#leucemia mieloide acuta
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Granulociti neutrofili e le loro "trappole": un'arma non convenzionale da calibrare prima di capire se sia utile o no
Una grande collaborazione di ricerca, guidata dal MRC Centre for Medical Mycology dell’Università di Exeter, si è concentrata su come le cellule immunitarie percepiscono il loro ambiente. Questa attività la flogosi che danneggia le cellule. La nuova ricerca, pubblicata sulla famosissima rivista Nature e finanziata dal Medical Research Council e Wellcome, ha esaminato il comportamento di un…
#artrite reumatoide#auto-anticorpi#autoimmunità#citochine#infiammazione#leucemia mieloide acuta#NETosis#neutrofili#recettore MICL#sistema immunitario#trappole neutrofiliche
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'Malattia ematologica tra le più insidiose e difficili da trattare che richiede cure tempestive' "La profilazione molecolare è una parte fondamentale della diagnosi nella leucemia mieloide acuta". Lo ha sottolineato Maria Teresa Voso, professore ordinario di Ematologia all'Università Tor Vergata e responsabile del laboratorio di Diagnostica avanzata oncoematologica del Policlinico Tor Vergata di Roma, in occasione del media tutorial realizzato con Servier sulla frontiera più avanzata dell'oncologia di precisione, che si è tenuto questa mattina a Roma. "La leucemia mieloide acuta è un tumore del sangue che colpisce ogni anno in Italia circa 2.100 persone. E' una malattia ematologica tra le più insidiose e difficili da trattare, che richiede cure tempestive", spiega la specialista. "I progressi nel campo dell'analisi molecolare e del sequenziamento del Dna - evidenzia Voso - hanno permesso di identificare mutazioni genetiche ricorrenti, non rilevabili con i test citogenetici standard. Le Linee guida internazionali raccomandano l'esecuzione dei test genetici al momento della diagnosi in tutti i pazienti. Fino al 50% presenta almeno una mutazione potenzialmente 'actionable' per una terapia mirata. Le mutazioni a carico dei geni Idh sono tra le più comuni: quelle di Idh1 sono presenti in circa il 10% dei casi, quelle di Idh2 nel 10-15%".La Commissione europea ha approvato ivosidenib in associazione con un agente ipometilante, azacitidina, per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta di nuova diagnosi con mutazione di Idh1, che non sono idonei a ricevere la chemioterapia di induzione standard. "Nello studio Agile, pubblicato sul 'New England Journal of Medicine' - riferisce l'esperta - la terapia mirata con ivosidenib in combinazione con azacitidina in prima linea ha triplicato la sopravvivenza globale mediana rispetto a placebo e azacitidina, 2 anni contro 7,9 mesi". Si tratta di un risultato importante per una malattia insidiosa come la leucemia mieloide acuta. "Anemia, stanchezza, pallore, sanguinamenti ed ematomi, legati alla carenza di piastrine, sono i principali sintomi - descrive Voso - La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi oggi è di circa il 30%". Le percentuali sono inferiori per coloro che non sono idonei alla chemioterapia intensiva. "La maggioranza dei casi - prosegue l'esperta - si presenta in età avanzata e l'età media alla diagnosi è di 69 anni. I pazienti anziani o fragili non sono in grado di tollerare la chemioterapia intensiva standard, seguita dal trapianto allogenico di cellule staminali, se indicato. Per questo, nei casi in cui è presenta la mutazione del gene Idh1, la possibilità di poter accedere alla terapia mirata con ivosidenib, in combinazione con azacitidina, rappresenta un'opportunità importante per molti pazienti". Fonte
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🌟 Vogliamo SMarphy: Un Manifesto per la Cura del Paziente
🏥 La Storia di Alfonso Rosito
Alfonso Rosito, un coraggioso chirurgo ortopedico, ha vissuto una trasformazione improvvisa quando gli è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta nel 2017. Questa malattia gli ha portato la perdita totale dell’uso delle gambe. Nei due anni successivi, ha affrontato due trapianti di midollo osseo presso l’Ospedale San Martino di Genova 12.
👨⚕️ La Passione e la Determinazione
Nonostante le sfide, Alfonso non si è arreso. Ha vinto un concorso come dirigente medico ortopedico all’Ospedale Civile di Caserta. Qui, tutto è cambiato. L’ambiente lo ha accolto con piacere, e grazie a una sedia elettronica verticalizzante, è tornato a operare. Questa sedia gli permette di alzarsi in piedi, aprendo nuove possibilità. È stato il suo “Ritorno al Futuro” 1.
🌐 Le Soluzioni Esistono, ma Sono Spesso Irrealizzabili
La storia di Alfonso ci ricorda che le soluzioni esistono, ma spesso sono irraggiungibili per vari motivi:
Distanza: Le migliori cure potrebbero essere lontane, rendendo difficile l’accesso per molti pazienti.
Costi: Le terapie avanzate possono essere proibitive dal punto di vista finanziario.
Esperienza e Competenza: Non tutti i medici hanno la stessa esperienza o competenza per offrire trattamenti specifici.
Barriere Architettoniche: Al di fuori del lavoro, Alfonso affronta barriere architettoniche quotidiane. La città non è sempre pronta ad accogliere la diversità.
📊 Statistiche e Dati
Barriere Architettoniche: Alfonso lotta contro l’impossibilità di girare con la sedia a rotelle nel centro storico, l’accesso ai negozi e ai bar, e la mancanza di posti auto per disabili 1.
Qualità della Vita: Molti pazienti si trovano intrappolati in una scarsa o nulla qualità della vita a causa di queste sfide.
Pregiudizi: La società spesso non accetta la diversità, e alcuni pazienti hanno persino deciso di non farsi più curare da Alfonso a causa della sua carrozzina 1.
🌼 Il Movimento “Vogliamo SMarphy”
Uniamoci per cambiare questa realtà! Creiamo consapevolezza, lottiamo per l’accesso alle cure e promuoviamo l’empatia. #VogliamoSMarphy è il nostro grido di protesta pacifica. Non arrendiamoci mai, perché ogni paziente merita dignità e cura. 🌟👂🏥
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Nuove cellule Car Cik, riconoscono e aggrediscono cellule leucemia mieloide acuta, nello studio anche UniPg
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Mi chiamo Giulia e ho scoperto di essere una ragazza fortunata
"Mi chiamo Giulia ed il 16/08/2005 ho scoperto di essere una ragazza fortunata!" - La storia di speranza di Giulia, da un letto di ospedale, alla Maratona di NY! "Perché è bello poter portare il messaggio e far sapere a tutti che non solo da certe malattie si può guarire, ma si può tornare a vivere più “vivi” e forti di prima!". Grazie di cuore Giulia per aver condiviso con noi la tua storia per aiutare gli altri! Buona lettura
Mi chiamo Giulia e ho scoperto di essere una ragazza fortunata
Ciao, mi chiamo Giulia ed il 16 agosto 2005 ho scoperto di essere una ragazza fortunata!
Sono fortunata e non perché la vita mi ha regalato un sogno come a Jovanotti, ma perché mi ha regalato una seconda occasione, mi ha messo davanti ad un muro ma mi ha dato anche gli strumenti per scalarlo… ed io l’ho scalato!
Ho compiuto da poco…
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23 dic 2022 09:38
"SUL DOPING SIAMO INDIETRO DI 30 ANNI. I NOSTRI STUDI SULLA SLA SONO ORMAI DATATI" - L'EX PM RAFFAELE GUARINIELLO LANCIA UN OSCURO MONITO SULLE MALATTIE DEI CALCIATORI: "DAL 2019 AL 2022 SOLO QUATTRO PROCESSI PER DOPING SONO ARRIVATI FINO IN CASSAZIONE, TRE DEI QUALI A LIVELLO DI SPORT AMATORIALE. LA GIUSTIZIA PENALE NON FA PIÙ PAURA A NESSUNO. UN FENOMENO COSÌ COMPLESSO VA AFFRONTATO NEL SUO COMPLESSO E DEVE ESSERE ANCHE AGGIORNATO" - "MIHAJLOVIC? SERVE CAUTELA PRIMA DI PARLARE. FERMARSI AL CASO SINGOLO NON SERVE..."
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Da www.open.online
Il senatore di Forza Italia e presidente della S.S. Lazio Claudio Lotito ha parlato di malattie legate alle cure dei calciatori in occasione della morte di Sinisa Mihajlovic per una leucemia mieloide acuta. Lotito ha anche parlato dei vaccini e dei loro effetti collaterali, anche se sia l’ex allenatore del Bologna che Gianluca Vialli si sono ammalati prima della pandemia. Le parole di Lotito hanno fatto breccia negli ambienti No vax.
Oggi Raffaele Guariniello, ex procuratore di Torino, parla delle sue indagini della fine degli Anni Novanta sull’abuso di farmaci nel calcio, oggi in un’intervista al Fatto Quotidiano parla dell’argomento. Suggerendo prima di tutto «cautela a tutti prima di parlare. In questo momento sarebbe indelicato e soprattutto completamente inutile. Fermarsi al caso singolo non serve, il fenomeno va studiato nel suo insieme a livello epidemiologico».
L’ABUSO DI FARMACI E IL DOPING NEI CALCIATORI
Guariniello ha indagato nel caso di Bruno Beatrice. Il calciatore si ammalò nel 1985 per una leucemia linfoblastica acuta. Secondo la vedova nel 1976 aveva trattato una pubalgia cronica con radioterapia a base di raggi X. Anche altri suoi compagni di squadra nella Fiorentina morirono prematuramente. L’indagine, trasferita per competenza a Firenze, venne archiviata per prescrizione. Guariniello ha indagato anche sull’abuso di farmaci nella Juventus nel 1998.
Il processo finì con l’assoluzione del medico sociale Riccardo Agricola e dell’amministratore delegato Antonio Giraudo per l’accusa sull’uso di eritropoietina (Epo). La Cassazione invece annullò l’assoluzione sull’uso di altri farmaci della Corte d’Appello. Ma la prescrizione fermò la celebrazione di un nuovo processo. «Commissionammo all’Iss (Istituto Superiore di Sanità, ndr) un’estesa indagine epidemiologica su centinaia di casi. Ci consentì di individuare un’anomala eccedenza di morti premature tra gli ex calciatori. Fu il risultato di un lavoro lungo e meticoloso», racconta oggi a Stefano Caselli.
«DI DOPING NON SI SA NULLA»
Ma per Guariniello oggi di doping si sa poco o nulla: «Sa quanti processi per doping sono arrivati fino in Cassazione dal 2019 al 2022? Quattro, tre dei quali a livello di sport amatoriale. Significa che su questo tema siamo tornati indietro di 30 anni, a quando si faceva molto poco». E questo perché «la giustizia penale in tema di doping – e aggiungo in tema di sicurezza sul lavoro – non fa più paura a nessuno. Pochi processi, piccoli, locali. Un fenomeno così complesso va affrontato nel suo complesso e deve essere anche aggiornato. I nostri studi sulla Sla sono ormai datati».
Per Guariniello bisognerebbe istituire una procura nazionale per la sicurezza sul lavoro e sul doping. E lasciare al pm la possibilità di cercare notizie di reato: «Senza non si va da nessuna parte. Ma da tempo questi principi non godono di ottima salute».
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SINISA MIHAJLOVIC: L'ULTIMO SERBO D'EUROPA -di Paolo Emilio Bogni-
(foto tratta da "FanPage")
"bergamorisvegliata" ringrazia di cuore Paolo Emilio Bogni per questo toccante pezzo di rara intensità emotiva oltre che di alto spessore culturale e che ben tratteggia e rammenta ciò per cui ha sempre lottato Sinisa Mihajlovic, celebre ex-calciatore e -purtroppo- sino a pochi giorni allenatore della squadra del Bologna. Con questo articolo, "bergamorisvegliata" celebra un grandissimo uomo di sport, categoria sinora trascurata da questo blog. Buona lettura e ancora grazie a Paolo.
Ce lo aspettavamo. Nessuna sorpresa.
Gli Eroi non fruiscono mai di miracoli.
E’ giusto così. Loro sono il Miracolo.
Sono l’eccezione alla conformità dell’uomo qualunque che si adegua e si adatta all’esistente, quello che recita lo spartito scrittogli da altri per contro e nell’interesse di altro.
Quell’altro che è altro da Noi.
L’Eroe – solitario e antipatico (e Sinisa spesso lo era) - è colui il quale crea il palcoscenico in cui guarda negli occhi il cielo, proferendo da sé le sue parole e indirizzando il suo destino.
E’ giusto che la leucemia mieloide acuta abbia fatto il suo corso.
Lui lo sapeva e con la dignità spartana che lo contraddistingueva si è fatto accompagnare da essa al trapasso.
Sinisa Mihailovic era un guerriero d’altri tempi catapultato in questo tempo per benevolenza divina, quella provvidenza che l’Universo ci riserva in questa Epoca di nani e vermi. A
giva in incognito rappresentandosi in quel sottomondo di metafore qual è il Calcio professionista.
L’ultimo grande agente segreto che agì in questo microcosmo fu Diego Armando Maradona.
Uno a uno se ne stanno andando tutti e prematuramente.. non è un bel Segno.
Sinisa aveva la perfetta coscienza che la sua Serbia fosse l’Ultima Trincea d’Europa, abbattuta la quale il nostro Continente – già profondamente segnato da un’occupazione militare, economica e culturale da quasi ottant’anni – sarebbe stato oggetto degli ignobili spartiti di comici quali Grillo e Zelensky o di comparse ben retribuite come la Von Der Leyen o la Kaili.
Il nostro Sinisa era (ed è) un’Anima in cammino e non certo un’Anima bella, quest’ultima preda delle morali astratte tipiche di figuranti come Pannella o la Bonino.
Nel difendere il suo amico Arkan – la tigre Serba -, non inventò alcuna santità del vecchio Capo ultrà della Crvena Zvezda, squadra di Belgrado in cui militava da giocatore trent’anni fa e con cui vinse una Coppa dei Campioni.
Lo difendeva per quelle leggi del sangue e dell’onore che vigono durante le guerre civili – tragiche, orrende, dolorose - in cui a essere difesa non è solo la Patria nelle sue dimensioni territoriali ma -soprattutto - in quelle spirituali.
E lo difese perché – al di là di qualsiasi supposta ragione politicamente corretta o scorretta – un Amico non lo si tradisce né lo si rinnega. Mai.
Contrastò con forza – di contro a tutto il suo mondo, quello del calcio professionista, con in testa il Trapattoni di regime – che il Kosovo meritasse la sua “albanesizzata” indipendenza, ricordando a tutto il mondo che quella era – al contrario - la Terra più serba di Serbia e che - tutt’al più - quegli albanesi lì presenti erano fuori dal loro demanio o inquilini che dovevano portare rispetto.
Ricordò al mondo intero che nulla importava a lui di cosa pensasse di Milosevic in quanto tale, dei suoi metodi e della sua linea politica.
Ma che SE la Serbia – la sua Serbia – era attaccata da quei maledetti americani, lui stava comunque con Milosevic, il suo Presidente, che in quel momento era il garante di quel sangue e di quell’onore che ogni vero patriota difende.
Sinisa Mihailovic era un uomo nato nella guerra, viveva nella guerra e la leucemia mieloide era l’ultima battaglia di quella tragica saga. Il suo carattere era forgiato – per dirla con Junger –
dalla guerra e dalle sue tragiche Leggi.
Il suo senso della lealtà, dell’onore e del dovere – in una parola: la LIBERTA’ - sono la migliore eredità di questo antipatico spartano slavo.
Che le sue membra riposino nel cuore della Curva Nord del Marakana di Belgrado, insieme ai suoi Delije.
(foto tratta da "eurosport.it")
-Paolo Emilio Bogni-
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È morto Sinisa Mihajlovic, campione in campo e nella vita
È morto Sinisa Mihajlovic, campione in campo e nella vita
Lutto nel mondo del calcio. Sinisa Mihajlovic, fino al 6 settembre scorso allenatore del Bologna, è morto in una clinica di Roma. Aveva 53 anni. Il 13 luglio del 2019 Mihajlovic annunciò in conferenza stampa di essere malato di leucemia mieloide acuta e di doversi sottoporre a cure immediate. Il 26 marzo scorso, sempre in conferenza stampa, disse che si sarebbe dovuto sottoporre a un nuovo ciclo…
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Mihajlovic è morto
articolo di Arianna Ravelli: https://www.corriere.it/sport/calcio/22_dicembre_16/mihajlovic-morto-6963556e-7a6f-11ed-940e-9b2491325fc5.shtml Sinisa Mihajlovic è morto a 53 anni: aveva scoperto la sua malattia – una leucemia mieloide acuta – per caso,nel 2019, giocando a padel. In Italia ha giocato per Roma, Sampdoria, Lazio e Inter; ha allenato Bologna, Fiorentina, Sampdoria, Milan e Torino.…
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Sinisa Mihajlovic morto a 53 anni: aveva scoperto la sua malattia – una leucemia mieloide acuta – per caso,nel 2019, giocando a padel. In Italia ha giocato per Roma, Sampdoria, Lazio e Inter; ha allenato Bologna, Fiorentina, Sampdoria, Milan e Torino. Lascia la moglie Arianna e 5 figli Sinisa Mihajlovic morto oggi a causa della grave forma di leucemia che lo aveva colpito anni fa. L’allenatore di calcio ed ex calciatore serbo aveva 53 anni. Lascia la moglie Arianna e 5 figli, una delle quali gli aveva da poco dato una nipotina. luglio, anno 2019, siamo nella sede di Casteldebole, il centro di allenamento del Bologna. Sinisa Mihajlovic qualche giorno prima, quando period ancora in vacanza in Sardegna, ha sentito un dolore all’adduttore, aveva dato la colpa al padel, agli allenamenti tosti a cui si sottoponeva anche a 50 anni, pensava a un’infiammazione. I medici del Bologna hanno insistito perch facesse degli approfondimenti e gli hanno appena presentato, con mille precauzioni, l’esito: leucemia. Pausa. Ma con questa leucemia si vive o si muore?, la sua reazione, senza girarci attorno, dritta al punto. Con questa leucemia, oggi, Sinisa Mihajlovic morto. Ed un finale che strazia, dopo tre anni di lotta e di speranza, are available in un libro scritto male la superb arrivata…
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Ferritinofagia: la via cellulare sensibile ai farmaci nelle cellule staminali leucemiche
La leucemia mieloide acuta (LMA) è il tumore del sangue e del midollo osseo più comune negli adulti. Causata da un aumento di cellule immature che distruggono e sostituiscono rapidamente le cellule del sangue sane (globuli rossi, bianchi e piastrine), la LMA è letale nella metà delle persone colpite di età inferiore ai 60 anni e nell’85% di quelle di età superiore. Le cellule staminali leucemiche…
#autofagìa#autorinnovamento#cellule staminali#cellule tumorali#coattivatore NCoA4#energia cellulare#ferritina#ferritinofagìa#leucemia#mitofagìa#proliferazione cellulare
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Ogni anno, in Italia, sono circa 30 i bambini con leucemia mieloide acuta che non rispondono ai trattamenti. Ma ora, grazie ad una nuova sperimentazione clinica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, si apre una nuova speranza anche per loro. Entro la seconda metà de 2024, infatti, l’Ospedale della Santa Sede testerà l’efficacia di una nuova terapia a base di cellule del sistema immunitario modificate geneticamente (Car-iNK) in bambini con leucemia mieloide acuta. A darne notizie è il responsabile dell’Area di Oncoematologia pediatrica e Terapia Cellulare e genica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, Franco Locatelli, nel corso della presentazione della campagna ‘Il Futuro è dei bambini’, iniziativa promossa da Federfarma per sostenere la Fondazione Umberto Veronesi. PALM L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è coordinatore di “PALM” (Pediatric Acute Leukemia of Myeloid origin), la neonata Rete nazionale di istituti specializzati in campo oncoematologico, sostenuta con oltre tre milioni di euro da Fondazione Umberto Veronesi. La Rete è impegnata nella prima sperimentazione clinica in Europa della terapia genica con cellule CAR-Natural Killer e nello sviluppo di nuove metodiche diagnostiche. “È un progetto in cui crediamo molto – continua Locatelli – .Perché le leucemie mieloidi acute refrattarie o ricadute dopo i trattamenti convenzionali rappresentano un problema medico a oggi non risolto e quindi abbiamo la necessità di testare, e auspicabilmente validare, trattamenti innovativi. Tra questi rientra l’immunoterapia rappresentata nel caso specifico dalle cellule Car-iNK che sono una variazione rispetto alle classiche cellule Car-T che abbiamo imparato a conoscere nell’ambito della leucemia linfoblatica acuta, i linfomi e il mieloma multiplo”, aggiunge Locatelli. La leucemia mieloide acuta La leucemia mieloide acuta (LMA) è un tumore raro del sangue che origina nelle cellule staminali presenti nel midollo osseo e si sviluppa rapidamente diffondendosi in tutto l’organismo. Rappresenta il 20% di tutti i casi di leucemia acuta osservati in età pediatrica, dato che si traduce – in Italia – in circa 70 nuove diagnosi all’anno nella fascia 0-18. La LMA è una malattia ancora non del tutto caratterizzata dal punto di vista genetico e molecolare, così come rimangono da chiarire compiutamente i meccanismi che portano allo sviluppo di forme recidivanti e refrattarie ai trattamenti convenzionali. Le cellule Car-iNK Le cellule Car-iNK “rappresentano un’innovazione rispetto alle già innovative Car-T – spiega Locatelli -. Vengono preparate da un donatore terzo e sono immediatamente disponibili per il paziente che ne ha bisogno”. Per le cellule iNK sviluppate dal team di Concetta Quintarelli, responsabile dell’Unità di Ricerca di Terapia Genica dei Tumori al Bambino Gesù, sono in questo momento in corso le ultime verifiche prima della presentazione del dossier alle autorità regolatorie. La sperimentazione verrà condotta al Bambino Gesù, nella cui officina farmaceutica verrà preparato la terapia cellulare. Fonte
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Calendario Artistico 2021 - Per la lotta contro la leucemia mieloide acuta
Calendario Artistico 2021 – Per la lotta contro la leucemia mieloide acuta
Calendariodell’Associazione “Alessia Pallara- Per la lotta contro la leucemia mieloide acuta” È pronto il calendario artistico 2021 dell’Associazione “Alessia Pallara – Per la lotta contro la leucemia mieloide acuta – onlus” di Monteroni di Lecce. L’iniziativa rappresenta una delle tante forme di autofinanziamento per sostenere importanti progetti di ricerca come quelli relativi all’Ospedale…
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Comunicato sullo stato di salute di Sinisa Mihajlovic Con un comunicato, il Bologna ha fatto il punto sullo stato di salute dell'allenatore Sinisa Mihajlovic: "Tre giorni dopo il ricovero di Sinisa Mihajlovic presso il reparto di ematologia dell’Istituto Seragnoli del Policlinico Sant’Orsola - si legge -, si è concluso il percorso di tipizzazione della malattia: si tratta di una leucemia acuta prevalentemente mieloide.
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Studio ENLIVEN: EMA convalida domanda Daiichi Sankyo per l’autorizzazione al commercio di pexidartinib
Convalidata la domanda di autorizzazione alla commercializzazione di pexidartinib per il trattamento di pazienti adulti con tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT) sintomatico di tumore tenosinoviale a cellule giganti
Roma, 4 aprile 2019 – Daiichi Sankyo annuncia che l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha convalidato la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio (MAA) di pexidartinib per il trattamento di pazienti adulti con tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT) sintomatico, associato a grave morbilità o limitazioni funzionali non suscettibile di miglioramento con la chirurgia. Il 31 gennaio 2019, la Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO) ha riconosciuto quale “Progresso dell’anno” l’evoluzione nel trattamento dei tumori rari, e ha inserito pexidartinib tra le cinque più significative innovazioni nel trattamento delle malattie rare, riconoscendolo come la prima promettente terapia sperimentale per il TGCT, chiamato anche sinovite villonodulare pigmentosa (PVNS) o tumore a cellule giganti della guaina tendinea (GCT-TS).
La convalida conferma che la domanda è completa e dà inizio al processo di valutazione scientifica da parte del Comitato europeo per i medicinali ad uso umano (CHMP). La domanda all’EMA è basata sui risultati dello studio cardine di fase III ENLIVEN su pexidartinib, il primo studio controllato verso placebo di una terapia sperimentale sistemica in pazienti con TGCT, che ha raggiunto il suo endpoint primario di risposta globale. I risultati dello studio di fase III ENLIVEN sono stati presentati al Meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) del 2018. “Siamo lieti del fatto che la valutazione della nostra domanda per l’autorizzazione di pexidartinib in Europa sia ora in corso e non vediamo l’ora di lavorare con l’EMA per mettere a disposizione dei pazienti con TGCT accuratamente selezionati la prima terapia sistemica approvata “, ha affermato Dale Shuster, Ph.D, Direttore Esecutivo del Global Oncology R & D di Daiichi Sankyo.
Il tumore tenosinoviale a cellule giganti è una rara forma di neoplasia, generalmente non metastatica, ma che può essere localmente aggressiva; colpisce le membrane sinoviali, le borse e le guaine tendinee, provocando gonfiore, dolore, rigidità e ridotta mobilità in corrispondenza dell’articolazione interessata. La terapia primaria per il TGCT prevede un intervento chirurgico per l’asportazione del tumore. Tuttavia, nei pazienti affetti da forme recidivanti, difficili da trattare o diffuse, in cui il tumore può avvolgere l’osso, i tendini, i legamenti ed altre componenti dell’articolazione, diventa più complicato rimuoverlo o ridurlo mediante interventi di resezione chirurgica. Nei casi più gravi, ulteriori interventi di resezione e artroplastica possono portare a danni significativi all’articolazione, disabilità funzionali invalidanti e ridotta qualità di vita, fino a dover considerare un’amputazione.
“Siamo entusiasti del potenziale di pexidartinib, un’altra terapia mirata scoperta da Plexxikon – ha dichiarato Gideon Bollag, Ph.D., Amministratore delegato di Plexxikon Inc., centro di R&S sulle “small molecules” di Daiichi Sankyo a Berkeley, in California – Il nostro processo di scoperta dei farmaci utilizza dati sulla struttura molecolare ed una biblioteca specializzata per lo screening, con struttura simile ad un’impalcatura per identificare e ottimizzare nuove molecole candidate”. La New Drug Application (NDA) per pexidartinib è attualmente in fase di Valutazione Prioritaria negli Stati Uniti, e la FDA dovrebbe prendere una decisione in merito all’approvazione entro il 3 agosto 2019.
ENLIVEN, è lo studio di Fase III, multicentrico, globale, randomizzato, in doppio cieco, che ha valutato pexidartinib in pazienti con TGCT sintomatico in stadio avanzato, nei quali l’asportazione chirurgica del tumore avrebbe comportato un potenziale peggioramento della limitazione funzionale o una morbilità severa. La prima parte dello studio, la fase in doppio cieco, ha arruolato 120 pazienti che sono stati randomizzati (1:1) a ricevere pexidartinib alla dose di 1000 mg al giorno, o placebo, per 2 settimane, seguita da 800 mg di pexidartinib al giorno per 22 settimane, allo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza di pexidartinib rispetto al placebo. L’endpoint primario dello studio era la percentuale di pazienti che otteneva una risposta completa o parziale dopo 24 settimane di trattamento (Settimana 25), valutata sulla base di una lettura centralizzata delle immagini della risonanza magnetica secondo i criteri RECIST 1.1. I principali endpoint secondari includevano l’estensione dei movimenti, la risposta in termini di volume del tumore, la funzionalità fisica secondo il sistema PROMIS, la rigidità e le misure di riduzione del dolore.
Lo studio ENLIVEN ha raggiunto l’endpoint primario di risposta globale. Nello studio ENLIVEN, la tossicità epatica è stata più frequente con pexidartinib che con placebo (AST o ALT ≥3 x LSN: 33%, bilirubina totale ≥2 x LSN: 5%, N=61). Sette pazienti hanno interrotto il trattamento con pexidartinib a causa di eventi avversi (EA) epatici, quattro dei quali erano EA gravi, non fatali, con aumento della bilirubina ed uno è durato ~7 mesi. Negli studi di sviluppo sull’utilizzo di pexidartinib sono stati osservati due casi di tossicità epatica severa (uno ha richiesto il trapianto epatico ed uno ha portato al decesso). ——————————-
Il tumore tenosinoviale a cellule giganti Il tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT), definito anche sinovite villonodulare pigmentosa (PVNS) o tumore a cellule giganti della guaina tendinea (GCT‑TS), è una rara forma di neoplasia, generalmente non metastatica, ma che può essere localmente aggressiva; colpisce le membrane sinoviali, le borse e le guaine tendinee, provocando gonfiore, dolore, rigidità e ridotta mobilità in corrispondenza dell’articolazione interessata. Sulla base degli studi condotti in tre Paesi, l’incidenza stimata di TGCT è da 11 a 50 casi per milione all’anno. Il TGCT è classificato in due tipi: “localizzato”, che è il più comune e corrisponde al 90% dei casi, e “diffuso”, riscontrabile nel restante 10% dei casi. La terapia primaria per il TGCT prevede un intervento chirurgico per l’asportazione del tumore. Tuttavia, nei pazienti affetti da forme recidivanti, difficili da trattare o diffuse, in cui il tumore può avvolgere l’osso, i tendini, i legamenti ed altre componenti dell’articolazione, diventa più complicato rimuoverlo o ridurlo mediante interventi di resezione chirurgica. Nei casi più gravi, ulteriori interventi di resezione e artroplastica possono portare a danni significativi all’articolazione, disabilità funzionali invalidanti e ridotta qualità di vita, fino a dover considerare un’amputazione. I tassi di recidiva nel TGCT localizzato sono stimati fino al 15% a seguito di resezione completa. La frequenza di recidive per un TGCT diffuso può essere compresa tra 20 e 50%, a seguito di resezione completa. Il tumore tenosinoviale a cellule giganti può colpire a tutte le età, ma si riscontra più spesso in soggetti sotto i 40 anni e, nella sua forma localizzata, è diagnosticato tipicamente in pazienti di età compresa tra i 30 e i 50 anni.
Pexidartinib Pexidartinib è una piccola molecola sperimentale, innovativa, ed è un potente inibitore orale del recettore del cosiddetto ‘fattore stimolante le colonie-1‘ (CSF-1), una proteina che svolge un ruolo chiave nel processo di proliferazione di cellule anomale nella membrana sinoviale che sono responsabili di TGCT. Pexidartinib inibisce anche c‑kit e FLT3‑ITD. È stato scoperto da Plexxikon Inc., il centro di R&S sulle piccole molecole di Daiichi Sankyo.
Pexidartinib ha ottenuto la Valutazione prioritaria per il trattamento di pazienti adulti con tumore tenosinoviale a cellule giganti sintomatico, associato a morbilità severa o limitazioni funzionali e non suscettibile di miglioramenti con la chirurgia; la designazione di terapia fortemente innovativa (Breakthrough Therapy) per il trattamento di pazienti con sinovite villonodulare pigmentosa (PVNS) o tumore a cellule giganti della guaina tendinea (GCT‑TS), nei quali la resezione chirurgica potrebbe provocare un potenziale peggioramento della limitazione funzionale o una morbilità severa, nonché la designazione di farmaco orfano per PVNS/GCT‑TS da parte della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti. Pexidartinib ha anche ricevuto la designazione di farmaco orfano per il trattamento di TGCT dalla Commissione Europea.
Pexidartinib è un medicinale in sperimentazione non ancora approvato per alcuna indicazione in alcun Paese. La sicurezza e l’efficacia non sono ancora state stabilite.
Daiichi Sankyo Cancer Enterprise La vision di Daiichi Sankyo Cancer Enterprise consiste nell’applicazione di conoscenze e capacità innovative guidate da un pensiero non convenzionale per sviluppare trattamenti significativi per i pazienti affetti da cancro. L’azienda è impegnata a trasformare la scienza in valore per il paziente, e questo impegno è presente in tutte le sue attività. L’ obiettivo è quello di mettere a disposizione dei pazienti sette nuove molecole nei prossimi otto anni, dal 2018 al 2025, avvalendosi dei risultati dei suoi tre pilastri: il Franchise di Farmaci Anticorpo-Coniugati, quello dedicato alla Leucemia Mieloide Acuta e quello di ricerca focalizzato sullo sviluppo delle nuove molecole. I Centri di ricerca della Daiichi Sankyo Cancer Enterprise includono due laboratori di bio/immuno-oncologia e “small molecules” in Giappone e Plexxikon Inc. a Berkeley (California), e il centro di R&S sulla struttura delle “small molecules”. Tra i composti che si trovano nella fase cruciale di sviluppo figurano: [fam-] trastuzumab deruxtecan, un farmaco anticorpo-coniugato (ADC) per i carcinomi HER2-positivi della mammella, dello stomaco ed altri, il quizartinib, un inibitore orale selettivo di FLT3 per la leucemia mieloide acuta (AML) con mutazioni di FLT3-ITD di nuova diagnosi e recidivante/refrattaria, e il pexidartinib, un inibitore orale di CSF-1R per il tumore tenosinoviale a cellule giganti (TGCT). Per maggiori informazioni, consultare http://www.DSCancerEnterprise.com
Fonte: Daiichi Sankyo
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Ridotta la mortalità per cancro del sangue: novità dal congresso di ematologia USA
(Nicola Simonetti) Da San Diego (Usa) l’American Society of Hematology (ASH) riunita per il “più importante evento scientifico dell’anno in materia”, afferma che, grazie alle nuove terapie, la mortalità per neoplasie del sangue risulta ridotta. Attualmente, la maggior parte di queste patologie presenta una diagnosi infausta ma, negli ultimi decenni, sono stati fatti passi da gigante nell’allungamento della prospettiva di vita e nel miglioramento della qualità di quest’ultima, grazie soprattutto all’introduzione di terapie di prima linea che vedono l’impiego di combinazioni di trattamenti classici (chemio) con l’immunoterapia. E fanno ormai testo i progressi, a livello biologico e terapeutico, in tema di linfomi, CAR-T cell, leucemie acute, leucemia linfatica cronica, mielodisplasie e mieloma multiplo. Se ne fanno portavoce anche gli oncoematologi italiani e stranieri di fama internazionale nel post-ASH di Bologna. Anche per gli oltre 33 mila gli italiani che, ogni anno, sono colpiti da un tumore ematologico, certezze e speranze a portata di mano. Numerosi studi hanno validato l’impiego di anticorpi monoclonali in associazione ai classici farmaci chemioterapici. L’uso della tecnica chiamata CAR-T, ancora su un numero basso di pazienti, ha aperto la strada – dice Pier Luigi Zinzani, professore ematologia, università Bologna che ne è stato uno dei primi utilizzatori presso l’ist. Seràgnoli” dell’università di Bologna - a una promettente strategia di cura che potrebbe rivoluzionare il decorso e la prognosi di queste neoplasie maligne. Le risposte globali e complete sono soddisfacenti. “La CAR-T, acronimo dall’inglese Chimeric Antigen Receptor T-cell, si riferisce ad un procedimento che riguarda il prelievo dal paziente di alcune cellule del sistema immunitario (linfociti T), alla loro modifica genetica in laboratorio per addestrarle a riconoscere le cellule tumorali e poi alla reinfusione delle cellule, così istruite, nello stesso paziente. Queste cellule attivano la risposta immunitaria e distruggono il tumore. Confermata anche l’attività delle CAR-T nei linfomi ad alto grado il cui controllo dura anche dopo due anni di follow-up senza necessità di fare ulteriori trattamenti. Rilevati segni di efficacia nel mieloma multiplo con malattia ricaduta e refrattaria, e studi in corso per l’uso nel linfoma di Hodgkin, linfoma anaplastico e leucemia linfatica cronica. CAR-T in associazione ad altri farmaci che ne potenziano l’attività e talora riducono gli effetti collaterali” (prof. Paolo Corradini, università Milano e presidente Società italiana ematologia). Nei linfomi (diagnosi che include oltre 30 malattie diverse), che sono le più frequenti malattie oncoematologiche si è passati – dice Zinzani - dalla convenzionale chemioterapia a quella combinata con l’introduzione della chemioimmunterapia. “In questo ambito ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale l’anticorpo anti-CD20… Gli anticorpi monoclonali, inoltre, hanno dato buoni risultati anche nel linfoma di Hodgkin, nei linfomi di derivazione T-linfocitaria, nel linfoma primitivo del mediastino, nel linfoma mantellare e nei linfomi follicolari. Il nuovo approccio terapeutico rappresentato dalle CAR-T ha dato una svolta fondamentale nell’ambito dei linfomi diffusi a grandi cellule. Al congresso di San Diego sono stati presentati anche i risultati delle terapie per il linfoma di Hodgkin con un anticorpo “drug conjugate” anti-CD25 e la combinazione a tre farmaci con anticorpi monoclonali. Anche nell’ambito degli altri linfomi le combinazioni tra chemio terapie e immunoterapia con anticorpi monoclonali si sono mostrate efficaci”. La leucemia acuta e la linfoblastica – dice il prof. Fabrizio Pane, università, Napoli Federico II e presidente della Società - costituiscono l’ultimo gruppo di patologie neoplastiche del sangue che hanno iniziato a beneficiare dell’introduzione nella terapia dei farmaci biologici… Le novità presentate all’ASH riguardano, per la leucemia mieloide, farmaci a bersaglio molecolare intracellulare. Per la leucemia linfoide invece la fanno da padrone le immunoterapie. “Sono terapie basate su anticorpi monoclonali recentemente modificati rispetto a quelli già utilizzati in passato in modo da aumentarne l’efficienza. Numerosi studi - continua Pane - sulle tecniche di immunoterapia attiva che utilizza linfociti del paziente che sono modificati nella loro specificità antigenica e in grado di riconoscere antigeni espressi sulle cellule leucemiche (CAR-T). Hanno un’efficacia molto elevata anche in malati plurirefrattari a tutte le altre terapie. L’aspettativa di sopravvivenza con terapia intensiva e anticorpi monoclonali è superiore al 50%”. Il mieloma, malattia tuttora considerata inguaribile, fa registrare, negli ultimi 20 anni, ad aumento della sopravvivenza da poco più di 2 anni a medie vicine ai 7, anche nelle fasce di età avanzate. “Presentati, all’ASH, risultati molto interessanti, in termini di miglioramento della sopravvivenza libera da malattia, della terapia con un anticorpo monoclonale in associazione ai farmaci classici testati in prima linea di terapia in pazienti non candidabili al trapianto. I risultati di numerose nuove combinazioni di farmaci innovativi di 2° e 3° generazione, utilizzati sia in prima linea sia in pazienti ricaduti o refrattari, hanno permesso di carpire preziose informazioni per identificare i profili molecolari associati alla scomparsa del residuo minimo di malattia, da cui dipende poi la prognosi di ciascun paziente. Anche i trattamenti con la tecnica CAR-T sono risultati sorprendentemente efficaci in pazienti pluritrattati e non più controllabili con altri farmaci” (prof. Giovanni Pizzolo, università Verona). Le novità dell’ASH riguardano anche le malattie clonali che si sviluppano nelle cellule staminali ematopoietiche come la policitemia vera (PV), la trombocitemia essenziale (TE), la mielofibrosi (PMF). “Per queste malattie sono stati presentati studi sui nuovi metodi e criteri di diagnosi e prognosi – dice il Prof. Angelo Michele Carella (azienda ospedaliera Universitaria San Martino di Genova) . i trattamenti, in particolare per la mielofibrosi, prevedono l’uso di inibitori per bloccare quelle proteine mutare alla base delle malattie”. Read the full article
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