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A passo di cane di Paolo Morabito. Una riflessione sulla bellezza e la vulnerabilità della vita. Recensione di Alessandra today
Biografia dell’autore: Paolo Morabito è uno scrittore appassionato che riesce a catturare con delicatezza l’essenza delle emozioni umane attraverso storie vere
Biografia dell’autore:Paolo Morabito è uno scrittore appassionato che riesce a catturare con delicatezza l’essenza delle emozioni umane attraverso storie vere. Il suo amore per gli animali e per le relazioni autentiche emerge chiaramente dai suoi scritti, facendolo distinguere come un narratore sensibile e riflessivo. Analisi dettagliata:“A passo di cane” è una narrazione sincera e commovente…
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“ Immaginatevi un vasto cortile, di un duecento passi di lunghezza e centocinquanta circa di larghezza, tutto recinto all'intorno, in forma di esagono irregolare, da un'alta palizzata, cioè da uno steccato di alti pali, profondamente piantati ritti nel suolo, saldamente appoggiati l'uno all'altro coi fianchi, rafforzati da sbarre trasverse e aguzzati in cima: ecco la cinta esterna del reclusorio. In uno dei lati della cinta è incastrato un robusto portone, sempre chiuso, sempre sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle; lo si apriva a richiesta, per mandarci fuori al lavoro. Di là da questo portone c'era un luminoso, libero mondo e vivevano degli uomini come tutti. Ma da questa parte del recinto ci si immaginava quel mondo come una qualche impossibile fiaba. Qui c'era un particolare mondo a sé, che non rassomigliava a nessun altro; qui c'erano delle leggi particolari, a sé, fogge di vestire a sé, usi e costumi a sé, e una casa morta, pur essendo viva, una vita come in nessun altro luogo, e uomini speciali. Ed ecco, è appunto questo speciale cantuccio che io mi accingo a descrivere.
Appena entrate nel recinto, vedete lì dentro alcune costruzioni. Dai due lati del largo cortile interno si stendono due lunghi baraccamenti di legno a un piano. Sono le camerate. Qui vivono i detenuti, distribuiti per categorie. Poi, in fondo al recinto, un'altra baracca consimile: è la cucina, divisa in due corpi; più oltre ancora una costruzione dove, sotto un sol tetto, sono allogate le cantine, i magazzini, le rimesse. Il mezzo del cortile è vuoto e costituisce uno spiazzo piano, abbastanza vasto. Qui si schierano i reclusi, si fanno la verifica e l'appello al mattino, a mezzogiorno e a sera, e talora anche più volte durante il giorno, secondo la diffidenza delle guardie e la loro capacità di contare rapidamente. All'interno, tra le costruzioni e lo steccato, rimane ancora uno spazio abbastanza grande. Qui, dietro le costruzioni, taluni dei reclusi, più insocievoli e di carattere più tetro, amano camminare nelle ore libere dal lavoro, sottratti a tutti gli sguardi, e pensare a loro agio. Incontrandomi con essi durante queste passeggiate, mi piaceva osservare le loro facce arcigne, marchiate, e indovinare a che cosa pensassero. C'era un deportato la cui occupazione preferita, nelle ore libere, era contare i pali. Ce n'erano millecinquecento e per lui erano tutti contati e numerati. Ogni palo rappresentava per lui un giorno; ogni giorno egli conteggiava un palo di più e in tal modo, dal numero dei pali che gli rimanevano da contare, poteva vedere intuitivamente quanti giorni ancora gli restasse da passare nel reclusorio fino al termine dei lavori forzati. Era sinceramente lieto, quando arrivava alla fine di un lato dell'esagono. Gli toccava attendere ancora molti anni; ma nel reclusorio c'era il tempo di imparare la pazienza. Io vidi una volta come si congedò dai compagni un detenuto che aveva trascorso in galera venti anni e finalmente usciva in libertà. C'erano di quelli che ricordavano come egli fosse entrato nel reclusorio la prima volta, giovane, spensierato, senza pensare né al suo delitto, né alla sua punizione. Usciva vecchio canuto, con un viso arcigno e triste. In silenzio fece il giro di tutte le nostre sei camerate. Entrando in ciascuna di esse, pregava dinanzi all'immagine e poi si inchinava ai compagni profondamente, fino a terra, chiedendo che lo si ricordasse senza malanimo. Rammento pure come un giorno, verso sera, un detenuto, prima agiato contadino siberiano, fu chiamato al portone. Sei mesi avanti aveva ricevuto notizia che la sua ex-moglie aveva ripreso marito, e se ne era fortemente rattristato. Ora lei stessa era venuta in vettura al reclusorio, lo aveva fatto chiamare e gli aveva messo in mano un obolo. Essi parlarono un paio di minuti, piansero un poco tutti e due e si salutarono per sempre. Io vidi il suo volto, mentre tornava nella camerata... Sì, in questo luogo si poteva imparare la pazienza. “
Fëdor Dostoevskij, Memorie dalla casa dei morti [Testo completo]
NOTA: Questo romanzo, pubblicato negli anni 1861-62 a puntate sulla rivista Vremja, pur non essendo un resoconto è fedelmente autobiografico. Nel 1849 l'autore era stato condannato a morte per motivi politici e, dopo un'orribile messa in scena che tra l'altro peggiorò la sua epilessia, la sentenza di morte fu commutata in condanna ai lavori forzati a tempo indefinito; ottenne la liberazione per buona condotta nel 1854 ma le sue condizioni di salute erano ormai irrimediabilmente compromesse.
#Fëdor Dostoevskij#Memorie dalla casa dei morti#letture#libri#letteratura russa del XIX secolo#leggere#campo di prigionia#testi autobiografici#confino#carcere#romanzi#lavori forzati#prigionieri politici#esilio#Russia#popolo russo#pazienza#letteratura europea dell'800#umanità#sofferenza#assassinio#eodoro Dostojevski#inferno#dannazione#Siberia#libertà#narrativa del XIX secolo#coscienza#rimorso#pentimento
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mi piace la condivisione di pensieri in tacita comprensione, dove pur rimanendo in silenzio riusciamo ad entrare in intimità scambiandoci idee, e riflessioni reciproche. m’è sempre piaciuta l’idea che il silenzio potesse comunicar a volte più di quanto possa fare, banalmente, una bocca. trasmettere emozioni o concetti tramite il linguaggio comune della parola è di per se, il primo ponte verso il fraintendimento (o almeno, secondo me), che si riflette spesso con il concetto dello scrivere i pensieri su carta. quegli stessi pensieri, trascrivendoli, è come se venissero sfibrati, sporcati, minimizzati, “perdessero la loro integrità.”, attraverso l’assenza di parole ma il coinvolgimento di entrambi gli sguardi, il silenzio può (a mio avviso) crear quel mondo fatto di comprensione, di interazione senza dover specificatamente trovar parole. perché sforzarsi a farlo, dopotutto?
non sempre è cosi, e questo pensiero sostanzialmente è un gran controsenso: sono una gran chiacchierona, e sono anche una grande fan del cartaceo, dei libri e dei diari autobiografici, parlerei di tutto ed il silenzio, talvolta, non so neanche trattenerlo. timidezza, necessità costante di scappare ed evitare l’intimo contatto con la propria mente e i propri pensieri (pur se condivisi), ed una voglia matta di scambiare pensieri a parole ! sono una dicotomia di pensieri che non sanno interagire tra loro, o forse sono solo schizofrenica e sto impazzendo!
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Questo è un post a mo'di vera blogger stile Gemma Stone alias Jessica Jupiter la protagonista della saga "Segni d'Amore", una serie di libri meravigliosi a dir poco e romantici che fanno davvero sognare ad ogni sfogliar di pagina e forse inconsciamente anche la lettura di questi romanzi mi ha spinto a voler aprire un blog tutto mio: anch'io voglio avere uno pseudonimo come lei! E paradossalmente nel corso di questi anni su Tumblr ne ho avuti perfino due XD persa-tra-i-miei-pensieri e pensieri-per-la-testa, ma non ho mai scritto un post pensandolo effettivamente come un articolo di un blog tematico, con rubrica, titolo e sottotitolo e quindi vista l'ispirazione di oggi durante il consueto giretto in libreria eccovi qui cari lettori AFFEZIONATI (nome che avete votato voi stessi e finalmente utilizzo) un post dedicato ai bookslovers: affezionati collezionisti di libri e divoratori di racconti, sniffatori di libri vissuti e proprietari di librerie arcobaleno ordinate come il più prezioso dei tesori o come il punto focale della propria casa da far vedere con immenso orgoglio ad ogni ospite e arricchire sempre più.
Rubrica di persa-tra-i-miei-pensieri
BOOKSLOVERS
La scelta di un nuovo libro: le metodologie
Ho notato sia in base ad esperienze personali che sbirciando e origliando altre persone tra gli scaffali della libreria che ognuno utilizza un determinato metodo per scegliere il prossimo libro che gli terrà compagnia.
📖 Il passaparola: oh guarda questo è il libro che mi aveva suggerito tizio oppure di cui ha tanto parlato tizio, perché può esserci un passaparola anche indiretto
📖 La moda del momento: il libro di cui si parla di più sul web
📖 Il cinefilo: dopo aver visto il film ho scoperto essere ispirato a questo libro ma sai che è quasi quasi gli do una letta così da fare un bel confronto con il film (al 90% ci saranno grosse differenze e omissioni nel film il che significa che magari nel relativo libro sono risolte delle questioni lasciate in sospeso nel film). Un altro tipo di cinefilo (lo ammetto sono colpevole vostro onore) è quel lettore che scarta i libri in quanto ha già visto il film relativo e non gli è piaciuto (scusami Sophie Kinsella ma quel film "Sai tenere un segreto?" non mi è proprio piaciuto il che mi rende restia dal voler leggere il libro che l'ha ispirato e devo chiedere scusa anche a "Tutte le volte che ho scritto ti amo" e il seguito "P.S. Ti amo ancora" e l'ultimo capitolo della trilogia "Tua per sempre, Lara Jean" di Jenny Han perché mi sono bastati i film relativi quindi smettila per piacere di comparirmi sugli scaffali dei mercatini tanto non cedo nel comprarti ahah)
📖 Gli youtuber: a quanto pare ormai è diventata una moda che gli youtuber non solo scrivano libri autobiografici ma anche romanzi, addirittura un intero scaffale è dedicato a loro. Quindi può davvero chiunque scrivere un libro se ha una storia da raccontare (ne so qualcosa ihih. PS. Questo messaggio è per i miei carissimi affezionati ci vorrà del tempo perché devo dedicarci un vero e proprio studio approfondito su varie tematiche ma tra idee che sbucano come funghi e ispirazione da altre fonti che mi capitano a tiro presto tornerò a pubblicare gli appunti della Setta degli Elementi, il mio secondo romanzo fantasy)
📖 Le pagine: la scelta del libro può essere data anche dalla sua voluminosità, ci sono lettori che vanno a periodi e quindi può capitare che in un determinato momento per spronarsi a ricominciare a dedicare del tempo alla lettura scelgano di acquistare dei libricini di poche pagine giusto per riabituarsi gradualmente
📖 Il titolo: farsi attirare dal titolo è forse banalmente il metodo più utilizzato, se non incuriosisce minimamente quel titolo lo sguardo è già passato al prossimo libro
📖 La copertina: il colore, lo stile, l'eventuale illustrazione, il font del titolo ed anche la rigidità o flessibilità della copertina sono elementi da poter tenere presenti nella scelta di un libro, magari vedendo una copertina rosa con sfumature azzurre (il riferimento al mio libro preferito "Con un po' di magia" è solo casuale, forse ahah) si è maggiormente attirati dal voler estrarre quel volume dallo scaffale e dargli una possibilità rispetto a copertine anonime o a tinte unite
📖 Suggerito: il fatto di trovare determinati libri girati con il davanti della copertina verso il possibile lettore o negli scaffali posti all'ingresso della libreria può essere un metodo di scelta soprattutto per il lettore che va di fretta e non ha voglia di cercare di leggere ogni singolo titolo che si trova sugli scaffali
📖 Il genere: ovviamente ogni lettore anche il più propenso a variare letture ha dei generi che proprio non leggerà mai nemmeno se costretto, quindi il genere fantasy, fantascienza, horror, giallo, rosa, narrativa per ragazzi, romanzo, saggio, ma anche generi che si stanno affermando sempre più che posso definire rispettivamente: riscatto di una vita, intreccio di storie, libri che parlano di libri, risulta essere un elemento fondamentale nell'ardua scelta che accompagna il lettore
📖 La sinossi: leggere la prima pagina interna della copertina per avere una minima idea di cosa tratta il libro, se c'è una sottotrama differente rispetto a quella immaginata leggendo il solo titolo, spesso il titolo da solo può ingannare portando la mente del lettore da tutt'altra parte rispetto all'effettiva trama che viene trattata al suo interno per cui leggere la sinossi è particolarmente importante durante la scelta
📖 Il retro della copertina: spesso nel retro della copertina o viene fatto un riassunto della sinossi, o viene riportato un passo del libro oppure le recensioni fatte da esperti in tale ambito, in ogni caso dargli una letta chiarisce meglio sia i dubbi sul genere magari leggendo "ricco di colpi di scena, pieno di magia e mistero" oppure "con un finale struggente lo amerete in ogni singola pagina e vi farà versare lacrime alternate a piccoli istanti di ironia", ma anche "romanzo d'esordio che ha conquistato mezzo mondo" sono tutte informazioni che possono spingere o meno un lettore a scegliere proprio quel libro
📖 Il prezzo: banalmente il prezzo è un fattore da tenere presente nella scelta di un libro, magari un libro di sole 60 pagine che costa 25€ non è molto allettante anche se ho notato che i libri si trovano quasi tutti in un range che va dai 12 o 15 ai 18 o 22 euro
📖 L'autore: magari l'essersi affezionati ad un determinato autore dopo ad esempio aver letto una saga o un romanzo di quel determinato autore e aver dovuto dire addio ai personaggi che erano diventati degli amici immaginari può spingere un lettore a voler scoprire altre storie scritte da quell'autore sia per curiosità che per rendere meno amaro il distacco con le precedenti storie, cercando somiglianze tra i nuovi e vecchi personaggi
📖 Il seguito: l'attesa del libro successivo di una saga o trilogia può durare davvero tanto tempo quindi il lettore quando passeggiando tra gli scaffali della libreria nota con suo stupore o cerca proprio quel libro che gli manca per dare un seguito alla storia non se lo lascia di certo scappare e se lo abbraccia come il più prezioso dei tesori
📖 Spoiler: ci sono due tipi di lettori che rientrano in questa categoria entrambi non temono di spoilerarsi la storia e sono rispettivamente colui che legge l'ultima riga o parola del libro a mo'di manga e colui che apre il libro ad una pagina a caso e legge le prime righe che gli balzano allo sguardo a suo rischio e pericolo
📖 Somiglianze: questo metodo è del lettore che ha talmente amato un certo libro che non si capacita all'idea che la storia sia finita e quindi cerca un libro con una trama simile per illudersi in una continuità delle storie
📖 Il pirata: è il lettore che ha già scelto quale libro vuole ma non lo compra in libreria si segna soltanto il titolo o gli fa una foto con l'intento di scaricarlo gratuitamente da internet in formato ebook
📖 Il colpo di fulmine: il lettore in questo caso si affida completamente al destino, si posiziona davanti ad uno scaffale chiude gli occhi li riapre e sceglie il primo libro sul quale si posa lo sguardo
📖 Audiolibri: sono per i lettori che amano i racconti ma preferiscono immergersi a pieno nell'atmosfera suscitata da quel racconto narrato da qualcun altro attraverso musiche di sottofondo attinenti al tema. Un po' anche per tornare bambini coccolati dai genitori durante la favoletta della buonanotte
📖 Parere altrui: per il lettore anche il parere degli altri può essere il motivo per cui scegliere questo o quel libro, se un libro ha tutte recensioni negative meglio lasciarlo lì oppure essere talmente curiosi da dire ora voglio capire perché tutti lo ritengono un fiasco e una volta capito rivenderselo ad un mercatino dell'usato, il che ci porta al metodo successivo
📖 Mercatino: si può essere lettori accaniti e allo stesso tempo non ritrovarsi con il portafoglio vuoto in continuazione? Sì! Facendo un giretto in un mercatino dell'usato si possono trovare tanti libri alcuni ingialliti dal tempo ma altri chiaramente nuovi letti solo una volta e poi forse perché non troppo apprezzati o per necessità di spazio portati ad un mercatino per dargli nuova vita. Se si è fortunati possono capitare tra le mani libri con appunti a matita di cose che non c'entrano nulla tipo una ricetta, una lista della spesa, una dedica d'amore e dal fatto che si trova lì quel volume si può dedurre essere un amore ormai finito. In sintesi attraverso questo metodo si possono anche scoprire aspetti della persona che l'ha posseduto prima ed è una cosa troppo forte!
Per ora mi vengono in mente questi metodi, e voi affezionati quali metodi utilizzate? Lasciate un commentino qui sotto, intanto vi auguro una buona ricerca o lettura e a presto!
La vostra blogger persa-tra-i-miei-pensieri 🌻
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Intervista natalizia all'Autrice Gabriella Romolini
View this post on Instagram A post shared by MuatyLand.com (@muatyland) Può parlarci dei suoi libri pubblicati fin ora? I libri pubblicati fin ora sono stati due: “Sotto la neve pane – Una lunga chiacchierata” edito nel 2020 e “Esercizi di Scrittura – Storie a lieto fine” edito nel 2022. Sono tutti e due spiccatamente autobiografici, anche se in entrambi ci sono anche storie irreali e…
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Libri / "ArcheologA, storie di preistoria": dall'esperienza di scavo il racconto di una professione e di un'epoca misconosciuta
Libri / "ArcheologA, storie di preistoria": così l'esperienza di scavo racconta una professione e un'epoca misconosciuta
Redazione Passi autobiografici che diventano spunti per raccontare, con stile divulgativo ma scientificamente inappuntabile, parte della vita di una donna che ha affrontato per molti anni le fatiche fisiche e psicologiche richieste “sul campo” dal mestiere dell’archeologa. E sottolineare le tante peculiarità della ricerca paletnologica, poco conosciute al grande pubblico e spesso offuscate da…
#archeologia#Casa Editrice del Girasole#libri#Monica Piancastelli#Preistoria#scavi#scavi archeologici
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Annarita Risola (PaiseMiu / «Visti da vicino») intervista Davide Morgagni a proposito dell’anteprima e dell’uscita della tetralogia “Il rifiuto” (Musicaos Editore)
(Il 23 gennaio 2024, sul Canale YouTube di «PaiseMiu» viene pubblicato il video, per la rubrica «Visti da vicino» a cura di Annarita Risola, dell’intervista a Davide Morgagni, sulla nascita e il senso della tetralogia «Il rifiuto», si riporta qui di seguito la trascrizione dell’intervista, disponibile integralmente qui:
youtube
“Visti da Vicino” incontra Davide Morgagni per parlare del suo ultimo romanzo: “Il Rifiuto” (Musicaos Editore - balbec 1 - 2023), presentato lo scorso 22 dicembre ’23, presso la storica sede di Astràgali Teatro a Lecce. In tale circostanza l’autore ha dialogato con Fabio Tolledi (Direttore artistico e regista di Astràgali Teatro), Simone Giorgino (Docente di Letteratura italiana contemporanea presso l’Università del Salento, Presidente del Centro Studi Phoné e membro del Centro Studi “Vittorio Bodini”) e Luciano Pagano (Editore). “Il Rifiuto”, punto d’arrivo di un lungo percorso narrativo che Morgagni realizza in dieci anni di scrittura, ironica e libera, accoglie a sé tre dei suoi precedenti romanzi a cui si aggiunge l’inedito “Finché c’è rabbia”. Davide Morgagni nasce a Lecce nel 1977. Si laurea in filosofia. È autore, regista, scrittore e attore di numerose pieces teatrali. Pubblica “I pornomadi” (2014) e “Strade negre” (2017), entrambi con Musicaos Editore. “La nebbia del secolo”(Leucotea Editore-2019), “Finché c’è rabbia” l’inedito che termina il grande affresco narrativo: “Il Rifiuto” (Musicaos Editore -2023). [l'articolo completo e il video qui]
Annarita Risola - Benvenute e benvenuti, oggi siamo in compagnia dello scrittore, attore, regista, Davide Morgagni. Benvenuto.
Davide Morgagni - Buon Natale.
AR - Vorrei chiederle come nasce il suo amore per la scrittura.
DM - Non so se si tratti di amore, forse è più una forma patologica o forse un desiderio clinico, comunque certamente da ragazzino ho sentito questa forma di possessione che purtroppo ancora alla mia età mi perseguita.
AR - Il suo modo di scrivere è stato paragonato a quello di Joyce, Artaud. Come, da chi, e se, trae ispirazione?
DM - Ma, credo che l’ispirazione nasca non solo da Joyce che è un classico, insomma, di tutto il secolo precedente fino a oggi, con Artaud sicuramente c’è un profondo legame rispetto al processo di scrittura. Stiamo parlando comunque di una letteratura che nonostante anche Joyce sia un classico, appartiene comunque a una letteratura minore, quindi a un concetto di letteratura minore come diceva il grande pittore, “la letteratura appartiene al popolo”, e poi, quale popolo, il popolo, che non sono gli spettatori, quindi diciamo una letteratura minore e se posso citare, per esempio, c’è un bellissimo testo di Deleuze e Guattari che appunto si intitola proprio “Per una letteratura minore”, dove Deleuze come anche in altri testi riprende alcune frasi di Artaud riguardo la scrittura proprio lì dove Artaud dice, io scrivo, cioè bisogna scrivere per gli analfabeti, dove quel per gli analfabeti è un po’ come lo stesso concetto di “per una letteratura minore”, cioè dove quel “per” vale non tanto “a favore” o “dalla parte”, ma più che altro “al posto”, in questo caso “al posto degli analfabeti”, e in francese à la place…
AR - … dando voce…
DM - … ripeto, in francese è proprio à la place, quindi è veramente un movimento attoriale, che è un movimento che appartiene allo scrittore, ma appartiene all’artista tout court secondo me.
AR - Nei suoi romanzi descrive luoghi, persone… reali… autobiografici?
DM - Beh, io penso appunto che, si è già detto che ogni biografia è immaginaria…. diciamo che c’è una sorta di ritornello, una sorta di protagonista, che attraversa tutte le pagine di tutti e quattro i libri, che compongono in questo caso «Il rifiuto», l’ultimo romanzo, dove più che altro è una sorta di esploratore, ecco, che attraversa degli spazi dei campi lisci o degli spazi striati, metropolitani, e quindi ne fa, diciamo, di questo attraversamento, ne appunta, ecco, descrive un po’ questo passaggio da un punto di vista veramente clinico, quindi tutti i personaggii luoghi incontrati e attraversati appartengono, ahi noi, a qualcosa che ormai è scomparso, cioè la realtà.
AR - Lei lo ha appena citato e parliamo de «Il rifiuto», da poco pubblicato con Musicaos Editore, è il suo ultimo romanzo, una tetralogia che comprende i suoi precedenti lavori, I pornomadi, Strade negre, La nebbia del secolo, e l’inedito Finché c’è rabbia. Io partirei proprio dal titolo, perché ha scelto di chiamarlo «Il rifiuto».
DM - Allora questa è un’operazione editoriale… io sono molto grato all’editore Luciano Pagano per aver compreso quando gli ho consegnato l’ultimo romanzo Finché c’è rabbia, il legame tra i quattro libri, il legame tra i quattro libri naturalmente era un’operazione editoriale che io personalmente speravo accadesse, magari dopo la morte, è vero ma è così, nel senso che è un’operazione un po’ inedita, solitamente non accade, però Luciano ha una mente molto molecolare, brillante, intuitiva e quindi abbiamo deciso insieme di fare questa operazione del Rifiuto. Che cos’è «Il rifiuto», per dirla in breve, direi che è una questione che riguarda… è una questione etica, «Il rifiuto» è una questione etica, una questione etica intendo proprio da un punto di vista anche estetico, assolutamente diciamo spinoziana, ecco, nel termine proprio più preciso del termine, cioè è un’operazione dove c’è un’etica che rifiuta la morale, rifiuta un certo tipo di morale, forse tutta la morale, rifiuta tutti i moralisti, che in questo attraversamento di queste pagine sono anche gli scrittori, le scrittrici, le poetesse, i poeti, le attrici, gli attori, gli artisti tout court un po’ tutti. Ecco, un po’ tutti i moralisti… di questo moralismo c’è un rifiuto totale che appartiene appunto a una filosofia del rifiuto un po’ flaianiana direi, perché è molto ironica e comica quindi direi quasi porno.
AR - Diciamo che il suo è un romanzo non propriamente da leggere in una notte, però, molto molto interessante e benché abbia una scrittura anche molto particolare, approfondisce dei temi anche molto forti legati allo scarto, perché lei non ha voluto sottolineare che il termine rifiuto è anche legato a un suo modo di concepire la vita e di parlare attraverso questi romanzi anche di un certo tipo di società.
DM - Sì, questa è una scrittura un po’ fuori dalle righe, è una scrittura, non so in quanti ne carpiranno diciamo delle tracce teatrali, nel senso che è una scrittura fatta di intensità, di densità, che dà spazio alle voci, allo spazio, alla luce, e c’è proprio un movimento intensivo, ecco, in questo lavorio sulla lingua… qual era la domanda?
AR - Mi dovrebbe parlare degli strati sociali in particolare che lei vuole mettere in luce.
DM - Ripeto, ho parlato prima di etica, e quindi non tanto di antimoralista, assolutamente, ma di non concepire un certo moralismo, che è anche politico, certamente, riguardo appunto gli strati sociali, non so se chiamarli proprio strati sociali, forse dovremmo cominciare a usare parole nuove che ancora non esistono, forse delle analisi meno sociologiche. Finché c’è rabbia per esempio è un romanzo, dove appunto parla di una rabbia che è un po’ in certi momenti vista appunto come la rabbia di Gesù, è come la rabbia di un Gesù stremato che vaga fra gli stremati. Ecco in quel senso è sempre…
AR - … legata anche agli ultimi…
DM - Sì, se vogliamo chiamarli ultimi, sì più che altro è legata, diciamo, a una macchina che non ne vuole sapere di cambiare le sue dinamicità. Al di là diciamo delle propagande politiche, è una macchina che non… uff, che bella domanda…
AR - … mi permetto di dire che ho utilizzato il termine ultimi, semplicemente in riferimento al suo, che ha citato Gesù…
DM - … sì, sì, sì, però più che altro è con Gesù appunto che dice, il regno dei cieli è dentro di noi, è un “al di qui” che comunque viene celebrato e anche sottolineato, cioè, Finché ci rabbia attraversa anche gli ultimi anni che abbiamo vissuto un po’ tutti…
AR - …legato al Covid, nel periodo del Covid…
DM - … legato in questi ultimi anni dove ci sono stati degli stravolgimenti politici, economici, c’è stata anche tanta indifferenza, è venuta a galla un po’ l’idea di futuro che hanno i nostri politici, o i vostri politici.
AR - A proposito di futuro volevo chiederle, quali sono i suoi progetti futuri?
DM - Beh, progetto diciamo più certo, sicuramente la morte.
AR - Benissimo…
DM - … e poi, continuerò…
AR - … prima della morte magari…
DM - … sì, prima della morte c’è qualche idea, sì, diciamo ancora, lavoro sul teatro ormai da parecchio tempo, quasi 15 anni che tento di smettere quotidianamente, e quindi si continuerà a lavorare su quel versante teatrale.
AR - Lei ha concluso nel 2021 una residenza con la presentazione di un progetto teatrale,«Il mucchio», una residenza svolta con Astràgali Teatro, avete altri progetti insieme da realizzare?
DM - Sì, «Mucchio» è stato un lavoro su Samuel Beckett, che come tutti sanno è un autore che non si può affrontare per i prossimi quarantasei anni per motivi di diritti, se non affrontandolo nell’integrare, quindi non si possono fare delle operazioni teatrali su quel testo, noi comunque ce lo siamo permesso, me lo sono permesso comunque, con Astràgali Teatro ci sono state tantissime collaborazioni in questi ultimi anni, conosco molto bene il direttore Fabio Tolledi, è una delle menti più colte del Teatro del Sud Italia, non a caso ho avuto, anche, appunto questo tipo di rapporto, perché per me il teatro è stato sempre un qualcosa legato alla dimensione filosofica, alla dimensione religiosa, alla dimensione del corpo inteso come appunto un corpo in preghiera, un corpo in trance… quindi negli ultimi anni sì, mi è capitato di scrivere molto per il teatro… forse un progetto
AR - … siamo riusciti
DM - … non so se possiamo dire…
AR - … diciamolo dai…
DM - … non so, forse meglio, ok, lo diciamo, anzi no, un progetto per esempio, una cosa che mi piacerebbe un giorno magari quando riuscirò ad avere un po’ più di chiarezza, su alcuni punti, avendo sempre scritto per il teatro in questi ultimi anni, mi piacerebbe scrivere magari sul teatro, questa è sicuramente un’idea che ho, sono un accanito studioso, io dico sempre che ho cominciato a studiare dopo l’università, dopo la laurea, quindi ho una ricerca persistente in questi decenni, mi piacerebbe un giorno, diciamo avere il tempo, la possibilità di scrivere un testo sul teatro.
«Il rifiuto» (Musicaos) di Davide Morgagni, sul sito della casa editrice Musicaos Editore
«Il rifiuto» (Musicaos) di Davide Morgagni, su Amazon
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Al Vecchio Mulino “I colori di Eros” di Michele Pinna
Sassari. Racconti d’amore e di filosofia, di arte, colori e musica saranno protagonisti giovedì 23 novembre alle 18 al Vecchio Mulino di via Frigaglia, a Sassari, con “I colori di Eros”, uno dei libri autobiografici e più intensi di Michele Pinna, in cui le tonalità cromatiche diventano il veicolo per riannodare i momenti profondi della vita, come nella Recherche proustiana lo erano stati in…

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Elvira Mujčić
https://www.unadonnalgiorno.it/elvira-mujcic/

Se si vuole sapere qualcosa della migrazione bisognerebbe chiedere agli esperti della materia che sono poi i migranti stessi e non coloro che studiano il fenomeno. È essenziale dialogare con chi ha l’esperienza di ciò di cui si parla. Nei miei libri parto da elementi autobiografici legati alla guerra nella ex Jugoslavia per trattare poi, man mano, temi riguardanti la migrazione. Tematica questa che definirei esistenzialista, perché tali sono le domande a cui ti mette di fronte la migrazione, domande essenziali per poter sopravvivere in questa nuova condizione.
Elvira Mujčić è una scrittrice, drammaturga e traduttrice italo-bosniaca che, nei suoi lavori, affronta l’esperienza dello sradicamento e del difficile dialogo tra culture e linguaggi.
È nata nel 1980 a Loznica, in Serbia, ma si è spostata quasi subito in Bosnia, a Srebrenica. Era ancora una bambina quando, nel 1992, è stata costretta a scappare con la madre e i fratelli, nei giorni del genocidio. Suo padre e suo zio finirono invece inghiottiti dalla pulizia etnica. Da allora ha vissuto sulla propria pelle l’esilio, lo sradicamento e le difficoltà di sentirsi parte di un altro Paese.
Ha vissuto prima in Croazia e poi in Italia, dove risiede da oltre vent’anni. Nel provare a ridefinire la sua identità e ricomporre la sua vita, un pezzo per volta, ha scoperto il potere salvifico della letteratura.
Laureata in Lingue e Letterature straniere nel 2004, è autrice dei romanzi Al di là del Caos. Cosa rimane dopo Srebrenica, E se Fuad avesse avuto la dinamite, La lingua di Ana, Dieci prugne ai fascisti.
Ha tradotto in italiano Il letto di Frida di Slavenka Drakulić, Il nostro uomo sul campo di Robert Perišić e Il dono d’addio di Vladimir Tasić.
Ha curato la traduzione del cartone animato Draw not War e del documentario La periferia del nulla di Zijad Ibrahimović.
È stata coautrice dello spettacolo teatrale Ballata per un assedio che ha debuttato al Festival Teatrale Borgio Verezzi nel 2010. Per Chiassoletteraria 2013 ha scritto lo spettacolo I quaderni di Nisveta.
Nelle sue opere ha raccontato la guerra, affinché non cada nell’oblio uno dei fatti più sanguinosi del conflitto balcanico, la strage degli abitanti di Srebrenica e le pesanti eredità che ha lasciato.
Consigli per essere un bravo immigrato è un libro provocatorio che ci trasporta nelle storie delle persone richiedenti asilo e delle difficoltà che incontrano per ottenere la protezione internazionale, tra stereotipi e realtà.
La sua ultima opera, La buona condotta è ambientato in un piccolo paese in Kosovo, all’indomani dell’indipendenza, in cui si tengono le elezioni per il sindaco. A partire da un fatto realmente accaduto, Elvira Mujcić ha dato vita a una storia emozionante dove i personaggi combattono per sfuggire il destino che la storia, la politica o i benpensanti disegnano per loro. Il passato recente, la guerra mai capita e mal conclusa, i rancori e le manipolazioni che pesano su di loro, nonostante lottino per rimanere fedeli a sé stessi. Mostrandoci che un futuro migliore può sempre sorgere anche nelle condizioni più avverse, grazie a singoli uomini e donne e a dispetto dei governi.
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Purtroppo, dei libri autobiografici scritti da Christian “Flake” Lorenz, il tastierista dei Rammstein, è tradotto in inglese solo questo (in italiano invece nessuno), che però è bellissimo.
Con un’onestà a tratti spiazzante e una scrittura leggera ma tutt’altro che frivola e intrisa di un’ironia sbilenca, Flake racconta 24 ore della vita in tour. Le riflessioni e le divagazioni si alternano al racconto della storia dai Rammstein, dalle prime prove al quarto disco, ma a volte vanno indietro fino ai tempi della DDR.
Bellissimo e ipnotico. Forse a chi non interessano i Rammstein non dirà moltissimo, ma per i fan è una lettura consigliatissima.
(È un peccato che non sia tradotto il libro precedente sulla sua infanzia e gioventù nella Repubblica Democratica, perché Flake è uno di quelli che hanno sempre avuto parole abbastanza critiche sulle conseguenze della riunificazione e l’immagine che è passata nell’immaginario collettivo della DDR)
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I 50 MIGLIORI ALBUM DEL 2020

Il quarto ed ultimo articolo della nostra List Week dedicata alle classifiche musicali di fine anno vede come sempre protagonisti gli album, il classico ed intramontabile lungo formato al quale siamo tanto affezionati. Ecco i nostri 50 Migliori Album del 2020.
50. Fleet Foxes - Shore (Anti, 2020)

VOTO: 70/100
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49. Arca - KiCk i (XL, 2020)

VOTO: 70/100
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48. Black Thought - Streams of Thought, Vol. 3: Cane And Abel (Passayunk Productions, 2020)

VOTO: 70/100
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47. Kelly Lee Owens - Inner Song (Small Town Supersound, 2020)

VOTO: 70/100
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46. HMLTD - West Of Eden (Lucky Number, 2020)

VOTO: 70/100
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45. Porridge Radio - Every Bad (Secretly Canadian, 2020)

VOTO: 70/100
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44. Oneohtrix Point Never - Magic Oneohtrix Point Never (Warp, 2020)

Psichedelia, elettronica, futurismo, avanguardia e tantissime altre sfumature dentro l'ultimo disco di Oneohtrix Point Never, l'onnivoro progetto di Daniel Lopatin, che durante la pandemia ha deciso di dare forma alla nostalgia per il passato ripercorrendo i suoi ultimi dieci anni di musica e mettendoli dentro Magic Oneohtrix Point Never. Il disco è assemblato per ricordare un programma radio dove le voci spesso si sovrappongono e la continua oscillazione tra un canale ed un altro alla ricerca di un suono decifrabile tra le interferenze talvolta fa emergere dall'etere canzoni da mondi distanti. Non è facile sintetizzare e reinventare un progetto artistico così complesso e borderless che negli anni non si è mai accomodato in nessun genere, ne nell'ambient, né nell'IDM e neppure nell'elettronica progressive, ma Lopatin lo fa in maniera abbastanza accessibile prendendo in prestito elementi dal linguaggio pop e continuando il suo lavoro di ricerca sul suono, scandagliando, trasformando e traducendo. Il risultato è un totale ibrido di influenze diverse.
Tuttavia non è un disco facile, non manca la sperimentazione, le cacofonie barocche, contrapposte a momenti di totale minimalismo elettronico ipnagogico. Per quanto filosofico ed hippie possa sembrare, l'unico modo per spiegarlo è dicendo che non ci si può addentrare in Magic Oneohtrix Point Never con la testa, bisogna lasciarsi trasportare dal tappeto sonoro di Lopatin e della sua squadra, tra cui notiamo sicuramente Caroline Polachek, fidarsi delle proprie sensazioni ed imbarcarsi nella navicella spaziale che sorvola pianeti marziani e città iper-tecnologiche saccheggiate da una qualche catastrofe causata dall'uomo stesso. Non è tanto strano immaginarsi visioni assurde mentre si ascolta il disco, dato che Lopatin ha usato la fantasia per creare i suoi personaggi ed ambientazioni, talvolta giustificando i testi con storie improbabili, al limite tra la science-fiction e la distopia. Non è però tutto sensazioni e suoni astratti, a volte ci offre qualcosa di più palpabile, seppur non concedendosi troppo alla classica formula-canzone, in momenti come la power ballad No Nightmares con The Weeknd inconfondibile in veste di guest vocal, oppure Long Road Home.
VOTO: 70/100
di Viviana Bonura
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43. Le sacerdotesse dell’isola del piacere - Alle Onde (V4V / Cloudhead, 2020)

Alle Onde è il ritorno, quasi in sordina, de Le Sacerdotesse dell’Isola del Piacere, una delle migliori band del sottobosco italiano che da anni tiene accesa la fiaccola dell’emo rock percorrendo una traiettoria tutta in salita, soprattutto dopo il gioiellino Interpretazione dei sogni che attraverso riferimenti letterari da Freud a Kafka ha fatto tornare in vita un immaginario ben preciso per tracciare delle suggestioni e tradurle su un piano emotivo dentro una sfera molto personale. Ed è quello che continuano a fare nel terzo disco, immergendosi dentro altri libri e scrivendo ancora ricordi biografici tra le righe. Questa volta ad ispirarli è il mare e la natura, quello della Woolf, di Shakespeare e di Conrad, quindi elementi tutt’altro che pacifici ed idilliaci, ma tempestosi ed irrequieti, incontrollabili come i tumulti degli esseri umani, ma molto più grandi e permanenti dell’essere umano. Tornano le chitarre tra lo slowcore, l’emo e l’indie rock, gli anni ‘90 dei Dinosaur Jr. e delle band internazionali di oggi che si ispirano a quel sound, ma aumentano le distorsioni e gli assoli - e si vede anche nella durata dei brani. Tutto registrato per la maggior parte in presa diretta con un risultato che può piacere o meno, che non lascia molto spazio per le aggiunte stilistiche, l’innovazione su un piano musicale e compositivo, sulla costruzione del suono, ma gioca tutto al contrario sull’estemporaneità e sulla voglia di fare un disco rock dove la soddisfazione è proprio quella di poterlo suonare con immediatezza. Un disco sicuro non molto nuovo ma che funziona.
VOTO: 70/100
di Viviana Bonura
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42. The Microphones - Microphones in 2020 (P.W. Elverum & Sun, 2020)

VOTO: 70/100
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41. King Krule - Man Alive! (True Panther, 2020)

VOTO: 70/100
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40. Taylor Swift - folklore (Republic, 2020)

VOTO: 70/100
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39. Run the Jewels - RTJ4 (Jewel Runners / BMG, 2020)

VOTO: 70/100
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38. Pinegrove - Marigold (Rough Trade, 2020)

VOTO: 70/100
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37. Kevin Morby - Sundowner (Dead Oceans, 2020)

VOTO: 70/100
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36. Deftones - Ohms (Reprise, 2020)

VOTO: 70/100
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35. Oliver Tree - Ugly Is Beautiful (Atlantic, 2020)

VOTO: 70/100
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34. The Weeknd - After Hours (XO / Republic, 2020)

VOTO: 70/100
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33. Dua Lipa - Future Nostagia (Warner, 2020)

VOTO: 70/100
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32. Wilma Archer - A Western Circular (Domino, 2020)

VOTO: 75/100
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31. Holy Fuck - Deleter (Last Gang, 2020)

A distanza di quattro anni dal loro ultimo album tornano gli Holy Fuck, una band sui generis a cui piace giocare secondo le proprie regole, unendo la tensione del rock e dell’elettronica in melodie estatiche su cui lasciare danzare l’inconscio. Il loro quinto e squisito ritorno si chiama Deleter, un disco di nove tracce fatto di mimesi elettronica distorta e punk, realizzata senza l’ausilio di computer ed altre moderne tecnologie, ma solo da strumenti reali come loro tradizione. Proprio per questo particolare gusto nell’approccio musicale, il disco sfugge agli schemi ed è estremamente liberatorio da ascoltare. Prende in prestito dai paesaggi musicali astratti della micro-house e dal mondo del clubbing, ma li spezza con chitarre elettriche e batterie che pur essendo fortemente elaborate in post-produzione mantengono quel carattere estraneo alla musica che stiamo sentendo, e per questo il risultato è accattivante.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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30. Blu & Exile - Miles (Fat Beats, 2020)

VOTO: 75/100
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29. Ichiko Aoba - アダンの風 (Windswept Adan) (Hermine, 2020)

VOTO: 75/100
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28. Fontaines D.C. - A Hero’s Death (Partisan, 2020)

VOTO: 75/100
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27. Colapesce & Dimartino - I Mortali (Sony Music, 2020)

VOTO: 75/100
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26. Slow Pulp - Moveys (Winspear, 2020)

VOTO: 75/100
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25. Pufuleti - Catarsi Awa Maxibon (La Tempesta Dischi, 2020)

Pufuleti, nome d’arte di Giuseppe Licata, ad ogni ascolto mi sembra sempre di più il fratello perduto di Slowthai. I punti in comune ci sono: immigrato, voce fuori dal coro, liriche irregolari, flow stralunato e atmosfere un tantino surreali da farti sentire a disagio ma anche farti spuntare un ghigno d’approvazione in viso. Di origini siciliane, ma trapiantato in Germania da piccolo, con Catarsi Awa Maxibon è al secondo disco in studio sotto il nome Pufuleti, ma è attivo nella scena rap tedesca da più di una decade come Joe Space.
Forse è anche per l’esperienza del rap in un’altra lingua che quando Pufuleti decide di impadronirsi dell’italiano lo fa con un’approccio del tutto anticonvenzionale - oltre a non porsi problemi nel mischiarlo con tedesco e inglese. Nelle dieci tracce hip-hop un pò lo-fi del suo secondo disco infilza rime assurde ed ogni tanto pure oscene, dal fascino sgangherato e spigoloso, su basi che omaggiano la vecchia scuola americana ma in cui risuonano anche tutti quegli elementi bizzarri e freschi della nuova ondata alternativa italiana, grazie pure ai continui esilaranti riferimenti alle televendite fine anni ‘90 e inizio 2000 che ci piacciono tanto. Catarsi Awa Maxibon è fantastico perchè è assurdo, delirante, geniale nell’adozione di nuove vie semantiche “che diventano ricerca affannosa di un assurdo che dia senso alle piccole cose”. Certe atmosfere visionarie e un pò malate sono impossibili da ignorare, e questo fin dal primo ascolto che si rivela subito dirompente ed inarrestabile grazie alle tracce dalla breve durata cucite come un pezzo unico di una trasmissione televisiva.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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24. Helena Deland - Someone New (Luminelle, 2020)

VOTO: 75/100
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23. Thundercat - It Is What It Is (Brainfeeder, 2020)

VOTO: 75/100
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22. Touchè Amore - Lament (Epitaph, 2020)

VOTO: 75/100
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21. Hayley Williams - Petals For Armor (Atlantic, 2020)

Con Petals For Armor Hayley Williams debutta da solista senza i Paramore, band storica dalla fama leggendaria e storia travagliata da vicende personali che la frontwoman non ha sempre trovato modo di affrontare e canalizzare. Il suo primo disco è il risultato artistico di un lavoro profondo e personale di ricanalizzazione. A volte bisogna proprio ripartire dall'inizio, anche da adulti, ed è quello che ha fatto la Williams concettualmente, facendosi custode dell'esperienza artistica di quindici anni di carriera per diventare la custode della sé più giovane e bambina, quella che ha assimilato modelli di affettività tossici senza volerlo e li ha riproposti nella sua vita sentimentale che ad un certo punto è diventata di dominio pubblico. Scava nei suoi traumi per la prima volta da sola ed utilizza la musica per parlare alla sé del passato e ricostruire la Hayley del presente. I brani sono pieni di riferimenti autobiografici, abitati da atmosfere paranoiche, rabbie tranquille, erotismo e femminilità, metamorfosi che passano attraverso stati contorti e mostruosi, prendendo la forma dei propri demoni per poterli esorcizzare. Musicalmente sperimenta con un pop ed un rock raffinato tra St. Vincent ed i Radiohead, l'elettronica ed il jazz.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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20. Grimes - Miss Anthropocene (4AD, 2020)

Specialmente in questi ultimi anni Grimes, nome d’arte di Claire Bucher, ha vissuto in un mondo tutto suo. La producer, cantante e multistrumentista è sempre stata un personaggio sui generis, ma con una vita privata che ultimamente si lega sempre di più a quella pubblica è inevitabile che la sua personalità fuori dagli schemi si scontri con i canoni dell’essere una figura sotto ai riflettori, dunque confrontarsi con l’essere messa in discussione, ma ancora di più per il suo stile di vita e delle idee davvero bizzarre, spesso per gli altri non comprensibili. Ed è su questo precario e non ben definito equilibrio tra l’essere visionari e l’avere una fantasia piuttosto spiccata che nasce l’album più importante della sua carriera, Miss Anthropocene. Invece di rispondere al fuoco incrociato che l’ha vista protagonista di polemiche e critiche ha deciso di allontanarsi ancora di più dalla mondanità costruendo un universo inventato parecchio più inquietante e contorto di quello reale, dove il disastro climatico si intreccia a malvagie divinità aliene che desiderano soggiogare l’essere umano e mandare il mondo in rovina. La parte strumentale è quasi ambiziosa tanto quanto il concept - ma al contrario di quest’ultimo funziona sicuramente meglio ed è eseguito con più chiarezza - e vede Grimes ampliare ancora la sua palette sonora, rivelando una raffinata e lineare evoluzione del suo interesse di vecchia data verso la nostalgia della cultura rave e l’allettante musica pop dalle varie parti del mondo. I territori esplorati sono davvero tantissimi e l’eclettismo dell’artista è il punto forte di un disco che nel bene e nel male si è conquistato il diritto di guidarci verso le nuove rotte della musica pop.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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19. Lido Pimienta - Miss Colombia (Anti, 2020)

VOTO: 75/100
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18. R.A.P Ferreira - Purple Moonlight Pages (Ruby Yatch, 2020)

VOTO: 80/100
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17. Phoebe Bridgers - The Punisher (Dead Oceans, 2020)

VOTO: 80/100
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16. Shabaka and The Ancestors - We Are Sent Here By History (Impulse! Records, 2020)

VOTO: 80/100
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15. Ghemon - Scritto Nelle Stelle (Carosello Records, 2020)

Hit dopo hit, ma senza rinunciare all’identità, in Scritto Nelle Stelle si sente tutta la ricerca nel suono fatta da Gianluca Picariello, in arte Ghemon, negli ultimi anni per conciliare il pop con l’hip-hop, l’Italia con le influenze della black music. La formula perfetta si trova in mezzo, giocando sul modern soul e l’rnb in un contesto pop raffinato e a volte vagamente pop-funk, a metà tra l’elettronico ed il suonato, con un risultato dalla grande musicalità - anche nei momenti in cui si sente la sua formazione hip-hop - un groove costante ed un cantato super caldo. Gioca ancora con le rime e la tecnica, ma il contesto è più rilassato, luminoso, frizzante e sembra che anche le riflessioni di Ghemon abbiano trovato riconciliazione e liberazione dentro questo sound ibrido dalle vibrazioni buone che gira attorno al mainstream, ma lo rielabora in chiave artistica con decisioni da musicista che tiene gli occhi aperti sul panorama internazionale piuttosto che da hitmaker come possono fare i colleghi Ghali o Achille Lauro, o ancora da fenomeno indie sulle righe di Carl Brave o Franco126. Scritto Nelle Stelle è un disco con un sound personale, che in Italia in questo momento ha pochi termini di paragone, vario ed omogeneo allo stesso tempo. Ghemon unisce gli opposti con stile - e non vediamo l’ora di sentirlo a Sanremo per la seconda volta.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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14. Fiona Apple - Fetch the Bolt Cutters (Epic Records, 2020)

Fiona Apple è una di quelle che scrive canzoni perché ne ha bisogno per vivere e sopra ci ha costruito un’intera carriera senza farsi distrarre dalle attenzioni dell’industria discografica, anche a costo di essere guardata male e boicottata da tutti. Il suo quinto album, Fetch The Bolt Cutters, arrivato dopo ben otto anni di attesa testimonia che le cose non sono cambiate perché quel fuoco brucia ancora ed è il fuoco di chi è nato per fare musica. Non si può non parlare tuttavia di evoluzione artistica, perché se le motivazioni che spingono la Apple a fare musica sono sempre le stesse, di certo non si può dire lo stesso per le modalità. Adesso c’è anche la maturità di un’artista che nel suo continuo sperimentare, scavare e ricercare le soluzioni meno ovvie, vedere dove nessun altro guarda, mette in tavola la propria anima adulta ma non invecchiata con una visceralità spiazzante. La Apple ripercorre il proprio vissuto, dall’infanzia fino all’età adulta, con la consapevolezza di chi sa che l’obiettivo finale non è l’assoluto controllo o la comprensione delle cose, per questo non perde i modi di fare di chi ha ancora da scoprire, da cadere e da imparare giocando o facendosi male e di riflesso la vivacità compositiva della musica è impressionate. La Apple ci dice che la parola “equilibrio” può significare cose ben diverse da persona a persona e lei lo ha trovato dentro un sottile spazio di convivenza dove all’interno ci saranno sempre e comunque i traumi terribili del suo passato e problemi di salute mentale con cui fare continuamente i conti, insieme ad un desiderio bruciante di vita. La vita e la morte, infondo, sono cose che si possono provare allo stesso tempo dentro alcune emozioni ed in questo Fetch The Bolt Cutters è assolutamente un trionfo.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura ascolta
13. clipping. - Visions Of Bodies Being Burned (Sub Pop, 2020)

VOTO: 80/100
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12. Sevdaliza - Shabrang (Twisted Elegance, 2020)

VOTO: 80/100
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11. Charli xcx - how i’m feeling now (Asylum, 2020)

Nel bel mezzo della pandemia ed a pochi mesi di distanza dal suo ultimo ed acclamatissimo disco, la regina - indiscussa - del nuovo pop Charli XCX ci ha raccontato come se la stava passando con una raccolta di undici tracce messe insieme di fretta e furia, neanche del tutto finite, che spiegano perfettamente come ci si sente ad essere presi alla sprovvista. how i’m feeling now è stato un fulmine a ciel sereno un pò come tutta la situazione che abbiamo vissuto, un progetto per nulla confezionato che incapsula il recente passato musicale dell’artista attraverso getti d’ispirazione istintivi suggestionati dalla sua sfera emotiva in una situazione di isolamento ed alienazione. Il risultato è davvero eccentrico e spigoloso, molto personale e riflessivo, ma al contempo bello per intrattenersi con del buon pop d’avanguardia. Vanta tra le produzioni quelle di Dylan Brady (100 gecs) che satura ancora di più tutto l’universo accelerato di Charli, fondendo il bubblegum pop della prima con l’elettronica sperimentale del secondo.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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10. Idles - Ultra Mono (Partisan, 2020)

VOTO: 80/100
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09. Adrianne Lenker - songs (4AD, 2020)

Non sempre la semplicità corrisponde alla facilità e songs di Adrianne Lenker - frontwoman dei Big Thief - ne è la testimonianza. Il suo è un disco semplice fino all’osso, solo voce e chitarra acustica, ma non è spoglio, perché dentro la cantautrice e musicista esplora, anzi distilla, i temi dell’amore e della perdita, inteso sia come lutto sia come fine di una relazione, con disarmante e struggente frontalità, nella più totale e vulnerabile sincerità. Un dolore palpabile, sulle corde gentilmente accarezzate della sua chitarra, dentro la voce naturalmente comunicativa e dal timbro indimenticabile, nella scrittura vivida e presente dei brani guidata dal suo modo intuitivo di esprimere le emozioni e la spiritualità. Sembra tutto fatto senza sforzo, ma sedersi su una sedia e registrarsi senza interruzioni ed omissioni, lasciarsi trasportare, fare i conti con sé stessi e guarirsi è tutto fuorché ordinario e lo si capisce in momenti come la conclusiva my angel o come che raggiungono picchi emotivi altissimi. Il suono della pioggia, lo scricchiolio delle sedie, i respiri, sono tutti i segni di un qualcosa che non si nasconde, di un qualcosa di integrale e di integro. La Lenker ci fa vedere tutto e ci fa immaginare. Le montagne sulle quali si è appartata per scrivere il disco, il freddo della rugiada, le passeggiate, i colori, i letti di morte, la solitudine, lo sguardo della donna di cui è innamorata, l’esitazione dentro un accordo preso un secondo dopo. Fare un disco che sembra un disco con così pochi elementi non è cosa facile, ma la Lenker ci è riuscita. Le canzoni di songs hanno tutto il potenziale per potersi evolvere e diventare cavalli di battaglia indie-rock dei Big Thief, ma anche così sono finite, complete e bellissime.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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08. Yves Tumor - Heaven To A Tortured Mind (Warp, 2020)

Un’altra personalità che ha intenzione di riscrivere le coordinate del pop a modo suo è il misterioso Yves Tumor che emergendo dalle viscere scure del post-industrial e della musica noise completa la sua metamorfosi in falena affascinante dell’rnb e dell’art rock, abbandonando i detriti sperimentali da brivido e lavorando invece sulla sua sorprendente capacità nel rendere orecchiabile ed armonico qualcosa di fondamentalmente dissonante e pure disturbante. S’illumina di una trasognata attitudine pop il nuovo disco Heaven To A Tortured Mind, senza tradire il bisogno di essere fluido e trasgressivo, ma sicuramente meno dilagante e disorientante. Lui è un artista che avevamo già intuito essere sulla buona strada per il successo col disco precedente, ma stavolta stupisce davvero per la maturità. Astratto, ma ora anche molto più concreto, Heaven To A Tortured Mind trova l’occasione per schiacciare l’occhio a sensualità jazz e psichedeliche, regalandoci ballate al buio trasversali.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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07. The Strokes - The New Abnormal (RCA, 2020)

Quella degli Strokes è una carriera leggendaria e lo sappiamo benissimo tutti. Per una band che ha influenzato in maniera indelebile il primo decennio degli anni duemila ed ha vissuto quasi tutto il successivo sopra le spalle dei loro brani immortali non deve essere stato facile ritornare con un nuovo disco inedito. Più volte abbiamo creduto che l’intenzione di Casablancas fosse quella di continuare a fare musica con il suo side-project The Voidz e che con gli Strokes non ci fosse più la scintilla di un tempo - vedi il ritorno a mani basse con l’EP Future Present Past del 2016 - ma a smentirci, fortunatamente, c’è The New Abnormal dove la band è animata da un’energia tutta nuova. Con la produzione di Rick Rubin il disco riesce a spingere alcuni limiti della band ed offrire delle tracce stravaganti, creative e dalle strane scelte, al contempo ritrova quel brio chiassoso dei primi lavori che ne sporca i suoni e riporta alle origini del loro rock da garage. I riferimenti agli anni ‘80 ci sono, dalla copertina fino ai rimandi musicali, ma The New Abnormal non è un disco vecchio o prevedibile, anzi estremamente orecchiabile, classico ed audace. Sì, gli Strokes continuano ad essere rilevanti anche vent’anni dopo.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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06. Against All Logic - 2017-2019 (Other People, 2020)

Anche questo per Nicolas Jaar sembra essere un anno d’oro. Il poliedrico produttore americano-cileno vive un periodo particolarmente prolifico e la musica registrata sotto lo pseudonimo Against All Logic è interessante tanto quanto quella con il suo nome di nascita, se non di più. Tanto è vero che a finire sulla nostra lista non c’è Cenizas, ma 2017-2019 che segue l’eccellente disco di due anni fa in cui si avventura sui territori meno battuti della musica techno con un approccio innovativo fuori dal comune. Quello di 2017-2019 è un suono distorto e duro che fa da controparte all’avvolgente e calda musica house del debutto, ma è ugualmente eccentrica ed ambiziosa. Il mix è ipnotico, caotico ma incredibilmente diretto, le successioni dei brani sono fluide ed i ritmi sempre serrati, centrati su bassi profondi spesso al limite della trama sonora, strane percussioni e melodie accattivanti.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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05. Moses Sumney - græ (Jagjaguwar,2020)

L’arioso e tentacolare secondo disco della gemma dell’art-pop Moses Sumney è un tripudio di sfumature emotive e musicali. Diviso in due parti (la prima uscita in versione digitale all’inizio dell’anno) esplora gli spazi grigi - “grey areas” - tra la musica, le parole e soprattutto nell’individuo, mettendo in discussione la nostra esistenza binaria. Momenti strumentali organici che spaziano dal jazz al soul si susseguono elevando il linguaggio del disco e schiarendone le ombre, insieme a distorsioni elettroniche ed arrangiamenti sperimentali che ne intrecciano la traiettoria. Anche questa volta il collante è la splendida ed anamorfica voce dell’artista, intenta a spezzarci letteralmente il cuore. Sebbene la paura della solitudine di Sumney definisca ancora gran parte dell'album, il suo abbracciare questi spazi di mezzo apre nuove possibilità di auto-determinazione e attualizzazione. Spirituale, sperimentale, vivido e dolce sono le parole per descrivere græ.
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VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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04. Rina Sawayama - SAWAYAMA (Dirty Hit, 2020)
E’ davvero un coraggioso nuovo mondo quello che si sta creando la musica pop negli ultimi anni e Rina Sawayama vi sta contribuendo a pieno, mostrandoci esattamente come nel suo debutto SAWAYAMA. Sempre a fianco dell’alchimista del pop Clarence Clarity che si è occupato delle produzioni i due riescono a definire con chiarezza la direzione artistica del disco. Estremamente contemporaneo, contaminato e stiloso, incorpora elementi del teen pop dei primi anni 2000 à la Christina Aguilera con le sue evoluzioni bubblegum molto più moderne ed elettroniche, ed ancora il nu-metal dei Deftones coi ritmi club. Sembra fin troppo ambizioso ed eccessivo, ma SAWAYAMA unisce con entusiasmante maestria suoni aggressivi ed altri decisamente più inoffensivi facendo tesoro dell’eredità culturale dell’artista e contemporaneamente esplorando i temi dell’identità, sentimenti personali e filosofie più in generale sul mondo. E’ un disco importante perchè si posiziona con prepotenza nelle cerchie del pop pur avendo un’anima estremamente anticonvenzionale, strana e piena di giustapposizioni.
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VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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03. Lucio Corsi - Cosa faremo da grandi? (Sugar Music Italia, 2020)

C’era una volta il cantautorato narrativo e Lucio Corsi lo ha preso e rispolverato con grazia. E’ una ninna nanna di nove ballate per adulti Cosa faremo da grandi: “Perché nemmeno da vecchi si sa cosa faremo da grandi”. L’album è ricco di storie senza tempo e personaggi semi fiabeschi, fuori dagli schemi della società odierna. Il cantautore maremmano fa da eccentrico narratore in questo dolce album con tante nuove storie raccontate in versi di canzoni oniriche. Le melodie serene e allietanti dei brani di Cosa faremo da grandi? non sono un manifesto del sound attuale, ma nel complesso l’album è molto originale grazie alle parole ricercate all’immaginario che le storie suscitano. La ricerca e gli arrangiamenti valorizzano il fatto che l’album sia un puzzle di figure semplice e pure come i disegni dei bambini. E’ un lavoro che nasce nel 2020, ma potrebbe essere traslato indietro nel tempo o collocato in un’Italia futura: il suo essere senza tempo lo rende eccentrico e speciale.
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VOTO: 85/100
di Agnese Centineo
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02. Laura Marling - Song For Our Daughter (Chrysalis / Partisan, 2020)

Giunta al settimo album in studio a soli trent’anni, la cantautrice e musicista Laura Marling continua a volare sotto i radar del grande successo, probabilmente perché durante la sua carriera è riuscita a far sembrare semplicissime cose molto più complesse ed intricate, giungendo ad una maturità artistica notevole per la sua età. Song For Our Daughter conferma la natura taciturna dell’autrice, anzi risparmia moltissimi elementi a favore di una semplicità che fa emergere solo l’essenziale, premiandone la scelta coraggiosa con un risultato che lo colloca tra i suoi lavori più completi. E’ un disco che si pone poeticamente come un dialogo con una figlia immaginaria, ma che in realtà è una lettera a cuore aperto alla sè più giovane, quella di una volta. Come se avesse vissuto chissà quante vite o la sua anima fosse davvero vecchia, la Marling compensa alla mancanza di sperimentazione e strumentali assolutamente non protagoniste con una delle scritture più belle di quest’anno. Apparentemente troppo delicato e sottile, Song For Our Daughter è invece un disco robusto capace di mantenere viva l’attenzione con storie toccanti piene di colpi e riflessioni inaspettate, cantate dall’elegantissima voce senza tempo di un’autrice la quale statura viene spesso paragonata a quella della leggendaria Joni Mitchell. Chissà se allora la sua avventura diventerà un classico.
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VOTO: 85/100
di Viviana Bonura
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01. Perfume Genius - Set My Heart On Fire Immediately (Matador, 2020)

Il quinto album di Mike Hadreas, in arte Perfume Genius, si destreggia fluido tra melodie sublimi e dissonanze cupe con la delicatezza di uno degli artisti più sensibili degli ultimi anni, abbracciando le gioie ed i dolori del corpo umano e le sue innumerevoli ed intangibili aspirazioni. Hadreas ha dimostrato durante tutta la sua carriera come ogni disco è capace di rappresentare una metamorfosi - artistica e personale - e Set My Heart On Fire Immediately non fa eccezione. Come No Shape mantiene una sensibilità rock ed un riguardo verso l’orecchiabilità in funzione della radio, mentre come Too Bright alterna struggente momenti di tenerezza ed alienazione, mettendo in circolo dramma, emozioni, piacere e sofferenze in maniera meno intricata e sicuramente più risolta. Gli arrangiamenti sono vivi, così come le sue parole. Quella di Perfume Genius è una musica estremamente intima e liberatoria, una musica che colpisce perché nella sua vulnerabilità è capace di umanizzare qualsiasi esperienza. L’artista è riuscito a teatralizzare in musica un travagliato percorso e dopo aver imparato a trascendere dal corpo umano ne ha finalmente abbracciato la sua essenza concreta.
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VOTO: 85/100
di Viviana Bonura
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MENZIONE A:
Mac Miller - Circles (Warner Records, 2020)
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Nicolas Jaar - Cenizas (Other People, 2020)
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Soft Kill - Dead Kids, R.I.P. City (Soft Kill, 2020)
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Emma Ruth Rundle & Thou - May Our Chambers Be Full (Sacred Bones, 2020)
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Empress Of - I’m Your Impress Of (Terrible, 2020)
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Ciao anita Sono una ragazza toscana, che poi é finita a milano, che poi é finita in spagna. Sono circondata di libri in spagnolo e sento tanto la mancanza della nostra lingua. Sapresti consigliarmi qualche titolo che vale la pena far volare fino a qui? Qualcosa di leggero che possa cullarmi nelle sere malinconiche. Sono totalmente fiduciosa nel tuo consiglio
Ciao!
Sono felice di darti qualche suggerimento pur tra le mie modestissime conoscenze letterarie. Innanzitutto mi viene di consigliarti un romanzo a scelta (o i racconti) di Giovanni Arpino, che sto leggendo ultimamente e che ho preso l'abitudine di comperare nelle librerie usate; per ora non delude, e scorre che è un piacere. Ho pensato poi alla raccolta di racconti Euridice aveva un cane di Michele Mari, anche lui una garanzia. Autobiografici: Via Ripetta 155 di Clara Sereni e Laguna di Carla Vasio. Per qualcosa di diverso ancora: se vuoi un pezzo di Italia sincera a volte buffa a volte struggente, Lettere al primo amore, un libricino edito Einaudi che si trova su ebay penso e che mi ha confortata molto durante il lockdown. In alternativa, sempre sul genere e più facilmente reperibile, Fuori tutti di Carlo Antonelli, Marco Delogu e Fabio De Luca.
Nel caso scrivimi per un feedback!
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#Ioleggoacasa
Cari, affezionati lettori, in questo momento così difficile per tutti, noi delle biblioteche vogliamo esservi vicini, tenendovi compagnia con le nostre rubriche e continuando con i nostri consigli di lettura e non solo. Oggi vorremmo invitarvi alla lettura dei cosiddetti ‘tomi’, ossia i volumi ponderosi, quelli di cui abbiamo sempre rimandato la lettura, quelli che o si leggono negli anni del liceo, oppure mai più. La nostra biblioteca digitale MediaLibraryOnLine #MLOL ci viene in aiuto. E se già non siete iscritti, ora potete farlo online.

Alla ricerca del tempo perduto raggiunge il ragguardevole numero di 5033 pagine, ma tutte di primissima qualità. Citiamo dall’abstract del nostro catalogo: “La qualità di Proust, scriveva Virginia Woolf, è l’unione dell’estrema sensibilità con l’estrema tenacia. E resistente come il filo per suture ed evanescente come la polvere d’oro di una farfalla. Su questa sensibilità e su questa tenacia, e su molto altro ancora, è costruito il fascino della Recherche, colossale romanzo-mondo (l’unico che l’autore abbia dato alle stampe) frutto di quindici anni di tormentata gestazione. Usciti a partire dal 1913, i sette libri che compongono in un tutto unitario la Recherche esplorano una moltitudine di temi: il senso del tempo, la memoria, il sogno, l’abitudine, il desiderio, il rapporto tra arte e realtà, l’interagire di rituali ed emozioni. Memorabili i personaggi che il lettore incontra tra queste pagine, dal Narratore, figura dai fortissimi tratti autobiografici, alle donne da lui amate. Attorno al tema della memoria involontaria, le cosiddette intermittenze del cuore della celeberrima scena della madeleine, vive tutta la società francese dei decenni a cavallo del Novecento, quelli della vita di Proust, dalla sconfitta di Sedan agli anni delle avanguardie, passando per l'affaire Dreyfus e la Grande Guerra”. Sembra impossibile poter trarre un film da quest’opera, eppure è stato fatto nel 1984, con Ornella Muti nei panni della ‘disinvolta’ Odette de Crécy, Alain Delon e Jeremy Irons.
Con Guerra e pace scendiamo sensibilmente: sono soltanto 1454 pagine, scritte in sei anni, di un romanzo storico i cui personaggi assurgono però ad archetipo universale: ci si possono trovare tutti i tratti dell’essere umano descritti in mirabile stile. Il film del 1956 è il classico colossal hollywoodiano con un cast stellare: Audrey Hepburn, Mel Ferrer, Henry Fonda, Vittorio Gassman, Anita Ekberg.

L’uomo senza qualità, ovvero uno degli incipit più belli della storia della letteratura, e pensare che si tratta di un passo dal contenuto scientifico-meteorologico: non dimentichiamo che Musil era un ingegnere (come Carlo Emilio Gadda). Conta 1487 pagine, in cui succede ben poco, ma raccontato in maniera semplicemente sublime. In questo video il prof. Guido Davico Bonino spiega il ruolo del romanzo nella letteratura del Novecento.
Sono 741 le pagine dell’Ulisse di Joyce. Testo impegnativo ma ricco di soddisfazioni, indispensabile per chi vuole farsi un bagaglio culturale di livello. Con la tecnica del ‘flusso di coscienza’ (usata anche da Virginia Woolf in Mrs Dalloway, Arthur Schnitzler ne La signorina Else, Giuseppe Berto ne Il male oscuro, ma in nuce presente anche ne I Malavoglia), l’autore descrive la giornata dublinese del suo ‘eroe’, Leopold Bloom: ogni capitolo si collega in maniera antifrastica a un episodio del poema omerico, creando un senso di straniamento anti-epico. I continui richiami a Freud e all’inconscio denunciano che il processo di dissoluzione del romanzo di tipo naturalistico è ormai definitivamente compiuto.

Underworld, di Don DeLillo (885 pagine): così tristemente profetica la copertina con la croce di un vecchio campanile che si staglia in mezzo alle Twin Towers, ma il libro è un vero capolavoro. Con la tecnica della Ring Composition l’autore narra le vicende dei suoi personaggi dagli anni ’50 ai ’90 attraverso le evoluzioni di una palla da baseball. Imperdibile.
I fratelli Karamazov: nelle 1125 pagine di questo libro c’è tutto, dinamiche di conflittualità genitori/figli, di sudditanza servo/padrone, passioni travolgenti e distruttive, spiritualità religiosa, elucubrazioni filosofiche, analisi del contesto sociale, giallo poliziesco e legal thriller. Non si può proprio omettere di citare il celebre sceneggiato Rai di Sandro Bolchi, in cui trionfava una nutrita schiera dei nostri più grandi attori: Umberto Orsini, Corrado Pani, Lea Massari, Salvo Randone, Orso Maria Guerrini, Carla Gravina, Sergio Tofano. Da leggere, ma anche da rileggere.
Il mulino del Po racconta in 3 volumi (1294 pagine in tutto) la saga di una famiglia di mugnai sul Po, dal fondatore della stirpe, Lazzaro Scacerni, ai discendenti, Dosolina, Coniglio mannaro, Cecilia. Questo romanzo storico, che copre l’età compresa fra la ritirata di Napoleone e la Grande Guerra, ha molto in comune con I Malavoglia: entrambi sono una vera “epopea degli umili”, ricordano l’invisa tassa sul macinato, usano un linguaggio molto vicino al parlato, con abbondante ricorso ai proverbi popolari, come “Dio manda l’inverno secondo i panni”, “Dove men si crede, rompe Po”, “La strada conosciuta sembra più corta”. Un vero capolavoro, amato, tra gli altri, da Croce e Montanelli.
Veniamo ora a due opere decisamente più recenti: La scuola cattolica di Edoardo Albinati, tomo del 2016 di 1294 pagine. L’autore, compagno di scuola degli studenti di liceo implicati nell’efferato crimine, cerca di ricostruire un avvenimento che ebbe molta risonanza nelle cronache dell’Italia degli anni ’70: il delitto del Circeo. “Adolescenza, sesso, religione e violenza; il denaro, l’amicizia, la vendetta; professori mitici, preti, teppisti, piccoli geni e psicopatici, fanciulle enigmatiche e terroristi. Mescolando personaggi veri con figure romanzesche, Albinati costruisce una narrazione che ha il coraggio di affrontare a viso aperto i grandi quesiti della vita e del tempo e di mostrare il rovescio delle cose”. Le valutazioni su questo libro sono molto discordi: attendiamo la vostra.
Un po’ più breve (‘solo’ 839 pagine), ma sicuramente coraggioso e molto richiesto nelle biblioteche, M: il figlio del secolo di Antonio Scurati, ci presenta la storia di Benito Mussolini in forma di romanzo, ma basato sulle fonti più autorevoli e documentate. “Raccontando il fascismo come un romanzo, per la prima volta dall’interno e senza nessun filtro politico o ideologico, Scurati svela una realtà rimossa da decenni e di fatto rifonda il nostro antifascismo”. La versione audiolibro letta da Marco Paolini è accessibile a tutti nelle Risorse Open di #MLOL.
#fëdor dostoevskij#marcel proust#lev nikolayeviç tolstoy#riccardo bacchelli#robert musil#don delillo#james joyce#Edoardo Albinati#ioleggoacasa#antonio scurati#percorsidilettura
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Tipica posa che ritrovi sul retro delle copertine dei libri autobiografici
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Ho affrontato con molte aspettative il libro di Margaret Atwood “L’uovo di Barbablù”, forse perché avevo tanto apprezzato il suo “Il racconto dell’Ancella” e anche un saggio molto interessante “Negoziando con le ombre”.
Forse perché “L’uovo di Barbablù” non è un romanzo, ma una raccolta di racconti, non sono riuscita a entrare in nessuna delle storie che ha raccontato. Non so se è un mio difetto non riuscire a farmi coinvolgere da un racconto, troppo breve per prendermi fino in fondo, per poi passare ad altro.
Un libro di racconti andrebbe letto, credo, centellinandolo, un pezzetto alla volta, poi fermarsi, digerire e morsicarne un altro pezzetto, invece a me piace la trama, la storia che si snoda pagina dopo pagina a formare un affresco completo e complicato.
I racconti della Atwood sono tutti incentrati, tranne i primi due che riguardano ricordi autobiografici della madre e dell’adolescenza, su donne problematiche e lacerate.
Anche quando apparentemente il protagonista è di genere maschile ecco che alla fine l’ultima parola ce l’ha sempre una donna. Ingenua o perfida, spaesata o dubbiosa, piena di rimorsi o sollevata.
Come nel racconto “Scorfana” dove l’appellativo non si riferisce a una donna ma una gatta che fa una brutta fine per mano di una donna, o “Loulou” che presa in giro per la vita da mariti e amanti poeti si vendica con l’uomo più improbabile: un commercialista.
Nel racconto che da il nome alla raccolta, l’uovo compare solo alla fine ma aleggia per tutto il racconto come una presenza misteriosa. Chi è l’uovo? Che cosa è l’uovo? Che cosa contiene di tanto pauroso da annidarsi nella mente di Sally, che come una chioccia lo cova senza sapere che cosa nascerà?
È la gelosia, la presunzione, l’idea di essere la migliore, l’intoccabile, che la travolge nel momento in cui si insinua il dubbio? Chi è Ed, il marito stupido oppure l’uomo che si fa credere stupido? È come la storia rovesciata di Barbablù, che prende vesti femminili e divora tutto ciò che la circonda.
Margaret Atwood scrive da par suo i racconti con una prosa elegante e scorrevole, ma le storie non sono mai lineari. Partono da un punto e quando si pensa debbano portare a una conclusione ovvia, divergono e prendono un’altra strada, cambia il protagonista, cambiano i luoghi, cambiano i tempi, e ci si trova sballottati nel giro di pochi paragrafi da un pensiero all’altro, da un mondo all’altro.
Anche l’ultimo racconto “Musica per dissotterramenti” credo che sia vagamente autobiografico, ma scorre come un flusso di coscienza in cui i pensieri della figlia corrono dal padre alla madre in un susseguirsi di ricordi e aneddoti, rimarcando, senza mai dirlo lo stupore che i genitori ancora hanno verso le meraviglie del mondo e della natura. Dallo choc iniziale della rivelazione che i genitori fanno alla figlia si percorre la foresta e il paese per rincorrere le stagioni, fino al ritrovamento sul tetto della casa di qualcosa che per loro è più prezioso dell’oro: merda di martora. La natura esiste ancora e si fa sentire.
Insomma, un potpourri di sensazioni, una cavalcata da un racconto all’altro che non mi ha mai fatto soffermare veramente su una storia, ma un carosello di storie che pur scritte in modo affascinate e arguto non hanno saputo conquistarmi del tutto.
Certamente, come ho detto, limite mio, non certo limite di una grande scrittrice come la Atwood che ha cercato di trascinarmi nel racconto. Peccato che non ci sia riuscita.
Per leggere i libri della Atwood: “Il racconto dell’ancella” Ponte alle Grazie, edizione digitale, edizione cartacea. “Negoziando con le ombre” Ponte alle Grazie, edizione cartacea. “L’uovo di Barbablù” Editore Racconti, edizione digitale, edizione cartacea.
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Anaïs Nin
https://www.unadonnalgiorno.it/anais-nin/

Noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo.
Anaïs Nin è stata una delle esponenti più importanti e all’avanguardia nel panorama letterario del Novecento.
Autrice controversa, affascinante, cosmopolita e elegante, cresciuta tra l’Europa e New York, ha apportato un notevole contributo alla storia della letteratura erotica. I suoi racconti destarono scandalo in tutto il mondo.
La sua opera più conosciuta è il Diario, raccolta di scritti autobiografici iniziata nel 1931 e interrotta alla sua morte, pubblicata a partire dal 1966.
Nacque a Neuilly-sur-Seine, in Francia, il 21 febbraio del 1903, suo padre era un pianista cubano di origini spagnole e sua madre una cantante cubana di origini francesi e danesi.
Aveva iniziato a scrivere quando aveva undici anni quando, dopo che il padre aveva abbandonato la famiglia che si trasferì prima a Barcellona e poi a New York.
Da quel momento in poi non ha più smesso di raccontarsi. Il dolore provocato dall’assenza del padre è stato uno dei temi centrali della sua opera assieme alle riflessioni sulla condizione della donna, che aveva il dovere morale di affrancarsi dalla società maschilista del tempo per esprimersi liberamente.
A vent’anni, nel 1923 sposò, a L’Avana, Hugh Parker Guiler, ma il matrimonio, sebbene durato per tutta la sua vita, si rivelò un’amara prigione che la portò a rifugiarsi in numerose relazioni adulterine.
Nel 1929 si trasferì a Parigi, dove venne assorbita dal fervido clima intellettuale della città. Il suo primo libro è stato D.H. Lawrence. Uno studio non accademico, saggio pubblicato nel 1931.
Nella capitale francese conobbe Henry Miller, lo scrittore autore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, di cui si innamorò perdutamente e poi ebbe una relazione anche con la moglie di lui, June Mansfield.
Affascinata dalla psicoanalisi a cui si approcciò da paziente di Otto Rank, allievo di Freud, con cui ebbe anche una relazione, per un breve periodo svolse ella stessa la professione a Parigi e poi a New York. Condusse alcuni studi su droghe pesanti come LSD e ne descrisse gli effetti che provoca sul sistema nervoso stimolando la creatività e la percezione del proprio subsconscio.
Nel 1953 ha partecipato al film Inauguration of the Plaeaure Dome del regista sperimentale Kenneth Anger.
Centrale e preponderante in Anaïs Nin è stato il tema erotico. Ha scoperto e sperimentato la libertà sessuale in letteratura quando è iniziata la collaborazione con Henry Miller, il suo libro Il delta di Venere è totalmente incentrato sul sesso dal punto di vista femminile, il raccontarsi senza remore l’ha resa unica nel suo genere, in quegli anni.
Nella sua vita ha avuto numerose relazioni, importanti anche per l’attività letteraria. Amori intensi, vissuti oltre ogni limite.
È stata anche bigama, dal 1955 al 1966, mentre era sposata con Hugh Parker Guiler si è unita in nozze anche con Rupert Pole. Chiese poi l’annullamento dal secondo matrimonio per evitare ai due coniugi guai a livello tributario.
Ha ricevuto una laurea ad honorem in lettere dal Philadelphia College of Art.
È morta di cancro a Los Angeles il 14 gennaio 1977, assistita da Rupert Pole che aveva nominato esecutore testamentario della sua produzione letteraria. È stato lui che ha fatto pubblicare, tra il 1985 e il 2006 una versione integrale dei suoi libri e diari.
Sulla travolgente storia d’amore con Henry Miller si basa il famoso film del 1990 Henry & June.
Nel 1995 è uscito il film Il delta di Venere, tratto dall’omonima raccolta di romanzi erotici.
Anaïs Nin è stata una donna incredibile, tra le scrittrici più originali e irrequiete del XX secolo. Ha affascinato uomini e donne di genio – Antonin Artaud, André Breton, Lawrence Durrell, Gore Vidal, Salvador Dalì, Pablo Picasso, Djuna Barnes – divenuti poi indimenticabili personaggi del suo imponente Diario.
Nessuna ha osato e saputo raccontare così bene, con tanta sincerità e dal punto di vista femminile, la sua controversa e affascinante attitudine alle passioni tutte.
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