#fenomeno vocale
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pier-carlo-universe · 29 days ago
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Freddie Mercury: La voce che sfida i limiti umani. Una leggenda senza eguali nel panorama musicale
Il 19 aprile 2016, un team di scienziati di Austria, Repubblica Ceca e Svezia ha confermato ciò che milioni di fan di tutto il mondo sapevano già: Freddie Mercury aveva una delle voci più straordinarie e uniche nella storia della musica
Il 19 aprile 2016, un team di scienziati di Austria, Repubblica Ceca e Svezia ha confermato ciò che milioni di fan di tutto il mondo sapevano già: Freddie Mercury aveva una delle voci più straordinarie e uniche nella storia della musica. I risultati della ricerca, guidata dal dott. Christian Herbst dell’Università di Vienna e pubblicati sulla rivista Logopedics Phoniatrics Vocology, hanno…
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turuin · 11 months ago
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E' possibile che queste fitte al fianco sinistro non abbiano tanto a che vedere con l'intestino infiammato, ma con una specie di strappo muscolare o indolenzimento dovuto al fatto che ero convinto di poter fare workout così, dal nulla, esagerando un po'. Se così fosse, bene. Ma allora perché tutto questo sonno, questo gonfiore? Perché quando dormo (e dormo un sacco) almeno una volta per sonno soffro di paralisi ipnagogica? Che è, peraltro, un fenomeno che odio con tutto me stesso, e che ho imparato a riconoscere immediatamente quando mi accade.
La prima volta, in questi giorni, è avvenuta lunedì mattina: a letto, mentre dormivo di un sonno sopraggiunto all'improvviso, mi sono svegliato (nel sogno) con un oggetto sul ventre, come una grossa impalcatura di una casa di bambole, o carillon. Una voce di ragazza mi aveva rivolto la parola. Ho capito subito che non poteva essere: non ero nel mio letto, ma in un sogno. Ho ricordato, nel sogno, che avrei dovuto toccare la lingua col palato, ma nulla: pur facendolo, non riuscivo a venire fuori dall'illusione. La mia testa sprofondava sempre più tra i cuscini, che arrivavano a chiudermi la visuale. Non so con quale sforzo di volontà ho pensato di darmi uno schiaffo in testa, e mi sono svegliato, col respiro accelerato e la testa che girava.
La seconda volta è avvenuta la scorsa notte. D'improvviso, ero nel mio salotto, ed era buio. Chiedevo all'assistente vocale di accendere la luce, ma non funzionava, ed il buio era nero come l'inchiostro, e si espandeva ai confini del mio campo visivo. Alzandomi dal divano, mi dicevo: rieccomi, sono di nuovo in un sogno da paralisi ipnagogica. E ricominciavo a leccarmi il palato, a mordermi le labbra, ma nulla. Mi ha assalito un gran senso di disperazione: e se restassi così, bloccato all'interno del mio cervello, per sempre? Insopportabile, opprimente senso di oscurità, assenza di suoni - non puoi gridare, non puoi parlare, la luce stessa ha una qualità diversa dal mondo reale, tutto è ovatta. Ho iniziato a saltare sul posto, nel sogno, e ad agitarmi le mani davanti agli occhi. Non le vedevo. Chi ha letto Castaneda (e non solo) sa che vedersi le mani in sogno è difficilissimo, se non impossibile; e questa consapevolezza mi ha dissociato mentalmente: so che sto agitando le mani, ma non le vedo, quindi sono al di fuori di questa situazione. Quindi possono colpirmi. E così, mi sono svegliato di nuovo.
Chissà se ricapiterà stanotte, chissà se le mie scappatoie funzioneranno ancora.
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alite-pinguin · 2 months ago
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Incontri Discord: La chat vocale porta a collegamenti virtuali duraturi?
I tuoi corsi di scienze sociali te lo hanno sicuramente insegnato Amore e il relazioni sono un fenomeno complesso, sottile e delicato. Nell’attuale scenario dell’era digitale, la tradizionale comprensione di questi termini ha subito una drastica trasformazione. L’ascesa di Internet ha dato origine a una nuova dimensione di relazioni chiamata incontri virtuali. Parliamo di un nome familiare in…
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serdefelicidad · 10 months ago
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Gracias por siempre servir, mis amores. Agradezco la controversia de esas peladas en Coachella porque si es de vocales elf saca 20 mil presentaciones del atico a servir. Aparte, Suju en Colombia dentro de los siguientes 4 meses, Suju en Colombia, Suju en Colombia, Suju en Colombia. Yo tambien quiero vivir esa experiencia de caer rendida ante sus encantos escenicos, porque cuando se presentan en eventos y asi sucede un fenomeno muy particular llamado "no soy fan PERO", sobretodo en festivales y eso me parece que habla muy bien de sus habilidades como cantantes
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micro961 · 1 year ago
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Marco Elba “Batman”
Il cantautore e producer di Savona esce con un nuovo brano pop dal sound moderno ed elettronico che danza al confine con la trap.
Un nuovo tassello che anticipa l’uscita del suo primo Ep
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Batman” ha un significato profondo: l’intera canzone è infatti una grande metafora. Viviamo in un mondo in cui sempre più spesso siamo costretti ad indossare maschere e ostentare una presunta perfezione. I social media hanno amplificato questo fenomeno a dismisura. La fragilità non è contemplata nello scenario d’oggi.
Marco Elba nasce a Savona nell’agosto 2000. Sin da subito è attratto dal mondo della musica. All’età di otto anni inizia a studiare pianoforte, proseguendo poi con gli studi accademici sotto la guida dell'insegnante Elena Buttiero, a cui affianca lo studio del canto con la vocal coach Debora Tamagnini. Una volta terminati gli studi decide di esplorare il pop contemporaneo iniziando a scrivere propri pezzi con uno stile moderno, internazionale e personale. Durante l'estate del 2018 arriva in finale al “Premio Nazionale per la Canzone d’Autore Emergente” e in finalissima al "Liguria West Music Contest”.
Il 19 maggio 2019 si classifica al 1° posto nel concorso interregionale “Coppa Italia”.
Il 31 maggio dello stesso anno si aggiudica la vittoria del “Contest Musicale CPS 2019” di Savona. Il 19 luglio, dopo aver superato tutte le varie fasi del concorso ed essersi guadagnato la finalissima al Priamar di Savona, vince la nona edizione di “VB Factor” nella categoria “Canto Big” con un suo inedito.
Il 1° settembre viene invitato come ospite al “Festival Mare 2019” di Sanremo per l'assegnazione del premio omonimo, a seguito della propria attività artistica e dei successi riscontrati durante l’anno.
Affina parallelamente le proprie capacità di producer e lavora in prima persona alle produzioni dei suoi pezzi, ricercando un sound sempre nuovo, originale ed incisivo.
Nel 2021 pubblica i due singoli di esordio, “Ossidiana” e “Fahrenheit”, seguiti da “Squid Game”, che in breve tempo entrano in rotazione radiofonica sui circuiti nazionali e riscuotono grande successo sulle piattaforme digitali, totalizzando più di 1milione di streams su Spotify.
Nell’estate 2022 ottiene numerosi successi. È tra i vincitori dei concorsi “Contesto Indie” e “Un mare di stelle”.
Il 22 luglio vince il prestigioso “Premio Nazionale per la Canzone d’Autore Emergente”. Il 1° premio gli viene consegnato da big della musica italiana tra cui Massimo Cotto, Mauro Ermanno Giovanardi dei “La Crus”, Cristiano Godano dei “Marlene Kunz” e Paolo Enrico Archetti Maestri degli “Yo Yo Mundi”.
Il 21 agosto vince il rinomato “Premio Ausonia”, guadagnandosi così l’invito al gran galà televisivo del 23 agosto in qualità di ospite d’onore, accanto a celebri artisti e personalità del mondo dello spettacolo italiano.
Il 2 dicembre esce il singolo “Hit invernale”, che in brevissimo tempo entra in rotazione su più di 400 radio tra circuiti nazionali e regionali, viene inserito nel palinsesto di più di 100 format radiofonici in rotazione su più di 350 radio, e raggiunge la posizione numero 29 nella Indie Music Like Classifica nr. 661 del 02/02/2023. Il videoclip del brano, che esce poche settimane dopo, riscuote grande successo e viene trasmesso su più di 150 tv tra emittenti nazionali e regionali.
Il 31 marzo 2023 esce il singolo “XN”, anch’esso accompagnato dal videoclip, che in breve tempo supera tutti i risultati raggiunti dal precedente singolo “Hit invernale”. A maggio dello stesso anno esce il singolo “Rub’ al-Khali” e il 26 gennaio 2024 il nuovo brano “Batman”. Tutti questi pezzi andranno a comporre il primo EP del producer savonese di prossima uscita.
Etichetta: Volume!
Radio date: 26 gennaio 2024
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notiziariofinanziario · 1 year ago
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Presentanto il restyling Volkswagen Golf 8,5
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La Golf riceve un ritocco di mezza carriera. Golf 2024, già battezzata 8,5, arriva a piantare una bandiera nelle scelte di un gruppo Volkswagen che fino al settembre 2022 sembrava impegnata esclusivamente in una forsennata rincorsa all’elettrico. Il nuovo amministratore delegato Oliver Blume e il responsabile del marchio Thomas Schäfer hanno deciso di razionalizzare tempi e modi della transizione, di ragionare non in competizione con Tesla, ma piuttosto tornando ai fondamentali delle mosse concrete. Golf 2024 arriverà in estate e non assomiglia alla attuale famiglia di vetture elettriche ID perché in certi elementi già le supera. Riesce ad evolvere restando riconoscibilmente Volkswagen. Avrà anche l'immancabile versione Variant e mantiene l’offerta di motori a combustioneaggiornandola in modo utile, come accade al 1.5 benzina turbo con sistema mild hybrid 48 V, o addirittura esaltandola, con una nuova Golf Gtiche tocca ora i 265 Cv di potenza, ovvero 20 Cv in più dell’attuale. Tutto questo, aggiungendo anche una opzione elettrificata giocata sulla grande concretezza del powertrain plug-in hybrid di seconda generazione. La batteria dalla capacità raddoppiata consente fino a 100 km di autonomia a zero emissioni, ovvero ben oltre la percorrenza media quotidiana di una vettura elettrica, ma senza i vincoli dell'esserlo. Dalle Volkswagen ID arriva casomai il nuovo sistema Mib4 per l’intrattenimento e i servizio di bordo in connessione, già pronto per una assistenza vocale ad intelligenza artificiale, ovvero ChatGpt. L’utile, ma su una vettura molto ragionevole. La cronaca racconta di una Volkswagen Golf arrivata ormai a 50 anni dal suo debutto, da quel marzo 1974 che ha acceso un fenomeno arrivato finora a 37 milioni di esemplari venduti nel mondo. L’altra data che resta però sui taccuini è quella del 2007, cioè la nascita della prima generazione di Tiguan, con cui la casa di Wolfsburg ha riconosciuto il nuovo ruolo centrale degli Sport Utility nel mercato europeo. La formula di auto a due volumi deve evidentemente giocare altre carte, che poi sono quelle scelte da Golf 2024. Personalità. Dettagli più curati nelle stesse identiche dimensioni, 428 cm di lunghezza, con grande attenzione alla nuova firma luminosa dei fari a Led anteriori e posteriori, più decisi nel profilo. In opzione saranno disponibili i fari con il pacchetto Performance, cioè con una barra trasversale luminosa ad attraversare la calandra e soprattutto con il logo della marca luminoso, una prima volta assoluta per una vettura Volkswagen in Europa. Sempre a richiesta, anche la più recente versione dei fari Led Matrix Iq.Light, eredità estetica e tecnologica del mondo elettrico ID, con nuovi abbaglianti che di notte illuminano fino a 500 m di distanza. All’apparenza concedono sicuramente di più la versione Gti e l’ibrida plug-in ad alte prestazioni Gte, che hanno in comune lo stesso design del frontale con una grande calandra a nido d’ape nel paraurti, incorniciata lateralmente da elementi aerodinamici e da uno spoiler anteriore che ricorda uno splitter da competizione. La terra e il tempo di mezzo tra l’auto attuale e quella elettrica lo hanno già conquistato i sistemi di infotainment evoluto e l’intelligenza artificiale. Golf 2024 investe pesantemente su questo aspetto, con un effetto evidente. Da un lato non risulta nessuna modifica apparente agli interni, dall'altro le funzionalità di bordo fanno un doppio salto in avanti. Arriva anche su questo modello la piattaforma elettronica modulare di quarta generazione Mib4. Il touchscreen della versione d’accesso ha una diagonale di 10,4’’, mentre quella superiore ne offre uno schermo da 12,9’’, il tutto abbinato sempre al Digital Cockpit Pro con display dietro il volante da 10,2’’e grafica personalizzabile. Golf 2024 ha certamente una grande resa scenica, anche se è la sostanza a fare la vera differenza. Il sistema Mib4 ha comandi intuitivi, con la schermata suddivisa in due barre touch, in alto e in basso, e una grande area Home al centro. La grafica e i menu sono stati ripensati per rendere l’accesso alle funzioni più intuitivo, ma la sensazione è soprattutto quella di una notevole rapidità di risposta, come mai prima su una Golf. La schermata Home al centro riunisce i contenuti delle app più importanti in riquadri di diversa grandezza, da quelle multimediali ai suggerimenti del nuovo assistente vocale. Qui Volkswagen ha già annunciato la novità più rilevante, la disponibilità del sistema di riconoscimento e analisi del linguaggio ChatGpt. Costruire un ponte tra l’auto tradizionale e quella elettrica è proprio un fatto di concretezza. Golf 2024 si presenta con la seconda generazione del powertrain ibrido plug-inVolkswagen, lo stesso già a disposizione di Nuova Tiguan e Passat. Il cuore del sistema è il motore turbo benzina da 1,5 litri Tsi evo2 con turbocompressore a geometria variabile, ma la differenza vera la marca la batteria, che passa dai 10,6 kWh di capacità netta vista in precedenza a ben 19,7 kWh netti, per nulla pochi considerando la categoria di vettura media di segmento C. Il risultato è una autonomia in modalità zero emissioni di circa 100 km, ma soprattutto un sensibile avvicinamento a quelli che sono gli standard di velocità ricarica del mondo Ev, con una potenza in corrente alternata che passa da 3,6 kW a 11 kW, e soprattutto l’accesso alle colonnine Fast Charge in corrente continua fino a 50 kW. Golf ibrida plug-in esiste poi in due versioni, ovvero la eHybrid con una performance di sistema pari a 204 Cv, ma anche nella variante Gte da 272 Cv, che non a caso è la Golf più potente in gamma in attesa della Golf R 2024, in arrivo nella seconda metà dell’anno assieme alla Gti Clubsport. L’attenzione degli appassionati non può non andare alla versione Gti, con una potenza che cresce di 20 Cv e tocca il nuovo massimo di 265 Cv, ottenuti ancora una volta dal motore 2 litri Tsi in abbinamento al cambio Dsg doppia frizione a 7 rapporti. E’ la prima conferma che il mondo Golf attendeva, insieme a quella delle motorizzazioni a gasolio 2.0 Tdi da 115 Cv con cambio manuale o 150 Cv ancora con trasmissione Dsg, entrambe pensate per le grandi percorrenze. Più cittadina la soluzione turbo a benzina 1.5 Tsi da 115 o 150 Cv con cambio manuale a sei rapporti, ma il passo avanti arriva con le versioni mild hybrid a 48 V con il 1.5 eTsi nelle due varianti da 115 Cv o 150 Cv, sempre con cambio a doppia frizione Dsg a 7 marce. Read the full article
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fondazioneterradotranto · 4 years ago
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Vocalismo e consonantismo nel dialetto salentino
di Gianmarco Simone
Il dialetto salentino conosciuto e parlato al giorno d’oggi ha avuto un secolare  processo di nascita e di affermazione durante il quale ha assorbito nella sua struttura linguistica i tratti tipici delle parlate e delle lingue delle diverse popolazioni che hanno abitato ed occupato la penisola salentina. Da madrelingua salentino, alcune delle domande che mi sono sempre posto erano pure curiosità: da dove nasce la mia lingua? Perché la pronuncia leccese non è uguale a quella brindisina o gallipolina? Quali sono i tratti tipici del dialetto salentino e come si sono originati? A queste domande cercheremo di dare una risposta lungo l’arco di questo articolo e per farlo bisogna iniziare a guardare un po’ indietro nel tempo.
Un dato certo è che il dialetto salentino deriva dal latino volgare, ovvero quella variante latina parlata dalla gente (vulgus) che si contrapponeva al latino classico utilizzato dai grandi oratori e poeti nella sua forma puramente scritta. Per intenderci, il latino classico era la lingua dei dotti utilizzata per la scrittura a cui si affiancavano le numerose lingue volgari del vastissimo Impero Romano utilizzate soprattutto dalla plebe per lo più analfabeta per parlare.
Il processo di romanizzazione e latinizzazione[1] della penisola salentina inizia nel 90 a.C, anno della Guerra Sociale tra i Messapi[2] e Taranto che ne sancì la loro sconfitta e la conquista del Salento da parte dei Romani. Come per qualsiasi altra lingua volgare, anche nel Salento il processo di latinizzazione dovette far fronte a forti resistenze dal punto di vista fonetico e fonologico dovute alle influenze dalle parlate pre-esistenti, quali quelle dei Messapi di base greca, e quelle che invece si erano già diffuse prima dell’arrivo dei Romani, ovvero le parlate osche[3]. La latinizzazione durò molti secoli ma è partire dalla caduta dell’Impero Romano nel 476 d.C che il sistema fonetico-fonologico del dialetto salentino comincia a mutare e ad assumere le caratteristiche che lo compongono. Infatti, dapprima con i Bizantini e successivamente con i Normanni, il sistema vocalico della penisola salentina subisce un imbarbarimento dovuto alle innovazioni linguistiche portate dalle genti provenienti dalle terre straniere.
�� Vocalismo tonico
Le innovazioni a cui faccio riferimento prendono il nome di “metafonia” e “dittongazione”. La prima è un fenomeno linguistico che modifica il suono di una parola per l’influenza della vocale postonica su quella tonica, invece la dittongazione è un fenomeno simile alla metafonia ma che si manifesta attraverso i dittonghi ié,ué, in base alla vocale postonica. In seguito vedremo gli esempi. Pertanto, questi due fenomeni linguistici che subentrarono in un’epoca post-romana sono, per così dire, i responsabili della tripartizione del sistema vocalico tonico del dialetto salentino come noi oggi lo conosciamo. Ci siamo mai chiesti perché si pronuncino sia oce che uce (it. voce) sia nuéu che nou (it. nuovo), sia ucca che occa (it. bocca)? La risposta risiede proprio nel mutamento metafonetico e nel fenomeno della dittongazione.
A questo punto, vediamo la suddivisione del sistema vocalico tonico del dialetto salentino nelle sue varianti linguistiche (Mancarella,1974: 10)[4]:
Sistema napoletano: zona del Salento settentrionale
Ī > i ; Ĭ,Ē > e,i ; Ĕ > e,ié ; Ā,Ă > a ; Ŏ > o,ué ; Ō,Ŭ > o,u ; Ū > u
 Cerchiamo di rispondere a delle domande che inevitabilmente possono sorgere. Partendo dalla denominazione, perché si definisce sistema napoletano quando, effettivamente, stiamo parlando del dialetto salentino? Il nome si deve al fatto che questo sistema vocalico si ritrova anche nel napoletano. In generale, quando si studiano i fenomeni linguistici di una lingua o un dialetto, un alleato molto utile per capire alcuni fenomeni è proprio la storia. Infatti, anche Napoli, come tutto il Meridione, è stato dominato per molti secoli sia dai Bizantini sia dai Normanni, i quali si imposero nei territori e inevitabilmente diffusero le loro parlate lasciando tracce nella tradizione linguistica. Continuiamo. Quali sono i limiti geografici del salentino settentrionale? Su questo punto potremmo dire che i territori dove si utilizza questo sistema sono: i territori del brindisino, Oria e Nardò. Dove troviamo nello schema i fenomeni linguistici? La metafonia si ha in Ĭ,Ē > e,i[5] ed in Ō,Ŭ > o,u[6] mentre la dittongazione condizionata si ha in Ĕ > e,ié[7] ed in Ŏ > o,ué[8]. Vediamo alcuni esempi: HĪLU > filu, PĬLUS > pilu, PĬRA > pera, TĒLA > tela, SĒRA > sera, STĒLLA > stedda, PĔDEM > pete, MĔRUM > miéru, APIS > apu, RŎTA > rota, FŎCUS > fuécu, CŎRIUS > cuéru, NŎVUS > nuéu, BŎNUS > buénu, CŌDA > cota, VŌCEM > oce, SŌL > sole, SŌLUS > sulu, BŬCCA > occa, VŬLPE > orpe, CR��DUM > crutu.
Sistema di compromesso: zona del Salento centrale
Ī,Ĭ,Ē > i ; Ĕ > e,ié ; Ā,Ă > a ; Ŏ > o,ué ; Ō,Ŭ,Ū > u
 Anche qui cerchiamo di dare delle risposte. Innanzitutto, questo sistema viene definito di “compromesso” in quanto trovandosi nel mezzo tra quello settentrionale e quello meridionale prende tratti vocalici sia da uno sia dall’altro sistema. Il sistema vocalico centrale si può incontrare nel leccese e a differenza di quello settentrionale non presenta casi di metafonia, bensì casi di dittongazione condizionata in Ĕ[9] ed in Ŏ[10]. Alcuni esempi sono: HĪLUM > filu, PĬLUS > pilu, PĬRA > pira, TĒLA > tila, SĒRA > sira, STĒLLA > stidda, PĔDEM > pete, MĔRUM > miéru, APIS > ape, RŎTA > rota, FŎCUS > fuécu, CŎRIUS > cuéru, NŎVUS > nuéu, BŎNUS > buénu, CŌDA > cuta, VŌCEM > uce, SŌL > sule, SŌLUS > sulu, BŬCCA > ucca, VŬLPE > urpe, CRŪDUM > crutu.
Sistema siciliano: zona del Salento meridionale
Ī,Ĭ,Ē > i ;  Ĕ > e ; Ā,Ă > a ; Ŏ > o ;  Ō,Ŭ,Ū > u
La zona del salentino meridionale comprende tutti i territori all’interno della linea immaginaria che va da Gallipoli-Maglie-Otranto fino al capo di Santa Maria di Leuca. Questo sistema si definisce di tipo “siciliano” per la sua vicinanza al dialetto siciliano, anch’esso costituito da 5 vocali e privo di fenomeni linguistici. Inoltre, prima di procedere con l’esemplificazione, è bene sapere che tale sistema è fonte di grande interesse da parte degli studiosi, i quali ritengono che proprio la presenza del sistema penta vocalico nelle zone del estremo Salento, nel centro Calabria e in alcune zone della Sicilia, possa essere la prova di un’antica unità linguistica del Meridione. A tal proposito, Parlangeli afferma che “il dialetto salentino continua una fase arcaica di una comune unità linguistica meridionale in quanto si è sviluppato in una regione d’antica romanizzazione” (Mancarella, 1974: 70).  Il sistema di tipo arcaico, così come definito, deriverebbe da una koiné dialettale[11] originatasi dall’antica lingua osca che era ben diffusa in tutto il centro-meridione prima dell’arrivo dei Romani. Il fatto stesso che la zona del Salento meridionale abbia conservato questo sistema confermerebbe l’idea che le innovazioni linguistiche portate dai Bizantini e dai Normanni si infiltrarono gradualmente dal nord fino alla zona centrale del Salento, lasciando così il Meridione isolato da tali cambiamenti (Mancarella, 1998: 280-281).Vediamo alcuni esempi: HĪLUM > filu, PĬLUS > pilu, PĬRA > pira, TĒLA > tila, SĒRA > sira, STĒLLA > stidda, PĔDEM > pete, MĔRUM > meru, APIS > ape, RŎTA > rota, FŎCUS > focu, NŎVUS > nou, BŎNUS > bonu, CŌDA > cuta, VŌCEM > uce, SŌL > sule, SŌLUS > sulu, BŬCCA > ucca, VŬLPE > urpe, CRŪDUM > crutu.
 Vocalismo atono
 Un altro aspetto dell’analisi sul vocalismo salentino verte su quello atono. Per vocalismo atono si intende il comportamento delle vocali atone (quelle su cui non ricade l’accento) sia in posizione iniziale, intertonica e finale. Per capirci meglio, ci siamo mai chiesti perché nel brindisino si dica lu pani, invece nel leccese lu pane?. Ecco, quindi, che per comprenderne la differenza dobbiamo analizzare il vocalismo atono. Vediamo di seguito i diversi sistemi:
Zona del Salento settentrionale
Ī,Ĭ,Ē,Ĕ > i ; Ā,Ă > a ; Ŏ,Ō,Ŭ,Ū > u
Dallo schema possiamo vedere come tutte le vocali atone latine in Ī,Ĭ,Ē,Ĕ danno come risultato i. Ad esempio: FORĪS > fori, PĀNIS > pani, SEMPĔR > sempri, FACĔRE > FARĔ > fari, MĂRĔ > mari, VĪCĪNUM > vicinu, FĔNESTRA > finešša , NĔPŌTIS > nipute.
Zona del Salento centrale
Ī,Ĭ,Ē,Ĕ > e ; Ā,Ă > a ;  Ŏ,Ō,Ŭ,Ū > u
 Per quanto riguarda il vocalismo atono del salentino centrale possiamo notare la differenza con quello settentrionale nel comportamento di Ī,Ĭ,Ē,Ĕ. Infatti, le vocali latine danno sempre e. Ad esempio: FORĪS > fore, PĀNIS > pane, SEMPĔR > sempre, FARĔ > fare, MĂRĔ > mare, VĪCĪNUM > bbešinu, FĔNESTRA > fenešša, NĔPŌTIS > nepute.
Zona del Salento meridionale
Ī,Ĭ,Ē,Ĕ > i,e ; Ā,Ă > a ; Ŏ,Ō,Ŭ,Ū > u
Generalmente nel sistema vocalico atono del salentino meridionale le vocali latine Ī,Ĭ,Ē,Ĕ possono dare sia i sia e. Tuttavia, un tratto abbastanza diffuso in questa zona è quello di pronunciare le stesse vocali in a. Per esempio: PĔNSABAM > pansava, FĔNESTRA > fanešša, NĔPŌTIS > napute.
Consonantismo
L’ultimo aspetto fonetico-fonologico del dialetto salentino riguarda le consonanti e la loro pronuncia. Anche in questo caso, siamo di fronte ad un panorama abbastanza variegato e pieno di casi particolare. Tuttavia, seguendo lo studio condotto da D’Elia ne Ricerche sui dialetti salentini (1957) in Mancarella (1974: 109-118), è possibile avere una panoramica dei diversi fenomeni consonantici che occorrono nelle diverse zone del Salento:
Occlusiva velare sorda –C- ([k]): si mantiene nel Salento meridionale e settentrionale (ĂPŎTHĒCA > putèca), mentre scompare in quello centrale (putèa).
Occlusiva velare sonora – G- ([g]): si pronuncia k se seguita da a,u nel salentino meridionale e centrale (GUSTŬS > kustu, GALLŬM > kaḍḍu), mentre in quello settentrionale se in posizione iniziale e seguita da a si converte in i (GALLŬM > iaddu), se invece è seguita da o,u cade (it. GUARDO > wardu).
Occlusiva dentale sonora –D- ([d̪]): in posizione intervocalica si pronuncia come sorda [t] (PĔDEM > pete).
Gruppo –LL: si pronuncia come cacuminale ḍḍ ([ɖ]) in tutto il salentino centrale e meridionale, ad eccezione di quello settentrionale dove il suono è una dentale dd (CĂBALLUS > cavaḍḍu / cavaddu). Tuttavia, troviamo casi particolari di pronuncia cacumiale nel neretino.
Gruppo –TR: il suono è cacuminale [ṭṛ] nel salentino centrale e meridionale, mentre nel salentino settentrionale è una dentale [tr] (PĔTRA > peṭṛa/petra).
Gruppo –STR: nel salentino centrale e meridionale è molto frequente la palatalizzazione in šš ([ʃ:]) mentre nel salentino settentrionale questo fenomeno è abbastanza irregolare (NOSTRUM > noššu/nuéstru).
Gruppo –ND- y –MB: si tratta di due gruppi ai quali l’assimilazione è alquanto irregolare. In alcuni casi si mantengono (QUANDŌ > kuandu, PLUMBUM > kiumbu), in altri si assimilano entrambi (QUANDŌ > kuannu , PLUMBUM > kiummu).
Gruppo: BR: generalmente si mantiene però in alcuni casi si pronuncia vr o r (BRACHIUM > bracciu/ vrazzu/razzu).
Gruppo CR: generalmente si mantiene però, soprattutto nel salentino centrale e meridionale, è possibile che la occlusiva [k] cada (CRASSUS > crassu/rrassu).
Gruppo GR: si mantiene nel salentino meridionale e settentrionale, mentre dà solo r nel salentino centrale (GRĀNUM > granu/rranu).
Gruppo ALC: nel salentino settentrionale dà –aṷč– mentre in quello centrale e meridionale troviamo diverse soluzioni come –ṷče– ğğe – š – ṷğğe– (CALCEM > kaṷče, kağğe, kaše, kaṷğğe).
Gruppo NG + E,I: può sia rimanere sonoro sia prendere il suono [č] (MANDŪCĀRE > it. mangiare > mančiare).
Conclusioni
Dall’analisi condotta è stato possibile rispondere ai quesiti posti all’inizio dell’articolo e in particolar modo si sono potuti osservare i tratti tipici del dialetto salentino in tutte le sue varianti. E’ stato possibile avere un quadro generale di come il nostro modo di parlare si diversifichi in base alla zona geografica in cui ci troviamo e capire che il perché di tali differenze è da ricercarsi molti secoli addietro. Inoltre, vorrei esortare i lettori a non prendere quest’analisi come un qualcosa di totalmente fisso ed invariabile. Per intenderci, gli schemi rappresentano i tratti generali dei tre sistemi nelle rispettive zone linguistiche ma ciò non esclude il fatto che si possono incontrare dei casi in cui i tratti di una zona linguistica si ritrovino anche in quella limitrofa. Inoltre, quando si trattano temi riguardanti i dialetti italiani, bisogna sempre tenere in considerazione la componente della lingua italiana che ha una fortissima influenza sui parlanti, soprattutto tra i più giovani, e ciò ha provocato un ulteriore, permettetemi il termine, imbarbarimento del vernacolo, modificandone così non solo i tratti fonetico-fonologici ma anche quelli lessicali. In definitiva, gli esempi presentati sono utili per spiegare i fenomeni generali di ciascuna delle zone linguistiche osservate e servono ad affermare che il dialetto salentino è figlio del latino volgare.
Bibliografia
Mancarella, G.B.,(1974), Note di storia lingüística salentina, Lecce, Edizioni Milella.
Mancarella, G.B., (1998), Salento. Monografia regionale della Carta dei dialetti Italiani, Lecce, Edizioni del Grifo.
[1] Per romanizzazione si intende il processo mediante il quale i Romani, una volta conquistato un determinato territorio, importavano la loro cultura e religione diffondendole in maniera non coatta. In un certo senso era un orchestrato ricatto psicologico in quanto non si forzava la popolazione vinta ad aderire alla cultura romana però solo chi decideva romanizzarsi poteva godere dei benefici sociali, mentre chi si rifiutava rimaneva ai margini della società. Per latinizzazione, invece, ci si riferisce prettamente al processo linguistico di diffusione della lingua latina per scopi puramente ufficiali, cioè come mezzo per poter controllare dal punto di vista politico e militare le innumerevoli provincie.
[2] Gli antichi abitanti del sud della Iapigia, insieme ai Peucezi al centro e i Dauni al nord.
[3] La lingua osca era una lingua italica diffusa nel centro-meridione prima ancora del latino.
[4] G.B. Mancarella ,(1974), Note di storia lingüística salentina, Lecce, Edizioni Milella
[5] Danno e quando la vocale postonica è A-E-O, mentre danno i quando è I-U.
[6] Danno o quando la vocale postonica è A-E-O, mentre danno u quando è I-U.
[7] Danno e quando la vocale postonica è A-E-O, mentre dittongano in ié quando è I-U
[8] Danno o quando la vocale postonica è A-E-O, mentre dittongano in ué quando è I-U.
[9] Danno e quando la vocale postonica è A-E-O, mentre dittongano in ié quando è I-U
[10]Danno o quando la vocale postonica è A-E-O, mentre dittongano in ué quando è I-U
[11]Dal greco κοινὴ διάλεκτος “lingua comune”.
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gazemoil · 5 years ago
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RECENSIONE: Macintosh Plus - Floral Shoppe (Beer On The Rug, 2011)
Abbiamo fatto tutto. Questa è l’impressione quando si parla di storia dell’uomo. Così tanto che non è rimasto più nulla di nuovo da fare e tutto sembra un ciclico ripetersi di ciò che è già avvenuto in passato, soltanto che a volte si ripropone secondo diverse combinazioni e cambiamenti minimi. Per molti questa situazione non corrisponde ad un’occasione per celebrare i traguardi raggiunti dall’uomo, evidentemente talmente avanguardisti da aver riscritto un modello duraturo e funzionante nel tempo, piuttosto vedono con scoraggiata delusione la loro specie che non sembra più in grado di progredire come una volta. Anche in musica tutti i generi sembrano stati inventati e ormai la novità si basa su una combinazione di ciò che è esistito. Lo shoegaze, il dream pop, il trip-hop e tutti i “post” ad iniziare dal post-punk fino al post-club non sono altro che piccole correnti difficilmente riconoscibili, variazioni minime dei generi musicali principali a cui appartengono che invece hanno delle forme meglio definite. Pare che la vaporwave, un microgenere musicale nato - ed alcuni sostengono sia anche morto - proprio in questi tempi di crisi del progresso, manifesti il disagio del vivere nel presente volendosi cullare nella gloria del passato con perpetua nostalgia. Allo stesso tempo, idealizzando gli anni che furono, ne critica gli aspetti più superficiali ed effimeri che forse non sono altro che le cause stesse per cui l’adesso sembra così invivibile. Neanche la musica che verte sulla ripresa di atmosfere passate è certo una novità, ma la vaporwave ha una genesi molto particolare che la rende manifesto di un fenomeno molto diffuso, ovvero, il limite dell’uomo che pur sfruttando invenzioni tecnologiche che prima non esistevano continua a pensare allo stesso modo. Per capire meglio questo strano genere musicale bisogna fare un passo indietro e scoprire dove e come è nato e perché non potrebbe esistere in nessun altro tempo se non questo. 
Nel 2010 il mondo si sente già nell’era post-internet, vale a dire, secondo qualcuno la società ha metabolizzato e si sta sviluppando secondo il profondo impatto della nascita di internet, avviandosi verso un nuovo periodo storico. Paradossalmente, gli stravolgimenti più radicali nel nostro modo di vivere sono appena iniziati e da lì a poco ci saremo ritrovati con cellulari dallo schermo sensibile al tocco delle dita, in grado di riconoscere la nostra faccia e sui quali avremo potuto connetterci con tutto il mondo in tempo reale tramite social network sempre più aggiornati. In quegli anni viviamo l’ultimo grande nuovo cambiamento dell’umanità. Contemporaneamente, anche la musica si sposta sui computer e sui siti web. In quegli anni, Claire Boucher ha usato proprio lo stesso termine “post-internet” per descrivere il suo nuovo progetto musicale sotto lo pseudonimo Grimes, come se avesse previsto ciò che sarebbe diventata l’esperienza della creazione musicale nell’era digitale. Con uno sguardo similmente acuto al futuro, qualcuno seduto dietro uno schermo da qualche parte del mondo ha intuito ciò che sta succedendo, volendo testimoniare il momento in cui ci avviamo verso un futuro e salutiamo un passato, ma rendendosi conto che probabilmente sarebbe stato un addio solo alle modalità di creazione, adesso più veloci ed esaustive, e un arrivederci ad assuefazioni ed illusioni che si prospettano più invasive e convincenti. 
Dalle costole di artisti come Ariel Pink e James Ferraro che manifestano il loro attaccamento alla cultura popolare anni 90′ tramite sonorità per le quali si è dovuto inventare dei termini specifici, la chillwave ed il pop ipnagogico, si dirama una tendenza sperimentale ed ironica basata su internet chiamata proprio vaporwave. Per gli storici musicali questo è coinciso al momento in cui viene pubblicato Floral Shoppe, l’album accreditato al misterioso Macintosh Plush destinato a definire il genere, nel 2011. Le undici tracce attingono esclusivamente da risorse musicali e culturali degli anni 80′ e 90′ e le riutilizzano tramite l’uso compulsivo del campionamento fino a formare un agglomerato smooth jazz, rnb e lounge. Poi è tutta una manipolazione, un rallentare ed accelerare le canzoni di quegli anni, aggiungere effetti surreali e soporiferi per proporre musica da camera rimodellata e sintetizzata con un gusto onirico, spesso esportata in chiave lo-fi proprio per aumentare la dimensione del sogno. Molti la definiscono come una naturale progressione delle melodie impressionistiche e nebulose del pop ipnagogico, ma qui le trasformazioni sono ambigue, la nostalgia per quei tempi è quasi inquietante e non si capisce se si tratti di una presa in giro ironica o di un’infatuazione malsana. A primo ascolto sembra quasi i file siano corrotti o il computer sia invaso da un virus. Tutto ad un tratto, l’idea dell’era post-internet non è più così eccitante, al contrario, si è inacidita. Oltre il cielo di uno sgargiante rosa, i colori pastello ed il lucido paesaggio urbano si prospetta uno scenario quasi distopico, un posto asetticamente digitale e rigido, una matematica illusione ottica nauseante in cui nulla è attinente e tutto è incollato senza contesto. Michelle Lhooq di Vice a riguardo dice: “Immagina di prendere pezzi di musica da ascensore, da supermercato o dalle televendite anni 80′ o quella canzoncina metallica che mettono nella segreteria telefonica, poi fai qualche taglio, abbassala di qualche tono e rimescola il tutto finché non ottieni un sassofono melmoso che sgocciola da una valvola di plastica scadente. Quella è la vaporwave”.
Per molti la vaporwave è solo una stupidaggine, un’altra tendenza da archiviare, un meme su internet nato per fare ridere qualcuno. E’ vero, in contemporanea della musica prodotta dalla stessa Vektroid o dal visionario Blank Banshee veniva caricata su internet una grandissima quantità di altra roba meno seria e soprattutto negli anni a venire, quando qualcuno si accorge di questa bizzarria musicale, la trasforma in un’estetica facile da prendere in giro. Ma la vaporwave nasce con un suo scopo, un messaggio di critica verso il capitalismo consumistico, secondo lo stravolgimento della spettacolarizzazione mediatica di alcuni fenomeni popolari dell’occidente con toni psichedelici e, a volte, dichiaratamente non-sense, proprio per evidenziarne l’assurdità, una parodia dell'ipercontestualizzazione americana dell'Asia a seguito dell’appropriazione della cultura di manga ed anime. E’ un’estetica fortemente ironica, satirica ed accelerazionista che si è autodeterminata in una serie sconfinata di rappresentazioni grafiche e materiale sonoro. Nel suo libro Babbling Corpse: Vaporwave and the Commodification of Ghosts lo scrittore Grafton Tanner ha definito la vaporwave come la musica del non-tempo e del non-luogo, perché secondo lui questo genere musicale ricorda di come la cultura del consumismo sfrenato non abbia lasciato alcuna impronta significativa nel tempo e nello spazio. 
Secondo nessuna logica convenzionale un disco che allora sembra totalmente incomprensibile avrebbe dovuto sopravvivere oltre i regni del profondo internet nei quali è nato, eppure, più o meno consapevolmente, la giovane Ramona Xavier, poi conosciuta con lo pseudonimo Vektroid, l’elusiva autrice del disco ha saputo rappresentare l’ansia esistenziale e la terrificante distorsione della realtà odierna. Nel 2019, l’ottimismo nei confronti dell’era digitale è assente come lo era in Floral Shoppe quasi dieci anni prima.
L’album inizia con Booting - tradotto dal giapponese  ブート Būto - un ritaglio di Tar Baby di Sade che, esattamente come dice il titolo, è un continuo re-bot e si ripete come una gif che si trasforma in una spirale di attacchi d’ansia. Se il pop ipnagogico o la chillwave utilizzano i loop come finestre su una beata eternità, Xavier disorienta tagliando i suoi sample cortissimi, trasformandoli in muri che gradualmente ti si chiudono addosso. Nei momenti finali la traccia si annulla con maggiore violenza, rallentando ancora di più mentre contemporaneamente le versioni accelerate dello stesso loop riecheggiano nello sfondo. E’ l’equivalente musicale dell’iperventilazione, nonché il momento più tetro del disco, rotto bruscamente dall’entrata della più estatica e celeberrima Lisa Frank 420 / Modern Computing  - tradotto dal giapponese リサフランク420 / 現代のコンピュー Risafuranku 420 / gendai no konpyū - il quale cinguettante ed euforico groove è diventato il biglietto da visita della vaporwave. La traccia ripropone la versione di Diana Ross di It’s Your Move, ma Xavier abbassa la tonalità vocale dell’icona pop fino a ridurla ad una macchia scura, prosciugandone il fascino ed amplificandone la disperazione. Appropriatamente, la canzone è inebriante, un vertiginoso volo in picchiata verso un’euforia dolorosa. Richiama inavvertitamente il dub, dove il missaggio diventa lo strumento principale, costruendo echi mentre il suono balza da un canale ad un altro. E’ un curioso caso in cui la vaporwave infetta il mondo reale delle corporative, infatti, la traccia diventa persino una hit che appare nelle catene di e-mail e la colonna sonora di un video virale su Youtube che mostra riprese ipnotiche da catene di montaggio nelle fabbriche, semplicemente intitolato The Most Satisfying Video In The World.  
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La potenza trasformista del disco accresce mano a mano che le canzoni campionate diventano più oscure, come un paio della band Pages nelle due tracce successive, rispettivamente You Need A Hero in Library - tradotto dal giapponese ライブラリ Raiburari - e If I Saw You Again, una traccia che puntava al successo in classifica ma ha fallito nel suo intento, nella title-track Floral Shoppe - tradotto dal giapponese 花の専門店 Hana no Senmon-ten. Tuttavia, in quest’ultima Xavier è interessata soltanto al breve intro, un rimbalzo fluttuante di synth e batteria che viene totalmente stravolto e ripiegato su se stesso fino a quando diventa labirintico. Nelle canzoni successive vengono campionate tre canzoni della band Dancing Fantasy degli anni 90′, unificando la seconda parte del disco in una specie di suite. Ad esempio, la tentacolare Chill Divin' with ECCO - tradotto dal giapponese ECCOと悪寒ダイビング ECCO to Okan Daibingu - ripete all’infinito lavaggi di synth come fossero onde dentro una lavatrice che sbattono sulle stesse metalliche pareti e riff di chitarra senza volto, ma il risultato è sorprendentemente elegante e gradevole, raggiungendo il picco d’equilibrio tra banalità e trascendenza del disco. Te - tradotto dal giapponese て - è l’unica traccia senza alcun campionamento, una boccata d’aria dopo aver fissato lo schermo di un computer per troppo tempo. La melodia non mostra segni di rallentamento prolungato o editing confuso come in precedenza e quando gli uccelli cinguettano in lontananza comunica un senso di pace ed equilibrio che il resto dell'album scompone così sapientemente.
TRACCE MIGLIORI: Lisa Frank 420 / Modern Computer; Flower Shoppe; Chill Divin' with ECCO
TRACCE PEGGIORI: Foreign Banks Aviation
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emilianism · 6 years ago
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The Unapologetic Captain Marvel
Per chi ha sempre riconosciuto la valenza culturale dell’universo fumettistico, l’ultimo decennio è stato denso di soddisfazioni. Grazie all'intuizione cross-mediale di Disney (a cui ha fatto seguito, con alterni successi, anche il duopolio Warner-Dc Comics) di acquisire e valorizzare l’intero parco di narrazioni Marvel, abbiamo assistito a un susseguirsi di film, serie e videogames ispirati alle storie con cui siamo cresciuti, veri e propri racconti mitici “a bassa intensità” come li definirebbe Peppino Ortoleva, che molto, moltissimo hanno significato per la decodifica del nostro quotidiano.
Se di quotidiano parliamo, ovviamente, non possiamo pensare che all'interno del narrato cinematografico non andremo a ritrovare rappresentate anche le aberrazioni del nostro tessuto sociale: non è un caso quindi che solo negli ultimi due anni marvel abbia trovato il coraggio di dedicare un film a un protagonista afro-americano e, successivamente a una donna. Entrambi i film in qualche modo hanno dovuto subire qualche forma di scetticismo e discriminazione: ma se da un lato gli intellettuali black americani riescono a fare quadrato attorno ai propri artefatti culturali (ma per sconfiggere il razzismo made in USA la strada è ancora lunghissima, soprattutto dopo i passi da gambero compiuti dall’elezione di Trump nel 2016) mettere anche solamente in discussione il patriarcato sembra qualcosa di assurdo, complicato. Lo è perché la donna oggi, in tutte le esperienze sociali, vive uno stato di subalternità culturale ed economica; un’egemonia maschile difficile da scalfire. Se la realtà non è altro che “una costruzione sociale” (Berger, Luckmann) e se “non esistono fatti puri, ma solo interpretazioni” (Nietzsche), vedere questa Captain marvel farsi largo nello storytelling mainstream, non può che essere un segnale confortante.
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Intendiamoci: Captain Marvel non è un film perfetto, anzi: come tutti i film che raccontano le origini di un supereroe Marvel si attiene a una ricetta che dopo dieci anni inizia a essere un po’ stantia, sebbene la rivisitazione degli anni novanta come luogo della memoria (e non gli onnipresente ottanta, di cui, francamente, non se ne può più) lo rende godibilissimo, grazie anche al gran lavoro “da spalla” fatto da Samuel L. Jackson. Quest’ultimo recita ringiovanito di vent'anni grazie a una tecnologia figlia degli algoritmi di intelligenza artificiale dietro ai cosiddetti deepfakes; tecnologia che di anno in anno diventa sempre più (in)credibile, ponendoci di fronte a interrogativi e scenari stimolanti per il futuro: un attore potrà essere giovane per sempre? potrà lasciare la sua immagine e il suo timbro vocale in eredità anche dopo la sua morte? potremo mai rivedere sullo schermo divi come Marlon Brando o Marylin Monroe recitare - in qualche modo - nuove scene?
Mentre la trama del film si dipana al ritmo del rock post-grunge (No Doubt, Hole, Elastica, Garbage… ma anche Nirvana), seguiamo il doppio percorso della protagonista, Vers: terminare la sua prima missione come guerriera Kree e, contemporaneamente, comprendere sé stessa. I ricordi dei suoi primi anni di vita sono disorganici, sconnessi, anche di fronte all'Intelligenza Suprema (una sorta di divinità dalle mutevoli fattezze: in questo caso, quelle di Annette Benning) Vers non riesce a ricomporre i frammenti del suo passato. Soltanto dopo lo schianto sulla Terra inizia a scalfire la superficie dell’oblio indottole dal lavaggio del cervello subito e a comprendere la complessità della sua identità. Con l'aiuto degli agenti del neonato S.H.I.E.L.D., Nick Fury e Phil Coulson, un “gatto” che si rivelerà molto più aggressivo del suo aspetto sornione e la famiglia Rambeau, Vers non solo scoprirà di essere Carol Danvers, un'ex pilota americana, ma rivaluterà la sua posizione rispetto alla guerra che sta combattendo.
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Socchiudendo lo sguardo per meglio leggere tra le righe, Carol Danvers combatte una guerra in cui si trovano coinvolte tutte le donne, fin dal loro primo vagito: quella contro l’accoppiata patriarcato/misoginia. 
La misoginia (dal greco misèō, "odiare" e gynḕ, "donna"), pur nella sua disarmante chiarezza, risulta un concetto sfuggente, spesso scartato a priori in maniera semplicistica: nessuno “odia” le donne, tutti gli uomini ne hanno, più o meno, amato qualcuna - una giustificazione che avrete sentito dire migliaia di volte: “la mia vita è piena di donne importanti, mia madre, mia sorella, mia moglie ecc.” -  e questo sembra essere, per molti, un’affermazione plausibile che smonta, disinnesca automaticamente il sentimento d’odio. Anche se ci appare superfluo specificare cosa sia il patriarcato, un veloce ripasso non può che essere d’aiuto. Certe volte basta anche Wikipedia:
Il patriarcato è un sistema sociale in cui gli uomini detengono principalmente il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata. Nel dominio della famiglia, il padre o la figura paterna esercita la propria autorità sulla donna e i figli.
Storicamente, il patriarcato si è manifestato nell'organizzazione sociale, legislativa, politica, religiosa ed economica di una moltitudine di culture differenti. In sintesi, qualsiasi donna (non importa la classe sociale, l’età, l’identità di genere) in questo tipo di società è minacciata – più o meno direttamente – di conseguenze ostili se viola o contesta le norme o le aspettative relative al suo essere tale. Questo sistema normativo garantisce diritti e obblighi ben precisi. Questo ci pone in una situazione difficile da definire, dai contorni sfumati e quindi più complessa: non ci sono “uomini che odiano le donne” in maniera assoluta; ma un’immotivata insofferenza, che può variare di volta in volta d’intensità, fino a giungere a conseguenze gravissime, quando si verificano  particolari atteggiamenti ritenuti al di fuori del ruolo in cui la donna deve essere incardinata.
Come scrive Kate Mann in “Down girl: the Logic of Misoginy” (2018) 
il sessismo è il ramo dell'ideologia patriarcale che giustifica e razionalizza un ordine sociale patriarcale, la misoginia è il sistema che sorveglia e fa rispettare le norme e le aspettative che lo governano.
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Attraverso i numerosi flashback che appaiono nel film, apprendiamo che ci sono stati molti punti nella vita di Carol DanVers in cui le è stato detto di “stare al suo posto”, da differenti persone che hanno ricoperto ruoli più o meno importanti nella sua vita: in primis il suo mentore Yon-Rogg (interpretato da Jude Law).
Nella prima scena in cui li vediamo coinvolti in un allenamento al combattimento, Yon-Rogg insiste più volte sul fatto che Carol non debba lasciare che la rabbia e l'emozione facciano parte del suo combattimento, invitandola alla calma e alla razionalità. Alla luce di quello che scrivevamo poco prima, possiamo osservare chiaramente l’imposizione di un ruolo di genere: l’irrazionalità e la rabbia sono una prerogativa del combattimento mascolino (qualcuno di voi ha mai pensato di insegnare la razionalità a Hulk?). Una donna combattente, per essere “presa sul serio”, deve controllare la sua rabbia isterica (uso, non a caso, un termine ancora d’uso comune ma figlio di un sentimento misogino: il greco Hystera si traduce, non a caso, con Utero). A Carol Danvers non viene detto di controllarsi perché incapace di controllare il suo potere. Viene osteggiata e sbeffeggiata perché donna: come nella caccia alle streghe, la lotta alle suffragette; come accade oggi a Greta Thunberg e alla sua battaglia ambientalista. È una donna che non ha autocontrollo (o meglio, non ha introiettato le leggi del controllo maschile) e quindi destinata a finire nei guai. Quando Carol chiede il motivo per cui non può sfruttare tutto il suo potenziale la risposta, in sintesi, è di “stare al proprio posto”: il suo mentore ha deciso il modo in cui deve combattere, minacciandola di “toglierle tutto ciò che le è stato dato”, facendo riferimento all'innesto di tecnologia Kree che ha nel collo.
Molti fan dei comics originali si sono lagnati del gender-bending di Mar-Vell, personaggio a cui sono giustamente affezionati: nato nella silver age e protagonista di alcuni archi narrativi memorabili (in particolare quello che culmina con la sua morte). Mar-Vell, nella sua incarnazione filmica, appare interpretato da una Donna (dicevamo, Annette Benning); questa scelta, figlia di una scelta dell’ultim’ora, ha perfettamente senso all’interno di questa origin story. Quando Vers si trova al cospetto dell’intelligenza suprema, che prende le fattezze di Mar-Vell - una donna - questa ripropone in qualche modo le stesse minacce alla protagonista, se non rispetterà le regole relative al suo ruolo. Questa, che ironicamente ci diverte definire “sindrome di Stoccolma da patriarcato” è una forma di violenza psicologia esistente e spesso più complicata da far emergere: l’ideologia può assumere forme diverse, compresa quella femminile. Questo è un fenomeno comune a tutte le forme oppressive di dominio psicologico: nomino velocemente i “neri da cortile” di Malcom X, citati anche da Quentin Tarantino nel suo Django Unchained (2012), in particolare – in un veloce incrocio crossmediale – nel personaggio di Stephen, interpretato proprio da Samuel L. Jackson.
L'aspetto particolarmente insidioso di questi ruoli sociali è che essi appaiono il più possibile naturali o scelti liberamente, per cui è difficile scorgere come essi favoriscano l’affermarsi di un'ideologia. Naturalmente l'adozione da parte dell'Intelligenza Suprema dell'immagine di Lawson/Mar-Vell non significa che la Lawson aderisca alle norme sociali patriarcali (Spoiler: in realtà non è affatto così). Quello che ci preme sottolineare è che l’accoppiata patriarcato/misoginia non sempre indossa un volto maschile.
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Carol, mostra di sé il ritratto di una donna impenitente (o come amano dire gli americani unapologetic) il cui potere - raggi fotonici a parte - è proprio quello di rendersi conto di non dover giustificare a nessuno le scelte intraprese nella sua vita. È la sua tenacia, non il sangue Skrull, a darle la forza di rialzarsi dopo ogni sconfitta. Sul grande schermo abbiamo viste tante figure eroiche del genere, ma quasi mai, concedeteci il calembour, di questo… genere. Per una volta c’è una donna al centro del progetto Marvel. Ci vuole coraggio, può sembrare assurdo, a mettere in cantiere un personaggio simile all’interno di una cultura, quella nerd, che ha più volte dimostrato di avere al suo interno delle pericolose frange ultra conservatrici (fenomeno, tuttavia, di facile spiegazione: chi più di un nerd è legato alla cristallizzazione nostalgica di figure caratteristiche della propria infanzia e adolescenza?).
Nei mesi che hanno preceduto l'uscita del film, e nei giorni successivi, abbiamo potuto osservare come alcune persone, spesso anche organizzati in gruppi di “Troll”, si siano sentiti in diritto di controllare il modo in cui le narrazioni supereroiche debbano essere declinate. Ad esempio, dopo il primo trailer di Captain Marvel, un largo numero di fan del MCU (in maggioranza maschi) si è lamentato dell’aspetto di Brie Larson, secondo loro “poco sorridente”. Evidentemente, nel loro sistema valoriale, le donne dovrebbero essere sempre sorridenti e accondiscendenti. Per non parlare della campagna, miseramente fallita, di affossare il film sulle piattaforme che basano il loro giudizio con metriche crowdsourced (in primis, Rotten Tomatoes). Anche se tutto ciò può sembrarci estremamente ridicolo, e ci ritorna in mente William Shatner, indimenticabile interprete del Capitano Kirk di Star Trek apostrofare i fan più zelanti con un liberatorio “get a life!”, è importare comprendere quanto possano essere misogine questo genere di iniziative. Senza nemmeno entrare nel merito dei film coinvolti - è accaduto anche per Ghostbusters (2016) e Ocean’s 8 (2018) - ci si trova di fronte a un sentimento tossico che vorrebbe forzosamente proiettate le proprie aspettative sui prodotti dell’industria culturale.
Captain Marvel è un personaggio femminile forte e complesso, come lo sono molti dei personaggi del Marvel Cinematic Universe; non è una Dea come Wonder Woman, ma una donna che abbraccia le sue vulnerabilità e che ha la forza di combattere, fisicamente - ma non solo - sia contro i nemici che contro i suoi limiti. Un personaggio mitico che affronta il suo personale viaggio dell’eroe, in cui tutti possono identificarsi.
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usmaradiomagazine · 2 years ago
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𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi  𝗗𝗮𝗹 𝗰𝗶𝗲𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗼 𝗹'𝗮𝗯𝗶𝘀𝘀𝗼: 𝗹𝗲 𝗮𝗻𝗶𝗺𝗲 𝗱𝗶 𝗗𝗶𝗮𝗺𝗮𝗻𝗱𝗮 𝗚𝗮𝗹á𝘀
𝐀𝐒𝐂𝐎𝐋𝐓𝐀 𝐈𝐋 𝐏𝐎𝐃𝐂𝐀𝐒𝐓 Nota alle cronache per essere la diva dell’avantgarde newyorkese, nell’ultima puntata de La Musica come Pratica dell’Impossibile di Michele Selva si va alla scoperta dell’arte e della personalità fuori dal comune di Diamanda Galás: artista eclettica, scioccante e dalla luminosa oscurità, per parafrase il titolo dell'episodio. Una voce la sua, unica e prodigiosa cresciuta attraverso gli studi classici che le hanno permesso di esprimere tutto il suo potenziale, dato da una prorompente e celebrata estensione vocale superiore alle tre ottave e mezzo ma anche da una specificità di stile veramente unica nel panorama mondiale contemporaneo. La sua forza vocale dai connotati oscuri e luciferini le hanno permesso di abitare in maniera drammatica letteratura, storia, l'impegno sociale in cui ha raccontato la sofferenza degli emarginati e la lotta costante per superare la malattia mentale, oltre ad un'ispirazione multi-culturale: emerge in molte delle sue opere infatti, l’ineffabile melisma per le tradizioni vocali medio orientali influenzate dalle sue origini mediterranee, oltre ad un spiccato interesse per la fisicità, lo “sporco” e il recitativo, pur mantenendo affinità all’impostazione del canto classico. Galás è riuscita a fondere subconscio, magia e storia in un flusso sonoro altamente emozionante, composizioni per voci sovraincise ed elettronica dissonante, estremamente convulse e opprimenti. Tra i suoi album memorabili, connotati da generi diversi che spaziano dal blues, fino al jazz e al gospel ma sempre improntati alla sperimentazione, ricordiamo l’assolo canoro di dodici minuti di "Wild Women With Steak-Knive” (1982) in cui blocchi di grida orrende, rapidissime e concitate, si alternano vagiti disumani; poi nello stesso anno le "Litanies Of Satan”, Galás recita i versi maledetti dell’inferno di Baudelaire più enfatica e sguaiata che mai, mentre un tamburo batte colpi funerei, l'elettronica solleva folate gelide e altre voci filtrate borbottano in sottofondo; e poi ancora, questa volta è dal vivo che Diamanda stupisce il pubblico: nel 1991 l'iconico concerto registrato presso la Cattedrale di St. John the Divine a New York, dedicato e ispirato ai malati e ai morti dell’AIDS, tra cui l’amato fratello deceduto poco tempo prima proprio per aver contratto il virus. Diamanda qui è la peste nera, la personifica in una propria, teatrale e potente liturgia per creare liberazione e sensibilizzare l’opinione pubblica su un fenomeno, quello che riguarda i malati di HIV, che ne ha portato all’ostracizzazione nell’America di quei anni. “La morte non è nel non poter comunicare ma nel non essere più compresi” diceva Pier Paolo Pasolini e Diamanda, sua grande ammiratrice, ha fatto di queste parole il suo mantra, inseguendo quella eccentricità stilistica attraverso vari linguaggi sperimentati e interpretati nella sua carriera artistica; solo una minima parte di essi sono stati ricordati in questa presentazione, per scoprirne di più non perdetevi questa biografia in musica dedicata all’artista americana.
Un programma a cura di Michele Selva Regia di Alessandro Renzi Immagine elaborata da una fotografia di Paul Harris - Tutti i diritti riservati 𝐀𝐒𝐂𝐎𝐋𝐓𝐀 𝐈𝐋 𝐏𝐎𝐃𝐂𝐀𝐒𝐓 𝐒𝐂𝐎𝐏𝐑𝐈 𝐈𝐋 𝐂𝐀𝐍𝐀𝐋𝐄 - La Musica come Pratica dell'Impossibile
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Campania tra le prime regioni in Italia per numero di interazioni con Alexa
Il fenomeno Alexa continua a crescere e sempre più italiani utilizzano l’assistente vocale di Amazon per semplificare la quotidianità, tramite la propria voce. Solo nel periodo tra gennaio e giugno 2022, in Campania sono state generate oltre 317 milioni di interazioni, con un tasso di crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno del 36%. La Campania è infatti tra le prime regioni in Italia per numero di interazioni con Alexa. Alexa, Napoli e le interazioni In cima alla classifica delle province che interagiscono con più frequenza con Alexa si trovano gli abitanti della provincia di Napoli, seguiti dalle province di Salerno e Caserta, mentre la provincia con il più alto tasso di crescita delle interazioni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno è Benevento, con il 40% in più. Ma quali sono le funzioni di Alexa più utilizzate e amate dagli utenti campani? Scopriamole insieme. La Casa Intelligente: 49 milioni di interazioni vocali e 23 milioni di azioni per la Casa Intelligente eseguite tramite routine Alexa si integra con migliaia di dispositivi per la Casa Intelligente, permettendo di attivare telecamere, luci, termostati compatibili e molto altro. Queste funzioni rientrano tra le skill – o applicazioni vocali – più apprezzate. Con un aumento del 34%, gli utenti della Campania utilizzano sempre più Alexa e i dispositivi della famiglia Echo per gestire la propria casa, chiedendo ad esempio: “Alexa, accendi la luce in salotto” o “Alexa, imposta la temperatura in camera da letto a 23 gradi”. Dopo i napoletani, questa funzione è usata più frequentemente dagli abitanti di Salerno, con un aumento di interazioni vocali per la Casa Intelligente del 36% rispetto al 2021. Cresce anche la gestione della propria Casa Intelligente tramite le routine: rispetto all’anno scorso le azioni eseguite attraverso le routine per gestire i propri dispositivi è cresciuta del 27%, per un totale di 23 milioni di azioni eseguite. É possibileimpostare le routine sull’App Alexa e personalizzare i comandi. Si può dire dire, per esempio, “Alexa, vado a letto” ed impostare Alexa perché spenga tutte le luci di casa, oppure accendere i dispositivi al tramonto o ad orari specifici. Benevento è al primo posto per tasso di crescita delle azioni per la Casa Intelligente eseguite tramite routine: +153% rispetto allo scorso anno! Gestione del proprio tempo: più di 9 milioni di timer attivati Preziosa per i campani si è rivelata l’impostazione di timer, aumentata del 59% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per un totale regionale di oltre 9 milioni di timer attivati. Con Alexa è infatti possibile creare, gestire e annullare i timer dicendo semplicemente: “Alexa, imposta un timer di 5 minuti”, oppure “Alexa, aggiungi 1 minuto al mio timer” per essere sicuri di avere tutto sotto controllo. Gli avellinesi sono gli utenti che quest’anno hanno incrementato maggiormente l’impostazione dei timer: +74% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Inizio della giornata: oltre 3 milioni di sveglie attivate L’impostazione delle sveglie è un’altra delle funzioni di Alexa indispensabile per i campani. È sufficiente chiedere “Alexa, imposta una sveglia per le 07:00” e l’assistente vocale sarà pronta a svegliarci quando e come vogliamo. Con Alexa è inoltre possibile personalizzare le sveglie creando delle vere e proprie routine per ripetere con regolarità determinate azioni, come ad esempio far partire le ultime notizie, o riprodurre la propria musica preferita, senza doverlo richiedere ogni mattina. In Campania, sono oltre 3 milioni le sveglie attivate, il 51% in più rispetto al 2021. Se Napoli e Salerno restano in testa per numero di sveglie impostate e frequenza di utilizzo della funzione, è Benevento la provincia con il tasso di crescita maggiore: +61% di sveglie impostate rispetto al periodo gennaio e giugno 2021. Creazione di liste: oltre 1 milione di elementi aggiunti Una delle funzioni di Alexa più utili e amate dagli utenti campani è la creazione di liste. Da quella della spesa a quella delle cose da fare, è possibile impostare qualsiasi tipo di elenco. Possiamo chiedere di ricordarci gli elementi presenti, aggiungerne o eliminarne altri semplicemente dicendo “Alexa, aggiungi la ricotta di bufala dalla mia lista della spesa”. È una funzione molto apprezzata in tutte le province, come dimostrato dal numero di elementi aggiunti dagli utenti alle proprie liste: il 34% in più rispetto allo scorso anno, per un totale di oltre 1 milione. In testa per numero di elementi aggiunti, troviamo i napoletani con oltre 770 mila, seguiti dai salernitani con 175 mila. Salerno è anche al primo posto per tasso di crescita, con il 38% in più di elementi aggiunti alle liste, seguita da Avellino con il 37%. Napule è… Alexa: oltre 120 milioni di interazioni con la musica Gli utenti campani si affidano ad Alexa per gestire il proprio tempo, organizzare le cose da fare, tenere sotto controllo la propria casa ma anche e soprattutto per divertirsi e godersi le canzoni che amano. I nostri brani e artisti preferiti sono infatti sempre disponibili tramite Alexa e Amazon Music, con accesso illimitato a 90 milioni di brani on demand. Tra Farfalle e Ciao Ciao sono più di 120 milioni le interazioni con la musica eseguite dagli utenti in Campania, il 36% in più rispetto al 2021. La maggior frequenza di utilizzo si riscontra nella provincia di Napoli, Salerno e Caserta. Accanto ai Me contro Te,tragli artisti preferiti dai campani non poteva mancare il cantautore partenopeo Pino Daniele. Read the full article
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enkeynetwork · 3 years ago
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marcoleopa · 6 years ago
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Condivido ogni vocale, parola e frase, del Procuratore Scarpinato, sempre valide a distanza di 26 anni.
L'ennesima vergogna, conclusa nel 2012 con l’assoluzione in seno al CSM che, dopo aver sollevato il polverone mediatico, fece marcia indietro, poichè,  “non c’era alcun presupposto per un’azione.”
In breve in prima, seconda, terza fila etc…siedono e continuano a sedersi uomini e donne che puzzano di compromesso morale, ancora oggi.
“Caro Paolo,
oggi siamo qui a commemorarti in forma privata perché più trascorrono gli anni e più diventa imbarazzante il 23 maggio ed il 19 luglio partecipare alle cerimonie ufficiali che ricordano le stragi di Capaci e di via D’Amelio.
Stringe il cuore a vedere talora tra le prime file, nei posti riservati alle autorità, anche personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali tu ti sei fatto uccidere; personaggi dal passato e dal presente equivoco le cui vite – per usare le tue parole – emanano quel puzzo del compromesso morale che tu tanto aborrivi e che si contrappone al fresco profumo della libertà.
E come se non bastasse, Paolo, intorno a costoro si accalca una corte di anime in livrea, di piccoli e grandi maggiordomi del potere, di questuanti pronti a piegare la schiena e abarattare l’anima in cambio di promozioni in carriera o dell’accesso al mondo dorato dei facili privilegi.
Se fosse possibile verrebbe da chiedere a tutti loro di farci la grazia di restarsene a casa il 19 luglio, di concederci un giorno di tregua dalla loro presenza. Ma, soprattutto, verrebbe da chiedere che almeno ci facessero la grazia di tacere, perché pronunciate da loro, parole come Stato, legalità, giustizia, perdono senso, si riducono a retorica stantia, a gusci vuoti e rinsecchiti.
Voi che a null’altro credete se non alla religione del potere e del denaro, e voi che non siete capaci di innalzarvi mai al di sopra dei vostri piccoli interessi personali, il 19 luglio tacete, perché questo giorno è dedicato al ricordo di un uomo che sacrificò la propria vita perché parole come Stato, come Giustizia, come Legge acquistassero finalmente un significato e un valore nuovo in questo nostro povero e disgraziato paese.
Un paese nel quale per troppi secoli la legge è stata solo la voce del padrone, la voce di un potere forte con i deboli e debole con i forti. Un paese nel quale lo Stato non era considerato credibile e rispettabile perché agli occhi dei cittadini si manifestava solo con i volti impresentabili di deputati, senatori, ministri, presidenti del consiglio, prefetti, e tanti altri che con la mafia avevano scelto di convivere o, peggio, grazie alla mafia avevano costruito carriere e fortune.
Sapevi bene Paolo che questo era il problema dei problemi e non ti stancavi di ripeterlo ai ragazzi nelle scuole e nei dibattiti, come quando il 26 gennaio 1989 agli studenti diBassano del Grappa ripetesti: “Lo Stato non si presenta con la faccia pulita… Che cosa si è fatto per dare allo Stato… Una immagine credibile?… La vera soluzione sta nell’invocare, nel lavorare affinché lo Stato diventi più credibile, perché noi ci dobbiamo identificare di più in queste istituzioni”.
E a un ragazzo che ti chiedeva se ti sentivi protetto dallo Stato e se avessi fiducia nello Stato, rispondesti: “No, io non mi sento protetto dallo Stato perché quando la lotta alla mafia viene delegata solo alla magistratura e alle forze dell’ordine, non si incide sulle cause di questo fenomeno criminale”. E proprio perché eri consapevole che il vero problema era restituire credibilità allo Stato, hai dedicato tutta la vita a questa missione.
Nelle cerimonie pubbliche ti ricordano soprattutto come un grande magistrato, come l’artefice insieme a Giovanni Falcone del maxiprocesso che distrusse il mito della invincibilità della mafia e riabilitò la potenza dello Stato. Ma tu e Giovanni siete stati molto di più che dei magistrati esemplari. Siete stati soprattutto straordinari creatori di senso.
Avete compiuto la missione storica di restituire lo Stato alla gente, perché grazie a voi e a uomini come voi per la prima volta nella storia di questo paese lo Stato si presentava finalmente agli occhi dei cittadini con volti credibili nei quali era possibile identificarsi ed acquistava senso dire “ Lo Stato siamo noi”. Ci avete insegnato che per costruire insieme quel grande Noi che è lo Stato democratico di diritto, occorre che ciascuno ritrovi e coltivi la capacità di innamorarsi del destino degli altri. Nelle pubbliche cerimonie ti ricordano come esempio del senso del dovere.
Ti sottovalutano, Paolo, perché la tua lezione umana è stata molto più grande. Ci hai insegnato che il senso del dovere è poca cosa se si riduce a distaccato adempimento burocratico dei propri compiti e a obbedienza gerarchica ai superiori. Ci hai detto chiaramente che se tu restavi al tuo posto dopo la strage di Capaci sapendo di essere condannato a morte, non era per un astratto e militaresco senso del dovere, ma per amore, per umanissimo amore.
Lo hai ripetuto la sera del 23 giugno 1992 mentre commemoravi Giovanni, Francesca,Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Parlando di Giovanni dicesti: “Perché non è fuggito, perché ha accettato questa tremenda situazione, perché mai si è turbato, perché è stato sempre pronto a rispondere a chiunque della speranza che era in lui? Per amore! La sua vita è stata un atto di amore verso questa sua città, verso questa terra che lo ha generato”.
Questo dicesti la sera del 23 giugno 1992, Paolo, parlando di Giovanni, ma ora sappiamo che in quel momento stavi parlando anche di te stesso e ci stavi comunicando che anche la tua scelta di non fuggire, di accettare la tremenda situazione nella quale eri precipitato, era una scelta d’amore perché ti sentivi chiamato a rispondere della speranza che tutti noi riponevamo in te dopo la morte di Giovanni.
Ti caricammo e ti caricasti di un peso troppo grande: quello di reggere da solo sulle tue spalle la credibilità di uno Stato che dopo la strage di Capaci sembrava cadere in pezzi, di uno Stato in ginocchio ed incapace di reagire.
Sentisti che quella era divenuta la tua ultima missione e te lo sentisti ripetere il 4 luglio 1992, quando pochi giorni prima di morire, i tuoi sostituti della Procura di Marsala ti scrissero: “La morte di Giovanni e di Francesca è stata per tutti noi un po’ come la morte dello Stato in questa Sicilia. Le polemiche, i dissidi, le contraddizioni che c’erano prima di questo tragico evento e che, immancabilmente, si sono ripetute anche dopo, ci fanno pensare troppo spesso che non ce la faremo, che lo Stato in Sicilia è contro lo Stato e che non puoi fidarti di nessuno. Qui il tuo compito personale, ma sai bene che non abbiamo molti altri interlocutori: sii la nostra fiducia nello Stato”.
Missione doppiamente compiuta, Paolo. Se riuscito con la tua vita a restituire nuova vita a parole come Stato e Giustizia, prima morte perché private di senso. E sei riuscito con la tua morte a farci capire che una vita senza la forza dell’amore è una vita senza senso; che in una società del disamore nella quale dove ciò che conta è solo la forza del denaro ed il potere fine a se stesso, non ha senso parlare di Stato e di Giustizia e di legalità.
E dunque per tanti di noi è stato un privilegio conoscerti personalmente e apprendere da te questa straordinaria lezione che ancora oggi nutre la nostra vita e ci ha dato la forza necessaria per ricominciare quando dopo la strage di via D’Amelio sembrava – come disse Antonino Caponnetto tra le lacrime – che tutto fosse ormai finito.
Ed invece Paolo, non era affatto finita e non è finita. Come quando nel corso di una furiosa battaglia viene colpito a morte chi porta in alto il vessillo della patria, così noi per essere degni di indossare la tua stessa toga, abbiamo raccolto il vessillo che tu avevi sino ad allora portato in alto, perché non finisse nella polvere e sotto le macerie.
Sotto le macerie dove invece erano disposti a seppellirlo quanti mentre il tuo sangue non si era ancora asciugato, trattavano segretamente la resa dello Stato al potere mafioso alle nostre spalle e a nostra insaputa.
Abbiamo portato avanti la vostra costruzione di senso e la vostra forza è divenuta la nostra forza sorretta dal sostegno di migliaia di cittadini che in quei giorni tremendi riempirono le piazze, le vie, circondarono il palazzo di giustizia facendoci sentire che non eravamo soli.
E così Paolo, ci siamo spinti laddove voi eravate stati fermati e dove sareste certamente arrivati se non avessero prima smobilitato il pool antimafia, poi costretto Giovanni ad andar via da Palermo ed infine non vi avessero lasciato morire.
Abbiamo portato sul banco degli imputati e abbiamo processato gli intoccabili: presidenti del Consiglio, ministri, parlamentari nazionali e regionali, presidenti della Regione siciliana, vertici dei Servizi segreti e della Polizia, alti magistrati, avvocati di grido dalle parcelle d’oro, personaggi di vertice dell’economia e della finanza e molti altri.
Uno stuolo di sepolcri imbiancati, un popolo di colletti bianchi che hanno frequentato le nostre stesse scuole, che affollano i migliori salotti, che nelle chiese si battono il petto dopo avere partecipato a summit mafiosi. Un esercito di piccoli e grandi Don Rodrigo senza la cui protezione i Riina, i Provenzano sarebbero stati nessuno e mai avrebbero osato sfidare lo Stato, uccidere i suoi rappresentanti e questo paese si sarebbe liberato dalla mafia da tanto tempo.
Ma, caro Paolo, tutto questo nelle pubbliche cerimonie viene rimosso come se si trattasse di uno spinoso affare di famiglia di cui è sconveniente parlare in pubblico. Così ai ragazzi che non erano ancora nati nel 1992 quando voi morivate, viene raccontata la favola che la mafia è solo quella delle estorsioni e del traffico di stupefacenti.
Si racconta che la mafia è costituita solo da una piccola minoranza di criminali, da personaggi come Riina e Provenzano. Si racconta che personaggi simili, ex villici che non sanno neppure esprimersi in un italiano corretto, da soli hanno tenuto sotto scacco per un secolo e mezzo la nostra terra e che essi da soli osarono sfidare lo Stato nel 1992 e nel 1993 ideando e attuando la strategia stragista di quegli anni. Ora sappiamo che questa non è tutta la verità.
E sappiamo che fosti proprio tu il primo a capire che dietro i carnefici delle stragi, dietro i tuoi assassini si celavano forze oscure e potenti. E per questo motivo ti sentisti tradito, e per questo motivo ti si gelò il cuore e ti sembrò che lo Stato, quello Stato che nel 1985 ti aveva salvato dalla morte portandoti nel carcere dell’Asinara, questa volta non era in grado di proteggerti, o, peggio, forse non voleva proteggerti.
Per questo dicesti a tua moglie Agnese: “Mi ucciderà la mafia, ma saranno altri che mi faranno uccidere, la mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. Quelle forze hanno continuato ad agire Paolo anche dopo la tua morte per cancellare le tracce della loro presenza. E per tenerci nascosta la verità, è stato fatto di tutto e di più.
Pochi minuti dopo l’esplosione in Via D’Amelio mentre tutti erano colti dal panico e il fumo oscurava la vista, hanno fatto sparire la tua agenda rossa perché sapevano che leggendo quelle pagine avremmo capito quel che tu avevi capito.
Hanno fatto sparire tutti i documenti che si trovavano nel covo di Salvatore Riina dopo la sua cattura. Hanno preferito che finissero nella mani dei mafiosi piuttosto che in quelle dei magistrati. Hanno ingannato i magistrati che indagavano sulla strage con falsi collaboratori ai quali hanno fatto dire menzogne. Ma nonostante siano ancora forti e potenti, cominciano ad avere paura.
Le loro notti si fanno sempre più insonni e angosciose, perché hanno capito che non ci fermeremo, perché sanno che è solo questione di tempo. Sanno che riusciremo a scoprire la verità. Sanno che uno di questi giorni alla porta delle loro lussuosi palazzi busserà lo Stato, il vero Stato quello al quale tu e Giovanni avete dedicato le vostre vite e la vostra morte.
E sanno che quel giorno saranno nudi dinanzi alla verità e alla giustizia che si erano illusi di calpestare e saranno chiamati a rendere conto della loro crudeltà e della loro viltà dinanzi alla Nazione.
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sounds-right · 3 years ago
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18/6 The Cube Guys @ Villapapeete - Milano Marittima (RA)
Sabato 18 giugno per il party Flirt with Us alla Villapapeete di Milano Marittima (Ravenna), sul palco arrivano The Cube Guys, dj duo italiano attivo in tutto il mondo.
The Cube Guys sono nati nell'ormai lontano 2005 dall'unione di due dj producer già molto affermati, i bergamaschi Roberto Intrallazzi e Luca Provera. Il loro sound progressive-house con incursioni tribal, tech e vocal, in  continua evoluzione e sempre più internazionale, oltre che personale… 
I loro dj set a quattro mani uniscono la creatività e l'esperienza tecnica da studio con l'improvvisazione dell'esibizione live nei club. Si esibiscono da anni con top dj come Tiesto e le produzioni ed i remix vantano apprezzamenti  da artisti come Pete Tong, Roger Sanchez, Axwell, Bob Sinclar, Dave Morales, Mark Knight, Oscar G, Peter Rauhofer e molti altri. 
Tra gli infiniti altri, si sono esibiti in top club mondiali come 'Privilege' (Ibiza), 'Fabulous' (Las Vegas), Pacha (Marrakech), 'Love' (New York), 'Circus Afterhours' e 'Parking' (Montreal) 'Panama' (Amsterdam), 'Senso' (Orlando), 'Queen' (Parigi), The Week (Sao Paulo), Club Noxx (Anversa), 'The Cross' (London), 'Space' (Marbella), il 'Gryphon', 'Score' e 'Mynt' (Miami). 
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Nata nel 2003 per arricchire l'offerta del divertimento diurno firmato Papeete Beach, Villapapeete da subito si è imposta come format vincente tra i tanti bei locali della Riviera Romagnola. Come Papeete Beach è oggi conosciuta a livello nazionale e internazionale. Aperta già dalle 21 con un aperitivo a bordo piscina che diventa una cena spettacolo all'altezza della aspettative dei più esigenti, fa ballare fino a notte fonda e sempre con un certo stile.
Villapapeete prende vita in un casolare ottocentesco ristrutturato per accogliere il meglio per quel che riguarda di artisti, dj performer, show, food, servizio, beverage (...): nella grande corte di 10.000 mq intrattenimento e spettacoli sanno far sognare. La location, che ospita tre atmosfere musicali diverse, ha poi saputo mantenere il fascino del passato miscelato ad installazioni futuristiche. Il risultato, ovvero l'anima di Villapapeete, è un mix di classico e moderno, perfetto dalla sera a notte fonda.
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Villapapeete
https://villapapeete.com
info: + 39 335 1275444
ogni sabato notte e prefestivi, dal 28/5/22
Via Argine destro Savio,15 
Savio di Ravenna - Milano Marittima (RA)
Ingresso con aperitivo bordo piscina dalle 21:00
Cena servita nella zona ristorante dalle 22:30
Ingresso Evento dalle 23:30
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Papeete Beach, Villapapeete: two brands, one soul
Papeete mette insieme, a Milano Marittima, la celeberrima spiaggia Papeete Beach e Villapapeete, location open - air serale e notturna aperta solo il sabato notte.  Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... e più tardi dinner show e notti in una location unica. Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta. Tra le novità dell'estate 2022 al Papeete Beach, ecco il beach restaurant La Pluma. Aperto solo a pranzo, propone specialità romagnole, spesso rivisitate dallo chef campano Vincenzo Caputo.
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djs-party-edm-italia · 3 years ago
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18/6 The Cube Guys fanno ballare Villapapeete - Milano Marittima (RA)
Sabato 18 giugno per il party Flirt with Us alla Villapapeete di Milano Marittima (Ravenna), sul palco arrivano The Cube Guys, dj duo italiano attivo in tutto il mondo.
The Cube Guys sono nati nell'ormai lontano 2005 dall'unione di due dj producer già molto affermati, i bergamaschi Roberto Intrallazzi e Luca Provera. Il loro sound progressive-house con incursioni tribal, tech e vocal, in  continua evoluzione e sempre più internazionale, oltre che personale… 
I loro dj set a quattro mani uniscono la creatività e l'esperienza tecnica da studio con l'improvvisazione dell'esibizione live nei club. Si esibiscono da anni con top dj come Tiesto e le produzioni ed i remix vantano apprezzamenti  da artisti come Pete Tong, Roger Sanchez, Axwell, Bob Sinclar, Dave Morales, Mark Knight, Oscar G, Peter Rauhofer e molti altri. 
Tra gli infiniti altri, si sono esibiti in top club mondiali come 'Privilege' (Ibiza), 'Fabulous' (Las Vegas), Pacha (Marrakech), 'Love' (New York), 'Circus Afterhours' e 'Parking' (Montreal) 'Panama' (Amsterdam), 'Senso' (Orlando), 'Queen' (Parigi), The Week (Sao Paulo), Club Noxx (Anversa), 'The Cross' (London), 'Space' (Marbella), il 'Gryphon', 'Score' e 'Mynt' (Miami). 
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Nata nel 2003 per arricchire l'offerta del divertimento diurno firmato Papeete Beach, Villapapeete da subito si è imposta come format vincente tra i tanti bei locali della Riviera Romagnola. Come Papeete Beach è oggi conosciuta a livello nazionale e internazionale. Aperta già dalle 21 con un aperitivo a bordo piscina che diventa una cena spettacolo all'altezza della aspettative dei più esigenti, fa ballare fino a notte fonda e sempre con un certo stile.
Villapapeete prende vita in un casolare ottocentesco ristrutturato per accogliere il meglio per quel che riguarda di artisti, dj performer, show, food, servizio, beverage (...): nella grande corte di 10.000 mq intrattenimento e spettacoli sanno far sognare. La location, che ospita tre atmosfere musicali diverse, ha poi saputo mantenere il fascino del passato miscelato ad installazioni futuristiche. Il risultato, ovvero l'anima di Villapapeete, è un mix di classico e moderno, perfetto dalla sera a notte fonda.
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Villapapeete
https://villapapeete.com
info: + 39 335 1275444
ogni sabato notte e prefestivi, dal 28/5/22
Via Argine destro Savio,15 
Savio di Ravenna - Milano Marittima (RA)
Ingresso con aperitivo bordo piscina dalle 21:00
Cena servita nella zona ristorante dalle 22:30
Ingresso Evento dalle 23:30
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Papeete Beach, Villapapeete: two brands, one soul
Papeete mette insieme, a Milano Marittima, la celeberrima spiaggia Papeete Beach e Villapapeete, location open - air serale e notturna aperta solo il sabato notte.  Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... e più tardi dinner show e notti in una location unica. Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta. Tra le novità dell'estate 2022 al Papeete Beach, ecco il beach restaurant La Pluma. Aperto solo a pranzo, propone specialità romagnole, spesso rivisitate dallo chef campano Vincenzo Caputo.
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tarditardi · 3 years ago
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18/6 The Cube Guys fanno scatenare Villapapeete - Milano Marittima (RA)
Sabato 18 giugno per il party Flirt with Us alla Villapapeete di Milano Marittima (Ravenna), sul palco arrivano The Cube Guys, dj duo italiano attivo in tutto il mondo.
The Cube Guys sono nati nell'ormai lontano 2005 dall'unione di due dj producer già molto affermati, i bergamaschi Roberto Intrallazzi e Luca Provera. Il loro sound progressive-house con incursioni tribal, tech e vocal, in  continua evoluzione e sempre più internazionale, oltre che personale… 
I loro dj set a quattro mani uniscono la creatività e l'esperienza tecnica da studio con l'improvvisazione dell'esibizione live nei club. Si esibiscono da anni con top dj come Tiesto e le produzioni ed i remix vantano apprezzamenti  da artisti come Pete Tong, Roger Sanchez, Axwell, Bob Sinclar, Dave Morales, Mark Knight, Oscar G, Peter Rauhofer e molti altri. 
Tra gli infiniti altri, si sono esibiti in top club mondiali come 'Privilege' (Ibiza), 'Fabulous' (Las Vegas), Pacha (Marrakech), 'Love' (New York), 'Circus Afterhours' e 'Parking' (Montreal) 'Panama' (Amsterdam), 'Senso' (Orlando), 'Queen' (Parigi), The Week (Sao Paulo), Club Noxx (Anversa), 'The Cross' (London), 'Space' (Marbella), il 'Gryphon', 'Score' e 'Mynt' (Miami). 
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Nata nel 2003 per arricchire l'offerta del divertimento diurno firmato Papeete Beach, Villapapeete da subito si è imposta come format vincente tra i tanti bei locali della Riviera Romagnola. Come Papeete Beach è oggi conosciuta a livello nazionale e internazionale. Aperta già dalle 21 con un aperitivo a bordo piscina che diventa una cena spettacolo all'altezza della aspettative dei più esigenti, fa ballare fino a notte fonda e sempre con un certo stile.
Villapapeete prende vita in un casolare ottocentesco ristrutturato per accogliere il meglio per quel che riguarda di artisti, dj performer, show, food, servizio, beverage (...): nella grande corte di 10.000 mq intrattenimento e spettacoli sanno far sognare. La location, che ospita tre atmosfere musicali diverse, ha poi saputo mantenere il fascino del passato miscelato ad installazioni futuristiche. Il risultato, ovvero l'anima di Villapapeete, è un mix di classico e moderno, perfetto dalla sera a notte fonda.
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Ingresso con aperitivo bordo piscina dalle 21:00
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Ingresso Evento dalle 23:30
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Papeete Beach, Villapapeete: two brands, one soul
Papeete mette insieme, a Milano Marittima, la celeberrima spiaggia Papeete Beach e Villapapeete, location open - air serale e notturna aperta solo il sabato notte.  Da oltre vent'anni Papeete è un punto di riferimento per chi cerca il massimo in stile pop: sole, relax in spiaggia, beach party, sunset ritual... e più tardi dinner show e notti in una location unica. Oltre che un vero e proprio fenomeno di costume, celebrato dai media e amato dai fan, Papeete è una realtà fatta di attenzione al servizio e ogni dettaglio della sua proposta. Tra le novità dell'estate 2022 al Papeete Beach, ecco il beach restaurant La Pluma. Aperto solo a pranzo, propone specialità romagnole, spesso rivisitate dallo chef campano Vincenzo Caputo.
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