#lavoro minorile
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«Pompo i fiori». Cosa significa? «Spruzzo il veleno sulle piante, mi pagano 20/25 euro al giorno». Usi guanti e mascherina? «No! Un po’ mi dà fastidio respirare il pesticida, ma è diventato il mio profumo ormai». S. è una ragazza di 14 anni, lavora in campagna da quando ne ha 13. È di origine tunisina, è nata in Italia, vive in provincia di Ragusa. Non siamo sole. Intorno al tavolo con noi ci sono una quindicina di minorenni. Siamo a Marina di Acate, nel Centro Orizzonti a Colori dove Save the Children con l’Associazione «I Tetti Colorati» e la Caritas Diocesana di Ragusa ha scelto di avviare a marzo 2022, il progetto «Liberi dall’Invisibilità». Ragazze e ragazzi dai 6 ai 17 anni, c’è anche qualcuno più grande che ha accettato di incontrarmi. Non è facile fidarsi degli «italiani» quando sin dalla nascita nessuno ti ha mai visto veramente, ti ha mai riconosciuto dignità. Se raccontano chi sono, come vivono, quanto soffrono è solo perch�� a garantire per me ci sono assistenti sociali, operatori e mediatori che ogni giorno spendono la loro vita e il loro tempo per insegnare la cultura dei diritti. È una generazione nata e cresciuta nelle serre della fascia trasformata. Cos’è? Me lo spiegate? «È una zona isolata dalla città, dalla civiltà. Non abbiamo trasporti, solo da poco ci hanno concesso un pulmino che porta a scuola anche quelli delle superiori. Non è un pulmino del Comune, lo paga la Caritas.
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My work. My mother language is italiano.
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La scuola di Pioltello, quella che ha scatenato le furie di valditara per poi ispirare quell’indispendabile provvedimento, è intitolata a Iqbal Masih, bambino pakistano.
A 5 anni iniziò a lavorare come schiavo, incatenato a un telaio per 14 al giorno. Finché dopo anni di sfruttamento e violenza riuscì a scappare e iniziò a girare il mondo per parlare delle condizioni di lavoro dei bambini pakistani, dei diritti negati e della schiavitù minorile, diventandone un simbolo.
Il 16 aprile 1995 Iqbal veniva assassinato, a 12 anni, dai sicari dei padroni .
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A MIA MAMMA.
Eri piccola quando ci siamo conosciute.
Beh, sì, io ero ancora più piccola, ma tu eri più piccola di me adesso.
Eri una giovane donna che aveva conosciuto l'indigenza e il lavoro minorile e nonostante ciò non lesinavi sorrisi e leggerezza, come se la vita fosse per te una continua scoperta appassionante e non avessi mai niente da rimpiangere.
Sei stata la prima e l'unica persona che mi abbia mai letto una storia ad alta voce, leggevi e inventavi, perché di certo la fantasia non ti è mai mancata e mi hai cresciuta a sorrisi, iniezioni di autostima, lezioni di pazienza e amore. Un totale, disinteressato, incalcolabile amore.
Non ti ho mai percepita gelosa, fare l'offesa o essere possessiva.
Non hai mai cercato di ostacolare le mie scelte coniugando una sostanziale fiducia in me con una silenziosa osservazione di ogni passo che compievo.
Mi hai dato la vita e poi mi hai permesso di scorazzare qua e là, senza iperprotettivismo, ma con la saggezza infinita di chi sa che le migliori lezioni sono quelle che che impariamo a nostre spese e cercare di impedire a un figlio di soffrire (seguendo, peraltro, un criterio personale nel determinare quale sarebbe il suo bene) equivale talvolta a impedirgli di crescere.
Hai sorriso della mia irruenza adolescente, che ti rimproverava alcune scelte, che ti chiamava pavida e ti criticava di esser troppo accondiscendente. Ma le lezioni di vita a volte son semestri infiniti di materie che non si leggono sui manuali e il cui reale significato ci arriva molto dopo averle studiate.
E così la tua granitica pazienza ha visto me mutare, crescere, maturare. E capire finalmente l'incomparabile intelligenza che ha guidato ogni tua mossa per portarti fuori indenne dal tuo personalissimo ginepraio e lasciare a noi sì, la percezione di essere passate attraverso qualcosa di scombussolante, ma riportando solo qualche graffietto superficiale e lasciandoci invece, come premio, un'inviolabile serenità familiare che, come una leonessa ruggente, hai protetto e custodito facendone il rifugio felice e il porto sicuro che è ancora adesso e che sarà per sempre. Perché hai sempre saputo separare le tue battaglie dalle nostre vite e non hai mai permesso che piani che non dovevano sovrapporsi si sovrapponessero e che la strada delle tue conquiste personali incrociasse maldestramente quella della nostra crescita.
Il risultato è la serenità interiore che ci hai dato in eredità, tesoro preziosissimo che custodisco fieramente. E sebbene noi abbiamo ereditato anche parte della dimensione più squisitamente malinconica e profonda di papà (che custodisco altrettanto fieramente), e sebbene questi nostri anni adulti siano terribilmente instabili e a noi piaccia dire che la vostra vita negli anni '80 fosse per certi versi più "facile" e ci si faccia, quindi, a volte, prendere un po' dallo sconforto, mi basta ripensare al tuo sorriso felice, al tuo entusiasmo, alla tua sconfinata e ottimistica fiducia nella vita per sentire come un'epifania dentro di me e sapere, con certezza, che andrà tutto bene, che tutto avrà un suo senso, prima o poi.
Mamma, anno dopo anno, non posso che augurarmi di somigliarti sempre di più, crescendo.
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RITROVATI 200 BAMBINI SCOMPARSI NEGLI STATI UNITI
La polizia statunitense ha realizzato una estesa operazione nazionale della durata di sei settimane che ha portato al ritrovamento di 200 bambini scomparsi, tra cui bambini dispersi e bambini rapiti da persone non affidatarie.
L’operazione We Will Find You 2 (ti/vi troveremo) è la seconda operazione nazionale intensiva di ricerca di bambini scomparsi ed è stata condotta dal 20 maggio al 24 giugno concentrandosi su aree geografiche con alti focolai di bambini spariti. I bambini che sono dichiarati scomparsi possono essere in grave pericolo e possono essere vulnerabili al traffico sessuale minorile, agli abusi, allo sfruttamento e ad altri crimini. La ricerca ha coinvolto diversi enti e associazioni sul territorio ed ha portato al recupero di 123 bambini che sono stati allontanati da situazioni pericolose in cui sono stati trovati. Altri 77 bambini sono stati localizzati in luoghi sicuri, secondo le forze dell’ordine e le agenzie di assistenza all’infanzia. Il bambino più piccolo recuperato aveva cinque mesi.
“Non ci sono parole per descrivere il terrore provato dai bambini scomparsi, dalle loro famiglie e dalle loro comunità”, ha affermato il Procuratore generale Merrick B. Garland. “Operation We Will Find You è un esempio lampante dei risultati che possiamo ottenere quando ci uniamo nella nostra missione per trovare i bambini scomparsi”, ha affermato la Presidente del National Center for Missing and Exploited Children, Michelle DeLaune. ” Dietro ogni statistica c’è un bambino che merita di crescere al sicuro dai pericoli” ha aggiunto.
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Fonte: Department of Justice; US Marshals; foto di Shvili
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"Eileen" (William Oldroyd, 2023)
Siamo a Boston negli anni '60. Eileen è una ragazza che lavora come segretaria presso un riformatorio minorile e vive in casa con il padre, un ex poliziotto alcolista. Una vita abbastanza monotona per lei fin quando al riformatorio non arriva Rebecca una nuova psicologa. Eileen rimane affascinata dalla sua personalità e dalla sua intelligenza. Le due legheranno molto finchè Rebecca non coinvolgerà Eileen in qualcosa di molto pericoloso.
Dal romanzo omonimo di Ottessa Moshfegh, Eileen interpretata da Thomasin McKenzie (protagonista di Last Night in Soho) è una ragazza che vive la sua vita come se fosse rinchiusa in due prigioni (casa/lavoro) reprimendo i suoi desideri e usando la sua immaginazione per soddisfarli.
Quando arriva Rebecca, per svolgere il lavoro di psicologa al riformatorio (interpretata da una splendida Anne Hathaway), Eileen rimane colpita dal suo modo di fare e dal suo magnetismo.
La psicologa si occupa di un caso abbastanza complesso: il caso di Lee Polk, un adolescente che ha ucciso il padre a coltellate. Rebecca parla con lui e con la madre ma senza risultati soddisfacenti.
La sera della vigilia di Natale Rebecca invita Eileen a passare la serata insieme a casa sua, ma proprio lì ci sarà un punto di rottura e avverrà qualcosa che potrebbe cambiare la vita di Eileen per sempre.
Un thriller dalle tinte cupe, con un'ambientazione e una ricostruzione degli anni '60 abbastanza credibile e con 2 protagoniste molto brave. Peccato che non appena si arrivi alla parte più tesa e drammatica del film, siamo praticamente già alla fine. Avrei preferito un maggiore approfondimento, soprattutto su quello che sarà poi l'elemento clou del film, ma anche sul rapporto tra le protagoniste e sulla loro caratterizzazione. È un peccato, perché il film è davvero interessante ma ti lascia con la sensazione di aver visto qualcosa di incompiuto e abbozzato. Nonostante queste pecche non mi sento di bocciarlo e penso meriti comunque una visione. Lo trovate al cinema 😊
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Rati (nome di fantasia), aveva solo 14 anni quando le furono somministrate iniezioni di ormoni in modo che sembrasse più adulta. E’ stata costretta a prostituirsi con decine di uomini al giorno. I suoi clienti? Da conducenti di risciò a impiegati e manager. Quando la polizia ha fatto irruzione nel postribolo nel quale era rinchiusa ha arrestato gli sfruttatori mentre i clienti sono stati rilasciati con un semplice avvertimento. E il giorno dopo, tutto è ricominciato come prima. A Nagpur, popolosa città dello Stato centro-occidentale di Maharashtra, una coppia è accusata di aver comprato una neonata di appena 12 giorni. Secondo gli inquirenti, a vendere la piccola è stata la stessa madre attraverso un’intermediaria. Il prezzo? 50.000 rupie, poco più di 600 euro. Mohammad Kalam (25 anni), di Lucknow, nello Uttar Pradesh, componeva a caso numeri di telefono alla ricerca di possibili “prede”. Nell'ottobre scorso è riuscito a convincere una ragazza di 16 anni ad incontrarlo. Una volta in casa, la giovane è stata sequestrata dall'uomo con la complicità della moglie. Kalam è stato fermato dalla polizia mentre cercava di vendere la sedicenne lungo una strada che conduce a Delhi.
Ogni anno in India si verificano migliaia di rapimenti e casi di traffico di minori. Accade ovunque, nelle metropoli come nelle piccole città. Bambini sequestrati mentre si trovano a casa oppure nelle stazioni dei treni e degli autobus. Ridotti alla schiavitù di lavori umilianti, avviati alla prostituzione o costretti a mendicare per la rete di criminali. Dai dati diffusi dal National Crime Records Bureau indiano emerge che nel 2016 sono stati rapiti 54.328 minori. Di questi, più di 21mila hanno meno di 16 anni. Se sommati ai bambini scomparsi negli anni scorsi si arriva ad un numero ancora più impressionante: 85.100. La polizia è riuscita a ritrovarne quasi la metà, ma oltre 41mila bimbi indiani sono tuttora dispersi. Secondo l’agenzia governativa responsabile di raccogliere e analizzare i dati relativi ai crimini commessi in India, tra le cause dei rapimenti spiccano il lavoro forzato, la prostituzione minorile e altre forme di sfruttamento sessuale infantile. Tra i più colpiti dal fenomeno del traffico di bambini ci sono il Bengala Occidentale e il Maharashtra, uno degli Stati più popolosi che compongono la federazione indiana. L’anno scorso sono stati più di 15mila le vittime di questo odioso commercio, di cui quasi la metà minorenni.
“Dietro alla maggior parte dei rapimenti o dei casi di bimbi dispersi ci sono racket organizzati”, ha dichiarato Rishi Kant, attivista dell'Ong Shakti Vahini. “C’è un intermediario che chiede al rapitore di sequestrare un determinato numero di bambini. Una volta individuati – ha spiegato Kant – i piccoli vengono prelevati in diverse zone del Paese e poi consegnati ad un’altra persona che effettua il pagamento”. Un giro d’affari milionario che non si ferma di fronte a nulla. Il destino dei bimbi rapiti è terribile: quasi l’80% delle vittime delle tratta finisce stritolato negli ingranaggi della prostituzione o della pornografia infantile; per costringerli a vendere il proprio corpo i piccoli subiscono violenze brutali, compresi gli stupri. Come ha denunciato Shaina Nana Chudasama, portavoce del Partito del Popolo Indiano, nelle case chiuse gli uomini pagano 100 rupie (poco più di un euro) a cambio di relazioni sessuali con i minori. Per punire severamente anche i clienti, Chudasama ha lanciato una raccolta firme su change.org che ha già raggiunto oltre 100mila adesioni.
Gli abitanti dei villaggi rurali sono i soggetti maggiormente vulnerabili. I criminali sfruttano proprio la povertà e la mancanza di posti di lavoro come “esca” per attirare le loro vittime. Un altro dei metodi usati dai trafficanti sono le finte promesse di matrimonio. Molte ragazze, una volta accettata la proposta di lavoro, di solito come collaboratrice domestica, semplicemente svaniscono nel nulla, inghiottite in una spirale di sfruttamento e abusi. Gli effetti sui minori rapiti e costretti alla prostituzione sono tremendi: lesioni fisiche, un alto rischio di gravidanze indesiderate, tubercolosi, contagio di malattie sessualmente trasmissibili che spesso risultano fatali.
Le notizie dei rapimenti e delle violenze sessuali sui bambini trovano un grande risalto sulla stampa indiana e la popolazione è indignata per i casi che continuano a venire alla luce. L’ultimo episodio risale solo a pochi giorni quando una bimba di sei anni è stata rapita da casa sua, violentata, torturata e poi uccisa da un ignoto aggressore a Hisar, nello stato di Haryana. Il governo indiano, da parte sua, ha lanciato nel 2015 un sito web dove i cittadini possono segnalare la sparizione di un minore così come dare informazioni utili al suo ritrovamento. E da due anni è in discussione un progetto di legge che prevede pene fino a 14 anni di carcere per i trafficanti nonché la riabilitazione delle vittime. La legislazione attuale, infatti, non distingue tra chi è responsabile dello sfruttamento e il minore sorpreso prostituendosi, considerandoli entrambi come criminali. La creazione di un fondo contro il traffico, la registrazione obbligatoria delle agenzie di collocamento che reclutano i lavoratori domestici e la possibilità di dare una nuova identità ai minori abusati completano il pacchetto di misure.
In India, in soli 6 anni i reati contro i minori sono aumentati di quasi il 300%. Per Stuti Kacker, presidente della commissione nazionale per la protezione dei diritti dell'infanzia, è necessario affrontare questioni come la povertà, la disoccupazione e le disparità economiche e di genere, che sono le principali ragioni di ogni forma di traffico di esseri umani. “Abbiamo bisogno di proteggere i nostri bambini dalla violenza e dalla criminalità – ha aggiunto Kacker – individuare e colmare il divario economico che consente ai trafficanti di operare e formulare un piano d'azione multi settoriale per combattere il traffico di bambini”.
Mentre i politici indiani cercano di contrastare il fenomeno, ogni giorno a Mumbai 5 bambini sono rapiti e ogni ora di 10 minorenni indiani si perdono completamente le tracce. La metà di loro non verranno più ritrovati.
Autore: @fanpage
Fonte Articolo: https://www.fanpage.it/esteri/india-l-inferno-delle-bimbe-rapite-riempite-di-ormoni-e-stuprate-da-decine-di-uomini/
youtube
In relazione sempre all'argomento: https://youtu.be/MFaDHgXPbUg?si=ya5rslA4j-uZk_a3
#trafficodiminori#prostituzione#india#porcischifosi#vitritoicoglioni#saróilvostropensieropiúorribile#avreteuninfernodaincubo#nonsfuggireteallamiaira#sonovendetta#mostri#paghereteperivostricrimini#trafficantidiesseriumani#sequestridipersona#merdeumane#Youtube
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Immagina farsi inculare dati personali per dei buoni fasulli di un colosso aziendale che sfrutta il lavoro minorile, impone condizioni lavorative pre-1800 e distrugge l’ambiente.
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LIBERO MERCATO
Secondo wikipedia: "Il libero mercato è un mercato in cui i prezzi di beni e servizi sono raggiunti esclusivamente dalla mutua interazione di venditori e acquirenti, ovvero produttori e consumatori. Per definizione, nel libero mercato venditori e acquirenti non si forzano o ingannano a vicenda, né sono forzati da una terza parte. Gli effetti aggregati delle decisioni dei singoli sono descritti dalle leggi della domanda e dell'offerta."
È evidente che il libero mercato è un utopia. Il mercato è libero quando è trasparente, ovvero conosco tutto del prodotto, del produttore e di chi lo commercializza.
Dovrei quindi poter sapere che il prodotto ha una obsolescenza programmata, che è stato creato con materie prime scadenti o pericolose, che esistono studi che confermano la sua genotossicità, che la pubblicità che ne spinge le vendite è ingannevole, che sfrutta lavoro minorile, in nero o che semplicemente il lavoratore è trattato di merda.
Ecco, mi basterebbero alcune di queste informazioni per non acquistarlo. Temo però che morirei di fame
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Questo evidenzia un problema ma non propone una soluzione realistica.
Va contro il mercato. La gente vuole andare alle Hawaii. La gente ha più soldi degli hawaiani. La gente va alle Hawaii.
Non è che il mercato sia una bestia indomabile, ma è comunque una forza importante.
Per 100 persone che saranno "mosse" a non andare alle Hawaii, se ne troveranno altre 100 che magari approfittando di una flessione del mercato, sempre che ci sia e sia percettibile, ci andranno.
Il mercato è grossomodo la somma dei desideri della gente. Non tutti i desideri sono "ragionevoli", molti sono indotti etc... Si divagherebbe a lungo a discutere se il turismo sia un desiderio sostenibile e ragionevole.
Ma di sicuro chiedere alla gente di non andare alle Hawaii è una cazzata. Non solo non funziona ma è sostanzialmente una richiesta di far risolvere i propri problemi agli altri senza tener conto del sottotesto "questa è casa mia, è giusto che le risorse di questo posto spettino innanzitutto a me".
Basare l'accesso alle risorse su un "diritto di prelazione" sostanzialmente ingustificabile non è una buona premessa quando il problema è esattamente l'accesso alle risorse per colpa di altra gente che ha una prelazione altrettanto ingiustificabile, ovvero chi estrae profitto dall'industria del turismo.
Ora, sia chiaro, non è che i turisti siano sempre civilissimi, ma su milioni di persone che visitano Venezia o Roma ci sono 3 cretini che fanno il bagno in una fontana storica. Il problema semmai è chi ha il controllo sui soldi che questi turisti portano.
Il controllo su questi soldi è anche la valvola di controllo sui flussi.
Se sei tu che decidi qual'è il trade-off tra l'impatto negativo del turismo e quello che ti metti in tasca, il costo di fare turismo dove lavori sarà quello di cui sei contento... quello che comunque massimizza, in base ai tuoi criteri, la tua qualità della vita e i tuoi progetti di sviluppo.
Il controllo che hanno gli hawaiani sui soldi di chi guadagna sul turismo è lo stesso che hanno gli operai in fabbrica o i lavoratori della logistica in Italia.
È un po' tardi per lamentarsi dei palloni cuciti dai bambini in Pakistan, avete scaricato un problema per portarvene a casa un altro. Non risolverete il problema dello sfruttamento del lavoro minorile in Pakistan non comperando palloni ne il problema dell'inquinamento comperando cazzate greenwhashed. Se i palloni sono convenienti ci sarà sempre abbastanza gente per comperare palloni fatti da bambini e se la convenienza di produrre roba green la decide un'azienda, sarà il miglior trade-off per l'azienda non per l'ambiente, non per voi.
Se scaricate la colpa sui turisti, sugli immigrati etc... siete pronti per un altro cambio.
Se volete porre rimedio a un problema che nasce dal controllo e distribuzione delle risorse, dovete mettere mano al controllo e distribuzione delle risorse. E se volete risolvere questo problema, non potete sostituire un sistema di controllo e distribuzione delle risorse ingiusto con un altro ingiusto. Quindi NO, non avete nessun diritto di prelazione né rispetto ai turisti né rispetto agli immigrati.
Qua per dire... chi cazzo piglia i soldi che generano le concessioni dei balneari?
Ah, per chi è pronto a lamentarsi del fatto che se gli hawaiani avessero il controllo dei soldi generati dal turismo, il turismo alle hawaii sarebbe molto più caro e elitario, a parte che è da dimostrare che gli hawaiani sarebbero più ingordi delle corporation che controllano il turismo ora ma gli hawaiani non hanno nessun controllo su chi debba avere o meno i soldi per andare a fare i turisti alle hawaii. Questo è un problema di cui si deve occupare chi lavora negli US, in Francia, in Germania, in Italia...
Aspetto impaziente le supercazzole anche da gente di "sinistra" che voglia giustificare «questa è casa mia, è giusto che le risorse di questo posto spettino innanzitutto a me» e magari appunto contemporaneamente si lamenti che il turismo a Cortina sia interdetto alla stragrande maggioranza degli indiani. Lamentele magari condite da "non conoscono il posto", "non conoscono le tradizioni" che sono effetti collaterali o di una mentalità pigramente conservatrice o di un apparente o irrazionale controllo di chi con quelle risorse ci lavora e ci vive.
Mi sembra lo stesso tipo di retaggio di chi fa la spesa da FICO o NaturaSi, è contro gli OGM, preferisce i grani antichi, vorrebbe insegnare il dialetto nelle scuole e pensa che ci sia una sola maniera per cucinare X. Che non vuol dire rinnegare il percorso e l'esperienza per cui si è arrivati a X o l'importanza di una lingua come affermazione di una comunità oppressa etc...
Che poi questa gente è equamente distribuita tra ricchi e poveri, tra gente di "sinistra" e di destra perchè insomma avere dei punti di riferimento, la voglia di sentirsi speciali è trasversale. Ma di nuovo divaghiamo.
Non che ci si debba arrivare di botto e per magia o che non sia un percorso costellato di contraddizioni e compromessi ma almeno che si abbiano le idee chiare sulle ragioni dei problemi e su dove si voglia andare.
Why Hawaii needs a break from tourism — perspective from local resident palanichang on tiktok
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Miniere e sfruttamento minorile
Sono almeno venti anni che questo tema è oggetto di denuncia da parte di organizzazioni non governative e attivisti dei diritti umani. Le condizioni di lavoro in molte miniere, specialmente in paesi come la Repubblica Democratica del Congo, sono spesso disumane, e i bambini sono costretti a lavorare in situazioni estremamente pericolose per estrarre minerali come il cobalto, fondamentale per la…
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Freedom Energy: riscatto e mobilità sostenibile
Oggi si conclude un percorso formativo significativo, rivolto ai ragazzi dell'Istituto Penale per i Minorenni di Nisida e a quelli in carico all'Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Napoli. Il progetto "Freedom Energy" è stato reso possibile grazie al protocollo d'intesa firmato tra il Centro per la Giustizia Minorile per la Campania e l'azienda ITALIAINMOTO. ‘Freedom Energy’: non un semplice percorso formativo L'esperienza acquisita durante questo percorso formativo avrà un impatto positivo e concreto sul futuro di molti ragazzi. Alcuni di loro, infatti, avranno l'opportunità di essere assunti da Freedom Energy, un importante operatore nazionale nel settore della mobilità elettrica che offre servizi di ricarica per veicoli elettrici. Durante i laboratori pratici, i partecipanti hanno contribuito all'assemblaggio di due stazioni di ricarica, che saranno generosamente donate al Comune di Napoli, arricchendo così la città di infrastrutture utili per la mobilità sostenibile. L'importante questione del reinserimento sociale Questa iniziativa rappresenta un ulteriore esempio dell'impegno costante del Dipartimento Giustizia Minorile e di Comunità, che, coerente con la sua missione istituzionale, lavora incessantemente per l'inclusione e il recupero dei giovani coinvolti nel circuito penale. Il Dipartimento è fermamente convinto che il lavoro e la formazione siano elementi chiave per offrire una nuova partenza, una seconda possibilità, e un vero riscatto sociale a questi ragazzi. Attraverso programmi come questo, si cerca di costruire un ponte verso un futuro migliore, promuovendo il reinserimento sociale e professionale dei giovani, aiutandoli a superare le difficoltà e a sviluppare le competenze necessarie per una vita autonoma e soddisfacente. Read the full article
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Emilia Romagna: la Regione stanzia 650 mila euro per l'inclusione socio-lavorativa
Emilia Romagna: la Regione stanzia 650 mila euro per l'inclusione socio-lavorativa. Una opportunità, attraverso corsi di orientamento e formazione, per favorire l'inclusione socio-lavorativa di minori e di giovani-adulti, dai 14 ai 25 anni, sottoposti a procedimento penale dall'Autorità giudiziaria minorile e quelli in carico al Centro per la giustizia minorile dell'Emilia-Romagna. Per questi interventi formativi la Regione ha stanziato 650mila euro di risorse europee del fondo Fse Plus, tramite un bando per raccogliere proposte di interventi che permettano di rispondere alle esigenze dei giovani e prevedano l'inclusione sociale e lavorativa, accompagnandoli anche in percorsi educativi e formativi. In particolare, dovranno essere resi disponibili ai giovani interventi mirati e personalizzati per dare risposte in funzione delle caratteristiche individuali. "Prosegue l'impegno della Regione a concretizzare misure concrete per dare ai ragazzi sottoposti a procedimento penale un'occasione di crescita attraverso la formazione e una prospettiva di futuro- hanno commentato l'assessore regionale alla Formazione e al Lavoro, Vincenzo Colla e l'assessore al Welfare e Politiche giovanili, Igor Taruffi-. Questo rendendo disponibili opportunità per operare attivamente nella società. Percorsi fondamentali per l'acquisizione e il recupero delle abilità e competenze individuali, così da favorire l'inserimento nel mondo del lavoro". Il Bando: In funzione delle caratteristiche dei destinatari, potranno essere proposte misure di orientamento specialistico e percorsi di formazione laboratoriali per i giovani ristretti nell'Istituto Penale Minorenni di Bologna, oltre a misure di orientamento specialistico e di accompagnamento individuale, percorsi formativi brevi, tirocini per ragazzi in area penale esterna. Potranno candidare interventi gli enti e soggetti emiliano-romagnoli accreditati alla "formazione per l'accesso all'occupazione, continua e permanente" e in possesso dei "requisiti aggiuntivi per la realizzazione di attività rivolte specificamente a persone in condizione di svantaggio, fragili e vulnerabili o con disabilità". Le domande dovranno essere compilate esclusivamente attraverso l'apposita procedura applicativa web, disponibile all'indirizzo https://sifer.regione.emilia-romagna.it e dovranno essere inviate entro, e non oltre, le ore 12 del 9 maggio 2024.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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I Nostri Valori: visto che togliere il RdC non è bastato per razziare nuovi schiavi per il turismo si da il via allo sfruttamento del lavoro minorile. #icanividevonomangiare
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Istituto Penale Minorenni “Fornelli” Bari. Utilizzo del budget lavoro straordinario non in linea con i parametri dettati dall’AQN,PIR e PIL
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Riflessioni sul fast fashion dell'ultima settimana
Il fast fashion è un termine usato per descrivere quel fenomeno nell’industria della moda caratterizzato da capi a basso costo, prodotti in tempi velocissimi, per rimanere al passo con le nuove tendenze. Trovare prezzi così miseri per indumenti all’ultima moda può sembrare il sogno se non consideriamo i danni indiretti che ne comporta.
Intanto si tratta di un terribile danno ambientale: per una maglietta di cotone si utilizzano in media 2.700 litri d’acqua, dalla piantagione di cotone fino all’arrivo al consumatore, rendendo insostenibile l’impronta idrica dell’industria. Inoltre, le fabbriche riversano le acque inquinate da questi processi nelle risorse idriche naturali. Non lo vediamo perché non succede a casa nostra, si tratta di aree dove le normative lavorative e ambientali sono carenti (Cina, India, Turchia). Anche materiali come poliestere e nylon, sicuramente più usati, richiedono grandi quantità di energia e acqua e generano pure gas serra. Si tratta almeno del 10% di emissioni di carbonio, tanto quanto l’intera UE.
Le condizioni dei lavoratori sono disastrose: fabbriche fatiscenti senza misure di sicurezza, oltre le accuse di lavoro minorile e traffico di esseri umani. I prezzi sono così bassi a causa dei salari miseri, per ogni euro che risparmi pagano loro: in Bangladesh lo stipendio medio è di 96 dollari mensili e per vivere una vita decente, secondo il comitato salariale del governo, dovrebbero guadagnarne almeno il triplo. Consideriamo inoltre la gran quantità di donne che ci lavorano e gli abusi che subiscono giornalmente nelle fabbriche: l’80% dei lavoratori sono donne con un’età compresa tra i 18-24 anni.
Le conseguenze sulla moda non sono da ignorare: siamo portati a comprare e buttare spesso per colpa della nascita dei micro-trend. Se prima una moda durava per diversi anni, ad oggi una moda può sopravvivere al massimo un mese e ciò lo dobbiamo a una società con ritmi vertiginosi, sempre bisognosa di novità. Il consumatore medio ha bisogno di sentirsi parte della società e, spinto dalla pubblicità, compra ciò che va di moda. Se la moda è così fugace, come si può rimanere al passo? Si rientra nel ciclo descritto prima acquistando il nuovo e buttando il “vecchio”, che sarebbe spesso un capo in perfette condizioni. Il fast fashion guadagna da questi ritmi perché il consumatore sarà portato ad acquistare di continuo. La continua produzione inoltre non garantisce capi di buona qualità; quindi, saranno più propensi a rovinarsi in tempi brevi. Trovo anche che la mancanza di mode ben affermate ai nostri tempi rischia di non dare ai giovani la possibilità di trovare un proprio gusto poiché sono costantemente bombardati da novità e non riescono a “digerire” ciò che consumano prima. Per non parlare dei design che le grandi catene rubano agli artisti per venderli a prezzi miseri, svalutando il loro lavoro. Si stanno perdendo i valori della moda: la qualità (per la quantità) e la creatività.
In quanto consumatori abbiamo una responsabilità e nel nostro piccolo possiamo migliorare le cose. I recenti buoni che girano nelle nostre chat sono una distrazione dalle conseguenze spiegate prima e non dobbiamo lasciarci abbindolare da soldi promessi (facendo parte di uno schema Ponzi d’altronde). Non mento, pure a me capita, seppur raramente, di comprare fast fashion per immediato bisogno di vestirmi o perché mi regalano buoni. Il fast fashion, come ho detto prima, è fatto apposta per essere comprato a poco prezzo e in poco tempo, quindi, è normale che chiunque prima o poi ci compri. Vedo però tante persone malate di consumismo negli ultimi giorni che sono disposte a contattare chiunque pur di ricevere un misero punto. Magari insultano pure chi critica questo sistema perché trovano insopportabile pensare che attivismo non è solo condividere storie, ma compiere attivamente scelte consapevoli. Non voglio attaccare, forse esiste qualcuno che ha davvero bisogno di 150 euro di vestiti al momento ma vorrei offrirvi un momento per pensarci meglio. Riflettete sul vostro effettivo bisogno di acquistare nuovi vestiti: avete bisogno di 150 euro di buono? Davvero non potete valutare altre opzioni più etiche prima? Se il bisogno non è immediato ma si tratta di acquisti di piacere, non potete portare più pazienza? Nelle nostre città sono presenti mercatini rionali e negozi dell’usato, ad oggi possiamo trovare persino applicazioni create per vendere e comprare usato e sono realtà più convenienti ed etiche per le attività locali e l’ambiente. Se avete il tempo usatelo per cercare in questi contesti e verrete ripagati con pezzi unici e spesso di alta qualità. Vi invito inoltre a non buttare ciò che non usate più, piuttosto rivendete o modificatelo a vostro piacimento (lunga vita al diy). Se lo stato e le aziende non sono pronti a cambiare, cambiamo noi.
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