#metti perdonare tutto
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justmythings-stuff · 2 years ago
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Anon, se riscrivi quel messaggio senza la parola con la T, lo pubblico. Altrimenti scoppia la polemica, pls 🙏
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tizianacerralovetrainer · 2 years ago
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“Tutto è amore… Tutto è amore. Con l'amore viene la comprensione. Con la comprensione viene la pazienza. E poi il tempo si ferma. E ogni cosa è calata nel presente.
L'ultima risposta è l'amore. Il quale non è un'astrazione, ma un'energia effettiva, ovvero un ampio spettro di energie, che tu puoi “creare” e conservare nel tuo essere. Semplicemente amando. E’ così che cominci a entrare in contatto con Dio dentro te stesso. Apriti all'amore. Esprimi il tuo amore.
L'amore dissolve la paura. Se provi amore, non puoi sentirti in pericolo. Poiché tutto è energia, e poiché tutte le energie sono sottese all'amore, tutto è amore.
Quando stai portando amore e non hai paura, sai anche perdonare. Puoi perdonare gli altri e puoi perdonare te stesso. Cominci così a vedere il mondo nella giusta prospettiva. Senso di colpa e rabbia sono riflessi della stessa paura. Il senso di colpa è una rabbia sottile diretta all'interno. Il perdono dissolve il senso di colpa e la rabbia. Sono emozioni inutili e dannose. Perdona, dunque, perché questo è un atto d'amore.
L'orgoglio può intromettersi, prendendo il posto del perdono. L'orgoglio è una manifestazione dell'io. L'io è transeunte , un falso sé. Tu non sei il tuo corpo. Tu non sei il tuo cervello. Tu non sei il tuo io. Tu sei molto più dell'insieme di queste cose. Hai bisogno del tuo io per sopravvivere nel mondo tridimensionale, ma hai bisogno solo di quella parte dell'io che elabora l'informazione. Il resto - tutto ciò che ha a che fare con l'orgoglio è meno che niente. Questa parte dell'io ti tiene separato dalla saggezza, dalla gioia, da Dio. Devi trascendere il tuo io e trovare il tuo vero sé. Il vero sé è la parte permanente e più profonda di te. Essa è saggia, amorosa, sicura e gioiosa.
Nel mondo tridimensionale l'intelletto è importante, ma più importante ancora è l'intuizione. Non bisogna scambiare la realtà con l'illusione. La realtà è il riconoscimento della tua immortalità, divinità, atemporalità. L'illusione è il tuo transeunte mondo tridimensionale. Dalla confusione tra realtà e illusione può nascere solo danno. Così brami l'illusione della sicurezza anziché la sicurezza della saggezza e dell'amore. Aspiri ad essere accettato quando, in realtà, non puoi mai essere respinto. L'io crea l'illusione e nasconde la verità. Per poter vedere la verità, l'io deve dissolversi.
Con l'amore e la comprensione si apre la prospettiva dell'infinita pazienza. Che senso ha il tuo affanno? Non c'è tempo comunque, se ti metti su quella strada. Quando non vivi il presente, quando sei assorbito nel passato e preoccupato per il futuro, ti spezzi il cuore e provi solo pena. Anche il tempo è un'illusione. Persino nel mondo tridimensionale, il futuro è solo un sistema di probabilità. Perché ti preoccupi così?
La terapia si rivolge al sé. La terapia è comprensione. L'amore è la terapia ultima. I terapeuti, gli insegnanti e i guru possono coadiuvare, ma solo per un tempo limitato. La direzione si trova nel proprio intimo, e prima o poi il cammino interiore va trovato da soli. Solo nella realtà vera tu non sei mai solo.
Se proprio devi, misura il tempo, non in minuti, ore e anni, ma in lezioni apprese. Se arrivi alla giusta comprensione, puoi curarti in cinque minuti. Oppure in cinquant'anni. E’ esattamente la stessa cosa. Il passato deve essere ricordato e poi dimenticato. Lascialo andare.
Questo è valido per i traumi infantili e per i traumi subiti nelle vite passate. Ma è valido anche per gli atteggiamenti, i fraintendimenti, i sistemi di credenze che si scontrano dentro di te, e per tutti i vecchi pensieri. Come puoi osservare con freschezza e chiarezza le cose se sei oppresso da tutti quei pensieri? Come fai se ti occorre di imparare qualcosa di nuovo, con una prospettiva nuova?
I pensieri creano l'illusione della separatezza e della differenza tra le cose. L'io perturba tale illusione, ed essa crea la paura , l'ansia, il dolore travolgente. Paura, ansia e dolore generano a loro volta rabbia e violenza. Come può esistere pace nel mondo se predominano queste caotiche emozioni? Sbroglia la matassa. Torna alla fonte del problema. Smetti di tornare sempre alle rimuginazioni, ai vecchi pensieri. Non pensare più. Usa, invece, la sapienza intuitiva per vivere di nuovo l'amore. Medita. Vedi come tutto è interconnesso e interdipendente. Individua l'unità, non le distinzioni. Vedi il tuo vero sé.
La meditazione e la visualizzazione ti insegneranno ad abbandonare le elucubrazioni mentali, ti aiuteranno ad intraprendere il tuo viaggio a ritroso. Avverrà la guarigione. Comincerai così a sfruttare facoltà della tua mente in precedenza inutilizzate. E riuscirai a vedere. E capirai. E crescerai in saggezza. Allora si che verrà la pace.
Anche con te stesso hai un rapporto, come con gli altri. E sei vissuto in molti corpi e in molti tempi diversi. Chiedi dunque al tuo sé perché è così pauroso. Perché hai paura di correre dei ragionevoli rischi? Hai timore per la tua reputazione, o per quello che possono pensare gli altri? Queste paure sono condizionate fin dall'infanzia o magari da epoche ancora più remote.
Poniti queste domande: cos'ho da perdere? Qual è la cosa peggiore che possa capitarmi? Sarei contento di vivere in questo modo per il resto della mia vita? Rispetto alla morte, questa decisione è davvero così rischiosa?
Crescendo, non aver paura di suscitare collera in altre persone. La collera è solo una manifestazione della loro insicurezza. Invece, temendo la loro collera, non faresti che bloccarti. Se non creasse tanto dolore, la collera sarebbe semplicemente stupida. Dissolvi la tua stessa collera in amore e perdono.
Non lasciare che la depressione o l'ansia frenino la tua crescita. Depressione vuol dire perdita di prospettiva, oblio, tendenza a dare tutto per scontato. Rendi più acuta la tua attenzione. Ristabilisci l'ordine dei tuoi valori. Ricorda tutte quelle cose che non devono essere date per scontate. Sappi cambiare prospettiva, e rammenta ciò che è importante e ciò che lo è meno. Esci dalla carreggiata. Ricordati di sperare. Ansia vuol dire essersi smarriti nel proprio io. Vuol dire aver perso i propri confini. Nasce dal ricordo oscuro di una carenza d'amore, da un sentimento d'orgoglio ferito, da una perdita di pazienza e di pace. Ricorda, non sei mai solo!
Non perdere mai il coraggio di correre dei rischi. Tu sei immortale. Nulla potrà mai ferirti.”
— Molte vite, un solo amore, Dottor Brian Weiss
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jordykii · 2 years ago
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Io posso ancora farlo, mi sono detto.
Smetterò prima o poi di aver paura di legarmi ad una persona?
Non c’è pur mai una minima possibilità che accada?
1 su 7 miliardi, 1 contro 6.999.999.999. Tu sei lì.
È come se ti conoscessi già:
Profumi di ciliegia, lo sento.
Ti piace la cioccolata fondente, la pizza e la birra doppio malto.
Non vai pazza per i film romantici, ma sai che piacciono molto a me e per qualche sera me li concedi. Metti la testa sul mio petto e ti addormenti dolcemente.
Ami profondamente la natura. La senti tua.
Dovresti vederti: cammini su questo viale costeggiato da ulivi, giri su te stessa, ridi e mi guardi.
Ami le passeggiate, il tramonto sul lago in montagna e il campeggio.
Fare l’amore sotto le stelle e toccarle con un dito.
Se dovessi descriverti con una stagione direi autunno. Hai i colori dell’acero in questa stagione. Rossissima e occhi verdi oliva.
Litighiamo sempre perché non vuoi stare mai con tuo padre, quando dovresti.
Un altro che della vita non ci ha mai capito un cazzo. Ma va bene così.
Se dovessi descriverti con un paese direi America.
Daresti la vita per lo stile college.
Sai una cosa? Ce ne andiamo a New York per Natale, sei felice?
Sei uno spettacolo quando sorridi.
Ami raccontarmi la tua giornata in studio.
Fai la pittrice e mi racconti un quadro che hai in mente e non vuoi assolutamente dimenticarti.
Ami fare tutto questo al buio, sul tuo letto, dove l’immaginazione vola, e tu con lei, nella mia mente.
Vuoi 3 figli, 2 femminucce ed un maschietto.
Elisa, Beatrice e Mattia. I tuoi occhi ed il mio sorriso.
Sono uno spettacolo, tanto quanto te.
e vorrei solo potertelo dire.
Vorrei creare un vortice spazio tempo per dirti che sto correndo a prenderti.
Che tutto questo tempo,
Tutto l’amore,
Tutti i sacrifici per le persone sbagliate,
Me li farò perdonare dedicandoti ogni minuto della mia vita.
————————————————————————
Per te continuo ad alzare lo sguardo da terra quando cammino.
Ricerco il tuo sguardo in quello di 7 miliardi di persone.
Per te visito posti nuovi, sperando di trovarti altrove.
Per te mi prende di scrivere questo alle 01:30 con un po’ di musica nelle AirPods.
Accadrà, lo so.
Purtroppo non sei qui. Ancora. Lo spero.
Per il momento però, buonanotte amore mio.
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Alle persone più importanti della mia vita, io ho associato una canzone. Non sempre gliel’ho detto, non sempre gliel’ho dedicata davvero. Alle volte è solo un ritornello che avevo in testa in un momento condiviso. Il mio migliore amico, ad esempio, per me è Those nights degli Skillet; mio fratello True love di P!nk. Beh ecco, tu non lo sai, ma per te io ho fatto una playlist intera. Ho ritrovato te, noi in troppe canzoni. Non me ne sono neppure accorta, l’ho fatta inconsciamente; senza cercarle, senza sforzarmi. Dapprima erano solamente due (Superclassico e Ferma a guardare), che ho ascoltato a ripetizione per settimane; poi se ne sono aggiunte altre, nuove, che volevo sentire subito dopo quelle. Così, in un battito di ciglia, si è creata una vera e propria raccolta.  E sai, non sono canzoni inglesi, nonostante io ami i testi stranieri, ne cerchi il significato quando mi sfugge e poi le impari a memoria per saperle cantare correttamente. Sono tutte canzoni italiane; di nuovo, è stato probabilmente il mio subconscio ad agire per me, pensando che avresti colto la bellezza e i riferimenti di quei testi solo se li avessi compresi. E visto che tanto non avrò mai modo di dedicartele, ascoltarle con te sottolineando una frase particolare o cantarle assieme, ho deciso che raccoglierò qui le strofe più belle. Ma anche quelle che sono un pugno nello stomaco ogni volta.
Superclassico, Ernia “Ora che fai? Mi hai fregato, così non si era mai sentito. Io dentro la mia testa non ti ho mai invitata. Vorrei scappare che sei bella incasinata... Ma poi ti metti sopra me e mi metti giù di forza, Sembra che balli ad occhi chiusi, sì, sotto alla pioggia. Poi stai zitta improvvisamente... Ti chiedo, «Che ti prende?» Tu mi rispondi, «Niente» Dio, che fastidio.”
Ferma a guardare, Ernia ft. Pinguini Tattici Nucleari “Poi lo facevamo forte, in piedi sulle porte Dici: «Non ti fermare» Però io guardo le altre E so che d'altra parte Non lo puoi perdonare. Sotto il tuo portone tu m'hai chiesto se ci sto A salire ed era solo il primo appuntamento. Nello stesso punto dopo mesi io ti do Dispiaceri e tu mi stai mandando via dicendo «Non mi fare mai più del male. Ora non voglio più parlare Perché non so restare Ferma a guardare Te che scendi giù dalle scale e te ne vai»”
Pastello bianco, Pinguini Tattici Nucleari “Ti chiedo come stai e non me lo dirai, Io con la Coca-Cola, tu con la tisana thai Perché un addio suona troppo serio E allora ti dirò bye bye. Seduti dentro un bar poi si litigherà Per ogni cosa, pure per il conto da pagare. Lo sai mi mancherà, na-na-na-na.”
Ridere, Pinguini Tattici Nucleari “E non ho voglia di cambiarmi, Uscire a socializzare... Questa stasera voglio essere una nave in fondo al mare. Sei stata come Tiger: Non mi mancava niente E poi dentro m'hai distrutto Perché mi sono accorto che mi mancava tutto. Però tu fammi una promessa Che un giorno quando sarai persa Ripenserai ogni tanto a cosa siamo stati noi.”
Nonono, Pinguini Tattici Nucleari “E spettinata resti qua Perché la più grande libertà È quella che ti tiene in catene. I pugni in faccia che mi dai Li conservo nell'anima Accanto a tutti i "ti voglio bene". Ieri mi sono svegliato (no, no, no) Erano circa le tre. Quando il telefono non ha squillato, Io l'ho capito che eri te. Hai detto: «Impara a vivere da solo» (No, no, no) Ma solo ci sapevo stare. La mia solitudine era un mondo magico Che io ti volevo mostrare.”
L’odore del sesso, Ligabue “Si fa presto a cantare che il tempo sistema le cose, Si fa un po' meno presto a convincersi che sia così. Io non so se è proprio amore Faccio ancora confusione. So che sei la più brava a non andarsene via. Forse ti ricordi... ero roba tua. Non va più via L'odore del sesso, che hai addosso. Si attacca qui All'amore che posso, che io posso... E ci siamo mischiati la pelle, le anime e le ossa Ed appena finito ognuno ha ripreso le sue. Tu che dentro sei perfetta Mentre io mi vado stretto. Tu che sei la più brava a rimanere, Maria, Forse ti ricordi, sono roba tua.”
Andrà tutto bene, 883 “Io e te chi l'avrebbe mai detto. Io che avevo giurato che non avrei fatto Mai più il mio errore di prendere e via Buttarmi subito a capofitto In un'altra storia impazzire per la gloria, Io no. Mi spiace ho già dato E l'ho pagato. Però sta di fatto che adesso son seduto con te In un'auto a dirti all'orecchio che Andrà tutto bene non può succedere Niente di male mai a due come noi.”
Ad occhi chiusi, Marco Mengoni “Da quando ci sei tu Non sento neanche i piccoli dolori. Ed oggi non penso più A quanto ho camminato per trovarti. Resto solo adesso, mentre sorridi e te ne vai Quanta forza che mi hai dato non lo sai e spiegarlo non è facile. Anche se non puoi tu sorridimi; Sono pochi, sai, i miracoli Riconoscerei le tue mani in un istante. Ti vedo ad occhi chiusi e sai perché Fra miliardi di persone ad occhi chiusi hai scelto me.” Sai che, Marco Mengoni “Eravamo davvero felici con poco, Non aveva importanza né come né il luogo. Senza fare i giganti E giurarsi per sempre... Ma in un modo o in un altro Sperarlo nel mentre.” Sembro matto, Max Pezzali “Il tempo si ferma quando siamo assieme Perché è con te che io mi sento bene. Voglio quei pomeriggi sul divano In cui mi stringevi e respiravi piano. Ho perso te e la mia armatura di vibranio. Sembro strano... Sembro matto, matto. Come un tornado hai scompigliato tutto, Mentre dormivo lì tranquillo a letto Hai fatto il botto, dopo l'impatto.” La paura che, Tiziano Ferro “La lacerante distanza Tra fiducia e illudersi È una porta aperta E una che non sa chiudersi. E sbaglierà le parole Ma ti dirà ciò che vuole. C'è differenza tra amare Ed ogni sua dipendenza. "Ti chiamo se posso" O "Non riesco a stare senza". Soffrendo di un amore raro Che più lo vivo e meno imparo. Ricorderò la paura che Che bagnava i miei occhi Ma dimenticarti non era possibile e Ricorderai la paura che Ho sperato provassi, provandola io Che tutto veloce nasca e veloce finisca.”
Vivendo adesso, Francesco Renga “A te che cerchi di capire E che provi a respirare aria nuova. E non sai bene dove sei. E non ti importa anche se in fondo lo sai che ti manca qualcosa. Amami ora come mai, Tanto non lo dirai. È un segreto tra di noi. Tu ed io in questa stanza d'albergo A dirci che stiamo solo vivendo adesso.”
Duemila volte, Marco Mengoni “Vorrei provare a disegnare la tua faccia Ma è come togliere una spada da una roccia. Vorrei provare ad abitare nei tuoi occhi Per poi sognare finchè siamo stanchi. Vorrei trovare l'alba dentro questo letto, Quando torniamo alle sei, mi guardi e mi dici che Vuoi un'altra sigaretta, una vita perfetta Che vuoi la mia maglietta. Che vuoi la mia maglietta. Ho bisogno di perderti, per venirti a cercare Altre duemila volte, Anche se ora sei distante. Ho bisogno di perdonarti, per poterti toccare Anche una sola notte.”
Ma stasera, Marco Mengoni “Senza di te nei locali la notte io non mi diverto. A casa c'è sempre un sacco di gente ma sembra un deserto. Tu ci hai provato a cercarmi persino negli occhi di un altro, Ma resti qui con me.”
Dove si vola, Marco Mengoni “Cosa mi aspetto da te? Cosa ti aspetti da me? Cosa sarà ora di noi? Cosa faremo domani? Potremmo andarcene via, dimenticarci Oppure giocarci il cuore, rischiare. Fammi respirare ancora, Portami dove si vola, Dove non si cade mai. Lasciami lo spazio e il tempo E cerca di capirmi dentro. Dimmi ogni momento che ci sei. Che ci sei, che ci sei.”
Venere e Marte, Marco Mengoni “Certe storie brilleranno sempre ed altre le dimenticherai. Ci sono cose che una volta che le hai perse poi non tornano mai. E se già ti dico porta le tue cose da me Non dirmi è troppo presto perché Io ti prometto che staremo insieme, senza cadere, E ogni mio giorno ti appartiene. Ti prometto che inganneremo anche gli anni Come polvere di stelle filanti. E sarà scritto in ogni testo Che niente può cambiare tutto questo. Incancellabile... ogni volta che mi guardi. Posso farti mille promesse o ingoiarle come compresse E mandare giù queste parole senza neanche sentirne il sapore. Questo mondo da soli non è un granché; sì ma neanche in due. Però con te è un po' meno buio anche quando il cielo è coperto di nuvole. E aspettavi smettesse di piovere, ma sei rimasta tutto il giorno, Io speravo piovesse più forte perché è bello riaverti qui intorno. Certe storie diventano polvere, non ti resta nemmeno un ricordo. Altre invece nonostante il tempo ti restano addosso.”
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mimanchi-it · 3 years ago
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Non riesco a dormire ci provo chiudo i miei cazzo di occhi cerco di non pensare a niente di fare come ho sempre fatto il vuoto totale ma non ci riesco ci sei tu sei sempre tu che appari come pensiero nella mia fottuta testa non riesco a dormire cazzo sento il tuo respiro il tuo battito il tuo calore vorrei solo poteri stringere forte e dirti che ti amo perché davvero non ho mai provato qualcosa di così forte il tempo passa sempre più in fretta è continuò a pensare che il giorno seguente andrà tutto meglio che ti dimenticherò ma non succede mai e sta fottuta cosa va avanti da 49 giorni…49 fottutissimi giorni ogni giorno sempre più pesante a cosa pensi quando ti metti nel letto a chi scrivi quando sei online su Instagram su whatsapp cosa guardi quando sei su tik tok a chi sono riferite quelle cazzo di storie che metti è che intenzioni hai quando le carichi ecco le cazzo dì domande che mi faccio 24 ore al giorno e sono sempre più frequenti ti stalkero gli accessi ti guardo i follower mi faccio paura da solo non mi riconosco più fingo sempre che sia tutto ok quando è ovvio che ogni giorno che passò un pezzo del puzzle del mio cuore si perde finché non rimarrà l’ultimo pezzo pensi che non ti amo e che ti sostituire per un’altra persona ma nessuna vale quanto vali tu so che ho sbagliato e me ne pento tanto non mi perdonare mai ciò ma non mi dimenticare ti prego ti aspetterò fra 1 ora fra 2 ore fra 24 ore anche fra 48 ore e 3 giorni anche una settimana o un mese se lo vorrai perché il mio cuore riesce a battere solo più per te so che non ha senso nemmeno quello che sto scrivendo è che ne ho bisogno ho bisogno di scrivere anche se tutto a caso ne ho bisogno perché sento quel vuoto che vuole essere riempito dal dolore dal male fisico ma tu sei riuscita a far sì che tutto ciò sparisca quindi non mi faccio del male perché un giorno ti ho promesso che non mi sarei mai più fatto male vorrei solo poterti scrivere, chiamarti o urlarti quanto ti amo che davvero ti amo ma non c’è la faccio ho paura di essere solo un cazzo di peso non hai idea quanto io abbia perso la mia personalità quanto io abbia perso il mio essere io perché ho capito che ero me stesso quando eri lì a farmi sentire l’unica persona che contava davvero per te che non ti interessava se arrivava quella persona di cui sono sempre stato geloso e spaventato che ti portasse via da me perché tu avevi solo i tuoi occhi i tuoi bellissimi occhi luccicanti che guardavano solo me che se qualcuno o qualcuna mi avesse fatto del male tu l’avresti uccisa quella persona che saresti scappata con me senza preoccuparti del resto non hai idea di quanto tu mi abbia reso uomo un uomo con delle vere emozioni quelle emozioni che mi hai fatto vivere in 10227 ore da quel 1 ottobre 2020 quelle stupide emozioni che non ho mai conosciuto veramente prima di te (amore, piacere, gelosia, odio, rabbia, ansia, paura) ma soprattutto amore quel amore che non ho mai provato e che mai più proverò se non per te.
Sai ho pensato al suicidio sembra stupido vero mi sento ridicolo pure io a dirlo è scriverlo ma mi sono sentito così vuoto così con il cuore in mille pezzi che volevo solo non provare più nulla davvero quei brividi quella pelle d’oca che non finisce più… ma mi pensi ancora? Mi ami ancora? Parli di me? O semplicemente non ti importa più nulla di me e mi vuoi dimenticare? Non fanno altro che dirmi la stessa cosa tutti “lei non vale nulla, sei pieno di ragazze perché continui a farci una tragedia, lei in questo momento starà già ridendo con qualcun’altro fallo anche tu e basta, ma dimenticala, vedrai che quando la dimenticherai e ti chiederemo di lei riderai di te stesso… non faccio altro che sentirmi dire questo da 35 giorni esatto da ben 3024000 secondi le stesse cose ma sai una cosa? Non mi interessa sapere che ci sono altre ragazze perché tu sei l’unica per cui continuò ad andare avanti in questa cazzo di vita e non pensavo che l’avrei mai detto ma mi sono innamorato di una ragazza che nemmeno volevo conoscere io continuo a sperare che sia destino ogni sera lo spero tanto. Ho paura e mi manchi. Perfavore dimmi che mi ami e che è stato solo un brutto sogno…💔😞
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promisesareneverpromises · 2 years ago
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Dissociazione
All'inizio quando subisci un trauma non te ne rendi nemmeno conto. Sei lì, nella tua quotidianità e te la stai passando anche bene. Dopo arriva un giorno in cui ti stacchi, ti allontani.
Capisci che riesci a vedere meglio le cose da lontano, che hai il quadro generale ed è come se aprissi gli occhi per la prima volta. Prima avevi il naso schiacciato sul muro e non vedevi altro a parte un colore bianco intenso, poi man mano che ti allontani sempre di più ti rendi conto che quel muro bianco faceva parte di una casa, che faceva parte di un condominio, che faceva parte di un città... e lì iniziano i veri problemi.
Realizzi quello che è successo, lo elabori e inizia a crescere nella tua mente, prende forma. Era solo un pensiero stupido, fatto in una giornata qualunque, sovrappensiero. Però sta lì, non si stacca, è appiccicoso e viscido come una cozza e ogni tanto ti torna in mente. E con il tempo inizia a diventare sempre più frequente e grande, inizi a passarci ore con quel pensiero fisso in testa. E giorno dopo giorno te lo porti appresso e inizia a pesarti come una palla da bowling legata al piede. E vai avanti, continui a fare le tue cose, a studiare, lavorare ma inevitabilmente torni con la mente lì. In quel punto preciso, ogni volta.
Allora cerchi una soluzione, cerchi di zittirlo, vorresti scappare. Inizi a fare cose nuove, ad andare a correre, a fare viaggi. Potresti farti anche fino al polo Nord di corsa, ma non puoi scappare da te stessa. E questa cosa ti tormenta, è come la tua ombra e ormai non puoi più farci niente per scacciarla.
Poi arrivi in una fase in cui cerchi di affrontare la situazione, non scappi più. Sei stanco e stufo e vuoi metterci un punto. Un punto nero enorme, su tutto, anche sulla tua vita quasi quasi. E lì realizzi che non capisci più niente, che confondi le cose, che non ricordi bene come o cosa sia successo. Inizi a confondere le persone, i giorni, te stessa. Inizi a comportati in una maniera che non è tua, che non senti familiare. Vai oltre gli schemi, oltre ai limiti, ti metti alla prova. Non hai più paura di niente, non c'è niente che possa toccarti in profondità. Un giorno ti alzi e ami una persona (o meglio credi) e il giorno dopo non ti ricordi nemmeno il suo nome. Ci son giornate in cui ti senti invincibile, fai un sacco di cose e diventi improvvisamente un sacco produttivo, e poi niente. Ti alzi il giorno dopo e hai il vuoto. Cosa ho fatto ieri? Cosa è successo? Perchè mi sono comportata così?
Inizi a dubitare di tutto, non hai più controllo su di te. Sei spaventato dal mondo esterno, ma soprattutto da te stesso, di quello che potresti fare 5 minuti dopo e non rendertene nemmeno conto. Cerchi di fare chiarezza nel tuo passato, cerchi di tornare lì e rivivere quelle cose e perdonarti, perdonare quello che è successo. Ma non ci riesci. Non riesci a ricordare le cose, le vedi sfuocate e confuse, non riesci a metterle a fuoco.
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myborderland · 4 years ago
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“ieri notte ho iniziato una lista delle cose che mi ha portato l'età adulta: i capelli bianchi che mescolati a quelli neri li fanno luccicare, la giusta proporzione di resistenza e resa, la lucidità sentimentale, il desiderio di fare durare le cose, perdonare e farsi perdonare, la sopravvivenza ripetuta a malattie mortali, la capacità a volte di non litigare, seattle, los angeles, new york, il nuovo messico, washington, d.c. e la prospettiva di viaggiare in tutta l'america e altrove, i libri di roberto bolaño, i motel, gli amici che ci sono da decenni e non vanno via, i ritorni, di nuovo i ritorni, l'amore come stato permanente e non avere più paura di perderlo. è una lista aperta e se metti un non all'inizio c'è anche tutto quello che ho perso. una volta parlavo con un amico di una persona, e l'amico mi ha domandato: ma di cosa sei innamorata? non avevo una risposta, e mentre la cercavo ragionavo sul fatto che la distanza tra amore e non amore è troppa, non la riempi con le cose. poi ho trovato una lettera di w.h. auden che dice: voglio una forma in cui possa nuotarci e chiacchierare di tutto ciò che voglio.”
Tiziana Lo Porto
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der-papero · 5 years ago
Conversation
Io: che c'è che non va?
M: niente. Le tue maledette zie, che mi rinfacciano che son rimasta qua con te perché si sapeva che finiva così, lo sapevano tutti, da sempre, e che non sarei dovuta partire, e che adesso mi sta bene che non riesco a rientrare. Ma io come facevo a saperlo? Quando son partita non c'era nulla, si poteva uscire, l'aeroporto era in funzione. Come potevo prevedere tutto questo?
Io: mamma, il Covid non c'entra nulla. E' che tante persone pensano di saperne di più degli altri, su tutto. Sanno meglio di te come devi vivere, come devi comportarti col prossimo, come devi respirare. Se non segui le loro regole, sei un coglione. Credi che non mi chiamino incosciente, che non mi dicano che non dovrei perdonare, che non dovrei essere più napoletano perché così poi chissà quando mi integro? Sapessi quanti ne evito ogni giorno, ma sono come le cacche dei cani, pure se ti ci metti con impegno, prima o poi ne pesti sempre qualcuna. La verità è che sei da sola con le tue scelte, anche se dovessi seguire quelle degli altri, perché nelle conseguenze spariscono tutti. Hai fatto quello che volevi fare senza danneggiare il prossimo. Che si fottano, sì, quarantena o meno. Dormici su, che non ne vale la pena.
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volareinaltoversoilcielo · 6 years ago
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Questo è delicato.
1) Descrivi un ricordo felice.
2) Quando è stata l’ultima volta che hai riso fino a farti venire il mal di pancia?
3) Hai perso qualcuno a cui tenevi? Ci pensi ancora?
4) Se potessi tornare indietro nel tempo, di quanto faresti retromarcia?
5) Qual è la parte del corpo che più ami di te?
6) Qual è la parte del corpo che più odi di te?
7) Elenca tre tuoi difetti.
8) Elenca cinque tuoi pregi.
9) Qual è stata la cosa più pazza che hai fatto nella tua vita?
10) Ti vuoi bene?
11) Preferisci il sole o la pioggia?
12) Preferisci il giorno o la notte?
13) Ti capita mai di perderti in te stesso/a? Quando capita, cosa fai per ritrovarti?
14) Hai mai fatto del male a qualcuno volontariamente?
15) Qual è la particolarità del tuo carattere che più ami di te?
16) Qual è la particolarità del tuo carattere che più odi di te?
17) Se potessi scegliere, preferiresti saper volare, saper leggere la mente o essere invisibile? 
18) Sei mai stato/a vittima di bullismo?
19) Pensi di aver mai deluso qualcuno?
20) Ti hanno mai deluso/a?
21) Se domani dovessi cambiare qualcosa nella tua vita, da dove cominceresti?
22) Si dice che le proprie camere siano lo specchio di noi stessi, la tua ti piace?
23) Se ti chiedessero sinceramente di fare tutto ciò che vuoi, ora, in questo preciso istante, cosa faresti?
24) Sei libero/a?
25) Quando è stata l’ultima volta che hai detto un “Ti amo” sincero?
26) La persona che più ti ha ferito al mondo, ti ha chiesto scusa?
27) Hai mai chiesto scusa senza essere perdonato/a?
28) Hai un rimorso?
29) Ti penti di qualcosa?
30) Sinceramente, hai qualcuno a cui racconti davvero i tuoi pensieri e i tuoi stati d’animo?
31) Riesci a confidarti meglio con chi ti conosce bene o con chi non ti conosce?
32) Ti piace di più parlare o ascoltare?
33) Ti piace aiutare gli altri?
34) Metti te stesso/a prima degli altri o gli altri prima di te stesso/a?
35) Una canzone che ti ricorda un momento felice?
36) Una canzone che ti ricorda un momento doloroso?
37) Una canzone che ti ricorda una persona in particolare?
38) Io penso al 2012 e credo sia stato l’anno più felice della mia vita, al momento. Tu? Eri felice nel 2012?
39) Pensa al passato, in generale, stavi meglio prima o adesso?
40) Una frase che ti sta al cuore?
41) Pensa al futuro, come lo vedi?
42) Penso che nessuno debba stare male, che nessuno meriti di stare male. Anche chi ci ha fatto soffrire molto, anche chi ci ha trattati male. Tu sai perdonare?
43) Quando è stata l’ultima volta che hai pianto?
44) Chi sogni di diventare?
45) Cosa diresti al te stesso/a del passato?
46) Cosa diresti al te stesso/a del futuro?
47) Hai paura di amare o pensi che sia una cosa meravigliosa, con tutti gli alti e bassi che si porta dietro?
48) Cosa o chi ti fa essere te stesso/a?
49) Bianco o nero? E perché?
50) Se ti venisse dato il libro della storia della tua vita, leggeresti la fine?
Non fatele a me le domande, rebloggate e conoscetevi🌸🍀
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ricomincerai · 5 years ago
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Tu perdoneresti un tradimento?
É un argomento troppo vasto per limitare la risposta ad un banalissimo “sí” o “no”. Sono domande a cui non puoi rispondere se non hai basi concrete a cui fare riferimento o di cui discutere. Non puoi essere totalmente giusta, in questi casi, perché poi ti capita e metti in discussione tutto ció in cui credi, tutto ció che credevi fosse “giusto” o “sbagliato”.
Dipende dal tipo di tradimento, dal ruolo che ha quella persona nella mia vita, dalla capacità che avrei in quel momento di accettarlo: sta tutto lí, il difficile, nel credere che basti dire “io ti perdono” per riuscirci davvero. Quando poi, alla fine, se non hai la forza di superare (e non solo accantonare), rischi di distruggerti e distruggere tutto.
Mi é capitato di perdonare, cosí come di pensare che “se fosse stato un altro” non l’avrei mai perdonato. E poi é arrivato “l’altro” e addirittura ho desiderato tradisse la mia fiducia solo per poter ammettere che non me ne fregava nulla. Anni fa, credevo che si tradisse solo per non amore, che il tradimento fosse una prova inconfutabile del fatto che quella persona non tenesse a te. Poi ti accorgi che non dipende da quando le persone “ci tengano”, ma da quanto meritano l’amore che puoi dargli. C’é chi tradisce solo per dimostrarti di essere spregevole, di poterti ferire, di non potersi controllare, mentre invece é solo un altro che non é in grado di starti accanto. Oggi so che anche i piú innamorati possono tradirsi e perdersi. É tutto relativo. Soggettivo. Personale.
Sicuramente non perdonerei l’omissione, ad esempio. Ho bisogno della verità come dell’aria per respirare. E poi, sono da sempre piú preparata ad affrontare la realtà dei fatti, che le stronzate (anche perché le sgamo subito).
Te l’ho detto, tutto dipende.
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uds · 5 years ago
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il mostro
(sistemando vecchi indrizzi mail -non fatelo, mai- ho trovato un racconto breve di una decina di anni fa che avevo completamente rimosso dalla mia memoria credo dai tempi in cui ancora il non plus ultra della comunicazione sociale era msn messenger, non so neanche se lo avessi mai messo qua o da altre parti in precedenza; comunque sia, lo incollo qua sotto)
Guidare annoiati è come essere all’inferno, con la differenza che se non altro all’inferno non devi stare attento alla strada.
Non sono mai riuscito ad ascoltare dischi interi in auto, già dopo tre o quattro canzoni di fila perdo la pazienza e comincio a rovistare nel cruscotto per scegliere il prossimo cd masterizzato da maledire venti minuti dopo. Ho bisogno di parole, discorsi, chiacchiere per non impazzire, specie quando mancano ancora centosettanta chilometri ed entrambe le corsie sono bloccate dalla geniale idea del camionista che fa gli ottantasette all’ora di superare quello che si tiene, più prudentemente, sugli ottantasei. Il problema è che sembra che questo venerdì pomeriggio tutto l’etere si sia messo d’accordo per trasmettere soltanto irritazione, e quando la punta del tuo indice diventa un calco del pulsante per mandare avanti la frequenza capisci che forse è ora di spegnere tutto e lasciare che a non farti pensare sia il fischio di sottofondo del motore lasciato andare a troppi giri.
L’asfalto scivola sotto la carrozzeria a centoventi all’ora, per poi esser sputato fuori dallo specchietto retrovisore. Ancora un’ora e un quarto buona di strada. Quella storia che a volte ti penti di non aver mai iniziato a fumare giusto perché almeno avresti qualcosa da fare in momenti come questo.
“Tutto bene, no?” chiedo, senza staccare gli occhi dalla A4, tentando la conversazione come misura estrema prima di arrendermi al tramonto sulla Pianura Padana. A passare troppo tempo in mezzo a un paesaggio del genere cominci a credere che al centro del Sistema Solare non ci sia una stella, ma che tutto giri intorno ad una complicata costellazione di capannoni. E troppo tempo è stato più o meno tre uscite fa.
Il mostro mi guarda con la sua solita faccia beata dal sedile del passeggero, senza confermare né smentire. Sta lì, come al solito. Lascia penzolare le gambette sopra il tappetino e si gode il viaggio con gli occhi socchiusi e le labbra incurvate nella sua posa pigramente soddisfatta.
Sospiro, dichiarando ufficialmente la mia resa alla noia grigioverde che assedia i finestrini. “Metti almeno la cintura.”
Non si muove di un millimetro, nemmeno per annuire. Non avendo il collo, è qualcosa che gli si può perdonare, suppongo. Rimane lì a fissarmi nel suo colore radioattivo da fumetto, le mani appoggiate sull’addome, le dita incrociate.
Non che mi aspettassi davvero una risposta, sia chiaro. Non sono pazzo. Beh, non attualmente. Magari il giorno in cui inizierà a rispondere sarà il caso di farsi qualche domanda, ma al momento posso dirmi sufficientemente sicuro che non sia nulla più di un semplice gioco tra me e me o, se preferite il finto gergo da psicanalista dei telefilm, un costrutto della mia mente. Un costrutto neanche troppo originale, a dire il vero, dato che è praticamente Slimer, quello dei vecchi cartoni dei Ghostbusters, con in più un paio di gambette rachitiche. Quella storia che la televisione ha distrutto la fantasia alla mia generazione.
Non ha nemmeno un nome (o, meglio, non ha un nome pronunciabile nella nostra lingua, dato che arriva da un’altra dimensione)(sì, sto scherzando). Semplicemente, c’è sempre stato, sin da quando ero bambino. A nove anni non riuscivo a dormire per paura di un compito in classe, lui rimaneva imbambolato a fissarmi dalla sedia dove mia madre mi preparava i vestiti per il giorno dopo. A diciotto, con l’orale della maturità a tre giorni di distanza, continuavo a rileggere la stessa frase un migliaio di volte dimenticandola ancora prima di arrivare al punto, e lui era appollaiato sulla scrivania che ondeggiava leggermente al ritmo dei miei vaffanculo. Durante la tesi ha praticamente vissuto sulla tastiera del mio computer, e non era facile spiegare ai miei che, se non ero riuscito a scrivere nemmeno una riga in sei ore, era perché c’era una creatura inesistente che si rifiutava di togliersi dai tasti.
(Scrivevo un messaggio per dirle buonanotte, ti amo, lei rispondeva soltanto notte e lui era dietro la mia spalla destra per avere una visuale ottimale del display del cellulare. Che già era un casino giocare decentemente a Snake 2 con qualcuno che mi guardava, figuriamoci accettare che stava andando tutto a puttane.)
È tutta una questione di che parte del tuo corpo è stata scelta dal destino per somatizzare e tormentarti, almeno fino al momento in cui gli acciacchi si distribuiranno uniformemente in tutto il tuo organismo e sarai pronto per essere uno di quegli anziani che rendono le giornate in sala d’attesa dal dottore la cosa più prossima all’infinito che un essere umano possa sperimentare in questa vita. C’è chi l’ansia, la preoccupazione, quel senso di totale e completo oh, cazzo li sente nello stomaco, chi nelle meningi, chi nell’intestino, chi nei nervi.
Io me li sento nell’immaginazione. Un metro e qualcosa di bozzi, sorriso e rotoli di ciccia alieni. A volte mi chiedo perché qualcosa del genere mi succeda solo con le cose brutte, perché non possa avere una presenza costante che mi segnali che stanno per arrivare momenti migliori. Quella storia che uno è destinato a venir su pessimista.
Ancora adesso, quando ho una presentazione importante il giorno dopo è a lato dello schermo del portatile che si gode le mie bestemmie a Power Point. Se esco di casa in ritardo lo trovo già steso sul corrimano delle scale per non perdersi il probabile spettacolo di me che inciampo e finisco a rotolare per due o tre rampe.
E ora è qui, accanto a me, perché sa benissimo che domani
Eh.
Poi c’è il casello, poi ci sono solo provinciali, comunali, vialetto, saluti.
A cena mio padre risolve l’indovinello finale del programma di rai uno, e quello più o meno è il momento più eccitante di tutta la faccenda. Mi fanno le solite domande su come sta andando, stando bene attenti a non scendere troppo nei dettagli. Confeziono le risposte con cura per non creare nessun tipo di preoccupazione, e li osservo mentre le assorbono con un certo sollievo e un cucchiaio di piselli in più, lieti di poter passare ad altro. Essere cresciuto in una famiglia in cui la comunicazione interpersonale è considerata un disagevole equivoco rappresenta un vantaggio non indifferente, a volte.
Dico ai miei che no, non credo di uscire. Sono stanco per il viaggio, vado a letto presto che tanto vedo tutti domani. Uno, due, tre sms per ripeterlo agli altri, rimbalzare le insistenze. Sì, sono sicuro. Grazie lo stesso, davvero. Ciao.
Il mostro si guarda intorno sul letto, seduto sopra il pigiama ben piegato che mi aspetta sul cuscino. Erano mesi che non vedeva camera mia, e ora rotea gli occhietti su ogni angolo, superficie e poster di questi dieci metri quadri scarsi, come quando vai a votare alle tue vecchie scuole elementari e cerchi di raccattare i ricordi di quei tempi da ogni piastrella.
“Bravo. Se te gà da ‘fondar, se no altro che sia dentro l’oceano.” Era successo che ci eravamo lasciati. Non l’avevo presa bene. Non l’avevo presa in nessuna maniera, in realtà. Avevo smesso di voler pensare e la soluzione più immediata era stata concentrarmi sugli ultimi esami che mi mancavano prima della  laurea. Credo che per qualche mese studiare sia l’unica cosa che abbia fatto con regolarità maniacale, al contrario di altre attività secondarie come l’uscire con gli amici, il radermi, il lavarmi o, non so, il parlare. Avevo scoperto che, da un certo numero di pagine al giorno in poi, le formule diventano una specie di mantra che ti occupa la testa durante il giorno e ti stanca quel che ti basta per affrontare la notte. Arriva un certo punto in cui addirittura credi di averla superata.
La prima volta che l’avevo rivista avevo finto di dover telefonare ed ero tornato a casa a vomitare anche l’anima, col mostro che lasciava penzolare le gambe a cavallo del bidet. Quella storia che a pensare positivo sei sempre due passi indietro rispetto a dove credevi di essere.
Dopo un paio di colloqui in cui avevo simulato con successo una certa voglia di responsabilità, mi avevano offerto un lavoro a Milano. Sette provincie e tre ore e mezza di auto più in là. Sembrava una buona idea. Quando l’avevo detto a mia nonna lei mi aveva abbracciato e risposto così, nel nostro dialetto fatto apposta per odorare di terra e parlare di sbagli.
Bravo. Se devi affondare, se non altro che sia dentro l’oceano.
Convinta di aver un nipote ambizioso, deciso a farsi un nome in una città grande duecento volte la nostra. O, forse, abbastanza esperta di mostri per avere il buon cuore di fingere che fosse così.
(Il sonno che non arriva fino alle quattro. Alzarsi con il mal di testa, mia madre che mi porta un succo alla pesca per colazione, con la cannuccia infilata già dentro, come non fossero passati più di vent’anni. Vestirsi e sentire la giacca tirare sotto le braccia, a livello dell’anima.)
“Mi spiace che tu non sia riuscito a venire all’addio al celibato”, mi dice Marco stringendo leggermente la mano sulla mia spalla sinistra. “Anche a me, gli altri mi hanno raccontato come è andata e mi sono mangiato le mani. È che al lavoro in questo periodo è un casino, è già tanto se son riuscito a prendermi questi due giorni”, mento. Prova a chiedermi qualcos’altro, ma viene afferrato per il gomito dal testimone e portato in chiesa perché, senza nemmeno qualche tradizionale minuto di ritardo, sta arrivando la sposa. Resto fermo sul sagrato, superato da amici e conoscenti che mi lanciano domande e bonari rimproveri in serie, come una catena di montaggio di convenzioni sociali che è inevitabile attraversare quando è un sacco che non ti fai sentire, è un sacco che non ti fai vedere, è un sacco che non ti trovo su Facebook. Lavoro. Impegni. Scuse improvvisate che migliorano e si arricchiscono di dettagli ad ogni nuovo giro. Ancora, e ancora. Finché, finalmente, arriva l’auto della sposa, che lascia scendere con una certa fatica un abito ingombrante dentro al quale si muove solenne un fascio di sorrisi tirati, lacca e trucco attraverso il quale riconosco Anna. La portiera si richiude svariati secondi dopo, lasciando srotolare con calma i commenti delle invitate e lo strascico bianco. Applausi mentre attraversa il sagrato, i tacchi che sopravvivono con qualche difficoltà ai cubetti di porfido. Qualcuno con l’occhio già lucido. Luca che progetta una maniera per saltare la celebrazione, cercando in giro un bar adatto e gli invitati giusti a cui scroccare minuti e sigarette. Sto per seguire la massa attraverso il portone quando vedo il mostro alla fine dello strascico, che si lascia trascinare come fosse Trinità. Non ho bisogno di chiedermi perché sia lì. Alzo lo sguardo sopra la sua espressione ridicolmente beota e la vedo in coda tra gli invitati, parlare con un’amica mentre scende gli scalini del duomo, ridere. Sembra felice. Sembra lei. Nonostante la capigliatura troppo elaborata, tutto quel trucco di cui non avrebbe bisogno, un vestito che è un incarto di caramella che le lascia libere le spalle. Quelle spalle. Quel neo. Non sono pronto. Cazzo, non sono pronto.
Corro dietro a Luca, che mi circonda le spalle con il suo braccio destro mentre acceleriamo il passo verso il bar. Magari entro a cerimonia già iniziata, ecco.
(Essere seduti a tavoli diversi, finire occhi negli occhi per qualche secondo di imbarazzo infinito. Alzare una mano, provare un’espressione gentile ma riuscire solo in una smorfia poco convinta, per nulla efficace. Non aver pensato a cosa dirle, non aver pensato a cosa potrebbe volermi dire lei. Non volerci pensare tutt’ora. Qualcuno che si azzarda a chiedermi se l’ho più sentita, se sto bene, se mi vedo con qualcuna e un altro miliardo di se che dribblo come posso. Mai stato un gran calciatore. Andare a salutare qualcuno al suo tavolo e far finta di niente. Girare lo sguardo un attimo troppo tardi quando si alza e attraversa il mio campo visivo. Capire che se n’è accorta. Guardare l’orologio. Controllare il cellulare ogni sei minuti netti, pregando in una telefonata di lavoro il sabato pomeriggio.)
Il mostro si gode beato antipasti, primi e secondi gentilmente offerti dal mio sistema nervoso.
Nel giardino sul retro del ristorante ci sono due altalene e più suv di quanto la media nazionale potrebbe far pensare. Mi siedo sulla tavoletta di plastica nera e ondeggio leggermente, la fronte imperlata di sudore appoggiata a una delle due catenelle di sostegno, a elemosinare quel po’ di frescura che pochi centimetri di metallo possono regalare. Dentro c’è troppo movimento, troppo alcol, troppo casino, e i principi della termodinamica non perdonano. Sotto i portici, lontano da me, invitati che chiacchierano, fumano, si scattano fotografie. Il musicista ben pagato per intrattenere gli invitati si prende una pausa davanti alla fontana all’ingresso. Tra poco qualcuno comincerà a ringraziare gli sposi, rassicurandoli sul fatto che è stato tutto perfetto, e si avvierà verso casa a smaltire la giornata. Sull’altalena accanto il mostro si gode la brezza e le poche stelle che le luci dei lampioni ci concedono. Chissà da quanto era qui fuori ad aspettarmi. Alzo la mano verso di lui, reggendo un bicchiere immaginario, e propongo un brindisi. “A noi due, vecchio. Ce l’abbiamo quasi fatta anche stasera.”
“Parli da solo, ora?”
La voce le esce meno sicura e sarcastica di quanto vorrebbe, la conosco ancora troppo bene per non accorgermene, ma il cuore salta un battito lo stesso. Il fatto che io non riesca a pensare a una risposta più intelligente di “ciao” conferma, come se ce ne fosse bisogno, chi sarà sempre nella posizione di vantaggio tra noi due.
Si avvicina senza fretta. Una ciocca di capelli fuori posto che le balla davanti a ogni piccolo movimento del capo, accarezzandole le labbra. Quelle labbra. Neanche tutto il rossetto del mondo potrebbe renderle diverse da quelle che ho imparato a memoria. Un altro passo ed è a cinque metri. I nostri sedici anni. Ancora un passo e siamo ai diciassette, al nostro primo bacio. Avanti veloce, correre attraverso i ricordi dei diciotto, diciannove, venti fino a rallentare all’altezza dei ventitré, ventiquattro, venticinque. La scarpa destra che affonda leggermente nell’erba ben tosata. Fermarsi con una pugnalata in mezzo al petto ai ventisei. Le nostre domeniche pomeriggio. Le nostre voci sotto le coperte. I nostri progetti, Cristo santo. I sabati sera promessi agli altri e poi tenuti solo per noi. Scegliere i nomi da dare ai figli che avremmo avuto, un giorno. Il suo basta. Fingere che fosse anche il mio basta. L’ultimo passo. Non riuscire ancora a far passare dell’aria sensata tra le corde vocali.
Ora è a portata di far male, e ancora non so dove vuole arrivare. Ci sono i suoi occhi e c’è tutto il resto che un po’ alla volta diventa soltanto una macchia sfocata. Giardino. Auto. Invitati. Voci. Il mostro le cede l’altalena al mio fianco -vai a fidarti degli amici- e si allontana tranquillo verso la confusione. Alla fine allora riesce a camminarci, su quelle gambe. Lei si sistema per quella che sembra una vita intera. Inspira profondamente e chiude gli occhi, poi lascia andare in un colpo solo l’aria e mi guarda in un modo che ho paura di riconoscere. Non sorride, ma la conosco troppo bene per non sapere che sta morendo dalla voglia di farlo.
Perfino i grilli adesso rimangono in silenzio. Siamo solo io, lei e tutto l’oceano di ricordi, scazzi, convinzioni fatte a pezzi e foto scattate mille volte per esser sicuri che vengano bene che c’è stato tra di noi.    
Se dobbiamo affondare, se non altro.
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leeloo24 · 5 years ago
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Ti prego Gesù, dammi la forza per vivere, toglimi questo dolore che tanto preme in me, togli ogni pensiero che mi logora l anima, che scava dentro me che toglie il mio respiro, dona calma e pace al mio cuore che tanto brucia dal peso della vita, aiutami a capire perché continuo a sbagliare, e ancora e ancora nessuno mi ami, insegnami la compassione e fiducia in me, perché ancora respinta dall'amore, colei che tanto ho dato ma mai mi è stata vicino. Seme piantato dalla nascita, io ho fatto crescere in me ed altri, ma estirpata ancora una volta solo perché non mi spetta. O Gesù, divino maestro, tu che mi hai dato la possibilità di vivere e redimere i miei errori passati, fammi la grazia di aver modo di respirare, di non annegare balia dagli eventi, di poter sopravvivere al peso che mi porto da vite e vite. Dona sollievo alla mia carne, stremata a terra, senza riuscire a rialzarsi. Dona la grazia ti poter ancora aprire il mio cuore, perdonare me stessa perché ancora ho fallito, da chi amavo. Gesù, ti supplico, vorrei essere felice e non soffrire cosi tanto per mano di altri, vorrei non essere respinta, ma amata. Ho dolore in me, soffro. Lascia che io torni da te, metti fine alle mie sofferenze, tutto questo non lo reggo più. Abbi pietà dei miei pensieri, stanchi dal compito che mi hai dato, non sono in grado di andare avanti. Ti prego lasciami scivolare dalla vita. Anche nei sogni sono tormenti di cuore, non ho modo di spegnermi in nessun modo. Fallo tu, prego il giorno di camminare nel prato verde e non ricordare il dolore vissuto.
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seinellanimasempre · 5 years ago
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Arrivata a casa circa adesso, sfinita. Ma quanto ne è valsa la pena...vederti così felice, circondata da tutte le persone a cui vuoi bene mi ha riempito il cuore di gioia. E lo rifarei anche adesso, solo per vedere ancora quegli occhi splendere così.
Fino a un’ora fa era il tuo compleanno, trovo il tempo solo adesso per scrivere due parole qua.
A te, che ogni giorno ti guardo e ringrazio la vita di averti accanto...non smetto mai di meravigliarmi, a volte mi sembra tutto così bello da essere solo immaginato.
A te, che mi hai insegnato a voler bene...e Dio, quanto te ne voglio. E me ne accorgo sempre di più ogni giorno che passa, io sono felice se vedo te felice.
A te, che con la tua corazza tieni lontano tutti ma che con me non metti mai...e sei così piccola a volte, così fragile, che vorrei solo proteggerti, stendermi accanto a te e accarezzarti i capelli finché non ti addormenti.
A te, e a tutte le nostre notti dove siamo state io e te, così vere, profonde...complici.
A te, e a tutti i nostri piccoli grandi momenti
Alla nostra quotidianità
A quanto mi manchi quando non ci sei
Ai tuoi sorrisi, alla tua tenerezza e anche a quando sei stronza, perché dopo ti penti, e torni per farti perdonare
Grazie...che poi non è niente
Non bastano mai le parole per dire quello che sei per me
Sii felice, sempre...e finché vorrai sarà bello essere felici insieme
Buon compleanno luce immensa della mia vita
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dudewayspecialfarewell · 5 years ago
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Roll the dice, puntata 3
Sopporto i seguenti sette chilometri per tornare a casa con rassegnazione, chiacchierando con Rob perché Felicita non è andata giù la storia che quel suo gesto non mi sia piaciuto. Arrivati a casa sono stanco e mi butto nel netto in attesa di ciò che mi è stato promesso per mesi. Avrei dovuto capire che quel tentativo di Felicita di fuggire dalla nonna morente in vacanza non avrebbe fatto nient'altro che ricordargliela, ma bruciavo di desiderio, non resistevo, e lei non capiva che nella solitudine della mia camera  quelle promesse d'amore erano state per me le parole di un angelo alle quali aggrapparsi per sopportare il dolore ed avere un minimo di forza di volontà durante gli esami.  Felicita non aveva fatto altro che dirmi almeno una volta al giorno che voleva fare l'amore con me, innescando una sorta di processo di odio e amore che provavo verso chi mi prometteva tutto, senza poter darmi di fatto niente, data la distanza, il che sfociava per me sempre in una serie di seghe che riuscivano a calmarmi e farmi procedere negli studi. Ma la figa era la sua, e io non potevo farci niente. Rimasti soli, non succede nulla di ciò che era stato promesso, ci sono solo tante coccole e una sega, nulla di più, a quel punto inizio a  pensare che Felicita non m' ama più. Questa e mille altre umiliazioni che ho dovuto sopportare avrebbero reso necessarie almeno un paio di battute per giustificare quel comportamento e invece niente, solo rabbia da parte sua. Io dovevo perdonare per forza. Ma dove sta scritto che un amante debba mandare giù tutta la merda del mondo all'infinito? Questo non è dato sapere.
L'indomani ci svegliamo in tarda mattinata, verso le undici e tre quarti, le sue tette mi fanno ombra, ha una quarta di seno, sta guardando svogliatamente la home di Facebook dallo smartphone, con la faccia morta. Dio quanta invidia, lei ha internet e lo da per scontato, io no. Resto nel letto a coccolarla tentando un approccio mentre lei mi scansa. Poi entra Lataika, e inizia a preparare il pranzo, io vado in terrazzo a fumarmi un sigaro. Le guardo preparare il pranzo, mentre nella pentola per dieci persone l'acqua fatica a bollire,  puliscono l'insalata tirando dietro di loro i resti di quella. Mettono in tavola dicendo "Ne abbiamo fatto in più per te, così non ti arrabbi". Era un pranzo triste, pieno di tensione, potevano evitare di rinfacciarmelo,  loro buttavano via decine di euro nei bar la sera, e io per poche decine di centesimi venivo accusato di mangiare troppo. Essere stronzi è facile, e sorridere agli stronzi è un passatempo che non mi toglierò mai. I piatti e la cucina devo pulirli io, o meglio avrei dovuto pulirli insieme all'altro ragazzo ma era un'umiliazione tropo grande da  dividere in due: ci sono resti ci caffè, insalata e polvere per terra, negli spazi angusti di quella cucina, tre metri per due, sbatto in continuazione con la scopa, metto su i Tool per calmarmi e far sembrare la cosa un po' più piacevole, ma resta una merda. La pentola per dieci persone devo lavarla in piedi sopra una sedia e poi scendo per finire a sciacquarla, il portafrutta-scolapasta mi consuma ettolitri d'acqua, è come dover sottostare alla loro stupidità in silenzio, loro c' hanno messo mezz'ora a cucinare il pranzo, io tre ore a pulirne le conseguenze. Lataika e Felicita restano tutto il pomeriggio a chiacchierare, vogliono guardare la televisione ma non funziona, io vado al mare, mi tuffo in acqua che dopo la mareggiata è diventata torbida piena di meda fuoriuscita dalle fogne e legna che la marea ha guadagnato chissà dove: sembra di nuotare in un immenso fiume pieno di merda, esco dall'acqua e mi stendo al sole sopra un tombino di cemento armato, di fianco all'acciottolato della strada e rimasto lì, mi addormento finché non vengo svegliato dall'odore di piscio che emana quella lastra di cemento sotto al sole, riprendo le scarpe e la maglietta e torno a casa, mi faccio una doccia, che Lataika commenta con un  "Almeno ti lavi!". Uscito dalla doccia gli altri stanno discutendo su cosa fare la sera, io penso che il giorno dopo avrei dovuto inviare un racconto per mail  e non avevo la Wi Fi. Decidiamo di fare un giro in centro, così mi sorbisco altri sette chilometri a piedi, Felicita non mi vuole parlare, è arrabbiata per il mio comportamento negativo in vacanza, parlo con Bob di non ricordo cosa. Dovevo aver bevuto molto quella sera a cena perché non ricordo niente, ricordo solo il freddo, lo sguardo cattivo di Felicita, Bob Lataika e Felicita che bevono al tavolo e che cercano di darmi dei consigli per il racconto che devo scrivere per un concorso, consigli che poi verranno bocciati dal banditore del concorso, ricordo il freddo, ricordo Felicita che mi fa una sega sotto le coperte, ricordo che voleva un po' di coccole ma ero stufo di lei e del suo modo di fare, per così appena venuto mi addormentai con lei al mio fianco infuriata.
Ecco il motivo per cui sto dedicando questa domenica a rileggere questo scritto dopo almeno sei anni : loro provano ad accettarmi a modo loro, o almeno a tollerarmi, ma io non la sento questa accettazione. Di notte la guardo dormire e  scrivo su un pezzo di carta "Ti chiudi muta, alla speme vuota e preghi che una carezza venga a svegliarti dal tuo immobile sonno. Non ricordo più il volto della delicatezza, ma trema la mia mano quando la cruna della matita sfiora, immergendosi nel foglio”. Il giorno dopo mi alzo presto, verso le sei del mattino, Felicità si sveglia e non vuole che vada, ma alla fine mi lascia fare. Faccio colazione con un bicchiere di Rum, e m'incammino con il computer in borsa verso un bar con la Wi Fi che avevo visto il giorno prima, dopo quasi nove chilometri lo raggiungo, completamente distrutto, entrando ordino un pezzo di pizza e aggiungo "Ti prego, la Wi Fi!" invio il racconto il più corretto possibile per non ricevere riscritture dell'ultimo momento da fare, notifiche e uso di internet non mi sarebbero state concesse, non da Felicita almeno che passava due ore al giorno a guardare la home di Facebook. Io le dicevo “Ma se tu carichi una foto se ti metto un pdf dentro il cellulare, e il pdf pesa meno di una foto, che problemi avresti a inviarlo? Lei rispondeva che il suo cellulare si sarebbe bloccato, ma se ogni giorno carichi file più pesanti come le immagini, come fa il cellulare a bloccarsi con un file più leggero? Misteri della fede. Torno a casa, loro preparano il pranzo ed io pulisco come il giorno prima, il pomeriggio decidiamo di andare al centro commerciale, Lataika finalmente prende la macchina. Mentre andiamo al centro commerciale chiedo a Felicita “Perché non porti gli occhiali?”, mi risponde “Per sembrare più bella”. Felicita credeva che potesse risolvere ogni nostro problema con le seghe, illusa, ci sono anche i pompini nella vita. Arrivati al centro commerciale Bob commenta una macchina da ventimila euro dicendo “Vorrei tanto fosse la mia macchina", mentre io penso che vorrei ventimila euro, ma devo essermi scoperto perché Bob mi guarda male. Implicita nel mio pensiero l’idea che io sappia spendere i soldi meglio di Bob. Dentro il centro commerciale io e Bob restiamo due ore dentro la libreria, imparo a memoria tutti i titoli dei libri presenti e compro un libro su Napoleone, vado a fumare e con Bob decidiamo di andare a fare la spesa, compriamo birre di qualità, gelato e altre cose. Le ragazze dopo aver visto la spesa vogliono pagarne solo la metà, "Il gelato non lo pago oppure si se stasera ci facciamo cena.... tu che dici Felicita?" Mi lasciano lì e tornano a fare le loro compere, mi butto sotto in bancone dell'ufficio assistenza e inizio a tentare di collegarmi col telefono alla Wi Fi del posto, senza riuscirci. Io a Giugno avevo risparmiato sull'unghia cinquanta euro, stando in una camera  che faceva ventotto gradi di notte e trentaquattro di notte, soffrivo d'insonnia e non avevo i soldi per curarmi, stavo sveglio ventisei ore al giorno, poi svenivo per quattro e ricominciavo da capo con vomiti, ansie e capogiri che mi facevano vivere dei momenti di vuoto terribile, avevo bucato una pipa a fumandola sei volte al giorno con due grammi di tabacco per volta. Felicita aveva vissuto in una situazione diversa ma non aveva dovuto fronteggiare questo, le avevo già dato trenta euro tra regalie di vario genere. Lei ritorna dallo shopping dopo aver speso tutti i soldi che aveva ricevuto in più per la vacanza con un costume da mare e un orrendo paio di scarpe. Non è per tirchieria, se dici d' amare una persona non ti metti sempre in condizione d'aver bisogno di soldi e risparmi, e se hai qualcosa non devi dividere tutto a metà, ma un ovetto Kinder o un libro ad un euro fanno capire che apprezzi il gesto, lei non ci pensava, diceva " Ho pensato di regalarti una maglietta l'altra mattina", io con il pensiero di una maglietta non ci curo l'insonnia. Quella sera usciamo a fare due passi dopocena e rincasiamo presto, poi ognuno in camera sua, ricordo che appena a letto chiedo a Felicita d'indossare il bikini, si rifiuta, e iniziamo a parlare della nonna che sta male. Cerco di dirle che è normale riconsiderare un parente prima della morte, lei due anni prima mi aveva confessato che non gliene fregava niente di lei, in quell' anno però l'aveva riconsiderata venendo a sapere tutto ciò che aveva fatto per Felicita, e non voleva che morisse adesso che i loro rapporti potevano cambiare. Una sera ero a casa sua, lei risponde al telefono ed era la nonna, lei le prometteva di andare al mare, di mangiarsi una pizza insieme, non gli piaceva farsi sentire debole, dopo un quarto d'ora chiuse la chiamata. La morte è inevitabile, purtroppo l'idiozia pure, non si può pensare di riuscire di realizzare la morte di una persona cara anche se si sa che morirà, questo è un dolore, è una mancanza con la quale bisogna imparare a convivere,  tra l'irrazionale e l'umano. Nessuno era capace di dirle una cosa del genere, e lei se ne sbatteva di ciò che dicevo io. Lei piange a dirotto e io la sto per cingere a me quando entra Lataika, che la vuole consolare, la strappa da me e lei si butta tra le sue braccia, la fa calmare ed inizia a giocarci a carte.
Per qualche motivo prendo il fatto che le mie parole vengano ignorate in quel momento come un’offesa personale, ma ancora non só se possa essere considerata un’offesa. Forse il fatto di togliermi dal centro dell’attenzione mi da qualche problema, fatto stá che Felicita mi ama e allo stesso tempo si sente meglio giocando a carte con Latakia e non pensandoci troppo.
Chiedo a Lataika cosa sia successo per vedere se c' ha capito qualcosa , mi risponde "È tutto apposto". Ci corichiamo di nuovo, io non riesco ad addormentarmi senza una sega, la chiedo a Felicita che è così gentile da farmela, ci coccolammo un po ' , penso di vuotare il sacco, lei non vuole sentire ragioni, dice che vuole Lataika, che le manca il padre. Mi sembra  ovvio a questo punto che questo genere di bestie viva in funzione di un gruppo con strette regole. Io non c'entravo niente con quella gente. L'indomani io e Felicita litighiamo, urliamo come forsennati, inizio a farmi le valigie, Felicita mi dice "Tu non sai cosa vuol dire essere poveri!". Mia madre da piccolo  mi picchiava  per lo stress da lavoro, mio padre pur essendo dottore si arrangiava facendo l'imbianchino, credo di essere stato il primo a vivere una situazione disagiata, se non  agli estremi economici, sicuramente psicologicamente.
Solo che io come i miei ci siamo dotati delle armi per uscirne, abbiamo fatto sacrifici e ce l’abbiamo fatta. Quindi si, so cosa vuol dire essere povero, ma faccio di tutto per non restarci. A due anni avevo già lividi su gambe  e braccia che facevano pensare che mia madre mi usasse come una palla anti stress, altri eventi invece li ricordo. Ma non porto rancore, voglio davvero bene alla mia famiglia anche se non riesco a viverci assieme.  Io le dico che era un ipocrita a fregarsene della nonna solo perché per il suo diciottesimo compleanno le aveva dato dei soldi, lei mi da uno schiaffo e mi sputa in faccia, vorrei rispondere con lo stesso trattamento, ma non lo faccio. Poi entrarono Bob e Lataika in camera, dico solo " L' ho lasciata", Lataika mi chiede sulla porta di casa cinque euro per gli ortaggi della nonna - Ma perché tua nonna paga un ticket per entrare nel suo orto? -. penso che sono gli ultimi soldi mal spesi della mia vita, prendo la mia valigia e me ne vado. Vago per cinque ore alla ricerca della stazione, ma finalmente ero solo, lungo i campi che portano dalla spiaggia alla città mi sento forte, penso che altri uomini avrebbero accettato di vivere una vita fatta di sigari, bugie,  pipe e pippe. Non mi rendevo conto di quanto quella donna mi avesse rammollito. Arrivo alla stazione facendo il giro della città a piedi, sono sudato, ordino una birra al bar e il biglietto del ritorno da un distributore per biglietti ferroviari che accetta solo monete, il treno sarebbe arrivato  due ore dopo, raccatto il tabacco nella tabacchiera, foglie di salvia e mozziconi di toscanelli, il sapore è forte, acre, a metà pipa butto via tutto e vado a vomitare. Pioveva ed ero felice, avevo sprecato due anni della mia vita con una persona inutile, ma la cosa non si sarebbe ripetuta. Alla stazione d'arrivo riesco a prendere un bus in sosta che  deve  andare in revisione, mi da un passaggio fino a casa, poi da lì di nuovo per i campi a piedi, e di nuovo a casa. Racconto che  Felicita è voluta tornare a casa, che mi ha portato Lataika a casa. Lei che nel frattempo aveva riportato Felicita a casa, diceva che mi ero comportato da stronzo. Lo so, trovare persone che non siano servi completi della fica a questo mondo non è facile, purtroppo per lei ne aveva trovato uno. Quel pomeriggio esco con un mio amico, andiamo a prenderci un aperitivo e gli racconto tutto, lui mi aggiorna sulle nuove nozioni che aveva appreso, su come investire. Ero felice, ero tornato nel mio  mondo di spostati, mi parlava a terra, di fianco ad un museo chiuso, fumando un sigaro alla menta, sembrava un fachiro indiano sopra l'acciottolato, con la faccia segnata ancora dall'acne e dagli eritemi. Poi venne il vuoto, avevo lasciato la mia ragazza e non avevo più i miei scritti.
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diariodidueamanti · 5 years ago
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Messaggi del Buon Giorno di chi non sa Resisterse alla Voglia..
Per chi leggerà, immaginate lei a casa che la pulisce mentre la sua famiglia dorme, lui che è al lavoro a contatto con altre persone..
Lei;
Devi respirare sentendo solo il odore devi udire ascoltando solo la mia voce, Devi mangiare assaporando solo i mie umori,Devi usare le mani pensando di afferrare solo il mio corpo, Devi guardare pensando di vedermi. Perché io sono nella tua mente come tu lo sei nella mia.
Lui;
Vuoi comandare? Ti stai ribbelando??
Lei;
Non ho bisogno di comandarti mi basta averti fatto il lavaggio del cervello tempo fa!!
Lui;
Ah bon perché se pensavi di comandare t'avrei rimesso in riga!!
Lei;
Non mi permetterei mio Padrone! È più divertente provare a ribellarsi...
Lui;
Brava, se hai dubbi togliti le mutande bagnate. Mettile in bocca, e ricordati che il tuo respiro dipende da un mio gesto..
Lei;
Adesso vado in bagno e obbedisco mio padrone..
Lui;
Brava, adesso il mio cazzo è tutto eccitato
Lei;
L'ho fatto! Ho chiuso gli occhi, e ti ho immaginato davanti a me che me le metti in bocca mentre premi sul mio collo.. Dio quanto mi fai impazzire.. Adesso morderlo sarebbe il minimo...
Lui;
Mi eccita che tu mi ubbidisca anche se siamo lontanti.. Morderlo sarebbe doveroso.. Anche perché adesso rimarrò eccitato, senza poter far nulla, ed è colpa tua!! Dovrai farti perdonare, sei una bimba cattiva!!!
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sciogli-lingua · 5 years ago
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The Uncluded || Teleprompters || English lyrics + Italian translation
[Requested by @ummmfeminism; I took some liberties with the translation when the literal version sounded a bit sloppy, I hope you won’t mind.]
Ever since I was a kid È da quand'ero bambina On the backs of my two eyelids Che, all'interno delle mie palpebre, I hid two Teleprompters there Nascondo due suggeritori elettronici Transmitting words from who knows where Che trasmettono parole che vengono da chissà dove A walkie-talkie on a mission Un walkie-talkie in missione Roger, roger will I listen Ricevuto, ascolterò Or will I just pass it along O semplicemente passerò il messaggio In the form of a sing-a-long? Come fosse un karaoke? Whammies and Noids be void and null Vuoti e annientati i Whammy e i Noid I feel a tingle in my skull Qualcosa mi formicola nel cranio Like ticker tape the words appear Come su un nastro di telescrivente, le parole appaiono There’s a parade between my ears Tra le mie orecchie c'è un corteo I preach self-love, I know it’s true Predico l'amore per se stessi, lo so, è vero, It’s easier to say than do È più facile a dirsi che a farsi I send these messages to you Mando questi messaggi a te But now I need to hear them too Ma adesso devo ascoltarli anch'io I am beautiful, I am powerful, I am strong and I am loveable Sono bella, sono importante, sono forte e merito di essere amata I am beautiful, I am powerful, I am strong and I am loveable Sono bella, sono importante, sono forte e merito di essere amata
I was laying bricks in a line Facevo file di mattoni Yap full of dog toy Giocavo persino coi giochi del mio cane Picturing a life beyond that of a protocol droid Immaginando una vita diversa da quella di un droide protocollare Bleep bloop boy ox boycott pea soup Bip bip, ragazzo toro boicotta la zuppa di piselli First learn to eat paint at St. Peter’s preschool – yum Ho imparato a mangiare i colori all'asilo alla St. Peter’s – gnam! Now that's a painkiller I can speak through Questo sì che è un antidolorifico che mi permette di parlare Airbrush letters on a pristine gene pool Lettere aerografate su un patrimonio genetico immacolato See, my mother said her father drew a ton Vedi, mia madre diceva che suo padre disegnava sempre But all his cartoons had been swallowed by the Susquehanna flood in ‘72 Ma tutti i suoi fumetti furono inghiottiti dall'inondazione del Susquehanna del '72 The year that he would subsequently pass Lo stesso anno in cui, più tardi, morì I know he had a stroke but I assume that's only half So che ha avuto un infarto, ma credo che sia stata la causa solo per metà And now I’m signing up for finger-drawing class in a tux like a gentleman E adesso andrò a iscrivermi a un corso di disegno con le mani in smoking, come un gentleman Marrying his ash to his dust Farò sposare le sue ceneri e la sua polvere Last on the kickball team draft pick-list Ultimo a essere scelto per la squadra di kickball First to the King Kullen practicing his kickflips Primo davanti al King Kullen a esercitarmi nei kickflip I'd like to say it's 'cause I was a rebel Vorrei poter dire che è perché ero un ribelle Truthfully, it’s easier to say “oh hell” instead of “hello” La verità è che è più facile dire “al diavolo” che “ciao” (Hi, you need to get out more) (Ciao, dovresti uscire di più) I dunno, I don’t wanna be there when the geometry domino Non so, non voglio esserci quando partirà il domino (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) Maybe, or maybe his pace is better suited for pacing Forse, o forse il suo ritmo va meglio per camminare (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) Never, I am nailed to the floor, I am snail under pressure Mai, sono inchiodato al pavimento, una lumaca sotto pressione (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) Fine! E va bene!
Ever since I was a kid È da quand'ero bambina On the backs of my two eyelids Che, all'interno delle mie palpebre, I hid two Teleprompters there Nascondo due suggeritori elettronici Transmitting words from who knows where Che trasmettono parole che vengono da chissà dove And this is why when I’m on stage Ed è per questo che, sul palco, My eyes are closed, I’m in a haze Sto con gli occhi chiusi, come avvolta dalla nebbia I look like I’m made out of clay Sembro fatta d'argilla I’m overwhelmed and under-glazed Sono sopraffatta e priva di smalto I’m making vases out of snakes Faccio vasi di serpenti I’m a kiln half-full of mistakes Sono un forno mezzo pieno di errori When kneading it, air’s overlooked Quando impasto non faccio caso all'aria It’s gonna crack when it gets cooked L'argilla si creperà una volta cotta So self-forgiveness is the key Quindi sapermi perdonare è il segreto To re-sculpting my sanity Per ri-scolpire la mia sanità mentale Mindfulness, humility Consapevolezza, umiltà And taking time to care for me E prendermi il tempo di aver cura di me stessa I preach self-love, I know it’s true Predico l'amore per se stessi, lo so, è vero, It’s easier to say than do È più facile a dirsi che a farsi I sing these messages to you Canto questi messaggi per te But now I need to hear them too Ma adesso devo ascoltarli anch'io I am beautiful, I am powerful, I am strong and I am loveable Sono bella, sono importante, sono forte e merito di essere amata I am beautiful, I am powerful, I am strong and I am loveable Sono bella, sono importante, sono forte e merito di essere amata
I was laying bricks in a line Facevo file di mattoni Yap full of coppertop Mi riempivo la bocca di coperchi in rame Picturing a life beyond that of a dish-washer bot Immaginando una vita diversa da quella di un robot lavastoviglie Buzz, ping Buzz, ping Criss-crossed arms in a tub ring Braccia seghettate in una vasca Learned heartbreak on a Zelda-1 sub screen – numb Ho imparato a conoscere il crepacuore su una sottoschermata di Zelda 1 – anestetizzato Learned dark days by the scent of poached dove meat Ho imparato a conoscere i tempi bui dal profumo di piccione stufato Some part ways and it's fugly Le strade di alcuni si separano, ed è uno schifo Maybe the sum of the parts became lesser Forse la somma delle parti è diventata meno That each individually making the same gesture Di ognuno che singolarmente fa lo stesso gesto And you don't wanna interrupt the overlapping network E non ti va di interrompere il sovrapporsi delle reti So you throw a bag together and elope with cabin pressure Quindi metti insieme le tue cose e scappi con la pressione della cabina To disappear instead of interfere with nutty customs Per sparire invece di interferire con usanze da pazzi And differing definitions of liberty and justice E definizioni discordanti di libertà e giustizia Big dummy dig a hole in the dirt Questo scemo si è scavato una fossa nella terra He put his head in the hole; he is alone in this world Ci ha messo dentro la testa; è solo a questo mondo And dying slowly from the comfort of his home full of worms E sta morendo lentamente per il comfort della sua casa piena di vermi Until you hear a little voice say “Yo, let’s go get dessert” Finché non senti una vocina dire: "Ehi, prendiamoci un dolce" Wait – what? Aspetta – cosa? (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) I dunno – over 2 million dead bats in NY alone Non so – sono morti più di 2 milioni di pipistrelli solo a New York (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) Maybe, maybe not Forse, o forse no Maybe I'll just stay back and survey the lot Forse me ne resterò qui a sorvegliare il tutto (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) Never, I am nailed to the walls in a jail made of deserts Mai, sono inchiodato al muro in una cella fatta di deserti (You need to get out more) (Dovresti uscire di più) OK OK
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