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Valeria Della Valle
Ci sosterrà la speranza che fra qualche anno, una donna che abbia deciso di professare l’architettura, l’avvocatura o la medicina, o che veda nel suo futuro la direzione di un’orchestra, o infine che intenda arruolarsi nell’esercito, dopo aver sfogliato le pagine di questo dizionario, scelga di chiamare se stessa architetta, avvocata, medica, direttrice, soldata anche perché “lo dice il Dizionario Treccani”.
Valeria Della Valle, importante linguista, è la prima donna che ha diretto un dizionario della lingua italiana, per Treccani, dove è entrata, negli anni Settanta da giovane redattrice e oggi è nel consiglio scientifico dell’Enciclopedia Italiana.
Nell’edizione del 2022, co-diretta con Giuseppe Patota, ha messo in atto una rivoluzione. Sfidando regole e convenzioni, per la prima volta, il testo registra aggettivi e sostantivi, prima al femminile e poi al maschile, in successione alfabetica: “Non c’era nessuna motivazione scientifica perché questo non accadesse, solo il prevalere storico della cultura maschile“.
Nata a Roma nel 1944 è cresciuta nell’ambiente artistico e culturale di via Margutta. Sua madre dipingeva e restaurava quadri antichi, suo padre lavorava nell’editoria. Da bambina ha assistito alle dissertazioni di adulti come Renato Guttuso, Alfonso Gatto, Sibilla Aleramo, Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Carlo Mazzacurati, Enrico Galassi.
Si è laureata alla Sapienza con Arrigo Castellani, che le ha aperto la strada a una spiegazione razionale al processo di cambiamento della lingua.
Ha pubblicato saggi su antichi testi toscani, sulla storia della lessicografia, sulla terminologia dell’arte, sulla lingua della narrativa contemporanea e sui neologismi.
È stata professoressa associata di Linguistica italiana alla Sapienza Università di Roma fino al 2014.
Ha diretto la terza edizione del Vocabolario Treccani dell’Istituto della Enciclopedia Italiana in cinque volumi (1986-1994) e contribuito ad apportare un cambiamento nella definizione della voce “donna”, nel passato sempre definita come “femmina dell’uomo” e in quell’edizione diventata “Nella specie umana, individuo di sesso femminile, soprattutto dal momento in cui abbia raggiunto la maturità anatomica e quindi l’età adulta”.
È autrice di Dizionari italiani: storia, tipi, struttura (2005) e, con Giovanni Adamo, di Le parole del lessico italiano (2008). Insieme a Giuseppe Patota ha pubblicato tredici manuali di divulgazione dedicati alla lingua italiana.
È protagonista di rubriche giornalistiche, radiofoniche e televisive riguardanti dubbi e curiosità sulla nostra lingua, e consulente scientifica di Rai Educational per la realizzazione di programmi dedicati all’insegnamento della lingua italiana.
È socia corrispondente dell’Accademia della Crusca e socia ordinaria dell’Accademia dell’Arcadia. Fa parte del consiglio di amministrazione e del comitato scientifico della Fondazione Bellonci e del comitato direttivo del Premio Strega, del comitato scientifico del Bollettino di italianistica e del consiglio scientifico del PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) della Società Dante Alighieri.
Presso l’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee del CNR ha coordinato con Giovanni Adamo, fino al 2019, il progetto di ricerca Osservatorio neologico della lingua italiana (Onli).
Ha scritto soggetto e testo del documentario Me ne frego! Il Fascismo e la lingua italiana, prodotto dall’Istituto Luce Cinecittà, diretto da Vanni Gandolfo e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2014. Nel 2016 ha realizzato il documentario L’arma più forte. L’uomo che inventò Cinecittà, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma nel 2016, che ha vinto il premio al miglior documentario di cinema Diari di Cineclub 2017.
Dall’ottobre 2020 ha condotto la trasmissione di Raitre Le parole per dirlo.
Nel 2022 ha pubblicato la sua prima opera di narrativa, La strada sognata, una raccolta di racconti ambientati nella comunità artistica che nella prima metà del ‘900 animava Via Margutta a Roma, che le è valso il Premio Settembrini.
C’è una sproporzione tra gli epiteti offensivi presenti accanto a “donna” e quelli che possono essere riferiti a un uomo. I primi hanno a che fare soprattutto con offese scagliate contro la donna riferite alla sua vita sessuale, di donna che vende il proprio corpo dietro pagamento. Ma è la nostra storia, non solo quella italiana, a mancare di parole a proposito dell’uomo, corrispondenti a quelle usate per indicare un costume al quale è stata obbligata per secoli solo la donna. Anche per l’uomo abbiamo insulti che alludono alle sue abitudini sessuali e certamente in misura non paragonabile, ma qui entriamo in questioni che non hanno a che fare con la rappresentazione linguistica, bensì con la copertura eufemistica di tabù millenari. Sono convinta che non sarà invocando un falò (non solo simbolico) per bruciare le parole che ci offendono che riusciremo a difendere la nostra immagine e il nostro ruolo. Anzi, vorrei che le espressioni più detestabili e superate continuassero ad avere spazio nei dizionari, naturalmente precedute dal doveroso avvertimento che segnala al lettore quando le espressioni o le frasi proverbiali citate corrispondono a un pregiudizio o a un luogo comune tramandato dal passato ma non più condivisibile. Secondo qualcuno i dizionari sono “cimiteri di parole”: credo, al contrario, che il nostro sforzo comune debba essere quello di fare in modo che la lingua del disprezzo esaurisca il suo corso, rimanendo come testimonianza sociale, storica, letteraria, del passato. Con la speranza, questo è il mio augurio, non solo da lessicografa, che la realtà (e poi la lingua) cambi, perché le parole non siano più solo femmine, i fatti non più solo maschi.
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■Studio contrastivo tra Lingua Coreana e Lingua Italiana - poste a confronto :
-Apprendimento del coreano attraverso un costante riferimento agli equivalenti in italiano e viceversa ➡️...
-Comparazione tra i due idiomi che investe un'ampia gamma di aspetti linguistici, in ambito sintattico, morfosintattico e semantico.✏️ -Tanti gli Esempi forniti che agevolano la comprensione ✅ -Manuale che si rivela di notevole interesse 📚 per la linguistica teorica e soprattutto per la linguistica applicata: didattica, traduzione, lessicografia.
📌■ Book on Contrastive Analysis of Korean and Italian written in Italian Language .
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Al cimitero di Fontainebleau, sezione B, la tomba di Oskar Władysław de Lubicz Miłosz ha inciso sul granito “poeta e metafisico”. Grande pasticcio il suo nome: in lituano, dove nacque nel 1877 (muore nel 1939 naturalizzato francese), dovrebbe essere Oskaras Milašius, ma le sue opere trovano la firma O. V. de L. Milosz. E anche noi seguiamo questa grafia. Fu il prozio del premio Nobel Czesław Miłosz. Insieme romanziere, drammaturgo, metafisico e, appunto, diplomatico. Ecco, non vorremmo viaggiare di fantasia, ma il legame tra questa “professione” e certi risultati, diciamo così, letterario-filosofici è singolare: Alexandre Kojève, Saint-John Perse per esempio. Tutta gente che in un modo o nell’altro appartiene a un “ordine” superiore; ha accesso a cose che si presentano come segrete, e che lo sono, se non altro per dovere professionale, ma il cui significato essoterico richiede una sorta di iniziazione. Sia come sia in La chiave dell’Apocalisse (1933) il registro esoterico si fonda sul rigore di una lessicografia raffinata e coltissima. Ma non crediate che la sua scrittura dipenda solo da prurigine misteriosofica, c’è molto di più e se è vero che la sua produzione è difficile da classificare non per questo le sue qualità letterarie e visionarie, sono dozzinali. Al contrario, l’autore del Miguel Manara e dell’Amorosa iniziazione, possiede tutte le caratteristiche del “caso” letterario.
La chiave dell’Apocalisse, trad. di Laura Madella e introduzione di Simone Paliaga è ordinabile sul sito di Medusa Edizioni
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soap (n.)
Old English sape "soap, salve" (originally a reddish hair dye used by Germanic warriors to give a frightening appearance), from Proto-Germanic *saipon "dripping thing, resin" (source also of Middle Low German sepe, West Frisian sjippe, Dutch zeep, Old High German seiffa, German seife "soap," Old High German seifar "foam," Old English sipian "to drip"), from PIE *soi-bon-, from root *seib- "to pour out, drip, trickle" (source also of Latin sebum "tallow, suet, grease").
Romans and Greeks used oil to clean skin; the Romance words for "soap" (Italian sapone, French savon, Spanish jabon) are from Late Latin sapo "pomade for coloring the hair" (first mentioned in Pliny), which is a Germanic loan-word, as is Finnish saippua. The meaning "flattery" is recorded from 1853.
Douglas Harper Online Etymology Dictionary
ségo s. m. [lat. sēbum (v. sebo), con lenizione di -b- in -v- (sevo) e successivo passaggio di -v-a -ġ- (cfr. ùgola, dal lat. uvŭla)] (rarissimo il pl. séghi). – Lo stesso che sévo (forma oggi preferita nel linguaggio tecnico e chimico)
sévo (o ségo) s. m. [lat. sēbum; cfr. sebo]. – Grasso che riveste le regioni sottocutanee addominali e diversi organi interni (reni, stomaco, intestino) del bue. In senso più ampio, il grasso dei bovini, ma anche degli equini e ovini, costituito in massima parte da gliceridi degli acidi oleico, palmitico e stearico, che, separato dai residui di carne e dalle membrane per fusione in caldaia o autoclave, viene posto in commercio in forma di masse solide, di colore dal bianco al giallo, insipide e inodori, che all’aria irrancidiscono facilmente acquistando odore e sapore sgradevoli; usato in passato per la fabbricazione di alcuni tipi di margarina e di candele, si utilizza oggi per la produzione di saponi e per la preparazione della glicerina e di acidi grassi. [...] Olio di sevo, frazione liquida o semiliquida ricavata dal sevo animale, usata come componente di lubrificanti misti (con olî minerali) e per fabbricare saponi.
Treccani, Vocabolario online
Camphor
#etimologia#etymology#soap#sego#lenizione#acido stearico#sapone#sapo#hair dye#dye#flattery#grease#tallow#tallowsoap#camphor#lexicography#lessicografia#lessico#lexicon
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aperture (n.)
early 15c., "an opening, hole, orifice," from Latin apertura "an opening," from apertus, past participle of aperire "to open, uncover," from PIE compound *ap-wer-yo- from *ap- "off, away" (see apo-) + root *wer- (4) "to cover." In optics, diameter of the exposed part of a telescope, microscope, etc., 1660s.
*wer- (4)
Proto-Indo-European root meaning "to cover."
[...]
It is the hypothetical source of/evidence for its existence is provided by: Sanskrit vatah "enclosure," vrnoti "covers, wraps, shuts;" Lithuanian užveriu, užverti "to shut, to close;" Old Persian *pari-varaka "protective;" Latin (op)erire "to cover," (ap)erire "open, uncover" (with ap- "off, away"); Old Church Slavonic vora "sealed, closed," vreti "shut;" Old Irish feronn "field," properly "enclosed land;" Old English wer "dam, fence, enclosure," German Wehr "defense, protection," Gothic warjan "to defend, protect."
Online Etymology Dictionary
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Il professore e il pazzo, di Simon Winchster [Adelphi, 2018]
Il professore e il pazzo, di Simon Winchster [Adelphi, 2018]
Il libro di Simon Winchester, erudito giornalista inglese, ripercorre le tappe della genesi dell’Oxford English Dictionary, intrecciando le storie dei suoi due padri fondatori, sir James Murray (il “professore” scozzese) e William Chester Minor (il medico “pazzo” americano).
(more…)
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#Adelphi#amicizia#chester minor#lessicografia#linguistica#murray#Oxford English Dictionary#romanzo#saggio
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Summer Schools: PhrasaLex - Approcci fraseologici alla Lessicografia di apprendimento / Phraseological Approaches to Learner’s Lexicography / Italy
Inspired by our current project for an electronic learners’ dictionary of Italian, the workshop aims to bring together experts in the field of lexicography, in particular learners’ lexicography, computational lexicography, but also phraseology and foreign language teaching, in order to reflect in an international and interdisciplinary context on topics such as linguistic theories on the interaction between lexicon and grammar and their implications for lexicography, and the theoretical and metho http://dlvr.it/RCYGPC
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Summer Schools: PhrasaLex - Approcci fraseologici alla Lessicografia di apprendimento / Phraseological Approaches to Learner’s Lexicography / Italy
http://linguistlist.org/issues/30/30-3351.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=tumblr
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…la quale, secondo il mio giudicio, ottimamente è conforme al paone, se le propietà de l'uno e de l'altra si guarderanno. Il paone tra l'altre sue propietà per quello che appaia, n'ha quattro notabili. La prima si è ch'egli si ha penna angelica, e in quella ha cento occhi; la seconda si è che egli ha sozzi piedi e tacita andatura; la terza si è ch'egli ha voce molto orribile a udire; la quarta e ultima si è che la sua carne è odorifera e incorruttibile. Giovanni Boccaccio Annales di Ennio - poema epico di età repubblicana che ci è giunto solo in forma frammentaria. In uno di questi frammenti contenuto nel I libro, il frammento 15, Ennio dice: “Ricordo di essere stato un Pavone” Quindi Ennio sta raccontando qui l’apparizione dell’anima di Omero, che gli era apparso in sogno, e gli dice di essersi incarnato in lui…ma prima ricorda di essersi già incarnato in altri esseri, fra cui in un pavone. Gli Annales andarono perduti nell’alto medioevo, però alcuni passi sono stati tramandati da altri autori della latinità, come Cicerone o, più raramente, Aulo Gellio. Brevi segmenti si trovano per esempio in Macrobio e molti esametri sono impiegati da diversi grammatici e dalla lessicografia: sono per esempio in Elio Donato. In particolare per questo frammento ci sono poche testimonianze indirette; è tradito da Donato che commenta Terenzio, e da Tertulliano, ma in tutti questi casi è riportato solamente il frammento degli Annales, senza una minima spiegazione di contesto, cioè senza spiegare a cosa si riferisca Ennio ricordando di essere stato un Pavone. Anche in altre opere della latinità questo episodio è riportato e il caso più ampio è quello delle Satire di Persio. Nella VI satira ai vv. 9-11 Persio cita un verso di Ennio (non questo) e dice: “-Visitate il porto di Luni, oh cittadini, ne vale la pena- a ciò esorta l’animo di Ennio dopo aver sognato russando di trasformarsi da Pavone Pitagorico in Quinto Meonide” Essendo presente così chiaramente in Persio questo riferimento, viene anche riportato negli Scolii a Persio, cioè nei commenti alle satire. In una glossa a Persio che Boccaccio ha trascritto nella sua miscellanea Laurenziana, cioè il Laurenziano - Pluteo 33.31 (riprendendola tale e quale dal corredo esegetico dell’antigrafo da cui copiava, che è l’attuale Laurenziano Pluteo 47,19) si legge proprio: “Ennio dice di aver visto in Parnaso l’anima di Omero che gli raccontava di essersi incarnato nel suo corpo”. Qui però non si menziona la trasformazione in pavone: c’è soltanto il riferimento alla metempsicosi. In Lattanzio Placido c’è il riferimento a questa trasmigrazione dell’anima e la menzione di uno di questi versi che parla appunto del pavone. Boccaccio copia una glossa da Lattanzio Placido nel commento alla Tebaide di Stazio. Effettivamente si legge che l’anima, secondo la teoria pitagorica della metempsicosi, sarebbe passata di corpo in corpo in questo modo: Euforbio dell’Iliade si sarebbe incarnato in Pitagora, Pitagora avrebbe avuto convinzione di questa incarnazione riconoscendo lo scudo di questo eroe troiano prima ancora di accorgersi che su di esso c’era il nome del vecchio proprietario. In tal modo avrebbe capito di essere la reincarnazione del personaggio omerico. Quest’anima da Pitagora passa al pavone, dopodiché in Omero e poi in Ennio. A una simbologia di derivazione poetica classica, si unisce quella dei Bestiari moralizzati, da cui Boccaccio ha tratto le 4 caratteristiche su cui si sofferma, che elenca e che spiega in modo piuttosto analitico. Fa una operazione di selezione, perché i bestiari solitamente sono molto più prolissi e in particolare quello di Bartolomeo Angelico, che una delle fonti più note per quello che riguarda gli elementi naturali: Angelico raccoglie dodici caratteristiche del pavone, le interpreta in senso morale. Nella maggior parte dei casi però si tratta di caratteristiche negative. Un bestiario effettivamente molto noto nel medioevo, cioè l’Aviarium di Ugo de Folieto, un monaco vissuto nel XII secolo, potrebbe fornire la risposta. Si tratta di un’opera molto conosciuta e nella sua trattazione, per quanto riguarda il simbolismo legato al pavone, l'animale diviene in qualche modo figura del predicatore, quindi una figura positiva, e l’elemento che più connota la trattazione boccacciana, cioè l’elemento della voce sgradevole, qui viene spiegato come la durezza, l’asprezza con cui il predicatore ammonisce i peccatori sulla loro sorte ultraterrena.
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20/06/2018 - 22/06/2018 - 9th International Conference on Historical Lexicology and Lexicography
20/06/2018 – 22/06/2018 – 9th International Conference on Historical Lexicology and Lexicography
Ateneo Università Genova: 20/06/2018 – 22/06/2018 – 9th International Conference on Historical Lexicology and Lexicography ICHLL è una conferenza che si tiene ogni due anni e offre a studiosi di tutto il mondo la possibilità di incontrarsi e presentare le loro ricerche nell’ambito della storia della lessicografia, della compilazione dei dizionari storici e della lessicologia storica. Fonte: Atene…
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invaṡare1v. tr. [der. di invaso, part. pass. di invadere]. – 1. Di sentimento violento, impossessarsi dell’animo e della mente in modo da escludere ogni altro sentimento e muovere ad agire ciecamente, senza riflessione (in questa accezione, è usato soprattutto nella forma passiva)
invàdere v. tr. [dal lat. invadĕre, comp. di in-1 e vadĕre «andare»] (pass. rem. invaṡi, invadésti, ecc.; part. pass. invaṡo)
(Treccani, Vocabolario)
invade (v.)
"enter in a hostile manner," late 15c., from Latin invadere "to go, come, or get into; enter violently, penetrate into as an enemy, assail, assault, make an attack on," from in- "in" (from PIE root *en "in") + vadere "go, walk" (see vamoose). Compare evade. Related: invaded; invading.
wade (v.)
Old English wadan "to go forward, proceed, move, stride, advance" (the modern sense perhaps represented in oferwaden "wade across"), from Proto-Germanic *wadanan (source also of Old Norse vaða, Danish vade, Old Frisian wada, Dutch waden, Old High German watan, German waten "to wade"), from PIE root *wadh- (2) "to go," found only in Germanic and Latin (source also of Latin vadere "to go," vadum "shoal, ford," vadare "to wade"). [...]
Specifically "walk into or through water" (or any substance which impedes the free motion of limbs) c. 1200. Originally a strong verb (past tense wod, past participle wad); weak since 16c. Figurative sense of "to go into" (action, battle, etc.) is recorded from late 14c. Related: Waded; wading.
Forbade to wade through slaughter to a throne, And shut the gates of mercy on mankind (Gray, Elegy Written in a Country Churchyard)
Douglas Harper, Online Etymology Dictionary
andare1v. intr. [etimo incerto; nella coniugazione, il tema and- si alterna in alcune forme con il tema vad- del lat. vadĕre «andare»] [...]
Treccani, Vocabolario
ALLER, verbe
Étymol. ET HIST. − a) Fin xies. « se diriger vers un but » (Alexis, st. 65eds Gdf. Compl. : il vat avant la maisun aprester); b) ca 1100 (Rol., 3723, ibid. : Alde la bele est a sa fin alee); c) av. 1188 pronom. « partir » (Parton., B.N. 19152, fo152 d, ibid. : Atant li dit : Vos en iroiz). Paradigme composite, dér. de 3 verbes lat. : ambulare propr. « se promener », ire « aller, marcher », vadere « id. ». Le lat. ambulare dont le sens était devenu « aller » dès l'époque class. dans la lang. milit., puis fam., s'est réduit, moins vraisemblablement en passant par une forme *ambitare à *anerpuis à aler par dissimilation dans l'expr. « nos nos en *anons », devenue « nos nos en alons » (voir Dauzat 1968), plus prob. par l'intermédiaire d'une forme expr. de commandement militaire où ambulate « en avant, marche! » se serait contracté en a al(l)ate (voir Bl.-W.5et EWFS2). La forme alare est plusieurs fois attestée dans les Gloses de Reichenauau viiies. dans le sens d'aller. La lang. a empr. certaines formes à ire (fut. et condit.) et à vadere (1re, 2e, 3eet 6epers. de l'ind. prés.), réalisant ainsi une conjug. à rad. variable (EWFS2; FEW t. 1, s.v. ambulare, t. 4, s.v. ire, t. 14, s.v. vadere).
CNRTL Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales
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oggètto s. m. [dal lat. mediev. obiectum, neutro sostantivato di obiectus, part. pass. di obicĕre «porre innanzi»; propr. «ciò che è posto innanzi (al pensiero o alla vista)» (Treccani Vocabolario)
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