#musica evocativa
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LADY JANE, tra meraviglia e futuro il canto senza tempo di ALESSANDRA CELLETTI
Dopo “Michelle” dei Beatles, una canzone-simbolo dei Rolling Stones, cancellando idealmente la storica rivalità tra i due leggendari gruppi. Fuori su tutti gli store e le piattaforme digitali LADY JANE nella suggestiva reinterpretazione di Alessandra Cell
Dopo “Michelle” dei Beatles, una canzone-simbolo dei Rolling Stones, cancellando idealmente la storica rivalità tra i due leggendari gruppi. Fuori su tutti gli store e le piattaforme digitali LADY JANE nella suggestiva reinterpretazione di Alessandra Celletti. L’evocativo arrangiamento piano e voce anticipa l’uscita di “Stop femicides”, il nuovo attesissimo album della pianista romana. Scritta…
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Storia Di Musica #305 - Robert Johnson, King Of The Delta Blues Singers Vol.1, 1961
Riparto da quel tavolino della copertina di Bringing It All Back Home. Su quel tavolino c'è anche questo disco, che probabilmente non dirà moltissimo ai più, ma è uno dei dischi fondamentali della musica occidentale del '900, e sta lì per svariati motivi. Il re dei cantati del Blues del Delta (è quello del fiume Mississippi) è Robert Leroy Johnson, una delle figura più misteriose, carismatiche e leggendarie di tutte. Intorno alla sua figura, alla sua musica, alla sua vita breve e di cui si sa pochissimo c'è un alone quasi mistico e fu questo disco, una compilation delle sue maggiori registrazioni degli anni '30. Di Johnson si sa pochissimo: non è sicura la data di nascita del maggio 1911, nemmeno i genitori, la tesi più accreditata afferma che nacque una relazione extraconiugale della madre Julia Dodds con Noah Johnson, dopo che il marito di Julia, Charles Dodds Jr., l'aveva abbandonata per un'altra donna e la sua infanzia e adolescenza è avvolta in misteri e leggende, aiutati dal fatto che nel Mississippi di quei tempi i documenti per una famiglia nera non fossero la prima preoccupazione ad Hazlehurst della Contea di Copiah. Sta di fatto che all'inizio, aiutato da uno dei figli di Noah, impara a suonare l'armonica a bocca, e poi la chitarra, ma all'inizio è tutt'altro che appassionato allo strumento. Si sposa due volta, nel 1929 con Virginia Travis, che muore di parto l'anno successivo a 16 anni con la bimba neonata, e nel 1931 con Calletta Craft. Secondo la leggenda, da lui stesso raccontata e accresciuta, lascia la seconda moglie per seguire la sua passione per la musica e, nel vagabondare, all'incrocio più profondo e sperduto nelle terre del Delta, fa un patto con il Diavolo, a cui vende l'anima in cambio dell'arte di saper suonare la chitarra. Secondo molti che ne alimentano il mito, davvero d'un tratto Johnson ebbe un miglioramento colossale nel suonare, e secondo alcuni biografi, fu suo maestro un misterioso bluesman di nome Ike Zimmerman, altra figura avvolga nel mistero: Johnson sfruttò alla grande queste storie, a cui lui aggiunse una particolare vocazione nel suonare nei cimiteri, tra le tombe, nota al punto da venire additato quale emissario del demonio. Se il patto è vero, funzionò: Johnson, dopo aver registrato la sua musica in modi e tempi che vi dirò a breve, morì a 27 anni, nel'Agosto del 1938, primo nome di quel futuro Club dei 27, che comprende i grandi della musica morti a quell'età. Anche sulla morte ci sono numerose leggende, ma la tesi più accreditata è che fu avvelenato dal barman del locale dove lui, Sonny Boy Williamson II e David Honeyboy Edwards erano la resident band, nei pressi di Greenboro, contea di Jackson: Johnson divenne l'amante della moglie del proprietario, che lo avvelenò versando un veleno nella sua bottiglia di whisky. A rendere tutto ancora più iconico, nessuno sa dove sia sepolto, dato che nella contea di Jackson, dove fu scritto il certificato di morte, esistono tre tombe di Robert Johnson, e nessuno sa con certezza quale delle tre sia autentica.
Oltre il mito, Johnson fu rivoluzionario per tre motivi: il suo fingerpicking, divenuto iconico e all'epoca del tutto prorompente, il suo modo di cantare, che abbandonava i toni bassi per una voce squillante e lamentosa, che sprigionava tutta la dolorosa natura del blues, e il fatto che fu il primo che in pratica sviluppò i racconti musicali di quei periodi nelle strutture del blues. È certo che non scrisse mai propriamente una canzone, ma rielaborava al momento motivi conosciuti o inventati su cui improvvisava dei testi, i quali sprigionano una così forte carica evocativa e spirituale che non passarono inosservati. Inoltre molti dei suoi alimentavano le leggende oscure e diaboliche che lo riguardavano.
Johnson registrò solo 29 canzoni: per 13 di esse è stato possibile rinvenire anche le rispettive alternate take – all'epoca scartate in quanto giudicate meno brillanti delle versioni poi pubblicate su 78 giri – per un totale di 42 registrazioni complessivamente note. Tutte registrate tra il 1936 e il 1937, probabilmente a Dallas, ma anche su questo ci sono leggende infinite, e molti sostengono che le registrazioni che abbiamo siano velocizzate, fatto che conferirebbe il particolare tono acuto alla voce di Johnson.
Tutte le sue canzoni sono degli standard, e dopo che la Columbia inizi��, con il disco di oggi, The King Of The Delta Blues Singers Vol. 1 (che esce nel 1961, il Vol.2 uscirà nel 1970, quando era super conosciuto) a riproporle, diventeranno il trampolino di lancio per la rinascita del blues in tutto il mondo. Questo del 1961 fu il primo tentativo di riportare le registrazioni degli originali 78 giri, della etichetta Vocalion, al suono mono di un Lp. Le note di copertina dell'epoca erano del tutto inventate, nell'impossibilità di risalire all'epoca a notizie "certe" su Johnson, e furono del tutto riscritte negli anni '90 con la pubblicazione in CD. In scaletta, classici ripresi da centinaia di artisti: Cross Road Blues, 32-20 Blues (32.20 è il calibro delle munizioni Winchester), Ramblin' On My Mind per citare solo i più conosciuti, sono standard nel repertorio di migliaia di artisti, e sono stati i testi basi su cui gente del calibro di Eric Clapton, Jimmy Page, Jimi Hendrix, i Rolling Stones hanno sviluppato la loro sensazionale musica. E Bob Dylan? il disco è lì per due motivi: uno, piuttosto estetico, è che sebbene non ebbe all'inizio nessun successo commerciale, l'album divenne una sorta di distintivo su che musica si ascoltava, era per usare un termine di quegli anni decisamente hip. E poi c'è un motivo più profondo, e uso le parole dello stesso Dylan: Quando Johnson ha iniziato a cantare, sembrava un ragazzo che sarebbe potuto balzare dalla testa di Zeus in armatura completa. Ho subito differenziato tra lui e chiunque altro avessi mai sentito. Le canzoni non erano solite canzoni blues. Erano così fluide. All'inizio passavano veloci, anche troppo veloci per arrivarci. Sono saltati dappertutto per portata e argomento, brevi versi incisivi che hanno portato ad alcuni fuochi panoramici della storia dell'umanità che esplodevano sulla superficie di questo pezzo di plastica rotante (da Chronicles, Volume 1).
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Beetlejuice (1988)
Tim Burton ci mostra la sua bizzarra visione dell'aldilà in un film folle e geniale
Delirio infernale
Beetlejuice è uno dei primi film della carriera di Tim Burton. Sebbene scegliere tra i suoi lavori sia operazione difficile e complessa, possiamo dire che sia anche uno dei migliori.
A voler essere più precisi, Beetlejuice è uno dei film più completi di Burton, nel senso che contiene già tutti gli elementi che faranno di lui un regista tra i più particolari e unici tra i contemporanei e che sarebbero stati poi sviluppati ampiamente con i lavori successivi.
Che Burton sia un ex disegnatore, è chiaro fin da subito: le sue inquadrature, i colori, i personaggi e ogni aspetto del suo lavoro portano il marchio di un artista del disegno. Inoltre la sua follia visionaria è talmente straripante da riversarsi in ogni sequenza.
Il film si apre con una panoramica del paese in cui la storia è ambientata, che si rivela poi il plastico a cui il protagonista sta lavorando, primo segnale della fusione (o confusione) tra realtà e finzione che troveremo, sia qui che in quasi tutti i film successivi dell'autore.
Beetlejuice è una miscela di atmosfere gotiche e surreali, ma allo stesso tempo ironiche ed eccessive, tanto da suscitare raramente inquietudine e deviare sempre verso la commedia, nonostante la potenzialità horror della storia. Infatti, a pensarci, l'idea dei fantasmi intrappolati nella loro casa, costretti a spaventare e cacciare via i nuovi inquilini, sarebbe potuto diventare un horror in mani diverse e con una sceneggiatura diversa.
Ovviamente Burton la affronta secondo le sue inclinazioni, si procura una sceneggiatura adatta a sfruttare il suo talento visionario (sebbene non accreditato, il soggetto dovrebbe essere anche suo) e a sua volta ne sfrutta tutte le potenzialità nel trasformarla in film.
L'ironia la fa da padrone e pervade tutte le scene di Beetlejuice, dalla splendida e delirante visione dell'aldilà in Burton Style, con il Manuale del novello deceduto e i pittoreschi deceduti in sala d'attesa, al bellissimo contrasto tra la piccola dark Lydia e la sua famiglia mondana. Il tutto culminante nella meravigliosa sequenza della cena al ritmo di Day-O di Harry Bellafonte, che da sola varrebbe il film e un oscar.
L'aldilà di Burton è un luogo infarcito di personaggi bizzarri, macabri quanto buffi, governato da una burocrazia paragonabile a quella dei nostri uffici comunali, con tanto di sala d'attesa, pratiche da affrontare e trafile da seguire.
A concretizzare la visione ironica, nonché onirica, di Burton, troviamo uno splendido e folle Michael Keaton irriconoscibile sotto un trucco che ha valso un oscar al film, assolutamente esplosivo e incontenibile, perfetto nel suo delirio e nella sua interpretazione dell'esorcista di umani, denso di una cattiveria da fumetto che solo Burton poteva portare sullo schermo con tanta efficacia, senza scadere nel volgare nonostante gli eccessi del personaggio.
Ma non sono da meno neanche gli altri caratteristi del film, da Catherine O'Hara e Jeffrey Jones, che dipingono alla perfezione i Deitz, la coppia che prende possesso della casa dei Mailands alla loro morte, a Wynona Ryder, anche lei del tutto a suo agio ed equilibrata nell'ironico ruolo della ragazzina dark e depressa, che l'ha fatta conoscere al grande pubblico, oltre a renderla attrice cult per tutta una generazione di spettatori.
Efficaci anche i due sposini-fantasmi protagonisti del film: Alec Baldwin e Geena Davis, in equilibrio tra romanticismo da coppietta e lo smarrimento della loro condizione di fantasmi inesperti.
Buoni anche gli effetti, considerando i costi contenuti dell'intero film, soprattutto il bellissimo trucco ad opera di Steve LaPorte e Ve Neill, vincitore di un premio oscar, come già accennato.
La musica è di Danny Elfman, come per quasi tutti i lavori di Burton successivi, evocativa e tinta di spettrale euforia, del tutto adatta alla regia ed alla storia.
Il lieto fine del film arriva dopo un susseguirsi di trovate di grande vivacità, lasciando il ricordo di un film frizzante, piacevole e del tutto godibile, condito da una freschezza narrativa che il Burton successivo perderà in parte a favore di temi e tempi più ragionati e maturi.
Volendo a tutti i costi trovare difetti in Beetlejuice, possiamo dire che forse Burton ha messo troppo in un unico film, spinto dalla voglia del quasi esordiente. Questo non ha reso meno bello il film, ma gli ha impedito di dare il giusto risalto alle scene migliori e di rendere il lavoro finale del tutto bilanciato.
#beetlejuice#recensione#recensione film#review#movie review#tim burton#micheal keaton#catherine o'hara#jeffrey jones#wynona ryder#alec baldwin#geena davis
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Quando uscì Diabolis Interium non stavo più nella pelle. Avevo conosciuto i Dark Funeral solo parzialmente con l’EP Teach Children to Worship Satan e poi avevo finalmente trovato da Musica Musica il primo The Secrets of the Black Arts. I Dark Funeral incarnavano tutto il black metal che volevo ascoltare e in cui volevo immedesimarmi in quegli anni; ricordo che in primo liceo, pur non avendoli mai ascoltati mi ridisegnai il loro logo sulla cartella di educazione tecnica. Ancora oggi, Vobiscum Satanas è un disco che non capisco granché, che non è entrato in me, forse per l’eccessiva somiglianza fra un brano e l’altro. Invece Diabolis Interium inizia ad essere variegato; c’è un ottimo lavoro di songwriting sulle chitarre che non sono più dei semplici e velocissimi power-chords ma iniziano ad essere più “swedish”. I Dark Funeral iniziano davvero a suonare in questo disco; certo sono ancora velocissimi, addirittura più veloci dei Marduk; ma ora il patto col diavolo ha davvero generato i suoi maligni frutti. Intanto il batterista Matte Modin (ex Defleshed) riesce a dare ai brani una vitalità disarmante; la doppietta Ahriman-Dominion è forse la più vincente fino al recente Where Shadows forever Reign.
Al di là degli altisonanti titoli in latino, che all’epoca erano dei cliché, “An Arrival of Satan Empire” è una mazzata diretta e melodica (ricordo ancora il potente impatto quando li vidi nel 2002-2003 a Roma) mentre “An Apprentice of Satan” è stata ri-registrata in modo sbalorditivo rispetto al precedente EP. Prima era più classica, precisa, black metal old-school. Ora invece, intorno ai riff efficaci ma quasi banali, la batteria riesce a tirar fuori quanto ci sia di più maligno e possente. Le seconde voci aggiunte in produzione non fanno altro che aprire di più l’imbuto dell’Inferno verso Lucifero. Per non parlare dell’aura evocativa che emana il bridge del brano. “The Goddess of Sodomy” stranamente può risultare il brano più azzeccato dei Dark Funeral; stranamente perché il brano è una traccia in mid-tempo dove le chitarre tracciano dei riff alla Mayhem. “Thus I Have Spoken” è un brano che ricorda i Marduk di Opus Nocturne e, dopo un altro paio di doppiette sparate al fulmicotone, la conclusiva “Heart of Ice” è degna di interesse sempre per le sue partiture chitarristiche che salgono in un climax davvero niente male.
#Dark Funeral#Ahriman#Lord Ahriman#Emperor Magus Galigula#Magus#Emperor#Caligula#No Fashion Records#Swedish#black metal#2001
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La misura della vacuità
Siamo costantemente bombardati da immagini, simboli, suoni che richiamano alla nostra memoria inevitabilmente qualcosa da perseguire. Dobbiamo restare sempre sul pezzo, alla moda. L'avventura anacronistica non ci è concessa. Eppure, regalarci un attimo da questo frastuono social chic, probabilmente ci gioverebbe, per comprenderne la misura della vacuità. Trasponendo lo stesso concetto su Marcello, pensando a lui, possiamo essere tranquillamente traghettati sulle musiche di Nino Rota in sotto fondo e Anita che lo chiama a se, con un ormai un inflazionato, 'Marcello come here" il richiamo alla dolce vita è servito. La potenza di questa immagine, di quel luogo, di quella battuta, di quella musica ha segnato epoca e carriera. Ancora oggi, ci riscopriamo tutti social al cospetto di tanta bellezza della fontana di Trevi e con gli occhi pieni di quelle immagini, monetina alla mano, et voilà, anche per noi la dolce vita è servita. Mettiamo da parte per un attimo questa iconografia di Marcello Deus machina del sex symbol, spogliamolo dalla divisa divistica della "dolce vita" e immergiamolo nei panni di Gabriele ne "una giornata particolare", noteremo una certa contrapposizione, inevitabilmente sentiremmo mancarci qualcosa. Visivamente più dimesso, in abiti più borghesi, e sebbene la sua voce sia più calda, profonda, non risulta sensuale e ammiccante, come nel film caposaldo della sua carriera. Non gli si attribuisce iconografico erotismo in divisa. Gli si riconosce merito. È questa la misura della sua vacuità, la capacità di essere icona nel suo spazio, di riempirlo in ogni modo con qualunque cosa, prescindendo la potenza evocativa di un'immagine, nonostante il ruolo, nonostante lo scorrere del tempo.
#telefonami tra vent'anni#marcello mastroianni#telefonamitra20anni#mastroianni marcello#marcellomastroianni#mastroianni marcello gif#best actor#original photographers#film photography#movies#federico fellini#latin lover#moviegifs#sex symbol#una giornata particolare#la dolce vita#icon aesthetic#tumbrl#storytelling
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Anna Piaggi
https://www.unadonnalgiorno.it/anna-piaggi/
Anna Piaggi è stata la figura più affascinante della cultura della moda italiana.
Giornalista e scrittrice, musa dei più grandi maestri della Couture, aveva un’estetica spiazzante che incarnava il concetto più sublime di stile.
Superava l’eccentrico nei suoi ricercatissimi look che, spaziando tra epoche e luoghi geografici, hanno influenzato e ispirato generazioni di stiliste e stilisti.
Uno per tutti, Karl Lagerfeld che le ha dedicato il libro Anna-cronique. Un diario di moda del 1986.
Nata a Milano, 22 marzo 1931, prima di diventare giornalista è stata segretaria e traduttrice per Mondadori. È stata sposata con Alfa Castaldi fotoreporter che lei ha introdotto nel mondo della moda, dal 1962 fino alla morte di lui, nel 1995. Un sodalizio artistico e culturale che li ha visti lavorare insieme per mostre, happening e campagne pubblicitarie innovative.
Ha vissuto per un periodo a Londra che ha rappresentato il punto di svolta nel suo approccio stilistico e la consapevolezza di poter diventare con la sua immagine e la sua scrittura, tutto ciò che desiderava.
Ha scritto per diverse riviste nazionali e internazionali tra cui l’Espresso e Panorama e contribuito a creare periodici quali Arianna o Vanity.
Anna Piaggi si è inventata il ruolo editoriale del direttore creativo e anticipato i concetti di Made in Italy e di vintage, con la sua attitude ha creato tendenza riuscendo a trascinare designer e creativi di tutto il mondo.
Si è inventata la rubrica D.P. Doppie Pagine di Anna Piaggi per Vogue nel 1988, in cui ha sperimentato la sua nuova forma di giornalismo. Con un approccio dal sapore postmoderno, raccontava la moda in maniera evocativa attraverso giochi di parole e grafiche accattivanti.
Ha saputo intercettare e decodificare, come nessuno e nessuna prima di lei, il messaggio degli stilisti e delle stiliste.
È arrivata al vintage, in una sorta di operazione filologica, tramite l’analisi degli abiti nella loro storia, percorso necessario per poterli comprendere nella loro interezza.
Vedeva il disegno come sublimazione della fotografia e la costruzione dei suoi look era concepita come un disegno in cui tutto era studiato.
Maestra indiscussa dell’abilità di trasformarsi, è stata una figura fluida, a tratti grottesca, ma sempre originale e unica.
Ha concepito la moda come sistema aperto, di denuncia delle norme estetiche, abbattendo le convenzioni che girano attorno alla costruzione estetica dell’identità, creando nuove possibilità. Con la sua presenza incarnava l’elemento perturbante, destabilizzando tutto ciò che la circondava.
Nella sua stupefacente libertà è un’icona che resterà per sempre nella memoria collettiva. È stata in grado di utilizzare l’effimero per mettere in discussione i limiti culturali del quotidiano, a volte stretti e giudicanti.
La moda è stata la sua arma capace di sovvertire gli stereotipi estetici.
Ha lasciato la terra e il suo mitico guardaroba il 7 agosto 2012, a Milano.
Nel 2016 le è stato dedicato il documentario, Anna Piaggi – Una visionaria nella moda, a cura di Alina Marazzi che, attraverso i racconti e le interviste di personaggi della moda che l’hanno conosciuta, ha intrecciato la storia del costume, delle avanguardie artistiche, del teatro e della musica, per comporre il ritratto della donna che ha saputo dare alla moda il senso più alto e profondo.
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PNO pubblica il nuovo singolo “Sexyred”: un inno contro il bullismo
Disponibile sulle piattaforme digitali e dal 20 dicembre in promozione nazionale nelle radio
Il giovane artista PNO, all'anagrafe Giuseppe Buffa, lancia il suo nuovo singolo “Sexyred”, una traccia che si distingue per il forte messaggio sociale racchiuso in sonorità accattivanti e versi sinceri. Disponibile su tutti i digital stores e dal 20 dicembre in rotazione nelle radio in promozione nazionale, “Sexyred” è stato interamente scritto da PNO e prodotto da Voonts. A prima vista, la canzone potrebbe sembrare il racconto di una vita fatta di lussi e notorietà, ma in realtà affonda le sue radici nell'esperienza personale dell'artista, fatta di esclusione e soprusi. “Con questa canzone voglio puntare il dito contro chi mi ha bullizzato e fatto sentire invisibile durante la mia adolescenza”, racconta PNO. Il brano è anche un omaggio alla resilienza della sua attuale compagna, vittima a sua volta di emarginazione. “Parlo di lei come di una Ferrari rossa, una donna che brilla di una bellezza autentica e fuori dagli stereotipi”, spiega.
Ascolta il brano:
Nel ritornello, emerge la potenza evocativa di immagini semplici ma d'impatto: “Lei ora è una Ferrari rossa che si veste con Louis Vuitton e Prada, ma resta bellissima anche senza tutto questo”. Nelle strofe, invece, PNO riflette sul valore della calma e della determinazione, allontanandosi da droghe e violenza per concentrarsi sulla sua crescita personale.
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L’artista, nato a Palermo nel 2001 ma cresciuto a Vanzago, vicino a Milano, ha trovato nella musica un rifugio e un mezzo per trasformare le sue difficoltà in arte. Artisti come Eagles, Dire Straits e Oasis sono tra le sue influenze principali, alimentando il suo desiderio di creare canzoni che lasciano il segno. Oggi, PNO non è solo un musicista, ma un modello per i giovani della sua comunità, dove trova tempo per guidare i più piccoli, condividendo la disciplina e la passione che lo hanno portato a diventare una “rockstar anticonformista”, come ama definirsi. Con “Sexyred”, PNO dimostra che la musica può essere un mezzo per affrontare e superare le sfide della vita, toccando il cuore di chi ascolta.
Instagram: https://www.instagram.com/037pno?igsh=MXB6azJtNnMxdHFhZg==
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Millepiani: ogni brano è una parte del mio viaggio personale
Millepiani è un cantautore poliedrico e capace di intrecciare la sua musica con spunti differenti, provenienti da diversi linguaggi. La sua scrittura spesso tocca vertici di complessità che necessitano di essere decodificati, per poter essere colti in tutta la loro forza evocativa: ecco perché abbiamo deciso di confrontarci con Alessandro, facendogli qualche domanda mirata a creare per voi una…
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Pr. Lucas lança ''Um Som Na Eternidade'' com composição de André Freire
Confira a novidade em https://ntgospel.com/musica-gospel/pr-lucas-lanca-um-som-na-eternidade-com-composicao-de-andre-freire
Pr. Lucas lança ''Um Som Na Eternidade'' com composição de André Freire
Clara, profunda e repleta de significado, a mais recente criação musical do Pr. Lucas, intitulada “Um Som Na Eternidade”, chegou aos ouvidos do público recentemente, trazendo consigo uma mensagem de intimidade espiritual e conexão com Deus. Acompanhada por um clipe emocionante, a música, que conta com a colaboração do compositor André Freire, é uma expressão artística da relação entre o ser humano e seu Criador.
O Pr. Lucas compartilhou sua inspiração por trás da música, revelando que o impulso para criar “Um Som Na Eternidade” veio de um desejo de transmitir a sensação de proximidade com Deus e a importância de expressar nossos pensamentos e sentimentos para Ele. Em suas palavras, a canção é um convite para que os ouvintes reconheçam que mesmo quando não conseguimos encontrar as palavras certas, Deus está sempre próximo, ouvindo e compreendendo nossos anseios mais profundos.
Confira o lançamento de Pr. Lucas:
youtube
Ouça também em sua plataforma de música favorita: https://mkmusic.ffm.to/umsomnaeternidade
Produção Musical
Com uma produção musical cuidadosamente elaborada por Josué Godo, a faixa é uma jornada de reflexão espiritual, destacando a singularidade e a beleza da comunicação entre o ser humano e Deus. Cada nota, cada acorde e cada palavra ecoam a mensagem de que nossa alma emite sons na eternidade, uma ideia que ressoa profundamente com a audiência.
O clipe que acompanha a música acrescenta uma camada adicional de emoção e visualização à experiência auditiva, capturando momentos de contemplação, adoração e conexão espiritual. Por meio de imagens evocativas e poderosas, os espectadores são convidados a mergulhar na atmosfera emocional da música e a refletir sobre sua própria jornada espiritual.
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Darking: una oscura rinascita
Cambio di direzione per i toscani Darking che tornano dopo 8 anni dal loro precedente lavoro. Abbandonate le terre del metal più classicheggianti, i nostri approdano assolutamente più oscure e dai chiari richiami sabbatiani. Reborn, questo il titolo del nuovo lavoro targato 2023, presenta una band che si muove su coordinate pachidermiche. Ritmi rallentati, suoni pesanti, voce evocativa e ottimamente inserita nel contesto. Un dettaglio né banale né scontato. L’inadeguatezza della vice avrebbe significa inficiare un lavoro degno di nota. E si. Perché Reborn si stacca dal classico disco doom per andare a prendere linfa vitale da quella che è la tradizione nostrana di musica esoterica/progressive.
I richiami sono innegabili. In questo senso il lavoro si pone su una linea di continuità di un sentiero tracciato negli anni 70 per essere trascurato. Letto in quest’ottica Reborn assume una valenza ancora superiore. Esce dalla staticità delle definizioni per entrare nel pantheon dell’espressione artistica. Poco ci vorrebbe ad inserire questo lavoro nel filone horror rock, oltre che doom. Ma sarebbe un errore. Un limitarne la portata e l’interesse. Al suo interno, sempre volanti su ali oscure, si destreggiano diversi accorgimenti stilistici che fanno l’occhiolino anche alla tradizione prog nostrana. Mettere sullo stesso piano Darking, Jacula o Biglietto per l’inferno è forse eccessivo, tuttavia dà la summa dell’impronta stilistica. A questo si aggiunge poi una vena che non può non omaggiare i DeathSS.
A livello si produzione e composizione nel disco è tutto al posto giusto. I suoni sono pastosi quanto basta per creare una amalgama avvolgente senza essere caotica. Una pece scura che tira verso abissi sconosciuti. Nelle composizioni, come accennato, si possono trovare richiami e riferimenti a stili diversi, anche all’interno della medesima canzone. Si ascolti Tower of babel, uno degli episodi meglio riusciti da questo punto di vista. Lo stesso si potrebbe dire per New Man, dove un basso in super evidenza disegna trame ritmiche inusuali su alternarsi di ritmi medi e lentissimi.
Insomma una grande rinascita e un ottimo ritorno per i Darking.
Considerando quanto fin qui detto emerge una domanda. E se, invece di utilizzare l’inglese per i testi, avessero utilizzato l’italiano? Personalmente credo che il lavoro ne avrebbe guadagnato risultando ancora più personale e sentito. Chiariamo, non è una pecca, una mancanza, è solo una curiosità per un disco di sicuro interesse. Certo, non è un lavoro di facile assimilazione. Nelle orecchie si devono già avere determinati suoni e, soprattutto, una certa propensione personale a voler esplorare territori oscuri. Magari non solo musicalmente ma anche letterariamente e cinematograficamente e non necessariamente horror.
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Di cosa parla il blues: la nuova poesia di Rosetta Sacchi. Recensione di Alessandria today
Un viaggio poetico tra musica, emozioni e la potenza evocativa del blues
Un viaggio poetico tra musica, emozioni e la potenza evocativa del blues Biografia dell’autrice. Rosetta Sacchi è una poetessa e scrittrice italiana, conosciuta per la sua capacità di tradurre emozioni e immagini in versi intensi e coinvolgenti. Nata con una profonda passione per la letteratura e la poesia, Rosetta si è affermata come una voce autentica e originale nel panorama poetico…
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Si svolgerà giovedì 14 dicembre 2023 alle ore 11.30 presso Spazio5 - via Crescenzio 99/D, a pochi metri da piazza del Risorgimento e non lontano dalla metro Ottaviano - la conferenza stampa di presentazione della mostra di sculture di Massimo D’Aiuto Orizzonti essenziali. Pietrasanta (LU) luogo di riferimento per importanti esposizioni di arte contemporanea e terra d’elezione per la scultura, dedica, nella Sala del San Leone, una personale dell’artista Massimo D’Aiuto. Oltre trenta sculture prevalentemente in marmo, bronzo, altri materiali lapidei e legno a cui si accompagnano disegni preparatori di opere tridimensionali: un percorso attraverso opere realizzate nell’ultimo decennio. Dall’ arcaismo, più evidente nei primi lavori, alle forme che rimbalzano nel contemporaneo; le fattezze di personaggi ancestrali, ai segni scanalati condotti a penetrare il mistero delle pietre, fino all’essenzialità delle forme, D’Aiuto interpreta una linea evolutiva dell’immagine scolpita. L’artista sembra raccontarci il viaggio immaginario dei suoi manufatti, figure e oggetti simbolici che forse hanno attraversato lo spazio o forse la storia: archetipi enigmatici, sorta di veicoli interplanetari biomorfi. La selezione delle opere vuole proprio percorrere l’iter poetico e formale che ha portato D’Aiuto allo sviluppo di una narrazione che va dalle suggestioni per la scultura moderna a una sintesi formale altamente evocativa. Le sculture di Massimo D’Aiuto attraversano il tempo catturando l’essenza dell’umanità, un’opportunità per riflettere sul percorso della nostra specie; migrazioni, guerre, traguardi della scienza, dell’arte fino ad arrivare ad un viaggio nel futuro. Un mondo affascinante e coinvolgente dello scultore tra bellezza e potenza. La mostra, curata da Nicola Nuti, è illustrata da catalogo con presentazione di N. Nuti, fotografie di Maurizio Riccardi, assistenza mediatica Fornaciai Art Gallery, verrà inaugurata venerdì 22 dicembre 2023 alle ore 17.00 nella Sala del San Leone, e rimarrà aperta fino a domenica 14 gennaio 2024 (orario: giorni feriali, ore 17.00 - 21.00; giorni festivi e prefestivi, ore 10.00 - 13.00 e 17.00 - 21.00. Massimo D’Aiuto - Meta di Sorrento (NA), 1952 - nasce da padre musicista, salvatosi dal campo di concentramento grazie alla musica ed al ricordo di moglie e figli. In una famiglia ricca di amore e talento, coltiva già all’età di dieci anni la passione per la scultura ed il disegno, mentre si applica anche agli studi scientifici che lo porteranno alla laurea in Ingegneria Chimica ed alla carriera di manager al vertice della Simest SpA, realizzando notevoli successi con le imprese italiane nel mondo, senza mai abbandonare la passione e la frequentazione per il mondo dell’arte. Dalle prime opere esposte a sedici anni a Napoli e premi a diciotto intensifica dagli anni ottanta l’attività artistica con mostre personali e collettive in Italia e all’estero (Stromboli, Mogadiscio, Bologna, Amsterdam, Treviso, Siracusa, Latina, Roma), fino ad arrivare nell’ultimo quinquennio anche a scenografie di spettacoli musicali dibeneficenza in importanti teatri di Roma (Teatro Ghione, Sala Umberto, Teatro Argentina). Nel dicembre 2018 Vittorio Esposito lo intervista per il magazine «Elementi», la copertina. Nel 2019, dopo anni di frequentazione di cave e maestranze di Pietrasanta, la rivista «Versilia Produce» lo intervista dedicandogli la pagina per scultori di rilievo. Nel novembre 2019 alla Biblioteca Angelica, la personale Volti Enigmi riscuote successo di pubblico e critica, intervista RaiUno, Telenorba ed interesse della stampa nazionale. Nel maggio 2020 la GNAM di Roma seleziona una sua scultura per una rassegna multimediale di opere del periodo del lockdown rigido di marzo/aprile/maggio di quell’anno. Dal 2022 collabora con la Fornaciai Art Gallery di Firenze, dove vengono esposti bronzi realizzati a Pietrasanta. Nel 2023 viene selezionato dal Comune di Pietrasanta per esporre sculture ed altre opere nella Sala del San Leone dal 22 dicembre 2023 al 14 gennaio 2024.
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Omar Pedrini in finale a Rock targato Italia 2023: ecco i vincitori delle targhe.
ROCK TARGATO ITALIA, il contest dove la musica indipendente anticonformista è celebrata e valorizzata, ha annunciato i vincitori delle TARGHE 2023 che verranno assegnate il 21 settembre 2023, alla finale nazionale che si terrà al Rock’n’Roll, a Milano.
Diciotto i partecipanti in competizione per il “Miglior Disco”, il “Miglior Singolo” e la “Miglior Rivelazione�� (sei per ciascuna categoria).
Per la selezione finale, i tre artisti che riceveranno il premio sono stati scelti dai lettori di Rock Targato Italia, attraverso una votazione online sul sito di www.rocktargatoitalia.it.
I vincitori delle “Miglior Live” e “Libro Rock” sono stati invece decretati dalla direzione artistica di Rock Targato Italia.
Francesco Setta quindi vince con “Asteroide” la targa per il MIGLIOR DISCO, Omar Pedrini vince con “Diluvio universale” la targa per il MIGLIOR SINGOLO, Battista vince con “Violenza” la targa per la MIGLIOR RIVELAZIONE, Lory Muratti vince con “Torno per dirvi tutto” la targa per il MIGLIOR LIVE e Marco Ambrosi vince con “Lo strappo” la targa per il LIBRO ROCK.
GLI ARTISTI
FRANCESCO SETTA: Probabilmente il nome meno noto fra i sei candidati per la targa come disco dell’anno. Francesco è un artista che, grazie anche alla produzione di Max Zanotti, ha saputo esaltare la propria abilità nel raccontare storie in modo abrasivo e regalare una visione del mondo densa di sarcasmo attraverso un condensato esplosivo di rock, rap, blues e molto altro.
OMAR PEDRINI: Vincitore già nel 1987, con i Timoria, della prima edizione di Rock Targato Italia, risulta vincitore nella sestina dei singoli con una canzone dall’anima smaccatamente rock, fatta di chitarre che stridono, piglio diretto e un desiderio irrefrenabile di urlare la propria verità.
BATTISTA: L’artista sembra provare un gusto particolare nel risultare disturbante e nel regalare uno sguardo cinico e tagliente sulla società contemporanea. Un cantautore atipico amante dell’elettronica distorta e del rock alternativo a bassa fedeltà, che ha affascinato col suo desiderio di mettere a nudo senza retorica gli aspetti più torbidi degli esseri umani moderni.
LORY MURATTI: E’ piaciuta l’idea di assegnare la targa per il miglior live a un artista che ha saputo comunicare qualcosa che va oltre il semplice spettacolo musicale. Per questo la scelta è ricaduta su Lory Muratti e sul suo monologo-concerto “Torno per dirvi tutto”: un’esperienza evocativa, toccante e poetica in cui il rock d’autore, il teatro e la letteratura diventano una cosa sola. Un percorso capace di emozionare e coinvolgere lo spettatore a diversi livelli, attraverso la fusione di più linguaggi e più forme d’espressione.
MARCO AMBROSI: “Lo strappo” di Marco Ambrosi è un romanzo che racconta la parabola umana e artistica di un ragazzo cresciuto con una passione sconfinata per il rock e il sogno di affermarsi come cantante. Si tratta di un lavoro prezioso per la naturalezza con cui riesce a tratteggiare umanamente il protagonista, mettendone a nudo sensibilità e debolezze, ma anche per la precisione con cui delinea l’ambiente in cui si svolge la vicenda, finendo così col diventare anche un perfetto affresco dei cambiamenti che il mondo della musica indipendente ha vissuto nell’ultimo quarto di secolo, delle sue eterne contraddizioni e dei personaggi che lo animano.
www.rocktargatoitalia.it
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"Musica e immagini" di Riccardo Rescio"
La musica evoca immagini…… Da sempre la musica sottolinea, marca, enfatizza ogni momento del nostro quotidiano fluire, è la melodia della natura, il suono, che l’uomo ha imparato nel tempo a imitare. La Musica accompagna ogni nostra emozione vissuta, legandola indissolubilmente ad essa. La capacità evocativa della musica trascende da qualsiasi volontà o determinazione e da sola ha la forza di…
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"PAIN AU CHOCOLAT", IL NUOVO SINGOLO di TIBE, ESCE IL 14 APRILE 2023
Dal 14 aprile 2024 sarà in rotazione radiofonica "Pain au chocolat", il nuovo singolo di Tibe disponibile sulle piattaforme digitali di streaming dal 31 marzo. "Pain au chocolat" è un pezzo estremamente umano. Un'infinità di immagini più o meno complesse si susseguono fino al ritornello che celebra i gesti semplici. Commenta l'artista sul nuovo brano: "Spesso si va alla ricerca della poesia in termini ambiziosi ma forse questa si nasconde, in bella vista, nell'umanità delle abitudini".
Tibe è innamorato delle parole. Si avvicina al mondo hip hop fin da piccolo ma tra i suoi ascolti Pino Daniele, Modugno e altri pilastri del cantautorato italiano la fanno da padroni. Tibe è un cantautore con influenze urban. La sua scrittura è estremamente evocativa e un'attenta ricerca delle parole rende ogni suo pezzo un susseguirsi di immagini. Dopo i singoli "Percepisco Musica" e "Un Posto al Sole", "Pain au chocolat" è il nuovo singolo disponibile sulle piattaforme di streaming digitale dal 31 marzo 2023 e in rotazione radiofonica dal 14 aprile.
https://www.youtube.com/@tibeofficial1563
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"PAIN AU CHOCOLAT", IL NUOVO SINGOLO di TIBE, ESCE IL 14 APRILE 2023
Dal 14 aprile 2024 sarà in rotazione radiofonica "Pain au chocolat", il nuovo singolo di Tibe disponibile sulle piattaforme digitali di streaming dal 31 marzo. "Pain au chocolat" è un pezzo estremamente umano. Un'infinità di immagini più o meno complesse si susseguono fino al ritornello che celebra i gesti semplici. Commenta l'artista sul nuovo brano: "Spesso si va alla ricerca della poesia in termini ambiziosi ma forse questa si nasconde, in bella vista, nell'umanità delle abitudini".
Tibe è innamorato delle parole. Si avvicina al mondo hip hop fin da piccolo ma tra i suoi ascolti Pino Daniele, Modugno e altri pilastri del cantautorato italiano la fanno da padroni. Tibe è un cantautore con influenze urban. La sua scrittura è estremamente evocativa e un'attenta ricerca delle parole rende ogni suo pezzo un susseguirsi di immagini. Dopo i singoli "Percepisco Musica" e "Un Posto al Sole", "Pain au chocolat" è il nuovo singolo disponibile sulle piattaforme di streaming digitale dal 31 marzo 2023 e in rotazione radiofonica dal 14 aprile.
https://www.youtube.com/@tibeofficial1563
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