#musica leggendaria
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Freddie Mercury: La voce che sfida i limiti umani. Una leggenda senza eguali nel panorama musicale
Il 19 aprile 2016, un team di scienziati di Austria, Repubblica Ceca e Svezia ha confermato ciò che milioni di fan di tutto il mondo sapevano già: Freddie Mercury aveva una delle voci più straordinarie e uniche nella storia della musica
Il 19 aprile 2016, un team di scienziati di Austria, Repubblica Ceca e Svezia ha confermato ciò che milioni di fan di tutto il mondo sapevano già: Freddie Mercury aveva una delle voci più straordinarie e uniche nella storia della musica. I risultati della ricerca, guidata dal dott. Christian Herbst dell’Università di Vienna e pubblicati sulla rivista Logopedics Phoniatrics Vocology, hanno…
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Aretha Franklin: Regina del Soul e Voce Leggendaria
Aretha Franklin, nota come la “regina del soul”, è una figura chiave nella musica. Ha unito generi come gospel, soul e R&B in modo unico. La sua voce leggendaria ha attirato l’attenzione del mondo e ha influenzato la cultura popolare. Nata a Memphis, Aretha ha iniziato a cantare da giovane. Mostrava un talento straordinario. I suoi successi musicali hanno ispirato molti artisti e hanno sostenuto…
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Greatest Hits
L'altro giorno ho scritto un post dove chiedevo chi conoscesse il film di Chantal Akerman Jeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles. L'ho chiesto perchè ho scoperto che il periodicamente decennale numero speciale di Sight And Sound, prestigiosissima rivista cinematografica inglese, sui film più belli di sempre nel 2022 lo ha definito il più miglior film di tutti i tempi. Qui c'è la classifica e qui la scheda del primo posto che ne spiega i motivi.
Ho scoperto anche che, introvabile, verrà messo in onda per i festeggiamenti del 35.mo anniversario di Fuori Orario. Cose (Mai) Viste, leggendaria trasmissione di RaiTre, che per decenni (dal 1988) ha regalato ai suoi notturni spettatori perle clamorose di cinema, documentari, musica e altro (date un occhio a RaiPlay per recuperare qualcosa).
Ringrazio @jacobyouarelost che nel suo intervento al primo mio post ha spiegato che, pur nella grandezza artistica del lavoro, il film di Akerman è lì per lo stesso motivo, questo lo aggiungo io, che nella classifica dei 500 Migliori brani del Secolo di Rolling Stone (aggiornata più volte negli ultimi anni, e questo già è un segnale) ha posizionato Respect di Aretha Franklin al Primo Posto, scalzando Like A Rolling Stone di Bob Dylan che ha capeggiato la classifica di tutte le passate liste.
@nanavitsaviee invece, dopo che le avevo chiesto del film in quanto brillante studentessa del settore cinematografico, mi ha fatto un'osservazione interessante, che è centrale: quanto conta, nel fare o non fare queste classifiche, il fatto che il cinema, forse più di musica e editoria, è un'industria potente? Mi ha fatto un esempio illuminante: al Festival ormai ci vanno i TikToker e non i critici, perchè serve altro che la critica, serve parlare e fare tendenza.
A tal proposito, cito un articolo che Mattia Carzaniga scrisse proprio dopo la notizia in questione sul film di Akerman: "la questione sollevata dalla classifica di Sight and Sound mi pare un’altra: il cinema, oggi, ha smesso di essere un’arte popolare. O meglio: si tende a premiare sempre e solo il merito artistico di un mezzo che certamente come arte non era nato" e cita un documentario, Sr. , che racconta la storia di Robert Downey Senior, padre del Junior attore tra i più famosi del mondo. È il ritratto di un autore, il padre, che non si è mai piegato al volere degli Studios e l’attore\figlio ex ribelle diventato il divo più pagato al mondo grazie ai colossi Marvel. Scrive Carzaniga: È un film umanamente magnifico, ma anche la definitiva ammissione di sconfitta del cinema come arte (scusate ancora) davvero popolare. Forse non lo è stata mai. Forse il cinema è sempre stato una vasta prateria con dentro tutto, troppo, fatta per feticisti che non saranno mai d’accordo gli uni con gli altri.
L'esigenza di classificare è il tentativo di dare ordine alla vastità delle cose. E soprattutto per trovare un modo di nominarle. L'uomo ha tentato, per i più vari motivi, di classificare e definire ogni cosa, per gestirla ed organizzarla. Esiste probabilmente una classificazione per ogni cosa materiale dell'umanità, e spesso anche per cose immateriali. Penso alla qualità della vita, alla povertà, alla soddisfazione. Ma come per la qualità del cinema o delle canzoni, o dei libri (ultimo caso, tutte le discussioni sulla scelta del New York Times di nominare L'amica geniale di Elena Ferrante il più bel romanzo degli ultimi 20 anni), più l'argomento è immateriale, e soggetto al gusto, più diviene discutibile.
E vogliamo parlare del rapporto emozionale privato che abbiamo con queste cose, che siano film, dischi o libri? Di tutte i sentimenti, i luoghi, le esperienze private che un titolo, famoso o meno, ci regala perchè visto con, o in un posto speciale, o in un giorno indimenticabile?
Questo discorso porta in posti davvero profondi, e fondamentali in un certo senso. Chiunque ha voglia di esprimersi a riguardo è il benvenuto!
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Morto David Soul, il detective Hutch della leggendaria serie tv “Starsky & Hutch”
La coppia di detective è diventata un'icona della cultura popolare, e il successo dello show ha contribuito significativamente alla fama di Soul
David Soul, nato David Richard Solberg, è stato non solo un volto iconico della televisione, ma anche un talentuoso cantautore e regista nel corso della sua carriera. Oltre al suo ruolo indimenticabile in “Starsky & Hutch“, Soul ha recitato in altre produzioni di successo come Star Trek e “Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan” con Clint Eastwood. L’attore statunitense è deceduto giovedì 4 gennaio, lasciando un vuoto nel cuore dei suoi fan e nel mondo dello spettacolo. La moglie ha comunicato che Soul ha affrontato con coraggio la sua battaglia per la vita circondato dall’affetto della famiglia.
La carriera di David Soul è stata versatile e apprezzata. Inizialmente, ha intrapreso la strada della musica folk, esibendosi insieme a grandi nomi come Frank Zappa e i Byrds. Tuttavia, è stato il passaggio alla recitazione che lo ha portato alla ribalta, con ruoli in telefilm di successo negli anni ’60 e ’70. Il clou della sua carriera è stato, senza dubbio, il ruolo di Hutch accanto a Paul Michael Glaser in “Starsky & Hutch“. La coppia di detective è diventata un’icona della cultura popolare, e il successo dello show ha contribuito significativamente alla fama di Soul.Negli anni successivi al successo televisivo, Soul ha continuato a stupire il pubblico tornando alla musica, raggiungendo la vetta delle classifiche con brani come “Don’t Give Up On Us” e “Silver Lady”. Nonostante le sfide personali, tra cui un periodo di incarcerazione negli anni ’80 per aggressione alla moglie di allora, Patti Carnel Sherman, Soul è riuscito a rialzarsi e a contribuire ancora al mondo dell’intrattenimento.
David Soul, known for playing the iconic detective Kenneth Hutchinson of the duo Starsky and Hutch, has died at the age of 80. The American gossip magazine TMZ broke the news. He was born in Chicago but had English citizenship. In addition to the popular TV series also "Salem's Lot", "Star Trek" and the cult "A 44 Magnum for Inspector Callaghan" alongside Clint Eastwood.
How David Soul died
David Soul died on Thursday in a hospital in London following a battle with cancer. According to what was reported by TMZ, the actor had been suffering from it for some time as well as numerous health problems suffered in old age. In particular, David Soul suffered from chronic bronchopneumonia, due to more than 50 years as an avid smoker: "he smoked three packs of cigarettes a day", says the newspaper.
The career of David Soul
David Soul became an absolute pop icon in the 70s thanks to Starsky and Hutch. He was the blond-haired, icy-eyed detective next to Detective Dave Starsky, played by Paul Michael Glaser. David Soul appeared in all 92 episodes of the series, spanning a four-season span from 1975 to 1979 and also directing some episodes. Other popular shows also include "Salem's Lot", the first miniseries based on the novel of the same name by Stephen King and directed by Tobe Hopper in which he played the protagonist Ben Mears and which in Italy was released with the title "The Last Days of Salem ", merged into a single 112-minute version. Before his great popularity with the series, he had gained recognition in the role of Agent Davis in the film A 44 Magnum for Inspector Callaghan. David Soul had also established himself as a singer by releasing five studio albums and seven collections between 1976 and 2020
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22 DICEMBRE 2014 moriva JOE COCKER, quel soul che arrivava dalle miniere
Oscurò i Beatles con "With a little help from my friend".
Un tono inconfondibile, un crepuscolo da Sinatra del rock
Joe Cocker, il "leone di Sheffield", la più grande voce blues della storia del rock britannico, è morto all'età di 70 anni.
Per oltre cinquanta (aveva esordito nel 1963 con la band degli Avengers, quando aveva solo 15 anni), aveva segnato la storia del rock con il suo tono roco e caldo, insegnando a un paio di generazioni di cantanti come si potesse cantare il blues ed il soul pur non essendo afroamericani, anzi arrivando dal cuore minerario dell'Inghilterra.
Impossibile non amarlo, come fecero tutti quando salì nel 1969 sul palco di Woodstock e cantò, strappando le note con la carta vetrata della sua gola, una versione incredibilmente intensa di "With a little help from my friend", facendo diventare la sua versione l'originale e cancellando addirittura quella già famosa dei Beatles cantata da Ringo in "Stg. Pepper".
Cocker aveva uno stile inconfondibile, chiaramente ispirato alla lezione dei grandi bluesman afroamericani, ma riportato nel pieno dell'evoluzione del rock, venato di gospel e di psichedelia, sostenuto con l'elettricità e caricato con la passione.
E con queste caratteristiche era riuscito negli anni a diventare la voce più riconoscibile del rock, soprattutto all'alba degli anni Settanta quando con Leon Russell e i mad Dogs & Englishman aveva conquistato l'America con uno straordinario tour e, sull'onda di quel successo, aveva spinto legioni di giovani cantanti a mettersi sulle sue orme. Imitatori del suo stile ce ne sono stati tanti, ma nessuno è riuscito a eguagliare il maestro, che sapeva essere interprete sopraffino, in grado di prendere una canzone scritta da altri e trasformarla in qualcosa di suo.
Era successo così con molte canzoni dei Beatles, dei quali era diventato eccellente interprete, ma anche con molti altri classici del rock, del soul e del ryhthm'n'blues che nei primi anni Settanta aveva inciso in album molto belli, ricchi di brani come la leggendaria "You are so beautiful".
Poi gli eccessi, l'alcol e la droga, molte crisi e difficoltà prima della rinascita, negli anni Ottanta, prima con la clamorosa vittoria dell'Oscar per "Up where we belong", cantanta con Jennifer Warnes e compresa nella colonna sonora di "Ufficiale e Gentiluomo", poi con album del calibro di "Sheffield Steel", e poi ancora con la planetaria affermazione di "you can't leave your hat on", che diventa il brano trainante del film "9 Settimane e 1/2".
Da quel momento in poi, complice la ritrovata serenità personale e familiare, con l'amore della sua vita, la moglie Pam, Cocker ritorna al successo, si trasforma in una sorta di "pontefice" del soul bianco, diventa il "Sinatra" del rock, in grado di invecchiare con infinita classe e saggezza, producendo dischi di ottimo livello, dei concerti sempre emozionanti e attraversare il passaggio del millennio come una star.
Ci manca Joe Cocker, il suo stile appassionato e travolgente, la sua inarrestabile simpatia, la disponibilità di un'artista di altri tempi, per il quale il rock non era mai morto, il soul era il sale della vita e la musica la cosa più importante del mondo.
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Elvis: il Re in gabbia
Elvis: Austin Butler in una foto
L'inizio è roboante, frenetico, luccicante e anche piuttosto kitsch, a cominciare dai titoli di testa in "oro massiccio". Esattamente quello a cui Baz Luhrmann ci ha sempre abituato, ed è esattamente quello che mi aspettavamo anche da questo Elvis. D'altronde parliamo del regista che in passato aveva preso Shakespeare e Giuseppe Verdi per trasformarli in irresistibili pastiche postmoderni, quindi come sarebbe potuto essere altrimenti con il Re del rock and roll?
Il più grande spettacolo del mondo
Va da sé che l'Elvis di Luhrmann non sia un biopic tradizionale, e non prova mai ad esserlo. È invece un tributo all'uomo e all'artista non solo attraverso la sua leggendaria musica ma soprattutto attraverso quel senso di spettacolo e di intrattenimento che da sempre ha caratterizzato la sua carriera, portandolo ad un certo punto ad essere l'artista più famoso e amato al mondo.
Elvis: Austin Butler in una scena
Proprio questo aspetto, la spettacolarità delle sue performance, gli eccessi che da sempre hanno caratterizzato non solo l'artista ma anche l'incredibile ed esagitata fanbase, è chiaramente l'elemento di maggiore interesse per il regista, che può così ancora una volta dare sfoggio del suo talento visionario e volutamente eccessivo. Lo fa con innumerevoli concerti e sequenze musicali adrenaliniche e colorate, tutte "coreografate" alla perfezione al ritmo di musica.
Can't Help Falling in Love
Elvis: Austin Butler in un'immagine
E veniamo quindi al cuore del film, Elvis e la sua musica. Austin Butler è un perfetto Elvis perché non scade mai nella mera imitazione ma al tempo stesso è bravissimo nell'incarnare la sensualità del personaggio, non solo riproducendone i leggendari movimenti di bacino ma a trasmettere tutto il fascino e il carisma che erano propri del personaggio.
Se la cava benissimo anche ad interpretare le canzoni immortali che tutti noi conosciamo e leghiamo indissolubilmente alla vera voce di Elvis. Ma va detto che, esattamente com'era lecito aspettarsi da Luhrmann, la colonna sonora non è composta solo da Butler che interpreta Elvis, ma anche da tanti altri gruppi e cantanti recenti (Doja Cat, Eminem, CeeLo Green, Jack White e anche i Måneskin) che reinterpretano i vecchi classici o comunque li omaggiano con canzoni apposite. Da notare come nel film siano presenti moltissimi momenti legati al gospel o al soul, a confermare l'importanza di quelle influenze per la carriera di Elvis.
Il prezzo da pagare
Elvis: Austin Butler in un numero musicale
Luhrmann mette le cose in chiaro fin dall'inizio: questo film è sì su Elvis, ma solo al 50%. L'altra metà, com'è stato d'altronde per i profitti di tutta la sua carriera, spetta al suo manager, il Colonello Tom Parker, l'uomo che nel bene e nel male ha plasmato tutta il suo percorso, portandogli enorme successo e ricchezza ma anche tanto dolore e frustrazione. Il regista, autore anche della sceneggiatura insieme a Sam Bromell, Craig Pearce e Jeremy Doner, non ha alcun dubbio: basandosi anche sui processi tenuti molti anni dopo la morte di Elvis, individua in Parker il vero colpevole della caduta del cantante, non solo da un punto di vista professionale ma anche personale. E lascia che Tom Hanks interpreti il personaggio in modo così spregevole e mefistofelico da risultare quasi caricaturale, proprio per non lasciare alcun dubbio agli spettatori. E non lenire mai l'amore che i fan possono ancora provare per il Re.
Elvis Presley esce da questo film come assoluto vincitore, ma non solo grazie alle scelte di sceneggiatura o per l'ottima interpretazione di Butler. Elvis conferma il suo carisma unico proprio nei minuti finali, quando Luhrmann sembra quasi mettersi da parte e sceglie di mostrarci immagini di repertorio del vero cantante: è solo in quel momento, per la prima volta nel film, che Elvis è davvero libero - libero dal Colonnello, libero anche da Luhrmann stesso - e può finalmente arrivare ai fan/spettatori per quello che davvero era. Impossibile non emozionarsi, impossibile non rendersi conto del perché fosse davvero un Re.
In conclusione Elvis non è solo un film sul Re del rock and roll, ma anche su colui che ne è stato la fortuna e la rovina. Al tempo stesso non è nemmeno un biopic classico, perchè Luhrmann è un regista troppo esuberante e presente per non fare in modo che, almeno in alcuni momenti, il suo stile così sopra le righe diventi un’ennesima gabbia per il personaggio al centro del film. Ma nel finale, come abbiamo scritto nella nostra recensione, quando arrivano le immagini del vero Presley, le emozioni arrivano tutte insieme e si è ben disposti a perdonare anche tutte le imperfezioni e gli eccessi. Long live the King.
Perché ci piace 👍🏻
Austin Butler è un ottimo Elvis Presley in ogni suo aspetto; il personaggio di Tom Hanks è molto caricato ed eccessivo, ma comunque funziona benissimo come villain.
Ottime scelte musicali, anche quelle più azzardate.
Lo stile di Luhrmann rimane invariato: eccessivo, coloratissimo, a tratti sfrenato…
Cosa non va
… ovviamente chi non ha mai amato il suo cinema non cambierà idea ora.
I fan più esperti potrebbero avere molto da ridire su alcune scelte di sceneggiatura e su alcune omissioni importanti.
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Il vento gelido del Mississippi sibilava tra le foglie di cotone, trasportando con sé la voce roca di Robert Johnson. Le sue dita volavano sulla chitarra, intrecciando note malinconiche che narravano di amori perduti, patti col diavolo e la dura vita nel Delta.
Nato in una famiglia povera e segnato dalla discriminazione razziale, Robert trovava rifugio nella musica. La sua anima inquieta era attratta dalle note blues che risuonavano nei juke joint, storie di sofferenza e riscatto che dipingevano la cruda realtà del Sud.
La leggenda narra che una notte, spinto dalla frustrazione e dal desiderio di fama, Robert si recò a un incrocio sperduto nel cuore del Delta. In quell'inquietante luogo, sotto un cielo plumbeo, si dice che abbia incontrato il diavolo.
Alcune versioni raccontano di un rituale macabro, con Robert che accorda la sua chitarra con l'anima in cambio di un'abilità sovrumana. Altri sussurrano di un incontro più subdolo, dove il diavolo, ammaliato dalla musica di Robert, gli offrì un patto: fama in cambio della sua immortalità.
Qualunque sia la verità, da quel momento in poi la vita di Robert cambiò radicalmente. La sua chitarra divenne un'estensione del suo corpo, le sue note evocavano una potenza e un'intensità mai sentite prima. La sua voce roca e graffiante narrava storie di vita vissuta, di passioni tormentate e di un'inquietudine che non poteva essere placata.
Il suo talento esplosivo lo catapultò sulla scena blues, lasciando il pubblico a bocca aperta. La sua fama si diffuse rapidamente, attirando l'ammirazione di musicisti come Son House e Muddy Waters. Le sue canzoni, come "Crossroad Blues", "Love in Vain" e "Me and the Devil Blues", divennero pietre miliari del genere, influenzando generazioni di musicisti a venire.
Ma la fama di Robert era avvolta da un'aura oscura. La leggenda del patto col diavolo lo perseguitava, alimentando le dicerie sulla sua natura maledetta. La sua vita privata era tormentata da relazioni complicate e da un'incessante ricerca di sollievo nell'alcool.
A soli 27 anni, Robert Johnson morì in circostanze misteriose. La sua morte prematura alimentò il mito e la leggenda, lasciando un alone di mistero che ancora oggi avvolge la sua figura.
Il fantasma di Robert Johnson continua ad aleggiare nel Delta del Mississippi, la sua musica risuona nelle note di innumerevoli bluesman che hanno tratto ispirazione dalla sua tragica e leggendaria esistenza. La sua anima inquieta, intrappolata tra il blues e il diavolo, continua a raccontare storie di passione, dolore e riscatto, immortali nella memoria del Mississippi.
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Biyo - Water is love
SABA ANGLANA
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Saba Anglana è una cantautrice italo etiope nata in Somalia e già nota con il suo primo lavoro ´Jidka, the Line´, al quale occorre aggiungere le collaborazioni con artisti quali Miriam Makeba, Cesaria Evoria e Vinicio Capossela e per l’interesse e la difesa di tematiche ambientali globali. Il lavoro in questione si inserisce in questa attitudine dato che ´Biyo´ significa acqua nella lingua nativa di Saba. In effetti l’acqua vista come risorsa preziosa, carente e quindi a tratti sacra, costituisce il filo conduttore di questo lavoro a cavallo tra pop, cantautorato e musica etnica. La radice di quasi tutte le composizioni è la fusione di elementi etnici nei testi e nella strumentazione, dove kora, krar (specie di certa etiope), washint (flauto africano) , masinko (violino rudimentale) e congas aggiungono timbri caratteristici ad una base sostanzialmente pop. I testi sono semplici ma efficaci, sobri ma non pessimisti, con anche punte di orgoglio di quelle radici che Saba, cresciuta in Italia, ha saputo approfondire tramite studi e l’assistenza della madre. ´Biyo´ è di per sé esemplificativa di tutto il disco anche se ´Yet Nou´ è forse più toccante nel suo dub finale con le voci dei bimbi; ´Solomon´ è un momento particolare perché non parla dell’acqua ma sembra più evocare situazioni di leggendaria sensualità esotica in stile Regina di Saba; ´Crowded Desert´ e ´My father was a soldier´ sono pezzi più occidentali, forse per via dell’uso dell’inglese nei testi, ´Djibouti Road´ è per contro il momento a maggiore intensità etnica.
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Track List:
Biyo
Welcome
Solomon
Acqua di mare
Amal Fatah
Yet Nou
Crowded Desert
Djibouti Road
My father was a soldier
Forest
Weha
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Walk dei Pantera in una cover song. I Pantera rappresentano una band epica che si rivela la carta vincente dell’heavy metal. Difatti, tutto l’asset della band è riuscito a creare delle melodie eterne nella storia. Da Walk a Cowboys from Hell è un grande mix di riff di chitarre e virtuosismi vocali. Pertanto, avevo deciso di dedicare questa traccia ad una delle band che mi ha ispirato nella vita.
Dunque, ti consiglio di conoscere l'energia selvaggia e la potenza inarrestabile della musica metal con la panoramica sulla leggendaria band Pantera. Immergiti nel mondo sonoro feroce e nell'attitudine ribelle della Pantera, pioniera del genere heavy metal. Dal ruggito selvaggio delle chitarre al battito incessante della batteria, il nostro articolo svela il cuore pulsante di questo'iconico gruppo. Scopri la storia dietro i successi che hanno plasmato il panorama musicale metallico e approfondisci la potente eredità lasciata dalla Pantera. Entra nel regno del metal più pesante e vibrante, dove la Pantera continua a regnare sovrana.
Nel selvaggio regno del panorama musicale, la Pantera Heavy Metal emerge come una potente forza sonora che incanta gli ascoltatori con la sua ferocia musicale. Con radici profonde nel cuore del metal, la Pantera si distingue per la sua combinazione unica di riff incisivi, ritmi implacabili e un'inconfondibile intensità sonora.
Quindi, immersi in un universo di distorsioni controllate e testi carichi di impeto, gli appassionati di Pantera Heavy Metal sono trasportati in un viaggio epico attraverso l'oscurità e la potenza. La band, con la sua eredità indiscussa, continua a suscitare l'entusiasmo dei fan, trascinandoli in un vortice di emozioni sonore che definiscono il vero spirito del metal.
Inoltre, addentrati nel mondo incendiario della Pantera Heavy Metal, dove le note ribelli si fondono in un crescendo di adrenalina e il suono del metal diventa un'esperienza epica. Unisciti alla tribù dei veri amanti della musica pesante e abbraccia la potenza indomita della Pantera Heavy Metal. La tua ricerca musicale ha trovato la sua forza guida.
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Carla Bley
Carla Bley, grande protagonista dell’avanguardia statunitense degli anni Sessanta e Settanta, è stata compositrice, pianista e organista.
Viene soprattutto ricordata per l’album Escalator over the Hill, opera jazz-rock di un’ora e mezza.
Nata col nome Lovella May Borg a Oakland, California, l’11 maggio 1936, a sedici anni si è trasferita a New York. Lavorava nel celebre locale Birdland, quando ha conosciuto e poi sposato il pianista jazz Paul Bley, da cui prese il cognome che ha tenuto anche dopo il divorzio.
A partire dal 1960, le sue composizioni sono state eseguite da musicisti e musiciste di fama internazionale, che l’hanno consacrata come figura di riferimento del movimento free jazz.
Il lungo sodalizio musicale con il trombettista austriaco Michael Mantler, che ha sposato nel 1967, ha portato alla formazione della Jazz Composer’s Orchestra, inciso il primo disco, Communication, 1965, ha portato un lungo tour promozionale in Europa.
Il concept album Escalator over the Hill, prodotto tra il 1968 e il 1971, su tre dischi, suonato dalla Jazz Composer’s Orchestra, è un’opera, con parole e libretto, che spazia dal jazz al rock alla musica colta, ispirandosi alla tradizione delle big band. Ricordato come uno dei dischi fondamentali dell’avanguardia statunitense, ispirato ai testi del poeta surrealista John Haines, ha visto il coinvolgimento della figlia Karen Mantler, che ha partecipato a molti dei suoi successivi lavori in veste di tastierista e armonicista.
Nel 1973, insieme al marito, ha fondato l’etichetta discografica indipendente WATT Works.
Negli anni settanta ha fondato una big band che porta il suo nome con cui si è esibita sui palchi di tutto il mondo.
Ha collaborato con importanti musicisti e musiciste rock e continuato a lavorare agli arrangiamenti della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden, leggendaria formazione che univa il jazz sperimentale alla musica politica folk e tradizionale.
Il suo ultimo disco è stato Life Goes On, del 2020.
È morta a Willow, 17 ottobre 2023, aveva 87 anni.
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Beethoven, dal silenzio alla sinfonia
Beethoven, dal silenzio alla sinfonia
Il 16 dicembre 1770, in una modesta casa di Bonn, nacque Ludwig van Beethoven, destinato a diventare una delle figure più influenti della musica classica. Il suo talento, la sua resilienza e la sua capacità di trasformare le emozioni in composizioni immortali ne hanno fatto un simbolo universale di genialità e perseveranza. Gli inizi di una carriera leggendaria Figlio di un musicista di corte,…
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Quincy Jones, icona della musica pop e produttore di successi come "Thriller" e "We Are the World", è morto a 91 anni nella sua casa di Bel Air, circondato dalla famiglia. La sua carriera straordinaria è stata caratterizzata da collaborazioni con artisti leggendari come Michael Jackson, Frank Sinatra, Aretha Franklin e Donna Summer. La morte di Jones, avvenuta domenica sera, è stata confermata dal portavoce Arnold Robinson, il quale ha condiviso il messaggio della famiglia: “Con il cuore pieno ma spezzato, dobbiamo annunciare la morte di nostro padre e fratello Quincy Jones. Celebriamo la grande vita che ha vissuto”. Quincy Jones è stato una figura fondamentale nella musica pop del ventesimo secolo, associato ad alcuni dei dischi più venduti, come “Off the Wall”, “Thriller” e “Bad”, che hanno portato Michael Jackson al successo globale. I traguardi di Jones non si limitano al solo Jackson, poiché ha collaborato con una vasta gamma di artisti, definendo il suono di un’epoca. La sua visione lo ha spinto a creare progetti innovativi, come l’iniziativa benefica "We Are the World", che ha unito i più celebri musicisti per aiutare le vittime della carestia in Etiopia, dimostrando come la musica possa essere un potente strumento di cambiamento sociale. Nel corso della sua carriera, Quincy Jones ha ricevuto 28 Grammy Awards, rendendolo uno dei più premiati artisti nella storia della musica. Attualmente, è terzo nella lista dei musicisti con il maggior numero di nomination ai Grammy, con 80 nomination, seguendo solo Beyoncé e Jay-Z. La sua abilità nel mescolare generi musicali e la sua versatilità hanno consolidato la sua reputazione come uno dei produttori più influenti. Oltre alla musica, Jones ha avuto un impatto significativo nel cinema e nella televisione. Ha iniziato come produttore con il film “Il colore viola”, che ha ricevuto 11 nomination agli Oscar. Inoltre, ha creato vari programmi televisivi, tra cui la sitcom “Il principe di Bel-Air”, che ha lanciato Will Smith. La sua società di produzione, fondata nel 1990, ha realizzato numerosi progetti di successo, dimostrando la sua versatilità. L’eredità di Quincy Jones continua a ispirare artisti e produttori in tutto il mondo.
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Storia Di Musica #317 - Black Flag, Damaged, 1981
A me piace poco la musica punk. In primis, perchè nasce sotto aspetti che molto ipocriticamente non si prendono mai in causa (basta sentire quello che dice Malcom McLaren, il deus ex machina dei Sex Pistols in The Great Rock'n'Roll Swindle) rispetto alla vera natura del genere musicale; in secundis perchè si oppose con i suoi modi sguaiati e "puri" contro la grandezza tecnica del prog, soprattutto in Europa. Negli Stati Uniti fu invece un movimento molto più eterogeneo e diffuso, il cui obiettivo trasgressivo era soprattutto artistico (mentre da noi fu sprattutto estetico). Detto ciò, per i gruppi che hanno "black" nel titolo non potevo non parlarvi un po' di loro. Il loro nome, Black Flag, fu suggerito ai fondatori Greg Ginn e Keith Morris dal fratello del primo, Raymond, che aveva un nomignolo curioso, Pettibon: la bandiera nera è il simbolo del movimento anarchico, e lo stesso Raymond disegnò il logo della band, quattro righe spesse che davano la sensazione del movimento della bandiera stessa (e cosa importante, poteva essere facilmente riprodotta con le bombolette spray per i graffiti). Tutto nasce a Hermosa Beach, vicino Los Angeles, nel 1976: Greg Ginn e Keith Morris fondano un duo, che si chiama Panic. Quando scoprono che esiste già un altro gruppo dallo stesso nome, cambiano in Black Flag, come detto sopra. Con la prima formazione registrano 4 brani in un Ep dal titolo esplicativo, Nervous Breakdown, che viene stampato in 2000 copie, ma problemi con la piccola casa editrice che gli aveva pagato le registrazioni spingono Ginn a fondarne una propria: aggiunge infatti una "divisione" artistica alla sua Solid State Tuners, che è una piccola dittaq specializzata in riparazioni e costruzione di impianti per le registrazioni elettroniche, creando la SST Records, che oltre che i dischi dei Black Flag sarà una delle case discografiche indipendenti più importanti degli anni '80 per aver pubblicato Soundgarden, Meat Puppets, Minutemen, Hüsker Dü, Sonic Youth, Dinosaur Jr., Negativland tra gli altri. Cambiano nel frattempo due volte cantante: prima Morris se ne va, e viene sostituito da Ron Reyes: dura pochi mesi, registra comunque delle canzoni che verranno inserito nel secondo EP, Jealous Again, poi se ne va a Vancouver. Qui in un negozio di dischi trova l'EP in questione e legge nei crediti come cantante un certo Chavo Pederast, pensando che avessero trovato un nuovo cantante, ma ascoltandolo si accorge che è la sua voce, la band ha voluto omaggiare il suo abbandono con la prima di una serie sgangherata di azioni di satira nera per cui diventeranno proverbiali. Reyes viene sostituito da Dez Cadena. Durante un concerto a New York, un tizio sale sul palco e inizia a cantare con lui: piace a tutti gli altri, e prima viene ingaggiato come roadie, poi spostato a cantante perchè Cadena esprime il desiderio di suonare la chitarra. Il tizio si chiama Henry Garfield, ma per cantare sceglie il nome Henry Rollins. Nasce così la line up leggendaria che nell'ottobre 1981, messi sotto contratto dalla Unicorn, una sussidiaria della MCA, va negli studi a scrivere la pietra miliare dell'hardcore punk.
In copertina, Rollins che dà un pugno allo specchio (rotto con un martello, il finto sangue è un miscuglio di caffè e salsa di pomodoro). Damaged è uno degli album più estremi, nichilisti, sinceri e devastanti della storia della musica. È l'espressione, sincera, di esigenze che sono ancora oggi comuni denominatori della sofferenza generazionale giovanile. Si parte con la necessità di alzare la voce contro il muro di silenzio degli altri, nella storica Rise Above, in cerca di realizzazione: We are born with a chance\Rise above, we're gonna rise above\And I am gonna have my chance\Rise above, we're gonna rise above\We are tired of your abuse\Try to stop us, it's no use. L'adrenalina si sposta nei 33 secondi, deflagranti come una bomba, di Spray Paint, dedica al movimento dei writers tanto caro alla band. Rollins sputa parole e urla più che cantare, su un tappeto sonoro che sebbene sia "semplice" nella struttura (le canzoni hanno una loro struttura ricorrente e riconoscibile), dimostra al contempo che i nostri sanno suonare e ne sono esempio gli intricati assoli di Ginn e Cadena. Seguono in parte lo stile Ramones in Tv Party e Gimmie Gimmie Gimmie, ma è quando Rollins e compagni parlano di sofferenza, quando sputano rabbia e frustrazione, che mettono i bridivi: Room 13 è una disperata richiesta di aiuto (It's hard to survive\Don't know if I can do it\I need to belong\I need to hang on\I need, need) con la voce di Rollins al limite dello spasmo; No More inizia con il tamburo della batteria quasi a segnare un countdown, prima di esplodere nella furia della musica della band; c'è la rabbia politica contro le istituzioni, pienamente espresso in Police Story (Fucking city is run by pigs\They take the rights away from all the kids\Understand that we're fighting a war we can't win\They hate us, we hate them). Ma l'apoteosi dono le due Damaged: Damaged II è una sorta di delirio rabbioso, scandito dalle urla di Rollins (I'm confused, confused, don't wanna be confused), che è un misto tra una crisi di panico e la disperazione della solitudine, che si trasforma in ferite interne ed esterne. Ed è ancora più sconvolgente Damaged, che chiude il disco:
My name's Henry And you're here with me now My life It's a song, ah You're just, you won't even let it happen You won't You won't let Damaged, by attack
e continua con dei vocalizzi che assomigliano pericolosamente ad un delirio.
Il disco fu stampato il 25 mila copie dalla Unicorn, ma quando i boss della MCA sentirono il disco, ne bloccarono la distribuzione. Senza battere ciglio, i Black Flag lo pubblicarono per la SST, con un adesivo in copertina che diceva "Come genitore, credo che questo sia un album contro i genitori", parole pronunciate dal presidente della Unicorn. Questo fu preso alla lettera dalla Polizia, che non perse occasione per intervenire durante i concerti della band, in cui spesso ci saranno dei feriti. Tutta la questione finì in una causa intentata dalla Unicorn che portò al carcere, per pochi giorni, Greg Ginn. La band tra altri cambiamenti di formazione pubblicherà un altro album inno punk, My War (1982) per poi intraprendere, fino al 1986, un percorso davvero interessante in cui alla furia iconoclasta della loro musica aggiungano elementi hard rock, più melodie e persino elementi del free jazz, grande passione di Rollins. Dopo lo scioglimento, Rollins fonderà una propria band, la Henry Rollins Band in cui proseguirà questo cammino sperimentale. I Black Flag si riformeranno due volte, negli anni 2000, ma non sarà mai la stessa cosa: non era più possibile replicare il pugno in faccia che fu questo disco, la loro rabbia, la loro disperazione, che arriva qui a vette insuperate, divenendo il seme da cui negli anni a venire nascerà di tutto: dico solo che persino il rap campionerà tantissimo questo disco, soprattutto Rise Above che fa da base a inni del genere quali Buck Whylin' di Terminator X, And What You Give is What You Get dei Beastie Boys, Real Niggaz Don't Die degli NWA e Holy Rum Swig dell'X-Clan.
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AI Groove: La Musica Raccontata dall'Intelligenza Artificiale
Nuova rubrica dove sarà protagonista l’intelligenza artificiale. La storia del rock, le sue icone, ripercorsa attraverso le AI. Iniziamo con la rilettura della storia e dell’impatto dei Motorhead.
L’innovazione dei Motörhead: come la band ha trasformato il rock e lasciato un segno indelebile nella storia della musica
I Motörhead, guidati dall’iconico Lemmy Kilmister, sono stati una delle band più influenti nella storia del rock. Formati nel 1975, hanno ridefinito i confini del genere, creando un suono aggressivo e potente che ha anticipato molte delle evoluzioni del metal e del punk rock. La loro combinazione unica di velocità, potenza e attitudine ribelle ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della musica. Ma quali innovazioni hanno portato i Motörhead e perché sono così importanti nella storia del rock?
La fusione di rock, punk e metal
Una delle più grandi innovazioni dei Motörhead è stata la capacità di fondere elementi del rock, del punk e del metal in un unico suono che sfidava le convenzioni. A differenza di molte band dell’epoca, i Motörhead non si identificavano con un genere specifico, ma si muovevano liberamente tra stili diversi.
Il loro sound era caratterizzato dalla velocità e dall’aggressività del punk, unite alla pesantezza e alla potenza del metal, creando così un ibrido unico che ha ispirato la nascita di sottogeneri come il thrash metal e lo speed metal. Album come “Overkill” e “Ace of Spades” sono esempi perfetti di come i Motörhead abbiano combinato questi elementi, influenzando sia band metal come Metallica e Slayer, sia gruppi punk come i Ramones e i Sex Pistols.
La loro musica era veloce, brutale e diretta, con riff di chitarra martellanti e una batteria ipercinetica che conferivano un’energia inarrestabile ai loro brani. In questo modo, i Motörhead hanno abbattuto le barriere tra generi e sono diventati una sorta di punto d’incontro tra il mondo punk e quello metal, due scene che spesso erano considerate antagoniste.
Lemmy Kilmister: un’icona ribelle
Il carismatico frontman Lemmy Kilmister non era solo il volto della band, ma una vera e propria leggenda del rock. Con la sua voce rauca e inconfondibile, la sua attitudine ribelle e il suo basso suonato con un approccio che lo rendeva quasi una chitarra ritmica, Lemmy ha ridefinito il ruolo del bassista in una band rock.
Lemmy non seguiva le regole e questo si rifletteva sia nella sua musica che nella sua immagine pubblica. Era il simbolo del rock ‘n’ roll selvaggio e senza compromessi, vivendo secondo il motto “Born to lose, live to win”. Questa attitudine autentica e senza filtri ha influenzato non solo il mondo della musica, ma anche la cultura popolare, rendendo i Motörhead un’icona dell’anticonformismo.
Il suo stile vocale abrasivo e il modo in cui suonava il basso—con potenti distorsioni che spesso si mescolavano ai riff di chitarra—hanno cambiato il modo in cui il basso poteva essere utilizzato nel rock e nel metal, rendendolo un elemento centrale e non solo un accompagnamento ritmico.
L’invenzione del sound “Motörhead”
Il suono dei Motörhead è facilmente riconoscibile e rivoluzionario per l’epoca. Era sporco, ruvido e veloce, ma con una precisione incredibile. La band è stata in grado di mantenere un equilibrio perfetto tra caos e controllo, creando brani che, nonostante la loro aggressività, rimanevano estremamente ascoltabili.
I riff di chitarra erano semplici ma potenti, e la batteria, soprattutto con Phil “Philthy Animal” Taylor, era travolgente. Brani come “Overkill”, “Bomber” e la leggendaria “Ace of Spades” sono perfetti esempi del sound Motörhead: velocità furiosa, riff granitici e testi che celebrano la vita vissuta al massimo, tra eccessi e adrenalina.
I Motörhead hanno creato un suono che non era mai stato ascoltato prima. Questo stile ha influenzato intere generazioni di musicisti e ha gettato le basi per il thrash metal, un genere che avrebbe dominato la scena negli anni ’80 con band come Metallica, Megadeth e Slayer, tutte profondamente ispirate dai Motörhead.
L’atteggiamento live: potenza e autenticità
I Motörhead sono stati una delle band live più potenti della loro epoca. I loro concerti erano esperienze intense, caratterizzate da volumi assordanti, energia pura e un contatto diretto con il pubblico. Il loro approccio ai concerti era privo di fronzoli: niente scenografie elaborate, solo tre uomini sul palco che suonavano più forte e più veloce possibile.
La famosa affermazione di Lemmy “If we moved in next door to you, your lawn would die” descrive perfettamente la potenza devastante del loro suono dal vivo. La band è stata pioniera dell’approccio “loud and fast”, che sarebbe diventato uno standard per molte band metal e punk. La loro integrità dal vivo ha cementato la loro reputazione come una delle band più autentiche e sincere della storia del rock.
Il rifiuto delle etichette e l’universalità del messaggio
I Motörhead hanno sempre rifiutato le etichette di genere. Sebbene fossero spesso associati alla scena heavy metal, Lemmy ha sempre affermato che la band era semplicemente rock ‘n’ roll. Questo rifiuto delle categorizzazioni li ha resi accessibili a un pubblico più ampio e ha permesso loro di attraversare generi e sottoculture musicali diverse.
La loro musica parlava di libertà, ribellione e una vita vissuta senza compromessi, temi universali che potevano essere apprezzati da punk, metalhead e amanti del rock classico allo stesso modo. Questa capacità di unire ascoltatori diversi li ha resi una band trasversale, influente non solo per il sound, ma anche per l’attitudine.
Eredità e impatto culturale
L’eredità dei Motörhead è immensa. Non solo hanno influenzato generi come il metal e il punk, ma hanno anche rappresentato un modello di autenticità e resistenza nel mondo della musica. La loro musica ha continuato a ispirare generazioni di musicisti, dalle band thrash metal agli artisti punk e hard rock.
L’iconica figura di Lemmy è diventata sinonimo di rock ‘n’ roll nella sua forma più pura. Anche dopo la sua morte nel 2015, l’impatto della band continua a essere sentito, e album come “Ace of Spades” rimangono pietre miliari del rock. Il logo della band, con la maschera “Snaggletooth”, è diventato un simbolo culturale, indossato non solo dai fan della musica, ma da chiunque voglia esprimere il proprio spirito ribelle.
Conclusione
I Motörhead non erano solo una band: erano un movimento. Hanno sfidato le convenzioni, fuso generi e creato un sound unico che ha influenzato profondamente la storia del rock. L’energia pura, l’attitudine ribelle e il talento musicale di Lemmy e compagni hanno gettato le basi per generazioni future di musicisti, rendendoli una delle band più importanti e iconiche della storia della musica.
Senza i Motörhead, il rock, il metal e il punk non sarebbero gli stessi. Il loro spirito indomabile e la loro dedizione al rock ‘n’ roll li rendono un esempio senza tempo di cosa significhi fare musica per passione, senza compromessi e con autenticità assoluta.
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Addio a Cissy Houston: Si è spenta a 91 anni la leggendaria cantante gospel e madre di Whitney Houston
Cissy Houston, vincitrice di due Grammy Award, ha lasciato un'impronta indelebile nella storia della musica gospel.
Cissy Houston, vincitrice di due Grammy Award, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica gospel. Cissy Houston, una delle voci più iconiche della musica gospel e madre della celebre Whitney Houston, è scomparsa all’età di 91 anni. La sua carriera, durata oltre sette decenni, l’ha vista trionfare con numerosi riconoscimenti, tra cui due Grammy Award. La notizia della sua…
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NicoNote REGOLA press telegraph
[NIM014] NICONOTE - REGOLA new album Vinile e Digitale
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October / November print issue of Relix Magazine. Featured in the Ear Crystals https://relix.com/issues/detail/october-november/
column written by Richard Gehr
‘Nun of the above. Composer and Benedictine abbess Hildegard of Bingen's 12th-century visionary spirit suffuses REGOLA (New Interplanetary Melodies), an economical electronic reinterpretation in nine movements by Italian vocalizer NicoNote (Nicoletta Magalotti). ‘Regola’ being Italian for ‘rule.’ NicoNote's tracks at first suggest a sort of dark, cloistered discipline. A helicopter seems to invade the airspace of ‘REGOLA I,’ while ‘REGOLA II’ begins with weeping and mourning. We're deep into a gothic dance party by ‘REGOLA VI,’ however, and ‘REGOLA VII’ explodes with extended vocal techniques reminiscent of Nina Hagen and Björk singing the unsingable.’
LOOP MAGAZINE https://loop.cl/niconote/
'REGOLA includes nine pieces inspired by the 12th century German polymath Abbess Hildegard von Bingen (composer, writer, philosopher, scientist, naturalist, physician and mystic), which are accompanied by [Nicoletta] Magalotti’s celestial voice and expansive, solemn synthesized ambient lines…NicoNote, inspired by the mysticism of the Benedictine Abbess Hildegard von Bingen, creates a profound music that feels poignant, together with revealing texts.’
26 novembre • Raheem Talks to NicoNote • Host Mauro Bonomo
Il manifesto, 9 novembre 2024, ALIAS
THE WIRE:
A suite in nine movements inspired by the mythic medieval composer Hildegard von Bingen (1098-1179)
‘Vaporous vocals joined by gothic beats worthy of Dead Can Dance. [Nicoletta] Magalotti uses a gnarled, Diamanda Galás-like voce di strega (witch voice). The sound design is as rapturous as the poetry – cavernous & driving, swirling with gritty, industrial cosmic dust' [The Wire by Emily Pothast]
15 QUESTIONS Read The Interview: 15 Questions Interview : https://15questions.net/.../niconote-about-her.../page-1/
[Christian Zingales] BLOW UP N. 316 Settembre 2024 "Ennesima prova di eccellenza per la leggendaria ex Violet Eves"
Repartiseraren
‘This fusion between modern classical music and experimental electronica whips up a storm. The ambiance together with light airy vocals make the atmosphere much bigger then what you hear at first, overhead above the melodies of the electronic music is a wondrous humming that goes into overdrive. There’s a warmth that lures out a cascade of emotions.’ - Repartiseraren
Listen - Release Recommendation Feature
The Gap (Austria)
‘The composition of ’REGOLA’ has a very high quality. From ‘REGOLA I’ the rhythmic pulse begins with rising bass waves. The second movement uses field recordings and spoken word, ‘REGOLA III’ leaves enough space for the fade out, numbers five and six are almost pop-like, while track seven is the trippy climax’ - The Gap (Austria)
Album Review (published online 16th October 2024)
Antonio Bacciocchi e le sue suggestioni quotidiane su RadioCoop :: https://www.radiocoop.it/niconote-regola/ :: NICONOTE – Regola NicoNote è un’artista multidisciplinare e sperimentale, con una lunga e prestigiosa carriera alle spalle, nel presente e sicuramente nel futuro, attiva nei campi della musica, del teatro e della performance. Un progetto che nasce nel 1996 e che ha vissuto trasformazioni ed evoluzioni. Il nuovo lavoro, concepito nel 2003, è una suite in 9 movimenti ispirata alla mitica compositrice medievale Hildegard von Bingen (1098-1179). Musica contemplativa, elettronica, solenne, “spaziale” (non di rado riporta alle atmosfere care ai Tangerine Dream), avvolgente, sulla quale la voce di NicoNote tesse trame misteriose e austere. Interessante e notevole.
Cristian Pandolfino su LA PLATEA ::: "All’origine di questo album c’è una pièce di drammaturgia sonora, risalente al 2003 e ripresa durante la pandemia, che grazie al sound design di Demetrio Cecchitelli e all’eccellente vocalità di NicoNote diventa oggi qualcosa di ancora diverso: l’opportunità di accostare l’orecchio al mistero del misticismo, dove il celestiale non ha nulla di rassicurante ma, anzi, inquieta e perturba. Dove ci sono aperture vocali, come nel brano Regola I che schiude il progetto o l’evocativo Regola V, si ha l’impressione di librarsi su un abisso di visionarietà, mentre le ripetizioni di Regola II, Regola IV e Regola VII sono stese su un tappeto strumentale estremamente materico. In Regola si incontrano cielo e terra, altezze e profondità, quasi chi ascolta venga trasportato su un precipizio da cui ammirare ciò che non è possibile scrutare ma solo sentire".https://www.laplatea.it/index.php/musica/6484-in-regola-niconote-da-voce-a-hildegard-von-bingenm.html
[NIM014] NICONOTE - REGOLA a suite in nine movements inspired by the mythic medieval composer Hildegard von Bingen (1098-1179) An enveloping masterwork of imposing, time-dilating electronics rich w/ soaring euphonic hymns, enigmatic sprechgesang & more Out now via New Interplanetary Melodies / Big Doings Edizioni Musicali available on vinyl & all digital platforms - Basic Frame Distribution / Sequence (UK)
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