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#lo stereoscopio dei solitari
intotheclash · 1 year
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Harux e Harix hanno deciso di non alzarsi più dal letto: si amano follemente, e non possono allontanarsi l'uno dall'altro più di sessanta, settanta centimetri. Tanto vale allora rimanere a letto, lontano dai richiami del mondo. C'è tuttavia il telefono, sul tavolino da notte, che a volte strilla interrompendo i loro amplessi: sono i parenti che chiamano per sapere se tutto va bene. Ma anche queste telefonate familiari si fanno sempre più rare e laconiche. Gli amanti si alzano soltanto per andare al gabinetto, e non sempre; il letto è ormai tutto disfatto, i lenzuoli stropicciati, ma loro non se ne accorgono, ciascuno immerso nell'onda azzurra degli occhi dell'altro, le loro membra misticamente allacciate. La prima settimana si sono alimentati di biscotti, ne avevano infatti provviste abbondanti. Finiti i biscotti, ora si mangiano a vicenda. Anestetizzati dal desiderio, si strappano grossi pezzi di carne con i denti, tra due baci si divorano il naso o il dito mignolo, si bevono l'un l'altro il sangue; poi, sazi, fanno di nuovo l'amore, come possono, e si addormentano per ricominciare quando si svegliano. Hanno perso il conto dei giorni e delle ore. Non sono belli a vedersi, certo, insanguinati, dilaniati, appiccicosi; ma il loro amore è al di sopra delle convenzioni.
J. Rodolfo Wilcock - Lo stereoscopio dei solitari
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lecopertine · 8 years
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L’immagine è “Eine Kleine Nachtmusik” di  Dorothea Tanning.
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buon-tempo · 5 years
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16 marzo 1978 - 16 marzo 2020 Il maestro. Se lo studioso intende raggiungere Juan Rodolfo Wilcock per via enciclopedica, può fare prima una sosta alla voce precedente Wilcker Ulrich, papirologo della Pomerania (1862-1944), oppure accerchiarlo tramite la voce successiva, Wilczek Franz, Nobel statunitense per la Fisica nel 2004, esperto di quanti. Questa semplice mossa definisce lo spirito di Juan Rodolfo Wilcock più di quanto si creda: solo i capricci dell’alfabeto, così simili a quelli del destino, hanno infatti impedito a Wilcock di essere riconosciuto anche come scienziato delle particelle subatomiche e egittologo, ma chiunque conosca la sua opera sa che questo sarebbe stato invece possibile con una certa facilità, peccato. Poeta, scrittore e ingegnere, Wilcock nacque giovanissimo a Buenos Aires nel 1919; sin da subito però iniziò a rivalersi della futura ingiustizia enciclopedica soprattutto in tre modi: 1) pensando all’universo, 2) partecipando alla ricostruzione della ferrovia Transandina 3) diventando amico e sodale di Borges, Bioy Casares e Silvina Ocampo. Nel 1955 poi si trasferì in Italia e iniziò a scrivere e a pubblicare libri, articoli e poesie in italiano meglio di molti italiani a lui contemporanei che scrivevano e pubblicavano libri, articoli e poesie (in italiano). La cosa, ci sembra di poter dire, non lo rese particolarmente popolare nell’ambiente ma, come notò una volta Roberto Calasso, suo amico e editore, “sapeva, come pochi, non dipendere dagli altri e dal mondo”. “La sinagoga degli iconoclasti”; “I due allegri indiani”; “Lo stereoscopio dei solitari”; “Frau Teleprocu”; “Il libro dei mostri”; “Il tempio etrusco”, sono i titoli magnifici di alcuni suoi libri ancora più sorprendenti. Scrisse a lungo per “il Mondo” di Mario Pannunzio; lo fece anche con lo pseudonimo di Matteo Campanari, col quale a volte firmava articoli contro l’altro sé stesso e recensioni di spettacoli teatrali inventati, come quello tratto dalle “Ricerche filosofiche” di Wittgenstein. Tra i molti autori tradotti, Joyce, Flann O’Brien e un libro bellissimo di Norman Douglas sui biglietti da visita. Queste, utilizzando le sue stesse parole, furono invece le sue preferenze letterarie: “Robert Walser e Ronald Firbank e tutti gli autori preferiti da Walser e da Firbank e tutti gli autori che a loro volta costoro preferirono”. Morì il 16 marzo del 1978, nella sua casa di Lubriano nella campagna laziale, nello stesso giorno del sequestro di Aldo Moro. Sulla sua lapide è scolpita una sola parola: “Poeta”.
Edoardo Camurri su Facebook
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whquotes · 3 years
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à lire : Tillion - Ravensbrück
Le stéréoscope des solitaires (Lo stereoscopio dei solitari) (1972)
La synagogue des iconoclastes (La sinagoga degli iconoclasti) (1972)
Barthes - Carnets du voyage en chine Barthes - Journal de deuil https://fr.wikipedia.org/wiki/Pirah%C3%A3_(langue)?fbclid=IwAR1U_qwgLxTqNJjDUZOBagYlvmtCFH_SceBkTUmDZP_a3nz4RsUYGp31rz4#Bibliographie Paulina 1880 de Pierre Jean Jouve
LE SYSTÈME AMAZON - UNE HISTOIRE DE NOTRE FUTUR
à écouter
1952 Sidney Bechet - La nuit est une sorcière 1953 Francis Poulenc - Les mamelles de Tirésias 1954 Emy de Pradines - Voodoo 1955 Jean Cocteau - Poèmes dits par l'auteur 1956 Henry Cowell, Charles Ives, Alan Hovhannes 1957 Edgar P. Jacobs - La marque jaune 1958 Thelonious Monk - Misterioso 1959 Michel Magne - Musique tachiste 1960 Charles Mingus - Pre Bird 1961 Léo Ferré - Les chansons d'Aragon 1962 Edgar Varèse - Arcana Déserts Offrandes 1963 Eric Dolphy - Music Matador 1964 Claude François - à l'Olympia 1965 Beatles - Help! 1966 Harry Partch - Delusion of The Fury 1967 Jimi Hendrix - Are You Experienced 1968 Mothers of Invention - We're Only In It For The Money 1969 Archie Shepp - Blasé 1970 Soft Machine - Third 1971 Carla Bley - Escalator Over The Hill 1972 Colette Magny - Répression 1973 Roland Kirk - Prepare Thyself To deal With a Miracle 1974 Robert Wyatt - Rock Bottom 1975 Birgé Gorgé Shiroc - Défense de 1976 Michael Mantler - The Hapless Child 1977 Ilhan Mimarogl? - Agitation 1978 Francis Poulenc - Mélodies 1979 Michael Jackson - Off The Wall 1980 The Residents - The Commercial Album 1981 Hal Willner - Amarcord Nino Rota 1982 Charlie Haden - The Ballad of The Fallen 1983 Tom Waits - Swordfishtrombones 1984 Giovanna Marini - Pour Pier Paolo Pasolini 1985 Lester Bowie - I Only Have Eyes For You 1986 Grieg, Mahler, Scriabine, Saint-Saëns, Reger, Ravel, Debussy, Strauss - Welte-Mignon 1987 John Zorn - Spillane 1988 Michael Mantler - Many Have No Speech 1989 Steve Reich - Different Trains 1990 Fred Frith - Step Across The Border 1991 Conlon Nancarrow - Studies for Player Pianos 1992 William Burroughs - Spare Ass Annie 1993 Frank Zappa - The Yellow Shark 1994 Kronos Quartet - Night Prayers 1995 Björk - Post 1996 Collectif - Buenaventura Durruti 1997 Wyclef Jean - The Carnival 1998 Massive Attack - The Singles Collection 1999 Arto Lindsay - Prize 2000 Bang On A Can - Lost Objects 2001 Noir Désir - Des visages des figures 2002 Joni Mitchell - Travelogue 2003 Fausto Romitelli - Professor Bad Trip 2004 Miles Davis - The Complete Jack Johnson Sessions 2005 Philippe Katerine - Robots après tout 2006 Scott Walker - The Drift 2007 René Lussier - Le trésor de la langue (coffret) 2008 Portishead - Third 2009 Das Kapital - Ballads & Barricades 2010 Kronos Quartet - Rainbow 2011 Shabazz Palaces - Shabazz Palaces 2012 Edward Perraud - Synaesthetic Trip 2013 David Lynch - The Big Dream 2014 Robert Wyatt - Different Every Time 2015 Den Sorte Skole - III 2016 Ursus Minor - What Matters Now 2017 Chinese Man - Shikantaza 2018 Ambrose Akenmusire - Origami Harvest 2019 Daniel Erdmann's Velvet Revolution - Won't Put No Flag Out 2020 Söta Sälta - Comme c'est étrange 2021 Jo Berger Myrhe - Unheimlich Manœuvre 2022 Kendrick Lamar - Mr Morale and The Big Steppers
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downtobaker · 4 years
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Lo stereoscopio dei solitari, i racconti capolavoro di J. Rodolfo Wilcock
Lo stereoscopio dei solitari, i racconti capolavoro di J. Rodolfo Wilcock
da Redazione
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Amico di Borges e di Bioy Casares, J. Rodolfo Wilcock approdò a Roma negli Anni Cinquanta, quando già era autore di una ragguardevole opera in spagnolo. In Italia, riuscì a trasfondersi in un’altra lingua, l’italiano, con una operazione che solo a pochissimi, come a Nabokov per l’inglese, è riuscita. E da allora cominciò a pubblicare racconti, romanzi, versi, saggi che…
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librinudi · 5 years
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J. Rodolfo Wilcock LO STEREOSCOPIO DEI SOLITARI (pt.2) 1972 Adelphi
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pangeanews · 5 years
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“E alla luce dei lampi fuggono facce bianche atterrite e unte di petrolio”. Juan Rodolfo Wilcock, lo scrittore che fece di tutto per distruggersi
E raccolsi la sfida. La sfida era dello scrittore con un tavolo pieno di libri, si capiva che era un giornalista. Vidi sul tavolo una matassa di carta ma distinsi La nube purpurea, un sottile presagio dall’Ottocento sulla fine del mondo, e dissi al giornalista che conoscevo il traduttore, Juan Rodolfo Wilcock. Perché non scriverne, disse il compagno indiavolato?
*
Wilcock nasce nel 1919 in Argentina dal consueto sangue misto anglofrancese ed emigra per necessità (pur avendo già lavorato e in patria e a Londra). Se ne va in Italia a 28 anni suonati. Per maturare questa scelta ha già visto il vecchio continente in diverse occasioni, prima da fanciullo poi da giovanotto con la fedifraga Ocampo e il vero e unico latin lover, Bioy Casares. Che bello doveva essere vederli assieme. Con Wilcock a fare da reggicandele…
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Wilcock è un autore che ti possiede con la forza di una premonizione. Leggete questo frammento dal suo Avviso ai saggi:
Presto, finché la lingua esiste:  su colonne di porfido il cielo trema,  porfido verde con vene di malachite  incrostato di fave di madreperla  e un filo d’oro che traccia d’alto in basso  corsivamente l’identica Parola.
Il mondo è pieno di figli di nessuno.  Tremano le colonne, dai cespugli emergono  bestie con tre o più teste, bestie nuove;  le stelle cadono come gocce di pioggia,  sciiti e mongoli muovono eserciti  e alla luce dei lampi fuggono facce  bianche atterrite e unte di petrolio. 
Nascondete questo rotolo nelle grotte
Ora capite perché Einaudi lo stampò nella bianca e perché i suoi versi spagnoli furono messi in circolo da Guanda nel 1963?
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In alternativa, sentirlo in questa conversazione Rai, ‘sentirlo’ perché la qualità video è infima. Vi discute la sua opera forse oggi meglio nota, La sinagoga degli iconoclasti che è l’antistoria del progresso scientifico, vera per tre quarti e falsa quel tanto che basta.
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Difficile parlare in teoria di quel che si ama. Se uno ama Wilcock ma non sa nulla della sua vita tranne che era omosessuale (capirai) e che i suoi primi libri se li stampò privatamente in Argentina dopo aver fatto discreti soldini coi suoi primi lavori come ingegnere meccanico che costruiva ferrovie transandine, ne sappiamo meno di prima. Le opere di questo poeta in terra machista si intitolano Passeggiata sentimentale e Musa minore maltratta e ancora, per chi non ne avesse abbastanza, Saggi di poesia lirica.
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Quanto al resto è presto detto. Fece di tutto per distruggersi in Italia. Si fece riprendere da Pasolini nelle vesti di sacerdote ebreo e questo un paese bigotto non te lo perdonerà mai. Poi si mise contro Moravia e la sua cricca quando l’industria culturale stava sbocciando e suggerì a Vassalli giovane che amore e amicizia vanno e vengono mentre solo l’odio permane, avvicinandoti agli altri.
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Detto da uno come Wilcock che lanciava epigrammi oltre poesie, l’aneddoto che coinvolge Vassalli acquista lustro e nitore.
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Un programma di Wilcock. “Appena si sente parlare di impegno morale, mettersi a letto”.
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E in effetti è giusto così, che se ne sia andato il 17 marzo 1978 mentre i giornali tiravano fuori le trombe per parlare di Moro. Sequestrano Moro lo statista e muore lo scrittore antisociale, che simpatica coincidenza.
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Se volete fare una passeggiata nel catalogo Adelphi, vi leggete in un paio di pomeriggi Fatti inquietanti per vedere Wilcock con taglio giornalistico in un’Italia accelerata da autostrade e progresso dove nessuno capiva più niente ma si facevano indagini sociologiche a strapotere mentre c’era lui, Wilcock, a tracciare biografie di prostitute di alto e basso bordo. Con occhio attento. Con compassionevole cinismo distaccato.
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O ancora, passare a Lo stereoscopio dei solitari per smettere di credere a tutto e poi Il reato di scrivere per assaporare due righe di lui giornalista aulico. Se non si vuol smettere di sognare, infine, c’è Il libro dei mostri.
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Va sempre così alla fine. Ti opponi al sistema e lui ti ingloba. Così fu per Wilcock che ebbe l’audacia di aiutare Calasso giovane nelle traduzioni – William Carlos Williams, La nube purpurea appunto e poi Marlowe, oh Marlowe.
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Come fu decisiva la lettura di Marlowe. Fin dal nome del traduttore, Wilcock. Una cosa che ti colpisce quando sei ancora abituato ai ‘referti’ letterari del liceo. E poi quelle voci del Cinquecento rimesse a nuovo, tirate a lucido, un bestemmiare giocoso e lui Wilcock che ti fa sentire il rombo del poeta giovane vissuto prima di Shakespeare. E quella nota in calce che diceva che Marlowe “sembra morisse in circostanze ignote assassinato in una taverna mentre era impegnato al servizio della corona spiando contro i Francesi”. La cosa mi piacque tanto che pensai di regalare il libro donatomi a sua volta da un professore. Aggiunsi una dedica a quella che c’era già e poi la cancellai. Passioni di ordinaria follia giovanile. Il Teatro di Marlowe Adelphi è rimasto da allora sano e salvo in bottega.
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Insomma Wilcock si consegnò legato mani e piedi a Calasso e da allora non si sa più nulla. Non se ne può sapere altro, eccezion fatta per le ricerche dei tessuti che vanno troppo a fondo e sono condannate a rimanere scollegate. Poi ci sono queste simpatiche commemorazioni a base locale, da etnografia poetica laziale. Poca cosa.
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Certo abbiamo salde in mano le sue versioni dal Finnegans Wake e le poesie di Beckett. Ma ci bastano? Quanto ancora vorremmo sapere? Temo di no. Per quello ci va buon senso e dedizione extraconiugale, extraletteraria.
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Per chi si interessa di poesia, infine, e non delle prose brevi di Wilcock di cui vi ho detto prima, suggerisco questi brani da Luoghi comuni del 1961:
Ali turchine
A chi giova il piacere dei sensi? All’intelletto, Che d’altronde sopporta dolori e infermità Indipendentemente dalla sua capacità Di godimento proprio; perché non è perfetto E sfoggia carne e peli come gli altri animali, Senza mai liberarsi dagli ingombri carnali, Senza essere del tutto lieto e neppure del tutto abbietto; Lui che sognò di volare sul mare senza confine Con dietro le spalle un paio d’ali turchine…
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Sensi
Nonostante i trionfi della scienza applicata Gli strumenti migliori per osservare l’universo Sono ancora la penetrante lampada del verso, La musica, la voce di una gola privilegiata, Oppure nella penombra delle candele sparse Il pulpito cosmatesco di diorite incrostata; Qualsiasi luce indicante dove un pensiero arse, Semplici torce o splendidi lampadari, Monasteri carpatici tra i boschi secolari, Rune d’Islanda con princìpi bruschi, Falli d’ambra nella foresta, sarcofaghi etruschi. Alla luce di questi lumi l’uomo si muove più sicuro, Vede i tramonti, vede le rive del mare, E pronuncia parole il cui senso oscuro Gli si comincia alfine a rivelare.
*
Certo se vogliamo andare sul sicuro c’è il suo canzoniere italiano. Gli mise proprio questo titolo Italienisches Liederbuch ma nonostante tutto il riferimento non è Petrarca quanto invece Michelangelo che appare nella mise-en-abyme della copertina con questa citazione: “Chi mi difenderà dal tuo bel volto?”.
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E allora leggiamolo questo canzoniere supposto omoerotico. È comunque di una tempra virile che nel 1974, a 56 anni e rotti, non teme di finire a stampa così:
Fatti vedere nella tua nudità, il mondo ha questo bisogno di bellezza per diradare i pensieri cattivi che sono sempre dei pensieri vestiti, rendi visibile la sublimità senza badare se desta scalpore: non cadrà il firmamento quando cadranno le tue mutande e la tua camicetta, soltanto nei paesi freddi gli dèi portavano questi indumenti. Poi, in questo Olimpo da te scelto a dimora con tutt’e nove i colli dell’Urbe ai piedi verrà eretto un palazzo pieno di specchi e in ogni specchio una tua immagine riflessa, e lì terranno le cerimonie di Stato, i congressi, gli esami di maturità, alla presenza della verità nuda.
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Chiaro che la poesia ci piace e ci accende ma rischia di diventare una delibazione ad uso interno dei cenacoli poetici. Mentre la prosa richiede immediatamente il consenso del lettore. Per questo anche se la poesia di Wilcock mi parla nel tempo, non riesco a cancellare quel pomeriggio milanese quando mi trovavo ad attendere cose assurde in un atrio elegante e nel frattempo leggevo la penna elegante di Wilcock…
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E poi, amarlo a ritroso fin da quando aveva 26 anni e diceva in spagnolo:
Se questo istante fosse l’eternità immutabile, sempre, sempre davanti a me il tuo corpo così bello,
come lontane musiche che salgono esaltate tra luci cangianti e vapori iridati!
Voglio chinare la fronte e baciarti le mani mentre dietro ai tuoi occhi passa un giardino incredibile,
un luogo voluttuoso dove il pensiero si immerge nelle acque dolcissime e in un sogno.
E accostarmi alle tue labbra, e conoscere la morte, uno spazio di angeli, l’oblio.
*
Meglio fermarsi alle ipotesi su Wilcock. Come passò dalla lingua spagnola a quella italiana? Lui se lo disse così andando a capo in spagnolo: “L’esiliato trova quella parola sola/ e per un attimo ridiventa/ in questo esilio che ti tormenta/ il poeta che non sei più”. Meglio continuare ad amarlo in via ipotetica.
*
Spulciando sui siti internet arcaici della Campo e su quello ufficioso di Wilcock si raccolgono le margherite delle sue interviste giornalistiche: “Per me l’inglese è un po’ troppo folcloristico, ormai; che dire poi dell’inglese degli Stati Uniti, quando prende il volo per conto suo e si appiattisce in centoventicinque parole. È come se a un giocatore di scacchi gli dicessero: ‘Qui si gioca a modo nostro, con un solo cavallo e senza torri’. Beckett, forse non se ne accorge, ma scrive quasi in latino; il suo poema Sans, del ’70, va più indietro nel tempo, sembra sumero, anzi pittografico”.
*
Da una lettera di Wilcock a Miguel Murmis del 23 giugno 1952 riscoperta da uno dei vari tesisti: “La convinzione che ho sperimentato fu di non potere cadere mai, perché ero artista fino a tal punto (bravo o meno, in questo caso non cambia nulla) che la mia chiarezza sarebbe emersa da qualsiasi lordura”.
Andrea Bianchi
  L'articolo “E alla luce dei lampi fuggono facce bianche atterrite e unte di petrolio”. Juan Rodolfo Wilcock, lo scrittore che fece di tutto per distruggersi proviene da Pangea.
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intotheclash · 3 months
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Harux e Harix hanno deciso di non alzarsi più dal letto: si amano follemente, e non possono allontanarsi l'uno dall'altro più di sessanta, settanta centimetri. Tanto vale allora rimanere a letto, lontano dai richiami del mondo. C'è tuttavia il telefono, sul tavolino da notte, che a volte strilla interrompendo i loro amplessi: sono i parenti che chiamano per sapere se tutto va bene. Ma anche queste telefonate familiari si fanno sempre più rare e laconiche. Gli amanti si alzano soltanto per andare al gabinetto, e non sempre; il letto è ormai tutto disfatto, i lenzuoli stropicciati, ma loro non se ne accorgono, ciascuno immerso nell'onda azzurra degli occhi dell'altro, le loro membra misticamente allacciate. La prima settimana si sono alimentati di biscotti, ne avevano infatti provviste abbondanti. Finiti i biscotti, ora si mangiano a vicenda. Anestetizzati dal desiderio, si strappano grossi pezzi di carne con i denti, tra due baci si divorano il naso o il dito mignolo, si bevono l'un l'altro il sangue; poi, sazi, fanno di nuovo l'amore, come possono, e si addormentano per ricominciare quando si svegliano. Hanno perso il conto dei giorni e delle ore. Non sono belli a vedersi, certo, insanguinati, dilaniati, appiccicosi; ma il loro amore è al di sopra delle convenzioni.
Juan Rodolfo Wilcock - Lo stereoscopio dei solitari
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librinudi · 5 years
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J. Rodolfo Wilcock LO STEREOSCOPIO DEI SOLITARI 1972 Adelphi
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