#marta nella corrente
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20 nov 2023 17:26
LA SORA GIORGIA HA UN'ARMA IN PIÙ PER LE EUROPEE: I SOLDI – A ECCEZIONE DI FDI, TUTTI I PARTITI HANNO LE CASSE VUOTE. E QUESTO È UN GROSSO PROBLEMA IN VISTA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE – COSÌ, CHI VUOLE CORRERE PER UN SEGGIO A BRUXELLES DEVE METTERE IN CONTO UNA SPESA PERSONALE DI 50-100MILA EURO – I BERLUSCONI SGANCIANO ALTRI 500 MILA EURO A FORZA ITALIA. MENTRE SALVINI ORDINA AI SUOI: “RACCOGLIETE 30 MILA EURO A TESTA” – SUI CONTI DEL PD PESANO I 119 DIPENDENTI, MENTRE I FINANZIATORI FUGGONO DA RENZI… -
Estratto dell’articolo di Claudio Bozza per il “Corriere della Sera”
Nel 2023, Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi hanno versato nelle casse di Forza Italia un altro mezzo milione di euro. Centomila euro a testa, come nel 2022. Stavolta vanno però aggiunti altri centomila donati da Paolo Berlusconi, il fratello a cui il Cavaliere ha lasciato 100 milioni. La stessa cifra ereditata da Marta Fascina: la compagna del fondatore di Forza Italia, consultando il registro delle donazioni depositato per legge, almeno fino ai primi giorni dello scorso ottobre ha continuato a versare al partito solo i 900 euro mensili previsti per deputati e senatori.
Questo rinnovato «pacchetto» da 500 mila euro, erogato quando le condizioni del capostipite apparivano già gravi, dimostra che le disposizioni date dal Cavaliere erano state chiare: «Forza Italia andrà sempre sostenuta». Pier Silvio e Marina in testa, dopo la morte, avevano annunciato che si sarebbero fatti carico delle fidejussioni che coprono i 90 milioni di debiti accumulati.
Tutto mentre resta più che aperta la questione dei morosi, con il neo tesoriere forzista Fabio Roscioli impegnato in una complessa azione di recupero crediti. E «debiti» è la parola più ricorrente anche tra i tesorieri di tutti gli altri partiti, che, nei casi migliori, hanno al massimo casse vuote e pochi debiti.
Uno scenario assai preoccupante, perché dopo i milioni spesi per la campagna elettorale delle Politiche 2022, adesso ne serviranno altrettanti per affrontare Regionali ed Europee, fissate rispettivamente a primavera e giugno prossimi. Chi, numeri alla mano, sembra passarsela peggio di tutti è la Lega, la cui ultima perdita è di 3,9 milioni. Ma la vera zavorra non è la spesa corrente, bensì l’obbligo di continuare a restituire allo Stato i 49 milioni indebitamente percepiti come fondi pubblici dalla Lega di Umberto Bossi.
E nei giorni scorsi, per rimpinguare le casse leghiste, Salvini ha diramato un appello urbi et orbi: «Raccogliete 30 mila euro a testa». Servono infatti soldi (molti) per finanziare la sfida per Bruxelles e cercare di arginare lo strapotere dell’alleata Giorgia Meloni. La deputata Laura Ravetto ha declinato a modo suo questo fund raising , mettendo in palio una giornata da trascorrere con lei, tra politica e tv, per il finanziatore più generoso.
[…]
Si conferma poi un asse di ferro tra Salvini e la Vaporart, azienda che produce sigarette elettroniche, che quest’anno ha donato al Carroccio 5 mila euro (nel 2022 furono 50 mila e nel 2018 100 mila). E almeno altri 50 mila euro sono arrivati alla Lega grazie alla generosità della famiglia Polidori (i fondatori di Cepu).
Chi se la passa meglio di tutti è FdI, che da fu «partitino» sta facendo il pieno di donazioni: solo per le ultime Politiche sono arrivati 3,5 milioni. Il segreto di questo equilibrio economico? Oltre al fiume di finanziamenti mai visto (a cui va aggiunto un rigoroso controllo sul versamento mensile da mille euro per tutti i parlamentari, inclusa la premier Meloni), in Via della Scrofa possono contare, a differenza ad esempio della Lega, su costi fissi molto bassi: sono appena 7, infatti, i dipendenti di FdI.
[…] non sorridono per niente le casse del Pd, sulle cui spalle pesano 119 dipendenti, da tempo nel tunnel di una cassa integrazione senza fine. Il 2 per mille si conferma la principale fonte di finanziamento dei dem: nel 2022 arrivarono 7,2 milioni, così come quest’anno.
Buona parte di deputati e senatori risultano poi in regola con i versamenti al proprio partito (1.500 euro al mese), altra voce non indifferente per dare ossigeno ai conti. Va evidenziato che, a differenza delle Politiche in cui i candidati con elezione pressoché certa versano a priori 15-30 mila euro a seconda dei partiti, le Europee sono un caso a sé: i leader erogano il budget per la campagna «macro», mentre ogni candidato (essendoci le preferenze) deve autofinanziarsi in maniera autonoma. «E correre per Bruxelles costa almeno 50-100 mila euro», spiega chi si sta attrezzando.
Fronte M5S, che da statuto non accetta finanziamenti da imprenditori e aziende private. Sono ammessi solo sostegni contenuti, raccolti grazie a donazioni online, oltre ai versamenti da mille euro mensili versati da tutti gli eletti nell’arco della legislatura, incluso il leader Giuseppe Conte. Anche le casse dei Cinque Stelle non sorridono affatto.
E proprio per contenere questa falla economica, non a caso, un anno e mezzo fa proprio l’ex premier aveva formalmente trasformato la creatura di Beppe Grillo da Movimento a partito vero e proprio. L’obiettivo? Poter incassare il 2 per mille. A fine anno, grazie alla rottura di questo tabù, dovrebbero arrivare sul conto pentastellato almeno 2 milioni. Ogni parlamentare contiano deve versare al partito 2 mila euro mensili, oltre ai 500 per progetti per la collettività
Sulle ceneri del Terzo polo, stanno tirando le somme anche Matteo Renzi e Carlo Calenda. Per i leader di Italia viva (dai parlamentari mille euro mensili) e Azione (2 mila euro), finora il fund raising non era stato un grosso problema. Pochi finanziatori, ma assai generosi, soprattutto da grandi imprenditori e patron di maison di moda. Dopo il divorzio, almeno a consultare il registro dei finanziatori, l’appeal sembra essersi raffreddato. E anche in questo caso, la parte del leone la farà il 2 per mille. Nel forziere renziano dovrebbe entrare almeno un milione a fino anno, mentre in quello di Calenda poco più della metà.
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Il Consiglio Regionale della Toscana patrocinerà l’importante evento di celebrazione del lungo percorso artistico di Paolo Solei, settant’ anni di età e di dedizione alla creatività poiché i primi disegni risalgono a quando, ancora molto piccolo, ha potuto tenere in mano la matita. Architetto presso la Regione Toscana per tutto il suo percorso professionale, Paolo Solei non ha mai rinunciato a liberare le proprie sensazioni nell’atto del dipingere, affrancandosi dalla logica e dai calcoli che, invece, contraddistinguevano il suo impiego; la scelta di uno stile inusuale come il Liberty che con lui diviene vivace e solare, gli è stato necessario a svelare il suo approccio ironico e nello stesso tempo leggero alla vita, come se la semplicità dei soggetti rappresentati, animali da cortile stilizzati che divengono assoluti protagonisti insieme a oggetti della quotidianità, simboli ispirati al Messico come il sole che assume sembianze umane, o ancora le sinuosità e la flora che da sempre sono legati a una corrente artistica di cui si può trovare traccia nell’intero continente europeo, fossero funzionali a raccontare il suo punto di vista sull’esistenza. La mostra avrà luogo presso la sala espositiva del prezioso Palazzo del Pegaso di Firenze - via de’ Pucci, 16 -, sede del Consiglio della Regione Toscana. Nel giorno dell’inaugurazione, mercoledì 8 novembre 2023 alle ore 12.30, sarà presente il Presidente del Consiglio Regionale,che aprirà i lavori, a cui seguirà la presentazione da parte della critica d’arte internazionale Marta Lock, la quale dice di lui: «Paolo Solei non si limita a modernizzare lo Stile Liberty reinterpretandone le linee guida secondo la sua espressività, ma stravolge il concetto di natura che al movimento era legata, essenzialmente limitato al mondo floreale, e lo amplia a tutta la flora e la fauna, ai simboli che per lui sono irrinunciabili perché parte della sua dimensione di sognatore a metà tra la realtà osservata e la capacità di andare oltre immaginando un mondo fantastico in cui persino gli oggetti inanimati vivono di vita propria. I pesci, gli animali domestici e quelli più esotici, gli oggetti che fanno parte della vita quotidiana, sono tutti spunti per Solei per raccontare la favola della vita, il fascino di tutto ciò che appartiene all’esistenza e che nella sua semplicità la può rendere migliore; differentemente dallo Stile Liberty tradizionale però, le sue opere presentano una gamma cromatica espressionista, tonalità intense e piene che restano affini al contesto in cui sono utilizzate e al contempo, grazie alla loro vivacità quasi Fauves, contribuiscono a dare all’osservatore la sensazione di trovarsi davanti a un’ambientazione un po’ magica da cui si fa fatica a uscire». Il percorso espositivo si svilupperà attraverso tre sezioni che ripercorrono le fasi pittoriche dall’inizio della carriera di Paolo Solei fino agli anni più recenti: nella sezione I miei primi settant’anni di “carriera artistica” sono raccolti i lavori e gli schizzi dei primi anni; la seconda sezione è dedicata alla celebrazione dell’Arte come terapia e compagna di vita; la terza è dedicata invece al Sogno toscano, che dà il titolo alla mostra. Un’occasione imperdibile dunque per scoprire il talento e l’allegria delle opere di questo originale artista. Sogno toscano, mostra antologica di Paolo Solei, rimarrà aperta al pubblico presso Palazzo del Pegaso a Firenze fino a lunedì 20 novembre 2023 (orario: giovedì 9 e venerdì 10, da lunedì 13 a venerdì 17, e lunedì 20, ore 10.00 - 12.00 e 15.00 - 19.00; sabato 11 e sabato 18, ore 10.00 -13.00)
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Tutto quello che succede a Ibiza (non) rimane a Ibiza - Seconda Parte
UPDATE 2021: visto che è passato quasi un anno dalla pubblicazione della mia prima fanfiction, ho deciso di darle una sistemata per riproporla a chi ancora non l’ha letta o a chi ai tempi piacque e vuole rileggerla… Perché oltre a Sanremo, anche Ibiza è Ibiza!
Come ho promesso in questo post, da brava tassorosso mantengo la mia promessa ed ecco qui la seconda parte!
Parole: 3527
Fandom: Sanremo RPF (ancora non ci credo che ho scritto una scena d’amore con gli Amadello protagonisti... Come farò adesso a guardarli?)
Amadello nel 1990 a Ibiza 3 giorni dopo l’evento al KU club, a little angst, internalised homophobia, risoluzione di una lunga slow burn e di un mutual pining, first time (in una maniera non scontata... Leggete e vedrete), Fiore ha un kink per i cowboy, Ama molto più intraprendente di quello che sembra, evoluzione della nose thing ( Do I regret it? Yes. Would I do it again? Probably)
Buona lettura!
(PER CHI AVESSE PERSO LA PRIMA PARTE)
Sono passati tre giorni dalla serata al KU. Tre giorni da quando Amedeo è salito sul cubo e si è ritrovato a ballare con due ballerini nudi superdotati che hanno cercato di coinvolgerlo in un balletto troppo osé per il bravo ragazzo di Verona - se non fosse stato ‘salvato’ in tempo sarebbe rimasto bloccato lì, troppo impegnato a guardarli ballare per cercare una via di fuga -. Tre giorni da quando Rosario ha raccontato l'aneddoto a tutta la troupe di 'Deejay Television’, omettendo ovviamente quanto è successo nella loro camera d'albergo. Tre giorni da quando Rosario e Amedeo si comportano come al solito, parlando e scherzando normalmente, come se si fossero messi d'accordo per fingere che non si siano baciati e che se non fossero stati interrotti, chissà se sarebbero andati oltre. Nessuno sembra notare niente di insolito nella loro dinamica, sia quando registrano le puntate sia quando le telecamere sono spente. E invece…
Amedeo è abituato a nascondere i suoi sentimenti, anche se questi tre giorni sono stati più faticosi del solito. Crede di aver indugiato qualche secondo di troppo sulle labbra di Ciuri - di nuovo quel maledetto soprannome - e a mordersi le sue come se abbia sviluppato un tic, quando invece vuole solo riassaporare le ultime tracce di un sapore che non sa quando e se potrà nuovamente assaggiare. Sono tre notti che non fa che ripensare a quel bacio, a come è stato avere tra le mani la nuca e i capelli di Rosario e alla sensazione di calore che gli hanno lasciato le sue mani sulle spalle... E soprattutto è difficile evitare di guardarlo più del dovuto quando il caldo costringe il suo amico a mettere in mostra il suo corpo perfetto da bronzo di Riace, che vorrebbe tanto onorare in maniera per nulla religiosa. È come se quel bacio avesse risvegliato di colpo tutto il desiderio che ha faticato a contenere nel corso della loro amicizia e il fatto che nessuno ne sia al corrente non l'aiuta: lo carica di adrenalina e di agitazione, come quella volta in cui aveva preso di nascosto la macchina dei suoi per andare a Venezia con la sua prima fidanzata, tornando prima che se ne potessero accorgere. Solo che se con lei si era lasciato e non aveva più avuto l'occasione di correre un rischio del genere, quel bacio potrebbe essere il primo di una lunga serie. E lui che pensava che a 28 anni avrebbe smesso di comportarsi come l'adolescente insicuro che cerca di nascondere quella strana attrazione che prova sia per le ragazze che per i ragazzi... Con la differenza che se non saprà mai se qualche suo vecchio amico o compagno di scuola abbia mai provato qualcosa per lui, ha almeno la conferma da parte di Ciuri, cioè Rosario. Che chiamarlo con quel vezzeggiativo gli abbia portato inconsapevolmente fortuna?
Rosario d'altra parte si sente un disastro ambulante, ma è molto bravo a nasconderlo. Non smette di colpo di essere fisico con il suo amico, è abbastanza sveglio da sapere che creerebbe sospetti, ma cerca di limitarsi per poi allontanarsi subito come se avesse appena toccato qualcosa che scotta. Effetto collaterale del bacio o no, ma Amedeo non è mai stato così caliente, come dicono a Ibiza, come in questi tre giorni. E poi, non è tanto la paura di indugiare su quel corpo atletico che farebbe di lui un cowboy perfetto - deve darci un taglio con queste fantasie - o l'essere stati quasi scoperti, quanto il fatto che il suo Ama potrebbe avergli fatto capire che apprezzerebbe. Non l'ha spinto via insultandolo con quegli epiteti che temono tutti i ragazzi, ha ricambiato il bacio: questo significa che provi qualcosa per lui? ... No, non può essere. Dev'essere stato per forza l'alcool a farlo comportare in quel modo: per tre giorni Amedeo gli ha sempre parlato leggermente imbarazzato e Rosario è certissimo si tratti dell'imbarazzo post sbornia, quello che ti fa pentire delle minchiate che hai fatto anche se te ne ricordi solo la metà. È esattamente come dopo il veglione di Capodanno, quando si era scusato mille volte per avergli messo in bocca una fetta di panettone nel bel mezzo del suo numero. Ma sta di fatto che se Amedeo ha risposto al suo bacio è stato perché è una brava persona, che non voleva peggiorare ulteriormente la situazione e nonostante l'imbarazzo, adesso fa finta di niente perché l'ultima cosa che vuole è mettere a disagio il suo migliore amico. È così o si sta sbagliando? No, è così.
Quella sera sono soli in camera. Leonardo è appena uscito per andare a trovare la sua ballerina, Rosario si è chiuso in bagno a prepararsi e fa di tutto per allungare ogni suo gesto pur di rimandare il momento in cui si troverà da solo con Amedeo. Ha voglia di ballare e dimenticarsi tutta questa faccenda per qualche ora, se trova qualcuno per fargli compagnia anche meglio. Fortuna che questa sera Amedeo non sarà con lui: deve chiamare i suoi che è una settimana che non lo sentono e la cosa non potrebbe capitare più a proposito. Peccato ignori che Amedeo comincia a non poter più sopportare tutta quella tensione tra di loro e sa che per darci un taglio dovrà affrontare l'elefante nella stanza. Così, mentre l'amico è in bagno, inizia a studiarsi un discorso e i suoi timori iniziano a venire a galla: e se si rivelasse tutto un gigantesco malinteso? E se ricevesse il più grande due di picche della sua vita? Sta iniziando a valutare se parlare o meno, quando Rosario finalmente esce dal bagno e il cervello smette di funzionargli per qualche secondo. Ha addosso la sua camicia migliore, ma ha deciso di tenerla sbottonata in prossimità dei polsi, conferendogli un aspetto che combinato con il codino sembra uscito da una sua vecchia fantasia a sfondo piratesco.
"Che te ne pare?" gli chiede come ogni sera mentre fa un giro su stesso per mettersi completamente in mostra.
“Ti strapperei la camicia a morsi” è tentato di rispondergli Amedeo, ma si trattiene e lo sostituisce con un più contenuto ed eterosessuale: “Niente male”, ma non appena l'amico fa per incamminarsi verso la porta, capisce che è la sua ultima occasione.
“Rosario, dobbiamo parlare… Di quello che è successo l'altra sera…”
Rosario si pietrifica. Non l'ha chiamato Fiore, Saru o Ciuri, il suo soprannome preferito, ma col suo nome di battesimo. Inizia a sudare freddo, ma cerca di mantenere al massimo la calma.
"Mi dispiace per averti baciato, Ama..."
"... No, non ti dispiacere..."
"... Non volevo: alcool, l'adrenalina, l'immagine di te con..."
"... Va tutto bene, non dirò niente di quello che è successo!"
"Perfetto, perché non voglio che le nostre carriere siano interrotte per questo..."
"... Non saranno interrotte... Ciò che succede a Ibiza rimane a Ibiza!"
"... Esatto, ciò che succede a Ibiza rimane a Ibiza!"
Silenzio. I due si guardano come se aspettassero la parola che li sblocchi dalla loro situazione di stallo. "Allora... Vado! A dopo" e chiude la porta senza guardarlo in faccia. Ecco, aveva ragione: ha risposto al bacio solo perché gli vuole troppo bene per ferire il suo amor proprio con un rifiuto esplicito. Rosario prende a incamminarsi nella zona dei locali, ma senza il sorriso che di solito lo accompagna in questo percorso. La prossima volta che si fa guidare dal momento spera che lo colpisca un fulmine appena in tempo.
Amedeo gira per la cittadina, chiama i suoi, li tranquillizza su come sta andando l'estate - mentendo spudoratamente -, poi dà un'occhiata al mare e pensa a perché, da quando sono arrivati, nessuno ha ancora proposto di fare un bagno notturno. Così corre in albergo, dove si cambia per indossare il costume, prende il materassino e l'asciugamano e si dirige verso il sentiero in mezzo alle rocce che conduce alla spiaggetta isolata dietro l'edificio. Sistema le sue cose ai piedi della gigantesca roccia che la sovrasta, sperando che nessun granchio sia sveglio, ma, prima di entrare nel Mediterraneo, non può fare a meno di ripensare alla conversazione avuta col suo amico. Perché non gli ha detto la verità sul bacio? E poi, cos'era quella brutta rivisitazione della frase di Las Vegas che gli è uscita? La verità è che è solo un codardo: aveva l'occasione della vita e l'ha buttata come fosse carta straccia… Ma l'ha fatto anche per una ragione intelligente: come potrebbe mai avere successo se venisse fuori la sua bisessualità? Però è stato Rosario a tirar fuori la questione: che brutto ipocrita, prima lo bacia dandogli una conferma della quale aveva solo osato sperare per poi far finta di niente e rimangiarsi tutto; lui almeno ha avuto il coraggio di affrontare la cosa, figurati se l'avesse fatto Rosario, figurati se fosse uscito allo scoperto e avesse fatto qualcosa che gli altri non approverebbero in toto…
"Ama?"
Parli del diavolo... Amedeo si gira e si ritrova il suo amico che si sta dirigendo verso di lui.
"Non eri a ballare?" gli chiede con un tono indifferente, che nasconda in parte la rabbia che prova nei suoi confronti, in parte l'imbarazzo del trovarsi in boxer in sua presenza.
"Sì, ma la musica era una lagna e mentre uscivo ho incrociato la Marta, la costumista: mi ha detto che c'era una festa giù in città e stavo venendo a recuperarti quando..."
"... Non me ne frega niente della festa..." dice con una durezza nella voce che mai avrebbe pensato di usare con il suo amico.
"... Vedo, stai aspettando qualcuno?" gli chiede Rosario come se niente fosse.
"No, non sto aspettando nessuno" risponde Amedeo alzandosi, di colpo mandando al diavolo ogni imbarazzo: "Anzi, stavo cercando di capire perché una persona dovrebbe baciarne un'altra e poi far finta di niente perché 'così le nostre carriere future non saranno interrotte'!"
L'ha fatto, ha lanciato la bomba. Ora tocca a Rosario contrattaccare.
"Scusa, ma non sei stato tu a dire 'quello che succede a Ibiza rimane a Ibiza'?"
"L'ho detto perché volevo toglierti dall'imbarazzo!"
"E perché non mi hai fermato e adesso mi stai urlando contro?"
"Perché quando mi hai baciato, io quasi non ci credevo che l'avessi fatto, perché mai avrei pensato di suscitare il tuo interesse!"
E in quel momento Rosario scoppia a ridere. A crepapelle, una di quelle risate che non si esauriscono in una manciata di secondi, ma anzi continua. Amedeo lo guarda. Non sa che in quel momento tutta l’ansia e la paura provata dal suo amico se n’è andata via per lasciar posto ad una felicità che solo poche volte ha provato nella sua vita.
"Ama... Io pensavo che avessi risposto al bacio solo perché temevi di deludermi!"
Stavolta anche ad Amedeo viene da ridere e quella risata ha il potere di cacciare tutte le nubi che gli avevano oscurato il cuore, facendolo sentire più leggero. Così leggero che stavolta è lui a mettere le mani sulle spalle del suo Ciuri e a baciarlo come lui ha fatto tre giorni prima. E Rosario ricambia cercandolo con ancora più passione, sicuro che l'ultima cosa che riceverà sarà un rifiuto.
"Sarei salito sul cubo a cacciare quei ballerini solo per ballare con te, Ama!"
"Io ero salito sul cubo per farti ingelosire!" gli dice ridendo Amedeo. Rosario fa un sorriso malizioso mentre lo accarezza dalle spalle per tutte le braccia.
"Ama, tu sembri tanto un santarellino e invece..."
"... Le brutte compagnie, Ciuri, le brutte compagnie..."
"... Non smettere mai di chiamarmi in quel modo!"
"Ciuri, Ciuri, Ciuri..." comincia allora Amedeo, mentre Rosario comincia a baciarlo sulla mandibola, sul collo e sul petto, come se quel soprannome lo eccitasse ogni volta che lo pronuncia, come effettivamente avviene. Rosario sta ringraziando il cielo di essersi distratto momentaneamente da Paloma tre giorni prima quando, mentre recupera tutto il contatto di cui si è privato in questi giorni, sente qualcosa che gli fa affluire subito il sangue al cervello - e altrove -.
"Ama... Hai con te una pistola o sei felice di avermi qui?"
Amedeo abbassa lo sguardo, sicuro di stare andando a fuoco, anche se immediatamente scopre di avere anche lui un asso nella manica: "Potrei farti la stessa domanda..."
Rosario ride, ma poi gli prende il viso tra le mani accarezzandolo languidamente: “… Ma sei tu quello che sa andare a cavallo e potrebbe essere un ottimo cowboy: non hai idea di quante volte ti ho immaginato in questa maniera…” sussurra mentre fa scivolare una mano lungo i fianchi e gli abbassa i boxer per poter toccare quella parte del corpo che richiede il suo contatto con più urgenza. Amedeo si morde le labbra mentre cerca un appoggio con la schiena alla superficie rocciosa, che però gli ricorda che sono all'aperto, in una spiaggetta sì isolata, dove potrebbero essere visti potenzialmente da chiunque, quando il movimento di mano del suo amico si ferma e lo fa pentire di essersi lasciato distrarre.
"Ripensandoci, adesso sono un po' stanco, forse dovrei appoggiarmi un attimo..."
E prima che Amedeo possa domandarsi che senso ha fare ora la gag del naso che fa sempre ridere tutti quelli della squadra, Rosario si mette in ginocchio di fronte a lui: “Avrei dovuto immaginarlo che alla misura del naso…” ma si interrompe per iniziare a dargli piacere con la bocca. Amedeo non sa se lo eccita maggiormente vedere Ciuri in quella posizione o sentire il calore della sua bocca, il contatto minimo coi denti e i movimenti della lingua attraverso il suo sesso. Allunga titubante le mani sulla sua testa, cercando di guidare il ritmo sperando di non metterlo troppo a disagio, ma se c'è una cosa a cui Rosario non sa resistere quando è impegnato in quell'attività è sentirsi le mani tra i capelli come se fosse la cosa più importante al mondo. Poi le mani sono quelle del suo Ama e gli provocano un roco gemito di piacere che gli fanno subito aumentare l'intensità della fellatio che gli sta facendo. Come aveva immaginato, Ama è discreto anche mentre sta ricevendo piacere e questo spinge il lato competitivo del suo carattere a darsi da fare per fargli raggiungere il punto di non ritorno, il momento in cui metterà da parte ogni controllo…
“Ciuri… Rosario…” e prima che possa chiamarlo in altro modo, Rosario si allontana e si gode lo spettacolo dell'ora ai suo ex migliore amico venire e adagiarsi subito dopo sulla parete rocciosa come se fosse stato appena prosciugato.
“Grazie…” mormora leggermente imbarazzato. In fondo è nudo su una spiaggia a Ibiza e ha appena ricevuto il migliore dei pompini dall'ultima persona che avrebbe pensato avrebbe potuto farglielo, anche se era l'unica da cui l'avrebbe desiderato.
“Non c'è di che” gli risponde Rosario rialzandosi, quando Amedeo si chiede perché abbia ancora tutti i vestiti addosso. Una volta ripreso completamente fiato, si avvicina per baciarlo e inizia a sbottonargli la camicia per depositare una serie di baci su quel corpo così a lungo desiderato. Rosario si scioglie come burro sotto la sua bocca e le sue carezze e Ama sente tornare il proprio vigore mentre gli sfila lentamente i vestiti lasciandolo solo in boxer: l'occhio gli cade prima sulla dimostrazione che quanto ha appena ricevuto sia stato apprezzato e poi sul materassino di cui fino a qualche momento prima si era completamente dimenticato. Decide di farlo sdraiare lì, quando una domanda comincia ad attanargliarlo.
"Ciuri?" gli sussurra mentre sono avvinghiati l'uno all'altro.
"Mi piace quando mi chiami così..." gli risponde con un sorriso beato che fa tentennare ancora Amedeo dal fare la sua domanda.
"Questa per te... Non è la prima volta?"
Rosario abbassa momentaneamente lo sguardo per poi risollevarlo con quel sorriso che sa sciogliere il suo Ama.
"No, ma... Ho abbastanza esperienza da renderla speciale per te!"
Amedeo si sente il cuore a mille e il basso ventre in fiamme e decide che se si sono spinti fino a questo punto, niente potrà far più paura.
"Perché se per te nulla di tutto questo è nuovo... Volevo chiederti se..."
"... Tranquillo Ama, non faremo niente che tu non voglia fare!"
"No, è che... Ecco vorrei..."
Non è mai stato bravo a comunicare i suoi desideri, ma con Rosario sente che potrebbe essere diverso perché sa che non lo giudicherebbe.
"... Avere un rapporto completo con te... Ma da attivo... Se non è un problema per te!"
Rosario scoppia a ridere, ma non è una risata di scherno, quanto più suscitata dalla tenerezza. Si sporge verso il suo Ama per tranquillizzarlo ulteriormente con un bacio appassionato, per poi alzarsi, infilarsi i pantaloni e fargli la richiesta di aspettarlo lì che fa una corsa in camera per recuperare tutto l'occorrente. Amedeo per un attimo pensa che lo lascerà li ad aspettare tutta la notte, o peggio chiamerà qualcuno della troupe per fargli uno scherzo, ma dev'essere il suo giorno fortunato perché Rosario torna quasi subito consegnandoli due oggetti tra le mani.
"Ok i preservativi, ma questo cos'è?" chiede osservando una minuscola bottiglietta di plastica con un liquido dorato al suo interno.
“Per rendere meno fastidioso quello che faremo: ho provato una volta senza e non è molto piacevole!” gli risponde Rosario scoppiando a ridere quando vede la faccia di Amedeo non appena si accorge che mentre studiava la bottiglietta si è sistemato a quattro zampe sul materassino senza niente addosso, facendogli capire immediatamente lo scopo del liquido al suo interno. Ma per tutta la durata di quel preliminare obbligato, l'imbarazzo si fa da parte per lasciare spazio ai peggiori doppi sensi che vengono in mente ai due e che li fanno ridere di gusto, distraendo in parte l'imbarazzo e l'eccitazione nel toccare uno e nell'essere toccato l'altro in modo così intimo. Nessuno ha mai riso tanto in una situazione del genere, ma la cosa non risulta assolutamente strana, così come il ritrovarsi all'improvviso in questa situazione: o forse è il fatto di essere con la persona che più apprezzano e con cui non hanno paura di essere pienamente sé stessi a fare di quel momento la naturale conseguenza del loro rapporto. Al termine dell'operazione, Amedeo mette da parte la bottiglietta e fa per girare Rosario.
"Voglio guardarti negli occhi... Si può?"
"Certo che sì può... E poi anch'io voglio guardarti!"
Peccato che Amedeo, una volta messo il profilattico, non abbia idea di come iniziare e di fronte alla sua impacciataggine, Rosario inizia a baciarlo e a stringerlo a sé, lasciando che il resto venga da sé.
“Comunque anche tu non sei messo male, anzi!” gli sussurra Amedeo nell'orecchio mentre lo tocca dove prima non ha avuto il coraggio di farlo. Rosario vorrebbe ridere, ma dalla sua bocca esce un mezzo gemito di piacere e per ricambiare il favore, fa lo stesso con Amedeo, sfiorando appena quella parte che per conoscere meglio dovrà aspettare che i ruoli si ribaltino.
"Ciuri!" squittisce prevedibilmente lui.
"Tanto prima o poi ti toccherà!"
I due scoppiano a ridere nuovamente e la risata evolve in un bacio che li porta a congiungersi e nel giro di qualche spinta i due trovano il proprio ritmo. Amedeo non si è mai stato così bene, sentendo dentro di sé una scarica di adrenalina e di pace ad ogni spinta e domandandosi perché questa sensazione sia sempre stata definita sbagliata: Rosario invece, ad ogni spinta risponde con movimenti di bacino che mano a mano tradiscono la fame crescente nei confronti del suo Ama, reazione che non riesce a controllare completamente, così come non riesce a impedirsi di graffiargli la schiena quando sente arrivare le ondate di piacere leggermente più forti. Man mano che si avvicinano al momento desiderato, i due si scambiano un sorriso d'intesa perché il fiato corto renderebbe impossibile qualsiasi tipo di bacio e quando finalmente arriva l'orgasmo, è così intenso per entrambi che devono staccarsi l’uno dall’altro per poter riprendere fiato.
"Allora... Quello che succede a Ibiza rimane a Ibiza?"
Amedeo si volta a guardare Rosario che lo sta già guardando in attesa delle parole che determineranno il suo destino.
"Spero proprio di no!"
Rosario reagisce come se avesse appena segnato la sua squadra preferita per poi prendergli la mano e alzarsi di scatto, costringendo Amedeo a fare altrettanto.
"Che fai?"
"Bé, siccome conviene a entrambi una doccia, pensavo di approfittarne per fare prima un bagno di mezzanotte!"
"Nudi?" chiede Amedeo imbarazzato come se niente fosse appena successo tra loro.
"Perché no? Siamo a Ibiza, quando ci ricapiterà un'occasione del genere?"
E corre via verso il mare tuffandosi immediatamente e riemergendo subito dopo.
"Non sai cosa ti perdi!"
Amedeo controlla prima che non ci sia nessuno e poi lo segue, anche perché coi capelli lunghi bagnati, Rosario sembra una sirena e si sa, al canto delle sirene è impossibile resistere. In fondo, nessuno va mai in quella spiaggetta, perché dovrebbero venirci proprio stasera? Ma soprattutto stanotte non vuole pensare a nient'altro se non quello che è appena successo tra lui e il suo Ciuri: se quello è l'inizio della loro storia, chissà cosa li attenderà in seguito.
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7 ottobre 2020
Al Dirigente Scolastico Al corpo docente Agli e alle studenti del Liceo Classico-Scientifico Statale “Socrate” Via Padre Reginaldo Giuliani, 15 – 00154 Roma (RM)
Siamo ex studenti del Liceo Socrate di Roma, e per questa ragione abbiamo sentito la necessità di riunirci a seguito degli eventi che recentemente hanno portato il liceo al centro di una bufera mediatica. Il nostro intento è quello di esprimere solidarietà agli e alle studenti del Socrate nella lotta contro il sessismo presente nella nostra società e, di conseguenza, anche nel contesto scolastico.
In primo luogo ci teniamo a condannare tanto l’accanimento dei media verso la docente protagonista della notizia quanto il sensazionalismo con cui l’evento è stato trattato. Tuttavia, riteniamo importante affrontare in maniera più articolata il complesso tema che l’evento scatenante ha messo in luce: la violenza di genere veicolata da una mentalità, più o meno consapevolmente, sessista.
Ricordiamo il Socrate come una scuola unica nel suo genere in virtù della sinergia tra corpo docente e studenti, e del caratteristico spirito critico di quest* ultim*. Ciononostante, ribadire che il Socrate abbia una vocazione progressista è insufficiente ad affrontare il problema evidenziato dagli e dalle studenti. Questa narrazione rischia di ignorare o delegittimare le esperienze negative che possono verificarsi in qualunque contesto. Nessun ambiente, infatti, è di per sé immune da pregiudizi e violenze.
La maggior parte di noi ha sviluppato la propria consapevolezza femminista e di genere oltre le mura del Socrate. Al liceo, non avevamo un’idea chiara di cosa fosse il femminismo, né tantomeno della sua importanza nella società contemporanea.
Anche per questo, alcune testimonianze di ex studenti che abbiamo raccolto in questi giorni sono state condivise solo oggi, portando alla luce episodi di bullismo, discriminazione di ragazze per comportamenti giudicati promiscui (slut-shaming), umiliazione del corpo e dell'aspetto fisico (body-shaming) e commenti offensivi sull'abbigliamento da parte di docenti e studenti. Al tempo, non abbiamo saputo riconoscere il contesto strutturale in cui si collocavano i singoli eventi. Questo ci differenzia dagli e dalle studenti attuali, che hanno invece saputo individuare un comportamento involontariamente sessista e reagire con consapevolezza.
Sosteniamo che la loro iniziativa vada incoraggiata anziché sminuita, prendendo atto del fatto che non si tratta di una dinamica nuova. La scuola ha un ruolo fondamentale nel determinare un esito positivo o negativo nel processo di scoperta ed espressione di sé tra i ragazzi e le ragazze, affinché possano scoprirsi ed amarsi per quello che sono.
Scriviamo questa lettera nella speranza di contribuire ad un importante dibattito che, a causa della crisi mediatica, è stato estinto prematuramente. Vorremmo cogliere questa occasione per proporre alcune riflessioni che riteniamo di valore:
- Se una persona prova disagio o impulsi sessuali davanti a parti del corpo scoperte, non può scaricare la colpa su chi le provoca tali reazioni, ma deve saperle controllare nel rispetto altrui e mettere in discussione la legittimità dei propri impulsi.
- L’ambiente scolastico deve far sì che gli e le studenti si sentano in grado di fare presente atteggiamenti discriminatori e offensivi con la consapevolezza che verranno presi seriamente in considerazione e tutelati come parte lesa, anche qualora si tratti di “micro-aggressioni”.
- Nessun comportamento all’interno dell’ambiente scolastico dovrebbe portare chi ne fa parte a sentire criticato il proprio corpo o il modo in cui esprime la propria identità.
- La critica di certe scelte di abbigliamento è spesso giustificata in riferimento al “decoro” o alla “sobrietà”. Tali termini sono tuttavia astratti, relativi e facilmente declinabili in forma coercitiva e discriminatoria. Crediamo che il presunto “decoro” non sia il vero problema, e riteniamo che venga usato come diversivo per evitare di mettere in discussione abitudini o modi di pensare più profondamente radicati. In assenza di un regolamento ufficiale a riguardo, ciò che è “decoroso” o meno non può essere deciso arbitrariamente.
- Intenzioni ed effetto prodotto non sempre coincidono: se un’affermazione viene fatta bonariamente o con fini protettivi ciò non le impedisce di trasmettere un messaggio discriminatorio o offensivo. Se questo viene fatto notare, è fondamentale ascoltare e dialogare con chi ritiene problematica l’affermazione in questione.
- Il benessere delle e degli studenti ed il rispetto verso la loro autodeterminazione ed identità dovrebbero risultare di primaria importanza a scuola.
Speriamo in una autoanalisi da parte del corpo docente ed un reale ascolto delle argomentazioni avanzate dagli e dalle studenti. Rimaniamo a loro disposizione qualora avessero bisogno di sostegno, senza voler interferire in una realtà di cui non facciamo più parte. Confidiamo che i nostri punti di vista siano ricevuti positivamente, sapendo che, come ex studenti, ci auguriamo il meglio per il futuro del Socrate.
Le ex allieve e gli ex allievi
Firme in ordine alfabetico (nome, cognome, anno di nascita):
Aggiungi la tua firma: https://forms.gle/EiNRtKVdgHnECKSf7
Arianna Aguirre, 1998 Beatrice Albè, 1995 Claudia Alfonsi, 1987 Alberto Anticoli, 1997 Andrea Arcese, 1995 Giovanni Ardizzone, 1997 Cecilia Ascenzi, 1993 Alessio Balletti, 1992 Alice Bardelli, 1997 Marta Baroni, 1989 Giulia Benedetti, 1996 Eva Bertelli, 1994 Linda Bettelli, 1997 Alessandra Bolletti, 1996 Andrea Bongiorno, 1993 Michela Boromei, 1996 Valerio Brandimarte, 1989 Luca Brigida, 1994 Corinna Calabrese, 1989 Federica Caliendo, 1990 Serena Cannavò, 1993 Dafne Capotondi, 1996 Giulia Castelli, 1993 Cecilia Catania, 1993 Chiara Cazzato, 1995 Daniela Cenni, 1994 Althea Ciminiello, 1985 Lorenzo Cioci, 1996 Sara Coccoli, 1999 Veronica Coia, 1995 Eleonora Colarieti, 1996 Lidia Conti, 1998 Marianna Coppo, 1990 Niccolò Costantini, 1995 Chiara Conte, 1991 Andrea D'Albero, 1997 Lavinia D'Angeli, 1990 Diletta Della Rasa, 1974 Chiara Dorbolò, 1988 Caterina D’Ubaldi, 1998 Elena De Pasqualis, 1994 Claudia Di Carlo, 1987 Matteo Di Carlo, 1993 Livia Di Gioia, 1988 Rebecca Donati, 1995 Giulia Drummond J., 1993 Serena Fagiani, 1992 Gianna Fanelli, 1997 Valeria Fanti, 1990 Gisella Fasone, 1991 Claudia Filippi, 1974 Alexandros Fokianos, 1996 Giulia Fontana, 1994 Elisa Formigani, 1998 Sara Fossatelli, 1995 Jacopo Franceschetti, 1994 Anna Fumagalli, 1998 Bianca Fumagalli, 1996 Elena Gargaglia, 1993 Camilla Giuliano, 1997 Francesca Gravagno, 1994 Gaia Graziotti, 1994 Carola Grechi, 1992 Flavia Grimaldi, 1991 Anna Haas, 1995 Francesca Haas, 1993 Claudia Lalli, 1999 Giulia Libianchi, 1992 Lorenzo Libianchi, 1995 Silvia Losardo, 1997 Livia Lozzi, 1989 Valeria Maestri, 1996 Alessandra Marsico, 1994 Renata Martinelli, 1997 Emanuela Masella, 1995 Marta Mastrobuono, 1990 Giulia Mattei, 1994 Martina Mazza, 1999 Marta Mastrobuono, 1990 Arianna Mele, 1991 Michela Meniconi, 1998 Mariam Migahed, 1994 Nilima Mittal, 1997 Federica Moccia, 1994 Martina Monaldi, 1989 Diana Musacchio, 1997 Ilaria Musci, 1996 Francesca Nardi, 1997 Elisa Nardini, 1988 Alice Nosiglia, 1996 Giulia Padolecchia, 1998 Thomas Palozzi, 1996 Giulia Panfili, 1989 Maria Cristina Parenti, 1996 Alessia Pasotto, 1998 Marianna Pasquali, 1994 Chiara Pastore, 1993 Bianca Paolucci, 1995 Giulia Perpignani, 1995 Valentina Perpignani, 1995 Elisa Pescitelli, 1993 Elisabetta Petrucci, 1997 Flavia Petrucci, 1994 Elena Pia, 1990 Andrea Pianalto, 1996 Valerio Picchi, 1987 Adriana Pistolese, 1996 Flavio Pistolese, 1993 Irene Proietto, 1996 Cecilia Rendina, 1995 Iacopo Ricci, 1990 Susanna Romanella, 1995 Gaia Romano, 1998 Gilda Romano, 1993 Greta Romano, 1996 Filippo Sabani, 1993 Benedetta Sabene, 1995 Silvia Saccone, 1995 Francesco Saracini, 1996 Vanessa Sauls, 1994 Maria Savi, 1994 Leonardo Scarton, 1997 Tiziano Scrocca, 1985 Camilla Schettino M., 1992 Giulia Sepe, 1991 Federico Serpe, 1995 Barbara Sideri, 1990 Flavia Sidoni, 1988 Iacopo Smeriglio, 1999 Valentina Spagnoli, 1987 Alice Straffi, 1995 Isabella Tabacchi, 1998 Giulia Tancredi, 1996 Lorenzo Trasarti, 1992 Elio Trevisan, 1995 Veronica Turchetti, 1986 Marta Vannelli, 1997 Francesca Vignali, 1993 Eugenia Vitello, 1995 Marco Vitiello, 1990 Giulia Zadra, 1996 Marco Zanne, 1988 Maria Cristina Zanne, 1995 Francesca Zanni, 1994 Linda Zennaro, 1995 Alessandra Zoia, 1990
Per chi non fosse al corrente dello svolgersi degli eventi citati in questa lettera: Niente minigonna a scuola, preside del liceo Socrate: “Ancora non ho ricevuto lettera studentesse” (18 settembre 2020): https://bit.ly/30ImnQW Roma, gli studenti del Socrate alla vicepreside che vieta la minigonna: "La scuola deve eliminare la cultura sessista" (18 settembre 2020): https://bit.ly/3iCReV6 Comunicato del Dirigente Scolastico del Socrate (data ignota) : https://bit.ly/3jSHaJ7 Integrazione al comunicato del Dirigente Scolastico (19 settembre) : https://bit.ly/3jFdleB «Niente minigonne a scuola? Io, vicepreside femminista, sono stata fraintesa» (20 settembre 2020) : https://bit.ly/2GOvtnL Minigonne al liceo Socrate, parlano i docenti: “Solo strumentalizzazioni” (21 settembre 2020): https://bit.ly/3llsO47
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“Ma non ti spaventa tutto questo?” - Questo cosa? - Chiedo io. “Restare solo, essere solo.” - Ma che ne so Robbé, fammi provare, poi vediamo. Cioè non è che normalmente io non mi senta solo, ci convivo con la solitudine, da sempre, solo che prima ci convivevo insieme ad un’altra persona. Ma avere coinquilini è un terno al lotto: delle volte funziona mentre altre volte trovi troppi capelli in giro e piatti da lavare e pensi che non ne vale la pena di giocare sempre gli stessi numeri sulla ruota di Napoli. Tanto vale provare la soluzione finale. E la soluzione finale consiste nell’eliminazione dell’ultimo umano che mi teneva legato al concetto di umanità: la coinquilina. L’ho aiutata a traslocare nella sua nuova casa, non dista troppo dalla mia. Forse è il senso di colpa per averle detto “Guarda non funziona, non sei tu, sono io, sono diventato ancora più allergico alla presenza di persone nella mia vita”. Una volta svuotata la casa ho suddiviso i mobili per le due stanze. Ho spostato il letto. L’armadio. Ho pulito i pavimenti due volte. Tre volte perché tutto deve splendere quando invito qualcuno a cena non voglio debba aspettare il dessert per avere il sospetto io sia un serial killer. Poi mi sono messo in salotto. Mi sono steso sul tappeto e ho chiamato Roberto. Gli ho raccontato dei nuovi cambiamenti e della situazione attuale, rinnovando come al solito il mio invito ad ospitarlo. La sua unica perplessità era la solitudine. Così mi sono messo a pensarci, alla solitudine. All’avere 35 anni e stare in un appartamento da solo. Per la prima volta. Perché prima fino ai 25 ero con i genitori, poi con un amico, poi ho convissuto per qualche tempo, poi in giro in case non mie, poi in un appartamento con una coinquilina. Credo che tutto questo percorso fosse stato pensato per portarmi qui. A stare 24 ore su 24 con la persona che più mi sta sul cazzo: me. Mio padre è un bravo pulcino, al telefono ha detto: “Matteo non fare come me, dopo tua mamma sono stato 10 anni da solo. Trova qualcuno, alla fine non fai troppo schifo” - Pucci, sono uguale a te ma con i capelli. “Infatti, è quello che ti salva. Goditela finché dura. Quei capelli non restano 10 anni” Sto facendo un sacco di telefonate e la mia voce rimbomba nelle stanze vuote. La solitudine oggi non esiste. È un concetto in cui ci rifugiamo per darci un tono misterioso. Non sono solo, non più del dovuto. Esco ed ecco le persone. Sto zitto in camera ed ecco i vicini. Guardo il telefono ed ecco il mondo. Talvolta una app per appuntamenti riesce pure a farmi incontrare sexy ragazze single nella mia area. Quanti sapori disgustosi ci sono in giro. La solitudine era una ricerca, forse l’obbiettivo. Quando di notte non prendo sonno perché ogni rumore mi fa pensare all’esistenza di un mostro, mi rendo conto di essere lo stesso bambino con la lucetta di Paperino nella presa della corrente. Devo ammazzare quel mostro, quello che mi fa pensare di non essere abbastanza, che è meglio lasciar perdere e neanche provarci con i sogni. Che si sta meglio con la realtà e basta, quella dal lunedì al venerdì in ufficio e poi forse si tromba scarsamente il sabato. Ma non è quello che voglio. Mentre Marta mi abbracciava mi ha chiesto: “Perché fai di tutto per non essere felice?” - Perché non lo merito ancora. Sono bravissimo a dare risposte del cazzo che funzionano alla grande in un post su Tumblr. Madonna mia che adorabile cliché di sfigato. 49 metri quadrati non sono pochissimi, forse per un gatto vanno bene. Mi sono informato. Per un gatto anziano e decadente vanno più che bene. Non necessita di molto. Non corre troppo. Non fa attività fisica. Passa la maggior parte del tempo fermo a sonnecchiare e si muove quando ha fame. In pratica devo prendere me stesso in formato gatto. Se lo prendo però lo voglio con 3 gambe. Se ne ha 4 gliene taglio una. Purtroppo sul sito dove sto guardando per prendere un gatto puoi selezionare colore, sesso, razza, età ma non il numero di arti. Magari la app per appuntamenti funzionasse allo stesso modo. Selezionerei solo ragazze con 3 seni come l’aliena di Atto di forza. Ho pensato ai vermi. Se tagli un verme a metà e le due parti continuano a vivere indipendentemente, magari un giorno, dopo che si sono conosciute, si piacciono e finiscono per sposarsi. Magari è così che i vermi trovano l’anima gemella. Non mi dispiacerebbe poter fare lo stesso. Mi abbraccerei la notte. Sarei la mia metà. Dipende solo da come mi divido in due, se in orrizzontale o in verticale. Deve fare abbastanza schifo in orizzontale poi finisco ad abbracciarmi con le gambe e mi struscio il cazzo in faccia. Meglio in verticale, un abbraccio misero ma funzionale. C’è stata una volta, un periodo, in cui non mi sono sentito solo. Un periodo e basta. Quando ho fatto entrare qualcuno nella mia testa e le ho fatto arredare i miei pensieri con le sue parole. Promesse. Salvo poi rendermi conto che quella persona non esisteva davvero, l’avevo partorita io con la mia immaginazione. Per questo adesso là dentro non entra più nessuno e si sta da soli. Perché ora si arreda il reale. Ci si prende tutto lo spazio possibile. Si insegna al bambino spaventato con la lucetta di Paperino come si fa a pugni con i mostri. Si cerca un gatto a 3 zampe da chiamare Adolf. Si fanno telefonate o si ascoltano messaggi audio di porca la puttana 11 cazzo di minuti. Ma siete pazzi. Chiamatemi piuttosto tanto non dormo. Ma è bello sapete. È proprio bello guardarsi dentro e vedere quanto spazio c’è, per farci quello che vuoi, quando vai a convivere con la solitudine.
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”Riaperture 2019” a Ferrara
di Cristina Sartorello
--- Si parla del “Futuro” a Ferrara per due weekend il 29, 30, 31 marzo e il 5, 6, 7 aprile 2019 dalle ore 10 alle 19, dove la fotografia riapre gli spazi chiusi della città: questo è lo scopo della edizione 2019 di “Riaperture” Photofestival a Ferrara che porta le immagini in luoghi abbandonati.
Le fotografie sono esposte in otto spazi facilmente raggiungibili a piedi situati in centro città e ben collegati tra loro con la ben fatta brochure esplicativa ed il foglio mappa degli eventi.
Si parte dalla “Factory Grisù”, ex Caserma dei Vigili del Fuoco in Via Poledrelli 21, zona stazione ferroviaria, dove troviamo la buona e già conosciuta mostra in bianco e nero “Venezia e le Grandi Navi” di Gianni Berengo Gardin in cui la città lagunare rischia di diventare “un giocattolo, uno di quei suoi cloni in cartapesta come a Las Vegas”, travolta dal turismo di massa, negli scatti di Berengo che ti portano le navi da crociera ad un cm dal naso, come con un grandangolo spinto, ma non è una distorsione ottica sono loro dei grandi mostri.
©Gianni Berengo Gardin
Inoltre lì sono esposti il lavoro “Solo” di Marika Puicher, un progetto sul rapporto affettivo di due giovani ragazze a Casablanca, dove l’omosessualità è proibita, poi “Futuri prossimi” un interessante laboratorio di 15 persone partecipanti, tra cui cittadini residenti a Ferrara e migranti provenienti da tutto il mondo, con nove fotografie ciascuno più il loro autoritratto, con scatti della loro casa, del lavoro, dei loro documenti, delle loro passioni, della famiglia e di come pensino il loro futuro.
Invece il Concorso fotografico Futuro ha visto vincitrice Claudia Corrent con il progetto “Per te, per ricordarti spesso” e Lorenzo Mini per la foto singola “Amarcord”; al Factory Grisù sono esposti i primi tre premiati, con lavori estremamente interessanti, innovativi, non fotocopie di progetti già visti, selezionati da una giuria presieduta da Francesco Cito.
A Palazzo Prosperi-Sacrati in Corso Ercole I d’Este, 23 di fronte al Palazzo dei Diamanti, che ha una straordinaria scala interna ed un loggiato creato da Biagio Rossetti, purtroppo in condizioni di degrado, è esposta la mostra “How far is a lightyear? del giovane autore austriaco Simon Lehner premiato a Paris Photo 2018, che ha visto per la prima volta suo padre nel 2005 all’età di nove anni ed allora la prima cosa che gli ha chiesto è stata: “quanto dura un anno luce? Un lavoro di ricerca interiore davvero ben fatto.
©Simon Lehner
Lì vicino in corso Porta Mare, 9 a Palazzo Massari, sede del Museo Boldini, chiuso per restauro dopo il sisma del 2012, ora sono esposte due mostre: “Alps” di Ettore Moni, sulla situazione delle nostre montagne invase dal turismo, con esasperata antropizzazione che porta ad una alterazione drammatica del paesaggio, e Mattia Balsamini con “Risorse disponibili”, un progetto di decomposizione di ricordi sul lavoro, sul futuro delle nuove tecnologie, che parte dai ricordi di un bambino.
Nella Salumaia dell’Hotel Duchessa Isabella, situata in via Palestro 10 è visibile il buon lavoro “Sex Robots” della fotografa messicana Tania Franco Klein, commissionato dal New York Magazine, sugli oggetti sessuali artificiali per creare soddisfazioni corporee; il progetto è buono assai e pertinente al tema del festival, purtroppo esposto in un luogo buio e decisamente slegato con le locations delle altre mostre.
Sempre in centro in via Garibaldi, 3 in un negozio ex sede di attività commerciale, troviamo le fotografie di Claudio Majorana in “The lost generation”, un lavoro realizzato per un’inchiesta di Repubblica sui “Neet”, cioè giovani non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione, un viaggio in un limbo di sensazioni: tutti gli scatti sono in bn in un tempo che gira a vuoto, mandando un messaggio durissimo.
©Claudio Majorana
Spostandoci verso sud est si arriva in via Cisterna del Follo, 10 dove si è riaperta la caserma 'Pozzuolo del Friuli, enorme edificio nel centro della città, inaugurata nel 1930 e chiusa dal 1997. Gli spazi della caserma, e la cavallerizza, ospitano alcune mostre e la seconda biglietteria del festival. È la novità dei luoghi della terza edizione, è il futuro che con la fotografia si riaccende, anche solo per sei giorni all'anno.
In questa sede la fa da padrone Francesco Cito con l’ottimo lavoro “Il muro di Israele”, scatti in bn che raccontano la barriera difensiva che divide Israele ed i territori palestinesi, un muro che è stato eretto per acquisire altro territorio oltre il confine, 13 km al di là, per cui non ci sono più strade, ma percorsi alternativi che durano ore, non scuole o ospedali, infiniti controlli per passare da una parte all’altra del muro, però non ci sono più kamikaze.
Francesco Cito mi ha detto che ha un certo amore per quel territorio sia Israele che Palestina, ma per lui la cosa peggiore sono tutte le religioni; mi ha raccontato che mentre faceva gli scatti lì, ha sempre spiegato cosa stesse facendo ed ha fatto due mostre in Palestina.
©Francesco Cito
Un’altra buona esposizione è quella di Fabio Sgroi “Post Euphoria. Post Europa” un viaggio iniziato più di venti anni fa in quattordici paesi dell’Europa dell’Est, rigorosamente a pellicola in bn; mentre il percorso “Getting closer, becoming mother” di Elinor Carucci dal 1993 al 2012 è noioso e poco pertinente, con grandi foto personali, autoritratti che non ti coinvolgono e lasciano il tempo che trovano e per me devono essere rigorosamente private, non sono di pubblico dominio.
Eugenio Grosso ci propone “Kurdistan memories” un interessante progetto a colori di questo giovane fotografo che ha viaggiato per sei mesi in Iraq nelle aree abitate dalla popolazione curda, effettuando un ben riuscito reportage; mentre Zoe Paterniani con “Discovery” ci porta in Medio Oriente con fotografie sovrapposte, che si possono sollevare.
Interessante il lavoro fatto dagli studenti del Liceo Artistico Dosso Dossi di Ferrara con cinque scatti per un futuro possibile, alla ricerca di una città in divenire per tredici alunni che restituiscono il loro viaggio futuro.
Attraversando l’area scoperta dietro alla Caserma si arriva alla Cavallerizza “Pozzuolo del Friuli”, in via Scandiana, 18 un immenso capannone in stile liberty dove è esposta la particolare mostra “Sentinelle” di Claudia Gori, vincitrice del premio Voglino 2018 come miglior portfolio proprio con questo progetto, in cui la fotografa dà voce a persone che soffrono di ipersensibilità ai campi magnetici, circa il tre per cento della popolazione mondiale, con grandi fotografie a colori di forte impatto emotivo ed un accompagnamento sonoro decisamente ingombrante.
©Claudia Gori
E per finire in bellezza la mostra nel centro di Ferrara “Displacement”, 10 anni dopo L'Aquila in un abbraccio che da Ferrara arriva a L'Aquila, due città unite da ricordi comuni: un sisma, lo spaesamento innescato, la mostra con fotografie di Giovanni Cocco e i testi di Caterina Serra, con teli cerati sospesi in via Garibaldi, ben inseriti nel contesto delle case in cotto, che racconta come hanno vissuto il post terremoto cittadini della capitale abruzzese, perché c'è ancora bisogno di chiedersi, quale sia il peso dei cittadini sulle città che abitano, per accorgersi di quanto gli abitanti abbiano sempre meno a che fare con i luoghi che li ospitano. “Nel cielo del centro storico di Ferrara, fino al 28 aprile, ci sono persone, anime, vite scosse che vogliono” solo riconoscersi, finalmente, dopo dieci anni di spaesamento: ascoltiamole”.
Inoltre gli ospiti di Riaperture 2019: Gianni Berengo Gardin, Francesco Cito, Francesco Zizola ed altri ancora, il Caffè con gli autori, altra novità del festival negli hotel della città al sabato e la domenica alle ore 10, appuntamento davanti a una tazza di caffè, per dialogare con i fotografi e ospiti di Riaperture. Prenderanno un caffè: Fabio Sgroi, Zoe Paterniani, Marta Viola, Francesco Zizola, TerraProject, Eugenio Grosso ed Edicola 518.
Ecco le letture portfolio di Riaperture Photofestival Ferrara 2019: Francesco Zizola (World Press Photo), Claudia Gori (Premio Voglino 2018), Silvia Taletti (Art Director gruppo editoriale Sprea), Giada Storelli (redattrice Il Fotografo), Rocco Rorandelli (TerraProject), Teodora Malavenda – Yourpictureditor (photo consultant e curatrice).
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Per informazioni: https://riaperture.com - [email protected]
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Gesù, maestro di contemplazione
Nella seguente dispensa degli “Insegnamenti settimanali” vorrei condividere con voi alcuni estratti da “Viaggio verso il Cuore”.
Questo libro si basa su conferenze tenute da vari autori nel corso “Radici del Misticismo Cristiano”, che è stato tenuto per quattro anni come corso annuale di 30 sessioni settimanali da Shankar e da me, sotto il patrocinio della Comunità Mondiale per la Meditazione Cristiana, nel Centro di Meditazione Cristiana di Londra. L’obiettivo del “Viaggio verso il Cuore”, come anche del corso, è di introdurre i meditanti della nostra tradizione e altri interessati alla Mistica Cristiana alla ricca corrente che fluisce nei secoli, utilizzando alcuni insegnanti spirituali come pietre miliari lungo il percorso. Leggere il libro è caldamente consigliato per fare un viaggio di scoperta spirituale; non è semplicemente una raccolta di informazioni, quanto invece un processo di crescita che avviene tramite l’essere a contatto con la saggezza di questi insegnanti. Spero che questi estratti vi stimolino l’appetito alla lettura dell’intero libro.
Laurence Freeman inizia il volume riportandoci al fondamento della preghiera contemplativa cristiana, Gesù. Lo fa non esplorando passi specifici della Scrittura, come è stato fatto nel passato, ma sottolineando che è il modo di insegnare di Gesù e il suo modo di essere a mostrarcelo come maestro di contemplazione.
Laurence inizia le sue riflessioni con la storia di Maria e Marta: “Gesù viene a visitare Marta e Maria, due sorelle, due sue amiche. Marta, che rappresenta la vita attiva, gli da il benvenuto in casa mentre Maria, che rappresenta la vita contemplativa si siede ai suoi piedi per ascoltare la sua parola. Il testo dice che lei si siede e sta lì. Marta invece viene distratta dai molti lavori e ne esce come una specie di terrorista domestica che esplode in rimostranze con Gesù: “Signore, non vedi che mia sorella mi ha lasciata da sola a servire? Dille di aiutarmi!”.
Marta è chiaramente la star o l’anti-eroina di questa storia. Il lettore medio si identifica e simpatizza con lei. Chi a volte non ha provato quello che prova lei? Non è di umore piacevole, ma non viene condannata da Gesù – o dal narratore o dal lettore – perché è così chiaramente in uno stato di sofferenza, isolata, arrabbiata, paranoica, oberata, piena di sentimenti di abbandono. Il suo ego si è dolorosamente gonfiato e vede tutto in relazione a se stessa. Se dovessimo dare alla Marta tuttofare un lavoro in più nel suo riposo celeste sarebbe quello di essere la santa patrona dello stress, del quale mostra tutti i sintomi classici. Eppure, al di là della auto-drammatizzazione sta solo cercando di preparare un buon pranzo, di essere ospitale. Perché non chiede direttamente a Maria di aiutarla? Perché dà la colpa a Gesù e diventa la sola discepola nei vangeli a dirgli cosa fare? Queste sono domande che, ad un livello di lettura, ci rendono la storia istruttiva, offrendoci lumi sul suo significato morale. Come ci aiuta la storia a capire il nostro comportamento? Eppure, ad un livello spirituale più profondo non ci stiamo occupando di psicologia ma della vera natura della nostra umanità. Le due sorelle rappresentano non solo due tipi di personalità, ma le due metà del nostro animo umano. Questo è implicito nel modo in cui Gesù risponde a Marta. Con calma e in modo amichevole spiega a Marta, prima di tutto, che ha un po’ perso il contatto con se stessa. Pronuncia due volte il suo nome per riportarla al presente. In questo modo, si spera, Marta comincia ad imparare ad ascoltarlo come Maria stava facendo. “Marta, Marta, tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose,” le dice. Gesù non sta addossandole colpe, ma le sta offrendo una diagnosi del suo problema, mostrandole quanto si sia alienata dalla sua altra metà, da sua sorella. Le dice che ha accumulato un grado di stress non più gestibile nel suo darsi da fare mentre “una cosa sola è necessaria”. Non dà una definizione di questa unica cosa. Ma certamente “l’unica cosa” è essere uno, il reintegrare il sé diviso le cui fratture interne l’hanno condotta alla rabbia e alla violenza.
Nelle parole successive, difende la dimensione contemplativa della vita che regolarmente viene messa sotto attacco dal lato attivista del sé diviso perché ritenuta inutile, non produttiva ed egoista. Questa unità originale dell’anima, l’equilibrio e l’armonia tra azione e contemplazione decide dell’intero disegno e tono della vita. Senza di essa ogni aspetto della vita è frammentato. In termini religiosi, teologia, preghiera e adorazione sono tutte danneggiate da divisioni interne. La fede stessa, senza la dimensione contemplativa, in ultimo degenera in ideologia o conformità sociale.
In termini più generali, la psiche umana collassa nell’unilateralità, squilibrio e disarmonia. Questo è il motivo per cui Gesù dice qualcosa che può essere male interpretato come una dura critica di Marta: “Maria ha scelto la parte migliore e nessuno gliela porterà via.” In realtà, sta dicendo che l’essere viene prima del fare e la qualità del nostro essere determina la qualità ed efficacia di tutte le nostre azioni. Non sappiamo come Marta abbia risposto. Alza le braccia in disperazione e se ne va sbattendo la porta, o improvvisamente si calma e fa quello che avrebbe dovuto fare prima, ovvero chiedere a Maria di aiutarla? Sarebbe il test del lavoro di Maria. Se lei dovesse rispondere “No, sto contemplando, lasciami in pace”, mostrerebbe che il suo lavoro è inautentico. Se saltasse in piedi per aiutarla, la sua altra metà sarebbe in armonia. L’errore di Marta, fatto da culture e religioni come anche da individui, è il non essersi ricordata che anche Maria stava lavorando. Noi siamo sia Marta che Maria. Il nostro squilibrio è rappresentato qui da Marta che lo mostra come problema universale. L’unica cosa necessaria è di portare le due metà della nostra anima di nuovo in relazione di amicizia e in equilibrio. Ci sono molti modi con cui possiamo farlo. La cosa più importante ovviamente è recuperare il lavoro che Maria sta facendo – Marta ha dimenticato il valore della non-azione di Maria: anche se Maria sembra non fare nulla, sta lavorando, ascoltando, ponendo attenzione e restando tranquilla.
La storia ci mostra Gesù come maestro di contemplazione che capisce e vuole comunicare quanto la completezza sia equilibrio santo e integrazione. Gesù ha insegnato questo, non solo con le parole, ma con l’esempio. Specialmente nel vangelo di Luca, lo vediamo fermare di frequente il ritmo veloce della sua vita, la sua predicazione, la sua opera di guaritore e di viaggiatore, ritirandosi in luoghi tranquilli per pregare da solo o con pochi discepoli. (Luca 6,12; 9,18; 22,39). Se non ci fosse stata una armonia tra ciò che insegnava e ciò che faceva, il suo insegnamento sarebbe mancato di autorevolezza. L’identità cristiana dipende direttamente da questa autorità”.
Kim Natarja
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Le piacciono i pini, la sabbia, la neve, le stelle, le pietre che resistono alla corrente. Le piacciono perché non sono lì per lei nè per nesun altro, ma in un certo senso sono lì per tutti. Cioé, certe cose esistono e basta, non c'é un mtivo, ma poi tutti possono godersele. Allor sembra quasi che una ragione ci sia per il fatto che esistono, anche se non sono di nessuno e nessuno se le puó portare via. Anzi, proprio perché nessuno se le puó portare via. Così certe cose, se le incontri, le puoi guardare, le puoi accarezzare, ci puoi mettere il piede sopra per proteggerti dalla corrente del fiume, ma alla fine i pini, la sabbia, la neve, i sassi e anche le stelle restano lì. Loro restano e tu te ne vai. Magari ti sembra tutto come prima, perché non ti sei portato via niente, ma in realtà non é vero, perché ogni volta che vedi una cosa bella, che provi un'emozione o che passi un torrente, qualcosa cambia. Tu non sei proprio ugale a prima, perché c'é più mondo dentro di te.
Elena Rausa - Marta nella corrente.
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Nuovo post su http://www.fondazioneterradotranto.it/2019/05/02/il-delfino-e-la-mezzaluna-n8-editoriale/
Il delfino e la mezzaluna, n°8. Editoriale
di Alessio Palumbo – direttore
Cara lettrice, caro lettore,
come nel 2018, la Fondazione Terra d’Otranto ha deciso di inaugurare la serie di pubblicazioni previste per quest’anno con la rivista Il Delfino e la Mezzaluna, un periodico nato, oramai nel lontano 2012, con la stessa Fondazione e con essa cresciuto. La sua longevità, pur nell’avvicendarsi delle persone, pur con piccole e grandi modifiche formali e la sua diffusione nelle principali biblioteche salentine e nazionali, dimostra quanto questa terra abbia da raccontare ed offrire a chi, come noi (e come voi lettori) voglia conoscerla. Una poliedricità di argomenti, di tematiche, di figure che rappresentano il principale stimolo a continuare, pur di fronte alle immancabili difficoltà pratiche legate all’attività editoriale. Ma diamo il bando alle premesse ed iniziamo ad inoltrarci nel nuovo numero: l’ottavo della serie.
I collaboratori che gli hanno dato vita ci consentiranno, ancora una volta, di muoverci nel tempo e nello spazio, pur nei confini dell’antica Terra d’Otranto, visitando luoghi più o meno noti, scoprendo i personaggi (reali, mitologici, di pura fantasia, viventi o vissuti) che li hanno animati e li animano; ci permetteranno di ammirare le «tracce» lasciate dal loro passaggio e di scoprire testimonianze più o meno dirette e più o meno conosciute sulla loro esistenza. In questo numero, più che in altri, il piano del reale e dell’irreale, del concreto e del fantastico si intersecheranno e compenetreranno. Ma non vogliamo anticipare altro, lasciando a voi il piacere (si spera) di questa lettura.
Nel preparare questa edizione, il nostro fine è stato quello di portare alla luce degli studi che, pur nell’estremo rigore scientifico che li contraddistingue, non siano solo degli strumenti per conoscere una specifica realtà, ma anche degli stimoli per andare oltre, per interrogarsi, per guardare con occhi diversi il Salento. Questi saggi hanno, nelle nostre intenzioni, lo stesso ruolo dato alle «parole» da Cipriano Algor e dalla figlia Marta, i due protagonisti del romanzo La Caverna. Così disquisivano i due vasai, frutto della penna del nobel portoghese Josè Saramago:
“le parole sono soltanto delle pietre messe di traverso nella corrente di un fiume, sono lì solo per farci arrivare all’altra sponda, quella che conta è l’altra sponda, A meno che, A meno che, cosa, A meno che quei fiumi non abbiano due sole sponde, ma tante, che ogni persona che legge sia, essa stessa, la propria sponda, e che sia sua, e soltanto sua, la sponda a cui dovrà arrivare”[1].
I saggi del presente numero siano dunque per voi delle rocce poste nel fiume per scoprire un’altra sponda e uno spunto per esplorarne altre ancora. Personalmente, mi sono limitato a disporre le pietre, grandi e piccole, nella maniera più comoda possibile per il tragitto. Tutto il resto è opera, ovviamente, dei saggisti che, rimanendo nella metafora, hanno modellato questi massi di parole e li hanno offerti a noi in maniera gratuita e con eccezionale disponibilità; del presidente Marcello Gaballo, instancabile promotore e fautore delle molteplici attività della Fondazione; di Maria Costanza Baglivo, Elena Serio e, da quest’anno, del giovane Eider Arley Baglivo Castriota, che hanno fornito l’indispensabile consulenza linguistica; dei fotografi Maurizio Biasco, Rocco Castrignanò e Lino Rosponi che hanno offerto i propri scatti, anch’essi in maniera gratuita; di tutte le persone che con consigli, annotazioni o magari proponendo degli studi che per svariate ragioni non han potuto trovare spazio in queste pagine, hanno permesso ancora una volta la nascita di un nuovo numero. A tutti loro un grazie sincero.
Non mi resta dunque, cara lettrice e caro lettore, che darvi il mio «benvenuti», se per la prima volta vi accingerete a sfogliare queste pagine, o il «bentornati» se già in passato avete avuto modo di leggere Il Delfino e la Mezzaluna e, proprio per questo, avete deciso di farlo nuovamente.
Buona lettura!
[1] J. Saramago, La Caverna, Feltrinelli, Milano 2017, pp. 76-77.
#Alessio Palumbo#Fondazione Terra d'Otranto#Il delfino e la mezzaluna#In Evidenza/News#La Nostra Rivista#Libri Di Puglia#Pubblicazioni#Spigolature Salentine
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PESARO – A Pesaro c’è una città intera che legge e in nome della lettura si mettono in moto molte buone energie. Perché leggere migliora la vita e aiuta a costruire una società più civile. Per questo, domenica 24 maggio Pesaro Città che Legge lo farà ‘ad alta voce’, in un’imponente maratona di lettura digitale che coinvolge tutta una comunità che lavora per amore dei libri: le biblioteche, le scuole, le librerie, le associazioni, gli scrittori e i poeti, i partner e amici del progetto.
Dalle 15 in poi, più di 85 contributi con oltre 90 lettori di ogni età, saranno live sulle pagine fb Pesaro Cultura e Pesaro Città che Legge e sui gruppi Casa Pesaro e Io resto a casa/Pesaro Cultura. La maratona andrà in diretta anche su Rossini TV.
L’evento del 24 maggio è un’iniziativa messa a punto all’interno del progetto ‘Pesaro Città Che legge’ – riconoscimento ottenuto nel 2017 dal CEPELL Centro per il libro e la lettura -, ed è promosso dal Comune di Pesaro/Assessorati alla Bellezza, Crescita, Solidarietà, Coesione e benessere. La maratona rappresenta anche l’occasione per rilanciare la raccolta fondi ‘SOS Pesaro’, destinata alle famiglie in difficoltà economica per l’emergenza sanitaria che ci ha colpito.
A Pesaro la vocazione alla lettura è forte, radicata e appassionata; non c’è luogo dove non si legga. L’eccellenza pesarese – che svetta a livello nazionale ma anche europeo – trae la sua forza dalla ricca presenza di tante realtà strutturate – piccole e grandi, pubbliche e private – che hanno radici profonde nella pratica attiva della lettura e che lavorano con tenacia, ciascuno nel proprio ambito, per la promozione del libro.
Sono i soggetti che hanno sottoscritto il Patto per la Lettura con il Comune e che ora hanno risposto con entusiasmo al suo appello. Grazie a loro, quella di domenica 24 maggio sarà una maratona con una grandissima varietà di gusti letterari e proposte – dai classici come Manzoni, Proust, Pirandello o Prévert ai contemporanei come la Ferrante e Bauman solo per citarne alcuni -, pensata anche per bambini ed adolescenti (alcuni di loro leggeranno), ed inclusiva con letture in Braille, LIS (lingua italiana dei segni) e CAA (comunicazione aumentativa e alternativa); insomma, un’offerta trasversale e democratica come la pratica del leggere sa essere.
Sottolinea Daniele Vimini, assessore alla Bellezza: ‘Il Coronavirus ci ha impedito la realizzazione delle quattro notti di lettura in programma dal 16 al 19 aprile cui si era già iniziato a lavorare e che avrebbero coinvolto le tantissime realtà cittadine che partecipano attivamente alla promozione del libro. Per non perdere completamente quell’appuntamento (che resta in qualche modo ‘congelato’), abbiamo pensato ad una maratona che desse spazio a tutti coloro che si impegnano per diffondere la lettura e vi accorgerete che sono davvero in tanti, molto motivati e partner essenziali per l’Amministrazione.
Il progetto Pesaro Città che Legge – da cui è nata un’idea vincente e originale come la Patente del Lettore – non sarebbe stato possibile senza tutti loro. Un ringraziamento speciale a Lucia Ferrati e Cristian Della Chiara che hanno collaborato al coordinamento di questo evento.’
L’avvio della maratona alle 15 è affidato ad un intervento dell’assessore alla Bellezza Daniele Vimini. E poi protagoniste del pomeriggio, le letture agili (massimo 3 minuti ad ogni sessione) delle realtà che si sono messe a disposizione con grande generosità e che si ‘portano dietro’ – oltre a chi sarà visibile perché leggerà – un numero non conteggiabile di persone che lavorano alacremente perché la lettura sia sempre più abitudine diffusa e condivisa; nell’ordine in cui compariranno: scuole, associazioni, partner e amici della lettura, biblioteche, librerie e la sezione ‘Pesaro legge ciò che scrive’ con le voci di prosatori e poeti – ma ancor prima lettori forti – della città.
Chi partecipa alla maratona
Le scuole
Giuliana Ceccarelli, assessore alla Gentilezza e alla Crescita, legge un brano e introduce le scuole: il nido d’Infanzia Alberone, le scuole dell’infanzia La Giostra, Filo Rosso, La grande quercia, di via Togliatti/Istituto Comprensivo di Villa San Martino, Gulliver; la scuola Primaria Carducci; gli istituti comprensivi D. Alighieri, G. Leopardi e G. Gaudiano; l’associazione Il pane e le rose in collaborazione con il Liceo Classico Raffaello di Urbino; le scuole secondarie di 2° grado: Istituto Tecnico Economico Tecnologico Bramante-Genga, Istituto Alberghiero e Commerciale Santa Marta e G. Branca, IPSIA Benelli, Istituto di Istruzione Superiore A. Cecchi, Liceo Artistico F. Mengaroni, Liceo Mamiani, Liceo Scientifico Musicale e Coreutico G. Marconi; Università dell’Età Libera. Conclude la sezione delle scuole, la lettura di Marcella Tinazzi/dirigente Ministero dell’Istruzione e dell’Università/Ufficio scolastico regionale per le Marche/Ufficio VI/Area Territoriale della Provincia di Pesaro Urbino.
Le associazioni
Sara Mengucci, assessore alla Solidarietà, legge e introduce le associazioni: Il Campo ASD, Il Mantello, Fidapa, Paroledarancio, Meglio un libro, Le voci dei libri, Amici della Prosa, La Piccola Ribalta, d_Vulgare, Società Pesarese di Studi Storici, La lupus in fabula, Villa C’è, Guulliver, Genìa.
Partner e amici della lettura
Metauro Edizioni, Pesaro In Magazine, Corriere Adriatico, Il Resto del Carlino, Farmacia Rossini, Azienda Ospedaliera ‘Ospedali Riuniti Marche Nord’.
Le biblioteche
Mila Della Dora, assessore al Benessere e alla Coesione Sociale, legge e introduce la sezione delle biblioteche: quelle di Quartiere Louis Braille e Borgo Santa Maria, la biblioteca dell’Istituto Tecnico Agrario A. Cecchi, Pian del Bruscolo, Casa delle Donne, Bobbato, San Giovanni, Oliveriana, Fondazione Rossini.
Le librerie
Le foglie d’oro, Kaleidon, Campus Mondadori Bookstore, Coop, Il catalogo, Frusaglia
Pesaro legge ciò che scrive
Il sindaco Matteo Ricci legge e introduce la sezione dei prosatori e poeti del territorio che portano alto il nome di Pesaro nel panorama letterario: Maria Rosa Bastianelli, Annalisa Casalino, Francesca Costantini, Roberto Livi, Simona Baldelli, Alberto Giuliani, Michele Catozzi, Fabrizio Battistelli, Goffredo Pallucchini, enrico Capodaglio, Paolo Teobaldi. Per la poesia: Carlo Pagnini e Paolo Cappelloni (in dialetto), Tamar Hayduke, Laura Corraducci, Stefano Sanchini, Lella De Marchi, Loris Ferri, Gianni D’Elia.
Come donare per SOS Pesaro
Per contribuire alla campagna raccolta fondi di SOS Pesaro ci sono due modalità: attraverso il crowdfunding si dona con carta di credito sulla piattaforma GoFundMe (https://www.gofundme.com/f/sos-pesaro-emergenza-covid19). In alternativa, è possibile donare sul conto corrente: IBAN IT27S0882613303000000109506. Info: [email protected].
Pesaro Città che Legge ad alta voce! è un’iniziativa realizzata all’interno del progetto ‘Patente e libretto favorisca la lettura!, finanziato dal Centro per il Libro e la Lettura (CEPELL), istituto autonomo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
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Sabato 6 aprile 2019 viene inaugurata la nuova caserma dei Carabinieri in Trezzo, trasferendone a titolo definitivo la stazione da via Medici a via Nenni. Invocata fin dal 1860 e personalmente richiesta a Giovanni Giolitti, l’Arma s’insedia in paese nel 1908. A oltre un secolo da quella data così antica, hanno presenziato alla nuova inaugurazione: il Generale di Brigata Antonio De Vita, Comandante la Legione dei Carabinieri “Lombardia”; il Colonnello Luca De Marchis, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Milano; il Dott. Giacomo Pintus, Vice Prefetto di Monza e il Dott. Francesco Aldo Umberto Garsia, Vice Prefetto di Milano; il Capitano Antonio Stanizzi, Comandante la stazione di Vimercate; il Tenente Colonnello Simone Pacione, oggi Comandante del Comando Provinciale di Monza; il Deputato Massimiliano Capitanio, nativo di Vimercate e già apprezzato Caporedattore in alcune testate locali.
Uno scatto dell’inaugurazione (Foto Rino Tinelli)
Con decreto ministeriale del 22 agosto 1862, la caserma dei Reali Carabinieri di Vaprio è trasferita a Trezzo, dove i pubblici Amministratori lamentano «lo spirito litigioso e sovversivo di questa popolazione». Il 26 marzo dell’anno dopo, il provvedimento viene sospeso: l’Arma si concentra al Sud nella lotta al brigantaggio e, per scarsità di uomini, non può riformare al nord le proprie stazioni. Il comune trezzese offre comunque alcuni locali all’insediamento dei Carabinieri, perché in paese la Guardia Nazionale non basta più a garantire la pubblica sicurezza. «Nel mentre i Militi si pigliavano la ricompensa, non badavano al loro dovere, e ciò pel motivo semplicissimo che essendo tutti o parenti od amici, nessun voleva denunciare per non essere denunciato alla sua volta – riferisce il consiglio comunale nel 1864 – La giunta cercò sempre che i Reali Carabinieri fossero stazionati nel Comune […] e in questo soltanto vede un’ancora di salvezza contro la crescente immoralità». Solo l’imparzialità dell’Arma può rimediare al servizio dei Militi, tanto domestico e parziale che «i reati si moltiplicarono, semplici furti divennero grassazioni e rapine a mano armata, le minacce passarono a gravi e pericolosi ferimenti con attentati benanche alla vita dell’autorità nell’esercizio delle sue funzioni».
AsMi, Dettaglio di carteggio con la Divisione di Milano circa l’erezione della caserma trezzese (Fondo Prefettura)
La crisi agraria degli anni Settanta e l’avvio delle industrie paesane muovono masse tali da compromettere la tenuta dell’ordine pubblico. Con instancabile fiducia, dal 1862 al 1908 il municipio invoca perciò che l’Arma insedi a Trezzo una stazione. Ogni sindaco percorre ipotesi diverse: il paese abbia almeno una caserma provvisoria; traslochi altrimenti qui la brigata di San Gervasio, quella di Cassano o Vaprio. La politica locale ottiene solo che quest’ultima rinforzi l’organico per esercitare una speciale sorveglianza sulla vicina Trezzo. Nel giugno 1901, giungono qui da Vaprio alcuni agenti «durante il non breve periodo dello sciopero scoppiato in questi contadini, a scanso di disordini ed a salvaguardia della privata proprietà». Ai Carabinieri il comune ospitante provvede due vetturali, Antonio Ciocca e Luigi Minelli, oltre al vitto con alloggio presso il «Tre Re» di Enrico Presezzi o l’«Albergo Trezzo» di Rinaldo Redaelli. Anche l’11 e il 7 agosto seguente, solennità patronale di San Gaetano, «vi fu tale affluenza di forestieri in Comune da rendere necessario l’intervento di 5 Carabinieri», cui il consiglio comunale approva 40 Lire di spesa per i pasti e l’accoglienza.
Rinaldo Redaelli
Trezzo rivolge a Giolitti la richiesta di una stazione dei Carabinieri
«Passarono infruttuosamente ormai 42 anni […] – il sindaco trezzese lamenta al prefetto nel 1902 – Se in questo comune il desiderio di avere la stazione dei Reali Carabinieri era fortemente sentito fin dal 1860 (abitanti 3.500), oggi che la popolazione è salita a 5.353 abitanti, un tale desiderio si è trasformato in imperiosa necessità». Per indurre l’apertura di caserma, il primo cittadino espone come Trezzo ferva di industrie, negozi, tram e mercato; inoltre, il breve trasporto a Brembate della stazione di San Gervasio sguarnisce la sorveglianza del ponte sull’Adda. «L’acqua potabile, la luce elettrica e i Carabinieri sono tre problemi che da molto tempo si impongono a questa autorità comunale». La caserma è ormai un servizio indispensabile ma le possibilità di installarla sono talmente basse che il nuovo sindaco Luigi Galbiati decide di mirare alto: ricorre al deputato conte Andrea Sola Cabiati, perché illustri confidenzialmente in Roma la questione trezzese al sottosegretario Scipione Ronchetti e persino a Giovanni Giolitti, presidente del consiglio dei ministri. Già il 18 dicembre 1904, votando per integrare 3.000 uomini all’Arma, Sola incontra il leader politico in aula e gli caldeggia l’istituenda caserma di Trezzo. Mancano tuttavia gli estremi d’urgenza per una nuova stazione dei Carabinieri. Quella vapriese si allaccia intanto al centralino di Cassano, cui Trezzo deve rivolgersi telefonicamente, aggravando le tariffe di chiamata.
Giuseppe Rolla
È infine Giuseppe Rolla (1850-1918), imprenditore tessile e sindaco, a ottenere la sospirata caserma nel 1908. Già dal gennaio 1907 rivolge parole irrevocabili alla prefettura milanese: «Coll’erezione del nuovo ponte e col sorgere di nuove industrie, i vicini comuni di Capriate, San Gervasio e Grignano (abitanti 3.773) vennero per infiniti interessi di lavoro e negozio, a formare con Trezzo, si può dire, una sola borgata (abitanti 9.116) co’ suoi vantaggi, è vero, ma altresì co’ suoi danni per la pubblica sicurezza […] Il grandioso impianto idroelettrico [oggi Enel “Alessandro Taccani”], lo sviluppo preso da altre industrie, piccole e grandi, la linea tramviaria, chiamarono in luogo uno straordinario numero d’operai dal contado milanese e veneto, cosicché la popolazione ascese ad oggi a 6.800». In paese si censiscono 180 esercizi, di cui 49 pubblici: oltre i due terzi della cittadinanza sono operai, benché all’anagrafe figurino contadini.
Documento della stazione dei Carabinieri di Trezzo (Raccolta Rino Tinelli)
«Qui c’è il convegno di tutti i birichini, i scavezzacolli d’ambo i sessi, e dei pregiudicati anche dei paesi vicini. A far fronte a tutta questa accozzaglia di gente non vi sono – quando vi sono, al sabato, alla festa ed al lunedì sera – che due poveri diavoli di Carabinieri, i quali già stanchi all’arrivo – perché la stazione dista 5 chilometri circa e sono sprovvisti di bicicletta – devono affaticarsi per l’ampio abitato e far l’impossibile […] Non solo, nella seconda metà dell’anno 1905 avvennero due grandiosi incendi, non si potette avere un Carabiniere […] Ma ciò che rattrista ed impensierisce sono i furti, i ferimenti (di cui 5 noti ed impuniti dall’8 settembre al 3 dicembre del corrente anno) e delitti d’ogni genere che restano ignoti […] è umiliante che una popolazione buona ed attiva, come quella di questo paese, sia quasi alla mercé di un manipolo di teppisti e di pochi farabutti».
L’ex-oratorio di Santa Marta, sede storia dei Carabinieri a Trezzo (Foto Rino Tinelli)
Malgrado le rassicurazioni prefettizie, la caserma non viene accordata: Giuseppe Rolla e l’intera giunta comunale minacciano allora le dimissioni, informandone l’onorevole Sola con l’appoggio del senatore Silvio Benigno Crespi. Il timore di uno scandalo politico smuove finalmente la pratica, aperta da quasi mezzo secolo: la stazione dei Reali Carabinieri si insedia a Trezzo entro il 20 giugno 1908 quando, in esito alla nuova apertura, viene abolita la vecchia caserma di Cornate. Nel 1911 «per quanto un costruendo impianto della Edison [oggi “Carlo Esterle”] possa portare un aumento di operai in quella plaga, non si ritiene per nessuna ragione il caso di ripristinare la soppressa stazione di Cornate. A tale proposito venne sino dall’inizio dei lavori disposto che quasi giornalmente due militari si rechino di servizio sui luoghi del nuovo impianto tanto più che la forza della stazione di Trezzo è di otto militari compresi due sottufficiali». Così nel 1911 scrive al ministro il capitano comandante la divisione di Milano esterna, quando la caserma trezzese è ancora retta da un brigadiere.
Il maresciallo Giuseppe Minella
Promossa a sede di maresciallo, Trezzo accoglie in questa dignità: Gennari entro il 1924; Giuseppe Minella (1889-1936) prima del 1928; e più tardi Salvatore Migliaccio. Oltre che presso la dismessa Casa del Fascio (già casa dell’ing. Agostino Perego e oggi sede della Polizia Locale), la stazione tiene storico domicilio nell’oratorio sconsacrato di Santa Marta, presso l’omonima porta del borgo. L’edificio conferma l’uso militare lungo la Seconda guerra mondiale quando, nel novembre 1943, alcuni partigiani sono imputati di aver affisso manifesti antifascisti. L’intervento di un appuntato dei Carabinieri, contrario al regime, riduce a multa per schiamazzi notturni l’accusa altrimenti pendente di attività sovversiva. Sulla via che porta oggi il suo nome, l’avvocato poeta Luigi Medici (1888-1965) devolve pubblicamente la proprietà dove progetta una struttura per anziani. Sospeso, il cantiere si compie a uso di nuova caserma, da cui i Carabinieri trezzesi trasferiscono all’attuale sede di via Nenni.
Luigi Medici con la madre Teresa Crespi
Fonti. Archivio Comunale di Trezzo: Storico, 26/508; Moderno, 191. Archivio di Stato di Milano: Prefettura, Gabinetto, I versamento, 187 e 188. Cristian Bonomi, Laura Businaro, Gabriele Perlini, Incroci di vite, Trezzo 2019, edizione on-line, pp. 97-98; Romano Leoni (a cura di), Antifascismo e Resistenza a Trezzo 1943-1945, Vaprio d’Adda 2000, p. 68. Bollettino ufficiale dei carabinieri reali, Roma 1908, p. 58. Giornale militare ufficiale, Roma 1874, p. 306. Carlo Giacomo Boisio, Luigi Medici, Milano s.d., pp. 172-174. Ringrazio Lorenzo Bassi; il Luogotenente Marco Bennati, comandante la stazione di Trezzo; Silvia Bonomi (Archivio Comunale di Trezzo sull’Adda), Alberto Rolla (Archivio famiglia Rolla) e Rino Tinelli (Raccolta Tinelli).
Dall’Informatore Comunale La Città di Trezzo sull’Adda – Notizie, 2019, I
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Il Comandante Marco Bennati davanti alla nuova stazione dell’Arma di Trezzo su via Nenni (Foto Rino Tinelli)
La nuova caserma dell’Arma di Trezzo su via Nenni (Foto Rino Tinelli)
Da sinistra: il Luogetente Marco Bennati, il dott. Francesco Aldo Umberto Garsia (Vicario-Coordinatore del Prefetto di Milano), il sindaco trezzese Danilo Villa, il Generale di Brigata Antonio De Vita (Comandante la Legione dei Carabinieri “Lombardia”) e il prevosto Don Alberto Cereda convenuti alla cerimonia (Foto Rino Tinelli)
La consegna di rito tra sindaco e Comandante della stazione (Foto Rino Tinelli)
Il taglio del nastro: da sinistra il prevosto trezzese Don Alberto Cereda, il Generale di Brigata Antonio De Vita (Comandante la Legione dei Carabinieri “Lombardia”), il dott. Francesco Aldo Umberto Garsia (Vicario-Coordinatore del Prefetto di Milano) e il sindaco trezzese Danilo Villa (Foto Rino Tinelli)
La benedizione (Foto Rino Tinelli)
Tra le autorità intervenute alla cerimonia: da sinistra, il Deputato Massimo Capitanio, il Generale di Brigata Antonio De Vita (Comandante la Legione dei Carabinieri “Lombardia”), il sindaco Danilo Villa e il Luogotenente Marco Bennati (Foto Rino Tinelli)
La refezione presso le scuole medie di Trezzo (Foto Rino Tinelli)
Uno scatto dell’inaugurazione (Foto Rino Tinelli)
Carabinieri, dal 1908 un’Arma per la pace dei Trezzesi Sabato 6 aprile 2019 viene inaugurata la nuova caserma dei Carabinieri in Trezzo, trasferendone a titolo definitivo la stazione da via Medici a via Nenni.
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Il vaticanista Marco Tosatti pubblica il resoconto dettagliato, riportato da un sito tedesco, dell’incontro che papa Francesco ha avuto con alcuni esponenti del Partito dei Lavoratori brasiliani, nonché collaboratori ed amici dell’ex presidente brasiliano Lula, recentemente condannato e incarcerato per corruzione. Noi commentiamo solo con un parola: orrore! Perché? Leggete e capirete.
di Marco Tosatti (12-08-2018)
Cari Stilumcurialisti, grazie alla cortese di un lettore, F.M, possiamo tutti leggere l’articolo pubblicato dall’agenzia tedesca Katholisches.info, e che riguarda la straordinaria presa di posizione del Pontefice regnante nell’affaire Lula, l’ex presidente del Brasile condannato alla prigione, per corruzione, in due gradi successivi di giudizio. A nostra esperienza, se quanto riportato sotto corrisponde a realtà, si tratta di un’interferenza clamorosa negli affari interni di un Paese sovrano; e qualche cosa che un Capo di Stato estero, e soprattutto un Pontefice della Chiesa cattolica dovrebbe se non altro per prudenza evitare di fare. Ma è chiaro che quando si toccano i leader di sinistra, e in particolare quelli dell’America Latina, il Pontefice mostra tutta la sua impulsività, e abbandona ogni finzione di imparzialità. Come d’altronde abbiamo visto nel nostro Paese in tema di migrazioni, jus soli e accessori vari. Ma ecco a voi l’articolo:
Il Papa mette in guardia contro “i colpi di stato in guanti bianchi”.
(Roma) Le simpatie di Papa Francesco nei confronti dei politici di sinistra sono risapute. Alcuni giorni fa avrebbe (ha, nel testo originale n.d.t.) addirittura paragonato il processo penale a carico dell’ex presidente del Brasile, Lula da Silva, alla persecuzione subita da Gesù Cristo. Così assicura un ex ministro cileno.
Lula da Silva condannato a 12 anni per corruzione
Luiz Inácio Lula da Silva è tra i membri fondatori, e il rappresentante di punta, del Partito dei Lavoratori (PT) fondato in Brasile nel 1980. Il PT viene oggi collocato nella corrente del socialismo riformista. Dal 2003 al 2011 Lula è stato capo dello stato e del governo brasiliano ed è amico personale del cardinale Claudio Hummes, a sua volta uno dei confidenti più vicini a Papa Francesco.
Nel luglio del 2017 Lula è stato condannato a nove anni e mezzo di reclusione per corruzione e la sentenza confermata nel gennaio 2018 dalla corte d’appello, che ha elevato la pena a dodici anni. Dal 7 aprile è ristretto in carcere e da allora i suoi amici e simpatizzanti sono alla ricerca di soluzioni per farlo uscire.
Da sinistra a destra: Celso Amorim, Bergoglio, Carlos Ominami e Alberto Fernandez.
Il 2 agosto, Papa Francesco ha ricevuto in udienza tre rappresentanti della sinistra latino-americana che avevano chiesto un incontro con il Capo della Chiesa per rappresentare la situazione di Lula. Si tratta di Celso Amorim, ministro degli esteri brasiliano durante il governo Lula, Aberto Fernandez, capo di gabinetto di Cristina Fernandez Kirchner durante il suo mandato a capo del governo e dello stato argentino e Carlos Ominami, ex ministro cileno e senatore del Partito Socialista del Cile, il quale definisce se stesso “cittadino progressista“, “agnostico” e “shintoista”. Un’ora per gli esponenti politici della sinistra.
Papa Francesco ha concesso loro un tempo straordinariamente lungo. Hanno trascorso insieme un’ora, durante la quale hanno denunciato la situazione latino-americana, dove si starebbe realizzando lentamente un colpo di stato, vale a dire una persecuzione per via giudiziaria degli amministratori appartenenti alla sinistra. Si tratterebbe perciò di un colpo di stato “in guanti bianchi”.
Amorim, che fino al 2015 è stato ministro della difesa nel governo di Dilma Rousseff, succeduta alla carica al compagno di partito Lula, ha consegnato al Papa una copia dell’edizione italiana del libro dell’ex presidente La Verdad Venceré (La verità vincerà). Secondo quanto dichiarato alla stampa da Amorim, Papa Francesco sta seguendo “con interesse e preoccupazione le sorti del presidente Lula”.
Lo scorso 17 maggio, nel corso della predica mattutina a Santa Marta, Francesco aveva preso posizione esprimendo le sue preoccupazioni per la “falsa unità” e il pericolo dei “colpi di stato”. Aveva parlato di “calunnia e diffamazione” per mezzo dell’apparato giudiziario per mezzo delle quali “si fa il colpo di stato”. Gli osservatori più attenti vi avevano scorto un’allusione a quanto accade in America Latina e alla condanna di Lula in Brasile.
Papa Francesco: “Colpo di stato in guanti bianchi”
Il 2 agosto l’agenzia di stampa argentina AFN citando quanto dichiarato da Alberto Fernandez, ha scritto: “Papa Francesco si è mostrato preoccupato per quello che lui chiama colpo di stato in guanti bianchi (nos manifestó su preocupación por esto que él llama los golpes de guante blanco)”. Secondo Fernandez, l’espressione “colpo di stato in guanti bianchi”, menzionata anche da Amorim, è di Papa Francesco.
Il sostegno papale alla sinistra politica non manca a volte di risvolti in certa misura comici. Il 12 gennaio Lula era stato condannato alla pena di 12 anni di detenzione per corruzione e Papa Francesco si era detto preoccupato per la corruzione in America Latina. Con questo, però, il Capo della Chiesa non intendeva riferirsi alla corruzione di Lula, ma al fatto che la giustizia avesse condannato l’ex presidente corrotto.
L’udienza papale è da mettersi in relazione agli sforzi del partito dei lavoratori di candidare l’ex presidente alle prossime elezioni parlamentari di ottobre, nonostante la condanna. Lo scopo (dei compagni di partito, n.d.t.) è procurargli la protezione dell’immunità parlamentare e quindi liberarlo dalla detenzione. Presupposto fondamentale è che gli sia consentito di essere ammesso al voto. Un tentativo analogo era già stato tentato la primavera scorsa al voto per la nomina presidenziale, fermato però dalla corte suprema.
La sinistra politica afferma che l’apertura di procedimenti penali nei confronti di rappresentanti politici di quell’area sia una forma occulta di lotta politica, diretta a danneggiare l’avversario.
Saluti in prigione
Il 3 agosto, attraverso la pagina internet di Lula si fa sapere che Papa Francesco, sollecitato dai suoi ospiti a recapitare un “messaggio personale” all’ex presidente, avrebbe loro affidato le seguenti parole: “A Luiz Inacio Lula da Silva, con la mia Benedizione e la richiesta di pregare per me. Francesco”.
Il messaggio di Bergoglio per Lula: “A Luiz Inacio Lula da Silva, con la mia Benedizione e la richiesta di pregare per me. Francesco”.
Nell’edizione domenicale del quotidiano cileno La Tercera, è ospitato un articolo di Carlos Ominami, “Con il Papa a Santa Marta”. Vi si legge, secondo quanto riferisce l’ex ministro, che Papa Francesco avrebbe comparato la situazione di Lula da Silva a quella di Gesù Cristo. “In occasione di questo incontro a tre che abbiamo improvvisato (Argentina, Brasile e Cile), ho voluto precisare di essere li non solo in ragione dell’amicizia e stima che ci legano a Lula, ma anche in risposta al dovere di difendere la democrazia in Brasile e nell’intera regione, la cui conquista ci è costata molto. Ad essere sinceri, il Papa non è sembrato particolarmente sorpreso. Con mia grande sorpresa, invece, ci ha raccontato che si tratta di una storia molto antica, così antica che la si può trovare già nella Bibbia. In modi diversi è accaduto già a Gesù Cristo, San Giovanni e Susanna di Babilonia”.
Continua Ominami: “Inoltre ha rammentato l’omelia del 17 maggio di quest’anno quando, con molta chiarezza, ha affermato che nella vita politica, quando si vuole realizzare un colpo di stato i media iniziano a parlare delle persone, delle guide del paese, che vengano infangate con la calunnia e la diffamazione (…) poi arriva la giustizia, li condanna e, alla fine, si fa il colpo di stato“.
Davvero mai un Papa aveva preso la parti di una forza politica in modo così aperto e unilaterale. Fino a oggi, nelle udienze ufficiali la Santa Sede non si era mai espressa in questi termini.
(fonte: marcotosatti.com)
Lula e Hummes nel corso degli ultimi 40 anni
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Bergoglio sragiona: Lula perseguitato come Gesù e il Battista Il vaticanista Marco Tosatti pubblica il resoconto dettagliato, riportato da un sito tedesco, dell'incontro che papa Francesco ha avuto con alcuni esponenti del Partito dei Lavoratori brasiliani, nonché collaboratori ed amici dell'ex presidente brasiliano Lula, recentemente condannato e incarcerato per corruzione.
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2 lug 2018 18:47
"MI SONO RIDOTTO A ESSERE UN UOMO SOLO, E ALLA SOLITUDINE MI TOCCA DAR COMPAGNIA" - ARRIVANO IN LIBRERIA I DIARI DEL 1999 DI VALENTINO ZEICHEN, CON CUI IL GRANDE POETA FA UN RITRATTONE DI SE STESSO E DI ROMA - LA PAURA DELL’INVECCHIAMENTO PIU’ CHE DELLA MORTE, LE CENE CON INTELLETTUALI E REGISTI, I RATTOPPI ALLA CASA-BARACCA AL BORGHETTO FLAMINIO, IL DESIDERIO DI TROVARE UNA COMPAGNA
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Paolo Conti per “la Lettura – Corriere della Sera”
VALENTINO ZEICHEN - DIARIO 1999
Valentino Zeichen è morto due anni fa esatti e ora ci riparla vivissimo, lucido, tagliente e insieme disarmato, con quell'eco di Marziale nella Roma contemporanea che in lui riconobbe molti anni fa Alberto Moravia, grazie ai suoi diari del 1999 pubblicati da Elido Fazi, antico amico del poeta. Un diario-autoritratto dell' autore, perfettamente coincidente con la sua produzione, il carattere dell' uomo, le abitudini e le paure, la sua famosa grafìa tonda e dolcemente infantile.
Il diario di Zeichen è un doppio umano e creativo di Valentino ma, insieme, anche un documento della società letteraria romana di fine Novecento, con le sue cene e i suoi protagonisti. È il periodo in cui Zeichen sta preparando Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio, la sua opera (edita nel 2000 sempre da Fazi) intrinsecamente più «romana». E nel diario si ritrova il sapore e l' odore di quella Roma, prima dell' attuale, in disgustosa decomposizione. A cominciare dal carattere spietato e utilitaristico di un certo mondo romano che Zeichen frequenta la sera, un po' per curiosità e un po' per solitudine.
Domenica 7 febbraio, «in margine» alla festa di compleanno di Edoardo Albinati, ecco «uno spaccato sociologico della società romana del potere»: «Essendo la società romana del potere politico, giornalistico, manageriale, una società priva di valori, non li sa riconoscere nelle persone, ma solo negli incarichi che queste temporaneamente ricoprono. Ne consegue che l' intercambiabilità delle persone per questo reciproco trattamento ne fa dei fantasmi veri e propri». Paolo Sorrentino, nel 2013, ignorava queste righe di Zeichen: ma lì era già pronta l'amoralità dell'immenso party de La grande bellezza, così gremito di ectoplasmi.
Zeichen ha paura dell' invecchiamento, più che della morte. Lo atterrisce, e come non capirlo, la privazione della libertà difesa ogni giorno, da sempre. In più c'è l' amore/odio per il suo vivere senza nessuno accanto. Chi sceglie consapevolmente quel tipo di esistenza, un po' per tutelare la propria autonomia e un po' per il terrore di consegnare i sentimenti più fragili a chi potrebbe gettarli in una discarica, sa bene cosa intenda dire Valentino, per esempio, mercoledì 12 gennaio: «Solo raffreddore o influenza? Sono un uomo solo, da sempre; accanto a me non c'è nessuno che mi scaldi una tazza di latte, che mi conforti mentre sto male. Mi sono ridotto a essere un uomo solo, e alla solitudine mi tocca dar compagnia».
Spazio bianco, infine un epigramma: «Con spavento mi vedo/ diventare vecchio». Domenica 23 maggio: «Sono perfettamente solo/ perfetta è la mia solitudine/ perfezionata col tempo». Autodiagnosi, martedì 1 giugno: «Mi duole il petto e anche il retto/ devo smettere di fumare di bere/ e che altro? L'età avanza/ e il corpo alza bandiera bianca». Mercoledì 29 settembre: «Dico che sarebbe ora di mettermi a vivere con una donna affettuosa che si prenda cura di me... L' orso invecchia, la sua tana è ancora in ordine, e quando non sarà più tanto autosufficiente, chi si prenderà cura di lui?».
In questa trama consapevole del tempo che trascorre portando via energie e salute, cancellando amori brevi, si muove Zeichen con la sua produzione poetica, l'attenzione minuziosa ai dettagli, le cene con amici (soprattutto in casa degli affettuosi, onnipresenti Daniele e Natalia Bollea, una sorta di famiglia d' elezione), i rammendi creativi di vestiti corrosi dalle tarme, i rattoppi alla casa/baracca al Borghetto Flaminio (ora trasformata nella «Casa del Poeta» grazie all'impegno della figlia Marta, luogo di incontri e mostre come quella dei piccoli, raffinati quadri di Duccio Trombadori).
Persino un intervento sulla vecchia stufa diventa occasione di luminosa poesia. Lunedì 4 gennaio all' alba: «Tramonta la luna/ s'accende la mia vena;/ ma urge smontare/ e ripulire i tubi della stufa,/ l'astro funge da lampadina/ addentro le tubature».
Pagina dopo pagina, lo si rivede camminare con quell' andatura da squisito mitteleuropeo di sangue istriano, elegante e a suo agio nello spazio incontrando, nelle tante cene o nelle spedizioni al cinema, i numerosi amici citati nel diario: naturalmente i Bollea, Edoardo Albinati, Valerio Magrelli, Carla Accardi, Luigi Ontani, Sandra Petrignani, l'editore Elido Fazi con le sue avventure sentimentali, Giovanni Raboni, Rocco Carbone, Agnese De Donato, Renzo Paris, Luca Archibugi, Giovanna Zucconi, Elio Pecora, Eraldo Affinati (ironicamente colpevolizzato perché sta attento a bere come Fernando Acitelli, quindi Valentino «deve» scolarsi da solo a cena una bottiglia di vino), Angelo Guglielmi , Gabriella Sica, Renato Mambor, Vincenzo Cerami, Milo De Angelis, Nico Garrone, Barbara Alberti, Bianca Maria Frabotta, e si potrebbe continuare. C' è chi nel frattempo se n' è andato, ma nelle pagine di Zeichen sono tutti, come lui, vitali, pieni di fermenti, di idee e intelligenze, di inevitabili depressioni.
È la Roma di fine Millennio in cui Zeichen sta cercando i materiali che lo porteranno ai gioielli di Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio, con i Fori in copertina («A piazza del Popolo/ mi accosto alla vasca/ di fianco alla caserma,/ nel rinfrescarmi il viso/ alla bocchetta/ mi avvedo di tenere/ tra le mani e/ l' acqua corrente/ i tratti del volto/ di chi fu sepolto/ in quel sarcofago»).
Qui e lì le conversazioni e i confronti con la redazione culturale del «Corriere della Sera», le trattative sui diritti con Fazi, il controllo dello smunto conto in banca. Il denaro non come ossessione ma come indispensabile strumento di sopravvivenza, però impossibile da trattenere. Martedì 27 luglio: «Si dice di chi spende e spande, che ha le mani bucate. Per me, i soldi in pugno hanno qualcosa di vivente, somigliano a dei cani entusiasti che hanno fiutato la libertà, e tirano come dannati per stancare le mani e staccare la corda, misconoscere il padrone che li tiene al guinzaglio».
Belli i passaggi dedicati a un viaggio in Cina. Memorabile la stroncatura di un celebratissimo ristorante romano, «Il bolognese» di piazza del Popolo , con lezione di Zeichen sull' autentica cottura dell' ossobuco di vitella. Tutte le pagine sono attraversate da una poesia incapace di tacere, ed è il miracolo del diario. Sabato 27 marzo: «Un irascibile piovasco/ perle di gocce/ e subito dopo/ uno squarcio di nubi/ verso il tramonto,/ s' apre lo specchio turchese». La magnifica capacità di sintetizzare ciò che avviene a tutti nella vita: la disperazione e l' ira, poi il cielo sereno che ti riappare.
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Hellobea: intervistando Beatrice Tinarelli
Incontriamo l'illustratrice Beatrice Tinarelli Raccontaci un po’ di te. Sono nata nel 1978 a Bologna, dove ho studiato al Liceo Artistico, all’Accademia di Belle Arti e alla Scuola di Disegno Anatomico; e dove lavoro come grafica ed illustratrice dal 2001. Ho un gatto nero di nome Lapo che molto spesso è il mio muso ispiratore, accumulo matite e vado spesso a Berlino, la mia amatissima seconda casa. Mi piace tanto (tanto!) anche fare festa ed è facile incontrarmi a zonzo nei “postacci” di Bologna con i miei amici. La musica è la mia grande passione n°2 e per questo da quasi 20 anni faccio la dj. Da grande, invece, farò l’astronauta. Quando hai capito che l’illustrazione era la tua professione? Quando, dopo molti anni di grafica pubblicitaria in agenzia, ho ripreso in mano la matita e ho ricominciato a disegnare. A quel punto, mi sono chiusa in casa per l’intero weekend di Halloween e ho disegnato tutti gli schizzi dell’Alfabeto, il mio primo vero progetto finito. Direi che la data esatta sia quindi il 31 ottobre 2010 :)
Il tuo linguaggio visivo è molto particolare, quali sono le tecniche e gli strumenti che usi quando disegni? La matita prima di tutto. A volte la porto fino al lavoro finale, altre uso lo schizzo solamente come traccia, a volte combino le cose. Il meccanismo è quasi sempre lo stesso: scansione, Illustrator e/o Photoshop per ricalcare, per colorare, per i particolari, le ombre, le texture e il tocco finale. Inoltre mi piace usare i pennarelli, la china, le matite colorate, il collage, gli acquerelli, le tempere. Anche e spesso contemporaneamente. Cosa pensi del tuo futuro da illustratrice? Lo scopriremo solo vivendo ma lavorerò sodo perchè sia luminoso e perchè non mi stanchi mai. Perché illustrazione per bambini? Più che una scelta, è stato il naturale corso degli eventi. Il mio portfolio si è costruito principalmente su quello, commissione dopo commissione. Almeno per ora. Non sono molto amica delle categorie e, anche se questo nel mio lavoro è considerato penalizzante, preferisco fare quello che mi piace piuttosto che rimanere intrappolata in un senso unico: se una proposta di lavoro mi interessa, la accetto a prescindere da quale sia il target o il committente. Anzi, quando mi capita di lavorare contemporaneamente a più progetti molto diversi tra loro, mi riescono meglio perchè contagiandosi si arricchiscono a vicenda. Quali sono i tuoi punti di riferimento nel mondo dell’illustrazione? A chi ti ispiri? Domanda da un milione di Dollari. Non ho punti di riferimento veri e propri, perchè mi innamoro dei particolari. Può capitare di trovarli nell’opera di un colosso dell’illustrazione così come nel disegno su un pacchetto di caramelle. Qualsiasi cosa può accendere la lampadina perchè credo che ci siano cose belle dappertutto, non solo dove ce le si aspetta. Ho comunque i miei preferiti contemporanei, come Sean Sims, Ingela Arrhenius, Helen Dardik, Marta Altes, Eric Barclay, Jean Jullien, Eric Carle, Elise Gravel, Linzie Hunter… ma anche Milo Manara e Lorenzo Mattotti, che mi piacciono tantissimo. Così come grandi maestri meno recenti come Andrea Pazienza, Escher, Tom Eckersley, Jacovitti, Bosch, Renè Magritte, Ilya Repin, Giacomo Balla, Max Ernst, i Simbolisti, i Preraffaelliti… potrei andare avanti per ore. Senza un filo conduttore apparente che però, nella mia testa c’è :)
Secondo te, in che modo un buon libro illustrato può aiutare un bambino o una famiglia? Sembrerà banale ma, a mio parere, facendo ridere. I miei libri e racconti preferiti da bambina erano proprio quelli. Credo che non sia necessario prendersi troppo sul serio per trasmettere un insegnamento o un messaggio, anche importanti. Anzi. Descrivici il tuo stile. In realtà ne ho più di uno ma quello che mi viene richiesto di più, per i bambini, è quello più digitale di tutti: semplice, pulito, un po’ naif, molto colorato e, spero, divertente. Una mia collega inglese lo ha definito “yummy” e mi è piaciuto tantissimo. In questi anni, chi ti ha supportato e creduto nel lavoro che fai? Naturalmente i miei affetti più cari, il mio agente (Lemonade Illustration, di Londra), qualche collega e qualche ammiratore. Se fossi libera da ogni vincolo... Cosa ti piacerebbe illustrare? L’unico grande mio vincolo è il tempo che non è mai abbastanza e che impiegherei per sperimentare un po’ di più, fuori dal computer. Ad ogni modo, mi piacerebbe molto illustrare Pinocchio (nel quale mi immedesimo molto) da un punto di vista diverso dal solito. Classico e difficilissimo!
Il consiglio più utile che hai ricevuto. Segui il tuo istinto e le tue sensazioni. Che consiglio daresti a chi vuole iniziare quest’avventura? Ahah, sono io che avrei bisogno di consigli! Però, per quanto ho visto fino ad ora, direi: sappiate che è un lavoro come un altro, perciò rimboccatevi le maniche. Di sicuro non è una missione spaziale, ma c’è da faticare parecchio. Poi, non lavorate mai gratis: la “visibilità” non è moneta corrente, il vostro tempo invece può diventarlo. Dopodichè, siate voi stessi più che potete (gli altri stessi li hanno già inventati) e non abbiate paura di sbagliare. Per il resto, buon viaggio! :)
Segui Beatrice Tinarelli su hellobea.com, Behance, Facebook e Instagram Libri pubblicati Nursery Rhyme Clues and Crimes! - Walter Foster Jr. / USA - 2016 Heads and Tails - Silver Dolphin Books / USA - 2016 Giochi da tavolo Friends and Neighbors - Peaceable Kingdom / USA - 2016 Brownie Match™ - Educational Insights / USA - 2016 Read the full article
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Un inedito Natalino Balasso al Sociale di Valenza
Natalino Balasso torna al Teatro Sociale di Valenza martedì 24 gennaio (ore 21.00) interpretando il testo di Alessandro Baricco “Smith & Wesson”. L'attore veneto sarà nuovamente protagonista della programmazione di APRE, firmata dal direttore artistico Roberto Tarasco e coordinata dalla CMC, dopo aver inaugurato la stagione 2014-2015 con lo spettacolo “Stand up Balasso”. Quella di martedì 24 gennaio è un'occasione straordinaria per Valenza: dopo il Teatro Stabile di Torino, che è produttore dello spettacolo, quella al Sociale sarà l'unica replica di “Smith & Wesson” in tutto il Piemonte. Sul palco del Sociale vedremo un inedito Natalino Balasso, affiancato dal Premio UBU Fausto Russo Alesi, insieme a Camilla Nigro e Mariella Fabbris, dar vita a un testo delicato e commovente, grande metafora sulle scelte che possono cambiare il corso dell'esistenza. Uno spettacolo divertente che fa riflettere sul senso della vita. Alessandro Baricco, a distanza di anni da “Novecento”, ritorna al teatro, cimentandosi per la prima volta nella scrittura di una commedia, “Smith & Wesson”. Lo spettacolo è diretto da Gabriele Vacis e allestito da Roberto Tarasco. Tom Smith e Jerry Wesson si incontrano davanti alle cascate del Niagara nel 1902. Nei loro nomi e cognomi c’è il destino di un'impresa da vivere. E l'impresa arriva insieme a Rachel, una giovanissima giornalista che vuole una storia memorabile, e che, quella storia, sa di poterla scrivere. Ha bisogno di una prodezza da raccontare, e prima di raccontarla è pronta a viverla. Per questo ci vogliono Smith e Wesson, la coppia più sgangherata di truffatori e di falliti che Rachel può legare al suo carro di immaginazione e avventura. Ci vuole anche una botte, una botte per la birra, in cui entrare e poi farsi trascinare dalla corrente. Nessuno lo ha mai fatto. Nessuno è sceso giù dalle cascate del Niagara dentro una botte di birra. È il 21 giugno 1902. Nessuno potrà mai più dimenticare il nome di Rachel Green? E sarà veramente lei a raccontarla quella storia? I costumi sono di Federica De Bona; video di Indyca / Michele Fornasero; produzione Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Biglietti: intero 20 euro; ridotto 15 euro, Prevendite e informazioni: il botteghino del Teatro Sociale di Valenza è aperto in via Garibaldi 58 da martedì a venerdì dalle 16 alle 19; sabato dalle 10 alle 13. Per contatti: tel. 0131.942276 - 324.0838829 Intanto torna in scena lo spettacolo L'ACCADEMIA DELLE STELLE, Remember My Name - realizzato dall'Associazione Commedia Community e dal Peter Larsen Dance Studio. Si terrà fuori cartellone al Teatro Sociale di Valenza Venerdì 27 gennaio 2017 (inizio ore 21) e da lunedì 2 gennaio è possibile prenotare i biglietti. L'ACCADEMIA DELLE STELLE, spettacolo danzato e cantato dal vivo, è ambientato nella prestigiosa School of Performing Arts di New York, dove si formano i giovani talenti della danza, della musica e della recitazione. Ogni anno centinaia di aspiranti cantanti, attori e ballerini danno il massimo per essere ammessi alla scuola, che dopo quattro anni diploma i migliori artisti degli Stati Uniti. Tutti sono alla ricerca di gloria, fama e successo, ma solo i migliori ce la faranno! Seguiremo da vicino le avventure di Leroy, ballerino sempre in contrasto con gli insegnanti; Iris, viziata étoile della danza; Bruno, musicista talentuoso e fuori corso; Nora, ambiziosa e determinata stella nascente; Melanie, timida ed introversa attrice di talento; Danny, brillante cabarettista di origine italiana; Steve, fanatico del "metodo" e dello studio e alla ricerca della propria identità; Selena, cantante in fuga da una famiglia di talenti del pianoforte; Cris, il bello della scuola, attore e cantante dalle mille risorse. Li accompagnano, nel loro viaggio di quattro anni, il Prof. Larsen, rigido sostenitore della musica classica e di Mozart; il Prof. Grant, maestro di danza e amante della disciplina; la materna insegnate di recitazione e lettere Erica Farrell, che ha abbandonato i suoi sogni da artista per dedicarsi all'insegnamento. Seguiremo i protagonisti dai provini fino al diploma, in un crescente turbinio di situazioni, amori, litigi, scoperte, fino al raggiungimento della maturità di artisti, ma soprattutto di esseri umani. Regia Andrea Di Tullio; Aiuto regia: Cristina Storaro, Enzo Ventriglia; Testi Cristina Storaro, Enzo Ventriglia e Andrea Di Tullio, Supervisione canto e cori Miriam Marcolongo; Coreografie Peter Larsen; Video di scena Enzo Ventriglia; Costumi Clementina Di Stefano. Studio Registrazione: Daystudio di Gianni Stellavato. Si ringrazia il DLF Alessandria – Asti per la preziosa collaborazione durante la preparazione. Interpreti: Peter Larsen, Erica Gigli, Melania Colli, Giangi Surra, Nora Garavello, Simone Guarino, Christian Primavera, Luca Di Stefano, Martina Allia, Cristian Catto, Giorgia Stella, Marta Borille, Gaia Figini, Giusi Fabbiano, Arianna Massobrio, Michele Puleio. http://dlvr.it/N8R0wY
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La bambina alzò la testa e la fissò a lungo, prima di distogliere di nuovo lo sguardo. Lo considerò un segno di apertura. Solo allora le prese la mano e la tenne stretta sulle sue ginocchia. Chiuse gli occhi. Passa, Marta. Passa tutto, passa sempre. E sperò che per Marta questo potesse essere più vero di quanto era stato per lei, che forse non era mai riuscita a rinunciare ai suoi fantasmi.
- Marta nella corrente di Elena Rausa
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