#libri Bompiani
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Giulia Caminito a Santo Stefano Belbo: un dialogo sull'immaginazione e l'infanzia
Un evento culturale di spicco per esplorare il potere terapeutico della letteratura.
La scrittrice presenta il suo nuovo romanzo “Il male che non c’è” in un evento organizzato dalla Biblioteca Civica “Cesare Pavese”.. La Biblioteca Civica “Cesare Pavese” di Santo Stefano Belbo riapre la sua stagione di incontri letterari con un evento dedicato alla scrittrice Giulia Caminito, autrice di opere pluripremiate e tradotte in tutto il mondo. L’appuntamento è fissato per venerdì 24…
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[Libere e un po' bastarde][Rossana Campo]
Un gruppo di amiche unite da un legame indissolubile affronta la vita, l'amore e le sfide quotidiane con ironia e leggerezza. Un romanzo di Rossana Campo sulla libertà femminile, l'amicizia e la ricerca di sé.
Legami indissolubili e anime libere: un’ode all’amicizia femminile Titolo: Libere e un po’ bastardeScritto da: Rossana CampoEdito da: BompianiAnno: 2025Pagine: 144ISBN: 9788830137516 La trama di Libere e un po’ bastarde di Rossana Campo Betti è una sceneggiatrice che ama il suo lavoro, perché “la vita quando riesci a scrivere delle buone frasi diventa una cosa solida e sensata”. È anche amica…
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Un anno (di libri) fantastico
di Vanni Santoni Arriva il Natale (eppure, con il nuovo anno ndr) e nulla è meglio che mettersi davanti al focolare ben satolli con un romanzo in mano — no, neanche Netflix, tanto più che la qualità media delle serie nell’ultimo decennio è crollata —, e meglio ancora è farlo con un romanzo fantastico, per ovvie ragioni d’atmosfera. Proviamo allora a inanellare alcuni consigli per gli acquisti, o…
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Libri che consigliamo: IL MALE CHE NON C’E’ di Giulia Caminito
a cura della redazione Inauguriamo questa nuova rubrica, dove settimanalmente vi consiglieremo un libro da leggere. Trama Capita, nella vita, che l’universo ci appaia diviso tra quelli che agiscono e non si fanno spaventare dal mondo e quelli come noi, abitati da un dolore nascosto sottopelle. Per Loris tutto ha avuto inizio nel tempo bambino, quando le estati erano piene di fascino come…
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Uomini o topi
Eppure, “ogni uomo uccide ciò che ama“ Amiche e amici, come state? Io non mi sono ancora ripreso: ero qui con la gattina in braccio quando, chiedendole di alzarmi un attimo per inderogabili esigenze fisiologiche, anziché vicinanza e comprensione, incomprensibilmente si è messa a strillare, mi ha graffiato, mi ha augurato le peggio cose per poi tornare in giardino alla sua solita vita mondana.…
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Quando è meglio iniziare a scrivere una reazione a un’opera che è stata narrata, dipinta, scolpita… in una sola e comune parola: rappresentata? Nel caso di Attraversare i muri di Marina Abramović, tale schiudersi degli eventi occorre a pagina 259, quando “la leggendaria performance artist”, così è definita nella quarta di copertina, informa il fido lettore che: “L’estate seguente il museo nazionale del Montenegro mi invitò a tenere una conferenza…”
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Il fattore Giles di Ham #jrrtolkien #bompiani #bookstagram #bookstagrammer #bookslover #bibliophile #consiglidilettura #bookworm #lovereading #boniglio #instabook #libri #book #reading https://www.instagram.com/p/CqNQfLhoR89/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Corbezzoli!
In latino nell'originale:
Et veniunt ederæ sponte sua melius, Surgit et in solis formosior arbutus antris, Et volucres nulla dulcius arte canunt. L'edera viene meglio senza esser coltivata, e il corbezzolo cresce più bello nelle grotte solitarie, e il canto degli uccelli è più dolce se manca d'artificio.
M. E. de Montaigne, [Essais, 1580-1595], Saggi, Milano, Bompiani/RCS Libri, 2012. [Trad. F. Garavina]. Lib. I cap. XXXI
Immagine: Funghi e corbezzole (o albatre), foto scattata ieri in un'aiuola vicino a casa [part.].
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Del Super-Io cartaceo e dei suoi sensi di colpa sarebbe relativamente facile sbarazzarsi, se solo fossimo animali razionali. Umberto Eco, con generoso spirito tomistico, offrí la prova matematica dell’implausibilità delle richieste che quello scaffale tirannico fa gravare sulla nostra psiche. In una Bustina di Minerva del 1997, Quanti libri non abbiamo letto?, Eco prendeva come riferimento il Dizionario Bompiani delle Opere: «Nell’edizione attualmente in commercio, le Opere contano 5450 pagine. Calcolando a occhio che vi siano in media tre opere per pagina, abbiamo 16350 opere». Non generiche opere, badate, ma classici. Sedicimilatrecentocinquanta classici. Proponeva poi di stimare in quattro giorni il tempo che un lettore medio (uno che ha anche altre cose da fare nella vita) impiega a leggere un libro: «Ora quattro giorni per ogni opera registrata dal Dizionario Bompiani farebbe 65 400 giorni: dividete per 365 e avete quasi 180 anni. Il ragionamento non fa una grinza. Nessuno può aver letto o leggere tutte le opere che contano». Pare facile, vero? Eppure il lettore nevrotico ancora si accosta alle nuove letture facendosi scudo della piú comica, della piú sconsiderata, della piú folle delle metafore: colmare lacune
[...]
Se provassimo a risalire da questa immagine del gruviera culturale all’equazione che può averla generata, scopriremmo che il lettore nevrotico è convinto di avere un’aspettativa di vita che si aggira tra i settecento e gli ottocento anni
[...]
Eppure esiste un luogo in cui continua a vivere la sua vita sonnecchiante, discreta, inavvertita. Questo luogo sono gli scaffali della nostra libreria. Lí la lettura liberata dal tempo non vive solo come vestigio nei libri che abbiamo letto da bambini e che conserviamo perché ci ricordino dei giorni andati; vive anche, segretamente, nei libri che non abbiamo letto ancora e che probabilmente non leggeremo mai. Non trovate che ci sia qualcosa di consolante, in questa dismisura? Il silenzio eterno delle biblioteche infinite non mi spaventa, ma mi rasserena
[...]
È vero, un classico è «qualcosa che tutti vogliono aver letto e nessuno vuole leggere», e quanto piú alta è la montagna di pagine che s’interpone tra il leggere, infinito presente, e l’aver letto, infinito passato, tanto piú possiamo esser certi che quel desiderio resterà inappagato
Cit. "Il lettore sul lettino. Tic, manie e stravaganze di chi ama i libri"
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"Il male che non c’è" di Giulia Caminito: un romanzo sull’ipocondria e l’immaginazione. Recensione di Alessandria today
Una riflessione sulla solitudine e le sfide di una generazione fragile ma resiliente.
Una riflessione sulla solitudine e le sfide di una generazione fragile ma resiliente. Biografia dell’autrice.Giulia Caminito, nata a Roma nel 1988, si è laureata in Filosofia politica e si è affermata come una delle voci più rilevanti della letteratura italiana contemporanea. Ha esordito nel 2016 con La Grande A (Giunti), opera che le è valsa premi come il Bagutta opera prima e il Premio…
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[Wild swimming][Giorgia Tolfo]
Un incontro inaspettato su un binario di una stazione londinese cambia la vita di due donne. Tra le pagine di libri amati e le acque profonde del desiderio, un viaggio emozionante alla scoperta di sé. Un romanzo che ti farà riflettere sull'amore, la perdi
Un tuffo nelle profondità dell’anima tra desiderio, dolore e scoperta di sé Titolo: Wild swimmingScritto da: Giorgia TolfoEdito da: BompianiAnno: 2025Pagine: 304ISBN: 9788830108219 La trama di Wild swimming di Giorgia Tolfo Due giorni dopo essere entrate in contatto tramite una dating app, J. e la protagonista di questo romanzo si incontrano sul binario di una stazione londinese. Sanno poco…
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Leo Vardiashvili, Vicino a una grande foresta
Leo Vardiashvili, Vicino a una grande foresta Saba era un bambino quando con il fratello Sandro e il padre Irakli ha lasciato la Georgia devastata dalla guerra civile per cominciare una nuova vita a Londra. Eka, la madre, non è mai riuscita a raggiungerli. Vent’anni dopo Irakli torna a Tbilisi e scompare. Sandro va a cercarlo e scompare. Saba arriva nella città della sua infanzia, invasa dagli…
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Ritratto
Ortese: chi sono io?
Amica, ma delle vittime
di Anna Maria Ortese
("La Stampa", 19 giugno 1990, a pag. 17)
Bisognerebbe essere grati – nel secolo dell’immagine, e della divorante ansia di essere guardati, o comunque ammirati – a una rivista come Leggere, e a una firma elegante e avveduta come quella di Ginevra Bompiani, per le sei pagine dedicate alla Ortese. Voglio dire: la Ortese dovrebbe essere grata. Ma chissà se lo è. Dico proprio così: «la Ortese», come se questo nome non mi riguardasse, e io fossi un semplice lettore della rivista. E, in realtà, nella mansueta figura qui rappresentata, divisa tra grigie preoccupazioni familiari, lodi ripetitive (che mi ricordano tanto un celebre personaggio della Austen) per la piccola città in cui vive, e trepidazione per trappole lontane («il Topo di Siena»), senza dire di assurde affermazioni di timore (in una città di «buonissimi»!), io non mi riconosco. Nè mi riconosco, se non in minima parte, in quel bellissimo titolo: «Amica al vivente». No, Ginevra s’inganna. Io non sono, se non qualche volta, e per stretto dovere, amica al vivente.
Se Ginevra avesse rintracciato (e guardato) qualcuno dei miei libri più perduti alla memoria dei lettori, o anche uno solo di essi, Toledo, avrebbe compreso che io non sono amica al vivente, altro che nel comune sentimento dell’orrore per l’inferno in cui apparentemente salvi o meno – viviamo tutti: e un istante solo. Non amica al vivente, dunque, se per vivente, o viventi, devono intendersi anche tutti gli esseri umani nella loro stagione del trionfo, della vanità, del cinismo, e infine della crudeltà e il disprezzo per i loro «inferiori» (in potere), e comunque per i vinti. Non in questo senso. Amica agli uccelli, e a tutti i figli della Natura, sempre; non amica – e non sempre, o quasi mai – alla natura umana.
Mi avesse interrogata, Ginevra, prima di scrivere (ma nessuno lo fa), avrei dato risposte precise, e mi sentirei, guardando il bel ritratto, meno tradita. Persona di pace avrei voluto essere (come Ginevra mi vede), ma vivendo sono diventata persona di guerra. E la mia guerra, ora in fine, è stata guerra silenziosa, il grido silenzioso di chi è oppresso dall’Universo intero, e dai suoi sicari: bellezza, tempo, primavera, fortuna; e poi giustizia ridotta ad esecuzioni continue, e sommarie, del più inerme, e sicuramente «prigioniero».
Non amica al vivente in genere, allora, ma al vivente che piange da ogni parte: nei boschi, all’alba, prima del massacro; nelle città perdute ad ogni ora del giorno; nei continenti desertificati (e derubati di quel che resta) eternamente. Viventi come orfani di giustizia, predati senza tregua dalle forze vincenti, cacciati come lupi, e – se lupi – accusati di non essere l’Uomo! Amica di tutto il vivente non è quindi possibile, senza tradimento della propria ragione. E io non voglio tradirla.
Ma non mi sento nemmeno di vivere in una illusione, o di vivere di una intelligenza senza speranza, come suggerisce una nota di redazione. Il disprezzo e l’ira contro il Male (riconoscibile nella perfetta definizione filosofica di Nulla Attivo) che domina tutto questo secolo, e tutto il pianeta (cosa mai accaduta prima), questo disprezzo e quest’ira non sono inutili, aprono invece la guerra inevitabile, se deve esservi una riconquista degli alti Territori perduti. Ed è forse vero che non vi è molta speranza di approdare a un futuro, di ottenere salvezza per questo pianeta e questa vita. Ma se (con l’eccezione degli Uccelli) tutto il pianeta ne fosse indegno? E solo qui, ora in questa condizione di terrore e malinconia, si effettuasse il carcere, la pena cui siamo (si può arguire dal grande silenzio) destinati? Non sarebbe già salvezza accettarla come «giustizia», come tale patirla?
Ecco, io oso sperare che oltre il carcere del tempo, e di questo pianeta, e anche di questo Universo bruciato dal tempo, vi sia qualcosa: di solido, di fermo, di purissimo, di senza fine calmo e bello. Il porto dov’è disceso finalmente Keats, la notte del 23 febbraio 1821, a Roma – vero Cristo della Bellezza – e dove forse è scampato Shelley, dalla improvvisa tempesta, con la sua «aziola»: «Oh come fui felice quando seppi / che non era per nulla cosa umana, nè un essere / simile a me da temere e da odiare!»
I Poeti inglesi, come un gruppo di arcangeli precipitati in questi deserti (nel medesimo periodo «apparvero» anche, come meteoriti, Pushkin in Russia e l’uomo delle Ricordanze in Italia), mi assicurano che da qualche luogo di gioia cadono qui, per essere crocifissi e illuminare il mondo, gli uomini della luce. Testimoni di una terra inimmaginabile, di cui solo l’alta matematica racchiude l’ipotesi. Terra imperitura, dove tornano con dolcezza tutti gli uccisi e i sacrificati dell’Essere. Non – credo – illusione, nè rifugio estremo alla assoluta desolazione. Ma calcolo eseguito nella notte della vita, nell’assedio della ragione, contabilità scintillante delle isole, i mari, i nomi, le navi di luce, di cui l’Essere – non il Nulla – ha scoperto una volta il passaggio, qui e ne ha fissato sulle mappe tormentate della memoria le orme indelebili, e la non vanificabile direzione.
…e poi questa lettera all’amico Giorgio Di Costanzo
Rapallo - 22 - 6 - 90
Caro Giorgio - se hai visto una mia "lettera" sulla Stampa - cancella - con la mente - il titolo perché non è mio - e mi è dispiaciuto vederlo. Avevo scritto solo: "Non a tutto il vivente." - E' andata così.
- Stai bene. Aff.te - Anna Maria
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Leggeva quanti libri gli capitavano; non rileggeva da capo a fondo fuorché la Bibbia (Ugo Foscolo, Didimo Chierico e altri scritti, Milano, Bompiani, 1945).
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L’inverno della lepre nera di Angela Tognolini, Bompiani. A cura di Alessandra Micheli
Quando ho visto questo libro ho pensato “Deve essere mio”. Perché qualcosa nei suoi sussurri- perché io sono convinta lo sapete che i libri parlino con voce lieve e titubante,- mi chiamava. Il titolo? La cover che mi ricordava le mie amate montagne? O era semplicemente il momento giusto, quello in cui dubbi inespressi dentro di me gridavano a grandi voci risposte? Da tempo oramai mi lascio…
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