#marito nervoso
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Esplorare le tendenze masochiste e sadiche nelle relazioni Fonte: https://seetarat.blogspot.com/2025/02/esplorare-le-tendenze-masochiste-e.html
L'esplorazione delle tendenze masochiste e sadiche nelle relazioni romantiche e sessuali offre un'interpretazione sfumata dell'intimità umana e delle dinamiche di potere. Queste tendenze, spesso incapsulate nel quadro più ampio del BDSM (Bondage, Disciplina, Dominanza, Sottomissione, Sadismo e Masochismo), sfidano le nozioni tradizionali di amore e partnership. L'interazione tra piacere e dolore, dominio e sottomissione, rappresenta non solo un insieme di pratiche, ma anche una profonda interazione psicologica che merita un attento esame.
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Capitolo 1:
Lucrezia entrò nel palazzo imperiale guardando con ammirazione le colonne che sorreggevano l'ingresso.
Non riusciva a credere che aveva appena intravisto le sue anime gemelle, che in quel momento continuavano a parlare freneticamente nella sua mente.
"Fratello, è la nostra anima gemella! Dobbiamo prenderla!"
"Fratello, probabilmente è una serva del generale, probabilmente dobbiamo pagarla prima che sia nostra!"
Da mezz'ora era questa la discussione che si svolgeva nella sua mente, ma lei non aveva il coraggio di dire che era in realtà la figlia del generale.
"Faremo così: appena entrano ci avviciniamo al generale e gli chiediamo chi sia la ragazza, a seconda di cosa ci dirà la paghiamo e diventerà nostra! Non sarà la sposa di quel dannato figlio del senatore Trace, lei è nostra!"
"Va bene, non pensiamoci più! Se ci senti puoi dirci chi sei? Come ti chiami? Quanti anni hai?" chiese l'altro con disperazione.
"Non vi dirò chi sono, questo dovrete scoprirlo voi! Mi chiamo Lucrezia e al momento ho visto 16 estati!"
"Fratello, dobbiamo andare! La festa dovrebbe iniziare a breve! Dobbiamo sbrigarci!"
Detto questo il collegamento momentaneo nella loro testa si interruppe, con grande dispiacere di Lucrezia, che pensava che gli avrebbero potuto fare compagnia durante l'incontro con il senatore Trace e il figlio.
Figlio che non sarà mai suo marito come volevano i suoi genitori. Non trovava interesse per quell'uomo che pensava solo ai soldi e alla politica e che non portava rispetto nè a suo padre nè alla sua defunta madre. Lucrezia pensava che avrebbe trovato un miglior partito tutti gli altri uomini. Persino i due imperatori sembravano migliori sposi rispetto a quel ragazzo.
Sua madre e suo padre si avvicinarono trascinandola per le braccia, lasciandole i segni delle mani sul suo braccio candido, al senatore Trace.
Vedeva che suo padre era molto nervoso, ma non capiva il motivo.
Pov. Marcus Acacius
Mano a mano che ci avvicinavamo al senatore e al suo dannato figlio, non potevo fare a meno di pensare a come aveva rovinato la mia famiglia quell'uomo di così basso conto. Mi girai a guardare mia moglie, la mia anima gemella, e capii che anche lei stava provando la mia stessa ansia e la mia stessa rabbia.
"Marcus, continuo a pensare che abbiamo fatto una cavolata! Dobbiamo dirle la verità, lei potrebbe pensare che la odiamo, quando sai che quello che stiamo facendo è solo per il suo bene."
"Nostra figlia già ci odia, Lucilla! E da quando mi hanno detto quelle frasi che stiamo facendo di tutto perchè ci odi: le stiamo togliendo la possibilità di trovare il suo vero amore e soprattutto la stiamo costringendo a sposare qualcuno che lei palesemente odia!"
"Ma perchè non ne parli con gli imperatori? Loro magari potrebbero aiutarla e magari potrà trovare le due persone che corrispondono ai colori dei due marchi. Gli imperatori possono proteggerla, dobbiamo provare tutto quello che possiamo, se vogliamo rifiutare la sua proposta di matrimonio!" E se vogliamo deporre i due tiranni Lucilla, perchè vuoi liberare Roma da loro due e vuoi avere qualcuno interno al palazzo da usare.
"Ok, tu portala dal senatore Trace: io vado a parlare con gli imperatori!"
Mi stacco e dopo aver dato un ultima occhiata a mia moglie e a mia figlia, mi incamminai attraverso i corridoi del palazzo alla ricerca dei due Tiranni che sarebbero gli unici che possono salvare mia figlia. La mia Lucrezia, il mio tutto.
Mi viene ancora in mente tutta la discussione che io e il senatore Trace abbiamo avuto quando mia figlia aveva compiuto gli anni necessari per iniziare a parlare di matrimonio.
"Generale, vedo che tua figlia ha ormai l'età per iniziare a parlare di matrimonio. Ti ordino di farla sposare con mio figlio! Sarà in grado di proteggerla e difenderla!"
"Senatore, ma se mia figlia finisce per avere anche il marchio di anima gemella come è successo a me e sua madre, cosa succederà non puoi separare anime gemelle. Porta alla morte di entrambi."
"Generale, se per caso si scopre che tua figlia ha un'anima gemella gli nasconderai il marchio e la lascerai sposare con mio figlio! Oppure mi assicurerò che tua moglie e tua figlia muoiano tra atroci sofferenze insieme all'anima gemella di tua figlia! Tua moglie e tua figlia sono le cose che ami di più, non è vero? Dalla in sposa a mio figlio e lei sarà salva! Dalla alla sua sua anima gemella e la ritroverai sul letto agonizzante e soffocando nel suo sangue! A te la scelta!"
Non gli risposi e me ne andai. Quando tornai a casa quel giorno mia figlia mi era corsa incontro tutta felice indicandosi il polso: "Padre, guarda il polso! Ho due palline disegnate. Una rosso e oro e l'altra blu e oro!" Dopo che lo disse mi ritornarono in mente le parole di trace " Dalla in sposa a mio figlio e lei sarà salva! Dalla alla sua sua anima gemella e la ritroverai sul letto agonizzante e soffocando nel suo sangue! A te la scelta!"
In preda alla disperazione presi mia figlia sollevandola con la forza e facendole male e la trascinai nella sua stanza, dicendole: "Copriti quegli obrobri, le anime gemelle non esistono, tu sposerai il figlio del senatore Trace che ti piaccia o no. Ci servi solo per fare alleanze, avremmo potuto anche fare a meno di procrearti!" E le misi un bracciale abbastanza grande da coprire entrambi i marchi. Mi faceva male la sua espressione, così come quelle frasi facevano anche male le parole che le ho rivolto.
Non mi accorsi che ero arrivato davanti alla stanza dell'imperatore Geta, che aveva la porta aperta e entrambi gli imperatori lo stavano guardando con sorpresa.
Pov Geta
Dopo aver ottenuto dalla mia imperatrice il suo nome e la sua età mi accinsi a continuare a prepararmi per il banchetto. Caracalla continuava a litigare con il trucco e ogni volta mi veniva da ridere, cosa che poi portava anche lui a sorridere e alla fine finiva che io truccavo sia lui che me.
Io e mio fratello siamo la forza l'uno dell'altro e non facciamo fare nulla ad altri sulla nostra persona. Un tempo avevamo serve e concubine, ma da quando abbiamo scoperto che siamo anime gemelle abbiamo fatto tutto da soli. Dai bagni termali, al trucco. Ci tenevamo liberi per la nostra seconda anima gemella.
Lucrezia, 16 anni. La loro anima gemella. Si stavo pregustando il suo nome. IMPERATORE GETA IMPERATORE CARACALLA IMPERATRICE LUCREZIA si suonava molto bene.
Dopo aver aperto la porta non appena aver finito di spalmarci il trucco in faccia per nascondere le piaghe che mio fratello aveva in volto e che mi spalmavo anche io per solidarietà nei suoi confronti. Ci amavamo molto, ma avevano deciso di non mostrarlo in pubblico fino a quando non siamo stati tutti e tre, per questo ci siamo dati dei ruoli: io ero il gemello sano e che di fatto governava, lui il gemello pazzo che passava il tempo tra giochi gladiatori e vino. Ad entrambi faceva soffrire questa situazione, ma era necessario per sopravvivere a questo campo da guerra che era Roma.
Davanti a noi stava arrivando il generale Acacio, che, dal momento che stava pensando senza guardando dove andava, per poco non investiva il mio fratellino. Per fortuna, mi misi in mezzo e quindi non fu Caracalla a finire a terra, ma io. Mi colpì con una spallata così forte che mi fece finire a terra, cosa che fece preoccupare subito Caracalla che si teneva la spalla perchè noi sentiamo la sofferenza l'uno dell'altro.
Ricordando ciò decisi di riaprire il collegamento tra noi anime gemelle e dissi: "Lucrezia, stai bene? Ti fa male da qualche parte?"
"La spalla... fa un male cane. Stavo parlando con il figlio del senatore Trace e mi ha stretto la spalla proprio in quel momento!"
Mi venne da sorridere al solo pensiero e chiusi il collegamento.
"Generale, qual buon vento ti porta a buttarmi a terra?"
"Imperatore Geta, Imperatore Caracalla. Vengo con una richiesta molto importante. Possiamo parlare in privato?"
Guardai mio fratello che annuì e rientrammo nella stanza da cui eravamo appena usciti.
"Generale, io e mio fratello dobbiamo chiederti una cosa. Prima stavamo guardando dalla finestra della stanza e siamo rimasti folgorati da un membro della tua processione. Quella ragazza vestita di viola e arancione che camminava vicino a tua moglie. Chi è? "
"Augusti imperatori, state parlando di mia figlia. Lucrezia, figlia mia e di Lucilla. Vengo proprio per parlarvi di lei!"
"Cosa è successo? Sta bene? Si trova in qualche pericolo?" domandò senza fiato Caracalla.
"Per il momento sta bene, ma non so cosa fare!"
"Cosa succede? Cosa possiamo fare per Lucrezia?" dissi preoccupato.
"Quando lei aveva dodici anni sono stato minacciato dal senatore Trace che se mia figlia non avesse sposato suo figlio, avrebbe ucciso lei, mia moglie e la sua anima gemella. Ora mia figlia è sotto a parlare con il senatore e suo figlio perchè non sono riuscito a proteggerla come si de..."
Non lo lasciamo finire che usciamo dalla stanza correndo per andare a salvare la nostra imperatrice.
#emperor geta x female reader#emperor caracalla x reader#emperor geta x emperor caracalla#emperor geta#emperor caracalla#lucilla x acacio#lucilla#acacio
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Storia Di Musica #333 - Elvis Costello & The Attractions, Get Happy!!, 1980
Quando, in una sera del 1976, gli venne l’idea di presentarsi con un nome d’arte omaggio alla sua nonna, pensava forse che sebbene volenteroso, il suo vero, Declan Patrick Aloysious McManus, sarebbe stato preso per uno scherzo. Quella sera si presenta come D.P. Costello, che cambierà nel definito Elvis Costello, come omaggio al Re del Rock’n’Roll. Occhialoni alla Buddy Holly, look che esibiva orgogliosamente il suo essere fuori moda, a metà degli anni ’70 Costello è un giovane arrabbiato che ha le carte in regole per dire la sua, in modo interessante, oltre il nichilismo furbetto del punk. Quando Nick Lowe, suo amico e collaboratore, gli trova un ingaggio per la Stiff Records, lui non essendo in totale fiducia decise di non abbandonare il proprio posto da operaio nella ditta di cosmetici Elizabeth Arden (a cui dedicherà una stupenda canzone, I’m Not Angry). In effetti non erano tempi da cantautori, ma bastano i primi guizzi di My Aim Is True (1977) per sgombrare il campo: l’offensiva antifascista di Less Than Zero unite a doti melodiche di alto livello (la mitica Alison, suo pezzo culto) presentano al pubblico un nuovo modo di raccontare musicalmente i tempi. La seconda prova è ancora meglio: This Year’s Model (1978) lo vede insieme ai The Attractions, il gruppo di Stevie Nieve (alle tastiere) e Bruce Thomas (basso) e Pete Thomas (batteria, i due non erano parenti), e in un disco multiforme, dai testi lunghissimi, sciorina la sua bravura in canzoni stupende come I Dont’ Want To Go To Chelsea, Pump It Up (altro inno di quegli anni), Little Triggers e Night Rally. È richiestissimo e parte per Tour in Europa e Stati Uniti. Nelle pause delle date, scrive sull’onda dell’entusiasmo altre canzoni, che compongono il terzo disco in tre anni, Armed Forces (1979): segnato dallo stress e dai primi, evidenti eccessi di vita, è un disco ansiogeno e un po’ frettoloso, che alle belle e ormai garantite belle canzoni aggiunge riempitivi. Sarebbe tutto normale, ma le cose stanno prendendo una brutta piega: le dipendenze da alcool e droga lo rendono nervoso e aggressivo e durante il tour americano, a Columbus, in Ohio, si incontrò con Stephen Stills nel bar dell’Holyday Inn. Qui in preda a deliri alcolici sbiascica pesantissimi insulti razzisti a James Brown e Ray Charles, litiga fino alle mani con la cantante Bonnie Bramlett (che era diventata famosa nel duo con il marito Delaney & Bonnie) e vede in un attimo disintegrarsi la sua reputazione negli Stati Uniti. Ci furono ulteriori polemiche poiché la vicenda fu quasi semi oscurata dai giornali britannici. Le successive scuse in una goffa conferenza stampa non servirono a nulla. Torna in patria e nel 1979 produce il primo, storico, album degli Specials, fa l’attore in Americathon (semisconosciuto film di Neil Israel, dove Costello si esibisce cantando Crawling In the USA). Durante la produzione del disco degli Specials, scrive e suona da solo tutti gli strumenti per del nuovo materiale nei piccoli studi di registrazione Archipelago (scritto così) di Pimlico, nei sobborghi londinesi. Costello ha la necessità di dare un taglio al suono precedente e per il nuovo si ispira alla musica afroamericana degli anni ’60, allo ska, e ha tantissime cose da dire.
Get Happy!! (che esce nel 1980) prende il titolo dalla canzone omonima composta da Harold Arlen, con i testi scritti da Ted Koehler, negli anni ’30 del ‘900, che riprendeva un testo di tipo evangelico. Fu portata al successo da Judy Garland e negli anni è divenuto uno standard per centinaia di artisti. Registrato tra Londra e i Paesi Bassi, a Hilversum, prodotto da Nick Lowe e Roger Béchirian, è un disco-mondo dove Costello mette 20 brani, molti dei quali brevissimi, meno di 2 minuti. È una prova di amore per quella musica, e anche di liberazione in un certo senso (nonostante anche durante le sessioni perdureranno i problemi con alcool e droghe). Ci sono due cover: I Can't Stand Up For Falling Down di Sam & Dave e I Stand Accused dei Merseybeats come omaggio al mai abbandonato amore per il suono di Liverpool. Per il resto, l’enormità (per l’epoca dove esistevano solo i vinili) dei 18 pezzi rimanenti passano dagli omaggi fin troppo sfacciati (Temptation è in pratica la Time Is Tight di Booker T & The MG’s con un testo diverso),a canzoni stupende come Love Me Tender (che apriva il disco), Possession, King Horse fino ai capolavori come New Amsterdam elegia sulla selvaggia New York, High Fidelity, doloroso e drammatico affresco sulle delusioni dell’amore e Riot Act, canzone scritta sui fatti di Columbus. L’omaggio alla musica r’n’b è evidente nella copertina: dalla grafica e dai colori cari alla Stax di Memphis, vedeva tre foto identiche di Costello sfalsate in colori acidi, e aveva una particolarità: l’effetto vissuto del cerchio bianco proprio al centro, a imitare il consumo dell’uso eccessivo. Tra l’altro le prime edizioni avevano la scaletta scritta al contrario, con Riot Act primo brano e Love Me Tender ultima, e valgono di più nel mercato dei collezionisti.
Il disco all’epoca fu accolto con grande favore dalla critica e dal pubblico: numero 2 in Gran Bretagna e un sorprendente numero 11 negli Stati Uniti. Negli anni il disco ha guadagnato ancora più favori, sottolineando la scelta niente affatto facile di Costello di distaccarsi sempre con intelligenza dai generi imperanti per la ricerca di una via personale alla sua necessità di musica. Scriverà un altro disco capolavoro, Imperial Bedroom (1982) che è una grande prova di pop d’autore, che aprirà le porte ad una nuova trasformazione verso un colto, raffinato, ma un po’ meno eccitante, modello di voce-pianoforte che diventerà il modulo classico della maturità costelliana. Ne ha fatta di strada in decenni quel tipo con gli occhialoni che prese in prestito dalla nonna il suo nome d’arte per la celebrità.
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Tu non capisci proprio niente
Alla moglie, qualunque fosse il motivo, ripeteva:
“Tu non capisci proprio niente!”
Effettivamente lei non aveva studiato oltre la terza media, non si interessava di politica, non leggeva giornali, eccetto i bollettini della parrocchia, si occupava soltanto dei figli, della casa, del bucato, della cucina, e di qualche ora nell’ufficio del parroco.
Quando si accendeva una discussione in famiglia, il marito, rifiutando per principio ogni dialogo sereno, intelligente ed educato, con i suoi soliti pregiudizi, le chiudeva la bocca dicendo:
“Tu non capisci proprio niente!”
Quando la moglie tentava di coinvolgerlo in qualche problema serio sui risultati scolastici dei figli o per valutare l’opportunità di una spesa o la scelta del luogo di villeggiatura o il bilancio familiare… la sua risposta era sempre la stessa, pronta, secca, senza possibilità di replica:
“Tu non capisci proprio niente!”
Una sera, in casa, mentre la televisione trasmetteva una partita della Nazionale, venne a mancare improvvisamente la corrente.
Il marito, tutto nervoso e agitato, si avviò a scendere nel buio dello scantinato per controllare ed eventualmente sostituire la valvola fusibile nel quadro di distribuzione dell’energia elettrica.
“Accendi una candela!” gli suggerì timidamente la moglie.
Al solito, il marito, furibondo, le gridò:
“Tu non capisci proprio niente, conosco il posto a memoria!”
Ma quella sera, evidentemente, qualcosa non funzionò a dovere; perché il pover’uomo scivolò su un gradino, sbattè la testa in modo tremendo e, dopo aver lanciato un urlo disumano, rimase a terra tramortito, sanguinante e con rotture varie.
Il caso era molto grave, ma i medici dell’ospedale, dopo giorni e giorni nell’Intensiv Station e con cure forti e adeguate, riuscirono a salvare la vita al poveretto.
Quando l’infortunato si risvegliò dopo quattro giorni di coma, vide la moglie accanto al letto, dolcemente china su di lui, trepidante, con gli occhi pieni di lacrime e piena di amore.
La povera donna non l’aveva abbandonato un solo istante:
giorno e notte, sempre vicina a lui, con mille attenzioni e con infinite preghiere.
Dopo due settimane dall’uscita dal coma, quando finalmente l’uomo poté cominciare a mormorare le prime parole, mentre due grosse lacrime gli brillavano negli occhi, con fatica disse:
“Sono proprio un animale.
Non avrei mai creduto che tu mi volessi tanto bene!”
E lei, col sorriso di sempre, amabile, dolce e con gli occhi umidi e luminosi, gli bisbigliò sottovoce: “Tu non capisci proprio niente”.
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Alice Neel
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Alice Neel, artista visiva statunitense, è stata tra le più celebri ritrattiste del Novecento e la più amata dal femminismo della seconda ondata. Una carriera che, tra alti e bassi, si è dipanata dagli anni Venti agli anni Ottanta.
Ha vissuto tra Cuba e gli Stati Uniti scegliendo New York come meta d’elezione, ha disegnato e dipinto per tutta la vita stabilendo un nuovo standard per l’uso del colore e la rappresentazione dei soggetti.
Rifiutando di conformarsi ai dettami stilistici e sociali dei tempi, con la sua arte figurativa ha espresso al meglio i suoi ideali sociali e politici.
Più di ogni altra cosa, capiva le persone e amava raccontarne le storie.
Ha ritratto la miseria della comunità ispanica, attivisti e persone comuni per raccontare di coloro che non compaiono nei libri di storia, come la vicina di casa picchiata dal marito, le proteste di piazza e la comunità queer. Anche per questo le prime a riprendere la sua opera e divulgarla sono state le femministe negli Anni Settanta, portandola al Whitney Museum e aprendo la strada al recupero della sua arte.
I suoi dipinti hanno un uso espressionistico di linea e colore, acume psicologico e intensità emotiva. Ha intrapreso una carriera come pittrice figurativa durante un periodo in cui l’astrazione era favorita e non ha iniziato a ottenere elogi critici per il suo lavoro fino agli anni ’60.
Il suo lavoro contraddice e sfida le tradizionali e oggettificate raffigurazioni di donne nude da parte dei suoi predecessori maschi. Ha ritratto le donne attraverso lo sguardo femminile, illustrandole come consapevoli dell’oggettivazione da parte degli uomini e degli effetti demoralizzanti dello sguardo maschile.
Nata il 28 gennaio 1900, a Merion Square, in Pennsylvania, nella numerosa famiglia di George Washington Neel e Alice Concross Hartley, era cresciuta in un ambiente perbenista di classe medio-bassa in un periodo in cui le aspettative e le opportunità per le donne erano limitate.
Mentre lavorava per aiutare la famiglia, di notte studiava belle arti alla Philadelphia School of Design for Women dove ha vinto diversi premi prima di laurearsi, nel 1925.
La coscienza politica e il conseguente impegno si sono sviluppati a Cuba dove si era trasferita nel 1926, dopo il matrimonio col ricchissimo Carlos Enrique, che aveva conosciuto alla scuola d’arte di Chester Springs. Avvicinatasi agli ambienti comunisti e socialisti, la consapevolezza delle forti ingiustizie sociali divenne la lente attraverso la quale vivere e dipingere.
Stabilitasi a New York durante la Grande Depressione, la nascita della prima figlia e la sua precoce morte, evento sconvolgente e determinante per la sua prospettiva di donna e artista, l’aveva portata a ritrarre come nessuno prima la condizione della maternità, nel duro Futility of Effort.
Isabetta, la sua seconda bambina, nata nel 1928, le aveva invece ispirato Well Baby Clinic, un cupo ritratto di madri e bambini in una clinica per la maternità che ricorda più un manicomio che un asilo nido.
Negli anni Trenta, dopo la separazione dal marito e dalla figlia, ebbe un crollo nervoso e venne ricoverata in una struttura psichiatrica.
Nel 1934, ha dato alle fiamme 350 dei suoi acquerelli, dipinti e disegni.
Frequentava artisti, intellettuali e leader politici del Partito Comunista, tutti soggetti dei suoi dipinti. In quegli anni viveva a Spanish Harlem e dipingeva i suoi vicini, in particolare donne e bambini. Il suo lavoro glorificava la sovversione e la sessualità, raffigurando scene stravaganti di amanti e nudi, come un acquerello del 1935, Alice Neel e John Rothschild nel bagno, che mostrava la coppia nuda mentre faceva pipì.
Nei suoi nudi ha catturato e nobilitato il punto di vista psicologico e interiore delle sue modelle, ritratti veritieri e onesti, che mettevano in discussione il ruolo tradizionale delle donne che dipingeva in interazioni sociali o in spazi pubblici, cambiando radicalmente il modo in cui l’establishment artistico vedeva le potenzialità del nudo femminile, raffigurando una gamma senza precedenti dell’esperienza femminile. Corpi sfatti, seni cadenti, ventri flaccidi, espressioni di vulnerabilità che infastidivano critica e pubblico.
Negli anni Quaranta ha realizzato illustrazioni per la pubblicazione comunista Masses & Mainstream e continuato a dipingere ritratti dalla sua casa di periferia. Fu un periodo duro in cui nessuno voleva esporre i suoi lavori e viveva di assistenza sociale per poter sopravvivere.
Nel decennio successivo, la sua amicizia con Mike Gold e la sua ammirazione per il suo lavoro di realismo sociale le fecero guadagnare uno spettacolo al New Playwrights Theatre di ispirazione comunista. Nel 1959 il regista Robert Frank le chiese di apparire accanto a un giovane Allen Ginsberg nel suo film beatnik, Pull My Daisy. L’anno seguente, il suo lavoro fu riprodotto per la prima volta sulla rivista ARTnews.
Nei primi anni Sessanta ha iniziato la serie di nudi in gravidanza con Pregnant Maria in cui ha dipinto una donna ordinaria in modo rivoluzionario, come un’odalisca, sottolineandone la fatica della maternità e la deformazione del corpo. Anche per la radicalità di questo sguardo che non ritraeva le donne come oggetto di desiderio ma come persone a sé stanti, era stata presa a esempio dai movimenti femministi che vi ritrovavano una prospettiva completamente diversa rispetto ai dipinti degli uomini.
Nel 1970 ha dipinto Kate Millett, l’autrice di Sexual Politics, la Bibbia del femminismo della seconda ondata.
La sua immagine è inclusa nell’iconico poster del 1972 Some Living American Women Artists di Mary Beth Edelson.
Verso la metà degli anni Settanta c’è stato finalmente un periodo di rivalutazione del suo operato e, nel 1979, il presidente Jimmy Carter le ha conferito il National Women’s Caucus for Art.
Quando ha compiuto ottanta anni si è ritratta nuda, coi capelli bianchi e le pieghe della pelle. Il quadro, esposto alla Harold Reed Gallery di New York, ha attirato notevole attenzione perché ancora una volta sfidava le norme sociali di ciò che era accettabile da rappresentare nell’arte. Il suo autoritratto è stato uno dei suoi ultimi lavori prima di morire.
Si è spenta il 13 ottobre 1984 a New York, per un cancro al colon.Sulla sua vita e opere di Neel è stato girato il documentario Alice Neel, diretto dal nipote Andrew Neel e presentato allo Slamdance Film Festival del 2007. Numerose sono state le mostre collettive e le retrospettive dedicatele dopo la sua morte.Nel marzo 2021, al Metropolitan Museum of Art è stata inaugurata la sua più importante retrospettiva che abbraccia la sua intera carriera dal titolo Alice Neel: People Come First, contenente più di 100 opere. La mostra è stata poi allestita al Guggenheim di Bilbao.Nel 2024 è stata inaugurata, alla David Zwirner Gallery, Alice Neel: At Home, la prima grande mostra incentrata sulle comunità queer che aveva frequentato e ritratto potentemente grazie a Andy Warhol.La sua cocciutaggine nel restare figurativa mentre diverse correnti artistiche si intervallavano nella sua lunga carriera, l’ha ostracizzata, le ha portato gravi difficoltà economiche e l’isolamento, ma è rimasta fedele al suo principio di umanesimo.
È stata una donna e un’artista fuori dal comune che ha sempre messo a disposizione il suo talento e la sua visione per le categorie più svantaggiate della società, la sua arte è stata politica, rivoluzionaria, non si è mai piegata a tempi e mode, così come le sue idee.
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Perché il mio cane diventa nervoso quando mio marito esce? Questo comportamento può essere causato da diversi fattori. Molti cani mostrano segni di angst quando uno dei loro proprietari va via, potendo manifestarsi con tristezza e agitazione. Ad esempio, Leo, il cane di un'utente, diventa inquieto e si mette davanti alla porta con espressione triste quando il marito esce, lamentandosi con guaiti. La sua reazione suggerisce un attaccamento profondo e una mancanza di parte del suo umano. Le ragioni dell'ansia da separazione nei cani possono includere cambiamenti nella routine quotidiana, eventi stressanti subiti in passato come traslochi o l'arrivo di un nuovo membro in famiglia, predisposizione genetica a soffrire di ansia da separazione, o problemi di salute che richiedono attenzione. I segni di ansia da separazione possono manifestarsi in vari modi. I cani nervosi possono abbaiare, mostrarsi irrequieti, cercare di scappare, distruggere oggetti, avere eccessiva salivazione, rifiutarsi di mangiare, piagnucolare, ululare e persino fare i bisogni in casa. Per affrontare il problema dell'ansia da separazione, è consigliato iniziare con assenze brevi e aumentare gradualmente il tempo che il cane trascorre da solo, premiandolo quando rimane tranquillo. È importante assicurarsi che il cane abbia sempre accesso a cibo, acqua fresca, giochi e un luogo tranquillo per riposare durante l’assenza del padrone. Saluti rapidi e discreti possono far capire al cane che le uscite non sono motivo di paura, evitando di prolungare i commiati. Inoltre, è fondamentale non punire il cane per comportamenti legati all'ansia poiché ciò potrebbe aggravare la situazione. L'uso di feromoni calmanti può aiutare a ridurre lo stress, mentre introdurre un compagno di giochi può alleviare la solitudine del cane. Con attenzione e pazienza, è possibile migliorare la qualità della vita del proprio amico a quattro zampe, riducendo la sua ansia da separazione.
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https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/01/chiara-ferragni-la-foto-col-famoso.html Chiara Ferragni, la foto col famoso pilota di Formula 1 I Fedez in lacrime quando l’ha vista Fedez e Chiara Ferragni/ fonte Depositphotos-autoruote4x4.com La bella influencer, in tutto il trambusto che sta vivendo, è stata anche presa di mira dalla stampa per una foto che lascia poco spazio all’immaginazione insieme al celebre volto delle quattro ruote, facendo disperare ancora una volta suo marito. Non è un periodo facilissimo per Chiara Ferragni. La famosissima influencer lombarda infatti di recente ha ricevuto pesanti accuse sul suo conto per la vicenda riguardante i panettoni con la Balocco. Come se non bastasse poi lo stesso è accaduto con altri due prodotti legati al suo nome, ovvero le uova di Pasqua della Dolci Preziosi e la bambola Trudi. Una situazione dunque parecchio spiacevole, che le sta creando parecchi problemi. Dopo le prime voci infatti tantissimi suoi fan le hanno puntato il dito contro, e alcuni di loro ad esempio le hanno addirittura tolto il follow sui suoi canali social, mondo dove la Ferragni è regina indiscussa. Un qualcosa che sta caratterizzando anche suo marito Fedez, apparso molto nervoso qualche giorno fa, quando durante una puntata di Muschio Selvaggio ha mostrato la foto di un hater che avrebbe insultato lui e suo figlio. Unico problema però che la persona fatta vedere non era la stessa che aveva insultato i due. Come se non bastasse però quanto sta accadendo ultimamente potrebbe aver fatto ulteriormente degenerare le cose. Infatti di recente è cominciata a circolare voce sul web di una foto che vedrebbe la modella in compagnia del famosissimo pilota di Formula 1, scatenando così le voci sul loro conto e facendo finire in lacrime Fedez, perché in tutto questo trambusto si sono aggiunte anche le voci di gossip che non c’entrano nulla. La foto che ha scatenato le voci Qualche tempo fa �� cominciata a girare in rete una presunta foto della Ferragni in compagnia di Carlos Sainz, che ha fatto immediatamente preoccupare Fedez. In realtà però si è trattata di una semplice illazione della stampa. Infatti la persona fotografata con lo spagnolo che guida le monoposto del Cavallino Rampante non era la fashion blogger, bensì un’altra ragazza che le somiglia davvero tanto. Carlos Sainz/ fonte Ansafoto- autoruote4x4.com Chi era in compagnia di Sainz? La donna fotografata dai media insieme al pilota era Isabel Hernaez, fidanzata con il ferrarista da ben sei anni, e che a quanto pare sembra quasi una vera e propria sosia della Ferragni. Una storia da non credere dunque sia per la modella che per Fedez, che in un periodo in cui gli sta accadendo di tutto hanno dovuto affrontare anche queste spiacevoli voci.
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IL FUOCO CHE CI NUTRE
LA MAGIA DEL SANGUE (capitolo tre)
Dal bordo di una sporgenza, situata più in alto rispetto a loro, un paio d’occhi guardava e osservava, semi-nascosto da un masso. E aveva sentito tutto.
Il vecchio vestito di stracci si voltò ed entrò zoppicando nella caverna alle sue spalle appoggiandosi ad un bastone. Camminò nelle viscere della montagna più in fretta che poteva, impaziente di dare la notizia a sua moglie, finchè non raggiunse uno spiazzo illuminato.
“Non ci posso credere! Stavo cercando la capra per portarla dentro e li ho visti. Sono proprio loro!” disse il vecchio allegramente, rivolto ad una figura seduta dalla parte opposta di un focolare acceso al centro della caverna. Si sedette su uno sgabello sgangherato, di fronte al fuoco scoppiettante, poi si rialzò, fece qualche passo e gettò due tronchi tra le fiamme poi sedette di nuovo. “Mi hai sentito, moglie?” “Non sai dove fare l’uovo, marito? Non sono sorda! Cerca di calmarti, vecchio bambino. Lo so. Ho sentito un fremito nell’aria quando hanno raggiunto il prato.” rispose la vecchia dagli occhi opachi per la cecità.
Teneva in mano una ciotola di legno dove rimestava con cura una poltiglia rossastra.
Appollaiato su un trespolo e nervoso come il vecchio, un corvo a tre occhi sbatteva le ali e faceva un baccano tremendo. “Zitto corvaccio! O ti faccio diventare un piccione!” fece la vecchia alzando la voce. Il corvo ammutolì.
“Finalmente anche il nostro fato si compirà, marito... Abbiamo aspettato tanto!”
Tentò di alzarsi e con una smorfia di dolore si sedette di nuovo. “Ahi! Mi fanno male i piedi. Non riuscirò mai ad arrivare fino al prato...” “Per favore pensaci tu, Akkar. Accompagnali qui … Mi raccomando, non spaventarli!”
“Sarà fatto, mia signora! Tutto quello che desideri io lo farò avverare. Se vuoi ti posso portare in braccio fino al...” rispose il vecchio canzonandola.
“Bada bene, marito!” troncò lei. “Non usare quel tono con me oppure potrai dire addio alla tua dose quotidiana di rimedi per l’artrite!” ribatté con un sorriso sdentato.
Tutto dolorante, il vecchio si alzò, si avvicinò a sua moglie e le posò una mano sulla spalla.
“Mi chiami sempre vecchio ma ho solo qualche centinaio d’anni più di te, moglie mia. Lo sai che non potrei mai fare a meno del tuo amore figuriamoci dei tuoi impiastri!” scherzò lui.
“Ora vai e fai il tuo dovere, Akkar, non abbiamo molto tempo!”
Il vecchio annuì e uscì di nuovo dalla caverna. Prese un minuscolo sentiero che lo portò direttamente sul prato dove Daemon e Rhaenyra chiacchieravano. Si piazzò in bella vista di fronte a loro, appoggiato al bastone, e li guardò.
“Cosa ci fate sul mio prato?”. Le due sagome di luce sollevarono la testa di scatto, sussultando alla vista di quel vecchio. Per tutti gli Dei, li ho spaventati. Mia moglie mi ammazzerà! pensò Akkar.
“Gua… guarda Daemon, ci vede!” sussurrò Rhaenyra indicando la figura.
Anche Daemon era sbalordito: durante quel lungo viaggio avevano incontrato centinaia di persone, erano passati persino in mezzo alla gente delle grandi città e nessuno si era mai accorto di loro.
“Chi sei, vecchio? Come mai ci vedi?” chiese Daemon fissandolo con sospetto.
Akkar sollevò gli occhi al cielo. “Ti sei per caso messo d’accordo con mia moglie, giovane principe?”
“Come fai a sapere chi son… chi ero?”
“So chi sei tu e so chi è tua moglie, ragazzo. E lo scopo che vi ha portato in queste terre. Io sono Akkar e vivo qui con mia moglie, Daer. Siamo due magyos e da tanto tempo ci siamo ritirati tra queste montagne. Se volete seguirmi e scoprire qualcosa che vi riguarda potrete fare una chiacchierata con lei. Non abbiamo molto tempo...”
Daemon e Rhaenyra, incuriositi, si guardarono e annuirono all’unisono.
Il vecchio scosse la testa e bofonchiò “Oh, stelle del cielo! Sono proprio loro!”
Le due figure di luce, mano nella mano, seguirono Akkar fin dentro la caverna rischiarata da un fuoco.
Appoggiate a una parete c’erano quattro rastrelliere di legno da cui pendevano mazzi di erbe poste ad essiccare. In un angolo a destra era posizionato un rozzo letto coperto da pellicce e poi tavoli, sgabelli e panche occupavano la parte sinistra della sala.
Su un rozzo trespolo un magnifico corvo a tre occhi si lisciava le piume con l’enorme becco.
Al centro di quello spazio, al di là del focolare, Daer posò la ciotola che aveva in mano e con una smorfia di dolore si alzò in piedi. ��Daemon e Rhaenyra Targaryen, fratello e figlia primogenita di re Viserys, siete i benvenuti.” annunciò la donna.
“Anche tu ci vedi?” chiese stupita Rhaenyra.
“No, io sono cieca, regina degli uomini, ma vi sento." rispose Daer portando una mano al petto. "Percepisco la vostra presenza, e l’amore profondo che lega l’uno all’altro.”
“La prima parte del vostro destino si è conclusa ma non per gli Antichi Dei che hanno in serbo ancora qualcosa per voi. Avete deciso spontaneamente di intraprendere questo lungo viaggio, di fare il passo che vi ha condotto qui. La scelta che avete fatto ha già innescato una catena di eventi, come una cascata, affinché in futuro possiate riunire i vostri corpi e i vostri spiriti.”
Seduti intorno al fuoco Daer spiegò la magia del loro sangue valiriano che non riguardava solo l’aspetto esteriore ma qualcosa di più profondo che trascendeva il tempo e lo spazio terreni. Con un cucchiaio di legno prese un po' di quella poltiglia rossa e la diluì in una ciotola d'acqua. Poi ne bevve qualche sorso. Dopo qualche minuto, in una specie di trance, lesse la loro vita come fosse un libro aperto.
“Non so perché siete stati scelti e forse non lo saprò mai ma siete destinati a bruciare insieme e non solo per mero desiderio fisico.
Il sangue di drago che scorre nei vostri corpi di carne è come la fiamma di questo fuoco, indomabile, ma è anche quello che vi permette di ritrovarvi quando quei corpi si allontanano oppure finiscono nella parte sbagliata della terra. Non potete vivere l’uno senza l’altra, non vi è consentito.” fece una pausa per bere un altro sorso e proseguì.
“Negli anni avete sperimentato la separazione e siete morti dentro. Separati, i vostri spiriti si sono lacerati. Vi siete persi perché non eravate insieme fisicamente, non eravate interi e completi, e questo ha alimentato la rabbia e la frustrazione.
La felicità nel vivere con altre persone, nell’avere figli da esse era solo apparente. Un inganno che vi siete costruiti per evitare il baratro della sofferenza.
I pensieri erano sempre e comunque rivolti all’altro ed era impossibile per voi farne a meno perché nei vostri cuori sapevate chi era il vero amore, chi vi avrebbe reso veramente felici e soprattutto liberi.
Nelle prigioni che avete innalzato si è poi aggiunta la vergogna poiché vi sentivate in colpa. Con quei pensieri, perennemente rivolti alla persona che realmente vi stava a cuore, temevate di ferire quelle più vicine, che a modo loro vi amavano. Un amore che però non potevate ricambiare... e siete entrati in una spirale di profondo sconforto.
È stata una lotta per la sopravvivenza. Avete dovuto imparare a dominare e reprimere i sentimenti che vi legavano, mentre il baratro si avvicinava sempre di più.
I vostri spiriti anelavano l’unione, come un assetato brama quest’acqua.” disse sollevando la ciotola. “I vostri corpi si cercavano e niente o nessuno vi avrebbe fermato, neanche la morte.”
“Quando, dopo tanto tempo, vi siete incontrati al funerale della principessa Laena Velaryon, il sangue dei draghi che condividete ha fornito la scintilla. Quella notte non sono stati solo l’amore e la lussuria a guidare i corpi, ancora una volta sono entrati in gioco i vostri spiriti, e questo è molto più appagante... È l’essenza stessa della felicità. Dell’amore più profondo e sacro...” concluse la maga.
Daemon e Rhaenyra ascoltarono quelle parole come ipnotizzati. Daer aveva portato alla superfice delle loro coscienze qualcosa che intimamente percepivano da sempre.
Lei si alzò dallo sgabello e gettò tra le fiamme quel che rimaneva della poltiglia rossa insieme alle erbe essiccate che gli porgeva Akkar. “Che gli Dei vi guidino nelle scelte future.” aggiunse Daer sollevando le braccia, come in una benedizione.
Dal focolare si sprigionarono volute di un fumo denso e appiccicoso. Tracciò dei segni nell’aria, mormorando una litania incomprensibile.
Il tempo rotolò in avanti e iniziò ad accelerare.
La caverna scomparve e la luce del sole li abbagliò. Sentirono nella mente le ultime parole della vecchia.
“Ora! Svegliatevi!”
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Moglie sadica si diverte a picchiare il marito masochista Fonte: https://seetarat.blogspot.com/2025/02/moglie-sadica-si-diverte-picchiare-il.html
Le dinamiche del sadismo e del masochismo nelle relazioni intime Le complessità delle relazioni umane sono spesso sottolineate da intricate dinamiche psicologiche, che possono manifestarsi in varie forme. Tra queste, l'interazione tra sadismo e masochismo rappresenta un argomento avvincente da esplorare. In particolare, la relazione tra una moglie sadica e il marito masochista funge da toccante esempio di come dinamiche di potere, consenso e appagamento emotivo possano intrecciarsi in modi non convenzionali.
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Leggere i commenti alle puntate di House of the dragon ti fa capire la totale mancanza di raziocinio, attenzione e capacità critica della gente. Altro che analfabeti funzionali!
La campagna di odio contro Alicent infatti ne è un chiaro esempio.
Mai, nemmeno contro Sansa, ho letto così tanti commenti negativi. E leggendoli.. rido per non piangere.
Ho fatto - per adesso - una terna dei miei commenti nonsense preferiti:
Al terzo posto... " Alicent è una pessima madre perché molla sempre il figlio in braccio alle balie e invece guarda Rhaenyra che tiene in braccio l'ultimo nato. Lei sì che ama i suoi figli. Alicent invece no."
Questo commento mi fa morire dal ridere perché denota la totale assenza di conoscenza di come funzioni il mondo medievale in generale - le balie e le nutrici...hai presente?! - e si vuole stabilire il premio Mamma dell' Anno in base al minutaggio di quanto il bambino stia in braccio alla madre. La gara la vince Lysa Arryn.
Oltre ad essere una stronzata clamorosa è pure un autogol: Alicent mollerà spesso il figlio alla balia ma almeno non gli ha regalato lo stigma del bastardo. Perché sì, essere bastardi è un onta, una vergogna.
Mi pare invece chiaro come sia Alicent che Rhaenyra amino i propri figli. Come tutte le madri di GoT: Da Cersei a Cat, da Lysa a Dany con i suoi draghi...c'è stata una madre che non ha amato i suoi figli in questa storia?
Alla seconda posizione troviamo un altro commento che mi era mancato tanto e che va sempre tanto di moda quando si parla di GOT e affini: "Alicent è andata a letto con il Re perché voleva il potere ecc ecc".
Questo non è divertente come gli altri ma l'ho sentito così spesso contro Sansa che ormai gli sono un pò affezionata. Gli voglio bene.
Anche qui, la gente si scorda che siamo nel Medioevo praticamente e che le donne sono al comando del padre prima e del marito poi. Invito a pensare a Lysa Tully che voleva sposare il suo Baelish. E come è andata a finire? Ha sposato Jon Arryn. E perché? Perché le donne fanno quello che il padre gli dice di fare. Fine.
Sbaglio o è stato Otto a dire a sua figlia di andare a letto con il Re? Me lo sono sognato?! Non credo.
Molto più probabilmente si odia così tanto Alicent che si dimenticano e modificano le cose per portare acqua al proprio mulino.
E infine l'ultima. Che è anche quella che almeno ha un fondo di verità. Ma è inesatta anche questa: " Alicent odia Rhaenya ed è cattiva con lei perché è invidiosa della sua libertà. Che lei può fare quello che vuole mentre la Regina è costretta ad essere doverosa."
Che Alicent sia scocciata e disturbata dalla libertà di Rhaenya è palese. Ma ricondurre l'astio tra le due a questo è troppo semplice e comodo.
Il grande motivo ha un nome: la vicenda Criston Cole. La sua relazione con Rhaenyra - che ha portato all'allontanamento del padre di Alicent - mostra ad Alicent quanto la sua amica sia inaffidabile. Alicent ha garantito per lei, andando contro lo stesso Otto, convinta delle buona parola della giovane. E invece la Regina scopre che Rhaenyra ha mentito, che il Re l'ha coperta e che lei è stata stupida a fidarsi di loro. E chiunque pensi che sia solamente l'invidia, la solitudine e rabbia il sentimento di Alicent, si è convenientemente dimenticato del vestito verde delle nozze di Rhaenyra.
Mentre voi state lì a pensare all'invidia di Alicent, lei sta già pensando ai suoi figli. Al futuro. Perché quella bugia di Rhaenyra ha dimostrato che della ragazza non ci si può fidare e che quando salirà al trono, l'ipotetica frase " non ti preoccupare per i tuoi figli Alicent, non gli farò del male." varrà mezzo soldo bucato.
Detto questo, è comprensibile come ci siano dei personaggi che piacciono e altri che proprio non si digeriscano. Quelli che solo a vederli in scena ti fanno salire il nervoso a mille. E' legittimo. E' giusto. Alicent poi non è certo uno stinco di santo...tutt'altro.
Ma l'odio totalizzante rischia di far perdere l'80% della storia del personaggio: le sue motivazioni, contesto, educazione, caratterizzazione. IL PERCHè un certo personaggio fa/dice certe cose. Rischia ossia di semplificare la storia in BUONI E CATTIVI cosa che sarebbe una grande limitazione al grande lavoro di ambiguità e umanità di Martin. E questo vale per Alicent ma anche per Otto, Criston Cole o Rhaenyra stessa. Come valeva per Dany.
#house of the dragon#house of dragons#hotd#anti targaryen#lol#queen alicent#alicent hightower#l'avvocato delle cause perse#anti rhaenyra targaryen
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Qualche giorno fa è scomparsa la mamma di una compagna di mio figlio dei tempi dell’asilo e delle elementari. Non eravamo amiche ma ci vedevamo spesso,fuori da scuola quando uscivano i bambini,nel gruppo dei genitori,alle varie riunioni e feste. Ai tempi delle elementari aveva avuto un forte esaurimento nervoso con attacchi di panico,era stata a casa dal lavoro per un po’ e non guidava l’auto. Poi però sembrava essersi ripresa. Dopo un paio di anni il marito l’aveva lasciata per mettersi con una maestra di yoga; lei era ingrassata molto e non era riuscita a rifarsi una vita,la figlia era il suo mondo. Dopo giorni di ricerche è stata ritrovata morta in un edificio abbandonato dell’Enel,pare si sia buttata da un traliccio. È una grande pena per me la sua fine,e penso a quella ragazzina di 16 anni che rimane senza la madre in un periodo così delicato della sua esistenza.Capisco che i suoi demoni interiori le abbiano avvelenato la mente,ma non posso credere che neanche l’amore sconfinato di un figlio possa averla fatta desistere da un simile orribile gesto.
Riposa in pace Raffaella,che la terra ti sia lieve ❤️
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Mi arrivata questa foto scattata a Roma, che mi ha fatto pensare. Questo ragazzo africano, mi è stato spiegato, si stava recando a un colloquio di lavoro. Non riusciva a farsi il nodo alla cravatta, ed era probabilmente nervoso. Una donna se ne accorta, e ha detto al marito di aiutarlo. E poi, si è messa a fare "muro", per non farlo sentire in imbarazzo. La semplicità di questo gesto e di questa fotografia mi hanno fatto pensare. E ringrazio chi ha usato "gli occhi del cuore" per saper cogliere la bellezza di quello che stava avvenendo davanti a lui, e quindi ha scattato la foto. Grazie. In questa foto vedo quanto sia facile far sentire "benvenuto" qualcuno. In questa foto vedo un giovane nervoso per un colloquio di lavoro che potrebbe ottenere, e un anziano che lo fa sentire più sicuro. In questa foto vedo chi da domani potrebbe pagare i contributi, oltre che ottenere uno stipendio, e contribuire alla pensione di quell'anziano. Lui forse non lo sa, ma quell'anziano chiaramente sì. In questa foto, vedo l'Italia che amo e per la quale realizzo che vale la pena lottare. Gian Luca Castaldi
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“ Come seppe la mamma la sua sventura? Una sera eran venuti a trovare il babbo dopo cena, non so più per qual motivo, alcuni individui, fra gli altri un notaio, creatura insignificante e melliflua che mio padre doveva aver preso a confidente, e il mio compagno d’ufficio: si chiacchierava. Mia madre scoppiò ad un tratto in una risata convulsa, domandando al notaio: «È vero, dica, che lei accompagna mio marito a passeggio la notte dalla parte del fiume? Mi racconti in po’ di che cosa parlano…!» Gli uomini si scambiarono un’occhiata, esterrefatti. Pallida, ora, la mamma s’alzava con un tremito, accusava un malessere, si ritirava. Rimanemmo in sala il babbo, io e gli ospiti. Vedevo sul volto di mio padre un’ira repressa, terribile. A voce lenta, quasi mormorando, egli dichiarò: «Quella donna impazzisce!» In un impeto proruppi: «Anch’io impazzirei, papà!» E gli piantai gli occhi in viso, con disperata ribellione, sentendo mormorarmi al capo uno spasimo terribile. «Taci, tu!» urlò l’uomo colpito a sangue, slanciandosi quasi per stritolarmi; e indietreggiando d’un subito con un supremo sforzo: «Esci!» Non ricordo come passai quella notte. Il mattino seguente, la mamma in camera sua con la febbre attendeva invano una visita del marito, certo per chiedergli perdono; io mi sentii annunciare che alla fine del mese sarebbe cessato il mio impiego! Era la risposta alla mia frase della vigilia. Quando fui nell’ufficio non potei trattenere il pianto: quella vita di lavoro fra gli operai io l’amavo intensamente, non potevo pensare di abbandonarla, non ne immaginavo alcun altra così conforme ai miei gusti, alla mia natura. Lo dissi al mio compagno, che mi si era avvicinato. «E a me non pensa? Che farò io?» mormorò egli. E ritornò al suo tavolo, nascose la faccia fra le mani, con un sussulto nervoso alle spalle. Gli andai accanto, dimentica della mia pena; mi afferrò, mi strinse, piccola, contro il suo petto. «Com’eri bella, iersera, com’eri fiera, come avrei voluto baciare le tue ginocchia…» Chiusi gli occhi. Era vero? Tutta la mia anima voleva una risposta. Rimasi ferma qualche minuto: le labbra di lui scesero sulle mie. Non mi svincolai. I miei sensi non fremevano, ancora sopiti; il cuore attendeva se qualche grande dolcezza stesse per invaderlo. Un rumore che sopraggiungeva mi fece allontanare bruscamente. Il giorno dopo, in un istante di solitudine, mi rifugiai di nuovo accanto al giovane, che mi disse di volermi bene, e m’impedì di parlare, soffocandomi con brevi baci sulla bocca, sul collo. Mi scostai un po’ infastidita. Ma nei dì seguenti la compagnia di lui mi parve necessaria. Dimenticavo in quei momenti il dolore che portavo meco dalla casa, che mi si incrudeliva ogni volta che incontravo lo sguardo di mio padre. E non chiedevo altro, paralizzata. Egli comprendeva la mia incoscienza, constatava la mia ignoranza, la mia frigidità di bambina quindicenne. Velando con gesti e sorrisi scherzosi l’orgasmo ond’era posseduto, con lenta progressione mi accarezzò la persona, si fece restituire carezze e baci, come un debito di giuoco, come lo svolgimento piacevole d’un prologo alla grande opera di amore che la mia immaginazione cominciava a dipingermi dinanzi. Così, sorridendo puerilmente, accanto allo stipite di una porta che divideva lo studio del babbo dall’ufficio comune, un mattino fui sorpresa da un abbraccio insolito, brutale, due mani tremanti frugavano le mie vesti, arrovesciavano il mio corpo fin quasi a coricarlo attraverso uno sgabello, mentre istintivamente si divincolava. Soffocavo e diedi un gemito ch’era per finire in urlo, quando l’uomo, premendomi la bocca, mi respinse lontano. Udii un passo fuggire e sbattersi l’uscio. Barcollando, mi rifugiai nel piccolo laboratorio in fondo allo studio. Tentavo ricompormi, mentre mi sentivo mancare le forze; ma un sospetto acuto mi si affiorò. Slanciatami fuor dalla stanza, vidi colui, che m’interrogava in silenzio, smarrito, ansante. Dovevo esprimere un immenso orrore, poiché una paura folle gli apparì sul volto, mentre avanzava verso di me le mani congiunte in atto, supplichevole… “
Sibilla Aleramo, Una donna, (Prefazione di Maria Corti, collana Universale Economica n° 1036), Feltrinelli, 1994²⁷. [Libro elettronico]
[Edizione originale: S.T.E.N. (Società Tipografica Editrice Nazionale), 1907 (in realtà 1906)]
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La mia top ten dei film di Keanu Reeves e i libri da cui sono stati tratti
La mia personale top ten di questo stupendo (fuori e dentro) attore:
1. Speed
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Trama:Nella città di Los Angeles due agenti della SWAT (squadra speciale anticrimine), Jack Traven (Keanu Reeves) e Harry Temple, sono impegnati a disinnescare un ordigno piazzato da un terrorista in un ascensore pieno di persone. Dopo aver mandato in fumo il piano dell’attentarore, che sperava di ottenere dallo Stato un ingente riscatto in cambio della vita degli ostaggi, i due poliziotti partono immediatamente all’inseguimento del terrorista, identificato successivamente come Howard Payne (Dennis Hopper). Quest’ultimo, pur di non essere catturato, fa esplodere una bomba fingendo di morire durante l’esplosione. Un paio di giorni dopo, il dinamitardo, sopravvissuto alla deflagrazione, contatta Jack su un telefono pubblico informandolo della presenza di una bomba simile su un altro autobus pronta ad armarsi al raggiungimento delle 50 miglia orarie (80 km / h) e ad esplodere al di sotto della medesima velocità. Questa volta il terrorista richiede un riscatto maggiore minacciando di far saltare l'autobus se i passeggeri dovessero scendere. Fortunatamente Jack riesce a salire sull'autobus in movimento, ma si accorge che l’ordigno si è già attivato essendo stata raggiunta la velocità prevista per l'esplosione. La situazione si complica ancor di più quando un piccolo criminale presente nell'autobus, temendo che Jack stia per arrestarlo, spara ferendo accidentalmente l’autista. Prontamente un altro passeggero, Annie Porter (Sandra Bullock), si mette alla guida del mezzo ma Jack deve trovare velocemente una soluzione: non c’è alcuna certezza che Payne, ricevuti i soldi, non faccia comunque saltare il mezzo e presto l’autobus si fermerà...
La mia opinione: Questo film lo riguardo spessissimo, all’apparenza è un semplice film d’azione, ma se ci si bada è scritto benissimo e recitato benissimo e i protagonisti hanno gran chimica. Da rivalutare. Ha superato Matrix in questa classifica solo perchè lo riguardo più spesso in quanto è meno impegnativo di una trilogia e meno denso di contenuti, e a volte uno vuole solo rilassarsi davanti alla tv.
2. Matrix (la trilogia)
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Trama: Seguendo un tatuaggio sulla spalla di una ragazza, l'hacker Neo scopre che la cosiddetta 'realtà' è solo un impulso elettrico fornito al cervello degli umani da un'intelligenza artificiale. La Terra era sopravvissuta alla catastrofe ma l'umanità ha avuto bisogno delle macchine per sopravvivere. E queste hanno vinto. Ma le macchine necessitano degli uomini e della loro energia. L'illusione in cui li fanno vivere è finalizzata a 'coltivarli' meglio. Nessuno è a conoscenza del tempo che è passato da quando il neurosimulatore ha assegnato una data fittizia al tempo. Solo Neo, con l'aiuto del pirata informatico Morpheus e della bella Trinity, può tentare di scoprire la verità. Ma non sarà facile.
La mia opinione: Non c’è bisogno di giustificare questa scelta, qui si parla di film che hanno fatto storia e basta. Ma l’avrebbero fatta senza Keanu nel ruolo?
3.Constantine
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Trama: basato sulla serie di fumetti Hellblazer edita da Vertigo, etichetta della DC Comics. John Constantine nasce col potere che gli consente di vedere tra gli umani angeli e demoni che si occultano tra noi. Spaventato dal suo potere si suicida, ma verrà riportato in vita e costretto a guadagnare il perdono divino, che ad un suicida di norma non è concesso, spedendo nel loro mondo i demoni che infestano la terra.
La mia opinione: Ho sempre trovato iconico Keanu in questo film, lui per me è Constantine, e basta.
4. Johnny Mnemonic
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Trama: liberamente tratto dal racconto Johnny Mnemonico di William Gibson (raccolto in La notte che bruciammo Chrome). Johnny è un corriere neurale, un uomo con un impianto nel cranio che gli consente di usare il suo cervello come un hard disk. Per fare spazio si è fatto cancellare i ricordi della sua infanzia ed ha raddoppiato la capacità della sua memoria con una espansione, ma la massa di dati che per una grossa somma ha accettato di recapitare supera i suoi limiti, e lo porterà alla morte se non sarà in grado di scaricarla entro breve tempo. Ciò che Johnny ignora è che sta trasportando la formula criptata della cura del male del secolo, il NAS (Sindrome da Attenuazione del Sistema Nervoso), trafugata da alcuni ricercatori della Pharmakom che vogliono renderla pubblica. Ma l'azienda farmaceutica che ne è proprietaria è intenzionata invece a trarne il massimo profitto, ed ha incaricato la Yakuza di recuperarla a qualsiasi costo. Accompagnato dalla bella Jane, guardia del corpo contagiata dal NAS, ed inseguito dai sicari giapponesi che dopo aver trucidato gli scienziati ribelli vogliono ora letteralmente la sua testa, Johnny trova rifugio tra i Lotek, e nella loro base riesce
La mia opinione: Film di fantascienza che visivamente è invecchiato molto, ma come idea è ancora attualissimo.
5. Le riserve
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Trama: Quando nel 1987 i giocatori professionisti indissero uno sciopero, la NFL (National Football League) decise di rimpiazzarli con semiprofessionisti e dilettanti della palla ovale per non danneggiare gli interessi di società e sponsor. A Washington D.C. il presidente (Warden) della squadra (immaginaria) dei Sentinels affida a un allenatore in pensione (Hackman) il compito di improvvisare una squadra di rimpiazzi tra cui spicca Shane Black (Reeves), quarterback fallito che fa il lavoratore portuale.
La mia opinione: Perchè Keanu dove lo metti sta bene, in qualsiasi genere di film persino uno ironico sportivo.
6. La casa sul lago del tempo
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Trama: Se si domanda a Kate Forster (Sandra Bullock) quale sia la casa della sua vita, la donna non ha dubbi: la casa sul lago, quella che ha dovuto lasciare per trasferirsi a Chicago per lavoro. Prima di andare via, Kate decide di lasciare nella cassetta delle lettere un biglietto indirizzato all'inquilino successivo. Si tratta di Alex Wyler (Keanu Reeves), un architetto di talento ma frustrato, che va a vivere lì per progettare un condominio nelle vicinanze. Tra i due comincia uno scambio epistolare molto intenso che sfocia in una bellissima storia d’amore a distanza. La donna dà appuntamento ad Alex, che però non si presenta, spezzandole il cuore. Cosa c’è dietro questo incontro mancato? Kate e Alex scopriranno un’amara verità: non vivono nello stesso spazio temporale. Lui data le sue lettere 2004 mentre lei scrive nell'anno 2006. Il mistero della casa sul lago troverà una soluzione quando Kate conoscerà la sola persona che la lega ad Alex...
La mia opinione: Non sono una gran fan dei viaggi nel tempo nei film, ma qui torna la coppia Keanu/Sandra Bullock di Speed, perciò mi piace di riflesso.
7. Point break
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Trama: Johnny Utah è un nome noto tra gli youtubers appassionati di sport estremi. È famoso per non aver mai avuto paura di nulla e per la tragedia che lo ha colpito e allontanato dal giro. Spinto dalla volontà di entrare nel FBI, per dimostrare le proprie capacità investigative, Johnny ritorna nell'ambiente e riesce a farsi coinvolgere dal gruppo di atleti estremi capeggiato da Bodhi. È convinto che siano loro i responsabili di alcune tra le più spettacolari rapine degli ultimi tempi, così come è convinto di aver intuito il loro piano: portare a compimento le "otto prove di Ozaki", un percorso verso l'illuminazione spirituale che spinge la sfida fisica oltre gli umani limiti.
La mia opinione: Non ho mai amato alla follia questo film, ma resta veramente un gran bel film oggettivamente con Keanu forse all’apice della sua bellezza.
8. Molto rumore per nulla
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Trama: ispirato all'omonima commedia di William Shakespeare, ambientata a Messina alla fine del 1500. Tutto ha inizio quando alla corte di Leonato fa ritorno da una battaglia il principe Pedro d’Aragona (Denzel Washington), che assiste alla promessa d’amore tra Hero (Kate Beckinsale), figlia del cortigiano, e il conte fiorentino Claudio (Robert Sean Leonard), presto suo futuro marito. Tutto procede al meglio, tra intrighi e tranelli di corte ma soprattutto attrazioni fugaci, come quella tra Beatrice (Emma Thompson), nipote di Leonato, e il signor Benedetto da Padova (Kenneth Branagh), che si scontrano in astuti battibecchi divertenti, celando un forte interesse l’uno per l’altra. Mentre i preparativi per le nozze vanno avanti a gonfie vele, Don Juan (Keanu Reeves), il fratello del principe, decide di spezzare l’idillio tra i due amanti, architettando un piano che metterà fine alla loro storia d’amore. L’uomo riesce infatti a screditare la dolce Hero agli occhi del conte, facendogli credere che lei lo abbia tradito, concedendosi a qualcun altro prima ancora che al suo sposo.
La mia opinione: Perchè Keanu non solo è bravo e bello, ma sa pure fare il cattivo all’occorrenza, e poi è Shakespeare, che dire di più.
9. Il profumo del mosto selvatico
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Trama: Un soldato torna dalla seconda guerra mondiale e scopre che la moglie si è fatta una vita senza di lui. Si separano e lui, in cerca di se stesso torna a fare il commesso viaggiatore di cioccolato. Durante un viaggio incontra una ragazza incinta che non ha il coraggio di affrontare la famiglia. Lui accetta di fingersi il marito.
La mia opinione: Ok, non è forse la trama più innovativa del mondo, ma è un romance che funziona sempre e con Keanu ha qualcosa in più da offrire.
10. La notte prima
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Trama: Los Angeles. Il giovane Winston Connelly (Keanu Reeves) si sveglia confuso e disorientato in un vicolo della città e non si ricorda più dove si trova e quel che gli è successo. Poi, a pezzi, riaffiorano i ricordi: diretti in auto alla festa del liceo per la promozione, lui e la compagna Tara Mitchell (Lori Loughlin) si sono persi nei bassifondi, hanno fatto brutti incontri e si sono cacciati nei guai. Della ragazza però non c'è traccia, mentre un gangster locale gli ha dato appuntamento per una resa dei conti.
La mia opinione: Forse questo film lo conoscono in pochi. Vede protagonista un Keanu giovanissimo e dovrebbe essere adolecenziale, ma in realtà tratta temi pesanti, in modo assurdo e scanzonato come fosse tutto uno scherzo, e portandoli così oltre, da riuscire a farti ridere pur nelle perplessità. Lo metto in classifica perchè credo vada rivalutato e Keanu così giovane è così tenero.
Onorevole menzione per il film Reazione a catena, dove ritroviamo la coppia Keanu/Rachel Weisz che mi piace molto. Film d’azione un poco prevedibile, ma che funziona e che prova che la pettinatura attuale di Keanu non è alla John Wick, ma la portava già molto ma molto prima.
Libri da cui sono stati tratti alcuni dei film con Keanu Reeves:
La notte che bruciammo Chrome, di William Gibson (Da uno dei racconti di questa antologia è stato tratto il film Johnny Mnemonic)
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Trama: Raccolta di racconti cyberpunk ambientati in un mondo in cui assassine professioniste con protesi incorporate, tecnocrati e yakuza sono al servizio delle multinazionali, tutti alla ricerca di un'affermazione personale, costi quel che costi. Un mondo degradato e immiserito, in cui la nuova cultura dei computer e delle realtà virtuali sostituisce tutti i valori, dove non sembra più esserci spazio per concetti come amore, lealtà, benessere, amicizia.
Molto rumore per nulla, di William Shakespeare (da cui il film Molto rumore per nulla)
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Trama: Messina alla fine del 1500. Tutto ha inizio quando alla corte di Leonato fa ritorno da una battaglia il principe Pedro d’Aragona (Denzel Washington), che assiste alla promessa d’amore tra Hero (Kate Beckinsale), figlia del cortigiano, e il conte fiorentino Claudio (Robert Sean Leonard), presto suo futuro marito. Tutto procede al meglio, tra intrighi e tranelli di corte ma soprattutto attrazioni fugaci, come quella tra Beatrice (Emma Thompson), nipote di Leonato, e il signor Benedetto da Padova (Kenneth Branagh), che si scontrano in astuti battibecchi divertenti, celando un forte interesse l’uno per l’altra.
Enrico IV, di William Shakespeare (da cui si sono liberamente ispirati per il film Belli e dannati)
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Trama: La tragedia comincia durante il terzo anno di regno (siamo nel 1402) di re Enrico IV. Dopo aver deposto con l'aiuto di molti nobili Riccardo II, re Enrico si trova a dover fronteggiare il malcontento degli stessi nobili che lo hanno portato sul trono. Un altro grosso problema che il re deve affrontare è la vita dissoluta che suo figlio Enrico (futuro Enrico V) conduce facendosi accompagnare da personaggi come Falstaff. La tragedia è suddivisa in due parti : la parte I si conclude con la battaglia di Shrewsbury in cui buona parte dell'esercito ribelle è sconfitto, la parte II prosegue con la morte di re Enrico e l'ascesa al trono di Enrico V che contro ogni aspettativa conclude le lotte e rinnega il suo passato pronto ad essere re.
Dracula, di Bram Stoker (da cui il film Dracula di Bram Stocker)
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Trama: In Transilvania per concludere la vendita di una casa londinese al Conte Dracula, discendente di un'antichissima casata locale, il giovane agente immobiliare Jonathan Harker scopre che il suo cliente è una creatura di mistero e orrore... Dracula, archetipo delle infinite storie di vampiri narrate dalla letteratura e dal cinema, mette in scena l'eterna lotta tra il Bene e il Male, ma anche tra la ragione e l'istinto, tra le pulsioni più inconfessabili e il perbenismo non solo vittoriano.
Addio al padrone, di Harry Bates (racconto lungo contenuto nell’antologia Le grandi storie della fantascienza 2 curata da Isaac Asimov, da cui il film Ultimatum alla Terra)
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Trama: Un’astronave si materializza all’improvviso sulla Terra con a bordo un uomo e un robot gigantesco. L’uomo viene ucciso da un fanatico che vede in loro il demonio. Preoccupati delle reazioni del robot, si cerca di tenerlo sotto controllo e si onora in tutti i modi il morto. Il robot rimane immobile e inattivo di giorno ma di notte, scopre un giornalista, compie strani esperimenti tramite i quali tenta di riportare in vita l’uomo da ciò che si era registrato delle sue ultime parole pronunciate. Tutti naturalmente pensano che l’uomo morto fosse il padrone del robot… ma, invece, è esattamente il contrario.
Un oscuro scrutare di Philip K. Dick (da cui il film A scanner darkly)
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Trama: Los Angeles, 1994: una droga misteriosa, la sostanza M, invade il mercato seminando follia e morte. La sua origine è ignota, come la sua composizione e l'organizzazione che la diffonde. Bob Arctor, agente della sezione narcotici, si infiltra tra i tossici che ne fanno uso, per scoprire chi dirige le fila del traffico illegale: un abito speciale nasconde ai colleghi la sua identità e una sofisticata apparecchiatura elettronica gli consente addirittura di spiare se stesso nella sua nuova condizione di drogato. Bob giungerà alla verità solo dopo essere sprofondato nel buio e nella disperazione della dipendenza.
La zia Julia e lo scribacchino, di Mario Vargas Llosa (da cui il film Zia Julia e la telenovela)
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Trama: Vi si narra la vicenda o meglio la carriera, di Pedro Camacho, fecondissimo produttore boliviano d'intrecci (lo chiamano anche Balzac creolo) che, chiuso in una mefitica stanzetta, sforna trame melodrammatiche e truculente per un programma di feuilleton di Radio Lima. Tutti attendono con impazienza le puntate della sua fantasia, ma improvvisamente le differenti trame di appendice prendono a confondersi tra loro. Camacho è impazzito e sarà degradato a galoppino d'una rivista di sicuro fallimento. D'altro lato, ecco invece la storia di Mario, giovane aspirante scrittore attratto da questa curiosa macchina dell'immaginario che ci racconta una sua complicata storia: s'innamora di una zia vedova e più matura che finirà per sposare.
Piccolo Buddha di Gordon McGill (da cui il film Piccolo Buddha)
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Trama: Lama Norbu, anziano monaco buddhista tibetano scappato dal Tibet in seguito all'occupazione cinese, scopre che la probabile reincarnazione di lama Dorje, suo maestro e educatore del Dalai Lama, è stata trovata in Jesse, un bambino di Seattle
Le vite private di Pippa Lee, di Rebecca Miller (da cui il film La vita segreta della signora Lee)
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Trama: "Placida, altruista, intelligente, bella. Grande cuoca. Pippa è la moglie del grande editore ottantenne Herb Lee. Trent'anni più giovane di lui, completamente dedita da quasi altrettanti al grande leone dell'editoria, Pippa lo accompagna nella sua ultima imprevedibile decisione: trasferirsi da Manhattan a Marigold Village, un comprensorio per pensionati fuori città, fra i tagliaerbe rumorosi del quartiere residenziale e i caffè suburbani consumati in fretta la mattina. E da quella prospettiva percepita come una velata anticamera della morte, Pippa, come una Mrs Dalloway contemporanea, si sposta tra i ricordi pericolanti di una memoria incerta. Dietro l'immagine olimpica della donna perfetta del presente, compare all'improvviso la ragazza dall'infanzia sofferente che la fuga a New York e gli incontri con un'umanità variamente "spostata" mettono a rischio di naufragio. Fino all'incontro con Herb, che le regala l'agio, i figli, la sicurezza, la salvezza. Ma sarà stata davvero una fortuna incontrare quest'uomo?
Hollywood trema, di James Ellroy (dal racconto Sesso, lusso e soldi di questa antologia è stato adattato il film La notte non aspetta)
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Trama: E’ una Città degli angeli crudele e corrotta a fare da sfondo a questi racconti. In ''L'assassinio di mia madre'' Ellroy riprende il fascicolo dell'indagine sull'omicidio della madre, lo studia attentamente, osservando con cura le foto, anche le più orribili e impressionanti. In ''Dubbio letale'', un uomo viene ucciso durante una rapina in un negozio e un giovane afroamericano viene condannato alla pena di morte sulla base di una sola testimonianza oculare. Partendo dai dubbi di uno dei giurati, Ellroy costruisce un'investigazione parallela che ci conduce nel profondo orrore di un omicidio. O ancora, in ''Sesso, lusso e soldi'' l'autore ripercorre in modo personale quel ''gigantesco romanzo russo ambientato a Los Angeles'' che fu il caso O.J. Simpson.
Devil’s advocate, di Andrew Neiderman
da cui è statao tratto il film L’Avvocato del Diavolo, è purtroppo inedito in italiano.
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Estelle Ramey
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Le catene delle donne sono state forgiate dagli uomini, non dall’anatomia.
Estelle Ramey è stata l’endocrinologa e fisiologa passata alla storia per aver causato le dimissioni del leader del Partito Democratico Edgar Berman, confutando la sua affermazione che le donne non erano adatte a ricoprire alte cariche pubbliche a causa di “violenti squilibri ormonali“.
Nella sua brillante carriera ha ricevuto 14 lauree honoris causa e pubblicato oltre 150 articoli su riviste scientifiche e due libri.
È stata la prima donna a far parte del consiglio della facoltà di medicina dell’Università di Chicago. Ha fondato la Association for Women in Science (AWIS) e fatto parte del President’s Advisory Committee for Women.
Nel 1971, il suo racconto Male Cycles (They Have Them, Too) apparve nel primo numero di Ms. la più famosa e longeva rivista femminista americana.
Nata Estelle Rosemary Ramey, il 23 agosto 1917 a Detroit, è cresciuta a New York. A soli quindici anni aveva già terminato il college per poi laurearsi, a diciannove, in matematica e biologia al Brooklyn College.
Nel mezzo della Grande Depressione, le venne offerto un lavoro come docente presso il Dipartimento di Chimica del Queens College. Successivamente, ha conseguito il master in chimica fisica alla Columbia University.
Nel 1941 la sua domanda presso il Dipartimento di Chimica dell’Università del Tennessee venne respinta solo perché era una donna, le venne detto di tornare a casa a occuparsi di marito e figli. Venne richiamata durante la guerra, per insegnare chimica e termodinamica ai cadetti infermieri dell’aviazione. Dopo il conflitto, ottenne un dottorato in endocrinologia presso la facoltà di medicina dell’Università di Chicago e una borsa di studio dal Public Health Service degli Stati Uniti.
Ha lavorato nel campo del diabete mellito e condotto ricerche sulla relazione tra ghiandole e sistema nervoso e risposte allo stress, arrivando alla conclusione che gli uomini si trovano in una situazione ormonale naturale svantaggiata perché sono più inclini all’aggressività, muoiono prima delle donne e sono più inclini ad avere infarti e malattie cardiache. Ha spesso affermato, a mezzo stampa, che “la mascolinità è un fattore di rischio biologico”.
È stata professoressa emerita di fisiologia e biofisica della Georgetown University Medical School, dove ha svolto ricerche e insegnato fino alla fine dei suoi giorni.
Oltre alla sua ricerca e all’insegnamento ha fatto parte attiva del movimento per i diritti delle donne.
Nel 1970, il politico e medico Edgar Berman, durante una sessione del Comitato per le Priorità Nazionali del Partito Democratico, respingendo un appello ad agire sui diritti delle donne, aveva affermato che le tempeste ormonali le rendevano inadatte a cariche elevate.
Estelle Ramey rispose criticando le affermazioni di Berman, scrivendo di essere sbalordita nell’apprendere che gli ormoni ovarici sono tossici per le cellule cerebrali, menzionando il fatto che, durante la crisi missilistica cubana, il presidente John F. Kennedy, soffriva del morbo di Addison e che i suoi farmaci per quel grave disturbo ormonale erano in grado di causare gravi sbalzi d’umore.
Il Women’s National Press Club ospitò un dibattito tra i due in cui lui aprì con la frase “Amo davvero le donne” a cui lei rispose “Così come Enrico VIII “. La conseguenza di questa diatriba in cui la scienziata ebbe la meglio, fu che Berman si dimise dal Comitato Democratico Nazionale e Ramey divenne un’importante oratrice pubblica sui diritti delle donne ospitata in tutti i più importanti consessi.
Tra le sue tante battaglie, ha condotto una campagna contro una casa editrice che utilizzava l’immagine di una spogliarellista nuda per illustrare l’anatomia.
È stata anche protagonista di un importante progetto di ricerca sulla storia orale della Columbia University.
Nel 1989 è stata inserita nella Maryland Women’s Hall of Fame e, dal 2000, è stato istituito il premio Estelle Ramey Mentorship Award al Georgetown University Medical Center.
Si è spenta l’8 settembre 2006 a Bethesda. Aveva 89 anni.
È stata una scienziata che ha contribuito a importanti studi e una femminista che, grazie al suo sapere, ha saputo tenere banco e confutare assurde teorie sessiste e discriminanti.
A chiosa del suo lavoro e impegno ha sostenuto: “Ho amato. E sono stata amata. E tutto il resto è musica di sottofondo“.
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Ravioli-rosa-di-pesce-spada-e-cernia-grigia; Ravioli ripieni di Cernia ;ravioli di spigola con sugo di pescespada ; Ravioli neri ripieni di pescespada; Ravioli-di-melanzane-con-sugo-di-pesce-spada ; ravioli-con tartare di pescespada ; ravioli-ripieni-di-pesce spada con burrata finocchietto e vongole; ravioli-di-pesce-spada con ricciolo di limone; ravioli ripieni di pescespada con pomodori Pachino; Ravioli-a ghiotta ripieni di pescespada
Un amore in tre atti unici - Atto secondo
FEBBRAIO 2020 - SAPERSI
Guardò la rampa di scale, l’ultima prima di arrivare al pianerottolo di casa sua. La osservò rendendosi conto che era tornata a casa senza far caso alla strada fatta, presa com’era dai suoi pensieri e dal nulla che la circondava. Ormai, con il lockdown, tutte le strade erano vuote e solo le macchine della polizia o dei carabinieri le popolavano di inquietudine. Lei tornava sempre a casa di corsa senza neanche alzare la testa a guardarsi intorno perché, ormai, non c’era nulla da guardare. Era tutto strano, con tutti quei morti al nord e l’attesa che il male arrivasse pure nell’isola facendo una strage perché gli ospedali siciliani non erano come quelli del nord. Salì l’ultima rampa di scale ed incominciò ad aprire con un gran rumore di ferraglia il suo portoncino. Si aprì la porta alla sinistra della sua, quella della signora Carmela e la vecchia con la sua figura minuta e i capelli bianchissimi apparve con una busta di plastica in mano
“Signora bonasira – esordì – è venuto il signor Giuseppe e le ha portato qualcosa da mangiare. A noi ha portato il pane e una teglia di salsiccia e patate, ai Romeo una teglia di pasta al forno: con i loro tre figli e il marito disoccupato, gli ha fatto un bel pensiero. Il signor Giuseppe è una bella persona, meno male che c’è gente come lui picchì si no ni ittiriumu unu a scippare l’occhi all’ autru (incominceremmo a strapparci gli occhi l’uno all’altro).”
Lei la ringraziò e dopo due parole di circostanza entrò in casa.
Da quando i ristoranti erano chiusi, Giuseppe le portava ogni giorno la cena. Lei appoggiò il sacchetto sul tavolo e lo aprì. In un portavivande vi erano dei ravioli di gamberi e pescespada in un brodo di crostacei. Solo l’odore la ripagò della tristezza della giornata. Si cambiò ed incominciò a mangiare con la televisione accesa ma con il volume al minimo. Non aveva voglia di sentire parlare ancora di morti e di dolore. Nel sacchetto c’era anche una bottiglia piccola di Rapitalà , lei si riempì il bicchiere e andò a sdraiarsi sul letto. Sul comodino vi erano i menù del ristorante di Giuseppe. Aprì quello emozionale e lesse la descrizione dei ravioli:
“Una nuvola di pescespada impreziosito dall’amorevole dolcezza mediterranea del prezioso gambero rosso, in una sottilissima sfoglia di pasta solare, il tutto cucinato in un delicato ed intenso brodo di scampi e cicale, esaltato da pezzettini di aromatica triglia di scoglio e di freschissime verdure di stagione.”
Sorrise. Giuseppe sapeva descrivere le cose in un modo bellissimo. Prese il menù Sensuale e lesse lo stesso piatto
“La passione amorosa del pescespada sposata con la dolcezza sensuale del gambero unite per la vita in una sfoglia di morbida ed appassionata pasta, sottile come il sospiro di una innamorata vogliosa. I ravioli si amano sospesi nel mare della vita addolcito dall’intensità degli scampi e delle cicale, in un unico abbraccio amoroso con i frutti della terra. Piatto dedicato a chi ama i sottili piaceri della vita, l’amore inteso come dolce continuo desiderare e gustare, il sesso come lento cammino verso il piacere”
Sorrise ancora. Guardò l’orologio, doveva chiamare i suoi e sentire come stavano ed ascoltare le disgrazie di famiglia. Nella mezzora di discussione finì il vino e la pazienza. Per cui tornò in cucina a mettere il piatto nell’acquario in mezzo a tanti altri sporchi e a preparare la caffettiera e la tovaglietta per la colazione. Fece in fretta perché Giuseppe l’avrebbe chiamata alle ventidue precise, un appuntamento che dava senso alla sua giornata.
Alle ventidue si sdraiò sul letto e attese. Il cellulare si illuminò mostrando un piatto di tagliolini con astice.
“Quindi io sarei una a cui piace continuamente desiderare e gustare?”
“Certo, hai una sensualità compressa, il giorno in cui la renderai libera sarai una tigre del sesso”
“Oh povera di me! Mi stai dando della Messalina repressa,”
“Sto dicendo che sei un albero che ancora non sa fiorire”
Decise di cambiare discorso
“Sei ancora arrabbiato per l’altra volta?”
“Sto metabolizzando e pensando. Non mi aspettavo che reagivi in quel modo”
“È che non sopporto che mi si stia vicino, che mi si tocchi”
“Questo lo posso capire. Non capisco come mai non mi vuoi dire perché. Poi ti stavo abbracciando, non ti stavo strozzando.”
“Ecco – sentì che tutto le stava sfuggendo di mano, che non vi era una spiegazione se non quella vera, quella che non voleva dire – poi magari ne parliamo di persona … ora, al telefono non mi viene facile”
“Neanche di presenza ti viene facile … sembra che non ti fidi di me …”
“No, non è questo … non ti so spiegare … Per favore parliamo di altro, mi fai sentire sotto processo”
“Come vuoi, ma se qualcuno ti lancia un salvagente mentre anneghi non puoi voltarti dall’altra parte”
“Non sto annegando!!!”
fece lei esasperata in modo secco ed arrabbiato.
Giuseppe restò in silenzio per quasi mezzo minuto
“Ti sono piaciuti i ravioli?” esordì improvvisamente
“Si molto buoni, tua madre è molto brava”
“Si, continua a cucinare per tutti. I fornitori, quei quattro contadini e pescatori che ci forniscono, le hanno detto di pagarli poi con calma, quando riapriremo, ma lei li continua a pagare regolarmente, come se ancora facessimo il tutto esaurito”
“Come mai?”
“Dice che se ci fermiamo tutti, i soldi non girano più e tutto si blocca. Per fortuna, con la storia che sono tutti a casa e che molti non escono neanche per la spesa, ci ordinano pranzi completi da consegnare a casa, e restiamo in pareggio”
“È un brutto momento. Vedere tutti quei vecchi che aspettano al freddo e sotto la pioggia fuori dalla posta il loro turno è angosciante. Speriamo che il lockdown serva a qualcosa…”
Continuarono a parlare di quelle cose banali che si dicevano sempre e lei si rese conto che stavano parlando per sentirsi ancora vicini malgrado il suo scatto nervoso di prima. Giuseppe le dava corda perché voleva tranquillizzarla ma lei sentiva che anche lui era come imbarazzato.
“Ora sono stanca – gli disse improvvisamente – ci sentiamo domani”
Probabilmente lui guardò l’orologio e sicuramente notò che stavano finendo prima del previsto.
“Va bene, riposati, ciao”
concluse brevemente
“Ci sentiamo domani mattina … ti chiamo io … ciao ciao”
Si sentiva in colpa. Giuseppe non voleva essere insistente. Capiva che lei aveva dei problemi e voleva aiutarla, ma lei … lei non era pronta. Forse non lo sarebbe mai stata, ma adesso meno che mai. Con tutta questa provvisorietà, tutto questo casino che stava succedendo, non era il momento di parlare del passato. Di dissotterrare fantasmi, demoni e fobie. Si certo, il loro era un rapporto strano, anche lui se ne era accorto. Prima che lei andasse dai genitori a Capodanno l’aveva invitata in campagna con dei parenti e amici. Era la loro prima uscita, un modo di rendere ufficiale quello che già dentro di loro sapevano. Qualcuno si era messo a suonare uno di quei balli paesani, la Cumparsita o un un'altra musica latina. Lui l’aveva tirata in mezzo alla sala a ballare. Lei era andata sperando che con lui non avrebbe avuto problemi. Invece appena l’aveva stretta in lei era incominciata l’ansia, più lui la stringeva, più lei sentiva crescere in se la paura, un inquietudine angosciante, una sensazione di soffocare e di dover fuggire. Gli disse sottovoce “lasciami, basta”, ma lui felice perché lei era li con lui di fronte a tutti i suoi, sorrise e continuò a girare seguendo la musica. Fino a che lei non si mise ad urlare “Lasciami, lasciami, ti ho detto di lasciarmi” e si divincolò restando nel silenzio assoluto e con tutti i presenti che la guardavano stupiti. Lei li guardò, poi corse al suo posto a prendere il soprabito e scappò fuori. Lui l’aveva rincorsa chiedendole scusa, che non gli sembrava di averla importunata più di tanto, ma lei gli disse solo di portarla a casa, che era stanca.
Da allora non si erano più visti e se lui chiamava lei gli rispondeva che non voleva parlare, che era troppo presa. Non andò più al ristorante e da allora ogni sera si trovava davanti alla porta la cena calda. Dopo una settimana lo chiamò per dirgli di non mandare più niente: Giuseppe rispose che era sua madre a mandargli i piatti pronti, lui sarebbe venuto di persona e piano piano rincominciarono a parlare, principalmente di notte, quando i telegiornali avevano finito di contare i morti e i positivi e facevano vedere camion piene di bare e strade vuote. In quella penombra di morte che copriva ogni città ed ogni quartiere, nel risentirlo lei scopri che ne era felice. Che forse aveva sbagliato a non dire le cose come erano. Ora, quella sera, avevano di nuovo litigato. Non che avessero veramente litigato, ma quel suo scatto era stato un eccesso imprevisto, come quello di quando ballavano. Il senso era sempre quello. Lei che non riusciva a parlare. Ma Giuseppe non aveva colpa, non doveva sempre trattarlo così. Non era giusto.
Richiamò
“E’ successo qualcosa?”
“No, volevo chiederti scusa per prima. Mi sono saltati i nervi per la stanchezza”
“non era la stanchezza lo sai”
“No, è che in ufficio mi fanno disperare”
Lui restò in silenzio, poi iniziò con una voce seria
“Ascolta, con questa pandemia non siamo a niente, ma non saremo mai a niente se continuiamo a parlarci a distanza e distanti l’uno dall’altra. Proprio quando tutto è provvisorio come ora che bisogna fare delle scelte e trovare dei punti fissi di riferimento. Ti sto chiedendo solo di parlarne per incominciare a trovare la nostra strada.”
“Ma è solo stanchezza, quando passerà e il virus scomparirà, tutto diventerà normale”
“Facciamo così: io tra un ora sono li da te sotto casa. Se mi mandi un messaggio salgo e ne parliamo seriamente, se no saremo sempre qui a parlare come gli innamoratini e presto ce ne stancheremo. Una relazione non dura se non capiamo chi è che abbiamo davanti. Possiamo dirci tutte le parole del mondo ma se non diciamo mai quelle vere, quelle che dicono chi siamo, non diciamo nulla”
“Hai ragione ma non è così semplice, poi c’è il coprifuoco…se ti fermano cosa dici? Che hai la zita che ha le paranoie? Cerca di essere pratico”
“Fra un ora sono li. Tu sei più importante di qualsiasi multa. Se non mi fai salire sarò li domani e dopodomani ancora, finché non parleremo o ci lasceremo.”
Chiuse la telefonata.
“Il solito testardo e presuntuoso. Per me te ne puoi restare fuori per tutta la notte ... “
Pensò arrabbiata. Prese il bicchiere andò a cercare un po' di vino. Non ne trovò perché con il Covid non aveva più tempo di fare la spesa. Si arrabbiò, il vino l’aiutava a cacciare i demoni e a non averne paura. Decise di farsi una lunga doccia e di lasciare sul tavolo il cellulare così da non rispondere al suo messaggio. Quando non avrebbe avuto risposta se ne sarebbe tornato a casa con le pive nel sacco. Andò in camera da letto e si spogliò. Quando lo faceva non guardava mai lo specchio dell’armadio, ma quella volta era tanto arrabbiata con lui che non se ne ricordò e quando si levò la canottiera di cotone, si vide allo specchio. Restò sorpresa e si osservò. Le cicatrici brillavano sotto la luce riflessa dello specchio. Erano tante, lunghe e dritte o curve e qualcuna serpeggiava da un fianco all’altro per come quei demoni gliele avevano fatte. Malgrado i dottori avessero fatto miracoli si vedevano ancora e in certe parti il suo corpo sembrava sformato e irregolare o cresciuto a casaccio. Cosa ne poteva sapere lui, non aveva sentito come lei i loro corpi contro il suo impotente ed ormai un giocattolo su cui sfogare tutto il male che una fantasia malata poteva immaginare. Lui non poteva sapere la violenza, l’umiliazione, il dolore, l’orrore che c’era nell’essere usata, nel subire tra le botte e lo schifo, le voglie di un altro. Lui non poteva saperlo e non era colpa sua. Lei aveva sbagliato a crederci, a dargli corda a pensare veramente che la vita potesse anche dare invece di togliere e basta. Non era servito a niente andare in un'altra casa con altra gente, in un'altra vita, i demoni l’avevano seguita e quando durante la festa lui non l’aveva lasciata, lei si era sentita tra le braccia dei suoi diavoli e si era ribellata. Non era colpa sua, non poteva sapere. Lei forse doveva fargli capire che lei … ma non sapeva neanche come definirsi, come spiegare. Non era colpa sua, si ripeteva sotto la doccia. Lui era buono, ma se l’avesse vista nuda, con tutti i segni dei demoni, che cosa avrebbe fatto? e tenerlo lontano, a cosa serviva? Aveva ragione che stare così senza dare o avere vuol dire essere morti. Pensò che lui non si era arreso, insisteva a voler capire e questo non per presunzione ma perché a lei ci teneva. Glielo aveva fatto capire in mille modi! Perché non accettare di mostrare i suoi problemi, le sue fobie, quello che alla fine era? Aveva ragione lui, era meglio trovare il coraggio di chiarire, chiamare le cose con il loro nome
Uscì velocemente dalla doccia e mettendosi l’accappatoio corse in cucina a prendere il telefono. Vi era il suo messaggio di un quarto d’ora prima
“Salgo?”
Rispose subito
“ Si vieni, vieni”
E corse ad aprire la porta cercando di fare il meno rumore possibile. Quando aprì lui era già dietro la porta che sorrideva
“Vieni”
Disse lei e lo tirò dentro chiudendo velocemente.
Lui entrò andando in cucina
“Che casino che c’è..”
Lei si avvicino e senza dire niente lo baciò stupendosi lei stessa di quanto stava facendo e capendo che per quanto lui insisteva a cercarla, lei stessa, a modo suo, lo cercava con la stessa intensità, lo voleva con il suo stesso desiderio e tutti i suoi modi che lo spingevano via, erano solo una maschera con cui nascondere il suo bisogno di averlo accanto. Perché aveva bisogno di essere amata e desiderata da lui e di amarlo e desiderarlo allo stesso modo, con la stessa intensità. Capì che le era mancato, che tutto quel pensare e considerare, ora che c’era lui, non aveva senso se non per ribadire che non poteva tornare indietro facendo finta che tutto era tornato normale. Lui rispose al bacio ma non l’abbracciò. Lei fu contenta di questo e disse che andava un minuto di la a mettersi qualcosa. Dovevano prima parlare, poi poteva accadere tutto quello che doveva accadere, ma prima doveva avere il coraggio di mettere le cose a posto. Andò nella stanza da letto, chiuse la porta e girò la chiave come sempre faceva quando non era sola in casa, poi dal comò prese una mutanda e una maglietta e incominciò a slacciarsi la cinghia dell’accappatoio. Nel fare questo si girò verso la porta e guardandola si rese conto che aveva fatto qualcosa di strano. Aveva chiuso a chiave la porta, quasi barricandosi nella stanza da letto, anche se di là c’era Giuseppe che tra tutti gli uomini di questo mondo, era quello che non avrebbe mai potuto farle del male. Il suo Giuseppe, quello che sapeva cosa lei volesse prima che lo pensasse. Non erano serviti a niente i buoni propositi di prima: la paura guidava ancora le sue azioni consce ed inconsce. Chi le aveva fatto del male era lì con lei, nella falsa sicurezza della stanza da letto, nella prigione in cui i suoi ricordi l’avevano chiusa. Aveva ragione Giuseppe, doveva parlare, doveva dirgli di lei e delle cicatrici, del perché non dormiva la notte e non voleva essere toccata. Buttò sul letto la mutandina e la maglietta e lentamente andò verso la porta e dopo qualche secondo di esitazione girò la chiave e l’aprì. Camminò per la casa con l’accappatoio ancora addosso come se fosse in trance. Arrivata sulla porta della cucina lo vide che stava mettendo in lavastoviglie un piatto.
“Giuseppe …”
lui si raddrizzò e si asciugò le mani con un tovagliolo guardandola, lei si avvicinò e cercò le parole che non aveva mai voluto dire prima.
“… io…volevo dirti, io …”
E si fermò incapace di iniziare a descrivere il mostro che da anni viveva come un diabolico parassita dentro di lei. Allora, disperata perché i suoi incubi le avevano levato la capacità di parlare di loro, di descriverne l’infelice causa ed i terribili effetti, slacciò la cinghia dell’accappatoio e lo lasciò cadere per terra facendo vedere quello che i suoi demoni avevano lasciato sulle sue carni.
Giuseppe continuò a guardarla negli occhi, senza indulgere sul suo corpo o mostrare meraviglia per le offese che vedeva. Lei capì che anche se non l’osservava vedeva quelle cicatrici e con loro tutto il male che le avevano fatto, ma sembrava che non volesse dargli importanza come se non gli interessasse. Voleva dirle che per lui contava solo il dolore che sapeva dentro di lei che le rubava quella serenità che voleva per lei, e che era il loro presente, il loro futuro e non il passato che non meritava di essere considerato. Allora lei prese coraggio e lentamente si avvicinò ancora di più e quando fu a pochi centimetri da lui lo abbracciò goffamente, tremando e vincendo la repulsione che provava perché ora che sentiva il suo calore e il suo profumo capiva che ne era attratta, mentre gli incubi rimasti dentro la sua anima le gridavano di correre via, al riparo del dolore che un altro corpo poteva darle, via a rinchiudersi dentro la stanza da letto, a vivere come una reclusa, una sepolta viva. Ma lei lo stringeva e non voleva fuggire: di tutta la sua vita, sentiva questo momento come l’unico in cui aveva preso per mano il suo destino. Per questo motivo voleva restare stretta a lui come da sempre non aveva mai stretto nessun altro, come un naufrago aggrappato ad un relitto per salvarsi, per non finire annegata negli abissi delle sue paure.
Lui non l’abbracciò, le accarezzava i capelli con le sue labbra, ma non l’abbracciò.
“ Quando te ne sei andata dalla festa mi sono messo a pensare. Ho chiamato un collega giornalista che copre il tuo paese e gli ho chiesto se li da lui fossero successi dei fatti che avessero coinvolto delle ragazze – lentamente incominciò a baciarla in fronte e poi ancor più lentamente sull’orecchio e sul collo, ma non la stringeva ancora – mi ha mandato degli articoli. Una ragazza era stata uccisa ad un passaggio pedonale, una seconda aveva rapinato con un amico una farmacia per rubare del metadone. Una terza era una minorenne – lentamente, usando lo stesso tono di voce continuò a baciarla sul collo e quindi sulla spalla e lei scoprì che il suo toccarla le dava inaspettatamente piacere – questa ragazza fu violentata sul treno che prendeva per andare a scuola nel capoluogo da tre ragazzi che, spaventati da una possibile denuncia, l’avevano picchiata e inferto una ventina di coltellate lasciandola per morta. La ragazza sopravvisse ma dovette subire molte operazioni perché del suo corpo avevano fatto uno scempio – Si fermò a baciare la spalla più volte – nell’ultimo articolo che ho letto, avevano intervistato la madre e lei diceva che sperava che condannassero i tre all’ergastolo perché sua figlia l’avevano violentata nel corpo e nell’anima, tanto che ora non poteva neanche abbracciarla che lei tremava e scappava via perché per lei ogni contatto fisico era il ricordo della violenza”
Tornò a baciarla sfiorandole appena le labbra.
“allora ho capito che avevi i tuoi motivi per non farti mai abbracciare e toccare e che non potevo lasciarti prigioniera di una violenza che per te non era mai finita “
“abbracciami, stringimi... – disse lei con il volto contro il suo petto e gli occhi chiusi – ho bisogno di sapere che tu non sei come quelli”
Lui alzò le mani ad accarezzare le sue spalle poi le fece scendere lungo la schiena e l’abbracciò leggermente, al bacino. La sentiva tremare, ma non si staccava da lui ne rifiutava il suo abbraccio, anzi lo stringeva più forte quasi a chiedergli di proteggerla dalla stessa paura che quell’abbraccio faceva nascere in lei. In quel momento, nel profondo della sua testa, lei era sdraiata su un sedile del treno, una mano le stringeva la bocca per non farla gridare, qualcuno le stava tenendo le gambe aperte, altre mani le stringevano i polsi per tenerla ferma, mentre sentiva un corpo schiacciarla e un dolore tra le gambe che cresceva fino a diventare un fuoco. Si dibatteva disperatamente e qualcuno la prendeva a pugni e schiaffi o la tirava per i capelli. Sentiva dolore ovunque, in bocca aveva sapore di sangue fino che le arrivò un pugno sulla tempia che la stordì e tutto di nuovo fu solo dolore e schifo in un buio assoluto. Avrebbe voluto morire ma si strinse a Giuseppe, dicendosi che era tutto finito. Tutto, finalmente, era finito.
Giuseppe capì che lei stava lottando contro i suoi demoni, era una lotta silenziosa e terribile quella che lui sentiva nel tremore del suo corpo, una lotta per uscire dall’oscurità dei suoi incubi e poterlo amare ed essere amata per come voleva e doveva, per ritrovare la luce di quella impossibile stato d’animo, che chiamano normalità.
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