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#la scultura el giorno
michelangelob · 11 months
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La Scultura del giorno: Ercole e Nesso con le integrazioni del Caccini
La scultura di cui voglio parlarvi oggi è l’Ercole e Nesso, l’opera romana restaurata in modo importante dal Caccini nel Cinquecento che accoglie i visitatori all’ingresso della Galleria degli Uffizi. Ora dovete sapere che quest’opera di epoca romana era stata talmente martoriata dallo scorrere del tempo che giunse al periodo rinascimentale in modo frammentario. Era rimasto solo il torso del…
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tarditardi · 3 years
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The Cliff - Lugano, l'arte di Giacomo Braglia al servizio dei piatti in tavola
The Cliff, spazio polifunzionale a picco sul Lago di Lugano, nasce per far rilassare i suoi ospiti con cene, pranzi, dinner show, aperitivi, party, live music (...), dal tramonto all'alba e pure durante il giorno. Ma siccome il relax a volte non basta a regalare emozioni, The Cliff, la cui apertura è prevista tra dicembre 2021 e gennaio 2022, sarà anche uno spazio non convenzionale pieno di arte ed artisti.
Tra i soci di Manuel Dallori, imprenditore attivo da ben 25 anni tra luxury, entertainment e turismo (Gianni Versace, Zelo's Montecarlo, Beach Club, The Beach, Domina Coral Bay a Sharm El Sheik, etc) ed oggi è alla guida di The Cliff, c'è ad esempio Giacomo Braglia.
Si tratta di un giovane artista  classe 1996 originario di Lugano già decisamente affermato nel mondo. Nel 2019 ha partecipato alla 58esima Biennale di Venezia con #MayYouLiveToHelpWalkers e subito dopo con l'artista albanese Helidon Xhixha ha dato vita a "The Twin Bottles", un'installazione  creata per combattere la dispersione di plastica negli oceani. Dopo aver preso vita nel Canal Grande a Venezia, è arrivata anche a Lugano, nel lago Ceresio.
Giacomo Braglia porterà al The Cliff la sua esperienza ed ha già quasi concluso un serie di opere che metteranno l'arte direttamente sui tavoli di The Cliff. "Sui piatti del locale gli ospiti troveranno delle labbra, che per me rappresentano il cibo che mangiamo", spiega l'artista. "Su queste bocche ci saranno foto di acqua, spiaggia e mare. E visto che siamo The Cliff, ovvero su una scogliera a picco, la bocca diventerà anch'essa una scogliera. Di fianco ci sarà anche un tuffatore che si butta sul cibo"
Ogni tipo di piatto del The Cliff sarà illustrato in modo diverso. "Ad esempio, sul cappello del prete (il piatto fondo per pasta, riso etc NDR), la bocca sarà sul lato e il tuffatore sarà nascosto dal cibo e verrà scoperto via via che si mangia", racconta Giacomo Braglia.
Le sculture di Giacomo Braglia solitamente trattano temi importanti come povertà e inquinamento. Spesso l'artista usa una tecnica decisamente particolare, ovvero il wrapping, con cui mescola fotografia e scultura: stampa le sue foto su pellicole PVC con cui avvolge busti, scudi, bocche o altre sculture.
"Sto pensando anche a come disporre alcune mie sculture all'ingresso di The Cliff e ad altre iniziative artistiche che prenderanno vita all'interno del locale.", conclude l'artista. E' ancora presto per parlarne, ma anche il vino a The Cliff sarà legato a doppio filo all'arte, dimostrando che buon bere e arte possono essere anche esperienze vicine.
ABOUT GIACOMO BRAGLIA
https://www.giacomobraglia.com
The body of Giacomo Braglia (Jack) work inspires transformation, interaction and humor. Encouraging us every step of the way to look beyond, reminding us how humans are part of the whole. It is a message of hope addressing broad topics such as: "how one looks at things", and "what one is willing to see".
Jack has always favored images to words and here he shares his inner dialogue on a global scale. His work captures the true essence of daily life, creating an emotional response and enabling the viewer to distinguish new information; revealed in the details and aesthetic values of each composition.
Jack Braglia's previous exhibitions, in 2015 – 2016, were dedicated to fund rising for the charity New Flower in Africa Foundation. In 2017 and 2018, he launched 'Conversation with Ethiopia' exhibitions, to reach out to the world and open a conversation between the viewers and the people of Ethiopia, showing them as they really are, not as they are often misperceived by hackneyed views towards Africa.
In 2019, Jack moved to a more social theme, he was asked at the 58th Biennale of Venice, and he brought the theme of immigration "#MayYouLiveToHelpWalkers". Soon after that he worked with a great artist, Helidon Xhixha, to create an installation in the Canal Grande in Venice "The Twin Bottles" to fight plastic pollution in the oceans.
Between 2020 and 2021, Jack has done four solo exhibitions both in Italy and in Switzerland regarding the topics of pollution and sustainability. He has also been part of three art fairs in Switzerland, between Maroggia where he took the topic of street art, Roveredo where he brought an installation based on pollution, and Bad Ragaz where he took The Twin Bottles.
Jack has shared experiences with photographers such as Enzo Barracco and Giorgia Panzera. His grandfather Gabriele has had a significant influence on him and his photographic developments.
BIOGRAPHY GIACOMO BRAGLIA
1996 – Born in Lugano - Switzerland 2013 – First Photographic trip to Ethiopia 2014 – Graduated form The American School in Switzerland 2015 – Started Bachelor in Global Management at Regents University 2017 – Group Exhibition in Regents University London 2017 – Exhibition at ContiniArtUK Gallery in October 2018 – Exhibition at Art Rooms Fair in London in January 2018 – Exhibition at Art Cologne 2018 Internationaler Kunstmarkt- 19-22 April 2018 – Exhibition at Contini Galleria d'Arte Venezia - "Conversations" 19 May 2018 – Exhibition at Contini Galleria d'Arte Cortina - "Conversations" 30 December- 22 April 2019 2019 – Exhibition at Biennale of Venice - "#MayYouLiveToHelpWalkers" 11 May- 24 November 2019 – Graduated from Regents University "Bachelor Degree" 2019 – Installation at Casinó of Venice "Twin Bottles" with Helidon Xhixha, 20 July-1 September 2019 - Installation at Triennale Milano "Twin Bottles" with Helidon Xhixha - 'Lifegate', October 11 - December 15 Received the Award of Excellence in Arts - Visvamitra Awards in Siracusa, Sicily (Italy), November 30 2020 – Installation at Yacht Club de Monaco "Twin Bottles" – With Helidon Xhixha – Monte Carlo, March 3 - June 10 2020 – Exhibition in Forte Dei Marmi "Conversations with a Changing World" & "Twin Bottles", June 20 - September 20 2020 – Exhibition in Lugano "Conversations with a Changing World" & "Twin Bottles", October 1 - April 30, 2021 2021 – Installation in Bad Ragaz "The Twin Bottles" – With Helidon Xhixha – 'Triennale of Bad Ragartz', May 8- November 1 2021 - Exhibition in Parma "Conversations with Sustainability", June 14 - September 30 2021 - Installation in Roveredo, Switzerland "OpenArt Exhibition", August 28 - October 10 2021 - Installations in Maroggia , Switzerland "Triennale of Street Art", August 28 - November 5 2021 - Exhibition in Milano, Italy "Fuori Salone", September 6 - September 10 Now live and work in London UK
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http://www.thecliff.ch
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locuralucida · 5 years
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JAN FABRE: EL HOMBRE QUE MIDE LAS NUBES. ( The Man who Measures the Clouds ).
“ Alto nove metri, pesante quattro tonnellate, trasportato di notte e montato di giorno non senza patemi, “The man who measures the clouds” è la metafora dell’arista che cerca di catturare l’impossibile attraverso il suo lavoro ed è l’omaggio al fratello dell’artista, morto giovanissimo e mai conosciuto, le cui sembianze (invecchiate al computer) ritornano nel viso della gigantesca scultura. “
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carocinematv · 5 years
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Dolor y Gloria
Carissimo è l'artista capace di amare la propria arte con la stessa intensità dopo tanti anni. È sinonimo di un amore sincero, profondo, in grado di rigenerarsi nel tempo ed è quanto accaduto a te, Pedro Almodovar, nei confronti della settima arte. Con Dolor y Gloria ha piegato le esigenze dell'industry alla poesia del linguaggio cinematografico. Una dichiarazione d'amore tormentata, un percorso di vita vissuto attraverso la straordinaria interpretazione di Antonio Banderas. Nel giorno della presentazione al Festival di Cannes, il film è stato proiettato anche nelle sale italiane. 
Semmai questa lettera ti giungesse sul serio non oserei essere così informale, ma qui – oggi – mi permetto di parlarti con la stessa limpidezza con cui hai raccontato la tua storia. Lo so, non è una dichiarata autobiografia, nei panni del regista Salvador Mello, ci hai permesso di entrare nei tuoi dolori e nella tua vita, sino alla rinascita ed alla spinta ritrovata.
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Gli intrecci narrativi sono sentimentalismi cinematografici, non perdi il tocco drammatico, eppure ti rigeneri in una storia in cui mostri come superare il dolore. Quello fisico, mentale, emotivo. Il dolore di un uomo che in pochi anni ha perso la madre, la salute e non trova la ragione per ricominciare a vivere. Salvador sopravvive, si trascina solitario in casa in compagnia dei suoi quadri e dei suoi libri. Scrive pensieri con l'unica intenzione di smettere di pensarli, rivive nel ricordo di qualcosa che è stato, come se la sua vita e la sua carriera fossero giunte al termine. Pittura, teatro, canto, la scultura dei corpi, la musica cantata da una Mina con cui omaggi l'Italia. Da maestro del cinema, ci hai permesso di osservare con i tuoi occhi la soleggiata Spagna, dai colori caldi e la luce intensa, esalti l'arte e scovi nei movimenti delle figure astratte una traccia emotiva. Il film si struttura in modo armonico e svela con naturalezza il gioco meta-cinematografico dopo quasi due ore di narrazione. Sincero e senza filtri, dalla sceneggiatura alla fotografia, Dolor y Gloria rispetta ogni figura presente sullo schermo ed ogni emozione, entrando in punta di piedi nella sensibilità dello spettatore. A sorprendere, oltre alla prestanza del protagonista, anche il monologo interpretato sullo schermo da Asier Etxeandìa, che nel film veste i panni dell'attore con cui Salvador aveva girato “Sabor”, il film che lo portò al successo. 
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Teneramente intimi sono i ricordi di cui Penélope Cruz ne interpreta la madre accanto ai meravigliosi piccoli Salvador, che rispecchiano l'ingenuità ed il dono insiti nell'artista che è destinato a diventare. Attraverso le pietre miliari della tua esistenza, hai riscoperto “El Primer Desio” per il cinema e per la vita. È imprevedibile il modo con cui le tasselle del tempo riescono a incastrarsi ed affascinare sempre, allo stesso modo hai intrecciato i fili di un racconto straordinario ed emozionale.
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«Dice: “Dio è di misericordia”. Ecco il terzo inganno comune de’ peccatori, per cui moltissimi si dannano. Scrive un dotto autore che ne manda più all’inferno la misericordia di Dio, che non ne manda la giustizia; perché questi miserabili, confidano temerariamente alla misericordia, non lasciano di peccare, e così si perdono. Iddio è di misericordia, chi lo nega; ma ciò non ostante, quanti ogni giorno Dio ne manda all’inferno! Egli è misericordioso, ma è ancora giusto, e perciò è obbligato a castigare chi l’offende. Egli usa misericordia, ma a chi? A chi lo teme. “Misericordia sua super timentes se… Misertus est Dominus timentibus se” (Ps. 102. 11. 13).
Ma con chi lo disprezza e si abusa della sua misericordia per più disprezzarlo, Egli usa giustizia. E con ragione; Dio perdona il peccato, ma non può perdonare la volontà di peccare. Dice S. Agostino che chi pecca col pensiero di pentirsene dopo d’aver peccato, egli non è penitente, ma è uno schernitore di Dio: “Irrisor est, non poenitens”. Ma all’incontro ci fa sapere l’Apostolo che Dio non si fa burlare: “Nolite errare, Deus non irridetur” (Gal. 6. 7). Sarebbe un burlare Dio offenderlo come piace, e quanto piace, e poi pretendere il paradiso». (Sant’Alfonso Maria de Liguori in “Apparecchio alla morte”)
Tenendo bene a mente le parole di Sant’Alfonso, veniamo alla breve ma intensa storia di un Crocefisso assai particolare, che tutto ci richiama al perdono, alla Misericordia. I fatti che si narrano sono diversi, per la verità, entrambi vengono dalla tradizione della Spagna.
Il Cristo de la Vega di Toledo
In Spagna ci sono due immagini cristiche molto simili a questa, più manieriste e di minor intensità drammatica: quella molto famosa del Cristo de la Vega di Toledo, e quella del Cristo di Fuentelcarnero a Zamora, del XVI secolo, proveniente dal monastero di Valparaiso.
Il Cristo de la Vega di Toledo trae origine da una bella leggenda che vede protagonisti due innamorati, Diego e Ines, che si devono lasciare per via della guerra delle Fiandre alla quale Diego dovrà prendere parte. Ines richiede all’innamorato la solenne promessa di matrimonio ed esige che venga proferita nell’ermita de la Vega, dinanzi al Crocefisso. Così avvenne; il giovane partì, e la trepida attesa del suo ritorno da parte di Ines durò più di due anni. Il tempo non sempre è galantuomo e Diego finge di non riconoscere la sua innamorata di un tempo. Lei non si arrende ad un destino non troppo infrequente e ottiene di dirimere la vicenda davanti a un giudice. In assenza di testimoni Diego sembra averla vinta facilmente, ma Ines afferma di averne uno da presentare a suo favore. Il giudice, stupito davanti all’inaudito coinvolgimento del Cristo ligneo, non nega comunque alla giovane questa opportunità. Tutta la comunità si reca nell’ermita e il Cristo, interrogato dal giudice sul giuramento avvenuto in quel luogo, dopo qualche istante di silenzio, staccò il braccio destro dalla Croce, posando la mano sugli atti del giudizio, dicendo: Lo giuro. I due giovani rinunciarono quindi alle lusinghe del mondo, e presero la via del convento.
El CRISTO DE LA MANO TENDIDA (Il Cristo dal braccio schiodato di Furelos)
Una leggenda altrettanto bella sembra aver dato vita al Cristo di Furelos. Si racconta che in tempi lontani un giovane di Melide era solito confessarsi nella chiesa del villaggio galiziano dal medesimo sacerdote. Il peccato che questi confessava d’abitudine doveva essere grave, ma il sacerdote assolveva il ragazzo, ricordandogli come la misericordia divina poteva operare quando il pentimento del peccatore era sincero e si accompagnava al proponimento di non cadere mai più in quel peccato. Nonostante la sincerità delle intenzioni, il giovane tornava frequentemente a Furelos a farsi perdonare lo stesso peccato commesso. Il sacerdote, spazientito, minacciò un giorno di non dargli più l’assoluzione qualora fosse tornato da lui a causa di quella colpa. La carne fu ancora una volta più pronta dello spirito e il giovane si presentò nuovamente davanti al confessionale del prete di Furelos. Questi, udito per l’ennesima volta il giovane accusarsi dello stesso peccato, gli ricordò la promessa fatta e lo congedò invitandolo a non farsi mai più vedere in quella chiesa. Il ragazzo fece per uscire sconsolato e passò davanti al Crocefisso, fissandolo con sguardo filiale, quasi ad invocargli l’assoluzione negata. Mentre si stava avviando verso l’uscita, il silenzio della chiesa venne rotto da queste parole:
“Io ho dato la vita per questo mio figlio, quindi se non lo vuoi assolvere tu, lo assolvo Io!”
La voce proveniva dal Crocefisso posto nell’altare laterale, che subito dopo prese a muoversi. Il braccio destro si staccò dal legno al quale era inchiodato e si abbassò sul capo del penitente, impartendogli la benedizione col segno della Croce, accompagnata da queste parole:
“Io che sono morto e risorto anche per te ti assolvo dal tuo peccato, nel Nome del Padre, Nel nome del Figlio e nel Nome dello Spirito Santo.”
Da allora il Cristo di Furelos accoglie allo stesso modo penitenti locali e pellegrini. Per questi ultimi la preghiera e la contemplazione davanti al Cristo assumono un’intensità particolare. Giunto quasi al termine della lunga e dura ruta jacopea il pellegrino riconosce nell’opera quasi portata a termine l’atto di espiazione per i propri peccati e al contempo sperimenta l’abbandono totale e fiducioso alla divina misericordia, unica ancora di salvezza per tutti i figli di Dio, contaminati dal peccato. Il Cristo di Furelos si innesta nell’anima mistica del cattolicesimo ispanico e riporta non solo a santa Teresa d’Avila e a san Giovanni della Croce, ma anche al celeberrimo Marcelino pan y vino di José María Sánchez Silva, portato sul grande schermo da Ladislao Vajda nel 1958.
La scultura lignea si deve ad uno scultore di Furelos, Manuel Cagide, con rinomata bottega a Santiago, il quale nel 1950 ne fece dono alla parrocchia della sua terra, in sostituzione della copia precedente che andò perduta.
Ricordiamo bene le parole di Sant’Alfonso: la Misericordia di Dio è immensa e sconfinata, ma non ci si prende gioco di Dio…. Egli è sempre pronto a perdonare chi, pentito, fosse anche caduto milioni di volte nel medesimo peccato si sforza però, con il cuore contrito ed umiliato, a ritornare al Cristo Gesù per chiedere aiuto e perdono.
    Il Cristo dal braccio schiodato di Furelos, per perdonare i peccatori pentiti «Dice: “Dio è di misericordia”. Ecco il terzo inganno comune de' peccatori, per cui moltissimi si dannano.
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pangeanews · 5 years
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“Che poeta che sono. Senza preoccupazioni e felice”: amanti di Roberto Bolaño, accorrete! Ecco un canzoniere coi fiocchi (altro che quella noia di Neruda!)
Com’è giusto che sia, la lingua italiana che ha insegnato all’Europa a dire l’amore, la passione e la creazione femminile della vita – la poesia insomma – ora subisce una punizione per aver portato troppo avanti i suoi poeti.
La punizione è questa: da noi si legge meno poesia che altrove, non si spiega altrimenti perché gli inglesi dispongano già del quadernone poetico del nuovo cileno, altro che Neruda e le sue scariche di noia (“corpo di donna, bianche colline”) ma proprio Roberto Bolaño.
Del cileno abbiamo in italiano solo un paio di libri tradotti dalla Carmignani per l’editore Sur: Tre (con tanto di prefazione firmata Andrés Neuman, pupillo spagnolo di Bolaño) e Cani romantici. Urge una spiegazione su com’è diviso il quadernone: Università sconosciuta si riparte in tre parti. La terza, quella con l’uomo maturo, è stata già documentata su questo giornale. Qui sotto potete fare un altro assaggio molto corroborante, a metà tra prosa e verso: poesia che innesca la prosa.
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Meglio imparare a leggere che imparare a morire
Molto meglio / e molto più importante / l’alfabetizzazione / che l’arduo tirocinio / alla Morte / Sarà con te per tutta la vita / e ti darà in proporzione / la felicità /e una certa sfortuna (o due) / Apprendere a morire / D’altro canto / imparare a guardare / In faccia la morte nel suo mantello / Ti servirà solo per poco nel / breve momento / di verità e disgusto / e poi mai più.
Epilogo e morale. Morire è più importante che leggere, ma dura di meno. Potremmo dire che vivere è lo stesso che morire giorno per giorno. O – in via obliqua – che leggere significa imparare a morire. Per concludere, qui come in tante altre cose l’esempio continua a essere Stevenson. Leggere è imparare a morire tanto quanto imparare a essere felici, a essere coraggiosi.
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Se Bolaño vi sembra un visionario, allora potete rimangiarvi le parole e vedere che combinava tra i venti e i trent’anni, aveva appena lasciato Città del Messico con un carissimo amico, Bruno Montané, per trasferirsi a Barcellona e di lì, pensava, a Parigi e poi definitivamente in… Svezia. Questo progetto delirante non andò in porto e il nostro si fermò a Barcellona.
Si insinuò nella città, fece il guardiano di campeggio in Costa Brava e patì molto il trasferimento dell’amico Montané a Berlino: la vicenda è stata documentata pochi anni fa da El pais (qui). 
Il bello è che Bolaño privato è di una volgarità umoristica che non teme paragoni. Ecco come dà il suo viatico all’amico che se ne va nella godereccia Berlino ovest degli anni Ottanta: “Orrore, non distinguo destra da sinistra, questo non va bene, d’accordo che troverai molte topoline a Berlino, tutte carine e dolci con le loro gambe, i loro clitoridi e punti g, ti manderanno tutte al tappeto o con la testa o col cuore, a meno che con te non si mettano a praticare il feticismo, le gambe avvolte da nylon nero, un po’ in carne e in calore. E poi magari ne troverai di giovani e ben messe col balcone! Altro che quelle che trovavi qui in riva al mare, quelle false cacciatrici che non ti filavano mai, tutte poetiche e tu manco capivi i loro segnali, ah ah, e dovevi sempre offrire da bere alle ragazze di Barcellona per aver qualcosa”.
Che dichiarazione di poetica! Vale più delle stratificazioni a tre di Piccolo sulla natura del mascolo italiano: solite minchionerie.
Un altro breve trattato di estetica si trova in una lettera di quel giro d’anni al solito Montanè: “Che qualità ricerchiamo nei libri di poesia? Certamente non la trasparenza lungo la quale permane una vita senza convulsioni; né tantomeno i problemi personali, da letterina all’amico, del poeta. Quindi cerchiamo la trasparenza come segno nel vuoto – la trasparenza come segnale dentro la trasparenza medesima. Di conseguenza io riesco a vedere che in Purgatorio Zurita ritaglia le sue silhouette sul fondo del poema: i suoi problemi, la sua via crucis è roba pop, si raccoglie in una riconversione universale che parla a tutti noi coi nostri guai (la voce di una donna, i suoi seni caldi, il suo destino…) e i terrori del poeta sono i terrori che appartengono a tutti”.
*
Le poesie della prima parte del quadernone, Romanzo di neve, sono tutte viscerali, come potete immaginare. Ne traduco le più vigorose. Sono un grido e una speranza: di poeti non ne nasce uno ogni cento anni (cazzata di Moravia davanti al feretro di Pasolini) ma ogni volta che nella notte della città gli orgasmi si richiamano come campane.
Andrea Bianchi
***  Bambini alla Dickens
Tu ammiri il poeta coi nervi d’acciaio – giusto? Giusto – allo stesso modo ammiri L’operaio dai turni massacranti e il negoziante Che si addormenta all’alba mentre conta le monete grosse E poi le ragazze di venticinque anni che trombano tutta la Notte e che l’indomani danno tre o quattro esami All’università È duro comprendere quanto sopra – voglio dire Che è un po’ come vedere in camera propria degli animali selvaggi che Si insediano come fossero gufi o bambini usciti dalla mente di Dickens – come le lucertoline di sesso indefinito
Dipinti da Moreau – come avere il sole e il suo doppio in camera Il rintocco dei passi che può arrivare in ogni momento Come una scultura di gesso un po’ sporca – gli occhi all’insù Del santo in estasi di godimento mentre galoppa il suo cavallo Verso il Drago
* Non comporre discorsi ma poesie Scrivi preghiere che poi sussurrerai – Prima di scrivere queste poesie Starai già pensando che non le scriverai
* Le chiesi se era ancora lì. Disse che sarebbe arrivata. Nevica ancora, la avviso. I suoi libri sparpagliati. Senza alcuna utilità per far l’amore. Sei mesi che una ragazza non saliva quassù. Enfatica e categorica, lei dal telefono mi dice Di una mosca che batte dall’altro lato della finestra. Come stesse sputacchiando sullo specchio, aggiungo io. Che poeta che sono. Senza preoccupazioni e felice
* Non può succedere nulla di male – Victoria e io Auguro ogni bene a chi ha ricevuto qualche talento oscuro E manco un po’ di fortuna – gente così l’ho vista spesso Risvegliarsi sul bagnasciuga e accendersi una sigaretta Come fossero gli unici al mondo a voler Qualcuno che li allisci con morbide carezze – Auguro ogni bene A questi proletari nomadi Che mettono il loro cuore davanti a tutto
* Uniti in tutto o quasi ma soprattutto Nel dolore nel silenzio delle Vite disperse che poi il dolore va subito a occupare Come la marea che scivola verso i nostri Cuori leali verso i nostri sguardi poco leali Verso le opinioni folli che lei e io prendiamo e che nessuno Comprende più o meno come noi che non le capiamo Il massacro che ci circonda e noi restiamo tenaci A spartirci il nostro dolore e in realtà lo moltiplichiamo Come se la città dove viviamo fosse Una sala d’ospedale infinita
Roberto Bolaño
*la traduzione è di Andrea Bianchi che ringrazia la metà migliore del genere umano
  L'articolo “Che poeta che sono. Senza preoccupazioni e felice”: amanti di Roberto Bolaño, accorrete! Ecco un canzoniere coi fiocchi (altro che quella noia di Neruda!) proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2ICkn3I
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viaggiatori · 8 years
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UN POMERIGGIO A PARC GUELL
Con la primavera alle porte e l’arrivo di temperature sempre più calde e miti, mi è venuta una profonda nostalgia per il posto che più di tutti mi ha trasmesso e lasciato qualcosa, Parc Güell a Barcellona.  Se siete stressati, arrabbiati, tristi, o avete semplicemente bisogno di staccare la spina e tele-trasportarvi nel mondo delle favole, Parc Güell (opera di Antoni Gaudí) è decisamente il posto giusto.
Ci sono tre ingressi possibili. Io ho deciso di entrare per quello che sembrava il più semplice: dalla metro L3 fermata di Vallcarca e seguire le indicazioni che portano a Baixada de la Gloria, ripida collina con moltissimi scalini ma fortunatamente ci sono anche tre ascensori nei punti più ripidi (scarpe da ginnastica, mi raccomando). Seriamente, come fa la gente di Barcellona a sopravvivere con tutte queste scale da fare ogni giorno? Nonostante gli ascensori, ho impiegato quasi mezzora per arrivare in cima, nonostante sui siti web ci fosse scritto che bastano quindici minuti. Si, certo. Solo se si hanno superpoteri.
    Una volta nel parco, il primo pensiero che viene a chiunque è, “dove sono tutte le vedute?”, perchè, in effetti, il primo impatto non è dei migliori essendo circondati da alcune piante che sembrano esotiche e nient’altro. Ma una volta giratisi a destra si può ammirare una delle viste più spettacolari di Barcellona dalla quale poter individuare l’inconfondibile silhouette della Torre Agbar che spunta dal profilo della cittá, così come la Sagrada Familia, che emerge dalla giungla di pinnacoli e gru. 
Continuando il cammino, ci si imbatte in una serie di vari sentieri, un’aerea picnic e una miriade di artisti di strada, pronti a far da compagnia ai visitatori. Qualche metro più avanti si giunge alla zona monumentale che racchiude una serie di edifici straordinari, probabilmente la migliore espressione del genio e della fantasia di Gaudi. Mentre la prima zona è aperta a tutti, per quest’ultima invece viene richiesto il biglietto di ingresso.
Una volta nella zona monumentale passerete dapprima nella foresta delle colonne inclinate per arrivare alla terrazza soprastante costituita a sua volta da panche (a forma di serpente) ricoperte da molteplici frammenti di ceramica policroma, che fa da tetto alla sala delle 100 colonne sebbene in realtà ne siano 85.
A ritroso, in quella che doveva essere l’ingresso della città-parco, si ritrovano una doppia scalinata simmetrica con al centro la famosa scultura di El Drac (ovvero la variopinta salamandra simbolo dell’alchimia e del fuoco) e le due casette, come quelle in marzapane di Hansel e Gretel, che dovevano fungere da portineria: una delle due case è aperta al pubblico e al suo interno potete trovare uno stretto e fornito bazar di souvenir. 
Info sul Parco
PREZZI
Dal 25 ottobre 2013 l’ingresso alla zona monumentale al Parc Güell è a pagamento. 
Prezzi: per gli adulti costa 7€ (14€ con la guida), mentre per i bimbi dai 7 ai 12 anni e per gli over-65 costa 4,90€ (mentre i bambini fino a 6 anni d’età è gratis.).
Attenzione: se uscite dalla zona monumentale poi non potrete più rientrarci. La Casa-Museo Gaudí non è di proprietà del parco e quindi non si può visitare con lo stesso biglietto.
DOVE COMPRARE I BIGLIETTI
Consigliabile acquistare il biglietto on line in modo da saltare le code alla biglietteria ed evitare spiacevoli sorprese nei giorni piú affollati (siccome il numero di visitatori ammessi è limitato).
In biglietteria, col rischio di venir respinti per aver già esaurito i biglietti e comunque dopo una bella coda sotto il sole (qui il biglietto costa 1€ in più rispetto a prenderlo online).
COME ARRIVARE AL PARCO
Ecco i due tragitti più facili per arrivare al parco:
Con la metro. La fermata è “Vallcarca”. Se scegliete questa ultima opzione potrete utilizzare delle scale mobili che ci sono in Baixada de la Gloria, e proseguire per Pasaje de Sant Josep de la Montana, anch’essa dotata di scala meccanica;
Con il bus 24 da plaça Catalunya o da Passeig de Gracia, che vi lascia proprio davanti all’entrata.
ORARI D’APERTURA DEL PARCO
Dal 30 ottobre 2016 al 26 marzo 2017: dalle ore 8.30 alle ore 18.15 (l’ultimo ingresso è alle ore 17.30)
Dal 27 marzo all’1 maggio 2017: dalle ore 8.00 alle ore 20.30 (l’ultimo ingresso è alle ore 19.30)
Dal 2 maggio al 28 agosto 2017: dalle ore 8.00 alle ore 21.30 (l’ultimo ingresso è alle ore 20:30)
Dal 29 agosto al 29 ottobre 2017: dalle ore 8.00 alle ore 20.30 (l’ultimo ingresso è alle ore 19.30)
Avviso per tutti i fotografi: impossibile fotografare la lucertola/mosaico da sola senza nessuno seduto sopra, neanche se vi accampate di notte. Ed altrettanto impossibile è averla vinta con i gruppi di giapponesi intenti a fotografare la foresta di colonne inclinate. Potreste aspettare ore ed ore e rimanere chiusi nel parco. 
Visita al Parc Guell, Barcellona: consigli su come arrivare e biglietti online UN POMERIGGIO A PARC GUELL Con la primavera alle porte e l'arrivo di temperature sempre più calde e miti, mi è venuta una profonda nostalgia per il posto che più di tutti mi ha trasmesso e lasciato qualcosa, 
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michelangelob · 2 years
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La Scultura del giorno: il Crocifisso del Cellini
La scultura del giorno che vi propongo oggi è il Cristo del Cellini, appeso alla croce di marmo nero che oggi si trova all’interno di una cappella del monastero spagnolo di San Lorenzo a El Escorial. Il mio amico Benvenuto Cellini, dopo aver dato forma all’opera in bronzo più bella della sua epoca, il Perseo, tentò di raggiungere un risultato simile nell’arte della scultura, mostrando al…
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