#la città sanguinaria
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jadarnr · 25 days ago
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TRINITY BLOOD
REBORN ON THE MARS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - La Stella di Lacrime
LA CITTÀ SANGUINARIA
CAPITOLO QUATTRO
Traduzione italiana di jadarnr basata sui volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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Nessuno, da nessuna parte, era in grado di spiegare da dove provenivano.
Alcuni sostenevano che ‘loro’ fossero una razza temibile sorta dalle profondità di un’antica oscurità.
Altri dicevano che si fossero ammalati a causa di un'epidemia che si era diffusa nelle regioni di confine e fossero mutati improvvisamente.
Tra le teorie considerate eretiche dal Vaticano, c’erano anche quelle che sostenevano in modo convincente che fossero venuti da un altro mondo, abitanti della ‘seconda luna’ che improvvisamente aveva iniziato a brillare nel cielo meridionale dopo la ‘Grande Catastrofe’, il cosiddetto Armageddon.
La verità era che nessuno lo sapeva con certezza.
Tuttavia, dopo l’Armageddon - quel grande disastro in cui l'umanità si era quasi estinta sotto il flagello di armi nucleari e biologiche - anche a distanza di secoli, le conseguenze lasciate da quella calamità non erano ancora scomparse, e avevano privato il pianeta di una civiltà scientifica avanzata e di gran parte delle terre abitabili. Dopo quel fatidico evento, loro erano apparsi improvvisamente in questo mondo, portando con loro tecnologie superiori di origine sconosciuta e poteri letteralmente mostruosi. Di fronte a ciò, l'umanità, già in declino, inizialmente non aveva nemmeno avuto i mezzi per resistere.
Se all'epoca il Vaticano - un'istituzione internazionale con sede a Roma - non fosse riuscito a radunare i sopravvissuti, o se innumerevoli miracoli inspiegabili, attribuibili solo alla protezione divina, non avessero salvato la popolazione, probabilmente l'umanità sarebbe stata ancora oggi sotto il loro dominio. Tuttavia, come è noto, fu l'umanità - e non loro - a prevalere nella disputa tra le due specie opposte. Dopo una lunga battaglia durata secoli, loro furono miseramente ricacciati nell'oscurità che li aveva creati e l'umanità aveva iniziato gradualmente a percorrere il cammino della ricostruzione, superando l'Armageddon e le epoche buie che ne erano seguite.
Ora erano in pace?
Si poteva davvero dire così?
In effetti, erano passati più di cinquecento anni da quando loro erano stati espulsi dal palcoscenico principale della società civilizzata. Ma perché le ombre sinistre che si diffondevano dall'altro lato delle tenebre continuavano a disturbare di tanto in tanto i sonni tranquilli della gente? E qual era la ragione per cui una crociata contro la loro nazione, di cui si vociferava in Oriente, veniva ancora proposta con fervore nelle sale riunioni del palazzo papale?
Anche in quest'epoca la battaglia tra l'umanità e loro continuava.
Dopo l'Armageddon, questi esseri intelligenti di un'altra specie erano apparsi improvvisamente nel mondo. La gente, paragonandoli alle antiche leggende, li avevano chiamati vampiri.
- La Città Libera di István, geograficamente situata a est della Città Santa di Roma, al confine tra le regioni orientali e l'Impero, è una città-stato indipendente
L'immagine della città apparve nella penombra, insieme a una voce dolce assomigliava a un delicato manufatto di madreperla.
Un paesaggio urbano fatto di innumerevoli cupole e torri appuntite, dal sapore vagamente esotico. Il bellissimo ponte costruito sul grande fiume che attraversava la città, collegando il quartiere occidentale (Buda) e quello orientale (Pest), conservava fortemente i riflessi tardivi della prosperità che tanto tempo fa le avevano valso il nome di ‘Perla del Danubio’.
- Dal punto di vista politico, dicono che l'amministrazione comunale sia guidata da un consiglio indipendente. Tuttavia, come già sapete, è risaputo che, in realtà, si tratta di un governo fantoccio del Marchese d'Ungheria… uno di loro
- Basta così, Caterina. Non ci siamo riuniti qui per studiare la geopolitica
Non appena una voce risuonò come acciaio forgiato, l'oscurità si riempì improvvisamente di luce.
Era una sala grande e imponente.
La fonte di luce proveniva dalla splendida vetrata che si estendeva in alto dove cavalieri, brandendo croci e armi, scacciavano innumerevoli demoni. Davanti a loro, una bella donna con grandi ali sulla schiena incrociava le spade con i tre re degli spiriti maligni.
Si trovavano a Roma, nella Sala della Santa Nera di Castel Sant'Angelo.
Al centro della stanza, un enorme tavolo rotondo, sovrastato da ologrammi che sembravano miraggi, era circondato da figure che indossavano abiti scarlatti e viola. Il capo dell'Ufficio papale, il direttore dell'Ufficio per il riconoscimento delle reliquie sacre, il direttore del Dipartimento delle comunicazioni e il sacerdote responsabile degli Affari di sicurezza... erano tutti ecclesiastici di alto livello che occupavano il nucleo centrale del Vaticano. Dal posto più alto di quella tavola rotonda un uomo imponente parlò di nuovo.
- Caterina, arriva al punto. L'incidente avvenuto di recente nella regione del confine orientale, dove la nostra guarnigione di difesa è stata presa di mira mentre era di pattuglia da forze armate sconosciute... gli spari di cui si parla sono stati senza dubbio causati dalla Polizia Militare di István, giusto?
Mentre lo diceva, gli occhi brillavano con il colore scintillante delle lame delle sciabole. Anche se indossava le vesti scarlatte che indicavano il titolo di Cardinale sul suo corpo muscoloso, la sua presenza traboccava di vigore e di un'aura di combattimento così intensa che sembrava in grado di respingere qualsiasi cosa con un semplice tocco. Era indubbiamente un militare nato, un generale agguerrito, sempre in prima linea.
Francesco de Medici, Duca di Firenze e Cardinale ── figlio illegittimo del precedente Papa e fratellastro maggiore dell'attuale Papa. All’interno del Vaticano era un uomo straordinario che ricopriva posizioni importanti come Amministratore della Congregazione per la Dottrina della Fede, Capo dell'Inquisizione e Comandante Supremo dell'Esercito Vaticano.
Gonfiando il petto, troppo robusto per essere solo quello di un chierico, Francesco ruggì:
- Il punto critico, sebbene estremamente vicino al confine, è chiaramente all'interno dei territori del Vaticano. Che il nostro esercito sia stato attaccato all'interno delle nostre terre è una situazione molto grave. Penso che dovremmo rendere pubblici i crimini di István e applicare il martello della giustizia divina a quei dannati vampiri che infestano la città. Cosa ne pensate, signori?
- Aspettate, fratello mio
Quelle parole piene di spirito combattivo furono delicatamente interrotte da una dolce voce femminile. La donna, che era in piedi da poco, aveva alzato leggermente la mano e ha chiesto la parola.
- Non ricordo di aver affermato categoricamente che il gruppo armato in questione facesse parte della polizia di István. Ho solo detto che la possibilità era alta
In netto contrasto con Francesco, la donna aveva una bellezza quasi profumata. Sembrava avere una ventina d'anni. Sotto il monocolo, il suo viso maturo mostrava un'espressione ambigua, difficile da distinguere, tra malinconia e noia. I suoi gesti aggraziati, al limite dell'indolenza, erano tipici di un nobile nato. Tuttavia, la veste scarlatta che indossava, ornata da una croce d'oro ricamata, faceva capire che anche lei era un Cardinale, una delle massime autorità del Vaticano.
La bella donna, i cui occhi, della tonalità delle lame di un rasoio, brillavano da dietro il monocolo - Cardinalessa Caterina Sforza, duchessa di Milano e capo del Ministero degli Affari Sacri - completò la sua dichiarazione con una voce dolce.
- Inoltre, finora il vampiro di István - il Marchese d'Ungheria - ha sempre supportato il Consiglio Comunale in prima linea, rimanendo nell'ombra. Se lo accusiamo unilateralmente senza un'indagine ufficiale, probabilmente l'opinione pubblica non sarà convinta. A questo punto, sarebbe essenziale osservare con calma per un po' di tempo e, durante questo periodo, raccogliere prove solide
- Hum. Ciò che dice il Cardinale Sforza è abbastanza ragionevole
Tra gli abiti clericali che circondavano la tavola rotonda si levarono voci di accordo con la bella donna. Anche tra i Cardinali, un gruppo di anziani annuì profondamente, indicando la propria approvazione.
- Se vogliamo schiacciare i vampiri di Istvan, possiamo farlo in qualsiasi momento. Tuttavia, se muoviamo le nostre truppe senza una legittima giustificazione, ci attireremo certamente l'opposizione dei nobili laici
- Esatto. Non è più come una volta. Gli ingrati del mondo cercano sempre di trovare difetti in noi al minimo segno di cedimento
- Nemmeno il Marchese d'Ungheria sarà così sciocco da entrare in conflitto diretto con la Santa Sede. Finché manterrà il Consiglio Comunale come suo burattino, non possiamo nemmeno essere troppo precipitosi nelle nostre azioni
- Esitate a fare la guerra santa per paura del giudizio dei laici? Ed osate chiamarvi parte del Vaticano, rappresentanti della volontà di Dio sulla terra?!
Il mormorio dei cardinali fu interrotto da una voce incisiva.
Francesco colpì il tavolo rotondo e si alzò dal suo posto con un impeto feroce.
- Qualunque siano le ragioni, il fatto che finora abbiamo tollerato che un vampiro governasse un'intera città era già qualcosa di anormale fin dall'inizio! Ricordate cosa siamo ── siamo il Vaticano. Siamo i rappresentanti di Dio sulla terra!
- Sì, è esattamente come ha detto il Cardinale Medici!
- Siamo i rappresentanti di Dio sulla terra, non è accettabile tirarsi indietro per paura degli occhi dei laici!
Quelli che avevano alzato la voce a sostegno di Francesco erano i Cardinali più giovani. I loro volti giovanili si tinsero di eccitazione mentre alzavano i pugni e gridavano. Come sostenuto da questi clamori, Francesco ruggì ancora più forte.
- Signori Cardinali riuniti, riflettete bene! Ciò di cui dobbiamo discutere è come reagire alle azioni ostili dei vampiri di Istvan! Se schiacciamo la radice di tutti i mali, anche i nobili laici non avranno motivo di opporsi!
- Beh, il Cardinale Medici dice che dobbiamo schiacciare la radice di tutti i mali, ma...
Con un sorriso radioso sulle labbra, ma con gli occhi che riflettono il colore tagliente di un rasoio in una luce gelida, Caterina interrogò il fratellastro.
- In particolare, in che modo? Se non vi dispiace, potreste spiegarcelo?
- Ma è ovvio…
Forse in risposta all'ostilità della sorellastra, nella voce baritonale del robusto uomo emerse un fervore ardente.
- Invieremo truppe a István e la annetteremo militarmente. Dopodiché, troveremo i vampiri che si nascondono in quella città e li bruceremo pubblicamente. Così, il significato della nostra esistenza come agenzia che rappresenta la volontà divina sulla Terra sarà proclamato ed esaltato... Non la pensa anche lei così, Vostra Santità?
Le ultime parole non erano state rivolte a tutti i presenti alla riunione. Fu un'unica persona, che era rimasta in silenzio tra Francesco e Caterina, ad alzare il viso per la sorpresa.
- Eh… ehm… annetterla?
La voce balbettante e difficile da capire proveniva da un ragazzo ancora adolescente. A differenza dell'uomo e della donna che lo affiancavano, il suo aspetto era estremamente ordinario. Il suo corpo magro non mostrava alcuna traccia di vigore e il suo viso piatto e lentigginoso era lontano da qualsiasi senso di dignità o fascino. Tuttavia, quello che indossava era un mantello bianco puro con una mantella, un indumento inconfondibile. Era il simbolo del più grande leader del mondo, rappresentante di Dio sulla terra e capo del Vaticano.
- Quindi questo significa, eh... che si trasformerà in una guerra, fratello? Sorella?
Con una forte balbuzie, riuscì a malapena a dire questo, e poi il giovane - il 399° Papa, Alessandro XVIII - distolse lo sguardo in direzione di Caterina con un volto che sembrava sul punto di piangere.
- E... e inizieremo una guerra contro István?
-Sì... e nel peggiore dei casi, István potrebbe non essere l'unico nemico con cui dovremo confrontarci
Caterina indicò l'ologramma sul tavolo rotondo con il bastone cardinalizio e, per rispetto al fratellastro, aggiunse una spiegazione con la voce più gentile che le riuscì di fare.
- Pensa alla geografia, Alex. La città di István è circondata a sud da noi, il Vaticano, a nord e a ovest dal Regno Germanico e da altri signori laici umani, e a est dall'Impero. Quando annetteremo questa città, come reagiranno le altre forze? Per inviare le nostre truppe, avremo bisogno di un pretesto abbastanza forte da bloccare le loro obiezioni
- C…capisco... Fratello, come ha detto mia sorella, allora prima di fare mobilitazione militare, dovremmo a-avere una g-giustificazione…
- Caterina! Che razza di idee deboli e vigliacche insinuate a Sua Santità?!
La voce, che lo colpì come una tempesta, fece sembrare il giovane papa sul punto di svenire dalla paura. Inconsciamente, cercò di nascondersi dietro la sorella più grande. Francesco diede un altro calcio alla sedia.
- Possiamo noi, rappresentanti di Dio in terra, il Vaticano, permetterci una tale vigliaccheria? Tanto per cominciare, sono stati loro a provocare questo litigio. Quale inconveniente potrebbe esserci nel denunciare i loro peccati?
- Non ci sono prove. Per cominciare, anche supponendo che i vampiri di István siano dietro questa serie di incidenti, non sappiamo perché. Perché hanno fatto una cosa così provocatoria proprio adesso?
- Indagare su questo non è compito della posizione che ricoprite come capo della Sacra Congregazione per gli Affari di Stato, Caterina?
- Anche senza essere istruita da mio fratello, sto già agendo... Tuttavia, vorrei chiedere più tempo. Nel contesto delle responsabilità della posizione di Segretario di Stato, non posso sostenere attività punitive senza condurre un'indagine adeguata
Occhi che brillavano del colore scintillante di una sciabola e pupille che avevano la tonalità di una lama di rasoio: tra i fratellastri si incrociavano sguardi pieni di ostilità. Faccia a faccia, nessuno dei due fece un passo indietro, mantenendo saldamente la propria posizione.
- Se insistete in tal senso, suppongo che si possa attendere un altro po’
Il primo a cedere, contrariamente alle attese di tutti i presenti che rabbrividivano per le scintille invisibili, fu Francesco.
- Vi do una settimana di tempo. Durante questo periodo, potete fare tutte le indagini che riterrete necessarie
- Vi ringrazio
- Ma in cambio…
Il tono di voce di Francesco cambiò improvvisamente. Come se avesse voluto sottometterla fin dall'inizio, rivolse alla sorella minore uno sguardo altero e arrogante.
- Se non ci saranno progressi nella vostra indagine entro una settimana, il Vaticano emetterà una dichiarazione di inquisizione forzata contro la città di István e intraprenderà un'azione militare! Nessuna obiezione, immagino.
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Caterina si ritirò nel suo ufficio mordendosi la lingua in preda all'esasperazione.
- Una scadenza di una settimana... In altre parole, si é preso il tempo che gli serviva per preparare le truppe…. Bene, bene, non male. Mio fratello maggiore è davvero una vecchia volpe astuta!
Di certo non era contraria del tutto alla proposta di inviare truppe. Era davvero necessario mostrare al mondo cosa succedeva quando si sminuiva il Vaticano.
Ma il problema era il pretesto. Era necessario mostrare le attività di István contro il Vaticano in modo comprensibile alla comunità internazionale.
Erano passati mille anni dal terribile Armageddon. Mentre l'autorità del Vaticano, che aveva guidato la ricostruzione dell'umanità, cominciava a declinare, i nobili laici aumentavano ogni giorno la loro influenza. I giovani Cardinali, guidati dal fratellastro Francesco, sembravano ancora credere nell'illusione di un Vaticano potente come un tempo, ma la situazione non era così semplice come avevano ottimisticamente immaginato. Se, in quel momento, avessero inviato truppe a Istvan, i nobili laici non avrebbero visto l’ora di criticare il Vaticano. Inoltre, soprattutto, era necessario evitare a tutti i costi di provocare incautamente l'Impero, l'unico Stato nazionale al mondo composto da una razza non umana.
Per questo, abbiamo bisogno di un pretesto estremamente convincente...
Allacciando le dita sottili sotto il mento appuntito, Caterina era immersa nei suoi pensieri. Tuttavia, non passò molto tempo prima che alzasse gli occhi scintillanti del colore di lame di rasoio e sussurrasse sommessamente nel vuoto:
- Ci siete, sorella Kate?
<Sì vostra Eminenza>
Accanto a Caterina, apparve, con voce discreta, l'ologramma di una suora. Una donna dall'aspetto delicato, con in taglio degli occhi leggermente inclinato verso il basso, che trasmettevano una luce serena.
<Kate è a sua disposizione... ci sono affari urgenti, mia Signora Caterina?>
- Qual è lo stato della Iron Maiden II? Sarebbe pronta a partire immediatamente?
<Tutto è pronto. Possiamo decollare in qualsiasi momento>
- Molto bene, allora. Partite immediatamente per István
Caterina ordinò con tono deciso alla proiezione tridimensionale della suora, che si inchinò rispettosamente.
- Modificherò parzialmente gli ordini impartiti agli agenti sotto copertura Crusnik e Gunslinger. È emerso qualcosa su cui voglio che indaghino
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libero-de-mente · 1 year ago
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MEMORIA
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La storia insegna, ed è così.
Ma l'uomo è un cattivo allievo.
Mi chiedo allora, a cosa serve ricordare?
"Bisogna ricordare perché bla, bla, bla"
Allora riformulo la domanda, a cosa serve ricordare se non s'impara nulla dagli errori, dalle atrocità e dalla crudeltà del passato?
Se si ripetono puntali e ciclicamente le guerre, i massacri e gli stermini di massa?
Queste ricadute di disumanità collettiva risalgono alla notte dei tempi, la prima guerra documentata avvenne fra le città-stato di Lagash e Umma nel c. 2450 a.C.
"Eh, ma si parla di tempi diversi"
Ah già, allora i conflitti di oggi? Sono diversi? Sicuramente per le modalità, ma la crudeltà resta.
Allora penso a una cosa: che questa è la natura dell'uomo.
Deve dimostrare di avere il potere, per motivi economici e territoriali (anche religiosi), brama la supremazia.
Lo ha sempre fatto e continuerà a farlo.
Le vittime di ieri diventeranno gli aguzzini del domani, chi subirà poi si vendicherà. Una ruota sanguinaria che continuerà a girare.
Se anagrammiamo MEMORIA ne esce REMARE.
I conflitti generano un mare di sangue, per lo più di innocenti, in questo mare rosso dovremmo tutti remare con forza nella stessa direzione. Quella della pace tra gli esseri viventi.
Memoria, ricordo, contro le violenze e altre giornate istituite per non dimenticare ci dividono sempre di più.
Ogni anno che passa la situazione e l'accanimento peggiora, con l'avvento dei media e dei social questo disagio sociale è come un'onda che investe tutti.
Perché oramai di queste ricorrenze se n'è impossessata la politica peggiore, le lotte e le ideologie sociali vengono usate per sfogare la rabbia, che nell'uomo da sempre sopravvive e si rigenera.
Mi sento meglio, durante queste ricorrenze, nel chiudere tutto quanto sia "in collegamento" e leggere un libro, sfogliare un album di vecchie fotografie o dedicarsi ad aiutare qualcuno. Meglio.
Spero che venga istituito presto la giornata della ragione e del cuore, per ricordare a tutti di usare il cervello aiutandosi con il cuore.
Se tu fai del male oggi, domani ti si ritorcerà contro. Allora tu dopodomani reagirai, ma il giorno dopo di nuovo subirai. Un loop di tragedie.
Avremmo tutti bisogno di nuove persone che governino con sapienza e in collaborazione. Ma a quanto pare quei posti di comando sono riservati solo a dei burattini.
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carmenvicinanza · 2 years ago
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Alejandra Pizarnik
https://www.unadonnalgiorno.it/alejandra-pizarnik/
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Credo che nelle mie poesie ci siano parole che ripeto incessantemente, senza tregua, senza pietà: quelle dell’infanzia, quelle delle paure, quelle della morte, quelle della notte, dei corpi. Scrivere una poesia è riparare la ferita fondamentale, lo squarcio.
Alejandra Pizarnik, poeta e traduttrice, è stata una delle voci più intense e originali del Novecento argentino.
Chiusa in articolati labirinti, coraggiosa nel delirio, accesa, ha vissuto senza sostegni, consegnandosi cruenta, fino a soccomberne, scrivendo fino all’ultimo istante. Ha tentato di placare, attraverso una passione ossessiva per la lettura e la scrittura, un vuoto interiore, fatto di inquietudine e disagio.
Bisessuale, dipendente dai farmaci, ha incarnato lo spirito libero, vissuto e sentito senza filtri, vulnerabile soprattutto di fronte a se stessa.
La poesia ha rappresentato, per lei, la vita negata. La sua ricerca di “perfezione poetica” era in contrasto con ciò che viveva, perennemente incompiuto.
Nata a Buenos Aires, in Argentina, il 29 aprile 1936, in una famiglia di ebrei russi, durante l’infanzia ha sofferto di parecchi disturbi fisici e un senso di inadeguatezza e estraneità che l’hanno portata a fare uso di anfetamine. La ricerca di identità è stata un’importante causa del suo complesso e disperato approccio all’esistenza che l’ha accompagnata per tutta la vita.
Ha studiato Lettere e Filosofia e, in seguito, Pittura con Juan Battle Planas.
Ha vissuto a Parigi dal 1960 al 1964, dove ha studiato storia delle religioni alla Sorbonne e lavorato per alcune case editrici e collaborato con diverse riviste letterarie.
I suoi primi maestri sono stati gli esponenti del surrealismo, sebbene avesse anche una notevole fascinazione per l’esistenzialismo e la psicoanalisi.
Ha tradotto autori come Antonin Artaud, Aimé Césaire, Yves Bonnefoy e altri.
La Ville Lumière è stata un rifugio letterario ed emotivo, il luogo dove ha conosciuto importanti intellettuali come Simone de Beauvoir, Georges Bataille, Italo Calvino, Ivonne Bordelois e il poeta messicano Octavio Paz, che scrisse il prologo ad Árbol de Diana, la sua quarta raccolta di poesie.
Nel 1962 ha conosciuto la poetessa italiana Cristina Campo, per cui provava una profonda attrazione e con cui si è scambiata poesie e lettere fino al 1970. A lei ha dedicato la poesia Anelli di cenere.
Il rientro in Argentina produsse i suoi principali testi quali I lavori e le notti, Estrazione della pietra della pazzia e L’inferno musicale.
La sua unica opera in prosa è stata La contessa crudele (o sanguinaria), del 1969. Un’inquietante profezia dello sterminio che, di lì a poco, ha violentato la gioventù del suo paese e fatto scempio della sua innocenza.
Nello stesso anno è stata a New York per ricevere la borsa di studi Guggenheim, tornandone frastornata dalla “ferocia insostenibile” della città. Dopo due anni ha vinto anche la borsa di studio Fulbright.
Per un periodo ha vissuto con la sua compagna, la fotografa Martha Isabel Moia.
Dopo un altro breve e deludente soggiorno in Francia, è tornata in Argentina, dove è iniziato un processo di chiusura e disgregazione, acuito dalla dipendenza dai farmaci e culminato in due tentativi di suicidio e un lungo internamento in una clinica psichiatrica.
È morta a Buenos Aires il 25 settembre 1972, dopo aver ingerito cinquanta pastiglie di barbiturici, mentre era in permesso dalla clinica. Aveva 36 anni.
Dopo la sua morte, l’amico e scrittore argentino Julio Cortázar le ha dedicato la poesia Aquí Alejandra.
Negli anni, sono stati pubblicati i suoi diari e altre opere rimaste inedite, a testimonianza del fatto che non è mai stata dimenticata e che la sua scrittura è ancora oggi molto apprezzata e letta.
Se c’è una ragione per la quale scrivo, è perché qualcuno mi salvi da me stessa.
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incamminoblog · 2 years ago
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padre Fernando Armellini "Pietra che frantuma i nostri idoli"
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)  (08/10/2023) Vangelo: Mt 21,33-43  L’ultimo versetto del Salmo 137 – il celebre canto dell’esule – viene sempre accuratamente ignorato. Dopo lo struggente richiamo al pianto dei deportati lungo i fiumi di Babilonia, il poeta, rivolto alla città sanguinaria, esclama: “Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sbatterà contro la pietra” (Sal 137,9). Non…
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lettieriletti · 2 years ago
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Tutto Tex 616 – Sotto Scorta
Tutto Tex 616 – Sotto Scorta
Tex ha catturato Jack Torrent, un pericoloso bandito, ma i guai grossi cominciano proprio adesso. Nella città di Bravestone, la gente ha paura. A cominciare dallo sceriffo, che non vuole farsi carico del prigioniero rischiando di attirare la vendetta della sua sanguinaria banda. Soltanto un drappello di cittadini si schiera a fianco del Ranger, offrendosi di accompagnarlo a Fort Kearny, dove…
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vocenarrante · 2 years ago
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IL MANOSCRITTO Come cambia la vita di Franzo Gibuti quella fatidica sera del 27 giugno 2014, a causa di un ascensore? Quando le porte dell'ascensore si aprono, invece che al piano terra dell'edificio dove lavora, Franzo si ritrova in un albergo di lusso di una misteriosa città dell'India insieme alla collega Egizia. La prospettiva di un weekend di relax si trasforma in un'avventura ai limiti del possibile. Uno strambo professore americano trascina i due in un tunnel di situazioni paradossali legate alla ricerca di un manoscritto trafugato e a una sanguinaria setta religiosa. Ma risolvere il mistero del manoscritto basterà a far sì che Egizia e Franzo possano tornare alla normalità? https://ift.tt/OeYHLE1 https://ift.tt/Jv5dx2Y — view on Instagram https://ift.tt/xwAmdyD
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tergestin · 4 years ago
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Il linciaggio di Maresego e la falsificazione storica a posteriori
Capodistria è una città storicamente italianissima, in cui sino alla seconda guerra mondiale gli slavi furono quasi totalmente assenti nel centro urbano e presenti soltanto come esigua minoranza nel contado. Le orde dei partigiani di Josip Broz procedettero però alla fine del conflitto mondiale e negli anni successivi ad una violenta e sanguinaria pulizia etnica contro gli italiani, riducendo la comunità ad un gruppo sparuto e spaurito di superstiti discriminati ed osteggiati.
Fra pochi giorni in questa città, in stato di occupazione da parte di stranieri da oltre 70 anni, si festeggerà pubblicamente il brutale assassinio di tre ragazzi. Il loro linciaggio avvenuto il 15 maggio 1921 con botte, sassi, bastonate, colpi di falce e pistolettate viene spacciato dalla vulgata politica locale come una “rivolta antifascista”, la cosiddetta “rivolta di Maresego”.
L’episodio è un esempio da manuale di come una vicenda storica conosciuta e ricostruibile con esattezza in tutte le sue dinamiche fondamentali viene alterata e capovolta da una propaganda ideologica.
Dovevano svolgersi nel 1921 elezioni nazionali in Italia e fra i vari raggruppamenti si era formata la coalizione detta del Blocco Nazionale, a cui partecipavano il Partito Popolare Italiano, il Partito di Ricostruzione Nazionale, l’Associazione Nazionalista Italiana, il Partito Nazionale Riformatore, i Fasci di Combattimento. Non si trattava quindi di una coalizione “fascista” in senso proprio, perché il partito fascista seppure presente era soltanto uno fra i molti.
Le elezioni in Venezia Giulia si tennero in un contesto di violenza politica, nel quale si distinguevano i nazionalisti slavi ed i comunisti, due categorie che in quella regione spesso coincidevano. Ambedue si resero responsabili ripetutamente di aggressioni ai danni dei loro avversari politici, servendosi in questo di gruppi paramilitari organizzati ed armati, avendo a disposizione ingenti arsenali con fucili, pistole, bombe a mano. Il terrorismo slavo, che insanguinò con omicidi ed attentati la Venezia Giulia per molti anni, si era già rivelato negli incidenti del 13 luglio 1920 a Trieste. Ad un comizio organizzato per protestare contro l’assassinio di marinai italiani a Spalato, dove svolgevano un’operazione di assistenza umanitaria alla popolazione, un estremista slavo pugnalò a morte un italiano di soli 19 anni, il cuoco Giovanni Ninì. Una folla furente cercò allora di assaltare il Narodni Dom, la cosiddetta casa della cultura dei nazionalisti slavi che già sotto il dominio asburgico si era rivelata un covo di estremisti violenti. Dalle finestre dell’edificio furono lanciate bombe a mano ed esplosi colpi di pistola, cosicché l’ufficiale italiano che comandava il reparto incaricato di proteggere il Narodni Dom dalla popolazione indignata cadde mortalmente ucciso. Seguì quindi una sparatoria contro il nido dei terroristi, che provocò un incendio alla sedicente “Casa della cultura”. Ma questo fu soltanto il più noto degli eventi di sangue provocati da facinorosi appoggiati dalla vicina Jugoslavia, che nutriva ambizioni imperialistiche verso la Venezia Giulia e persino il Friuli.
A Maresego il 15 maggio del 1921 un gruppetto di 11 giovanissimi del Blocco nazionale, ivi recatosi senza alcun intento di fare del male ma soltanto per affiggere manifesti elettorali, fu assalito da una massa di violenti d’estrema sinistra, che gli spararono addosso fucilate e gli scagliarono contro una fitta sassaiola. Vistosi attorniati da un’orda di malintenzionati che cercavano di ucciderli, i giovani gettarono un petardo su di un cespuglio ed esplosero alcuni colpi di pistola in aria per cercare di spaventare la folla, poi si diedero alla fuga inseguiti. Tre di loro, Giuseppe Basadonna, Giuliano Rizzatto, Francesco Giachin, furono raggiunti e brutalmente ammazzati: Basadonna, un sedicenne si era nascosto, ma fu scovato, trascinato all’aperto ed ucciso; Giacchin fu trucidato a sassate; Rizzato, già rimasto ferito alla testa, fu braccato per centinaia di metri mentre tentava di scappare ed ammazzato con alcuni colpi di fucile sparati a bruciapelo. Tassini, che era già rimasto ferito al capo, al collo ed al petto da una scarica di pallini, ricevette nella fuga un colpo di pistola, poi una pesante sassata che lo fece crollare a terra. Gli assalitori lo calpestarono, rompendogli costole, lo lapidarono, infine se ne andarono credendolo morte. Tassini invece sopravvisse e fu il principale testimone d’accusa al processo, anche se rimase invalido per tutta la vita. Contro gli assassini, che erano sia italiani, sia slavi, si tenne successivamente un regolare processo.
Questi, in estrema sintesi, i fatti di Maresego. Come si vede, non si trattò di una “rivolta antifascista” ovvero di una risposta difensiva ad immaginarie “violenze fasciste”. Un minuscolo gruppetto di attivisti del Blocco nazionale, composto da vari partiti, fu assalito e non assalitore, aggredito unicamente perché si era recato in un sobborgo abitato per lo più da estremisti di sinistra e per affiggere manifesti. I giovanissimi militanti erano armati, precauzione consueta nel clima bollente della campagna elettorale del 1921, ma evitarono intenzionalmente di servirsi delle armi per ferire i loro aggressori e cercarono solo di spaventarli. Al contrario, costoro agirono per uccidere ed ammazzarono senza alcuna esigenza tre ragazzi e storpiarono a vita un quarto, lasciandolo vivo solo perché sembrava ormai deceduto.
A posteriori, nel secondo dopoguerra, i nazionalisti slavi e comunisti assieme cercarono di giustificare il sanguinoso linciaggio di Maresego imbastendo su di esso una retorica mistificatoria e stravolgendo completamente gli eventi. Fu uno dei modi con cui furono creati dei “miti fondativi” al fine specifico di legittimare la conquista, la pulizia etnica e l’annessione di Capodistria alla Jugoslavia ed il suo successivo passaggio alla neonata Slovenia.
PS.
Sui fatti di Maresego esiste l'ottima analisi di Valentina Petaros nel suo saggio "1918-1921. Fuoco sotto le elezioni".
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paoloxl · 5 years ago
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È notizia di ieri che un ragazzo di 18 anni, Dylan Cruz, che ha preso parte alle proteste che da alcuni giorni scuotono la Colombia , è morto dopo essere stato colpito alla testa da un lacrimogeno o da una granata sparata dalla polizia antisommossa, la ESMAD, durante le manifestazioni a Bogotà.
Risale al 2018 l’elezione di Ivan Duque a Presidente della Colombia, esponente del Centro Democratico, sostenuto da proprietari terrieri e dalla potente classe imprenditoriale del Paese, portatore di un programma che puntava a valorizzare l’iniziativa privata e contrario a molti aspetti dell’accordo di pace siglato con le Farc. Alleato chiave degli Usa nella regione, la popolarità del presidente in questo anno e mezzo è andata a diminuire drasticamente (secondo i sondaggi ha raggiunto un tasso del 69% di impopolarità), così come il consenso verso una classe politica accusata di essere corrotta e collusa con la criminalità organizzata. La fine del consenso e le misure antisociali intraprese dal governo hanno dunque portato alla chiamata dello sciopero generale del 21 novembre che ha visto la partecipazione di centinaia di migliaia di persone.
Giovedì, giorno dello sciopero nazionale chiamato dai sindacati, sono scesi nelle strade di numerose città colombiane giovani, lavoratori, studenti, comunità indigena, contro il paquetazo che il presidente Duque ha realizzato in ambito economico, lavorativo e sociale con particolare attenzione nel denunciare il dilagare della corruzione della classe politica del paese. Alcuni provvedimenti riguardano l’eliminazione del pagamento degli straordinari e delle ferie, una discrepanza nello stipendio minimo tra i vari dipartimenti del paese, l’incremento dell’età pensionabile e la diminuzione delle pensioni stesse. Le riforme dell’Esecutivo prevedono, quindi, lo smantellamento dei diritti che in qualche modo garantiscono delle condizioni lavorative, pensionistiche e tributarie decenti andando in una direzione di privatizzazione. Altre questioni centrali nelle rivendicazioni dei manifestanti riguardano la richiesta di dimissioni del corpo di polizia antisommossa, che si è reso protagonista di una repressione sanguinaria durante le proteste, l’aumento degli investimenti per l’università pubblica e la risoluzione degli accordi di pace con le Farc.
A seguito della giornata di sciopero si sono susseguite altre manifestazioni, sabato, dopo la dichiarazione da parte del sindaco di Bogotà dello stato di emergenza e del coprifuoco, il corteo è stato ferocemente represso dallo Squadrone Mobile Antisommossa, con gas lacrimogeni e granate stordenti. Molte persone sono state arrestate, altre ferite e a Buenaventura sono morti due manifestanti in seguito all’intervento della polizia per impedire un saccheggio in un supermercato.
Per il momento il presidente ha annunciato di lanciare un dialogo nazionale per rafforzare l’agenda delle politiche sociali in vista della costruzione di un “cammino di riforme significativo”. In tutta risposta le proteste continuano e in un tweet diffuso dall’Unione Centrale dei Lavoratori si legge che “Il comitato nazionale dello sciopero ha deciso di rafforzare e aumentare la protesta e la mobilitazione. Contro l’agenda Duque e in omaggio a Dylan Cruz lo sciopero continua”.
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jadarnr · 1 month ago
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TRINITY BLOOD
REBORN ON THE MARS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - La Stella di Lacrime
LA CITTÀ SANGUINARIA
CAPITOLO DUE
Traduzione italiana di jadarnr basata sui volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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Anche se il tramonto era già passato da un po’ di tempo, ci sarebbero dovuti essere ancora alcuni treni in arrivo. Normalmente la stazione sarebbe stata piena di viaggiatori in partenza o in arrivo da lontano.
Tuttavia, quando il treno senza finestrini arrivò al binario, con un suono di frenata che sembrava l’artiglio di un demone che graffiava l’aria notturna, all’interno della stazione erano scomparsi non solo i viaggiatori, ma anche il personale. Al loro posto, allineato sulla banchina, c’era un gruppo di soldati in uniforme blu scuro con i fucili sulle spalle. I volti sotto i berretti militari non si muovevano di un millimetro, sembravano più bambole che esseri umani.
- Presentate le armi!
In risposta al comando, i fucili si alzarono in alto. La luce delle lampade a gas si rifletteva nitidamente sulle baionette. Nel velo di vapore che saliva dalla locomotiva davanti a loro, le ombre dei soldati, che esalavano respiri bianchi nell’aria notturna, si stagliavano grandi sul binario.
- Bentornato Signore
L’immenso corpo del gigante si inchinò all’unico passeggero che scendeva la scaletta, senza lasciare traccia dell’arroganza mostrata prima. Il suo berretto militare quasi toccava il suolo mentre si inchinava profondamente.
- È stato un lungo viaggio, dovrete esser stanco Lord Gyula
- Grazie per l’accoglienza, Colonnello
Radcon fu ringraziato da un bel giovane dal viso dalla pelle chiara, incorniciato da capelli neri, con il corpo alto e ben proporzionato coperto da un lungo mantello. La malinconia che mostrava sul volto sembrava adattarsi perfettamente a quella città grigia. Tuttavia, quegli occhi che in qualche modo ricordavano quelli di un cane lupo, dalle iridi grigie leggermente pigmentate e le pupille scure, brillavano più cupamente della sera, provocando inquietudine in chiunque li osservasse. Forse perché, da quando era sceso dal treno, non aveva mai battuto le palpebre.
Sollevando il colletto del suo mantello, il nobile giovane chiese, con una voce ricca e corposa che ricordava un cognac di alta qualità:
- È successo qualcosa ad Istvan durante la mia assenza?
- Sì, i Partigiani hanno causato qualche problema, ma li abbiamo già repressi. I principali cospiratori sono detenuti nella Valle di Sangue, quindi non c’è da preoccuparsi
L’atteggiamento del gigante era più simile a quello di un cane addomesticato che a quello di un vassallo. Il giovane signore si limitò ad annuire leggermente a quella risposta quasi sottomessa, prima di iniziare a risalire il binario con passi agili. Intorno a lui, i soldati formavano un muro con i loro corpi.
- A proposito, come va nell’Impero, Lord Gyula?
- Sono testardi, come al solito. In ogni caso sembra non abbiano nessuna intenzione di sostenere la nostra insurrezione. Non sono nemmeno riuscito ad incontrare Sua Maestà, l’Imperatrice Augusta… Ma quando vedranno il potere di quella cosa, le loro reazioni cambieranno di sicuro
Il giovane nobile curvò leggermente le labbra, guardando dritto davanti a sé. Quell’espressione fece calate sulla sua bellezza un’atmosfera di estrema freddezza. O forse era a causa dei canini che apparivano dagli angoli delle sue labbra?
- L’hardware è stato quasi del tutto ripristinato. Ora non resta che completare il controllo del software e passare ai test di accensione… E quello chi è?
Con l’espressione di chi ha appena trovato un animaletto sconosciuto nella propria casa dopo un lungo periodo di assenza, Gyula indicò con il mento un angolo del binario. Circondato dai soldati e legato strettamente c’era un uomo dai capelli d’argento dall’aria stanca.
- Si tratta di un sospetto che abbiamo fermato poco fa all’interno della stazione. Poiché ha fatto commenti ed azioni ostili nei confronti della Polizia Militare, lo stiamo portando via per interrogarlo
Gyula stava per procedere oltre, ma all’improvviso tornò sui suoi passi. Si voltò rapidamente e si diresse verso l’uomo dai capelli d’argento.
- Mi scusi, qual’è il suo nome?
- Abel… Abel Nightroad
Rispose l’uomo, muovendo debolmente le labbra spaccate. Aveva lividi su tutto il viso, probabilmente era stato picchiato duramente.
- Vengo da Roma. Sono stato appena assegnato a questa città dal Vati…
- Smettila di blaterare!
I bottoni del cappotto di Abel saltarono via aprendosi con un unico suono, mentre il braccio gigantesco di Radcon gli afferrava il colletto.
- Rispondi solo alle domande che ti vengono fatte!
- Aspetti Colonnello
Radcon, che stava urlando con una furia tale che sembrava in procinto di mangiarsi il suo avversario, venne fermato con garbo da Gyula. Dal colletto strappato del cappotto del giovane, si potevano vedere i vestiti che portava sotto, così come il crocefisso che brillava sul suo petto.
- Un rosario e una veste… siete per caso un prete?
- S..sì. Sono il prete assegnato alla chiesa di San Mathias qui a Istvan
Abel contorse il viso per il dolore, mentre Radcon continuava a stringergli il colletto.
- Ecco…Io non ho fatto nulla di male…
- Ti ho detto che devi chiudere quella boccaccia!
- È lei che dovrebbe fare silenzio, Colonnello. Liberi le mani del prete
- Ma… ma... Vostra Eccellenza!
- Le ho detto di lasciarlo andare, non mi ha sentito?
Sussurrò Gyula dopo aver lanciato una breve occhiata al gigante con la bocca aperta. Non era un tono aggressivo, tuttavia lo sguardo fisso sul volto di Radcon, l’espressione bruscamente mutata, aveva la freddezza del ghiaccio secco.
- Non mi interessa come o in che modo trattate i vostri simili… o forse è meglio dire che non ci presto attenzione. Ma la mia natura non tollera i cani addestrati che non si comportano bene… Capisce cosa intendo?
- Le chiedo di perdonarmi
Gyula ignorò completamente Radcon che scrollava il suo enorme corpo e chinava il capo, e si rivolse ad Abel, facendo un cortese inchino al sacerdote che si stava massaggiando il collo con un’espressione sofferente.
- Le chiedo di scusarmi. Il mio nome è Gyula Kadar, sono la persona che gestisce gli affari di questa città. Sono profondamente dispiaciuto, credo proprio che abbiano commesso un grosso errore. A nome di tutti i cittadini di Istvan, le porgo le mie sentite scuse
- Ah, è molto cortese da parte sua, grazie
Il prete chinò il capo umilmente, come imbarazzato. Era esageratamente alto, ed il suo viso, con i capelli d’argento e gli occhi azzurri, era ragionevolmente armonioso, ma i suoi lineamenti erano quelli di un normale giovane che si poteva incontrare ovunque. Tuttavia, mentre osservava quel volto cercando di non mancargli di rispetto, Gyula sentiva qualcosa assillarlo in fondo alla mente. Aveva per caso già visto quell’uomo da qualche parte?
- Mi scusi Padre… ci siamo forse già incontrati prima d’ora?
- No credo proprio che sia la prima volta che ci incontriamo. Comunque è la prima volta che vengo in questa città
- Capisco… Beh rispetto a Roma questa è una zona noiosa, ma potrete approfittarne per rilassarvi
Sorridendo elegantemente, il giovane nobile gli tese la mano. A quanto pare era solo un semplice prete. Gli strinse la mano con garbo ma con indifferenza, e concluse l’incontro con una serie di convenevoli neutri ed innocui.
- Benvenuto ad Istvan Padre Nightroad. Siamo contenti di avervi qui
- Ah, la ringrazio molto
Il sacerdote, ora anch’esso tranquillo, rispose stringendogli la mano e chinando il capo, ma quando lo sollevò nuovamente verso volto di Gyula, la sua espressione impallidì improvvisamente.
Avrò stretto troppo?
Fu il pensiero di Gyula per un attimo, ma poi si rese conto che lo sguardo del prete era fisso oltre la sua spalla. In quel momento, con una forza straordinaria che non corrispondeva alle braccia sottili dell’uomo, il giovane nobile fu sbattuto a terra.
- Cosa stai facendo, insolente?
Riecheggiò l’urlo rabbioso di Radcon. Cercò di correre verso il suo padrone ed il prete che lo aveva fatto cadere, tuttavia qualcosa che emetteva un suono terribile squarciò l’aria notturna proprio davanti al suo naso.
Qualcosa che aveva attraversato lo spazio dove un attimo prima c’era la testa di Gyula, si conficcò nel corpo del treno con un forte suono metallico. Si trattava di un’asta d’acciaio, dello spessore di un dito, dotata di piccole ali.
- Ma questa è… una freccia da balestra!
Il soldato che aveva cercato di dare l’allarme cadde violentemente a terra, stringendosi la spalla da dove ora spuntava un oggetto simile. Accanto a lui un altro soldato, mentre cercava di imbracciare il fucile, era stato colpito all’addome ed era caduto.
E poi, nell’istante successivo, la notte esplose.
Sopra i binari e nella sala di attesa deserta iniziarono a scoppiare lampi inquietanti e a sentirsi rumori di spari. Non appena le scie di fuoco dorate si concentrarono senza sosta sul binario, alcuni soldati caddero senza nemmeno rendersi conto di ciò che gli era accaduto.
- Un… un attacco nemico! Sono i Partigiani!!
Ma dove si nascondevano? Uomini mascherati, con passamontagna e maschere che coprivano i loro volti, apparvero da tutte le parti. Non si trattava di un concorso in maschera, come era evidente dalle armi da fuoco che avevano in mano e che sputavano rapidamente fiamme.
- Sparpagliatevi! Sparpagliatevi e contrattaccate individualmente!
Il grido di Radcon riecheggiò inutilmente. I proiettili venivano chiaramente sparati a un ritmo calcolato. Le molotov, che volavano in archi dorati, si frantumavano, la benzina che si spargeva prendeva fuoco rapidamente, coprendo tutto con fiamme danzanti e frenetiche. In mezzo al fuoco, il binario brillava come il palcoscenico di un teatro.
- Tutti voi, non preoccupatevi dei pesci piccoli! Catturate Gyula!
Un urlo acuto riecheggiò dall'oscurità, seguito da un proiettile proveniente dalla stessa direzione della freccia precedente. L'arma mortale sfiorò il volto di Abel, che rimase immobile per la sorpresa, e si conficcò alla base in uno dei pilastri alle sue spalle. Poco dopo, un fetore nauseabondo si diffuse nell'aria; a quanto pare, qualche tipo di acido o sostanza chimica era stata impregnata nell'asta della freccia.
- Ah, ah, ah! Giusto, ho una pistola! Ho una pistola da qualche parte….
- Padre, stia giù per piacere
Nonostante la situazione, il sacerdote cominciò a frugarsi nelle tasche e all'interno dei vestiti. Gyula abbassò la testa. Poi si tolse il mantello e, scuotendolo come un torero, abbatté uno ad uno i dardi della balestra che volavano verso di lui. La sua tecnica era impressionante. Tuttavia, la precisione dei colpi indicava che anche l'abilità del tiratore nemico era insolita.
Guardando l’ultima carrozza del treno che si trovava sul binario opposto, Guyla fece un leggero sorriso: era da lì provenivano le pallottole.
- Una buona mira, ma… Colonnello!
- Sissignore!
Anche se erano stati presi alla sprovvista, erano pur sempre un esercito. Dopo il primo momento di confusione, i soldati della Polizia Militare avevano cominciato a trovare una copertura e a rispondere al fuoco. Anche coloro che li attaccavano continuarono a sparare senza sosta, ma non avevano più l’effetto sorpresa dell’imboscata. Anche le molotov che venivano lanciate in aria di tanto in tanto rivelavano le ombre delle persone nascoste dietro di loro.
- A quanto pare i nemici sono poco numerosi. Mandate una decina di uomini sul fianco sinistro e circondateli
- Sì! Maggiore Iqus! Fianco sinistro, accerchiateli!
- Affermativo
Il giovane ufficiale annuì inespressivo ed iniziò a muoversi lungo il binario assieme ai soldati. Sembrava che il nemico si fosse accorto della loro presenza perché la linea di fuoco si indebolì temporaneamente.
- Non riuscirete a fuggire, Partigiani!
Leccandosi le labbra, Radcon estrasse il suo grosso revolver. Forse con l’intenzione di coprire la ritirata dei suoi alleati, il tiratore della balestra continuava a sparare raffiche con la stessa intensità di sempre. Senza nemmeno prendere la mira, il gigante dalla faccia torva sparò una raffica di colpi in quella direzione.
Si udì un piccolo grido. Una figura bassa, che impugnava una balestra a fuoco automatico si accovacciò, premendosi la spalla. Vedendo ciò, uno dei Partigiani gridò.
- State bene Stella?
Con il fucile artigianale in una mano, il Partigiano corse verso il balestriere e si accorse che sarebbe stato impossibile continuare il combattimento.
- L’operazione è fallita! Ti coprirò, quindi ora corri, Stella! - Gridò.
La piccola figura, con il volto nascosto dal passamontagna, sembrò rispondere qualcosa, ma non si udì a causa degli spari che riecheggiavano tutt’intorno. Il combattente gridò di nuovo.
- Stupido! Cosa succederebbe se il nostro leader morisse? Li terrò impegnati. Tu prendi gli altri e scappa!
Nel frattempo la potenza di fuoco della Polizia Militare continuava ad aumentare. Una squadra separata, che era in attesa fuori dalla stazione, aveva notato che qualcosa non andava ed era accorsa a dare supporto.
Il balestriere chiamato ‘Stella’ rimase in silenzio per un momento, ma quando l’uomo gridò di nuovo, annuì come se si stesse liberando di qualcosa ed emise un fischio vigoroso con le dita. A quel segnale, gli attaccanti cominciarono a ritirarsi contemporaneamente nell’oscurità.
- Tu! Non pensare che ti lascerò andare via assieme a tutti gli altri terroristi!
Radcon puntò la canna del fucile alla schiena della piccola figura. Il gigante, come una iena che aveva individuato la sua preda, strinse gli occhi e prese la mira con cura.
- Và all’inferno!
- Ah, trovata!
In quel momento si levò come un grido di gioia. Proprio allora il prete, che si stava agitando inquieto, aveva estratto dalla tasca interna del suo abito un revolver a percussione esageratamente antiquato.
L’armò con uno scatto secco e, con un movimento pericolosamente maldestro, premette il grilletto.
- Ah ah ah! Con questo ora ho la forza di cento uomini! Non ti lascerò scappare terrorista! …Ma cosa?
Con un suono insulso ed ovattato, si alzò una spettacolare nuvola di fumo bianco.
L’antico revolver a percussione era un’arma dotata di un meccanismo che sparava proiettili accendendo la polvere da sparo sigillata all’interno di un cilindro rotante, senza utilizzare cartucce metalliche. A quanto pareva, la polvere da sparo nel tamburo era umida ed aveva impedito lo sparo. Il fumo denso che si diffuse intorno bloccò la visibilità all’istante.
- Cof cof! Ma cosa… cosa diavolo sarebbe quello?!
- Mi scusi, mi scusi, mi scusiiiii!
- È colpa tua, fottuto prete!
- Ehi, la ‘Stella’ sta scappando!
Approfittando dell’attimo di confusione, la ‘Stella’ si era voltata e la sua piccola schiena scomparve oltre la linea di fuoco della copertura. Alcuni soldati aprirono il fuoco, ma i loro colpi furono ostacolati dal fumo e dall’oscurità e andarono a trapassare l’aria notturna.
A quel punto la battaglia era ormai finita.
I corpi dei morti e dei feriti erano sparsi ovunque e prima che se ne accorgessero, gli unici spari che provenivano dall’interno e dall’esterno della stazione erano quelli della Polizia.
- Verificate i danni!
- Affrettate l’evacuazione dei feriti!
- Non uccidete i prigionieri. Catturateli ed interrogateli
- Lei Padre sta bene?
Il trambusto di quella sera sembrava volgere al termine. Tra le grida che si scambiavano i soldati, Gyula tese la mano al sacerdote che stava tossendo con gli occhi pieni di lacrime.
- Devo ringraziarla, mi ha salvato la vita
- Ah no, non c’è bisogno davvero… piuttosto chi erano quelle persone? Li avete chiamati ‘Partigiani’ giusto?
- Sono dei terroristi crudeli che vivono in questa città!
Disse Radcon con il il volto irritato per essersi lasciato sfuggire il pesce grosso.
- Guidati da colui che chiamano ‘Stella’ hanno assassinato persone importanti, danneggiato strutture pubbliche ed ogni altra sorta di crimine. Sono una dannata feccia!
- Forza, muoviti!
Con le mani giunte sulla testa, un ‘Partigiano’ ferito stava venendo portato via con la forza dai soldati, che lo stavano spingendo violentemente lungo il binario. Si trattava del mitragliere che aveva cercato di aiutare il loro capo a fuggire.
- Salve, buonasera, signor terrorista
Fu Gyula a parlare con tono calmo al volto imbrattato di sangue e fango, guardando con un sorriso gentile l’uomo che era stato trascinato e gettato ai suoi piedi.
- Sono veramente onorato del vostro benvenuto. È bello sapere che siete di buonumore come sempre
- Sei un mostro!
La voce del terrorista sembrò riecheggiare da qualche parte dell’inferno. Con le labbra grottescamente gonfie sputava odio e rabbia, mentre nei suoi occhi non si rifletteva altro che il bel viso di Gyula.
- Mostro maledetto che hai fatto della nostra città la tua tana! Per colpa tua, questa città… ugh
- Contieniti, insolente!
Il terrorista contorse il viso in agonia quando Radcon lo colpì con un calcio nel plesso solare. Un liquido rosso e giallo sgorgò dalla sua bocca ed andò a formare una pozza sul cemento.
- Che mancanza di rispetto nei confronti di Lord Gyula!
- La smetta Colonnello, è ferito
Ancora prima che il sacerdote con i capelli d’argento potesse dire qualcosa, fu la voce di Gyula a risuonare, interrompendo il gigante.
- Se lo colpisce ancora non potrà più dirci molto… Ed inoltre, qualcuno faccia da scorta al prete. Accompagnatelo in chiesa prima che diventi troppo tardi
- Eh? Ah, no, per piacere, non si preoccupi per me…
Mentre Abel scuoteva nervosamente la testa da una parte all’altra in segno di diniego, Gyula alzò la mano di fronte a lui ed ignorò risolutamente le sue parole.
- Non accetterò un rifiuto. Lei è l’uomo che mi ha salvato la vita. Maggiore Iqus, accompagnatelo voi. Fate preparare un’auto
- Affermativo. Da questa parte, Padre Nightroad
- Ah…uhm… mi spiace darvi questo disturbo…
Il sacerdote stava per lasciare il binario seguendo l’inespressivo ufficiale che lo precedeva, quando una voce risuonò alle sue spalle.
- Ah, a proposito Padre…
Il giovane con i capelli neri parlò come se si fosse appena ricordato di qualcosa.
- Volevo chiederle una cosa… prima di essere trasferito qui, che tipo di lavoro faceva a Roma?
- Beh… ero il sacerdote di una chiesa in una zona povera della città, ma l’altro ieri ho ricevuto improvvisamente un’ordine di trasferimento. Non mi hanno nemmeno spiegato il perché sono finito qui… Ah! Cos’avrò fatto di male? Forse c’entra col fatto che mi sono ubriacato e sono stato sorpreso da un mio superiore mentre facevo un sermone ad un tavolo…
- Capisco
Nessuno si doveva essere accorto che prima di rispondere aveva fatto una breve pausa. Gyula, con la stessa calma di sempre, annuì e si inchinò leggermente, come se si stesse scusando per la sua mancanza di cortesia.
- Sono stato scortese a chiedere ad una persona appena sconosciuta qualcosa di così indiscreto. Ora la riaccompagneranno alla chiesa, e mi raccomando, riposi bene stanotte
- Sì, con permesso
Anche dopo che il prete se ne fu andato con un cortese inchino, Gyula continuò a rimanere in piedi sulla banchina del binario, osservando con attenzione le spalle alte che si allontanavano. Solo dopo che la figura di Abel fu completamente scomparsa fuori dall’edificio della stazione, abbassò gli occhi sul terrorista ancora inginocchiato ai suoi piedi.
- Ah, ora che mi sovviene… Non ho ancora udito la tua storia, non é vero?
L’uomo non ebbe nemmeno il tempo di aprire la bocca quando una mano aggraziata si protese delicatamente verso di lui, afferrando saldamente il suo mento e sollevandolo in aria.
- Cosa stavi cercando di dirmi? Se ricordo bene, mi hai chiamato ‘mostro’ o qualcosa di simile
Aveva una forza straordinaria. Con un solo braccio aveva sollevato un uomo, dimostrando un potere chiaramente sovrumano. Tuttavia, negli occhi spalancati dell’uomo appeso in aria non c’era stupore, ma un’inconfondibile paura. Erano gli occhi di un condannato a morte che sapeva esattamente cosa stava per accadergli.
Le labbra del nobile si aprirono lentamente e tra loro emerse una lingua leggermente appuntita e zanne lucenti, troppo lunghe per essere solo canini. Gyula appoggiò delicatamente il suo viso al collo dell’uomo, come se stesse per assaporare un bicchiere di vino.
- F… fermati…
Ma il grido dell’uomo si interruppe improvvisamente, come se fosse stato reciso.
Un suono nauseabondo riecheggiò sul binario, e prima che potesse rendersene conto, il suo corpo si irrigidì e gli arti si tesero, come se fosse stato colpito da una scossa elettrica. Anche se le mani ed i piedi rigidi continuavano a muoversi violentemente, Gyula mantenne il viso vicino al collo dell’uomo. Ma la sua gola pallida si muoveva in modo inquietante e le gocce che colavano dall’angolo delle sue labbra formavano una pozzanghera rossa sul pavimento.
Emettendo un grido soddisfatto e soffocato, il giovane nobile alzò finalmente il viso. I bulbi oculari del terrorista stavano come uscendo dalle loro orbite, e non c’era più un briciolo di vita sul suo volto, che ora somigliava alla calce viva. Non appena Gyula sciolse la presa, crollò a terra come una bambola di carta e non si alzò più.
- Sicuramente il sangue era abbondante, ma il sapore lasciava a desiderare… La ‘Stella’ invece? La prossima volta farò un confronto fra i vostri due sapori
Sussurrò Gyula dolcemente all’uomo a terra, che continuava a contorcersi leggermente nella pozza del suo sangue, ma ovviamente non ottenne alcuna risposta.
- Mph, maledetto Terran inferiore. La ‘nostra città’? Non farmi ridere. Questa è la ‘mia città’. Colonnello!
- Sissignore!
I soldati, i cui volti erano coperti di sudore, non riuscivano a nascondere le loro espressioni di paura. Tra loro, un uomo enorme si precipitò in avanti, confuso. Gyula, pulendosi le labbra, diede un ordine.
- Dica ai nostri informatori di indagare immediatamente su quel prete. Quell’uomo mi preoccupa per qualche motivo
- Signorsì!
Radcon sembrò voler dire qualcos’altro, ma si inchinò rispettosamente e nascose la sua espressione. Dietro di lui, i soldati stavano raccogliendo i cadaveri che giacevano a terra. Ignorando completamente la paura ed il disgusto sui loro volti, Gyula si voltò e si incamminò a passo spedito lungo il binario.
Dannato Vaticano! Avranno capito qualcosa?
Non gli risultava ci fossero posti vacanti nell’unica chiesa della città, la Chiesa di San Mathias. Ed inoltre, l’arrivo di un nuovo prete da Roma proprio quando tutto era pronto per l’ ‘evento’ era troppo sospetto.
- Il Vaticano non è in grado di fermarmi… Detto questo, è comunque meglio eliminare il prima possibile qualsiasi elemento di disturbo
Probabilmente sarebbe stato meglio avvertire anche l’informatore, per sicurezza. Se davvero quel prete era un cane del Vaticano…
Beh, se fosse vero, allora così sia. Non ha importanza.
Gli era sembrato davvero un uomo gustoso.
Le labbra del nobile si schiusero e per un attimo apparve una lingua appuntita.
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tranchantes · 5 years ago
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E tu, sei un bravo bambino?
A GIRL WALKS HOME ALONE AT NIGHT (Ana Lily Amirpour, 2014)
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Quali metamorfosi subisce il folklore persiano nel racconto di una regista con radici in quella cultura, ma nata e cresciuta negli US? L’America dei pozzi di petrolio presta il volto ad un Iran in bianco e nero, senza tempo, nel quale sorge la città immaginaria di Bad City. Qui, Un incontro di mosche bianche: Arash, il bravo ragazzo in un mondo marcio e la ragazza, una ghūl, un Essere demonico femminile di natura maligna, appartenente al numero dei Jinn malvagi e che secondo le credenze popolari abita luoghi deserti, seduce i viaggiatori che si avventurano nelle solitudini, si concede loro, li svia e li divora. Laconica favola sanguinaria che lo spettatore osserva, perturbato, come il povero ragazzino con lo skateboard che appare sullo schermo.
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kritere · 2 years ago
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In un bar di Ascoli si presenta un libro che celebra la Marcia su Roma, data di nascita del fascismo
DIRETTA TV 14 Marzo 2023 Un bar del centro di Ascoli Piceno ospita la presentazione di un libro che celebra la Marcia su Roma, insurrezione che diede il via in Italia alla sanguinaria dittatura fascista. 31 CONDIVISIONI Un bar di Ascoli Piceno, città Medaglia d’Oro al Valore Militare per attività partigiana, ospiterà il prossimo 24 marzo la presentazione di un libro celebrativo delle Marcia…
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samdelpapa · 2 years ago
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Fatte attenzione alle rivoluzioni "laiche" Non si ferma la rivolta delle masse ​iraniane contro l’imposizione del veloChe la rivolta delle masse ​iraniane, con in prima fila le ​donne e le giovanissime, con​tro l’imposizione del velo ac​cesa dalla brutale uccisione lo ​scorso 16 settembre a Teheran ​della ventiduenne Masha Ami​ni dopo essere stata fermata ​dalla polizia morale per non ​aver indossato il velo in modo ​corretto, non fosse un fuoco di ​paglia era evidente dalla con​tinuità delle manifestazioni di ​protesta nella capitale e in altre ​città, proseguite nonostante la ​criminale repressione gover​nativa. Dopo oltre due mesi di ​rivolta il pubblico ministero ira​niano Mohammad Jafar Mon​tazeri dichiarava il 3 dicembre ​che la polizia morale era stata ​sciolta ma senza che seguisse ​una disposizione ufficiale; la ​dichiarazione che pure apriva ​una crepa nel muro opposto ​dal governo iraniano alle pro​teste popolari, appariva quindi ​come un evidente tentativo di ​smorzare la rivolta. La risposta ​del movimento di protesta de​gli studenti, cui hanno aderito ​alcune organizzazioni sindacali, ​è stata la proclamazione di tre ​giorni di sciopero a partire dal 5 ​dicembre in modo da compren​dere nella mobilitazione anche ​la giornata del 7 dicembre, cele​brata in Iran come Giornata del​lo studente e giorno in cui il pre​sidente Ebrahim Raisi dovrebbe ​parlare all’Università di Teheran. ​In molti atenei continua intanto ​il boicottaggio delle lezioni. ​Le prime immagini dello ​sciopero che provengono da ​Teheran mostrano una certa ​adesione dei commercianti che ​hanno tenuto le serrande ab​bassate. Una iniziativa impor​tante che spinge il movimento ​di rivolta nato contro l’iimpo​sizione del velo, e sintetizzata ​nello slogan Donna, Vita, Liber​tà! della protesta nata in nome ​di Mahsa Amini, a continuare ​nella condanna della reaziona​ria e antifemminile politica del ​governo iraniano, contro la sua ​sanguinaria repressione e per i ​diritti democratici. ​Le immagini delle proteste ​in particolare delle donne che ​pubblicamente e coraggiosa​mente si tolgono il velo, delle ​giovanissime che lo bruciano, ​degli universitari che abbatto​no le separazioni. Copia https://www.instagram.com/p/Cl50eUbtLNq/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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viaggintempo · 7 years ago
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Medellin è il cuore della Colombia. Lo è in senso geografico, data la sua posizione centrale, e lo è dal punto di vista economico, grazie alla sua modernità ed alle  infrastrutture, ma lo è anche da un punto di vista metaforico: è stato un cuore sanguinante ora è un cuore pulsante.
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Medellin, Graffiti
Mi sono chiesta, prima di partire, se inserire la visita di questa città nel mio itinerario. Non ne ero troppo convinta, cercavo materiale, leggevo blog di altri viaggiatori, guardavo fotografie e nel complesso mi sembrava una città bruttina e con poche attrattive. Però la sua storia e il suo passato tragico in qualche modo mi attraeva. Ho deciso, quindi, di trascorrere qualche giorno a Medellin e ho fatto bene.
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Medellin, Panorama Serale
Non si può dire che Medellin sia una città bella, ma è sicuramente affascinante. Lo è per la sua gente ed è difficile descrivere la sensazione che si prova nel visitarla. Per me questa città e la sua gente sono l’immagine della resilienza. E’ stata la città di Pablo Escobar e del suo cartello, ma anche dei gruppi paramilitari di destra e dei guerriglieri di sinistra. E’ stata una delle città più violente e pericolose del mondo.
Poi il governo centrale ha intrapreso un processo di cambiamento sotto la guida del presidente Uribe dal 2002 al 2010. Non è stato facile. E’ stata una politica dura e ancora una volta violenta e sanguinaria. Ma in mezzo a tutto ciò ci sono state le persone, che hanno saputo resistere e voltare pagina fino a far proclamare nel 2013 Medellin la città più innovativa del mondo e a farla entrare addirittura tra le 25 più sicure.
Per questo Medellin merita una visita. Non per i suoi monumenti, ma per la sua essenza.
  Medellin, Panorama della Comuna 13
Medelli, Comuna 13, Scale Mobili
Ma partiamo dall’inizio. Noi a Medellin siano arrivati con una macchina privata, provenendo dall’Eje Cafetero. La strada è lunga, non tanto per i chilometri (circa 270), ma per le condizioni della strada stessa, che si snoda tra colline e montagne del Quindio e di Antiochia. Proprio per la sua posizione, Medellin è facilmente raggiungibile in aereo, meno con i mezzi di terra. Con autobus pubblici si rischia un viaggio di oltre dieci ore, ma se si ha la possibilità di avere un mezzo privato con autista il tragitto diventa un po’ più fattibile. Noi da Armenia a Medellin ci abbiamo messo circa sette ore. Un po’ faticoso, ma i paesaggi ci hanno ripagato di tutto.
I panorami che si aprono ad ogni curva sono meravigliosi, colline ricoperte di piantagioni di caffè e alberi da frutto, montagne e fiumi, un piacere per gli occhi.
Medellin, Scultura in Plaza Botero
Medellin, Scultura in Plaza Botero
Medellin è chiusa nella sua valle, con palazzi alti: una città verticale. Il punto di partenza per una visita della città non può che essere Plaza Botero (Plaza del las Esculturas) dove fanno bella mostra di sé 23 sculture bronzee donate da Ferdinando Botero alla sua città natale. Inutile dire che le statue sono prese d’assalto da orde di persone intente a farsi fotografare. Sulla piazza si trova anche il Museo di Antioquia che ospita tra l’altro ulteriori opere dell’artista.
Medellin, Cattedrale Metropolitana
Medellin, Cattedrale Metropolitana
Nelle vicinanze è molto bella la Casa della Cultura Rafael Uribe e l’antica Chiesa della Candelaria, oltre al Parque Cisneros  con le sue interessanti opere di luce. La piazza principale è il Parque Bolivar dove si trova anche l’imponente Cattedrale Metropolitana di stile romanico.
A Medellin abbiamo soggiornato a Poblado, sicuramente una delle zone più sicure. Il suo centro è il Parque Lleras, un’area piena di negozi, locali e ristoranti, ideale per trascorrere la sera. Abbiamo scelto l’hotel Estelar Blue. Si è rivelata un���ottima scelta. Non solo un buon hotel con camere ampie e carine, ma compresa nel prezzo, oltre alla colazione c’è anche una cena leggera a buffet.
Medellin, Artisti di Strada
Medellin, Artisti di Strada
Medellin, Artisti di Strada
Medellin, Artisti di Strada
Medellin, Artisti di Strada
IL SORRISO DELLA COMUNA 13
Si chiama San Javier ma per tutti è la Comuna 13 di Medellin, un barrio che racconta la sua storia di lacrime e sangue e poi di rinascita e colori. Era uno dei barrios periferici della città. Un tempo, quando ancora c’era Pablo Escobar nelle sue vie si arruolavano narcotrafficanti e sicari.
Poi arrivarono i paramilitari imponendo il loro potere di violenza e la Comuna è caduta nelle mani di gang criminali.
Alla fine è arrivato lo Stato, che con le operazioni Mariscal e Orion nel 2002 ha voluto ripulire l’area dai delinquenti, ma ancora una volta ciò è avvenuto con violenza, lasciando scie di sangue e desaparecidos.
Medellin, Comuna 13
Medellin, Comuna 13
Infine però qualche cosa è cambiato. E’ stata realizzata la Escalera eletrica, un sistema di scale mobili che ha avvicinato la periferia al centro e la gente ha iniziato a spostarsi oltre le barriere invisibili della Comuna. L’Escalera non è solo una scala ma una porta, che ha saputo far entrare il progresso e quindi anche l’orgoglio e la dignità e poi anche i turisti. I ragazzi hanno iniziato a parlare attraverso hip hop, rap e graffiti.
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Medellin, La nostra Guida nella Comuna 13 (Casa Kolacho)
Noi abbiamo conosciuto il progetto di Casa Kolacho, che è un luogo di aggregazione e di scambio culturale tra i ragazzi che hanno deciso di esprimersi con la musica, il disegno e l’arte, che sono armati di dischi e colori, che hanno scelto di sorridere, sperare e vivere. In questo modo la Comuna è divenuta anche un luogo di speranza dove i graffiti rallegrano con i loro colori, ma sono anche di monito e ricordo di un passato difficile. Oltre ai graffiti ci sono anche opere simboliche come una biblioteca o il progetto di una università dove prima c’era un carcere femminile.
Medellin, Free Tour della Comuna 13
Medellin, Graffiti della Comuna 13
Medellin, Graffiti della Comuna 13
La Comuna 13 non è affatto pericolosa e le persone ti accolgono con il sorriso. Si può scegliere di visitarla anche in completa autonomia o c’è la possibilità di aggregarsi ad un free walking tour, molto popolare. Le guide mostrano i graffiti e si aspettano solo una mancia.
Medellin, Graffiti nella Comuna 13
Medellin, Graffito anche io!
Noi abbiamo scelto di visitare la Comuna con un Tour organizzato dal Toucan Cafè che propone questa escursione al prezzo di COP 80.000 (circa 25€). Il tour inizia a Poblado da dove con una guida si raggiunge in metro la pendice della Collina. Qui si incontra un ragazzo del barrio di Casa Kolacho che accompagna il gruppo nel tour e che introduce alla cultura di graffiti, dell’hip hop e che  ci ha raccontato con passione e commozione la storia della Comuna. Questo tour è assolutamente consigliabile perché ricco di informazioni e completo, ma perché 25.000 COP vengono destinate a Casa Kolacho, per noi una piccola cifra per loro un bel contributo.
Un bel modo di fare turismo.
#cercounhashtagperviaggiare
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Tre giorni a Medellin, città affascinante per la sua gente, immagine della resilienza. Medellin è il cuore della Colombia. Lo è in senso geografico, data la sua posizione centrale, e lo è dal punto di vista economico, grazie alla sua modernità ed alle  infrastrutture, ma lo è anche da un punto di vista metaforico: è stato un cuore sanguinante ora è un cuore pulsante.
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paoloxl · 7 years ago
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Solidarietà ai Mapuche! Le maglie della Benetton sono sporche di sangue” con questo striscione anche a Livorno gli anarchici hanno manifestato di fronte al locale negozio Benetton per la settimana di lotta in solidarietà con il popolo Mapuche e con il movimento anarchico argentino lanciata dall’Internazionale di Federazioni Anarchiche. Nel pomeriggio di venerdì 2 febbraio le compagne e i compagni del Collettivo Anarchico Libertario e della Federazione Anarchica Livornese hanno mantenuto un presidio di fronte al negozio della multinazionale diffondendo volantini e confrontandosi con le tante persone che si sono fermate, per avere maggiori informazioni o per esprimere il proprio sostegno all’iniziativa. Da segnalare un buffo intervento di due vigili urbani che volevano multare i manifestanti per un cartello del presidio appeso ad una colonna, a loro dire era necessario il timbro dell’ufficio affissioni del comune, ma pure alcuni passanti hanno contestato ai vigili questo comportamento difendendo la libertà di manifestare degli organizzatori del presidio. L’iniziativa comunque ha dimostrato che in città c’è molto interesse sulla questione, per questo saranno probabilmente organizzate altre attività di solidarietà e sostegno a chi lotta in Agentina contro la sanguinaria repressione del governo Macri, al fianco dei Mapuche e di tutti gli sfruttati. Di seguito il volantino distribuito durante il presidio SOLIDARIETÀ ALLA POPOLAZIONE MAPUCHE E AL MOVIMENTO ANARCHICO ARGENTINO SANTIAGO MALDONADO E RAFAEL NAHUEL VIVONO NELLE NOSTRE LOTTE La Benetton è tra le principali responsabili del saccheggio delle terre della popolazione Mapuche, nella Patagonia argentina e cilena. In Argentina il governo tenta di mettere al bando i movimenti sociali, le organizzazioni politiche e sindacali che solidarizzano con la popolazione Mapuche che lotta contro la devastazione dei propri territori da parte della Benetton e altre multinazionali. La polizia e le bande paramilitari usano la violenza più brutale, sparando sui manifestanti, rapendo e uccidendo oppositori. I Mapuche e le compagne e i compagni che sostengono localmente la loro lotta chiedono il nostro supporto. Il “Rapporto RAM”, reso pubblico a dicembre 2017, preparato dal Ministero della Sicurezza Nazionale argentino congiuntamente ai governi delle province patagoniche, prepara la strada ad una gravissima montatura repressiva sostenendo l’esistenza di un complotto terroristico che coinvolge organizzazioni Mapuche, organizzazioni politiche, sociali e sindacali, tra cui anche la Federazione Libertaria Argentina, che fa parte dell’Internazionale di Federazioni Anarchiche. Il 1 di agosto nella provincia di Chubut nella Patagonia argentina, persone appartenenti alla comunità indigena Mapuche, assieme a solidali, hanno bloccato una strada vicina alla sede locale della Benetton (tra le più importanti nel paese) per protestare contro l’acquisizione del territorio Mapuche da parte della grande multinazionale. La polizia ha attaccato la manifestazione sparando colpi di pistola mentre i manifestanti cercavano di difendersi come potevano. Durante l’operazione di polizia l’anarchico Santiago Maldonado è stato arrestato, caricato con violenza su un furgone bianco -come testimoniato da molte persone- e portato via; da allora è risultato disperso, desaparecido. Il suo corpo è stato trovato in un fiume in Patagonia due mesi dopo, un brutale ricordo delle 30.000 persone che risultarono desaparecidas durante il periodo della Junta (la dittatura militare guidata dai generali Videla, Massera e Agosti), un marchio indelebile nella storia Argentina, conservato nella memoria collettiva allo stesso modo dei crimini nazisti. Un altro compagno, Rafael Nahuel, è stato anch’egli ucciso, era un giovane di origine Mapuche membro di un gruppo chiamato Coletivo Al Margen. Aveva preso parte alle proteste a sostegno delle rivendicazioni Mapuche. Il 25 novembre 2017, in occasione del funerale di Santiago Maldonado, le forze di polizia hanno organizzato uno sgombero nel territorio Mapuche. Le persone presenti sono state colpite da proiettili di gomma e di piombo, mentre venivano spruzzate di spray al peperoncino. Una donna e Rafael Nahuel sono stati colpiti. La donna è sopravvissuta, Rafael è stato ucciso. In diversi paesi del mondo in questi giorni si stanno svolgendo azioni e iniziative contro la repressione assassina dello Stato argentino, in solidarietà con il movimento anarchico di quel paese e con tutti coloro che lottano contro la violenza statale e padronale. L’Internazionale di Federazioni Anarchiche (IFA) ha lanciato un appello per concentrare nella settimana tra il 29 gennaio e il 7 febbraio iniziative di lotta e solidarietà contro le sedi di rappresentanza del governo argentino e la multinazionale dell’abbigliamento Benetton. Il marchio “United Colours of Benetton” vorrebbe presentare la multinazionale come multietnica e antirazzista. In realtà Benetton sta acquistando enormi appezzamenti di terreno in Argentina, sottratti inizialmente alla popolazione indigena Mapuche di Cile e Argentina. La multinazionale quindi è complice e responsabile di quanto sta accadendo. SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE! Federazione Anarchica Livornese – FAI [email protected] Collettivo Anarchico Libertario [email protected] collettivoanarchico.noblogs.org
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jadarnr · 1 month ago
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TRINITY BLOOD
REBORN ON THE MARS
(Storia: Sunao Yoshida // Illustrazioni: Thores Shibamoto)
Vol. 1 - La Stella di Lacrime
LA CITTÀ SANGUINARIA
CAPITOLO UNO
Traduzione italiana di jadarnr basata sui volumi inglesi editi da Tokyopop.
Sentitevi liberi di condividere, ma fatelo per piacere mantenendo i credits e il link al post originale 🙏
Grazie a @trinitybloodbr per il contributo alla revisione sul testo originale giapponese ✨
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Le luci rosse del sole della sera irradiavano l'intera lunghezza del soffitto di vetro.
L'atmosfera, tinta del colore del sangue, era secca e fredda come il bacio di una strega. Scendendo dalla scaletta del treno ancora fumante, Abel Nightroad emise un lieve sospiro. 
- Wow... questo è un luogo incredibilmente desolato, vero?
Alzandosi in piedi e aggiustandosi gli occhiali rotondi, simili al fondo di una bottiglia di latte, i suoi occhi blu come un lago d'inverno si guardarono intorno alla piattaforma deserta.
La stazione, che assomigliava a una serra di vetro, era spaziosa come un palazzo, ma era deserta e non dava segni di vita. C'erano solo alcuni addetti alla stazione, che si potevano contare sulle dita di una mano, e alcuni viaggiatori con le loro grandi valigie, che camminavano lentamente con un'espressione sconsolata. Anche la stazione stessa, a ben guardare, mostrava piastrelle di mattoni crepate sotto i piedi, come se fosse stata abbandonata da tempo, e un soffitto di vetro con parti rotte in diversi punti.
- È tutto così desolato... Non potrei tornare direttamente a Roma?
- Ehi, tu, ragazzone! 
Mentre il giovane continuava a rimanere in piedi davanti alle scale, borbottando qualcosa tra sé e sé, una voce irritata si rivolse nella sua direzione. Era il fuochista, che aveva messo la testa fuori dalla locomotiva e, con un'espressione arrabbiata, gli aveva urlato contro.
- Quanto tempo resterai fermo lì? Se stai andando da qualche parte, vai presto! È pericoloso!
- Oh, mi scusi. Beh, solo un momento, ma vorrei chiederle una cosa... È davvero questo il capolinea?
- Certo che lo è. È quello che c'è scritto, no?
Il fuochista, irritato, indicò con il mento il cartello sopra la sua testa. Con voce roca lesse ad alta voce il nome della stazione, ben visibile sia in ungherese che nella lingua ufficiale di Roma.
- Questa è István. Stazione Centrale della Libera Città di István
- Hmm. Quindi è tutto qui, eh? Mi piacerebbe credere che si tratti di un errore, se possibile, ma...
Mormorò sconsolato Abel, mentre si passava le dita tra gli indisciplinati capelli argentati.
- Accidenti! Con uno slogan come "La perla del Danubio", pensavo che si trattasse di una località con paesaggi pittoreschi… Ma qui è praticamente solo campagna…
- Non importa! Esci da lì! Questo veicolo deve fare inversione di marcia. Dobbiamo tornare a Vienna il prima possibile!
- Oh? Già in partenza?
Ma non erano appena arrivati? Alzando i suoi occhiali rotondi tinti di bianco dal vapore, Abel continuò con calma:
- Ah, signor fuochista, potrebbe aspettare ancora un po'? Sono qui, in questo momento, nel dilemma se tornare o meno a Roma e accettare il rischio di essere licenziato...
- Idiota! Presto sarà buio. Non posso restare in un posto come questo per un altro secondo!
- Eh? Ehm, cosa vuol dire... Uaaaaah!
Abel saltò frettolosamente all'indietro. Mentre risuonava il suono stridente del fischio, la locomotiva cominciò a sputare vapore. Sotto gli occhi del giovane, che indietreggiava trascinando il suo lungo cappotto, le gigantesche ruote cominciarono a girare frettolosamente.
- È stato pericoloso! Mi hai quasi fatto cuocere con quel vapore...
- Addio, ragazzo! Se tieni alla tua vita, faresti meglio a chiuderti in un ostello. Altrimenti...
Altrimenti... Cosa stava cercando di dire? La voce stridula del fuochista fu soffocata dal rumore della locomotiva a vapore e non giunse alle orecchie di Abel. Il treno attraversò la stazione, passò sul binario di raccordo e uscì nella pianura dove calava l'oscurità blu. Nel frattempo, Abel osservò il bagliore del fanale posteriore della locomotiva che diventava sempre più piccolo.
- Cof, cof! Ugh... Mi ha appena rovinato il mio vestito migliore! Che cosa terribile!
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Ma anche se protestava, non c’era nessuno ad ascoltarlo. Alla fine si arrese, si aggiustò la borsa da viaggio sulle spalle ed iniziò con riluttanza a camminare lungo il binario, scuotendo il cappotto. L’aria intorno a lui stava già cominciando ad assumere una sfumatura bluastra al calare del crepuscolo. Doveva raggiungere il suo rifugio prima che la notte calasse completamente, ma mentre si affrettava ad uscire dalla stazione, gli fu impossibile evitare una figura umana che sbucò all’improvviso da dietro una colonna.
Con un gridolino la persona cadde per terra, assieme ad un grande sacchetto che teneva in mano. Da dentro il sacchetto, che aveva sbattuto sul pavimento di mattoni, si udì il suono di qualcosa che si rompeva.
- M..mi scusi!
Disse Abel barcollando alla persona che aveva accidentalmente spinto.
- Mi scusi, ero distratto…uhm… va tutto bene?
- Ohi…ohi…
Seduto nella stessa posizione in cui era seduto, il ragazzo si massaggiava la schiena.
Indossava un cappotto di tessuto spesso e pantaloni di lana, una combinazione di vestiti molto semplice, ma che sembrava comoda e calda.
Con indosso un cappello da cacciatore ed una sciarpa che copriva metà del viso era impossibile distinguerne i lineamenti, ma sembrava un ragazzo molto piccolo. Doveva arrivare al massimo all’altezza del petto di Abel.
- Mi scusi mi scusi. Non si è ferito, vero?
- …non mi tocchi!
Il braccio che spinse via la mano tesa di Abel era sottile come quello di un adolescente. Pulendosi la polvere dal sedere, si alzò in piedi con un movimento agile.
- Sono veramente dispiaciuto… a proposito, il suo sacchetto ha fatto uno strano rumore… non si sarà rotto qualcosa?
Prima che il giovane col cappello da cacciatore potesse allungare la mano, Abel aveva già raccolto il sacchetto di carta caduto a terra. Non sapeva cosa contenesse ma era piuttosto pesante. Per di più, ora il fondo era completamente fradicio.
- È forse olio o qualcosa del genere? Beh ho paura che la bottiglia si sia rotta
Quando aprì il sacchetto, si diffuse un odore forte che gli irritò gli occhi. Il contenuto consisteva in due grandi bottiglie di vetro. Erano bottiglie di vino, ma riempite una di un liquido trasparente e l’altra di uno marrone. Quella con il liquido trasparente aveva una grossa crepa. Il liquido fuoriuscito aveva inzuppato completamente un orologio da taschino che si trovava in un angolo del sacchetto.
- Ahhh pare che si sia rotto anche I’orologio. Gli ingranaggi all’interno stanno fuoriuscendo. Mi spiace, rimedierò anche a questo
- Ah, no no, va tutto bene. L’orologio era già così
Rispose a bassa voce il giovane con il cappello da cacciatore. I suoi piedi indietreggiarono lentamente, come se stesse cercando di allontanarsi da Abel.
- Non mi deve ricompensare di nulla. Non era niente di speciale. Ma potrebbe ridarmi il mio sacchetto per piacere?
- Eh? Ma no, incidenti come questi devono essere gestiti nel modo giusto
Rispose Abel, agitandosi mentre tirava fuori il portafogli.
- Quanto valeva? Duecento dinari saranno sufficienti? Ecco tutto quello che ho… uno, due, tre, quattro… Oh no! Ho solo otto dinari!
Sbirciando nel suo sottile portafoglio, la sua voce cambiò improvvisamente tono. Afferrò la mano del giovane col cappello da cacciatore, che di nuovo stava lentamente cercando di allontanarsi.
- Mi spiace, non credo di avere abbastanza soldi. Se non é un problema. potrebbe aspettare un poco? Le risarcirò sicuramente tutto in un altro momento
- Ah davvero, non mi interessa…
- Benissimo! Grazie per aver compreso la mia situazione. Allora potrebbe darmi il suo indirizzo ed il suo nome?
- L’indirizzo? No no, ho detto che sono a posto così, non era nulla di importante
- Per favore, non dica così! Ah a proposito, io mi chiamo Abel Nightroad. Sono stato recentemente trasferito in questa città da Roma. Piacere di conoscerla!
Chiaramente a disagio, il ragazzo con il cappello da cacciatore cercava di sfuggire alla mano di quello strano giovane che si mostrava fin troppo amichevole. I suoi occhi, che avevano un’intensa lucentezza che ricordava quella dei lapislazzuli, si muovevano inquieti alla ricerca di una via di fuga. Tuttavia quando guardò in direzione dell’ingresso della stazione, la sua espressione sotto la sciarpa si congelò per la tensione.
Proprio in quel momento, una decina di persone stavano attraversando i tornelli per il controllo dei biglietti. Erano tutti uomini ben vestiti. Indossavano giacche blu scuro e berretti abbinati. Ma anche se erano in uniforme, si capiva chiaramente che non si trattava di personale della stazione, viste le pistole appese alle loro cinture.
- Istvan è un luogo piuttosto tranquillo, non è vero? È la prima volta che vengo in questa città, ma un’impressione così povera…volevo dire così tranquilla, è davvero…
- Guardi, sono davvero occupata in questo momento… volevo dire… occupato
Il gruppo di uomini in uniforme che aveva superato i tornelli stava ora attraversando la stazione dirigendosi verso di loro. Mentre Abel, ignaro o meno della situazione, continuava a chiacchierare con la stessa disinvoltura di prima, il giovane con il cappello da cacciatore ripeteva con voce nervosa:
- Devo andare da qualche parte, quindi…
- Ah davvero? Allora mi dia il suo nome e l’indirizzo e passerò da lei domani…
- No, le ho detto che va bene così…
- Ehi, voi!
Una voce roca, impregnata di un forte odore di nicotina, interruppe la loro discussione.
- Che cosa ci fate in un posto come questo?
Un uomo grande come un orso li guardò con occhi torvi.
Era enorme, persino più alto di Abel, probabilmente lo superava di una testa intera. Dalle dimensioni del corpo, non sembrava nemmeno appartenere alla specie umana. Era un soldato o qualcosa del genere? Una grossa pistola pendeva con ostentazione dalla cintura dell’uniforme. L’emblema del berretto, una doppia croce, era lo stemma della città di Istvan.
- E… lei chi é?
- Sono Gergey Radcon, Colonnello della Polizia Militare di Istvan
Si presentò l’uomo con i piccoli occhi che brillavano crudelmente, mentre le sue mani ruvide e nodose poggiavano in modo intimidatorio sulla fondina che portava alla vita. Non sembrava essere il tipo di persona con molti amici, quindi le persone dall’aria sospetta che erano dietro di lui erano probabilmente i suoi sottoposti.
- Non sapete che questa stazione è stata dichiarata zona vietata dopo le 18,00? Cosa ci fate qui?
- Ah…beh… in realtà ho accidentalmente fatto cadere il sacchetto di questa persona e le stavo dicendo che le avrei risarcito i danni. Mi scuso se ho causato dei disagi
Radcon, con una faccia che ricordava un pesce carnivoro, li fissò con sospetto entrambi, ma sembrò rilassarsi quando vide Abel chinare il capo e gesticolare chiedendo scusa. Sbuffò sdegnosamente dal naso e, come se avesse perso interesse, fece un gesto con il mento.
- Allora levatevi subito dai piedi
- Oh, allora possiamo andare? Grazie e scusate di nuovo… Allora col vostro permesso… Ah!
Mentre Abel si stava ritirando umilmente a testa bassa, i suoi piedi inciamparono improvvisamente in qualcosa. Sbatté la faccia a terra e lanciò un urlo.
- Ehi, faccia attenzione… non danneggi la stazione…
Rise Radcon con voce maligna, mentre Abel cercava di rimettersi in piedi. Anche i soldati dietro di lui scoppiarono a ridere imitandolo.
- Ahi… ahi…
Tenendosi il naso, che era diventato tutto rosso, Abel rialzò la testa. Tra le sue dita il sangue colava gocciolando sul pavimento.
- Ehi, tutto bene?
Con voce preoccupata, il giovane col cappello da cacciatore si inginocchiò accanto a lui e allungò un fazzoletto con la sua piccola mano.
- Ecco, prenda questo. Riesce ad alzarsi?
- Ah, grazie mille…
Ricevendo il fazzoletto offerto con aperta gratitudine, Abel barcollò in piedi. Il giovane col cappello da cacciatore lo sorreggeva da un lato.
- Non si sforzi troppo. Cammini lentamente
- Mi spiace… ah ah, sono davvero una persona maldestra
- Ehi, spilungone!
Abel stava uscendo barcollando dalla stazione, appoggiandosi alla spalla del giovane, quando una voce roca lo richiamò da dietro. Voltandosi, si trovò faccia a faccia con il gigante, che li stava fissando entrambi con uno sguardo spudoratamente beffardo.
- Cerchi di non cadere questa volta
Emise una risata stridula, come quella di una iena. Radcon girò il suo corpo gigantesco, alzando il mento verso i soldati che ridevano servilmente. Facendo battute volgari, continuarono a camminare lungo il binario.
- …maledetti bastardi
La voce era bassa, ma purtroppo fu troppo chiara per perdersi fra le risate dei soldati, che smisero improvvisamente di ridere e rivolsero i loro sguardi verso il volto dell’ufficiale superiore che si era fermato.
- Aspetta… cos’hai appena detto?
Con un suono simile ad un rombo sotterraneo, un braccio gigante si allungò con un’agilità che non si addiceva al suo peso e si posò sulla spalla del giovane con il cappello da cacciatore.
- Ci hai per caso chiamato ‘maledetti bastardi’?
Il giovane non rispose. Si limitò a scuotere leggermente la spalla con un’espressione infastidita, cercando di liberarsi dal braccio. Ma in quell’istante il suo piccolo corpo fu scaraventato in aria.
Volò per circa tre metri, colpendo il suolo con un forte tonfo. Riuscì per poco ad attutire l’impatto mentre cadeva, forse grazie ad una certa conoscenza delle arti marziali. Tuttavia, prima che potesse rialzarsi, il grosso braccio gli aveva già afferrato saldamente il colletto.
- Come hai osato chiamare il Colonnello della Polizia Militare ‘bastardo’!
Ruggì Radcon, sollevando facilmente il giovane con il cappello da cacciatore all’altezza dei propri occhi. Osservando il colore grigio nella parte superiore del braccio che traspariva dalla manica, si trattava probabilmente di un soldato tecnologicamente potenziato dai Franchi o dai Germani.
Un esempio della ‘Tecnologia Perduta’, scoperta e restaurata, in modo da creare un soldato con una forza equivalente a quella di un orso bruno, grazie alla tecnologia di potenziamento biologico creata prima dell’ ‘Armageddon’.
- Ecco che comincia di nuovo…
- Ha già perso la pazienza…
- Colonnello, almeno risparmiagli il braccio…
I soldati, probabilmente abituati agli scatti d’ira dell’ufficiale superiore, si limitarono a lanciare avvertimenti svogliati. Il personale della stazione, incuriosito dall’inatteso trambusto, si affacciò per vedere cosa stesse succedendo, ma quando videro la figura furiosa del gigante, si affrettarono a rientrare.
- Forza, dì qualcosa! O sei talmente terrorizzato da non riuscire nemmeno a parlare? Sei un ragazzo, eppure sei così patetico…
Radcon mise a nudo i denti alzando le labbra spesse, mentre scuoteva il giovane per il colletto.
- Però il coraggio di chiamarmi ‘bastardo’ ce l’hai avuto no?
- Non è questione di coraggio
Una voce dolorosa ma chiara provenne da sotto la sciarpa.
- È semplicemente la verità
- Tsk! Ne hai di fegato…Eh?
Il volto di Radcon si contrasse e si accigliò improvvisamente. Inclinò il corpo, come per sbirciare il viso sotto il cappello da cacciatore.
- Ma tu… non può essere…
Un pugno, duro come una roccia , colpì il cappello del cacciatore. I capelli rossi che erano rimasti nascosti nel cappello caddero improvvisamente. Quando vide il volto pallido sotto di esso, le labbra spesse del gigante si distorsero in uno sguardo lascivo.
- Sono sbalordito. Questo è un gioiellino di prima classe
Il volto pallido era quello di una ragazza molto giovane. I suoi occhi azzurri brillavano come quelli di un gatto e, anche se non c’era traccia di trucco sul suo viso, i suoi tratti marcati erano abbastanza belli da attirare lo sguardo. Le sue labbra sottili ed eleganti rimanevano serrate, sopportando l’umiliazione ed il dolore.
- Ehi, guardate qui! Che bella scoperta!
Il gigante, sorridendo e mostrando i denti, giocava con la giovane donna come se fosse stato un gattino.
- Penso proprio che potremo goderne per un po’, signori!
- Ecco che le brutte abitudini del colonnello saltano di nuovo fuori…
- Poverina, non credo che potrai tornare a casa stasera, ragazza…
- Colonnello, cerchi di lasciarla tutta intera dopo che avrà finito con lei…
Il gigante, come se stesse esibendo un trofeo, teneva sospesa in aria la ragazza tra le oscene provocazioni che le venivano lanciate. Poi si chinò per guardarla più da vicino e le soffiò addosso un alito che puzzava di tabacco.
- Allora, qual’è il suo nome, signorina?
- Mi chiamo Esther… Esther Blanchett
- Bene, bene… é un bel nome. Esther, credo che stasera io e te andremo d’accordo… Ho un lavoro da finire, ma dopo mi prenderò cura di te fino all’alba
- Come osi?!
Un suono chiaro echeggiò quando Esther, ancora sospesa in aria, schiaffeggiò Radcon con tutta la sua forza.
- Tieni giù quelle mani schifose, brutto bastardo! Sono ancora in tempo per perdonarti! Ma se continui con questa mancanza di rispetto non la passerai liscia!
Dichiarò con parole taglienti, affrontando il gigante direttamente. Considerando che era tre teste più alto di lei e tre volte più pesante, la sua determinazione era certamente degna di ammirazione. Tuttavia in questo caso il suo coraggio non fece altro che peggiorare la sua sfortunata situazione.
- Ma che ragazza coraggiosa!
Mentre i soldati guardavano la scena, ridendo beffardi, Radcon si sfregò distrattamente la guancia che si era arrossata.
- Così mi piace ancora di più
Improvvisamente, con un ruggito, il corpo della ragazza volò in aria. Scagliata violentemente contro una colonna, questa volta non riuscì ad attutire la caduta, ed atterrò sulla schiena come una bambola rotta.
- Aaahhhh
Un soffio d’aria, non un vero grido, le uscì dalle labbra socchiuse.
- Pensavo di conservare questa prelibatezza per dopo il lavoro, ma…
Radcon si chinò sulla ragazza, che respirava a malapena, e le posò le spesse dita sul petto.
- Ora credo che la mangerò qui!
Le strappò parte dei vestiti con un suono sgradevole ed espose la sua pelle bianca. I suoi piccoli seni si deformarono crudelmente sotto la presa della sua grossa mano, mentre le sue gambe sottili, lottando, scalciavano invano nel vuoto.
- Smettila…
- Stai ferma! Fra poco ti farò sentire per bene…
Guardando il viso della ragazza, che era pallido più per l’umiliazione che per la paura, Radcon si leccò le labbra. Proprio come aveva pensato: una ragazza con una forte personalità. Dominare con la forza quel tipo di prede era uno dei suoi più grandi piaceri.
- Smettila subito, cazzone senza vergogna!
- Mi piace. Mi piacciono le ragazze che non sanno stare zitte
Le urla si sentivano certamente nella sala del personale della stazione e nella sala d’attesa, ma non c’era traccia di qualcuno che venisse in soccorso.
A quel punto, soddisfatto del coraggio di Esther che anche in quel momento critico non aveva ancora perso il suo spirito combattivo, Radcon afferrò la cerniera dei suoi pantaloni.
- Uhm… un momento per favore
Una voce sommessa e farfugliante interruppe le furiosa urla della ragazza e le risate del gigante.
- Mi scusi se la interrompo mentre è occupato, ma c’è una cosa che vorrei chiederle
- Che c’è? Sei ancora qui idiota?
La voce di Radcon risuonò con un tono profondo mentre alzava il viso rosso per la rabbia e la lussuria.
Di fronte al suo sguardo ostile stava il giovane dagli occhiali rotondi. Gli occhi azzurri dietro di essi mostravano un’espressione di sconcerto mentre guardava il gigante e la ragazza da lui soggiogata.
- Ecco… è solo che… in realtà poco fa ho rotto gli effetti personali di questa ragazza. E stavamo ancora discutendo di quanto dovevo risarcirla
- Scappa, idiota!
- Ehi tu, tieni la ragazza e non lasciarla andare
Radcon fece immobilizzare i piedi e le mani della ragazza da un suo subordinato, poi si alzò lentamente. Guardò Abel dall’alto in basso con l’espressione di un orso bruno che ha acquisito un gusto per la carne umana.
- E quindi…?
Faccia a faccia con il gigante, ad una distanza tale da poterne quasi sentire il respiro, Abel sbatté le palpebre un po’ imbarazzato, ma poi fece un leggero colpo di tosse e assunse un’espressione seria.
- Beh… vedete… il Signore ha detto: ‘Non desiderare la donna di altri’
- Tsk
Un urlo breve ed intenso fu seguito da un suono assordante. Il corpo del giovane, colpito alla tempia da un pugno duro come la pietra, barcollò violentemente. Ruotando come una trottola, cadde a terra sul pavimento.
- Adoro fare gemere le donne, ma non mi spiace nemmeno fare urlare gli uomini
Le labbra di Radcon si contorsero in un sorriso sadico. Calpestò con forza la schiena di Abel, che tossiva sdraiato sul pavimento, e gli afferrò i capelli argentati e disordinati.
- Smettila!
Dalla gola di Abel uscì un gemito di dolore soffocato, mentre dalla bocca di Esther uscì un urlo stridulo. Radcon cominciò a sollevare lentamente il braccio che teneva i capelli d’argento. La schiena di Abel iniziò gradualmente a piegarsi all’indietro sotto il peso degli stivali del Colonnello, ed uno sgradevole suono di schiocco iniziò a provenire dalla sua spina dorsale.
- Basta! Lui non c’entra!
- Vediamo. Mi chiedo quanto possa sopportare, eh?
Ai piedi di Radcon, che sorrideva diabolicamente, i bulbi oculari di Abel, ormai pallidi, cominciarono a diventare bianchi.
- Ti ho detto di fermarti! Sta per morire!
- Non preoccuparti, si romperà solo la spina dorsale. Non sarà in grado di muoversi correttamente per il resto della sua vita
Come se pensasse di aver fatto un bello scherzo, Radcon sollevò le labbra. Mentre si godeva la sensazione della spina dorsale che scricchiolava sotto la punta dei piedi, concentrò le ultime forze sulle braccia.
- Ecco, ho quasi fatto...
- Le consiglio di fermarsi qui, colonnello Radcon
Una voce monotona, priva di qualsiasi intonazione, risuonò da dietro la schiena del gigante. Contemporaneamente, una mano guantata si posò di lato sul suo enorme braccio.
- Colonnello, sono passati 478 secondi da quando ha lasciato il suo posto. Le chiedo di tornare immediatamente ai suoi compiti
- Cosa...?
Radcon si voltò indignato, ma non appena vide il volto dietro di lui, emise un grugnito di frustrazione.
- Maledizione... Tres Iqus!
A fissare inespressivamente il volto del gigante c'era un uomo di bassa statura. Probabilmente aveva circa vent'anni. Sul colletto della sua uniforme militare impeccabilmente curata brillavano le insegne di un maggiore.
- Maggiore Iqus! Intende interrompere un superiore?
- Negativo. Non ho intenzione di interferire nei vostri svaghi
Con la stessa voce monotona di prima, senza il minimo disturbo, il giovane ufficiale continuò.
- Tuttavia, al momento siamo in missione. Chiedo che gli svaghi personali vengano lasciati per dopo. Alle 18:27, il settore sotto la vostra responsabilità è l'unico in cui i preparativi di sicurezza non sono ancora stati completati.
- Iqus, accidenti a te, stai cercando di sminuirmi, nella tua posizione di novellino? Solo perché sei il preferito di Lord Gyula non crederti chissà chi, capito?
Ruggì Radcon, fissando quel volto che sembrava più una maschera.
- Manca più di un'ora all'arrivo di Lord Gyula. Trenta minuti sono più che sufficienti per preparare il ricevimento. Su, vattene!
- Abbiamo appena ricevuto un annuncio. A causa di un cambiamento di programma, l'arrivo del treno speciale è stato anticipato di 30 minuti.
- Cosa?
Rivolgendosi alla faccia accigliata di Radcon, parlò con voce calma e imperturbabile.
- L'orario di arrivo previsto per Lord Gyula è alle 19:00: mancano meno di 2.000 secondi. Colonnello, raccomando di assumere immediatamente una posizione di sicurezza
- Tsk!
Le dita spesse persero la loro presa. Con un gemito di dolore, la testa dai capelli d’argento cadde a terra. Con un ultimo calcio al fianco, Radcon girò il suo immenso corpo.
- Ehi, cosa state facendo, idioti? Andiamo!
Prima di gridare ai suoi subordinati, con gli occhi iniettati di sangue, guardò minacciosamente il giovane maggiore, che era l'incarnazione stessa della calma. Mentre stava per allontanarsi, facendo tremare la terra sotto i suoi passi, si fermò improvvisamente e si voltò, come se si fosse ricordato di qualcosa.
- Oh, quasi dimenticavo... Voi, trascinate qui quel bastardo spilungone! Non appena il ricevimento sarà finito, lo porteremo alla Valle di Sangue. Io stesso lo interrogherò per bene
- Ma... Non ha fatto nulla di male!
Urlò Esther, mentre finalmente si sistemava i vestiti e si alzava. Il suo volto, che non aveva perso il controllo nemmeno quando era stata quasi violentata poco prima, ora mostrava un'innegabile espressione di paura e confusione.
- Mandarlo alla Valle di Sangue è troppo! Che cosa avrebbe fatto quest’uomo?
- Sta zitta! Se continui a brontolare, sarai arrestata anche tu! Violenza contro un militare della Polizia Militare, ostruzione di funzionari pubblici, danni alla proprietà... ci sono abbastanza capi d'accusa. Oh, e si potrebbe anche aggiungere il sospetto di spionaggio. Maggiore Iqus, anche lei non ha obiezioni, vero?
- ...positivo. Fate come volete
- Molto bene! È deciso
Come se si stesse divertendo, Radcon si lasciò andare a una risata e poi indicò con il mento i suoi subordinati, che ridevano anch'essi maliziosamente.
- Portatelo via!
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peccatidipenna · 6 years ago
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Le sette dinastie. La lotta per il potere nel grande romanzo dell'Italia rinascimentale di Matteo Strukul, in libreria dalla prossima settimana per @newtoncomptoneditori. #TRAMA Sette famiglie, sette sovrani, sei città: questa è l’Italia del XV secolo, dilaniata da guerre, intrighi e tradimenti, governata da signori talvolta lungimiranti, ma molto spesso assetati di potere e dall’indole sanguinaria. A Milano, Filippo Maria, l’ultimo dei Visconti, in assenza di figli maschi cerca di garantire la propria discendenza dando in sposa la giovanissima figlia a Francesco Sforza, promettente uomo d’arme. Intanto trama contro il nemico giurato, Venezia, tentando di corromperne il capitano generale, il conte di Carmagnola. Ma i Condulmer non temono gli attacchi: smascherano il complotto e riescono a imporre sul soglio di Pietro proprio un veneziano, che diverrà papa con il nome di Eugenio IV. Tuttavia il duca milanese troverà alleati anche a Roma: sono i rappresentanti della famiglia Colonna, ostili al papa che viene da Venezia e decisi a cacciarlo dalla città. Solo l’aiuto dei Medici riesce a scongiurare la morte del pontefice, costretto però a un esilio forzato a Firenze. E mentre nel sud dell’Italia si fa sempre più cruenta la guerra tra angioini e aragonesi, il destino della penisola italica è sempre più avvolto nell’incertezza…. —— Ebook 4,99€ Cartaceo 9,90€ Pag. 544 —— #libri #pubblicazioni #ebook #leggerefabene #leggeremania #booklovers #leggere #letture #booknow #booklover #leggerechepassione #leggeresempre #bookaddicted #bookaddict #bookish #bookaholic #booknerd #bookworm #bookstagram #igreaders #bookaddiction #bookblogger #booklove #peccatidipenna #matteostrukul #leggereesempreunabuonaidea https://www.instagram.com/p/B3OpDeMn5SD/?igshid=1ueptfy5i81b8
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