
È per il ddl Zan, ovviamente, ma questo non lo avete notato perché vi fate manovrare dalla destra che con ogni mezzo vuole impedire a questa legge di passare, anche manipolando i media per linciare per l'ennesima volta un artista che sta dalla parte giusta ed è loro scomodo per taaanti motivi 😘
Li avete letto i titoli di Libero: "ma per alcuni gay Achille Lauro è solo un ipocrita" seguito da, poche settimane dopo: "omosessuali alla riscossa, ormai sono ovunque: pochissime denunce di aggressioni ma vogliono comunque la legge" (le statistiche chi le ha fatte, velo pietoso).
Pronto è la stessa testata di Neanderthal omofobi, non potete prendere le posizioni di Libero cristo santo che cosa non avete capito????
2) Achille Lauro NON ha supportato quel monologo, ha commentato un post dove si parlava dei lavoratori dello spettacolo, perché sia lui che i due comici avevano fatto una donazione.
Apparte che Pio e Amedeo fanno una comicità bassa, che a me non è mai piaciuta (ho seguito solo la puntata con Achille perché tutto quello che tocca diventa oro), ma ricordiamoci che non sono omofobi, andarono in Russia con Vladimir Luxuria a farsi arrestare per difendere la libertà di essere gay o lesbica o trans e di dirlo al mondo.
Non sono riusciti nell'intento di fare una satira costruttiva e si sono fatti fraintendere, con battute che non facevano ridere, d'accordo, MA il loro intento non era quello di offendere, ricordiamoci chi sono i nemici: quelli di libero, i leghisti che dicono che un figlio gay lo brucerebbero nel forno, non un paio di comici che fan battute di cattivo gusto su tutti.
Quando ero ragazzina ero alla presentazione del libro di Luxuria "Eldorado", che parla della condizione dei gay nella Germania nazista 💔 entrarono i fascisti di Forza Nuova a gettare volantini con scritto "basta pervertiti" e a minacciare. Questi sono gli omofobi.
Sono quelli che pestano i miei amici o cercano di convertirmi siccome a me i ragazzi come loro hanno sempre fatto schifo.
3) Sono fan di Achille Lauro e sono anche attiva sostenitrice dei diritti LGBT, prima del covid andavo ai pride spesso e quando non avevo amici la gran parte delle persone che mi accolsero e vollero bene appartenevano alla comunità. Ancora adesso è così.
Leggo per il 90% libri a tema, tanto che è una vita che mi giudicano per questo o perché ascolto artisti che si truccano come Achille Lauro appunto 😘😘 dicono che il mio ragazzo è frocio e altro, ma per voi probabilmente siccome non sono lesbica sono inutile, perché preferite avere una visione che incasella tutto.
Kurt Cobain era etero, era spostato con Courtney Love, ma si vestiva da femmina per cercare di aprire le menti (porello stava pure in America, terra del machismo e delle armi). La comunità LGBT dell'epoca mai si sarebbe sognata di linciarlo, gli ha solo detto grazie. Che è quello che dovreste fare con Achille Lauro, coglioni.
Non parlo mai di politica qui, è il mio mondo felice, ma sono stufa di leggere le vostre puttanate su questo tag. Chi conosce Lauro sa chi è. E voi non lo conoscete ma vi fidate di "Libero Quotidiano" okaaaay.
E ora avanti a linciare coloro che vi supportano per sostenere le tesi di chi vi vuole morti.
FORZA DDL ZAN W ACHILLE LAURO
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gloriabourne · 6 years
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The one where Fabrizio goes to Milan
(le parti in corsivo che troverete nella storia sono pezzi di canzoni, nello specifico “Senza averti qui” degli 883 e “Finalmente tu” di Fiorello)
    Quattro amici che citofonano giù
Da mercoledì non ti si vede più
Hanno aperto un posto strano, un disco pub
Perché non si va? Perché non si va?
 Il rumore del campanello risuonò nell'appartamento per l'ennesima volta, costringendo Ermal ad alzarsi dal divano e trascinarsi fino alla porta.
Non aveva voglia di vedere nessuno, non aveva voglia di parlare con nessuno, ma sentiva le voci dei suoi amici bisbigliare sul pianerottolo da almeno un quarto d'ora e avevano già suonato il campanello almeno una decina di volte.
Se non avesse aperto la porta per fargli vedere che era ancora vivo, non se ne sarebbero mai andati.
Buttò un'occhiata attraverso lo spioncino, vedendo Andrea e Marco che parlottavano tra loro e Dino e Roberto che ogni tanto di scambiavano uno sguardo preoccupato.
Prese un respiro profondo e aprì la porta.
Andrea e Marco si zittirono all'improvviso, mentre Ermal li guardava scocciato e diceva: "Che volete?"
"Non rispondevi al telefono" disse Andrea, come se bastasse a giustificare la loro presenza davanti alla sua porta.
"Lo so. Non mi va di parlare" rispose Ermal.
"Ermal, che succede? È quasi una settimana che non ti fai sentire" disse Roberto.
Ermal sospirò.
In realtà, nemmeno lui sapeva bene cosa stesse succedendo.
Tutto ciò che sapeva, era che aveva litigato con Fabrizio e da quel momento non si erano più sentiti.
Ermal aveva provato a chiamarlo, a mandargli messaggi, ma Fabrizio non aveva mai risposto e a un certo punto Ermal si era chiuso in sé stesso, spaventato dal fatto che forse Fabrizio avesse intenzione di chiudere definitivamente la loro storia.
Ammesso che potesse essere considerata tale.
Non avevano mai stabilito dei confini nel loro rapporto, non si erano mai detti esplicitamente che erano una coppia.
C'era semplicemente stato un momento in cui avevano smesso di essere amici, un momento in cui i baci sulla guancia si erano spostati un po' più in là ed erano finiti sulla bocca, un momento in cui avevano iniziato a sentire la voglia di togliersi i vestiti e di toccare la pelle dell'altro. Però, nessuno dei due ne aveva mai parlato. Avevano semplicemente abbracciato quel cambiamento senza dire nulla.
Quindi, a conti fatti, Ermal aveva paura che Fabrizio chiudesse qualcosa che forse nemmeno esisteva.
"Sono solo un po' stanco. Mi sa che sto covando qualcosa" mentì Ermal. Poi, vedendo che all'appello mancava il suo batterista, aggiunse: "Emiliano?"
"Ha l'influenza" rispose Dino.
"Ecco, mi sa che l'ho presa pure io. Quindi grazie per essere passati, non sto morendo ma credo sia meglio se ve ne andate. Non vorrei attaccarvi qualcosa" disse Ermal.
Marco appoggiò una mano sulla porta, per impedire a Ermal di chiuderla, e disse: "Senti, io non so che ti sia successo in questi giorni, ma è ovvio che il problema non è l'influenza. Quindi hai due possibilità: puoi stare a casa e piangerti addosso, oppure puoi uscire con noi a bere qualcosa. Non devi nemmeno parlare o dirci cosa succede, se non ti va. Ma magari uscire un po' ti aiuterà a non pensare a qualunque cosa sia la causa del tuo pessimo umore."
Ermal sbuffò.
Non aveva voglia di uscire, ma restare chiuso in casa non era sicuramente la soluzione ai suoi problemi. E, per quanto gli costasse ammetterlo, sapeva che Marco aveva ragione.
Stare con la sua band lo faceva sempre sentire meglio, anche quando andava tutto storto.
"D'accorto. Andiamo."
 Senza troppa voglia ordiniamo un drink.
Io che penso: "Che cos'è che faccio qui?"
Gli altri che mi guardano e si chiedono:
"Che cosa non va? Che cosa non va?"
 Senza averti qui
senza problemi, senza limiti
non è così bello come dicono.
 Il locale che gli altri avevano scelto, era a qualche isolato da casa di Ermal.
Era aperto da un paio di settimane e l'inaugurazione era stata pubblicizzata parecchio, con volantini e manifesti sparsi per tutta la città, al punto che più volte Marco aveva detto che avrebbero dovuto assolutamente andarci, giusto per vedere che posto fosse.
Ermal era stato d'accordo con quell'idea fin da subito, curioso di vedere nuovi posti, eppure quella sera - con l'umore sotto le scarpe e nessuna voglia di parlare con i suoi amici - Ermal non riusciva a vedere nessun lato positivo in quella serata. Nemmeno andare in un nuovo locale sembrava interessargli.
Si sedettero a un tavolo in fondo alla sala - il più lontano possibile dalla porta, per evitare che la gente riconoscesse Ermal e lo disturbassero per tutta la sera - e ordinarono da bere.
Ermal aveva ordinato svogliatamente la prima birra che aveva trovato sul menu, senza nemmeno preoccuparsi di leggere le pagine successive, mentre i suoi amici continuavano a fissarlo a metà tra il curioso e il preoccupato.
Nessuno di loro stava insistendo per sapere che problema avesse, ma Ermal riusciva a sentire tutte le domande che vorticavano nelle loro teste.
Cos'ha Ermal?
Perché non parla?
Perché è sparito per giorni, senza dare una spiegazione?
E una parte di Ermal avrebbe davvero voluto parlare con loro e spiegare quale fosse il problema, per quale motivo si fosse chiuso in sé stesso. Ma dall'altra parte, non sapeva come fare.
Non aveva idea di come spiegare ai suoi amici, quelli che lo conoscevano da una vita, che si era innamorato di qualcuno, che aveva vissuto per mesi una storia clandestina e che ora stava male perché non capiva se quella storia esisteva ancora o no.  
Non sapeva come fare a dirglielo, non tanto perché aveva paura di come avrebbero reagito - beh, un po' effettivamente aveva paura anche di quello - ma più che altro perché non voleva che pensassero che non si era fidato abbastanza di loro da confessare subito che si era innamorato di Fabrizio.
La fiducia non c'entrava. Ermal si fidava della sua band più di quanto si fidasse di sé stesso.
Non sapeva spiegarsi per quale motivo avesse tenuto nascosto quello che c'era tra lui e Fabrizio, ma l'aveva fatto e ora sembrava essere passato troppo tempo per iniziare a sfogarsi su quella faccenda.
Sospirò rendendosi conto che in quel momento, l'unica cosa che lo avrebbe fatto sentire meglio era Fabrizio.
Ma Fabrizio non c'era, e forse non ci sarebbe stato più.
Le immagini della discussione avvenuta qualche giorno prima - durante una delle solite visite a Roma, che Ermal mascherava come viaggi di lavoro ma che in realtà di lavoro avevano ben poco - occuparono improvvisamente la mente di Ermal, ricordandogli tutte le cose che si erano detti e soprattutto ricordandogli l'espressione delusa di Fabrizio mentre gli diceva di andarsene da casa sua.
Ermal non ricordava nemmeno come fosse iniziato tutto.
Ricordava solo di aver fatto una battuta sul fatto che con Silvia aveva sempre dovuto fare attenzione a cosa diceva e a cosa faceva, perché la loro era una relazione seria e stabile e ogni parola o azione rischiava di creare un effetto domino senza fine, mentre con Fabrizio era tutto più semplice perché tra loro non c'era quel tipo di rapporto. Ricordava che Fabrizio, seduto accanto a lui sul divano, si era irrigidito e aveva chiesto cosa intendesse dire e lui aveva detto che la loro non era una relazione fissa, che non avevano obblighi l'uno verso l'altro e che quindi non sentiva il bisogno di preoccuparsi per ogni singola cosa che usciva dalla sua bocca.
Col senno di poi, Ermal non poteva fare a meno di pensare che se si fosse preoccupato di più di ciò che usciva dalla sua bocca, non si sarebbe ritrovato in quella situazione.
Ricordava bene il volto di Fabrizio, lo sguardo scuro, la mascella contratta e la nota di delusione e rabbia mentre gli diceva che forse avevano una visione diversa di ciò che c'era tra loro e che forse era il caso che Ermal se ne andasse, perché lui voleva rimanere solo.
Quello era stato il momento in cui Ermal aveva capito che in realtà con Fabrizio avrebbe voluto tutto ciò che aveva sempre temuto della sua relazione con Silvia.
Con Fabrizio avrebbe voluto la relazione fissa, avrebbe voluto sentire la necessità di ponderare le parole, avrebbe voluto avere dei limiti.
Avrebbe voluto quel tipo di rapporto che aveva avuto con Silvia, ma con lei aveva sempre sentito troppo stretto, quasi soffocante.
Con Fabrizio, ne era certo, non sarebbe stato soffocante.
 Suoni e immagini dal video-jukebox
Questo posto non mi piace neanche un po'
Forse non è il posto, forse sono io
quello che non va, quello che non va.
 E voi perché fate quelle facce lì?
Lo so che non ci si comporta così,
che dovrei essere un po' di compagnia
non è colpa mia, non è colpa mia.
 Ermal tirò giù un altro sorso di birra, sperando che servisse a fargli sembrare quella serata più sopportabile.
Non riusciva a trovare niente che gli piacesse in quel locale.
La musica era troppo alta, le immagini che passavano nel televisore appeso sopra al bancone non erano sincronizzate alle canzoni che si sentivano provenire dalle casse, la sala non era abbastanza illuminata e il gruppo di studenti seduti nel tavolo accanto al loro faceva un gran casino.
Che poi, a pensarci bene, la colpa non era nemmeno del locale. Non era poi così diverso dai posti che frequentava di solito, dai posti che gli erano sempre piaciuti.
Era lui quello che aveva un problema, quella sera. Era lui quello che non sopportava niente di tutto ciò che gli stava intorno, non era colpa del posto.
Sollevò lo sguardo, incrociando quello di Andrea - seduto di fronte a lui - che lo fissava preoccupato.
"Che c'è?" chiese Ermal scocciato.
Andrea si strinse nelle spalle. "Niente. Sono solo preoccupato per te."
"Sto bene, non ho niente che non va" rispose Ermal, avvicinando di nuovo la bottiglia alla bocca e tirando giù un ultimo sorso.
"Sappiamo tutti e due che non è vero" disse Andrea.
Ermal sbuffò, attirando l'attenzione degli altri che fino a quel momento avevano parlottato tra loro, e disse: "So che non sono di compagnia stasera. Mi dispiace."
"Ermal, onestamente non ci interessa se sei di compagnia o no. Non ci interessa nemmeno sapere perché stai così, se non ce lo vuoi dire. Però siamo preoccupati" disse Dino, dandogli una pacca sulla spalla.
Ermal rimase in silenzio per un attimo, indeciso su come comportarsi.
Forse quello era il momento giusto per dire tutta la verità, per sfogarsi e per raccontare ai suoi amici per quale motivo stesse così male.
 Senza averti qui
senza problemi, senza limiti
non è così bello come dicono.
Senza averti qui
non è che ci si senta liberi.
Non ti passa, dura ore un attimo.
 "Ho litigato con Fabrizio, qualche giorno fa, e dopo lui ha smesso di rispondere alle mie chiamate e ai miei messaggi" disse Ermal.
Gli altri si scambiarono un'occhiata, poi Marco disse: "Probabilmente ce l'ha ancora con te. Chissà quale cazzata è uscita dalla tua bocca."
Marco l'aveva detto con ironia, cercando di far capire a Ermal che non era poi così grave se Fabrizio non voleva parlargli, che forse aveva semplicemente bisogno di tempo.
Ma Ermal non poté fare a meno di annuire e dire: "Già, magari è così. Magari non mi parlerà più."
"Non è solo quello il problema, vero?" disse Andrea.
Ermal lo guardò mentre un sorriso amaro gli incurvava le labbra. "È così palese?"
"Diciamo che abbiamo sempre sospettato che non foste solo amici" rispose Andrea.
"Non lo so nemmeno io cosa siamo. Non abbiamo mai dato un'etichetta a quello che c'era tra noi, pensavamo solo a goderci del tempo insieme. E io pensavo che a Fabrizio andasse bene, di solito è lui quello che non vuole definire le cose."
" È per questo che avete litigato?" chiese Roberto.
"Non lo so" rispose Ermal sbuffando. Poi aggiunse: "Mi sembrava che le cose tra noi andassero bene anche così, senza definizioni, senza etichette, con il nostro rapporto senza limitazioni. Forse per Fabrizio non era così e forse ormai non lo è più nemmeno per me. Non è poi così bello non avere dei limiti, non ti fa sentire libero come sembrerebbe."
In quel momento, Ermal i limiti li avrebbe voluti eccome.
Avrebbe voluto sentirsi in dovere di non sorridere troppo alla cameriera che aveva preso le loro ordinazioni.
Avrebbe voluto sentirsi obbligato a indossare una maglietta in particolare solo perché piaceva a Fabrizio, invece di mettere la prima cosa che aveva pescato dall'armadio.
Avrebbe voluto avere la certezza che non sarebbe tornato a casa da solo e che quella notte, anche se gli fosse venuta improvvisamente l'ispirazione per un nuovo pezzo, non avrebbe potuto mettersi a suonare perché avrebbe rischiato di svegliare l'uomo che dormiva nel suo letto.
Ermal li voleva quei limiti. Li voleva per il semplice fatto che averli avrebbe significato che Fabrizio era insieme a lui.
"Ok, ora senti che facciamo" iniziò Marco. "Ordiniamo un'altra birra, chiacchieriamo ancora un po' e poi ce ne andiamo a dormire. E tu domani chiami Fabrizio. E se non ti risponde, vai a Roma e ci parli di persona."
Ermal sorrise.
In fondo il piano di Marco non era poi tanto male ed Ermal non aveva alcun problema ad andare a Roma, se c'era anche solo una piccola possibilità che Fabrizio decidesse finalmente di parlargli di nuovo.
Quello che ancora non sapeva, era che non sarebbe stato necessario.
 ***
 Cadono dall'orologio i battiti
e non finiscono.
Mi dividono da quegli immensi attimi
rinchiusi nelle braccia tue.
 Corrono manovre incomprensibili
che poi si perdono
nel telefono quegli occhi tuoi invisibili
ancora più distante tu
 Fabrizio sbuffò controllando l'ora sul cellulare per l'ennesima volta.
Era arrivato a Milano da quasi un'ora e la prima cosa che aveva fatto era stata andare a casa di Ermal.
Doveva vederlo, doveva parlargli, doveva scusarsi per ciò che era successo tra loro e spiegargli perché aveva reagito in quel modo.
Ermal però non era in casa, e così Fabrizio aveva inviato immediatamente un messaggio a Marco per chiedergli se sapesse dove fosse.
E poi aveva aspettato.
Ma ora i minuti continuavano a passare e Marco continuava a non rispondere.
Fabrizio si sedette a terra, proprio accanto alla porta dell'appartamento di Ermal, e si prese la testa tra le mani.
Era stanco e sentiva la testa pulsare dolorosamente, ma non gli importava. L'unica cosa che contava in quel momento era vedere Ermal e vista la mancata risposta di Marco, rimanere lì era l'unica cosa che potesse fare.
Prima o poi sarebbe tornato a casa, no?
Sbloccò lo schermo del telefono, aprendo WhatsApp e controllando se Marco avesse almeno visualizzato il messaggio.
Risposta negativa, le lineette sul messaggio non erano ancora diventate blu.
Poco più in basso, c'era la chat di Ermal.
Fabrizio rimase a fissare per qualche minuto la sua foto profilo - una delle tante foto bellissime che gli venivano scattate durante i concerti - e poi spostò lo sguardo sull'ultimo messaggio della chat.
Ermal gli aveva scritto messaggi ogni giorno, da quando avevano litigato.
Nella maggior parte gli chiedeva semplicemente di rispondere alle sue chiamate, diceva che voleva parlargli, chiarire. Ma quell'ultimo messaggio - inviato quella mattina - era diverso da tutti i precedenti.
Suonava come un addio, come l'ultimo tentativo di salvare ciò che c'era tra loro, come se Ermal avesse perso definitivamente le speranze di salvare il loro rapporto e volesse farglielo sapere. Ed era stato quel messaggio a spingere Fabrizio a mettersi in viaggio per Milano.
Lui ed Ermal avevano litigato, questo era vero, e Fabrizio si sentiva ancora ferito per ciò che era successo, ma mai - nemmeno per un istante - aveva pensato di buttare via la loro storia.
Si era arrabbiato e aveva avuto bisogno di tempo per calmarsi, ecco perché non aveva risposto alle sue chiamate e ai suoi messaggi. Ma questo non significava che volesse lasciar perdere tutto.
 Ma tu dove sei?
Ogni giorno più difficile
il tempo senza te
Ma tu tornerai, io posso già distinguere
più vicini ormai, io sento i passi tuoi.
 Fabrizio sospirò rimettendosi il telefono in tasca.
Si sentiva un idiota per aver reagito in quel modo, per aver mandato via Ermal da casa sua, ma in quel momento era ferito e aveva agito di impulso.
Le cose tra lui ed Ermal erano cambiate così velocemente e in modo così naturale, che quasi non se ne erano accorti. Non c'era stato bisogno di parole, di discorsi su quanto ciò che provavano fosse diverso dall'affetto fraterno di cui parlavano davanti alle telecamere. Avevano semplicemente vissuto ogni attimo insieme senza pensare a cosa sarebbe successo dopo, senza pensare al fatto che forse prima o poi sarebbe stato il caso di parlare di ciò che stava succedendo tra loro.
E così alla fine, a forza di rimandare continuamente, non ne avevano mai parlato.
Razionalmente, Fabrizio capiva perché Ermal pensasse certe cose. Capiva perché Ermal vedesse ciò che c'era tra loro come una cosa senza impegno.
Ma non poteva evitare di sentirsi ferito quando aveva capito che Ermal non sentiva obblighi verso di lui. Perché lui invece li sentiva.
Ed era felice di sentirli.
Ecco perché, quella sera, gli aveva detto di andarsene. Ecco perché non aveva risposto alle sue chiamate e ai suoi messaggi.
Era ferito.
Ora che però sentiva Ermal allontanarsi sempre di più, quello che sentiva passava in secondo piano. L'unica cosa che voleva era che Ermal capisse che senza di lui non poteva stare e che avrebbe accettato qualsiasi rapporto Ermal volesse, purché lui non se ne andasse dalla sua vita.
Chiuse gli occhi, mentre finalmente sentiva il dolore alla testa affievolirsi, e fu in quel momento che lo sentì.
Il portone del palazzo che si apriva, qualcuno che cercava di richiuderlo - con scarsi risultati, visto che era rotto dal almeno un mese e nessuno si era preso l'impegno di chiamare l'amministratore di condominio per avvisarlo - e poi dei passi sulle scale.
Non dei passi qualsiasi.
Fabrizio spalancò gli occhi di colpo, riconoscendo all'istante il rumore di quei passi e aspettando di vedere Ermal sbucare dalle scale da un momento all'altra.
 E poi finalmente tu
tirar tardi sotto casa
e di corsa sulle scale insieme a te
Un minuto ancora e poi uno sguardo tra di noi
Voglio guardare addormentarsi gli occhi tuoi.
 Quando Ermal arrivò sul pianerottolo e vide Fabrizio seduto accanto alla sua porta, il tempo sembrò fermarsi.
Fabrizio si alzò in piedi lentamente, come se avesse paura che un movimento brusco avrebbe fatto scappare via Ermal, e rimase a fissarlo per un tempo che a entrambi sembrò infinito.
"Ciao" trovò il coraggio di dire a un certo punto.
Ermal aveva gli occhi lucidi e lo sguardo fisso su di lui. Sembrava che volesse dire tantissime cose, ma che allo stesso tempo non riuscisse a pronunciare nemmeno una sillaba.
Si schiarì la voce e poi rispose: "Ciao."
Avrebbe voluto chiedergli perché era lì, perché non aveva risposto ai suoi messaggi, perché l'aveva mandato via da casa sua quella sera, ma ogni parola gli era rimasta incastrata in gola.
"Scusa se sono piombato qui all'improvviso, ma ho pensato che sarebbe stato meglio parlare di persona" disse Fabrizio.
Ermal annuì, mentre una sensazione di panico si diffondeva rapidamente in lui.
Parlare di persona? Parlare di cosa?
Forse Fabrizio voleva davvero dirgli che tra loro era finita e aveva preferito evitare di farlo al telefono.
Tirò fuori le chiavi dalla tasca e, cercando di non far notare a Fabrizio quanto gli stessero tremando le mani, aprì la porta e gli fece cenno di entrare in casa.
Chiuse la porta dietro di sé e sospirò.
In un modo o nell'altro, quella situazione si sarebbe risolta.
Il fatto era che Ermal temeva che non si sarebbe risolta nel migliore nei modi, o perlomeno non nel modo in cui avrebbe voluto lui.
 Corrono dell'orologio i battiti
che mi riportano
per un attimo a ricordare i fremiti
Irraggiungibile realtà.
 Ma tu dove sei?
Ogni giorno più difficile
il tempo senza te
Ma tu tornerai, io posso già distinguere
più vicini ormai, io sento i passi tuoi.
 Ermal rimase per un attimo a fissare Fabrizio che entrava nel salotto e si guardava intorno, incerto su come comportarsi.
Nella sua mente fecero capolino tutti i ricordi dei bei momenti passati insieme.
La vittoria a Sanremo, il Forum, l'Eurovision, il loro primo bacio, la prima volta che avevano fatto l'amore...
Ogni istante era marchiato a fuoco nella sua memoria e in quel momento lo stava tormentando, quasi a volergli dire che Fabrizio lo avrebbe lasciato e che non avrebbe più vissuto nessuno di quei momenti.
Tutti quei momenti a Ermal sembravano così lontani che quasi aveva l'impressione di non averli vissuti davvero, e allo stesso tempo li ricordava così vividamente da sentire ancora quelle emozioni sulla propria pelle.
E in quel momento, l'unica cosa che avrebbe voluto fare davvero era rivivere quei momenti, sentire di nuovo la pelle di Fabrizio sulla sua, le sue labbra e le sue mani addosso, la sua voce che gli sussurrava all'orecchio. Invece si ritrovava a fissare Fabrizio in trepidante attesa, spaventato di sentire per quale motivo si fosse presentato a casa sua.
"Ti posso offrire qualcosa?" chiese Ermal, cercando di comportarsi da bravo padrone di casa, mentre attraversava il salotto e andava verso la cucina.
Fabrizio lo fermò prendendolo delicatamente per un braccio. "Dobbiamo parlare."
Ermal annuì, tenendo lo sguardo basso, e attese che Fabrizio continuasse a parlare.
"Pensavi davvero le cose che hai scritto?"
"Quali cose?" chiese Ermal. Gli aveva scritto un sacco di messaggi negli ultimi giorni, nemmeno li ricordava tutti.
Fabrizio prese il cellulare e, dopo aver aperto la chat di Ermal, lesse l'ultimo messaggio: "Scusa se ti sto disturbando, prometto che non lo farò più. Mi sembra evidente che non mi vuoi parlare, quindi questo sarà l'ultimo messaggio che ti manderò. Voglio solo che tu sappia che mi dispiace per quello che è successo. Non so di preciso quale delle cose che ho detto ti abbia fatto scattare in quel modo e perché, ma mi dispiace. Sei una delle persone a cui tengo di più al mondo e sai che non farei mai nulla per farti del male. Proprio per questo, credo sia meglio per entrambi che io smetta di cercarti. Quindi ciao, Bizio. E scusami."
Ermal spostò lo sguardo, cercando di non far notare a Fabrizio gli occhi lucidi.
Ricordava ogni parola di quel messaggio, ma più di tutto ricordava come il suo cuore si era spezzato a ogni parola.
"Allora, le pensi davvero queste cose?" chiese Fabrizio con la voce leggermente incrinata.
Ermal annuì. Le pensava davvero, per quando facesse male.
Non avrebbe mai voluto che Fabrizio si allontanasse da lui, ma non voleva nemmeno che stesse male per colpa sua o che si sentisse ferito da qualcosa che lui aveva detto. Quindi forse era davvero meglio per entrambi restare separati.
Fabrizio si sfregò gli occhi, cercando di impedire a una lacrima di scorrergli sulla guancia, poi disse: "Sai perché ho reagito così, quel giorno? Perché ho pensato di esserci dentro più di te, in questa storia. E ho avuto paura. Ho avuto paura perché non sono abituato a queste cose, perché io di solito non mi faccio trascinare dai sentimenti così tanto e mi spaventava l'idea che tu non fossi sulla mia stessa lunghezza d'onda. Ecco perché ti ho mandato via, ecco perché non ho risposto alle tue chiamate e ai tuoi messaggi. Poi mi hai scritto questo e la paura che tu non provassi le stesse cose è sparita, è stata sostituita dalla paura che tu ti allontanassi per sempre."
Ermal continuava a tenere lo sguardo il più lontano possibile da Fabrizio, ma fu costretto a riportarlo su di lui quando si sentì sollevare il meno con due dita.
Fabrizio gli prese il viso tra le mani e sorrise dolcemente. "Non voglio che ti allontani da me."
Ermal, ormai incapace di dire qualsiasi cosa, si limitò ad avvicinarsi a lui e stringergli i fianchi, mentre appoggiava la fronte sulla sua spalla e permetteva finalmente alle lacrime di uscire dai suoi occhi.
Fabrizio lo strinse a sé, sussurrandogli all'orecchio che sarebbe andato tutto bene.
Quando Ermal risollevò la testa, fu automatico per entrambi cercare le labbra dell'altro e unirsi in un bacio disperato. Un bacio in cui era racchiusa tutta la sofferenza dei giorni passati, tutto ciò che provavano l'uno per l'altro.
 E poi finalmente tu
tirar tardi sotto casa
e di corsa sulle scale insieme a te.
Un minuto ancora e poi uno sguardo tra di noi
voglio guardare addormentarsi gli occhi tuoi
gli occhi tuoi, gli occhi tuoi.
 Non era passato molto tempo dall'ultima volta che avevano fatto l'amore, eppure per entrambi sembrava passata una vita.
Quella notte fecero le cose con calma, come se si stessero scoprendo per la prima volta.
Si presero tutto il tempo necessario di sfiorare il corpo dell'altro, di farlo gemere e sospirare sotto le proprie mani, di assaporare la loro pelle.
Si presero tutto il tempo necessario per amarsi, per dirsi senza bisogno di parole quando avessero bisogno l'uno dell'altro.
Quando si ritrovarono entrambi ansimanti, aggrovigliati nelle lenzuola e con gli ultimi strascichi dell'orgasmo a offuscare il loro cervello, Ermal si voltò verso Fabrizio e disse: "Ti amo."
Non aveva nemmeno avuto bisogno di pensarci.
Quelle due parole erano sempre state dentro di lui - anche quando lui aveva creduto che la loro fosse una storiella passeggera, senza importanza - ma non aveva mai avuto il coraggio di dirle, spaventato da un sentimento troppo grande.
Fabrizio ricambiò lo sguardo mordendosi il labbro inferiore, nel tentativo di nascondere un sorriso che premeva per illuminagli il volto.
"Davvero?" chiese incredulo.
Ermal annuì. "Ti amo praticamente da sempre, solo che non me ne ero mai reso conto davvero."
"Ti amo anch'io" rispose Fabrizio.
Poi attirò Ermal a sé, facendogli posare la testa sul suo petto, e lo fissò mentre le sue palpebre si chiudevano lentamente.
Lo guardò dormire per qualche minuto, poi chiuse gli occhi a sua volta, stremato dalla stanchezza accumulata nei giorni passati - in cui non aveva chiuso occhio - e dal viaggio in macchina di qualche ora prima.
L'ultima cosa a cui pensò, prima di abbandonarsi definitivamente a un sonno profondo, fu che avrebbe voluto guardare Ermal dormire accanto a lui per sempre. E per la prima volta, quel pensiero sembrava avvicinarsi alla realtà.
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svartjugend · 6 years
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La luna rossa era uno squarcio aperto sull’inferno.
Come se non fossi abbastanza nauseato dall’ennesima estate che aveva scelto di lasciarmi fuori dalla festa dell’esistenza, abbandonato sulla statale del disprezzo come un cane vecchio e abbruttito da anni di incurie, dovetti accettare anche un’altra notte di eclissi.
Anche quest’anno infatti studio aperto aveva annunciato l’eclissi più lunga del secolo e di telegiornale in telegiornale rimbalzavano ovunque, a mo’ di mantra, servizi che descrivevano cosa sarebbe stato e come avrebbe funzionato lo spettacolino: eclissi, eclissi, un povero cristo si dà fuoco, eclissi, continua nel mondo la caccia al nero, eclissi, crocifissi nelle scuole, eclissi, pubblicità di occhialini per l’eclissi, interviste sull’eclissi a gente in vacanza, eclissi, dati personali venduti ad Amazon e alla Russia (meglio che alla Spagna, eh) e Facebook che apre una app di incontri poco dopo Cambridge Analitica, ma la buona notizia è che con questa app puoi trovare sicuramente qualcuno da limonare mentre guardi l’eclissi così che potrai alimentare con ricordi del genere la tua autostima quando sarai vecchio e inizierai a pensare alla morte. Questo era il palinsesto.
“Alla fine la luna è stata catturata delle fiamme, sembra un enorme occhio rosso piantato nel cielo nero e terso che quest’estate poco afosa ci ha offerto fino ad oggi. L’ombra che pian piano l’ha coperta sembrava comandata da forze oscure, signori lo ammetto era quasi inquietante ma come possiamo pensare che una simile meraviglia possa entrarci qualcosa con il male che c’è nel mondo? Spero di riuscire a comunicare quello che sto provando e le immagini che vedo a voi che non siete altrettanto fortunati e che magari state lavorando al chiuso anche alle 22 di questa nottata unica...” Il tono della parlata e il suo stile all’inizio mi avevano sinceramente incuriosito, costretto com’ero da mesi a leggere testi di lavoro con la loro sintassi rigida e spigolosa, ma poi ruotai in senso antiorario la manopola del volume della vecchia radio panasonic che avevo preso da camera dei miei e la ridussi al silenzio. “Forze oscure, si, e chi cazzo le comanderebbe in questo mondo di ritardati?” pensavo tra me e me mentre mangiavo una fetta di fesa di tacchino decisamente poco invitante e qualche foglia di insalata che probabilmente, al netto del sapore amaro lasciatomi in bocca e del tempo che aveva trascorso in fondo al frigo, non era più commestibile e che per di più era bagnata di un’acqua opaca nella quale spero si annidassero colture di batteri potenzialmente letali per l’umanità intera.
In caso interessasse a qualcuno, non è che me ne stessi chiuso in casa a mangiare come una donna in crisi di mezza età per convincermi che avrei potuto fare una vita sana, non ci credevo e nemmeno avevo di queste pretese, semplicemente avevo deciso di seguire gli insegnamenti della grande letteratura e dei suoi personaggi più ignorati e maltrattati: ignorare tutto e (soprattutto) tutti, perché di speranza veramente non c’è ne è mai stata e non ce ne sarà più [e non provate a convincermi che Dostoevskij veramente credesse negli spiragli di luce che decideva di inserire in alcune sue opere, perché ormai si è capito che lo ha fatto solo per evitare i rimorsi di coscienza che sarebbero spuntati come fiori in primavera dopo la trafila di suicidi che avrebbe potuto causare la sua letteratura. Che poi in Russia comunque non è che se la passino troppo meglio visto che il quarto sport nazionale dopo “ammazza la spia estera”, a quanto ne sappiamo, è morire di overdose.].
Quando mi guardavo intorno o diventavo compassionevole oppure mi incattivivo, perché ad essere onesti la mia disillusione nel poter apportare un qualche contributo a questa merda di commedia umana non era ancora totalmente cancellata, ma la strada verso cui ci avviavamo era sostanzialmente quella, quella del nascondersi dietro a carte, pratiche, autorità e altri contenitori vuoti come la realizzazione e la famiglia, perché tutto il resto ci aveva deluso e basta. Non riuscivo, ad esempio, ad essere pienamente d’accordo con chi sosteneva che l’uomo fosse un’animale ipocrita ed egoista, in primo luogo perché per essere ipocriti bisognerebbe comunque avere dei principi e degli ideali da tradire (che già non sarebbe poco, sia averli sia avere le palle di tradirli con la consapevolezza di andare incontro ad una piccola-grande gogna sociale), in secondo luogo perché l’egoismo è razionale, lucido e calcolato, o al più si rivela azzardato se la persona ha determinate inclinazioni, qui invece ognuno fa quello che cazzo gli pare nell’illusione di fare meglio per sé; per di più pochi hanno l’onestà di ammetter di aver fatto una cazzata, ma preferiscono rifuggire questa vergogna e anzi quasi se ne vantano, soddisfatti di aver dato ascolto alla loro parte emotiva, soddisfatti di aver espresso i propri sentimenti (che, ricordiamocelo, vanno espressi per forza, non vanno mai trattenuti, tipo un bisogno corporale, a prescindere dall’impatto che potrebbero avere sugli altri e su di noi stessi!).
Parlavo con quelle poche persone che ancora mi suscitavano un po’ di pietà, che mi inducevano al contatto umano e partecipavo alle loro conquiste e ai loro drammi, sapendo sempre dove saremmo andati a parare ma senza riuscire mai a smettere di stupirmi.
La ragazza che insiste con una storia che è destinata a morire e a farle del male  nonostante non abbia motivi per credere che questa volta ne uscirà incolume, l’amico che non riesce a stare da solo e come una tossico non riesce a stare senza qualcuno vicino, legandosi morbosamente alla prima disgraziata che vuole solo farsi due risate, l’amica che è consapevole del fatto che siano avventure di una notte e che più andranno avanti e più difficile sarà accettare che un vero legame non c’è (a meno che non si voglia chiamare legame un rapporto di convenienza, dove una scopata serve solo a distrarsi, a rilassare i nervi), un conoscente che litiga con la moglie e si sfoga andando a puttane, un altro amico che si è licenziato dal sesto lavoro in un mese perché non accetta che a un certo punto l’adolescenza è finita, che avviandoti verso i 30 iniziano a sopprimerti, ogni giorno una goccia di veleno, anestetizzante, di modo che non ti renda nemmeno conto dei momenti che bruci e che perdi, dei dolori che causi e dei torti che subisci.  
Tutti questi pensieri mi turbinavano attorno, con le loro immagini e le loro storie a seguirli in coda, decisi di aprire una birra presa al discount per rallentarli e disperderli un po’, sapevo che il tappo della bottiglia saltando in aria avrebbe fatto un rumore sordo che mi rilassava, feci forza con il manico di un coltello e il tappo schizzò in alto, tesi le orecchie attendendo quel botto rassicurante ma il suono venne coperto da un fastidioso brusio proveniente da fuori la finestra. Mi affaccio quanto basta per osservare quanto succede senza farmi vedere e scopro di essere stato catapultato in un girone dantesco: tutti i terrazzini in cemento dei palazzi del quartiere sono illuminati dalle stesse luci installate negli anni ‘80 e tutti brulicano di donne, uomini e bambini che ridono e chiacchierano con i vicini, sentendosi costretti a dimostrare che abbiano rapporti di civiltà con i loro dirimpettai, “Probabilmente degli assassini o degli stupratori”, “Il figlio è un tossico, mi mette  paura...” direbbero a cena, al riparo da orecchie indiscrete , ma fa nulla, in pubblico è un’altra storia. Il mio cervello collega i pezzi del puzzle e realizza di non essere all’inferno “ah, già… l’eclissi” penso mentre scelgo di manifestare nel modo più discreto possibile il mio disprezzo: non solo non accendo la luce del terrazzo che resta l’unica spenta e sembra un livido su un lembo di pelle bianca, ma spengo anche la luce della stanza: è un pungo nell’occhio da fuori, proprio come volevo, per di più la luce sanguigna della luna viene attirata dal marmo che compone il pavimento e si lascia riflettere per la sala, diffondendo una soffusa aura rossiccia che alimenta la mia passione in questo momento infinito.
Mi stendo sul pavimento e mi lascio torturare da un bombardamento di frasi di circostanza, di falsi complimenti e, come colpo di grazia, di promesse dei genitori in risposta alle domande dei bambini: “Come è andato quell’affare di cui mi parlava? Ah, male? Mi dispiace ma sono certo che si rifarà, in fondo lei è uno del mestiere...” “Si, caro nel 2030 saremo sicuramente liberi di andare su Marte.”, “Ma certo che puoi fare l’astronauta da grande, basta impegnarsi e volerlo!”…. Ma smettetela! Siate realisti! Smettetela di promettere futuri dolci, di inculcare l’illusione che tutto è raggiungibile, che otterremo quello che ci meritiamo perché si, perché il mondo è giusto e le ambizioni sono sempre ripagate. Parlate ai vostri figli di un futuro nero, pieno di violenza, stagnazioni sociali e lotte per la supremazia (non si sa bene supremazia su cosa, ma comunque lotte), fate in modo che arrivino ai vent’anni con la fame negli occhi come i ragazzini della ex-jugoslavia, pronti a costruire delle fondamenta contro gli incubi che i nonni raccontavano loro da bambini, fate in modo che nella continua lotta per arrivare a posizioni sempre migliori i ricordi della vostra famiglia siano veramente percepiti come qualcosa di prezioso e non come un incidente di percorso nella strada per un futuro arido di quelle promesse che ci venivano fatte e per le quali esistono poche possibilità di realizzazione. Dite che si vivrà male per stimolare lo spirito di chi vorrebbe un futuro migliore, non fate come focus, vi ricordate Focus, la rivista, che faceva le copertine con i robot e le auto volanti e asseriva spavalda “Ecco come sarà nel 2018!”? Poi il 2018 è arrivato, e siamo solo morti di fame e ci litighiamo il rame con gli zingari [cit.] e dobbiamo lottare per convincere la gente a vaccinarsi; ecco Focus ha formato una generazione che si aspettava il drone per volare gratis a 18 anni, mentre i droni oggi li usano per attaccare guerriglieri nazionalisti e eserciti di terroristi islamici e i bambini con la fame negli occhi.
Prendo la moto ed esco, il motore fabbricato negli anni ‘90 copre ogni rumore, e dentro al casco riprendo a pensare che sono dieci anni che vedo le stesse storie, ormai so già come finiranno, aspetto solo di capire come arriveranno al finale, tragico o glorioso (raramente, a dire il vero) che sia. Come nelle infinite serie di remake e spin-off che l’industria cinematografica dà periodicamente in pasto a orde di fan sempre più affamati, insensibili alla qualità, ingordi e crudeli, in perfetta simbiosi con l’industria che nutre sulle loro spalle.
Penso che sono un pessimo spettatore che da dieci anni vede le stesse storie, sente gli stessi racconti e che vede le stesse eclissi, ma che dopo tutto questo tempo non sono ancora sicuro sui pensieri che dovrebbero ispirarmi e sulla funzione che dovrei avere in tutto questo.
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berna282 · 3 years
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Shajan - Dolphins & Dreams (Music for Reiki & Meditation, Vol. 3)
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SPERANZA PER I SENZA TETTO E I POVERI
JOE E’ UN VETERANO DI GUERRA DEGLI STATI UNITI .E’ STATO COLPITO DA TRAGEDIE PERSONALI E FAMILIARI IN SEGUITO ALLE QUALI E’ STATO UN SENZATETTO PER CIRCA 18 ANNI.  A UN CERTO PUNTO  HA INIZIATO A FREQUENTARE UNA BIBLIOTECA  PUBBLICA, DOVE DI TANTO IN TANTO SCAMBIAVA DUE  PAROLE CON UNA DONNA CHE LAVORAVA LI. QUELLE CONVERSAZIONI HANNO CAMBIATO LA SUA VITA. 
MARTIN, UN RAGAZZO DELL’ ARGENTINA,SI SENTIVA SPIRITUALMENTE VUOTO. GLI SEMBRAVA CHE LAVITA NON AVESSE SENSO. ALLA RICERCA DI RISPOSTE,SE NE ANDO’ DI CASA E FINI’ A VIVERE SU UNA SPIAGGIA. TUTTAVIA NON RIUSCI’ A TROVARE QUELLO CHE CERCAVA E CADDE IN DEPRESSIONE. TRA LE LACRIME, IMPLORO’ DIO DICENDO: ‘’TI PREGO,   SE   ESISTI AIUTAMI ‘’. COME ANDO’ A FINIRE? LO VEDREMO. 
SI DIVENTA SENZATETTO  PER VARI MOTIVI. ALCUNI, COME NEL CASO DI JOE, VENGANO COLPITI DA UNA TRAGEDIA. ALTRI,COME NEL CASO DI MARTIN, RINUNCIANO SEMPLICEMENTE A  UNA VITA  COSIDDETTA NORMALE CONSIDERANDOLA VUOTA RUTINE. ALTRI ANCORA DIVENTANO SENZATETTO A CAUSA DI POVERTÀ, DISASTRI  NATURALI,VIOLENZA DOMESTICA,DIPENDENZA DA DROGA O ALCOL, PROBLEMI DI SALUTE MENTALE,ELEVATO COSTO DEGLI ALLOGGI O PRDITA DEL LAVORO. 
IL FENOMENO  DEI SENZATETTO,CHE  UN TEMPO ERA RITENUTO CIRCOSCRITTO AI PAESI IN VIA DI SVILUPPO,A QUELLI DILANIATI DALLA GUERRA O A QUELLI COLPITI DA CRISI ECONOMICA,’E’ DIVENTATO UNA PIAGA SOCIALE IN QUASI TUTTI I PAESI INDUSTRIALIZZATI’’, DICE PAUL TORO, DOCENTE  DI PSICOLOGIA. TRA I FATTORI IMPLICATI POTREBBERO  ESSERCI POLITICHE DI GOVERNO INADEGUATE  PER LE  FAMIGLIE A BASSO REDDITO E L’ AGGRAVARSI DEL DIVARIO ECONOMICO TRA RICCHI E POVERI 
MOLTI SONO IN ANSIA PER IL DOMANI. ALTRI , INVECE,HANNO TROVATO UNA CERTA SERENITÀ’ PRENDENDO   IN ASAME QUELLO CHE DICE LA BIBBIA SUL FUTURO, ARGOMENTO DI CUI PARLEREMO TRA POCO.LA BIBBIA PUO’ ANCHE AIUTARCI SIN D’ORA GRAZIE AI SAGGI PRINCIPI CHE CONTIENE,PRINCIPI CHE SE   MESSI IN PRATICA INFLUISCANO POSITIVAMENTE SULLA SICUREZZA ECONOMICA E SULLA SALUTE EMOTIVA,COME HANNO CONSTATO JOE E MARTIN. 
LA BIBBIA  HA CAMBIATO LASUA VITA 
‘’JOE SEMBRAVA UNA PERSONA INTELLIGENTE,A MODO E UMILE’’, HA DETTO  CINDI, CHE SPESSO LO   VEDEVA NELLA   BIBLIOTECA DOVE LEI LAVORAVA. ESSENDO TESTIMONE DI GEOVA,GLI DIEDE ALCUNE COPIE DELLA RIVISTE LA TORRE DI GUARDIA E SVEGLIATEVI! E LO INVITO’ A UN ADUNANZA CRISTIANA.A  QUELL ADUNANZA JOE SI SENTI’ TRATTATO CON GENTILEZZA E RISPETTO,E COSI’ DECISE DI ESSERE SEMPRE PRESENTE. ACCETTO’ ANCHE DI STUDIARE LA BIBBIA CON UN UOMO DELLA CONGREGAZIONE. 
JOE TROVAVA  MOLTO CONFORTO IN QUELLO CHE IMPARAVA,E INIZIO’ A METTERE IN PRATICA GLI  INSEGNAMENTI DELLA BIBBIA, ANCHE SE QUESTO SIGNIFICAVA FARE  DEI GROSSI  CAMBIAMENTI A LIVELLO PERSONALE.AD ESEMPIO CAPI’ CHE LA VITA E’ UN DONO DI DIO,CHE  IN QUANTO TALE VA TRATTATA CON RISPETTO E CHE IL FUMO  DANNEGGIA IL CORPO (SALMO 36:9). PERTANTO SMISE DI FUMARE   ,IN  ARMONIA CON  IL PRINCIPIO DI 2 CORINTI 7:1,CHE DICE: ‘’PURIFICHIAMOCI DUNQUE DA OGNI CONTAMINAZIONE DI CARNE E DI SPIRITO’’. OVVIAMENTE,   LA DECISIONE DI JOE EBE DEI RISVOLTI POSITIVI NON SOLO SULLA SALUTE,MA ANCHE  SUL PORTAFOGLIO. 
INOLTRE JOE PRESE A CUORE IL CONSIGLIO DELLA  BIBBIA DI FARE TUTTO IL POSSIBILE PER PROVVEDERE AI PROPRI  BISOGNI E INIZIO’ A   CERCARE UN LAVORO ( 1 TESSALONICESI 4:11,12). O ECCLESIASTE,   2:24   DICE: ‘’NON  C’E’  DI MEGLIO PER L’UOMO CHE   MANGIARE E BERE E GODERSI IL FRUTTO DELLE SUE FATICHE’ (CEI).OLTRE A PRODURRE GIIOIA,   IL DURO LAVORO CONFERISCE AUTOSTIMA, PERCHE’ DARSI DA FARE ONESTAMENTE CI NOBILITA. E CI PERMETTE PURE DI  DARE UMANANO A CHI E’ NEL  BISOGNO (EFESINI 4:28). 
VEDENDO QUANTO JOE ERA SINCERO,’’LA  CONGREGAZIONE LO ACCOLSE A BRACCIA APERTE’’, RACCONTA CINDI,E ‘’ALCUNI LO AIUTARONO  A FARE  DOMANDE PER UN  ALLOGGIO ADEGUATO E PER ALTRE COSE A CUI AVEVA DIRITTO’. JOE CONTINUO’’ A PROGREDIRE SPIRITUALMENTE E COL TEMPO SI BATTEZZO’ COME TESTIMONE DI GEOVA.ORA PUO’ PARLARE PER ESPERIENZA QUANDO INCORAGGIA ALTRI A CONOSCERE LA SAPIENZA DI DIO,CHE SI TROVA NELLA BIBBIA (PROVERBI 3:13,14) 
HA TROVATO LO SCOPO  DELLA VITA 
QUANDO AVEVA VENT’ANNI MARTIN INIZIO’ A CERCARE,O SCOPO DELLA  VITA.’’NELLA SPERANZA DI COLMARE IL VUOTO CHE AVEVO DENTRO SPERIMENTAI RELIGIONI , FILOSOFIE E COMINCIAI ANCHE  A DROGARMI’’,RACCONTA, ‘’MA FU TUTTO INUTILE’’. PER UN PO’ VISSE IN CALIFORNIA,E POI  SI TRASFERÌ’ ALLE HAWAI. ‘’PENSAVO DI AVER TROVATO IL   PARADISO’’, RICORDA.MA I PAESAGGI MOZZAFIATO NON COLMARONO IL VUORO CHE PROVAVA. ‘’SPROFONDAI CXOSI’ TANTO NELLA DEPRESSIONE’’, SPIEGA , ‘’CHE PENSAI ADDIRITTURA AL SUICIDIO’’.  FU IN QUEL MOMENTO DELLA SUA VITA CHE, IN LACRIME,SI MISE  A IMPLORARE DIO CON  QUESTE PAROLE:’’TI PREGO,SE ESISTI AIUTAMI A TROVARTI’’. 
MARTIN SI   RICORDO’ CHE  TEMPO  ADDIETRO AVEVA LETTO L’ INSEGNA ‘’SALA DEL REGNO DEI TESTIMONI DI GEOVA’’.DECISE DI ANDARE LA′ PER ASSISTERE A UN’ ADUNANZA CRISTIANA.’’ QUANDO ENTRAI AVEVO BARBA E CAPELLI LUNGHI,E  INDOSSAVO GLI STESSI ABITI DA MESI’, RACCONTA.’’NONOSTANTE QUESTO ,FUI ACCOLTO MOLTO BENE’’ . MARTIN ACCETTO’ UNO STUDIO BILICO E PRESE L’ ABITUDINE DI INCAMMINARSI DALLA SUA ‘’CASA’’ IN SPIAGGIA ALLA PIAZZA DELLA CITTA PR STUDIARE LA BIBBIA. 
FINALMENTE MARTIN INIZIAVA A RICEVERE RISPOSTE SODDISFACENTI ALLE SUE DOMANDE.DI CONSEGUENZA,NON  SI SENTIVA PIU’ DEPRESSO MA PROVAVA LA GIOIA DI CUI PARLA GESU’ QUANDO DICE:’’FELICI QUELLI CHE SI RENDONO CONTO DEL LORO BISOGNO SPIRITUALE’’ ( MATTEO 5:3) 
BEN PRESTO LA NUOVA CONCEZIONE CHE  MARTIN AVEVA DELLA VITA DIVENNE EVIDENTE MAN MANO CHE METTEVA IN PRATICA GLI STESSI PRINCIPI BIBLICI CHE AVEVANO AIUTATO JOE,MENZIONATO IN PRECEDENZA,   A PRENDERE IL CONTROLLO DELLA SUA VITA. MARTIN INIZIO’ A CURARSI DI PIU’ DEL SUO ASPETTO E, CON L’ AIUTO DI ALCUNI TESTIMONI ,TROVO’  UN LAVORO E  UN ALLOGGIO. ‘’PRIMA  ERO  CONOSCIUTO COME IL BARBONE DELLA PIAZZA’’’,  DICE, ‘’ORA INVECE LA GENTE ERA STUPITA DEI CAMBIAMENTI CHE STAVO FACENDO’’. 
IN SEGUITO MARTIN FEDE RITORNO IN ARGENTINA, DOVE SI BATTEZZO’ COME TESTIMONE DI GEOVA. ADESSO APPREZZA MOLTO IL PRIVILEGIO DI AIUTARE ALTRI CHE HANNO  UN FORTE BISOGNO SPIRITUALE A TROVARE RISPOSTE AI GRANDI INTERROGATIVI DELLA VITA. 
QUANDO IL PROBLEMA DEI SENZATETTO E DELLA POVERTÀ’ NON CI SARA’ PIU’ 
GEREMIA,UN SERVITORE DI DIO DELL’ ANTICHITA’,VISSE IN UN PERIODO MOLTO TURBOLENTO. UN NEMICO CRUDELE AVEVA INVASO IL SUO PAESE E COSTRETTO MOLTE PERSONE ALL’ ESILIO E ALLA SCHIAVITÙ’ (LAMENTAZIONE 1:3). ANCHE SE ERA SOPRAVVISSUTO,  GEREMIA  AVEVA PERSO PRATICAMENTE TUTTO. IN PREDA AL DOLORE ,SI RIVOLSE A DIO IN PREGHIERA CON  QUESTE PAROLE:’’RICORDA LA MIA AFFLIZIONE E IL MIO STATO DI SENZATETTO’’ (LAMENTAZIONE 3:19). 
NONOSTANTE LA SOFFERENZA  CHE POTEVA,GEREMIA NON CEDETTE ALLA DISPERAZIONE.COME MAI? INNANZITUTTO, SAPEVA CHEW GEOVA NON LO AVREBBE ABBANDONATO (GEREMIA 1:8). INOLTRE, ESSENDO UN ATTENTO STUDIOSO DELLE SCRITTURE SAPEVA CXHE UN GIORNO POVERTÀ’ E SOFFERENZE SAREBBERO STATE ELIMINATE PER LASCIARE IL POSTO   A  PACE E  SICUREZZA (SALMO 37:10,11). 
CONDIZIONI DEL GENERE NON SARANNO IL RISULTATO DEGLIU SFORZI UMANI, MA DELL’ INTERVENTO DI UN GOVERNO PERFETTO:IL REGNO DI DIO ( DANIELE 7:13,14).  IL RE DI QUESTO REGNO NON E’ ALTRI CHE GESU’ CRISTO,CHE QUAND’ERA SULLA TERRA COME UOMO HA DIMOSTRATO GRANDE COMPASSIONE PE I  POVERI (LUCA 7:22,14:13). SOTTO IL GOVERNO,’’GERMOGLIERÀ IL GIUSTO,E L’ ABBONDANZA DI PACE . GESU’ ‘’LIBERERÀ  IL POVERO CHE INVOCA SOCCORSO, ANCHHE L’ AFFLITTO E CHIUNQUE NON HA SOCCORRITORE. REDIMERÀ LA LORO ANIMA DALL’ OPPRESSIONE E DALLA VIOLENZA’’ ( SALMO 72:7,12,14). 
GESU’ FECE DEL REGNO DI DIO IL PERNO DEL SUO INSEGNAMENTO (LUCA 4:433). INSEGNO’ ANCHE A PREGARE:’’VENGA IL TUO REGNO,SI COMPIA LA TUA VOLONTÀ’, COME IN CIELO, ANCHE SULLA TERRA ‘’ (MATTEO 6:9,10). CPME SARA’ LA VITA SULLA  TERRA QUANDO IL REGNO DI DIO ASSUMERÀ’ IL PIENO CONTROLLO? LA BIBBIA CE NE OFFRE UN ASSAGGIO:PER ESEMPIO,A PROPOSITO  DEI SUDDITI DEL REGNO DI DIO DICE: 
‘’EDIFICHRANO CASE E LE OCCUPERANO;E CERTAMENTE PIANTERANNO VIGNE E NE MANGERANNO  IL FRUTTO. NON EREDITERANNO  E QUALCUN ALTRO OCCUPERÀ’; NON PIANTERANNO  E QUALCUN ALTRO MANGERÀ’.[...] I MIEI ELETTI USERANNO APPIENO L’OPERA DELLE LORO PROPRIE  MANI ‘’ (ISAIA 65:21,22). 
‘’E REALMENTE SEDERANNO ,CIASCUNO SOTTO LA SUA VITE E SOTTO IL SUO FICO,E NON CI SARA’ NESSUNO CHE LI FACCIA TREMARE ;POICHE’ LA MEDESIMA BOCCA DI GEOVA DEGLI ESERCITI HA PARLATO’’ ( MICHEA 4:4). 
UNA SICURA SPERANZA COME QUESTA PUO’  SOLLEVARCI MENTRE AFFRONTIAMO DELLE DIFFICOLTA’. NELLO STESSO TEMPO, COME HANNO SPERIMENTATO DI PERSONA JOE,MARTIN E MOLTI ALTRI, I PRINCIPI DELLA BIBBIA POSSONO AIUTARE A VIVERE UNA VITA  PIU’ SIGNIFICATIVA E SODDISFACENTE GIA’ DA  ORA. TANT’E  VERO CHE GEOVA DIO, IL CREATORE,CI DA’ QUESTA GARANZIA: ‘CHI MI ASCOLTA ABITERÀ’ AL SICURO,SARA’ VERAMENTE TRANQUILLO,SENZA PAURA DI ALCUN MALE’’ ( PROVERBI 1:33,LA NUOVA DIODATI   [NDI] .IL NOSTRO  AGURIO E’ CHE POSSIATE PROVARE LA VERACITÀ DI QUESTE PAROLE NELLA VOSTRA VITA. 
PRINCIPI BIBLICI E SICUREZZA ECONOMICA 
NON FATE DEBITI INUTILI. ‘’CHI PRENDE IN PRESTITO E’ SCHIAVO DI CHI PRESTA’ ( PROVERBI 22:7, NUOVA RIVEDUTA [NVR]. 
ATTENTI AI PROGETTI PER ARRICCHIRE IN FETTA. ‘’L INGENUO’ CREDE A TUTTO QUEL CHE SI DICE,CHI EW’ PRUDENTE GUARDA DOVE METTE I PIEDI’’ ( PROVERBI 14:15, PAROLA DEL SIGNORE; 22:26,27).
SIATE LABOROSI. ‘’IL PIGRO DESIDERA’0,ENON HA NULLA,MA L’OPEROSOSARA’ PIENAMENTE SODDISFATTO’’ ( PROVERBI 13:4,NVR). 
ABBIATE AUTOCONTROLLO.’’L UBRIACONE E IL GHIOTTONE SI RIDURANNO IN POVERTA’  (PROVERBI 23:21). 
MANTENETE  UN PUNTO DI VISTA EQUILIBRATO.’’NON DARMI NE’ POVERTÀ′ NE RICCHEZZA’’ ( PROVERBI 30:8,9).
SIATE GENERISI,NON TIRCHI. ‘’LA  PERSONA GENEROSA SI ARRICCHIRA (PROVERBI 11:25,NDI). 
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clubdellascrittura · 4 years
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Fuori di noi - Conoscenza relazionale (con o senza schermi)
ATTENZIONE! Pippone in arrivo, fate un bel respiro prima di immergervi nella lettura: oltre che il giorno del nuovo tema, la “consegna” contiene anche pillole di riflessione, abbastanza articolate perché rimandano a varie questioni. Poco pillole insomma, quindi preparatevi a leggere un pochino. Gli hashtag da usare quando posterete saranno “fuori di noi”, “inter/vista”, “conoscenza relazionale” e i soliti “Club della scrittura” e “Cds”. La cosa è lunghetta quindi anziché 2 settimane la scadenza sarà un mese (o più se vi serve), quindi 3 marzo 2021.
Spero l’idea vi piaccia, in caso fatemi sapere se ho esagerato con l’accademichese, e buona avventura!
Questo tema nasce dall'unione di due fili: uno su cui rifletto da tempo, l'altro più recente. La cornice che li unisce è la considerazione che ogni tanto faccia bene, sotto molteplici aspetti, "uscire da noi" e immergerci nelle esperienze degli altri.
Il primo filo sono le interviste: ne ho fatte varie, per la tesi o in altre occasioni (esami, articoli di giornale...). Il più delle volte si è trattato di conversazioni libere, dove assumevo il ruolo di ascoltatrice e cercavo di ricalibrare le domande mano a mano, in base alla direzione presa dall'interlocutore, o a ciò che più colpiva la mia curiosità. Piccoli dettagli e tanti "non sapevo", principalmente. Con interviste intendo quindi conversazioni fatte con cura artigianale, per ricavare il ritratto di qualcuno oltre che di una situazione/argomento. Credo consentano una conoscenza più profonda dell'interlocutore perché non è un confronto verbale in cui formarsi giudizi o esprimere opinioni: sto e ascolto, lasciando sedimentare l'esperienza dell'altro e rielaborandola in seguito. In questo caso, per iscritto. Inoltre, per citare un maestro di questa arte, Alessandro Portelli, “un’inter/vista è uno scambio di sguardi”, in cui il narratore osserva l’ascoltatore oltre a essere osservato. Così si costruisce una conoscenza relazionale, il cui racconto è frutto di questo incrocio di sguardi.
Il secondo filo è la pandemia: 2 giorni fa, 29 gennaio, è stata la Giornata mondiale delle malattie tropicali neglette (NTD). Medici senza frontiere (MSF) ha per l’occasione pubblicato un report in merito alle NTD (link). Questo mi ha fatta pensare ai discorsi di mia nonna su alcune malattie diffuse nella sua epoca. Ne ho vaga memoria perché appunto avvenivano nel corso di conversazioni casuali, spesso spezzate dal fare, dal sovrapporsi di altre voci o magari dalla mia momentanea mancanza di attenzione.
Quello che volevo proporvi è dunque questo: rintracciate la persona più anziana che conoscete (nonni, zii, genitori, vicini di casa...), chiunque pensate possa essere anche interessato a collaborare, e chiedetegli se in gioventù c'erano malattie che come il Covid "erano sulla bocca di tutti", e se si sente di raccontarvi qualcosa in merito. Senza esplicitare che si tratta di un'intervista (perché non siamo un giornale e poi la gente spesso si intimidisce), motivando la proposta magari per interesse personale, ponetevi nei panni dell'ascoltatore come dicevo; se l'interlocutore concorda, potete prendere appunti o altro, insomma decidete come salvare il flusso di informazioni in base a cosa vi fa più sentire a vostro agio, sia voi sia la persona coinvolta. Anche andando a memoria in caso. Ponetevi inoltre un tempo limite, potete anche deciderlo sul momento in base alle attitudini dell'interlocutore (se è molto loquace magari cercate di stringere per non trovarvi una mole eccessiva di dati da rielaborare, viceversa se parla poco fate più domande; ma anche qui dipende da voi: se avete più tempo potete anche lasciar parlare la persona per tre ore, io faccio così di solito perché è più carino, emergono più sfumature e poi mi piace sentire le persone parlare).
Quindi ricapitolando: persona più anziana a voi vicina - malattie che si ricorda essere state diffuse quando era giovane - se gli/le va di condividere sue memorie o esperienze con voi. 
Per qualsiasi dubbio non esitate a chiedere!
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guestarblog · 7 years
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Di casa in casa nel mondo a suonare la nostra musica
Anita Camarella e Davide Facchini sono un duo che da oltre 15 anni si esibisce in giro per il mondo anche in contesti totalmente unconventional. Abbiamo trovato un loro commento ad un nostro post che ci ha davvero incuriosito e non ci siamo fatti perdere l’occasione per fare loro qualche domanda per approfondire.
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Come è iniziata l’avventura degli house concert?
Credo che il nostro primo house concert sia stato nel 2001 durante un tour negli Stati Uniti per coprire alcuni day-off. Eravamo ospiti di amici che hanno pensato di cogliere l’occasione per organizzare un concerto in casa loro invitando conoscenti e vicini che sono venuti numerosi portando ognuno qualcosa da mangiare e da bere. Si è svolto tutto in un ambiente semplice e molto amichevole con tanta voglia di ascoltare nuova musica, rilassarsi e stare insieme.
Nel 2008 abbiamo fatto più di 8000 km in macchina da Nashville a Chattanooga, Cincinnati, Boulder in Colorado (USA) e non solo tutto grazie ai contatti che avevamo su MySpace. Esperienza indimenticabile anche perché da allora Nashville è diventata davvero una seconda casa per noi, anche grazie a persone conosciute durante gli house-concert.
E’ capitato una volta a Cincinnati (USA) che al termine del nostro concerto un signore alzando la mano ci ha chiesto ironicamente: “Ma come è possibile che io capisca benissimo il vostro inglese e non capisco quando parla mia figlia di 15 anni?!”.
Da questo intervento è nata “un’intervista” spontanea da parte del pubblico che per oltre mezz’ora ci ha fatto domande sulla musica, sull’Italia, sul cibo, su di noi e mille altre cose.
L’house concert è davvero un’esperienza, alle volte molto intima, che arricchisce pubblico e musicisti.
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In cosa è diverso l’host straniero dall’host italiano?
All’estero l’house concert è molto diffuso, in special modo negli USA. La musica è presente maggiormente nel quotidiano delle persone. E’ facile trovare una chitarra, un pianoforte o altri strumenti nelle case delle persone che quasi sempre suonano più o meno bene e che quindi hanno passione per la musica.
Le case solitamente sono molto più grandi delle nostre e hanno quindi spazi forse più adatti e quando la casa non è sufficientemente grande si opta per il giardino, spazi comuni o si cerca comunque insieme una soluzione (abbiamo fatto house-concert anche solo per poche persone). Quando si tratta di musica in casa c’è sempre molto interesse anche da parte di vicini o semplici conoscenti a cui piace l’idea di poter partecipare attivamente all’evento (contribuendo con cibo, sedie o quanto serve) e poter trascorrere del tempo assieme.
Dipende anche dal tipo di “evento” che si decide di organizzare. In Italia abbiamo fatto alcuni house-concert molto belli ma questa “esperienza” - ci piace chiamarla così - qui non è ancora molto diffusa. Non credo ci siano grosse differenze tra un host straniero e italiano. Si tratta solitamente di persone piuttosto aperte alle quali piace accogliere altre persone nella propria casa e condividere l’interesse per la musica per il piacere di stare insieme. Speriamo si diffonda sempre di più e potrebbe essere davvero una bella occasione sia per il pubblico che per i musicisti.
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Ci ha incuriosito il fatto che hai commentato un nostro post Facebook in cui accenni di aver suonato in una clinica veterinaria. Vogliamo sapere tutto.
Un concerto davvero particolare! Eravamo vicino a Dortmund in Germania in tour con Stephen Bennett, un grande chitarrista Americano. Una dottoressa veterinaria festeggiava l’anniversario della sua clinica e ha pensato di organizzare un concerto proprio al suo interno.
In questo caso più che un house-concert si è rivelato essere un “surgery room concert”: non ci aspettavamo di suonare proprio all’interno della sala operatoria!
Ci siamo ritrovati seduti sul lettino operatorio illuminati dalla luce utilizzata durante le operazioni, mentre in un’altra sala, su un altro lettino, era servito il buffet.
C’erano una trentina di persone e abbiamo suonato completamente acustici in un ambiente curioso ma che si è prestato benissimo a questo tipo di evento ed è stato allo stesso tempo intrigante e divertente sia per noi musicisti che per il pubblico stesso.
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Sul vostro sito internet www.anitadavideduo.com/progetti/house-concerts/, dite che l’organizzazione è molto semplice e non richiede un grosso impegno né in termini di tempo né in termini di costo. Come fate a sostenere le spese di viaggio?
L’organizzazione è assolutamente semplice. Basta avere uno spazio in casa o anche in un negozio, in un cortile dove poter ospitare il pubblico che a volte può essere numeroso ma a volte anche davvero minimo (ci siamo esibiti anche per una sola famiglia). Solitamente c’è un offerta destinata ai musicisti oppure chi organizza decide di occuparsi del cachet e/o dell’ospitalità se necessaria: può succedere di dormire nella stessa casa in cui si suona e questo crea poi legami di amicizia duraturi nel tempo.
Le spese di viaggio? Dipende. A volte siamo già in zona per altri concerti, oppure si può abbinare una breve vacanza perché il luogo è bello e quindi con l’ospitalità ci si ripaga del viaggio. Altre volte le spese di viaggio vengono coperte dal cachet. Ogni situazione è diversa.
Anni fa abbiamo suonato alla festa di compleanno di una signora di 90 anni e ci aspettavamo tanta gente vista la grandezza della casa: invece il figlio aveva organizzato il concerto per sua mamma - molto appassionata di musica - e per altri 3 componenti della famiglia.
Bellissimo,  emozionante e inaspettato. Il nostro concerto, dedicato allo Swing Italiano, ha ridestato molti ricordi nella signora che, molto felice, ci ha poi raccontato alcuni aneddoti legati alla musica che abbiamo suonato per lei e a quel periodo storico.
Come abbiamo detto, questa è un’esperienza che arricchisce sempre tutti i partecipanti.
Siete i promotori di voi stessi o le date per gli house concert ve le procura qualcuno?
Non abbiamo un agente, agenzia o altro. Abbiamo sempre lavorato da soli.
Oggi c’è internet, Facebook ma anche prima di tutto questo è stato il passaparola che ci ha permesso di suonare in posti per noi impensabili.
Un consiglio agli host per avvicinarsi a questo mondo.
Sicuramente un consiglio è di non avere timore di aprire la propria casa agli altri per condividere un pomeriggio o una serata in compagnia di altre persone e buona musica. Non aver timore che l’organizzazione sia complicata o costosa, perché se è ben pensata e ci si affida a musicisti con esperienza diventa tutto molto semplice e immediato.
Per scoprire cosa può piacere per un house-concert in casa propria basta partecipare alle numerose rassegne musicali e concerti che si trovano ovunque in Italia, dove si posso ascoltare e scoprire stili musicali e musicisti di ogni genere e avere contatti diretti con loro.
Un consiglio agli artisti per promuoversi nel modo giusto.
Domanda difficile perché anche a noi servirebbero degli spunti per riuscire a promuoverci meglio. Non è facile autopromuoversi. Ormai tutti i musicisti sono presenti sui vari canali da YouTube a Facebook. Non basta essere solo presenti su internet. E’ necessario essere attivi in ogni modo e questo purtroppo porta via tanto tempo, ma è necessario. Tenere aggiornato un sito e i vari canali e occuparsi delle tante cose che non riguardano solo l’aspetto musicale è un lavoro nel lavoro.
A noi principalmente piace viaggiare, conoscere le persone, le tradizioni dei luoghi che visitiamo e portare la nostra musica a chiunque abbia voglia di ascoltarci e i tanti incontri durante i nostri viaggi ci hanno regalato spesso bellissime sorprese.
Per rendere magica una serata qualunque, organizzate un house concert scrivendo a [email protected]. Intanto vi lasciamo viaggiare con la musica di Anita e Davide.
Anita Camarella e Davide Facchini Duo
www.anitadavideduo.com
www.youtube.com/anitadavideduo
https://soundcloud.com/anitadavideduo
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max-casagrande · 5 years
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Genesi delle Terre Arcane
Bella maghi,
lo so, il Silmarillion è una figata, Tolkien era un genio, ma anche oggi lo leggo domani, che la lista di roba da leggere è ancora tremendamente lunga. In ogni caso, credo siamo tutti d’accordo che la difficoltà non sia pensare e immaginare una genesi, quanto raccontarla usando quelle parole che la fanno sembrare un vero e proprio testo sacro, e questo mi ha sempre scoraggiato dallo scrivere come la mia ambientazione sia nata e dal dare spiegazioni al riguardo molto confuse e poco dettagliate. Ma qualche giorno fa, in risposta alla mia curiosità derivata da un’ora senza niente da fare a scuola, un mio amico mi ha riassunto, in modo inquietantemente semplice, il Nuovo Testamento, facendomelo anche capire con una semplicità quasi allarmante.
Quindi ho pensato: perché impiegare anni a chiudermi nella Genesi delle Terre Arcane quando posso riassumerla in un articolo? Perderà un bel po’ della sua magia, senz’altro, ma ce n’è sta così tanta nel mio mondo che magari compensa.
Prima di cominciare voglio dirvi che no, non sono un esperto, e sì, l’ambientazione è nata per sbaglio, quindi se troverete  incongruenze o dettagli di trama banali è perché non ci ho lavorato quanto effettivamente il mondo merita e sono un grande fan delle cose palesi. Inoltre questo riassunto è mooolto schematico e, appunto, riassuntivo, quindi i dettagli si sono persi , andando semplicemente a lasciare le basi di quello che è successo da quando non c’era niente a quando le Terre Arcane sono diventate abitabili.
Quindi, senza ulteriori indugi, vediamo tutto quello che è successo prima che il più anziano degli Elfi potesse ricordare (perché non esisteva, non dategli la colpa che gli Elfi hanno un’ottima memoria anche senza mangiare broccoli).
Innanzitutto, bisogna dire che nessuno sa con esattezza come tutto cominciò. Non si sa se esistesse prima Era (signore overpower che ha creato tutto, conosciuto anche come l’Arconte) oppure la magia. Quindi, quando entrambe le cose hanno cominciato a esistere insieme, l’Arconte era intriso di magia talmente tanto da muoverla come poche cose. Lentamente cominciò a pensare, completamente da solo, a farsi delle domande e a darsi delle risposte (qualcosa che dovrebbero fare molte altre persone, ma questo è un altro discorso). La cosa che mi piace assai, è che riuscì a capire di esistere senza l’aiuto di nessuno, completamente da solo, senza che qualcuno glielo dicesse, dato che nessuno effettivamente c’era. Quindi, dato che aveva passato un po’ di tempo immerso nella magia (qualche miliardo di anni), decise giustamente di crearsi compagnia, e creò tre esseri che successivamente diventeranno noti come gli Ascesi: Lumenediel, Zadriel e Galuiriel. Passarono molto tempo insieme nel nulla, a parlare e immaginare (come nei salotti illuministi che gli insegnanti di storia cercano di rendere interessanti), e ognuno di loro creò una lingua: Era inventò l’Arcano (la lingua che serve per castare), Zadriel il franco, una lingua straordinariamente semplice simile al nostro inglese, ed era di fatto quello che usavano più spesso, Lumenediel il sasfino, quello che potrebbe essere il nostro latino (e non a caso quelli che capiscono il sasfino si contano sulle dita di una mano), e Galuiriel era solito parlare, anche da solo (non esattamente un buon segno), l’aztecul, quella che in seguito diverrà la lingua degli Aztecul, appunto (gli Aztecul, con la “A” maiuscola, sono la razza e sono simili ai demoni che vengono mostrati nell’Inferno di Dante Alighieri).
Era, poi, concepì il mondo, quelle che effettivamente sarebbero state le Terre Arcane, e le creò (senza molti problemi, per quei pochi che ancora pensano alla mia ambientazione come “low magic”) lasciando la possibilità ai suoi tre compagni, gli Ascesi, di modificarlo e migliorarlo come potessero. Lumenediel disse di volere una luce, che illuminasse tutto il mondo costantemente e che mostrasse tutto ciò che l’Arconte aveva creato. Così Era creò un guscio di fuoco tutt’intorno, affinché fosse sempre illuminata. Lumenediel, non convinto, pensò che una luce come quella non avrebbe reso giustizia alle Terre Arcane (che erano di fatto completamente illuminate, e vedere sarebbe stato un pelino difficile dato che chiunque avesse aperto gli occhi sarebbe diventato cieco in un paio di secondi), e non appena spiegato il tutto a Era quest’ultimo creò anche la luna, ammassando il rivestimento di fiamme in un solo luogo (tipo accartocciando il tutto), creando così il sole. Infine, se avesse avuto le braccia, avrebbe dabbato per decadi (ricordate che sto riassumendo, quindi non pensiate che la luna e il sole siano stati creati in un secondo e senza pianificazioni). A quel punto, Era diede a Lumenediel il potere della luce e della verità, e contento com’era Lumenediel esplorò tutto il creato, anticipando gli altri Ascesi. Poi fu il turno di Galuiriel (un pezzo di stronzo di proporzioni bibliche, come scoprirete in altri articoli), che propose di creare interi popoli affinché potessero adorare Era come un Dio. La cosa accadde per metà, dato che al nostro caro signorino onnipotente la seconda parte non piaceva (era pur sempre umile il ragazzo), ma creare gente varia gli piaceva eccome, cominciando a ragionare quelle che sarebbero state le varie razze ad alta voce (queste ultime quattro righe dovrebbero impegnare interi capitoli in una genesi fatta bene, che anche oggi scrivo domani). Zadriel per quanto fosse il più ingenuo e gentile, era riuscito a intuire il piano di Galuidriel, così propose all’Arconte di creare dei guardiani che proteggessero chiunque abitasse nelle Terre Arcane. Così, prima di chiunque altro, vennero creati Fenix e Marillion.
In soldoni: Era crea Marillion dicendogli che dovrà proteggere tutti gli abitanti delle Terre Arcane, Marillion gli fa giustamente notare che non c’è nessuno oltre a loro, Era bandisce momentaneamente Marillion (la storia di Marillion dettagliata ve la porterò prima o poi, ma bene o male va in una dimensione parallela a imparare a tirare con arco) e crea Fenix, dicendogli di fare il “capo cantiere” delle Terre Arcane (che allora non erano esattamente ospitali, piene di vulcani e gas tossici), Fenix fa notare che non c’è nessuno oltre a lui a rendere il pianeta abitabile, quindi Era crea i draghi (gli Ascesi stanno a guardare, prendendo appunti) e, per qualche migliaio di anni, il mondo viene lavorato come se fosse pongo. Nel mentre, a immagine e somiglianza di Fenix, vengono creati altri Arcani, 12 in totale: Biblio, Kin, Miondalf, Puppet, Brathair, Sera, Ostar, Damin, Lux, Nox, Lust e Born. Quasi tutti loro, mentre il mondo viene reso abitabile, si rifugiano su un’isola molto a nord, dove imperversa una tormenta di neve quasi sempre (ma sulla storia degli Arcani torneremo in un altro articolo ^^).
Dunque, il mondo è stato reso abitabile, Marillion è tornato (un pochino confuso avendo viaggiato per universi paralleli neanche fosse un personaggio Marvel), i draghi vanno in giro senza niente da fare e gli Arcani camminano spensierati per tutte le Terre Arcane che ora sono una bomba. Ma adesso? Era aveva promesso un sacco di gente! E di fatto ci ha lavorato su per un pochino, e a giudicare da come li ha presentati a tutti si era palesemente dimenticato e ha improvvisato metà delle razze, arrivate nel seguente ordine senza molte cerimonie: Elfi, Uomini, Fate, Nani, Orchi, Holleb, Lepricani e Sirene (ce ne sono anche altre, ma arrivano poi).
State tranquilli, da qui in poi ci sarà tempo perché i casini arrivino. Non abbiamo visto ancora nessuna delle marachelle di Galuidriel, ma sappiate che ne ha combinate di tutti i colori.
Detto questo, credo di aver detto tutto. Fatemi sapere cosa vorreste sapere più su questa ambientazione, e fino ad allora non mi resta che augurarvi buon viaggio, io torno con la prossima storia.
Ci si legge \(^o^)/
--__--
Twittatemi che io vi twitto i miei capitoli XD: https://twitter.com/FFMaxCasagrande
Scripta blog, il sito con cui sto mandando avanti la collaborazione che ha anche l'esclusiva di “Ars Arkana”: https://www.scripta.blog/
Ma lo sapevate che ho anche Instagram?: https://www.instagram.com/max_casagrande_dreamer/
Sono sempre alla ricerca di Beta-tester. Quindi, se volete, fatevi avanti!
Se avete un po' di tempo, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione o un commentino qui sotto, mi fa molto piacere XD. (E poi divento più bravo!)
Se vi va condividete il capitolo, così divento famoso!!! \(^o^)/ (mai vero, ma comunque apprezzo :P).
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musa-dinessuno · 5 years
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L’8 Marzo è la Festa della Donna. Non voglio scendere in discorsi buonisti o già ampiamente sviscerati negli anni. Non mi ritengo una femminista in quanto donna, ma in quanto essere umano. E, per me, essere femminista non vuol dire odiare gli uomini. Essere femminista per me vuol dire semplicemente far valere i miei diritti come essere senziente e capace, proprio come gli uomini. Non sono a favore delle quote rosa, non vado in giro a urlare a seno nudo. Faccio quello che sento sia importante: parlare e discutere nel momento in cui ci sono ingiustizie nei confronti miei e delle mie colleghe. Nel mio piccolo faccio quello che posso. Molte diranno che non è abbastanza. Mea culpa. Nel mio ambito lavorativo, emotivo e sociale, ogni giorno, faccio in modo che i diritti delle donne (me compresa) vengano rispettati. Faccio notare quando alcune battute, ritenute innocenti o ingenue, feriscono e sono ingiuste. Dico la mia quando qualcuno (uomo o donna che sia) mi tratta come se valessi meno, solo per un pregiudizio. Molte continueranno a dire che non è abbastanza. Mea culpa, di nuovo. Non sono una di quelle femministe battagliere, sempre sul terreno di guerra, con striscioni, motti e tanta gente arrabbiata intorno. Faccio del mio meglio, in ogni caso.
Il 25 Novembre è la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.
Il 25 Novembre del 2019 sono stata a Ceccano, un paese in provincia di Frosinone, la mia città natale, a parlare di cosa vuol dire essere donna nel mondo della ricerca. Pubblico: studenti delle scuole elementari (classi quarte e quinte) e delle scuole medie. Invitate, insieme a me, c’erano tanti personaggi femminili interessanti. Tutte attive in campi totalmente diversi, ma incredibilmente accomunate dalle stesse problematiche. Telefono Rosa, giocatrici del Frosinone Calcio, Vigili del Fuoco, Carabinieri, CERN. A quanto pare, noi donne siamo tutte accomunate da qualcosa: la società prettamente maschile (e a volte maschilista). Non posso dire altro che questo: bisogna parlarne, sempre e comunque. Anche quando i colleghi alzano gli occhi al cielo e dicono “ancora con questa storia?? Avete avuto il diritto di voto, che altro vi serve??”. Ogni volta che succede, vi prego di rispondere “Dignità e rispetto, in quello che faccio e in quello che sono.” Siamo diversi? Sì, è biologicamente e fisiologicamente evidente. Può il mio organo riproduttivo determinare il rispetto che ricevo sul lavoro o la dignità a cui posso ambire? No. In nessun modo. In nessun mondo.
Questo è quello che, insieme alle donne che mi hanno accompagnato in questa esperienza, ho voluto raccontare e raccomandare. Dalla mia piccola piccolissima esperienza, ho voluto sottolineare proprio questo. Ogni bambina, bambino, donna o uomo, trans o omosessuale; ognuno di noi può e deve puntare alla propria vocazione, a ciò che fa stare bene e soddisfa. Non ci sono differenze che tengano, discriminazioni che giustifichino.
Il mio discorso è stato semplice: ho raccontato la mia storia e quanto sia importante impegnarsi e pretendere rispetto (dagli altri e da se stessi).
“Sono Silvia Biondi e sono una “quasi” ricercatrice. Tra un po’ capirete cosa vuol dire, ma per quanto mi piacerebbe dire “sono una ricercatrice”, quel “quasi” ce lo devo mettere. Lavoro in collaborazione con il CERN (Centro Europeo per la Ricerca Nucleare).
In questa foto lo vedete solo in superficie, perché, 100 metri sotto terra, c’è un tunnel lungo 27 km, fatto ad anello, dove facciamo accelerare le particelle fondamentali, che sono i tasselli più piccoli che ci compongono, i pezzetti più piccoli della materia che ci fa così come ci conosciamo oggi. Il CERN è il laboratorio di fisica delle particelle più grande del mondo, dove collaborano migliaia di fisici, tecnici ed ingegneri per rispondere a delle domande in apparenza molto semplici. Come è fatto l’universo? Perché siamo fatti così? Noi proviamo a rispondere a queste domande, collaborando insieme, 33 Paesi da tutto il mondo. E a capo di tutta questa organizzazione, Fabiola Gianotti, prima donna, nonché italiana, a ricoprire il ruolo di Direttore Generale del CERN. Avere una donna come Direttore Generale ha dato, a noi donne, una spinta incredibile. E qui la vedete, dopo la rielezione, con una sorridentissima presidentessa del CERN Council (il consiglio direttivo del CERN). Anche lei donna.
Inoltre, Fabiola Gianotti è stata, fino al 2013, portavoce di più di 3000 scienziati dell’esperimento ATLAS. Qui lo vedete fondamentalmente vuoto, c’è solo la parte più esterna. Dopo questa foto, è stato riempito con tutte le tecnologie e i materiali necessari per capire come siamo fatti. Per avere un’idea delle sue reali dimensioni, basta guardare quell’omino in basso nella foto.
A cosa ci servono queste macchine enormi? Ci servono a capire come siamo fatti fin nel più piccolo, fin dove ci possiamo spingere. Quando volete scoprire cosa c’è nel Kinder Sorpresa, cosa fate? Rompete l’ovetto di cioccolata. E trovate, dentro, l’ovetto di plastica; rompete anche quello e trovate alla fine la sorpresa. Ecco, noi facciamo più o meno la stessa cosa con le particelle. Partiamo dalle molecole e le rompiamo. Troviamo gli atomi e rompiamo anche quelli. Troviamo i nuclei, poi rompiamo anche quelli, perché non ci basta sapere come sono fatti i nuclei. Andiamo ancora più nel profondo, per capire come sono fatte davvero le particelle e per capire come interagiscono tra di loro, cioè come si comportano quando sono vicine.
Questo è più meno quello che faccio adesso, ma per arrivare qui ce n’è voluta di strada! Per esempio, io non sapevo di voler diventare una ricercatrice in Fisica, non sapevo neanche mi piacesse la Fisica. Al primo compito in classe, al liceo, presi 5. Fu un duro colpo perché io non accettavo la sconfitta mai in nessuna delle materie, poi ho iniziato a selezionare quelle che mi piacevano di più. Ma, all’inizio, non accettavo nessuna sconfitta. Se l’avessi accettata, forse oggi non sarei stata qui a parlarvi di tutto questo. Mi sono rimboccata le maniche, ho iniziato a studiare tantissimo e all’ultimo anno di liceo amavo la mia Prof di Fisica e grazie a lei decisi di intraprendere gli studi a Roma, dove, dopo 5 anni, mi sono laureata alla Magistrale di Fisica Nucleare e Sub-nucleare. Sembra tutto facile, in realtà è stato un cammino particolarmente difficile, soprattutto la laurea. Infatti, entrai in un gruppo di ricerca totalmente maschile. Un po’ ero anche in imbarazzo all’inizio, perché mi dicevo “porca miseria! Sono tutti uomini, che ci faccio qui??” In realtà ho lavorato molto e il mio relatore, la persona che mi seguiva, credeva molto in me. Ma purtroppo era l’unico, perché molti suoi colleghi guardavano i risultati che avevo portato come fine del mio lavoro e dicevano “bah! non sono proprio…belli”, non ricordandosi che ricerca vuol dire anche scoprire di star sbagliando, di essere su un percorso che non è quello giusto. Peccato che dopo 3 anni, rincontro uno di questi professori al CERN e mi dice “guarda che in effetti ti avevo sottovalutato, perché non erano sbagliati i tuoi di risultati, ma erano sbagliati quelli degli altri! Mi dispiace!” E’ comunque una bella cosa eh, perché io ho avuto una grande soddisfazione al sentire queste parole, ma mi è dispiaciuto che comunque non abbiano creduto in me subito, ma abbiano dovuto cercare conferma in…altri uomini.
Comunque, a parte questo, stiamo arrivando al CERN: finisco gli studi a Roma e mi trasferisco a Bologna, principalmente perché mi piace la città. Lì ho iniziato il mio dottorato di ricerca e ho avuto la possibilità di passare due anni al CERN. Il CERN è un posto che ti cambia perché è pieno di persone che vengono da Paesi in guerra ma che collaborano in pace. Parlo, per esempio, di Libano, Palestina, Turchia, tutti questi paesi che sentiamo ogni giorno in televisione. Al CERN vengono cancellati tutti i conflitti e, per le donne, è quasi un’oasi felice, almeno in questo momento. Ce ne sono tantissime e queste sono un po’ delle donne che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere durante la mia permanenza al CERN.
Come potete vedere sono donne che vengono da Paesi diversi, con lingue diverse ma anche abitudini diverse. E’ bello. E’ bello vedere che in questo posto le donne sono consapevoli di quello che possono fare, delle capacità che hanno. Ma sono anche consapevoli che devono ogni giorno dimostrare sempre di più, dimostrare che “sono uomini anche loro”. Bisogna sempre dimostrare che se gli uomini danno 100 noi sappiamo dare 200, sempre e in ogni caso. Io sto dando 200, anche 300 a volte. Il cammino non è facile, non sono arrivata perché, appunto, non sono ancora una ricercatrice ma è quello che voglio diventare. Quello che voglio dire è che anche se la strada è difficile e in salita, se vi piace farlo, mettete gli scarponi e lo zaino e cominciate a scalare. Perché le donne, ve lo assicuro, sono delle bravissime scalatrici!”
Poi una studentessa delle scuole medie, è salita sul palco e mi ha letto la domanda preparata e discussa attentamentee insieme alla classe. Domanda: Lei lavora in un ambiente, quello della ricerca, prettamente maschile. Secondo lei quali sono gli ostacoli che maggiormente rallentano il raggiungimento di un’effettiva parità tra uomini e donne?
Risposta: Questa è una domanda molto importante, in tutti gli ambiti, ma nella ricerca lo vivo tutti i giorni sulla mia pelle. Il fattore principale è quello culturale: siamo nate, vissute, cresciute in una società prettamente maschile. Non tanto maschilista, quanto maschile, che è abbastanza diverso come concetto. E’ una società per cui, se io vado a chiedere un posto di lavoro, una delle prime domande che mi fanno è “lei ha in programma di avere dei figli durante quest’anno?” e questa è una cosa brutta! Perché le donne si ritrovano sempre a giustificare il loro voler essere madri. E’ brutto, anche per una donna che magari non vuole avere figli, dover giustificare questo e dire “no no no, non si preoccupi, me lo può dare il posto di lavoro, non rimarrò incinta durante quest’anno!” Questa sembra una piccola domanda, insieme a tante altre più pertinenti al posto di lavoro chiamato in causa, ma è davvero una questione culturale. Anche al CERN io non vedo molte donne indiane, iraniane, turche perché lì la cultura non permette alle donne di essere istruite, di avere rapporti sociali, di parlare con degli uomini. Abbiamo una barriera culturale incredibile e questo secondo me si risolve dal basso, come dicevo prima, con l’istruzione. Istruendo le donne E gli uomini, le bambine e i bambini, che hanno tutti le stesse possibilità, hanno tutti le stesse capacità. Se una bambina vuole diventare un’astronauta e vuole andare sulla ISS, può farlo. Se vuole diventare un architetto, una vigilessa, una politica, una ricercatrice, può farlo! Perché non c’è differenza, le donne non sono inferiori per intelletto, non sono inferiori agli uomini.”
Credo davvero che le donne siano grandi scalatrici.
Donna in Fisica L’8 Marzo è la Festa della Donna. Non voglio scendere in discorsi buonisti o già ampiamente sviscerati negli anni.
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pangeanews · 6 years
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“Vorresti che l’uomo diventasse immortale?”: il questionario di Nabokov per la donna doc. T.S. Eliot, invece, s’impegnava a far pubblicare il romanzo lesbo
È uscito un altro pezzo da novanta dell’editoria griffata Faber&Faber: The letters of TS Eliot. Volume 8, £ 50,00. L’editore che fu di Eliot ne appronta l’edizione completa delle lettere. Anzi non proprio, alcune sono state scartate, le trovate qui (tseliot.com). Opera meritoria, quella inglese. Opera di pietà non solo per la storia, ma per l’uomo.
Voglio dire. Perché in Italia gli editori persistono ed insistono coi tomi monumentali ma trascurano il lato umano, talvolta umanoide e paranormale, del letterato, quello che viene fuori (se esiste) dalle sue lettere private? Una prima risposta plausibile. Siamo un popolo inguaribilmente spirituale, non ce ne f***e nulla di come si arriva a partorire l’opera. Che drammi ci sono dietro, per dire. Un italiano non capisce che se vuoi scrivere una buona biografia puoi mettere insieme fino a tre volumi e aggiungere due appendici dove copi l’elenco delle donne che frequentava lo scrittore, a pedaggio (non invento, prendere il volume terzo e ufficiale dedicato a Graham Greene).
Oppure, altro lato della medaglia. Siamo gente, al contrario, talmente crassa e materialista da dare per scontato che gli scrittori (i poeti, poi!) siano citrulli e le loro lettere un’esibizione inutile.
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Fate voi. Io decreto in una biblioteca londinese occupata da ragazze velate, ché i brit sono nei grattacieli a sonnecchiare le finanze, che le lettere di Eliot sono di estrema qualità.
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Scrive così ad esempio in una missiva inclusa nell’ultimo volume (e notare che Faber&Faber ancora rimanda l’edizione delle prose sapendo di contare sui devoti lettori di epistolari, e per Eliot ci sono ancora ventisette anni da coprire): “Sono discretamente d’accordo che ci siano in giro troppi libri, e che per la maggior parte questi siano poi troppo lunghi. C’è la tendenza dei libri a dire con sovraccarico di parole quel che si può dire in poche pagine, nessun dubbio al riguardo. E questo significa deterioramento della lettura in generale tra il pubblico, il quale diventa un bovino ruminante: può solo nutrirsi con chili d’erba, ma rifiuta cibo più concentrato e leggero”. Scritto a un articolista, poi, quindi senza riserve ipocrite come nel caso che si rivolgesse e a un lettore – anzi con tocco di rimprovero, perché chi più degli articolisti dice cose inutili e bazzecole.
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Rimedio. Proposta consueta di almeno una poesia sulla prima pagina dei giornali. Poi, più sessualità in tutti i libri, e guardate che anche un fringuello infreddolito come Eliot faceva quel che poteva nel lanciare la letteratura erotica con Faber&Faber, mentre l’editore aveva riserve per Nightwood di Djuna Barnes (Adelphi 1983; libro del 1936 arrivato da noi con Bompiani nel 1962, altro che santa Inquisizione). Ebbene Eliot ribadiva all’editore: dobbiamo farlo. Anche se è storia che parla di una lesbica. Mentre Geoffrey Faber scrive a Eliot di essersi “sempre sforzato, nel privato, di evitare di ingigantire il sesso”, la risposta del poeta è secca. “Non vedo gran senso in tutto ciò. All’opposto, tentare di mettere il sesso al suo posto è di per sé segno di instabilità”.
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Insomma. Queste lettere di Eliot, 1100 pagine da sommare alle 7600 già pubblicate, ci stordiscono per il valore e il segno di grazia e il morso con cui ti stringono e ti annullano. Perché quel che conta è lo stile di Eliot. Sebbene ripetitive nel dare suggerimenti e avvisi a colleghi e e scrittori, queste lettere ci indicano nientemeno che una lezione di condotta e gentilezza, una posa che non si rifiuta mai ad un aiuto invocato. Una dimostrazione, hanno scritto i giornali UK, di grazia posta sotto pressione.
Non lo so. Mi viene da credere che forse in Italia non ci meritiamo figure simili. Non riusciremmo a capirle. È vero che anche Eliot aveva i suoi vezzi – ad esempio, fece domanda per essere ammesso nel Servizio e giustamente fu negletto perché non affidabile (in effetti rimase un americano).
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In definitiva, Eliot fu uomo complesso, uno che nelle lettere scriveva di tutto, ricette per insalate, appunti da Henry James, spunti sull’amore animale (“senza l’amore di Dio che informa ed intensifica ed eleva gli affetti umani, non ci distinguiamo dagli affetti animali”) e sull’affetto umano: “tra due persone, quali che siano, e più intime tra loro più notevole la cosa, interviene questo – un irrisolvibile elemento di ostilità. Attrazione e repulsione giungono a fare i conti tra loro e questo compone l’affetto permanente”.
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Siccome però le lettere di Eliot sono sovrastimate per malinteso senso patriottico albionico, voglio proporvi un saggio di cosa scrivono gli altri. Prima traduco una missiva di Ted Hughes (Faber&Faber 2007). Sentimento del cielo dove in una riga parli di botte e encomi, alla fine un apprezzamento ironico delle amicizie altrui. E il destinatario della lettera era una specie di Virgilio inglese, Stephen Spender (1909-1995).
Poi un pezzo girovago di Nabokov alla moglie Vera. Si erano sposati nel ’25, lui aveva 26 anni e lei 24 ma che freschezza nella lettera, che è della fine del ’26 (stampa Penguin, 2014).
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Nota per ragazze incazzose cui gli spasimanti mandano foto di uccelli e loro a dire ‘vogliamo le lettere d’amore come le nostre nonne’. Le lettere d’amore del Novecento non sono l’equivalente delle vostre diatribe fallofore su whattsapp, mi dispiace molto ma è così una volta si scriveva nella certezza che non esiste solo l’arnese e la sua amica, e che anche la penna secerne inchiostro glorioso.
Andrea Bianchi 
***
Ted Hughes a Stephen Spender, 16 novembre 1985
Ho sempre pensato che i tuoi primi lavori fossero la poesia più viva del tempo, e penso sia ancora vero. Uno dei loro problemi (delle poesie) è che divennero troppo noti all’epoca. Ma questo avvenne, ne sono certo, per una ragione molto valida, e ora la generazione dei tuoi figli risentiti e invidiosi o sta tirando le cuoia o sta acquistando lumi di buon senso, è chiaro. Questo penso. La tua poesia era ‘viva’ nel senso che eri nudo davanti a te stesso, i livelli della tua percezione, primitivi immediati, si mostrano agevolmente sulla superficie della tua scrittura. Cosa che non accade in Louis McNeice e in WH Auden occorre solo nelle poesie mezzo-sonnambule – This lunar beauty.
Ma la stessa cosa (almeno per me) si manifesta in tutto il tuo scrivere ed è ancora molto forte nei pezzi diaristici recenti. Questi sono i miei favoriti. Mi sarebbe piaciuto che tu l’avessi fatto per tutta la tua vita. Non tanto per una questione di immagini ma di tono – atmosfera, una presenza.
Ora mi aspetto che invece di essere aggiogato per tutti i giorni ad Auden in pubblico, tu ti aggioghi a lui anche nei cieli – è vero siete entrambi Pesci ma avete la luna in Gemelli, un fatto curiosisismo.
Ted Hughes
***
Vladimir Nabokov a Berlino a Vera Slonim nella Foresta Nera, sanatorio di san Biagko, Berlino 11 luglio 1926
Tigrotta,
Ho finito la carta da lettere – devo usare i fogli protocollo e non mi fa sentire libero. (…) Con Raisa ho composto le domande per un questionario che ti spedisco con preghiera di farci caso. (…) Mia dolce, solo quando tornerai ti dirò quanto tu mi sia mancata, senza fine – ma ora non dovresti saperlo – “mi sto divertendo un mondo” – e devi rimetterti in forze. Mia dolce, la piccola scatola da lettere color rosso ginger sta per esplodere, è grassissima, tanto di guadagnato per te invece. Ma le rose sono scomparse dal mio tavolo: sono durate più di un mese. Per qualche ragione ora sono stato a pensare che la vita sia lo stesso cerchio di un arcobaleno – ma possiamo vederla solo in parte, nell’arco colorato. Mia dolce…
V.
Questionario per immodesti e curiosi (per nessuno obbligatorio)
1- Nome patronimico e ultimo nome
2- Pen-name e se ne hai molti segna quello favorito
3- Età ed età favorita
4- Attitudine verso il matrimonio
5- E verso i bambini
6- Professione e professione favorita
7- In che secolo vorresti vivere
8- E in che città
9- Da che età hai i primi ricordi e quali sono
10- La religione esistente che più si avvicina al tuo modo di vedere
11- Che tipo e genere di letteratura preferisci
12- Libri favoriti
13- Opera d’arte favorita
14- Attitudine verso la tecnologia
15- Apprezzi la filosofia? Come studio, passatempo…
16- Credi nel progresso
17- Aforisma favorito
18- Lingua favorita
19- Su quali fondamenta poggia il mondo?
20- Quale miracolo compiresti, se potessi
21- Cosa faresti se ricevessi improvvisamente un monte di denaro
22- Attitudine verso la donna moderna
23- E verso l’uomo moderno
24- Virtù e vizio che preferisci e disapprovi in una donna
25- E in un uomo
26- Cosa ti dà il miglior piacere?
27- E la peggior sofferenza?
28- Sei gelosa?
29- Attitudine verso le bugie
30- Credi nell’amore?
31- Attitudine verso le droghe
32- Il sogno che non hai dimenticato
33- Credi nel fato, nella predestinazione?
34- La tua prossima reincarnazione?
35- Paura della morte?
36- Vorresti che l’uomo diventasse immortale?
37- Attitudine verso il suicidio
38- Sei anti-semita? Sì, no, perché?
39- “Ti piace il formaggio?”
40- Veicolo favorito
41- Attitudine verso la solitudine
42- E verso la nostra cerchia di amicizie berlinesi
43- Dalle un nome
45- Menù ideale
L'articolo “Vorresti che l’uomo diventasse immortale?”: il questionario di Nabokov per la donna doc. T.S. Eliot, invece, s’impegnava a far pubblicare il romanzo lesbo proviene da Pangea.
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bloggoloblog · 7 years
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Il Molise non esiste!
“Il Molise non esiste” è la provocazione del sito NonCiclopedia che trovate a questo link:
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Sarebbe solo una bella pagina, votata al divertimento, se non fosse che qualcuno ci ha creduto e lo sostiene, perché il complotto è sempre una mensa frequentata da molti idioti.
Proprio a questi idioti ed alle loro teorie del complotto dedicherò questa pagina, ma prima è doveroso che faccia qualche premessa:
Io sono un “complottista”: non è mia intenzione, dunque, attaccare una categoria, ma difenderla da se stessa;
La madre degli idioti è sempre incinta: anche tra i “complottisti” ce ne sono e tanti;
Che cavolo vuol dire “complottista”? Personalmente ci sono delle questioni storiche su cui nutro dei dubbi, non per questo vedo marcio in ogni dove.
IO SONO UN “COMPLOTTISTA”
Non mi convincono alcune questioni storiche, dicevo, come ad esempio molto di quello che è stato detto sull’11 Settembre 2001, ma si tratta di dubbi e non di certezze:
ad esempio, mi chiedo ancora come è possibile che un Boeing 757, lanciato a tutta velocità contro un muro, con un’apertura alare di 38 metri, faccia un buchetto di una decina di metri in suddetto muro (per quanto il muro sia spesso e resistente).
Ci sono anche altri punti che non mi convincono degli attentati del 2001 a New York, ma non è questo il topic dell’articolo, quindi passiamo oltre.
Quando dico che sono un “Complottista” sto ovviamente lanciando una provocazione, sia a chi si pone troppe domande che a chi neanche una.
La storia è piena di complotti, mezze verità, insabbiamenti, bugie, riscritture: perché oggi dovrebbe essere diverso?
Prendiamo ad esempio l’attacco a Pearl Harbor del 7 Dicembre 1941: per anni c’è stato chi ha sottolineato alcune incongruenze nella “versione ufficiale”, facendo ovviamente la figura del folle: poi un giorno, non troppi anni fa, nelle sale esce un film, una storia d’amore con sullo sfondo proprio la battaglia in questione e… In sordina, quelle teorie del complotto vengono utilizzate come “fatto storico” acquisito.
Certo, è solo un filmetto strappalacrime, ma le stesse teorie del complotto sono state confermate poi anche dagli ultimi veterani testimoni ed oggi è quasi pacifico che il governo USA sapesse dell’attacco. NON E’ più una TEORIA!!!
Insomma, “io sono un complottista” vuol dire “io dubito”, mi informo, penso, valuto, cercando di soppesare ogni informazione e verificare ogni fonte e soprattutto con una sola grande certezza: NESSUNO PUO’ AVERE CERTEZZE, se non scientifiche (basate su prove sperimentali)!!!
LA MADRE DEGLI IDIOTI E’ SEMPRE INCINTA.
Su questo punto, penso, siamo tutti d’accordo ed anche tra i “complottisti”, ovviamente, gli idioti non mancano, anzi sono in forte crescita.
Qui il termine “complottista” cambia significato, passando dal “persona che dubita metodicamente” (teniamo fuori Cartesio però, per favore), al meno accettabile “persona che vede complotti ovunque”.
Questo sotto-genere di rivoluzionari dei tempi moderni hanno tutti alcune caratteristiche in comune:
Le loro fonti sono tutte sul web, in particolare (quasi esclusivamente) video su YouTube; quando la fonte è un testo, di quel testo leggono solo titolo e sottotitolo, per poi condividerlo ovunque. Fate una prova: scrivete un articolo senza alcun senso ed intitolatelo “NON VE LO DICONO: I CANI PARLANO!”… Fidatevi, qualcuno ci crederà e lo condividerà, anche senza leggerlo. Un esperimento del genere è stato fatto da UdineToday, vi lascio il link: http://ift.tt/2ljbWAP
Sono tutti ossessivo-compulsivi e riescono sempre a trovare un complotto nel complotto, quasi come se si trattasse di una competizione: così i dubbi sullo sbarco sulla Luna, diventano “La Luna non esiste: è un ologramma”, oppure “La Luna non esiste: è un satellite artificiale alieno” giuro che c’è chi lo afferma e chi gl icrede)… Per non Parlare dei terrapiattisti, cioè gente convinta che la terra sia piatta ed allega anche “prove” che dice “inconfutabili”; allego link http://ift.tt/2n9Mn66
Sparano numeri a cazzo, vi faccio un esempio. Qualche giorno fa su Twitter mi imbatto, grazie alla condivisione di un’amica, in una persona che afferma che ci sono 15000 “miglioni” di famiglie in attesa di risarcimento per danni da vaccino. Ora, a meno che (come suggerisce l’amica che ha condiviso il tweet) il “miglione” non valga meno del milione, 15000 mln di famiglie, con una media di tre individui a nucleo, fa un totale di 45 miliardi (o “migliardi”) di persone: peccato che sulla terra non arriviamo agli 8mld!
Il “complottista” ossessivo-compulsivo non ricerca la verità, ma la allontana, riducendo tutto ad uno scherzo, perché se parlando di qualcosa di probabile spari cazzate a mitraglia, nessuno crederà mai che sia vero!
COSA CAVOLO VUOL DIRE “COMPLOTTISTA”?
Abbiamo usato il termine “complottista” con due diverse accezioni:
Colui che dubita;
Colui che sospetta.
Sembrano due definizioni simili, ma profondamente diverse, anche se mantengono una cosa in comune: sono sbagliate!
Il termine “complottista” è un errore in partenza, perché dovrebbe definire “colui che si occupa di complotti”, ma se non c’è verità acquisita, se si parla sol odi dubbi o di sospetti, non c’è nulla di cui occuparsi.
Parliamo allora di “teorici del complotto”, ma anche questa è riduttiva, perché appiattisce tutto in una “teoria”, che nell’immaginario comune è qualcosa di inesistente.
Esistono centinaia di fatti e circostanze sulle quali gli esseri umani possono nutrire dubbi, la mia speranza è che lo facciano in maniera costruttiva e non distruttiva: discutere di “abuso di farmaci”, di “posizione dominante” e di “lobby farmaceutiche”, a mio parere, non è errato (se si può argomentare quello che si sostiene), ma parlare di “complotto organizzato dell’industria dei vaccini, al fine di ridurre la sovrappopolazione mondiale” è pericoloso: qualcuno potrebbe crederci, non vaccinarsi e forse anche morire…
… Io questo lo chiamo omicidio colposo!
Prima di affermare un concetto, bisogna avere la capacità di sostenerlo, altrimenti crollerà e schiaccerà non solo te, ma anche ci si trova a passare di lì per caso.
Concludo con una rivelazione scioccante, che spero vi darà da riflettere, perché i poteri forti non ve lo dicono: Gli evidenziatori, quelli gialli… Sono un modo che gli alieni ci hanno lasciato per comunicare con gli acari, che sono i loro emissari sulla terra.
RICORDATE: IL MOLISE NON ESISTE!!!
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linstantcestmoi · 7 years
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Ciao, ragazzi! Son tornata da meno di una settimana dal cammino sulla Rota Vicentina, in Portogallo, ma la mia mente – ed anche il mio corpo- faticano a capire che NO, non si cammina più 6 ore al giorno ammirando paesaggi mozzafiato e incontrando gente meravigliosa!!
Ad ogni modo, in questo post inserirò delle info utili per chi, magari, è interessato a quest’esperienza e ha deciso di partire. Descriverò il mio percorso, le mie tappe, da Vila Nova de Milfontes a Vila do Bispo. In un altro post, sicuramente, vi parlerò invece di come ho vissuto quest’esperienza, dei miei pensieri durante il viaggio, di quanto il Portogallo mi abbia rapito il cuore come nessun altro Paese. (Ma come ho potuto viaggiare praticamente sempre a Nord, finora?!)
PREMESSE
Ho dovuto cominciare a Vila Nova de Milfontes perché, i bus per Santiago do Cacem (dove comincia il Cammino Storico) e Porto Covo (dove comincia il Cammino dei Pescatori) da Lisbona, c’erano solo il pomeriggio/sera. Ergo, avrei perso una notte in ostello per iniziare il cammino il mattino dopo. Avendo 7 giorni effettivi a disposizione, ho preferito saltare due tappe ma cominciare subito.
Le compagnie bus a cui far riferimento sono: Rede Expressos e Eva Transportes
In linea generale, non è un cammino che richiede particolare preparazione fisica. Alcune difficoltà s’incontrano lungo il Cammino dei Pescatori (es. salite con la sabbia, salite/discese alquanto ripide, tratti in cui si cammina nel fango). Sconsigliato a chi soffre di vertigini.
Assolutamente importante portare la protezione solare. Io, il primo giorno, mi son subito scottata, come una cretina.
Alcuni mi chiedono se è possibile percorrere la Rota in bici. No, la Rota nasce per essere percorsa esclusivamente a piedi. E’ possibile, tuttavia, visitare il Portogallo in bici; ho conosciuto alcuni che da Lisbona andavano a Sud. Consiglio di fare ricerche specifiche sui sentieri percorribili in bici o far riferimento a enti del turismo.
Com’è indicato anche sul sito ufficiale della Rota Vicentina, è sconsigliato partire a luglio/agosto. Persino ora (fine aprile/inizio maggio) era caldissimo e si camminava in canotta e pantaloncini…
Ci sono rari punti di ristoro tra una tappa e l’altra. E’ necessario che portiate abbastanza acqua e cibo.
La prenotazione in ostelli o altri tipi di alloggio non è necessaria. (Per fortuna) non è il Cammino di Santiago…c’è posto per tutti, ci si alza e si comincia a camminare con calma.
La Rota è segnata benissimo. Leggerete che a me è capitato di sbagliar strada più volte: sono un caso a parte. Essendo sola, poi, spesso mi perdevo nei miei pensieri e mancavo qualche segnale. In generale, se state camminando e non vedete segnali per 500m, tornate indietro fino all’ultimo che avete avvistato.
Gli ostelli sono tutti bellissimi, i migliori in cui sia mai stata. In Portogallo, è molto importante mantenere alto il livello degli alloggi: dopo 3 recensioni negative/reclami, lo Stato comincia a far pressione.
  VILA NOVA DE MILFONTES – ALMOGRAVE
Una delle tappe più brevi, 16 Km circa. Non fate come me che, gasatissima perché era il primo giorno, decido di non prendermi pause se non verso la fine, dopo aver sbagliato strada un paio di volte. Percorso tutto sommato semplice. Magari non facilissimo per cominciare, con le salite sulla sabbia ed un punto in cui bisogna utilizzare una scala poggiata alle rocce per scendere/salire. Trovate le indicazioni per cominciare sulla strada principale del paese, a pochi metri dall’Ufficio del Turismo. Usciti da Vila Nova, si percorre un ponte con vista sul fiume. Dopo pochi Km, vi ritroverete già a camminare a due passi dall’Oceano. Ho alloggiato all’Hi Hostel Almograve – Pousada de Juventude, vicinissimo alla spiaggia. Lo trovate sulla destra appena arrivati ad Almograve.
2. ALMOGRAVE – ZAMBUJEIRA DO MAR
  Uno dei tratti più belli, 22 km interamente con vista oceano. Si comincia camminando immersi tra alte dune di sabbia, che man mano assumono un colore sempre più rossiccio, dovuto agli ossidi di ferro, testimonianza di quando il clima della zona era più tropicale. Percorso facile; piccola difficoltà verso la fine, quando bisogna scendere sulle rocce servendosi di una fune. (Potrebbe essere pericoloso in caso di pioggia.) Ho alloggiato all’Hakuna Matata Hostel, anch’esso a due passi dalla spiaggia. Zambujeira è una piccola perla, ci sono negozietti (non sempre li si trova nei villaggi) ed è il luogo in cui ho visto il mio primo tramonto in spiaggia in Portogallo.
3. ZAMBUJEIRA DO MAR – ODECEIXE
  Ecco, questo per me è stato il tratto più “difficile”. Ci ho messo 8 ore per percorrere 18 Km, sia perché avevo dei problemi ai piedi, sia perché c’erano punti in cui bisognava essere prudenti e, quindi, facevano rallentare (i famosi tratti nel fango che vi ho scritto su o in cui bisogna attraversare ruscelli). Ad ogni modo, la vista che si presenta a 4 Km da Odeceixe e la sua incantevole Praia ripaga tutti gli sforzi. Ho alloggiato all’Odeceixe Hostel.
4. ODECEIXE – ALJEZUR
Qui, il percorso base è di 18 Km; io ho aggiunto il circuito della Praia di Odeceixe per un totale di 23 Km. Uno dei percorsi più semplici, anche perché da qui il Cammino diventa Storico. Onestamente, consiglierei di saltare questo tratto e passare direttamente al successivo, poiché si svolge al 90% lungo un canale d’irrigazione. Al 15 Km, passerete dal villaggio di Rogil, ottimo per riposarsi, rinfrescarsi, mangiare qualcosa in un ristorantino. Ho alloggiato all’Amazigh Hostel, dove ho anche avuto la fortuna di conoscere una ragazza italiana che lavora in reception.
5. ALJEZUR – ARRIFANA
Arrifana era la tappa che non vedevo l’ora di fare, ancor prima di partire. L’ostello stra-prometteva alla grande (ragazzi, c’è anche la piscina! Hi Arrifana Destination Hostels), a due passi dalla spiaggia, in una delle mete più ambite dai surfisti!! Dopo il check-in, infatti, son subita corsa in spiaggia a prendere il sole e a restare sbalordita dinnanzi alla potenza delle onde. Uno spettacolo unico. E quanti surfisti e scuole di surf! (Sì, mi sono innamorata del surf.) Il percorso è di soli 12 Km, io ci ho impiegato 3 ore e non ho incontrato nessun tipo di difficoltà. Merito anche del personale dell’ostello se mi sono follemente innamorata di questo posto e ho promesso di tornarci. Salutatemi Teddy e James, se capitate da quelle parti! 😀
6. ARRIFANA – CARRAPATEIRA
Il percorso più lungo, 25 Km. Ma i miei piedi si stavano rimettendo in sesto ed ero prontissima! Unica difficoltà: salite e discese, ma tante. Si comincia percorrendo la costa –non mancherà di vedere surfisti e gente che vi sfreccia accanto su quad, fuoristrada e moto da cross– per poi addentrarsi nelle colline. Peccato che questa tappa e la successiva siano parecchie lontano dalla spiaggia. Solo al 18 Km arriverete in un villaggio e avrete possibilità di far rifornimento di cibo e acqua, per cui partite ben muniti. Ho alloggiato all’Hostel do Mar. Proprietaria dolcissima.
7. CARRAPATEIRA – VILA DO BISPO
22 Km. Percorso semplice…se non scegliete, come me, di fare quello alternativo. Sì, ce ne sono due: quello che ho scelto io, in realtà, è consigliato nei periodi di forti piogge in cui quello classico non è praticabile. Per il percorso alternativo, bisogna seguire le frecce rosse. E’ quasi impraticabile, composto da salite e discese molto ripide e sentieri strettissimi. Verso il 12 Km, inizierete a camminare a pochi metri dalle pale eoliche ed il vento fortissimo sarà una costante fino alla fine. Ragion per cui, a una certa, ho cominciato ad accelerare e son arrivata dopo un totale di 5 ore e mezzo. Vila do Bispo è il paese più grande tra quelli in cui son stata, ed uno dei pochi da cui è possibile prendere un bus per Lagos o Sagres per poi tornare a Lisbona. Ho alloggiato a Lila’s Apartments, un po’ lontano dal centro, a due passi dal LIDL. Ideale per godersi un po’ di pace e avere molto spazio a disposizione, dopo giorni di camerate e letti a castello.
Ed è tutto. Il giorno dopo ho trascorso un paio d’ore a Lagos, in attesa del bus per Lisbona (avevo l’aereo di ritorno da lì). Inutile che vi dica quanto incredibile sia stata quest’avventura e quanto mi abbia arricchita, da svariati punti di vista. Tutti, una volta nella vita, dovrebbero avere la possibilità di fare un cammino. Il cammino ti dà ciò di cui non pensavi neppure di aver bisogno e ti alleggerisce dal superfluo (letteralmente e metaforicamente parlando).
Se avete domande, commentate pure il post o scrivetemi a [email protected] Più che felice di poter essere d’aiuto! Intanto, continuo a sognare googlando altri cammini imperdibili, in Europa e non. Diventa davvero una droga!
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