#jacopo montis
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acocktailmoment · 2 months ago
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Up In Smoke !
Ingredients:
20ml angel hair chilli pineapple rum
15ml Ardbeg
12.5ml amaretto
7.5ml pineapple skins syrup (cinnamon myrtle, clove, vanilla, pink pepper & brown sugar)
dash bitters
Instructions;
Stir all ingredients with ice, smoke, and serve.
Recipe by Jacopo Montis, Banco Manly.
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koufax73 · 4 months ago
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mixtraks #420: la playlist che rivendica Trinità dei Monti
Un anno dopo, ecco i Pinguini Tattici Nucleari a festeggiare sul palco e a occupare la copertina della mixtraks 420. Ad accompagnarli nell’avventura ci sono Tropico, Giorgieness, Jesse The Faccio, Rachele Bastreghi, i Manitoba, Solisumarte, Caspio, Bordeaux, Jacopo Gobber, Selmi, Ottone Pesante.
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nardogranata · 9 months ago
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Nardò, tre goal per il terzo posto.
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GELBISON - NARDO' 0-3
Goal: 38' Gentile, 40' Ceccarini. 83' Dambros
(3-5-2): Milan; Fontana, D. Ferrante, Muratori (46' Rodrigues); Casiello (83' G. Ferrante), Manzo (60' Sicurella), Kosovan (65' Gagliardi), Tazza, De Pasquale; Bubas (19′ st Barone), Croce.
Bench: Cervellera, Dellino, De Pace, Sall. 
Trainer: Alessandro Erra.
NARDO' (4-3-1-2): Viola; De Giorgi, Lanzolla, Gennari, Di Benedetto; Ceccarini, Guadalupi (84' Latagliata), Ciracì (60' J. Russo); D’Anna (88' Enyan), Gentile (77' Mariani), Dammacco (73' Dambros).
Bench: Della Pina, Rossi, Cellammare, Ria Nzuzi, 
Trainer: Massimo Costantino.
Arbitro: Mattia Mirri di Savona.
Assistenti: Dario Roscelli di Chiavari e Matthias Crisafulli di Imperia.
Ammoniti: Kosovan, Casiello (G) D'Anna (N)
Il Nardò vince nel catino infuocato di Capaccio, dimora provvisoria della Gelbison, e riaggancia il terzo posto con una tripletta. Gelbison per niente appagata ma poco concreta nelle conclusioni a rete punita dalle micidiali ripartenze granata.
E' stata una vittoria che ha ricordato le nette affermazioni in trasferta del Nardò del girone d'andata. Difesa attenta, Viola concentrato e reattivo, letali ripartenze appena gli avversari concedono spazi. Nel secondo tempo rispolverati i 5 difensori a blindare il risultato con ripartenza finale di Dambros a coronare il ritorno al goal del brasiliano finalmente sbloccatosi sotto la gestione Costantino.
La Gelbison ha confermato di essere squadra di qualità dalle individualità di spicco come Kosovan, Croce e Casiello ma non è riuscita a concretizzare almeno un paio di nitide occasioni da goal nella prima mezzora.
Al 30' Croce sciupa. tutto solo davanti a Viola. Il 9 rossoblu manda alto sopra la traversa con un colpo di testa impreciso.
Al 32' D'Anna perde palla. Contropiede Gelbison affannosamente chiuso da Lanzolla in area. Momento favorevole ai cilentani. Al 36' tiro di Croce deviato da Gennari in corner.
Al 38' ripartenza fulminea granata. Dammacco sale palla al piede e innesca Gentile, l'argentino punta la porta e infila il portiere in uscita. 1-0.
La Gelbison accusa il colpo e al 40' Ancora Nardò in goal. Ceccarini trova uno spiraglio e segna da distanza ravvicinata. 2-0 per il Toro.
La Gelbison reagisce con un altro tentativo di Croce. Semi-rovesciata con conclusione fuori misura. Monta il nervosismo. Proteste e schermaglie per una punizione di Kosovan. Ammonito D'Anna. Kosovan calcia sulla barriera e si chiude il primo tempo.
Secondo tempo. Dentro Rodriguez per Muratore nella Gelbison. Cilentani subito all'assalto. Al 48' tiraccio di Casiello sui monti del Cilento. Al 49' tiro di Manzo. Viola alza sopra la traversa. Pressione Gelbison ma il Nardò con D'Anna e Dammacco punge in ripartenza.
Al 56' cross di Bubas, testa di Croce, para Viola. Due minuti dopo altra occasione Gelbison. Tiro di Bubas deviato da Lanzolla in corner.
Costantino corre ai ripari. Dentro il quinto difensore, Jacopo Russo, fuori la mezzala Ciracì. Il Nardò ritrova sicurezza ed equilibrio mentre la spinta dei rossoblu perde vigore. Gli attacchi della Gelbison diventano sporadici e confusi complici anche caldo e stanchezza. E il Nardò prova a chiuderla definitivamente
Entra Dambros per Dammacco e all'82' arriva un altro contropiede letale granata. De Giorgi in corridoio verticale per Dambros che brucia Milan in uscita. Il brasiliano esulta in ginocchio. La partita è chiusa, il Toro risale in classifica e lancia lo sprint per i play off alti. Per la Gelbison va bene lo stesso così. Salvezza tranquilla con gioco di qualità.
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bergamorisvegliata · 11 months ago
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I LUOGHI DELL'ANIMA
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I luoghi dell'anima oggi ci riportano in Toscana, in provincia di Arezzo, ad Anghiari...
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Anghiari è un piccolo borgo immerso nella splendida campagna toscana a pochi chilometri da Arezzo, nella Valtiberina Toscana. Per la sua posizione strategica Anghiari rivestì un ruolo molto importante nel Medioevo. Nella pianura appena sottostante il borgo, il 29 giugno 1440, si svolse la famosa Battaglia di Anghiari, nella quale le truppe fiorentine sconfissero quelle milanesi, permettendo così a Firenze di assumere il governo della città. Il celebre affresco della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, andato purtroppo perduto, fu commissionato proprio per onorare questa storica vittoria. Anghiari inoltre è annoverato tra i Borghi più belli d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, si sviluppa lungo la ripida e caratteristica "ruga" che lo attraversa rendendolo unico.
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Arrivando al paese dalla pianura, la prima cosa che appare davanti agli occhi del visitatore è il Borghetto, vale a dire il più antico insediamento medievale poi circondato da possenti mura cinquecentesche. Un altro elemento capace di catalizzare l’attenzione di ogni visitatore è l’imponente torre medievale del Campano, che con la sua maestosa mole orienta i viaggiatori quasi come un faro. Sempre nel centro storico vale poi una sosta l’antica chiesa rupestre della Badia, fondata dai monaci camaldolesi intorno all’anno 1000.
Nel centro storico si trova inoltre il Palazzo Taglieschi, sede del Museo Statale in cui sono custodite opere di pregio, tra cui una Madonna in legno policromo di Jacopo della Quercia,
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alcune terrecotte robbiane e un organo positivo da tavolo del Cinquecento ancora funzionante. Tra gli altri, sono da segnalare il Museo della Battaglia e di Anghiari, che ospitato in Palazzo Marzocco offre la possibilità di conoscere e approfondire la storia dello scontro e la vicenda artistica che ha legato Leonardo a questo luogo. Si prosegue la visita al Museo della Misericordia, che ripercorre la storia della Confraternita della Misericordia di Anghiari, grazie a documenti e oggetti molto particolari. Da non perdere inoltre il Convento e della Chiesa della Croce di Anghiari, fortemente legata alla personalità di San Francesco.
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La Valtiberina Toscana è il lembo più orientale della regione e trae il nome dal Tevere che l'attraversa in tutta la sua lunghezza, fino al confine con l'Umbria.
Nelle immediate vicinanze del paese, gli amanti della natura avranno occasione di scoprire la singolare conformazione geologica della Riserva Naturale dei Monti Rognosi; mentre chi preferisce gli scenari medievali imperdibile una visita all’antico Castello di Sorci e a Sansepolcro, borgo medievale che ha dato i natali a Piero della Francesca.
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Per chi volesse proseguire la conoscenza di questo grazioso borgo toscano, ogni informazione è reperibile al link:
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Palazzo Madama ospita “In Cammino”
Visite fino al 10 ottobre 2023 Palazzo Madama ospita “In Cammino” La porta di Torino: itinerari sindonici sulla Via Francigena”, un’esposizione che ripercorre attraverso 4 sezioni artistiche e culturali la suggestione del cammino lungo la via Francigena  battuta dai pellegrini che da sempre attraversano il territorio piemontese.  La via Francigena è un antico cammino di pellegrinaggio che collega Canterbury a Gerusalemme passando per Roma. Poiché il percorso incrocia numerose città storiche, oggi la strada è diventata un popolare itinerario anche per i turisti che apprezzano storia e cultura dei luoghi attraversati.  Ricco di spiritualità, natura e storia, il Piemonte accoglie colui che ha scelto di intraprendere un cammino di fede o di ricerca personale. In un ambiente in cui la natura infonde un grande senso di comunione e armonia con tutto il Creato, il viandante guarda con speranza i maestosi monti del Piemonte che aprono il percorso italiano della via Francigena. La mostra è stata realizzata dalla Regione Piemonte e dalla Fondazione Carlo Acutis con l’obiettivo di stimolare una profonda riflessione sulla Sacra Sindone e sulle Vie Francigene. Palazzo Madama ospita “In Cammino” Torino, casa della Sacra Sindone, ospita questa bellissima mostra che si articola in quattro sezioni, ognuna caratterizzata da un tema specifico. La prima sezione raccoglie 16 illustrazioni di artisti affermati che raccontano, con l’originalità del proprio linguaggio estetico, il cammino lungo la via Francigena che attraversa il Piemonte. Il visitatore si aggira tra numerosi disegni che rappresentano con grande creatività e autentica emozione la via del cammino dei pellegrini, l’atmosfera, le suggestioni e la natura che ha ispirato i singoli artisti.  Iliaria Urbinati,Il Piemonte della via Francigena Davide Bettiol, ad esempio, nella strada del pellegrino ha rappresentato la strada del viandante tra le montagne piemontesicome un filo di un gomitolo che il viaggiatore porta con sé dietro le spalle come fosse uno zaino. Nel disegno di Iliaria Urbinati, invece, (Il Piemonte della via Francigena) una bimba e una donna adulta contemplano il Lago Viverone, sormontato da una nuvola a forma di Piemonte nella pace della natura che offre il paesaggio circostante. Elisa Seitzinger con il suo Piemonte della Via Michelita realizzato in tre colori (rosso nero e bianco) rappresenta San Michele Arcangelo che spinge Lucifero con la spada nelle viscere della terra e mette in evidenza i sette santuari simbolo per la cristianità che si trovano in parte in Europa e in parte in Italia. Jacopo Rosati, invece, si concentra sulle città del Piemonte attraversate dal percorso della via Francigena. L’artista ha concepito il suo Piemonte del Welfare sociale come una sorta di gioco dell’oca al quale tutti possono partecipare aggirandosi tra le chiese e i monumenti simbolo delle città-tappe.  Questi sono solo alcuni degli esempi delle sedici illustrazioni esposte dalle quali il visitatore può lasciarci ispirare ed emozionare grazie anche alla suggestiva location che le accoglie. Le altre sezioni della Mostra  La seconda sezione dell’esposizione a Palazzo Madama “In Cammino”, mostra ai visitatori, attraverso diversi materiali video, la via Francigena e gli itinerari sindonici. Pannelli interattivi si soffermano sul significato della Sindone, sui diversi spostamenti a cui è andata soggetta nel tempo e sugli antichi percorsi dei pellegrini nel Medioevo verso la Terra Santa. Jacopo Rosati, Piemonte del Welfare sociale Nella terza sezione, una grande mappa interattiva evidenzia gli itinerari di "Via Francigena for all" e i cammini sindonici, un progetto che ha ottenuto 1,6 milioni di euro di fondi statali per rinnovare numerose strutture e percorsi della millenaria porta d’ingresso dei pellegrini verso la Pianura Padana. Nella quarta sezione, infine, è esposta un’installazione dell'artista torinese Carlo Gloria dal titolo “Vado e Vengo”.  L’opera è stata realizzata in ferro taglio laser verniciato e si concentra sul tema del cammino con sagome umane in marcia. Attraverso un gioco di luci e proiezioni, il visitatore ha la percezione di persone in movimento che ci richiamano alla mente il cammino, un atto e un concetto che può essere tanto personale quanto collettivo, tanto spirituale quanto concreto ed esplorativo. Ancora una volta Palazzo Madama con la mostra  “In Cammino” si fa promotore di cultura e bellezza, mettendo a disposizione della collettività il proprio patrimonio di duemila anni di storia in perfetta armonia con esperienze culturali moderne e contemporanee. Read the full article
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marcogiovenale · 2 years ago
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Fondazione Baruchello presenta: INDUSTRIA INDIPENDENTE THE TRUTH IS A MATTER OF THE IMAGINATION con Erika Z. Galli e Martina Ruggeri Giovedì 22 settembre 2022 // Ore 18:00 – 19:30 Fondazione Baruchello Via del Vascello 35, Roma Sara Basta, Archivio degli oggetti concavi: la sporta (pubblicazione), 2022 Nell’ambito della mostra Il giardino libernautico, progetto nato da un’idea di Elena…
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diceriadelluntore · 3 years ago
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Storia Di Musica #193 - Focus, Moving Waves, 1971
il viaggio tra il progressive minore oggi ci porta nei Paesi Bassi, a fine anni ‘60. Sulla spinta del successo che i primi gruppi prog inglesi stavano avendo in tutta Europa, un gruppo di giovani musicisti olandesi si mette insieme per creare un gruppo: Thijs van Leer e Jan Akkerman sono due giovani polistrumentisti, il primo anche cantante e flautista, il secondo asso della chitarra, e insieme al bassista Martin Dresden e il batterista Hans Cleuver formano una band. Si nominano Focus e vanno a Londra dove prima suonano per locali e poi registrano, nel Gennaio del 1970, un disco  tutto di brani propri dal titolo Focus Plays Focus, che esce nel settembre dello stesso anno: è un misto di hard rock, folk e di alcune trovate musicali niente male, per un gruppo la cui musica si basa sui pirotecnici duelli tra van Leer e Akkermman. Il successo è discreto solo a casa loro, e la band si scioglie. Ma Akkermann è convinto di avere ancora qualcosa da dire: richiama van Leer e due nuovi musicisti, Cyriel Havermans (basso, voce) e Pierre Van Der Linden (batteria). I Focus rinascono e vanno in studio con Mike Vernon, produttore dei Bluesbreakers di John Mayall, di Bowie, dei Savoy Brown. Ed è tutto un’altra musica, ispirati dal lavoro che alcuni gruppi prog, come i Colosseum o i leggendari Emerson, Lake & Palmer, che nei loro show riarrangiavano musica classica (è del 1971 lo storico Pictures At An Exhibistion del trio, un concerto dal vivo a Newcastle dove si metteva in rock l'omonima opera del pianista russo Modest Petrovič Musorgskij). I Focus infatti partono da idee barocche, musica giocata su delicate partiture di piano e chitarra, con innesti di poderosi assoli di chitarra o mellotron. Moving Waves viene pubblicato in Olanda con il titolo Focus II nel 1971, ma le successive ristampe riunificano il titolo al primo: è un disco meraviglioso per strutture musicali, armonie e delicatezza. Infatti dei 6 brani che lo compongono, 5 sono caratterizzati dai soffici arpeggi di chitarre acustiche di Akkermann (Le Clochard), con echi di Genesis, da delizie che rimandano a musiche barocche (Janis, con il flauto di van Leer), la bellissima title track Moving Waves con il mellotron che dipinge un tappeto sonoro onirico e struggente, Focus II è un altro strumentale dove il pilastro ritmico batteria - basso si contrappone a taglienti riff di chitarra. Ma due brani passeranno alla storia: Eruption è una lunga suite di 23 minuti che si rifà alla composizione del musicista italiano del XVI secolo Jacopo Peri, Orfeo e Euridice: è l’occasione per virtuosismi, passaggi musicali stratosferici, per una composizione, in parte anche cantata, che è uno dei pezzi forti del prog europeo del periodo. Negli ultimi giorni di registrazione, la band si accorse che in fondo il disco era dominato da atmosfere poco “potenti” e decise di rimediare con un brano, una della gemme della musica prog: su un potentissimo riff chitarristico degno delle grandi band hard rock, van Leer ha l’idea geniale di alternare dei brevissimi intermezzi di prog jodel, di scat singing, di eefing (che è una tecnica vocale tipica dei Monti Appalachi che influenzerà l’hillibilly); nasce così Hocus Pocus, il loro brano più famoso, che diventerà uno dei momenti clou dei loro concerti, che nella versione in studio dura 6 minuti e mezzo di straordinaria e folle magia musicale. Il successo stavolta è grandioso: numero 2 in Gran Bretagna, numero 4 nei Paesi Bassi e addirittura numero 8 negli Stati Uniti; Hocus Pocus fu realizzato come singolo nel 1973 e arriverà nella top ten di Billboard. Sulla scia del successo di Moving Waves, anche il primo disco fu ristampato con il nuovo titolo di In And Out Of Focus, con scaletta diversa e nuovi brani, tra cui l’ottimo singolo House Of The King. Nel 1972 un nuovo cambio di formazione porta Bert Ruiter al basso, e Focus III è un nuovo grande disco, addirittura doppio, alto in classifica e con un nuovo bellissimo singolo, Sylvia. Nel 1974 van Leer se ne va, la band virerà più al jazz rock, per il malumore di Akkermann, e si scioglierà nel 1975. Seguendo l’andamento dell’interesse del prog (molto basso da fine anni 70 a metà anni 80, in rialzo prima a metà anni 90, poi negli anni 2000), la band si riunirà più volte, ma senza risultati di rilievo, con un cero seguito solo in patria. Rimane la fama legata a questo periodo dei primi ‘70, dove furono senza dubbio una delle più funamboliche e interessanti realtà del prog europeo.
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heller-obama · 5 years ago
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Yeah do it!!
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What is it?
Secret Sinclair is a fan-run event for The 100 fandom that is based on the western Christmas tradition of Secret Santa. To participate, writers must sign up by Sunday, November 10, 2019. 
How does it work?
Upon signing up, each participant will provide contact information and preferences in regards to ships and tropes. Event organisers will then match up participants and each author will be assigned someone for whom they will write a fic based on their giftee’s preferences.
All fics must be posted to AO3 Collection Secret Sinclair by Tuesday, December 24. The collection will be revealed on Christmas Day, December 25.
Content Limitations
Work submitted in this event cannot contain explicit or implicit sexual and/or romantic relationships between minors and adults. The Underage tag is reserved for relationships between two minors, i.e. a High School AU. This will be heavily enforced.
Signup Process
Signups open on Friday, November 1, 2019. Signups close on Sunday, November 10, 2019. Assignments will be forwarded (via e-mail) by Friday, November 15, 2019.
Gift Requirements
Minimum 1000 words.
Content rating must be respected.
Content warnings must be heeded and appropriately tagged.
Cannot contain prohibited content.
Must match the assigned prompt as closely as possible, taking into consideration preferences.
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heartofsurgingflame · 5 years ago
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hey hi so basically would you please do us all the honor of maybe saying your opinions on all the characters of tcomc? I know you love V4, just curious about your opinions on everyone else
*CRACKS KNUCKLES* ok so im gonna put this under a readmore because theres a good amount of these bitches. i’;ll look on wikipedias list of characters so i dont forget anyone
dantes/monte cristo: I LOVE HIM A LOT ACTUALLY, i know i dont talk about him as much as i talk about veeyfour partly because everyone likes him so everyone talks about him but theyre tied for my favorite character .... i relate to him a lot and i want him to be happy :(
abbe faria: i dont tend to like static characters often but the concept of an old guy you meet in prison who knows everything and adopts you, and also hes a priest, is so fucking funny so i have to like him. rest in peace my old bro
bertuccio: he sucks because hes mean to v4- just kidding i enjoy him. he’s a good guy i think, definitely a better person than v4, only thing i can really complain about is his whole “oo benedetto is a nasty little man because i didnt hit him” for personal reasons i strongly dislike that but hey it was the 1800s
luigi vampa: ok so hes one of those people who you can only refer to them by their full name. i think hes good as well. wise bandit leader. monty how do you even meet these people
peppino: oh god i dont even remember this one that well sorry
ali: don’t like that he exists..... slavery’s bad
baptistin: dont remember forming an opinion on this guy either
jacopo: he’s cool i guess. i like how they changed him in 2002. absolute bro
haydee: THAT GIRL IS DAUGHTER TO ME i used to be ehhh on her but then i realized i just don’t like that she and monty get married. she’s fucking good
mercedes: *WAILING* definitely one of my favorites i get so emo over her i really wish she had a more fulfilling ending. i would like to have seen more of what she was like pre-dantes getting sent to prison too, she was really fun at the beginning of the book like she would Not take fernand’s shit
fernand: awful awful man and i think he should’ve suffered more but as a character i like him he’s just... kind of a moron but also evil and half of everything he says ever is a lie
albert: who could forget dear albert he’s fucking crazy in a good way like it makes sense because mercedes was very like... set in her decisions and kind of drastic with what she says in the beginning of the book. and fernand is fernand. like you know his parents are crazy so he’s crazy. he’s a good kid though despite being a rich brat
franz: god bless him he’s the only one who realizes monte cristo is kinda suspicious. unless you count countess g---- but she just thought he was a vampire. but it’s good to have franz itd be a bit boring if monty was like loved by everybody instantly
danglars: YES i like him a lot he’s just evil and does not feel remorse he’s really fucking funny too because he’s a cuckold but he owns it. you know
hermine: well she was fuckin . that’s her prerogative i guess. has good taste in men except for her husband. i think she can do whatever she wants
eugenie: *SHOOTS LASERS FROM MY EYES* I LOVE HERRR i take back saying her mom should be able to do whatever she wants eugenie is the one who should be able to do whatever she wants forever. like she was not in the wrong at all unlike some people in this book
villefort: ok i know you know bhow i feel about this man but i just want to say he’s like... i think i don’t have a single issue with him the way he’s written is just so good and i wouldn’t change anything which is insane. yes im serious i wouldnt even make him actually gay because, thatd be weird, he is evil. also i relate to him too not as much as i relate to monty usually but
renee: what did she do even i guess i dont have much of an opinion on her. i like her dog in that one fuckign i watched like 2 episodes of the british miniseries the one in black and white. she has a little fluffy dog in it
the saint-merans: i guess theyre pretty funny because theyre rich people and have to put up with the way that villefort is. i love how all of villefort’s extended family just destroys each other
valentine: not a huge fan of the subplot with her and max, like i understand its narrative purpose and i wouldnt take it out by any means but i dont really care about those two together. i do like her quite a bit though. she managed to break the cycle of being a shitty person because of your family and im proud of her for that
noirtier: LEGEND he made a few points. like fuck napoleon but noirtier at least had a spine , perhaps a bit too much but you know how it is. he’s really funny because he does not respect his son in any way
heloise: OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO I REALLY LIKE HER nobody properly appreciates her like i’ve seen people view her as just a punishment for villefort like   shes her own person. and though murder is bad shes kind of a victim of the way that society was. similar to villefort. the problem is capitalism am i right
edouard: WHAT son? i don’t have an opinion on him
benedetto: he’s the closest i can come to disliking a tcomc character. like i dont like that ali exists but that’s dumas’s fault. benedetto is uh. horrible. he’s a bit funny though (sorry i keep saying characters are funny) is it hypocritical of me to be like i dont like benedetto because he’s evil but like danglars because he’s evil? maybe
morrel: dantes’s dad #3. he’s a good guy i appreciate that he was fully ready to shoot himself to save his family
maximilian: i like him, not as much as i like valentine but he’s cool
julie and her husband: no opinion really. glad things worked out for them
caderousse: a merderer............ ok i actually like him i’m sorry i don’t pay as much attention to him as i do to v4 fernand and danglars i should. probably change that. i think its funny that wikipedia basically describes him as a tailor who turns to a life of crime
whatever the hell cad’s wife’s nickname was: ok so the chapter where she dies can be interpreted in a number of ways right like i know one is that caderousse was nervous because he had decided to kill her but i like the idea that she had the idea to kill the jeweler first and caderousse was like do i have to and she was like ya. and then he just decided to get her too in the spur of the moment. would have liked to know more about her
dantes’s dad: :( he was nice.... we get like one nice dad and he dies. ok morrel is there too but...
lucien: DANGLARS POLYCULE he’s REALLY funny i like him quite a bit. he’s like. snarky
ok theres like at least 7 other characters but theyre minor and i odnt have much in the way of opinions on them. that’s all
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fleimkepajohnmurphy · 5 years ago
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the 100 + camp half blood, go
Clarke Griffin is a child of Zeus. She has a bit of ego and I can see her thinking that because her father is the main God everyone refers to, that she is the best and most fit to lead or most morally superior. (Murphy and Raven like to remind her that her father was a borderline rapist.) 
Bellamy and Octavia Blake are both in the Hermes cabin for awhile, unclaimed but after a few years, Bellamy is shown to be an Ares child and a few years following after that, Octavia finally shows as an Ares child as well. Octavia takes to it quickly and works to be the best of the fighters - a hidden part of her considers becoming a hunter under Artemis but her love for Bellamy chases the thought away - and he doesn’t like it. It makes him feel like a hunter, like a warrior, like a predator...like a monster. 
Raven Reyes had been claimed by Hephaestus before she had entered camp but Hephaestus seemed to be proud of her because when she had arrived at Camp Half-Blood, she had also brought a beacon bearing Hephaestus’s symbol. She grows close with one of the camp’s leaders, Jacopo Sinclair, but also makes sure to never disappoint her own father. Just as she had her mother. 
John Murphy knew he was supposed to die. John Murphy shouldn’t be alive by all technicalities but when he is twelve, it all clicks as to why. His mother drunkenly slurs that he doesn’t belong in their world and shit about demigods but she’s been doing that for years so he doesn’t care until he finds her the next morning, dead in her vomit; as he cries on the floor, a dark shadow of a man approaches and… turns into some demon-monster? John Murphy is twelve when he finds out about Camp Half-Blood but John Murphy is fifteen when Hades finally claims him. 
Monty Green isn’t surprised when he presents as one of Apollo’s children. He is, however, surprised by the reputation that surrounds the Apollo children of being innocent, naive harpers of music and light that have never done a single wrong in their world. How...convenient. 
Jasper Jordan was left as a lost one in the Hermes cabin since he was eight years old and his mother and father had lovingly dragged him to a man named Marcus Kane about the monsters that were attacking him. Marcus Kane offered him sanctuary at the camp, where he would meet Monty Green, who would a few years later present as Apollo, and he a few years after that would present as a child of Dionysus. How fun. 
Echo Azgeda and Lexa Woods had long ago been thrown into the Hermes cabin to be forgotten and discarded out of the way of actually claimed children and when the two girls both present as Athena’s children, they decide to instead join Artemis’s hunt, which, for all their credit, they are incredible at. It, however, becomes more difficult for Echo than Lexa, since, at 15, Lexa comes out as a lesbian and the only relationship Echo has had was with Anya Trikru but when Echo is 18, she meets John Murphy and Bellamy Blake. Gods Damn Her.
Nathan Miller’s father is a leader of the camp and he, in fact, knows that his son will present as something after a tearful confession from his wife but David doesn’t mind, he’s heard how the Gods can be tempting. At a shocking age of three years old, Nathan Miller presents as Hermes. Good, David’s proud of him. 
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freedomtripitaly · 5 years ago
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Bologna è l’antico capoluogo dell’Emilia-Romagna e una delle mete più amate dai turisti stranieri. I primi insediamenti risalgono agli Etruschi e ai Celti, fino a quando diventò un comune libero sotto il dominio dei Romani. Nel corso dei secoli, l’evoluzione intellettuale, favorì la penetrazione delle idee illuministe e ad oggi, Bologna, è una delle poche città che ancora vive di rendita, con un passato glorioso che ha investito molto nel futuro. Il Palazzo dei Congressi, il quartiere fieristico, insieme a tutte le altre strutture ricettive e le aziende, rendono Bologna un importante centro nevralgico. La città di Bologna, ad oggi, è un importante nodo di comunicazioni ferroviarie e stradali, oltre a essere un’importante area per il settore elettronico, alimentare e meccanico. Bologna, adagiata su dolci colline, è una delle destinazioni preferite in Italia dai turisti stranieri e non: rimarrete positivamente impressionati dalla sua vitalità, dal suo patrimonio culturale e dalla sua storia. Questa città farà breccia nel vostro cuore e non vi lascerà più! Dall’alto, Bologna, appare come una vasta distesa di tetti rossi, i quali danno vita ad una tavolozza di colori che armoniosamente si mischiano tra loro. Bologna è una città che va visitata a piedi o in bicicletta in modo da poter godere pienamente della bellezza del luogo. Inoltre, Bologna, è conosciuta come la città dei portici: si contano circa 38 km di portici nel perimetro cittadino, ma il numero sale a 53 se consideriamo anche quelli fuori dal centro. I portici, eleganti ed antichi, fungono tutt’ora da ampliamento dello spazio cittadino ed il più lungo è sicuramente quello di San Luca. I musei di Bologna da visitare assolutamente A Bologna sono oltre cinquanta i musei che conservano il patrimonio e la preziosa ricchezza della città. L’Istituzione Bologna musei, attraverso le sue collezioni, racconta la storia di questa antica città, dai primi insediamenti preistorici, fino alle dinamiche scientifiche, artistiche ed economiche della società contemporanea. Sono moltissimi, infatti, i musei di Bologna che raccontano il percorso di questa città, articolato su temi differenti. Di grande interesse, inoltre, sono le collezioni storiche di anatomia ed ostetrica, le opere militare del Muse Poggi, le cere anatomiche, così come i manoscritti del giovane Mozart e gli unici strumenti del Museo Internazionale e Biblioteca della musica. Avrete la possibilità di costruire un percorso personalizzato, sulla base delle vostre preferenze e sorprendervi, minuto dopo minuto, nei più famosi musei di Bologna. MAMbo Bologna Il MAMbo, nato nel 2007, è il Museo d’Arte Moderna di Bologna, il quale comprende anche Museo e Casa Morandi, Museo per la Memoria di Ustica, Villa delle Rose e Residenza per artisti Sandra Natali. Il MAMbo di Bologna è in continuo aggiornamento e rinnovamento ed è molto famoso in quanto ripercorre la storia del secondo dopoguerra ad oggi. Questo museo nacque come un’entità totalmente indipendente nella seconda metà degli anni Novanta sotto la presidenza di Lorenzo Sassoli de Bianchi, noto per essere un grande collezionista d’arte ed innovatore. Grazie al lavoro e all’impegno di De Bianchi, il museo è riuscito a posizionarsi in un preciso ruolo culturale, non solo a Bologna ma in Italia. In questo modo, dunque, il MAMbo di Bologna, è riuscito ad acquisire un nuovo ruolo: non solo quello di spazio espositivo, ma di vero e proprio crocevia sperimentale ed informativo per giovani artisti emergenti. All’interno dell’edificio, spesso, vengono organizzate interessanti mostre monografiche dedicate a famosi artisti italiani e stranieri. Il MAMbo di Bologna possiede, inoltre, un importante dipartimento educativo atto a far avvicinare i visitatori alle forme di espressione del nostro tempo. Molto recentemente, nel 2016, il MAMbo di Bologna ha ospitato, nel mese di luglio, la mostra di David Bowie dedicata interamente al cantautore britannico. La mostra è stata tra le più visitate nel 2016 in Italia. Museo Civico Archeologico di Bologna Il Museo Civico Archeologico di Bologna ha sede nel Palazzo Galvani e nasce dall’antica fusione di due musei: l’Universitario, erede della “Stanza delle Antichità” dell’Accademia delle Scienze fondata da Luigi Ferdinando Marsili, ed il Comunale, arricchitosi della collezione del pittore Pelagio Palagi. Questo museo è altamente rappresentativo della storia locale di Bologna, dalla preistoria all’età romana e la sua collezione di antichità egizie è fra le più famose in Italia. Dal 2011 il Museo Civico Archeologico di Bologna è parte dell’Istituzione Bologna Musei, un importante organismo che, attraverso le sue collezioni, racconta l’intera storia dell’area metropolitana bolognese. L’area disciplinare del museo ha lo scopo di valorizzare il patrimonio archeologico della città, grazie anche all’ausilio di programmi e convenzioni con altri enti ed istituzioni. Museo della Musica di Bologna Tra i più importanti musei di Bologna vogliamo ricordare quello della musica. Esso è stato inaugurato nel 2004 e ha sede proprio nel centro storico di Bologna, più precisamente presso Palazzo Sanguinetti. Le sale di questo storico museo sono davvero splendide: sono accuratamente affrescate e custodiscono una delle raccolte più prestigiose per il repertorio di musica a stampa dal Cinquecento al Settecento. Oltre a questa esposizione, il Museo della Musica di Bologna, ospita una ricostruzione fedele del laboratorio del celebre liutaio Otello Bignami. Oltre ad una sala per eventi, laboratori didattici, un bookshop e postazioni multimediali. Palazzo Poggi a Bologna Palazzo Poggi a Bologna venne costruito nel XVI sotto le direttive di Pellegrino Tibaldi, autore anche degli affreschi interni. All’interno del palazzo è possibile ammirare la preziosa collezione dell’Istituto delle Scienze, composta da sale tematiche, la sala dedicata all’arte d’Oriente e l’aula Carducci. Nel corso del Settecento fu aggiunta al palazzo la famosa “Aula Magna”, ossia l’originale biblioteca dell’Istituto delle Scienze; più tardi, inoltre, venne innalzata la cosiddetta “Torre della Specola”. La peculiarità del Museo di Palazzo Poggi consiste nell’essere la ricomposizione delle collezioni dell’antico Istituto di Scienze, il quale operò in maniera pratica fino al 1799. Da ricordare è sicuramente La Quadreria, ossia un’importante collezione di circa 700 ritratti di uomini illustri dal Medioevo fino ai primi anni del Novecento. Il nucleo più ricco consiste in 403 dipinti di teologi, cardinali e scienziati e risale al lascito testamentario del cardinale bolognese Filippo Maria Monti. Negli anni l’istituto ha anche raccolto una serie di collezioni pittoriche, come la wunderkammer di Ferdinando Cospi e la collezione di Ulisse Aldrovandi. Museo Civico Medievale di Bologna Gli appassionati di storia non potranno non fare un salto al Museo Civico Medievale di Bologna. Questo museo ha sede presso l’antico Palazzo Ghisilardi ed espone principalmente testimonianze medievali della città stessa. Potrete ammirare una serie di antiche sculture e materiali risalenti al Trecento e Cinquecento, importanti testimonianze dell’epoca rinascimentale che risalgono ad importanti artisti, quali Jacopo della Quercia, Francesco del Cossa, Vincenzo Onofri. Il museo, inoltre, conserva antiche opere di età longobarda: un’acquamanile di bronzo, la statua di Bonifacio VIII in rame e legno, il piviale della Basilica di San Domenico. Un’interessante raccolta di codici e libri, poi, testimonia la tradizione della miniatura. Bologna: un mix di cultura, shopping e cucina “Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po’ molli, col seno sul piano padano”, così la definisce Francesco Guccini in una sua canzone. Se siete amanti della storia, Bologna è la città che va per voi: ve ne innamorerete perdutamente! La sua storia è lunga secoli ed è nota per la sua arte, per le moltissime attività culturali, così come per l’ottima cucina. Bologna è sicuramente uno dei centri culturali più attivi in Italia, con una popolazione mediamente giovane grazie alla presenza di moltissimi studenti. Queta città, infatti, possiede un importante primato: ospita la più antica università dell’Occidente, ossia la Alma Mater Studiorum fondata nel 1088. Qui hanno studiato molti personaggi noti come per esempio papa Alessandro VI, Michelangelo Antonioni, Pascoli, Copernico e molti altri. Ancora oggi questo importante ateneo è meta di moltissimi visitatori ed è un centro culturale davvero attivo. Famosissimo a Bologna è anche il Quadrilatero: una volta era conosciuto come il Mercato di Mezzo, ovvero un luogo avvenivano i più importanti scambi commerciali. Le vie centrali di questa zona, pur ospitando negozi moderni e alla moda, ci riportano alla mente il fascino di un tempo. Bologna, infatti, è la città più ricca d’Italia e basta dare uno sguardo alle vetrine dei negozi che costeggiano i suoi portici di marmo per rendersene conto. Se siete di bocca buona, a Bologna troverete moltissime alternative soddisfacenti: i tortelli sono sicuramente il pezzo forte della gastronomia bolognese, ma non dimentichiamoci delle lasagne, assolutamente imperdibili, della pasta fresca all’uovo, disponibile in moltissimi formati. Insomma, la città di Bologna è uno dei tesori più preziosi d’Italia dove potrete gustare piatti deliziosi della cucina italiana, ma anche immergervi in un bagno culturale non di poco conto: non solo musei e antichi edifici, anche eleganti e graziosi portici che rendono Bologna davvero unica nel suo genere. Concedetevi una rilassante passeggiata sotto il portico più lungo del mondo fino alla Basilica di San Luca: una camminata un po’ impegnativa, ma una volta in cima potrete godere di un panorama davvero mozzafiato. https://ift.tt/2VBWFf3 Musei di Bologna: i più belli da visitare Bologna è l’antico capoluogo dell’Emilia-Romagna e una delle mete più amate dai turisti stranieri. I primi insediamenti risalgono agli Etruschi e ai Celti, fino a quando diventò un comune libero sotto il dominio dei Romani. Nel corso dei secoli, l’evoluzione intellettuale, favorì la penetrazione delle idee illuministe e ad oggi, Bologna, è una delle poche città che ancora vive di rendita, con un passato glorioso che ha investito molto nel futuro. Il Palazzo dei Congressi, il quartiere fieristico, insieme a tutte le altre strutture ricettive e le aziende, rendono Bologna un importante centro nevralgico. La città di Bologna, ad oggi, è un importante nodo di comunicazioni ferroviarie e stradali, oltre a essere un’importante area per il settore elettronico, alimentare e meccanico. Bologna, adagiata su dolci colline, è una delle destinazioni preferite in Italia dai turisti stranieri e non: rimarrete positivamente impressionati dalla sua vitalità, dal suo patrimonio culturale e dalla sua storia. Questa città farà breccia nel vostro cuore e non vi lascerà più! Dall’alto, Bologna, appare come una vasta distesa di tetti rossi, i quali danno vita ad una tavolozza di colori che armoniosamente si mischiano tra loro. Bologna è una città che va visitata a piedi o in bicicletta in modo da poter godere pienamente della bellezza del luogo. Inoltre, Bologna, è conosciuta come la città dei portici: si contano circa 38 km di portici nel perimetro cittadino, ma il numero sale a 53 se consideriamo anche quelli fuori dal centro. I portici, eleganti ed antichi, fungono tutt’ora da ampliamento dello spazio cittadino ed il più lungo è sicuramente quello di San Luca. I musei di Bologna da visitare assolutamente A Bologna sono oltre cinquanta i musei che conservano il patrimonio e la preziosa ricchezza della città. L’Istituzione Bologna musei, attraverso le sue collezioni, racconta la storia di questa antica città, dai primi insediamenti preistorici, fino alle dinamiche scientifiche, artistiche ed economiche della società contemporanea. Sono moltissimi, infatti, i musei di Bologna che raccontano il percorso di questa città, articolato su temi differenti. Di grande interesse, inoltre, sono le collezioni storiche di anatomia ed ostetrica, le opere militare del Muse Poggi, le cere anatomiche, così come i manoscritti del giovane Mozart e gli unici strumenti del Museo Internazionale e Biblioteca della musica. Avrete la possibilità di costruire un percorso personalizzato, sulla base delle vostre preferenze e sorprendervi, minuto dopo minuto, nei più famosi musei di Bologna. MAMbo Bologna Il MAMbo, nato nel 2007, è il Museo d’Arte Moderna di Bologna, il quale comprende anche Museo e Casa Morandi, Museo per la Memoria di Ustica, Villa delle Rose e Residenza per artisti Sandra Natali. Il MAMbo di Bologna è in continuo aggiornamento e rinnovamento ed è molto famoso in quanto ripercorre la storia del secondo dopoguerra ad oggi. Questo museo nacque come un’entità totalmente indipendente nella seconda metà degli anni Novanta sotto la presidenza di Lorenzo Sassoli de Bianchi, noto per essere un grande collezionista d’arte ed innovatore. Grazie al lavoro e all’impegno di De Bianchi, il museo è riuscito a posizionarsi in un preciso ruolo culturale, non solo a Bologna ma in Italia. In questo modo, dunque, il MAMbo di Bologna, è riuscito ad acquisire un nuovo ruolo: non solo quello di spazio espositivo, ma di vero e proprio crocevia sperimentale ed informativo per giovani artisti emergenti. All’interno dell’edificio, spesso, vengono organizzate interessanti mostre monografiche dedicate a famosi artisti italiani e stranieri. Il MAMbo di Bologna possiede, inoltre, un importante dipartimento educativo atto a far avvicinare i visitatori alle forme di espressione del nostro tempo. Molto recentemente, nel 2016, il MAMbo di Bologna ha ospitato, nel mese di luglio, la mostra di David Bowie dedicata interamente al cantautore britannico. La mostra è stata tra le più visitate nel 2016 in Italia. Museo Civico Archeologico di Bologna Il Museo Civico Archeologico di Bologna ha sede nel Palazzo Galvani e nasce dall’antica fusione di due musei: l’Universitario, erede della “Stanza delle Antichità” dell’Accademia delle Scienze fondata da Luigi Ferdinando Marsili, ed il Comunale, arricchitosi della collezione del pittore Pelagio Palagi. Questo museo è altamente rappresentativo della storia locale di Bologna, dalla preistoria all’età romana e la sua collezione di antichità egizie è fra le più famose in Italia. Dal 2011 il Museo Civico Archeologico di Bologna è parte dell’Istituzione Bologna Musei, un importante organismo che, attraverso le sue collezioni, racconta l’intera storia dell’area metropolitana bolognese. L’area disciplinare del museo ha lo scopo di valorizzare il patrimonio archeologico della città, grazie anche all’ausilio di programmi e convenzioni con altri enti ed istituzioni. Museo della Musica di Bologna Tra i più importanti musei di Bologna vogliamo ricordare quello della musica. Esso è stato inaugurato nel 2004 e ha sede proprio nel centro storico di Bologna, più precisamente presso Palazzo Sanguinetti. Le sale di questo storico museo sono davvero splendide: sono accuratamente affrescate e custodiscono una delle raccolte più prestigiose per il repertorio di musica a stampa dal Cinquecento al Settecento. Oltre a questa esposizione, il Museo della Musica di Bologna, ospita una ricostruzione fedele del laboratorio del celebre liutaio Otello Bignami. Oltre ad una sala per eventi, laboratori didattici, un bookshop e postazioni multimediali. Palazzo Poggi a Bologna Palazzo Poggi a Bologna venne costruito nel XVI sotto le direttive di Pellegrino Tibaldi, autore anche degli affreschi interni. All’interno del palazzo è possibile ammirare la preziosa collezione dell’Istituto delle Scienze, composta da sale tematiche, la sala dedicata all’arte d’Oriente e l’aula Carducci. Nel corso del Settecento fu aggiunta al palazzo la famosa “Aula Magna”, ossia l’originale biblioteca dell’Istituto delle Scienze; più tardi, inoltre, venne innalzata la cosiddetta “Torre della Specola”. La peculiarità del Museo di Palazzo Poggi consiste nell’essere la ricomposizione delle collezioni dell’antico Istituto di Scienze, il quale operò in maniera pratica fino al 1799. Da ricordare è sicuramente La Quadreria, ossia un’importante collezione di circa 700 ritratti di uomini illustri dal Medioevo fino ai primi anni del Novecento. Il nucleo più ricco consiste in 403 dipinti di teologi, cardinali e scienziati e risale al lascito testamentario del cardinale bolognese Filippo Maria Monti. Negli anni l’istituto ha anche raccolto una serie di collezioni pittoriche, come la wunderkammer di Ferdinando Cospi e la collezione di Ulisse Aldrovandi. Museo Civico Medievale di Bologna Gli appassionati di storia non potranno non fare un salto al Museo Civico Medievale di Bologna. Questo museo ha sede presso l’antico Palazzo Ghisilardi ed espone principalmente testimonianze medievali della città stessa. Potrete ammirare una serie di antiche sculture e materiali risalenti al Trecento e Cinquecento, importanti testimonianze dell’epoca rinascimentale che risalgono ad importanti artisti, quali Jacopo della Quercia, Francesco del Cossa, Vincenzo Onofri. Il museo, inoltre, conserva antiche opere di età longobarda: un’acquamanile di bronzo, la statua di Bonifacio VIII in rame e legno, il piviale della Basilica di San Domenico. Un’interessante raccolta di codici e libri, poi, testimonia la tradizione della miniatura. Bologna: un mix di cultura, shopping e cucina “Bologna è una vecchia signora dai fianchi un po’ molli, col seno sul piano padano”, così la definisce Francesco Guccini in una sua canzone. Se siete amanti della storia, Bologna è la città che va per voi: ve ne innamorerete perdutamente! La sua storia è lunga secoli ed è nota per la sua arte, per le moltissime attività culturali, così come per l’ottima cucina. Bologna è sicuramente uno dei centri culturali più attivi in Italia, con una popolazione mediamente giovane grazie alla presenza di moltissimi studenti. Queta città, infatti, possiede un importante primato: ospita la più antica università dell’Occidente, ossia la Alma Mater Studiorum fondata nel 1088. Qui hanno studiato molti personaggi noti come per esempio papa Alessandro VI, Michelangelo Antonioni, Pascoli, Copernico e molti altri. Ancora oggi questo importante ateneo è meta di moltissimi visitatori ed è un centro culturale davvero attivo. Famosissimo a Bologna è anche il Quadrilatero: una volta era conosciuto come il Mercato di Mezzo, ovvero un luogo avvenivano i più importanti scambi commerciali. Le vie centrali di questa zona, pur ospitando negozi moderni e alla moda, ci riportano alla mente il fascino di un tempo. Bologna, infatti, è la città più ricca d’Italia e basta dare uno sguardo alle vetrine dei negozi che costeggiano i suoi portici di marmo per rendersene conto. Se siete di bocca buona, a Bologna troverete moltissime alternative soddisfacenti: i tortelli sono sicuramente il pezzo forte della gastronomia bolognese, ma non dimentichiamoci delle lasagne, assolutamente imperdibili, della pasta fresca all’uovo, disponibile in moltissimi formati. Insomma, la città di Bologna è uno dei tesori più preziosi d’Italia dove potrete gustare piatti deliziosi della cucina italiana, ma anche immergervi in un bagno culturale non di poco conto: non solo musei e antichi edifici, anche eleganti e graziosi portici che rendono Bologna davvero unica nel suo genere. Concedetevi una rilassante passeggiata sotto il portico più lungo del mondo fino alla Basilica di San Luca: una camminata un po’ impegnativa, ma una volta in cima potrete godere di un panorama davvero mozzafiato. Bologna è una città bella ed accogliente dove coesistono bellezze architettoniche, storiche e gastronomiche oltre a numerosi musei da visitare.
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sometimesrosy · 5 years ago
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OMG! I can’t believe someone suggested charlotte as the baby name 😂😂😂. I’d love to hear your opinions on these names: Monty, Harper, Maya, Josie, Wells, Marcus, Aurora, Jacapo (Sinclair), Lincoln, Atom, Myles (poor S1 arrow boy, lol).
Most likely for a Bellarke baby?Aurora, Monty, Harper, Wells. Abby.
for Raven?Jack (Jacopo), Abby
For Octavia?Lincoln, Aurora, Marcus.
For Murphy and Emori? Abby
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Bologna, il programma di “Galileo. L’alfabeto dell’universo”
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Bologna, il programma di “Galileo. L’alfabeto dell’universo”. In vista della Notte dei Ricercatori, oggi alle ore 19.30 il Chiostro del Teatro Arena del Sole di Bologna accoglie Galileo. L’alfabeto dell’universo, un reading da alcuni testi di Galileo Galilei, una delle grandi menti di maggiore ispirazione per generazioni di scienziati e letterati. Ad interpretarlo, gli attori Paolo Minnielli e Jacopo Trebbi, accompagnati dalla musica dal vivo di Tommaso Filosa e da un intervento di Fabrizio Bònoli, docente di Storia dell’Astronomia all’Università di Bologna. L’evento è organizzato in collaborazione con il Conservatorio di Musica Giovan Battista Martini, a cura di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e SOCIETY. «Nelle pagine del Somnium di Keplero e del Dialogo di Galileo - afferma il filosofo e matematico Piergiorgio Odifreddi - la Luna mostra per la prima volta il proprio vero volto, con i monti e le valli che il cannocchiale ha permesso di scoprire, e ci appare come la conosciamo oggi. Keplero e Galileo intuiscono in quelle pagine memorabili come si sarebbe vista la Terra dalla Luna, con variopinti risultati che superano le sbiadite invenzioni di qualunque poeta lunare, dall’Ariosto al Leopardi». A partire da questa suggestione, il reading intreccia i testi autografi di Galileo Galilei (trattati, lettere e la celebre abiura) ai ragionamenti di Odifreddi, fino a un toccante contributo poetico di Primo Levi. Questi materiali disegnano un percorso che dal pensiero scientifico, da calcoli, invenzioni e ragionamenti del pensiero comune, approda a una visione filosofica profonda, che trova spazio nella letteratura e nel teatro.... Read the full article
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travllingbunny · 6 years ago
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The 100 rewatch: season 3
Finally, it’s over! I got behind with the write-ups, due to actual work, which slowed down my rewatch. I probably should have opted for writing just a short post with 5 lines for each episodes instead of these in-depth reviews, but oh well, Too late now.
But at least I’ll now have two more weeks to rewatch seasons 4 and 5, before 6x03 premieres (since, you know, I’ve already seen 6x01 and 6x02).
Season 3 episode ratings and rankings
3x13 Join or Die – 10/10
3x11 Nevermore – 9/10
3x05 Hakeldama – 8.5/10
3x02 Wanheda, Part Two – 8.5/10
3x15 Perverse Instantiation, Part One – 8/10
3x12 Demons – 8/10
3x14 Red Sky at Morning –8/10
3x08 Terms and Conditions -7/10
3x01 Wanheda, Part One – 7/10
3x03 Ye Who Enter Here – 6.5/10
3x16 Perverse Instantiation, Part Two –  6/10
3x06 Bitter Harvest – 5/10
3x09 Stealing Fire – 5/10
3x10 Fallen – 4.5/10
3x04 Watch the Thrones – 3.5/10
3x07 Thirteen – 3/10
Season 3 average rating:  6.71/10
By comparison, season 1 average rating was 7.54/10, and season 2 rating  – 8.38/10. No surprise there - season 3 was always my least favorite season, and this rewatch didn’t change that.
Season 3 episode reviews:
Episodes 3x01-3x02
Episodes 3x03-3x05
Episodes 3x06-3x10
Episodes 3x11-3x16
Season 2 master post with rankings, ratings, timeline and body count
Season 1 rankings and ratings here (I didn't make a master post for season 1, so individual episode posts can be only found through the rewatch tag or The 100 season 1 tag)
Timeline and body count for season 3/the first 3 seasons under the cut.
Timeline: By my count,  the first two seasons lasted only about 40 days, maybe a little more. Season 1 was maybe a little more than 3 weeks but certainly less than a month. Season 2 was a bit over 2 weeks. There was a mini-time jump between seasons 2 and 3, which lasted about 3 months (86 days, to be precise).
Season 3 lasted between 22 and 25 days (depending on how much time passed between episodes 3x05 and 3x05; most other episodes lasted about a day, except for one week between 3x02 and 3x03). All in all, it's a little more than 5 months - my count falls a little short of 5 and a half months, which is how much time is supposed to have passed between 1x01 and 3x13 (the latter episode had the first explicit indication of the passage of time since the Pilot, since flashbacks that happened a couple of weeks before the Pilot were said to be set 6 months earlier. But "six months" was just a rounded number.) 
Body count: Less people died in season 3 than in seasons 1 and 2 (because around 3,000 people died during seasons 1-2, even though they lasted less than a month and half), but the number was still pretty high.
Mass killings included:
49 Sky people, mostly civilians (out of which 36 people from the Farm Station) were killed by Azgeda when they blew up Mount Weather (at the orders of Queen Nia, with the help by Carl Emerson, facilitated by Echo and directly implemented by a nameless assassin)
about 300 Trikru warriors were killed by Charles Pike and his group of 9 more people, including  Bellamy and Hannah Green; 
and an unknown number of people, probably quite large, that were killed by ALIE's chipped soldiers for refusing to take the chip (we know that 3% of the population were refusing) or were killed by non-chipped people in self-defense.
We also found out about other mass killings that happened during the timeline of season 2: about 120 Sky people from the Farm Station, including 15 children, were killed by Azgeda right after the Ark landed, or during the later fighting, during which Pike's group probably killed quite a few Azgeda, too.
The only character billed as the main cast who died this season was Lincoln (condemned to death and executed/shot by Charles Pike). This was the second most infamous death of the show - the most infamous one also happened this season - the death of Commander Lexa, accidentally shot by her Flamekeeper Titus, while he was trying to murder Clarke.
Several other Grounder leaders also died: Queen Nia (killed by Lexa), Titus (suicide), “false Commander” Ontari (killed by chipped Jaha at ALIE’s order). Seven Nightblood children, including Aden, were murdered by Ontari. Outcasts Otan (Emori’s brother) and Gideon also were killed. Other casualties (aside from the 300 Trikru warriors) included at least 10 nameless Grounders, most of them Azgeda, in various skirmishes, the assassin at Mount Weather (killed by Raven), villager Semet (by Titus, after an assassination attempt on lexa), and an Azgeda ambassador thrown off the tower by Lexa. A lot of other Grounders died because of ALIE, including 5 Boat people (among them Luna’s husband Derrick, and Shay).
The last Mountain Men, Carl Emerson, who was responsible for at least 50 deaths just this season, was killed by Clarke.
In addition to the 49 Arkers who died at Mount Weather (including Gina Martin, killed directly by the assassin), other Sky people who were killed included Monroe (one of the original 100, killed by poisoned smoke), Jacopo Sinclair (murdered by Carl Emerson), Shawn Gilmer (killed by Octavia), Hannah Green (killed by her son Monty when she was chipped and trying to kill Octavia), and Charles Pike (by Octavia, for revenge). At this point, almost all of the people from the Farm Station are dead (Bryan is one of the few survivors). Plus, at least 10 other Arker guards died in various skirmishes.
This makes about 400 people. However, we don’t know for sure what the body count in Polis was because of ALIE: we saw many people crucified and blood flowing through the streets, so ALIE was directly responsible for many deaths; and we saw at least 18 chipped people get killed by non-chipped people during the fighting in Polis. 
As of the end of season 2, there were 46 surviving Delinquents out of the original 100 (Bellamy and Raven do not count). During season 3, Monroe was killed, and apparently (according to The 100 wiki) yet another Delinquent, which would make 44 surviving Delinquents. 
And i don’t know if AI counts,but ALIE also “died”, terminated by Clarke.
In addition, in the flashbacks, we indirectly witnessed the deaths of about 6 and a half billion people on Earth 97 years earlier, and everyone on the Polaris station, when it was destroyed by the other stations that later formed the Ark.
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marcogiovenale · 3 years ago
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il giardino libernautico @ fondazione baruchello
il giardino libernautico @ fondazione baruchello
Fondazione Baruchello presenta: Il giardino libernautico Summer Show 2022 A cura di Elena Bellantoni In collaborazione con Niccolò Giacomazzi e Benedetta Monti Sara Basta, John Cascone, Grossi Maglioni, Jacopo Natoli 15 giugno – 30 settembre 2022 Inaugurazione martedì 14 giugno 2022 Ore 17:30 – 21:00 Fondazione Baruchello Via del Vascello 35, 00152 Roma   Con la mostra “Il giardino libernautico”…
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pangeanews · 6 years ago
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“E la gioia, chi ha rubato la gioia?”: discorso intorno alla poesia di Fabio Pusterla
Fabio Pusterla, ticinese nato a Mendrisio nel 1957 (insegna in un liceo e all’università della Svizzera italiana), è uno dei migliori poeti italiani di oggi: lo conferma l’ultima uscita dal titolo Cenere, o terra (Marcos y Marcos 2018), dove i punti di convergenza della testualità che riempie il vuoto esistenziale sono soprattutto gli elementi primordiali: terra, aria, acqua e fuoco di una geografica residenza. La bellezza del creato non è quella di una cartolina folcloristica e promozionale, bensì nasce, nel titolo dell’opera, da un verso dantesco che indica toponimi, siti, un territorio da esplorare inglobandolo, selezionandolo, stratificandolo. Come accertabile nell’antologia riassuntiva di un percorso che dura da trent’anni, Le terre emerse. Poesie scelte 1985-2008 (Einaudi 2009), il verso di Fabio Pusterla si sposta dall’immanenza cartografica ad un’emulsione di materiale franto (fanghiglia, pietrame, calcite, zinco, piombo, carbone, falda), tra “la chiazza di luce sul fondo”, richiamando un verso, e la “chiarità di bruma” appena sfumata dei suoi luoghi prediletti. Luoghi dove all’improvviso può essere avvistata una capra e dove l’aria della vallata può intingersi di nafta ai margini di un viadotto o in prossimità di un costone. La lingua-oggetto e il verso sciolto, cesellato, che incarna le cose (lirico e multiforme), costruiscono l’equilibrio di un manufatto di notevole qualità stilistica. Scrive Enrico Testa nell’antologia Dopo la lirica (Einaudi 2005), che Pusterla “tenta fuori del vischioso conforto di uno stato catatonico, un rapporto con le forme e le figure dell’esperienza e con i loro tracciati percettivi e sentimentali”. È vero: fuori da ogni schematismo, da ogni ideologia, affermazione o negazione civile, questa poesia è un rivolgimento a ciò che risponde alla realtà disossata da simbolismi e convenzioni sociali, fuori anche da obiettivi che non siano meramente rappresentativi di un patrimonio comune, fisico e biologico, di un’appartenenza alla sacralità della vita, quotidiana e primigenia, di chi avverte con intensità i fenomeni privati e pubblici tramite impressioni sensoriali. Nessun apparentamento neppure con la linea lombarda o con una tendenza spinta ad abbracciare una poetica ecologista. Eventualmente Pusterla può essere ascritto a quella tradizione che traduce il gesto sinestetico in un monologo interiore, che accompagna lo slancio auto-conoscitivo ad un controcanto naturalistico e polifonico.
La luce “nervosa e pulsante”, che abbaglia e fa da contorno, da fissità irradiante, è vista spesso dal basso, tra le case e i posteggi, nell’immobilità tesa, in un punto di sospensione situato nel topos letterario dalle parti di Asiago e Chiasso, nelle boscaglie di Valsolda, nella Madonna dei Campi, piccola chiesa nei pressi di Castel Rozzone, a Focara, citata da Dante nell’Inferno, nella casa del custode delle acque di Vaprio d’Adda, nella Secca del Diavolo vicino Santa Teresa di Gallura, fino a risalire al Canton Ticino, rievocando e intersecando i personaggi incrociati nella letteratura e negli ambienti dove sono vissuti o vivono ancora: Jacopo Da Lentini, Francesco d’Assisi, Giuseppe Parini, Milo De Angelis. Il Monte Zebio, a nord di Asiago, ricoperto di abeti, pini, cardini, stormi di libellule, nei cui boschi emergono i residui bellici del conflitto mondiale, apre il primo sipario naturalistico in una dimora impervia: “Da qui saliva una sera Rigoni / Stern piangendo Primo Levi d’affocata / simmetrica desolazione, sulla roccia spezzata / poggiando una mano smagrita o una lacrima”.
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Fabio Pusterla è il poeta in cammino con un monocolo tra le mani. Non si limita ad osservare come farebbe il viandante, ma trascorre il tempo dilatandolo in una rivelazione intima ed espressionistica, in ciò che definisce “aria di passo”. Respira l’atmosfera del luogo riempiendolo di strati visibili (cemento, asfalto, reticolati) e immaginari (le “lame d’acqua”, il “soffio d’arsura”, le “fauci dei monti”). La sua è dunque una poesia di transito, di soste, ma anche di attesa, a volte “ammutolita”, altre volte incantata in un confine riempito di ricordi, tanto fa far esclamare, in uno dei pochi interrogativi, l’avvertimento perturbante: “E la gioia, chi ha rubato la gioia?”. Pusterla dà spazio al nonnulla e allo stesso tempo ad un procedimento di accumulo di sensazioni uditive: il brusio, il martello pneumatico, in una dimensione spazio-temporale stremata, da riconquistare, come se il “possesso” del luogo fosse possibile attraverso la parola esatta, segnica, che segua l’andare tra la “rissa dei giorni”, nel fascino stesso dei boschi notturni, nelle corse tra le tenebre, in una proiezione fantasmatica che “arriva da molto lontano” e che sente gridare perfino la luna. Indicazioni ed esortazioni, apparizioni e visioni paleontologiche si allungano parallelamente allo sguardo: “Un’ombra di ragazza / sul mesto umidore del vetro / è una scarpata madida che aggetta sul vuoto”; “Appare meglio la luce e ti assale / più di sorpresa il fulgore degli oggetti / abbandonati, dei fiori negli orti sospesi, nei vasi”. Guizzi di vita si alternano ad una crescente tensione, ad una vena analitica nel verso spezzettato, in cui l’asse portante rimane la forza penetrativa dello sguardo che accentua l’adesione alla natura: densa, ampia, condotta di luogo in luogo, obbediente ad un contatto di superficie. La parola cerca luce, ammette Pusterla, mentre il silenzio cerca parola quando si rivolge al poeta britannico Wystan Hugh Auden, e il vento, idealmente, annulla la distanza tra i vivi e i morti. Continua l’illuminazione di zone d’ombre nel presente e nella cronaca dei giorni, nei controviali di progetti falliti come quello urbanistico di Zingonia, piccola frazione tra Milano e Bergamo. E ancora le tante smagliature del territorio, la fioritura di spazi storici, anacronistici, persuasivi nel regno vegetale, animale e minerale: “Lungo questo sentiero di silenzio: // pietre nere, pettirossi quasi immobili / su balze di muro o ringhiere, / lunghi gatti che guardano altrove”. La consapevolezza della precarietà umana e della finitudine si avverte osservando case diroccate e vecchie torri militari di guardia, le immagini antiche, affrescate degli angeli, il sole dietro la roccia che sparisce, il tronco deforme della civetta, le nebulose scure (è il titolo di una poesia), le zone inquiete dell’essere ricordando il padre Elius, il sussulto del fiato nel sogno, in un rigurgito malinconico (ma non lascivo o nichilista). Il verso fa uso di vocaboli netti, precisi. La poesia è priva per lo più di un certo soggettivismo che riscontriamo nella maggior parte della produzione contemporanea e si riempie della specificità di oggetti impersonali, nominati in un lungo catalogo che non produce mai effetti di straniamento.
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Fabio Pusterla fa delle sue stelle un’occasione per indagare la cosmicità dell’universo, immaginando costellazioni, il filo conduttore tra mondi sconosciuti, supremi, e una percezione terrena, lucida ma parziale, limitata. La rotta acquisisce una visionarietà disinibita, affidata al destino, in una crocevia di ombre mortali (“Temi di riconoscerti? Ti accosti / con brivido alle conche? Le turbolenze, / i movimenti misteriosi delle onde: forse è qui lo spavento. // Come una vita che esplode”). L’acqua sembra conferire una rinascita ineguagliabile specie quando il verso si fa più disteso e Pusterla narra vicende nella felicità descrittiva dell’elemento liquido. L’acqua che sgorga, che saltella, “acqua stupefacente”, che dilaga, che sale e scende, che si fa rivolo, goccia.
L’epilogo, però, crivella temi esistenziali, assoluti. La voce, allora, è meno pacata, seppure sempre limpida, ma con un peso specifico. I “monti selvaggi” e i “boschi scoscesi” vengono assaliti dal dubbio, da un senso sfuggente e provvisorio nell’unità del tutto, nel solito sguardo che stavolta “vede e non vede” in “tempi collegati” e in “passaggi precari”. “E poi: soltanto dal mare / si capisce qualcosa”; “Cenere, o terra? Luce, semplicemente / trama di luce che si arresta per un attimo / nell’onda dei capelli traversati dal vento”. Pusterla abbandona l’orizzontale manifestarsi degli accadimenti, dei fotogrammi, delle sequenze quasi filmiche. Il quesito diventa lancinante tra la cenere e la terra. L’ordine del mondo, richiamato in uno dei testi, è un disegno, un’ipotesi, un riflesso? Una morsa o un’apertura della madre terra, in un dominio umano e divino? Un nuovo corso che segue alla distruzione dei secoli? Un sogno, un progetto? Ad un certo punto il fiume e il suo flutto non bastano più nel canto del vissuto e nella necessità della pronuncia, tanto che anche l’acqua sembra intorbidire il presentimento del poeta nella sua lingua echeggiante. Dove stiamo andando di volta in volta? “Sul confine della nostra solitudine / si guarda all’altra riva / con paura e sgomento. Inflessibili”. Ecco un’altra affermazione incerta, che traduce il significante estremo, disilluso: “Ritornare all’origine fuggendo. // Spazzare, anche facendosi / del male. No, non è breve / il corso delle cose. Né indolore”.
In fondo Fabio Pusterla scandisce il crescere e il sedimentarsi della realtà immanente nelle forme e nell’invisibile. La sua poesia ha un’eco armonica, sia quando vede e registra, sia quando percepisce nella coscienza un sentore inconoscibile. Il suo sguardo d’insieme ha qualcosa di iniziatico, di allargato in una ricerca oggettiva, non solo materica, ma diramata ai confini della vita umana (in un “impuro moto”), distillata nell’agguato immaginifico di un dopo. Il grumo della verità sta nel rapporto tra la terra e il cielo, tra il qui e un possibile altrove, in tempi e luoghi non a portata di mano. “Andare verso la rosa / sfinita all’orizzonte, / sotto quel cielo spoglio / di mare, abisso e ponte”. E’ questa la cenere, la terra, ma anche il mantra di una prospezione smorzata.
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Fabio Pusterla ha pubblicato, quasi contemporaneamente a Cenere, o terra, Una luce che non spegne, con il sottotitolo Luoghi, maestri e compagni di vita (Casagrande 2018): un libro corposo che raccoglie testi editi in rivista e in volume nel corso di decenni. Contro un generale appiattimento e la dimenticanza comune di ciò che le figure letterarie di riferimento hanno profuso, la responsabilità assunta è tutta nel repechage di chi fa parte della catena che non si spezza (esattamente come nei versi, seppure con un intento diversamente proporzionale), che è strumento di scavo nella grazia del presente e dell’interrelazione tra uomo e uomo, tra episodi di superficie, amicizia, passeggiate, e profondità di analisi, di letture. La luce della poesia in proprio si trasferisce in quella di chi, come atto di speranza ricambiato in gratitudine, ha insegnato e orientato il cammino. Persone, dunque, ma anche luoghi centrali: reali, interiori e culturali, su cui “le opere letterarie si sviluppano, si intrecciano, dialogano nel loro divenire”. Pusterla pone una domanda che lo stesso anconetano Franco Scataglini aveva messo al bando con il suo kantiano “che senso ha vivere qui e non altrove?”. “Da dove viene il lieve senso di spaesamento e inappartenenza che mi agita di fronte all’interrogativo? E come riesco ad accordare questa sensazione con la vita quotidiana, nella quale devo pur riconoscere di sentirmi a mio agio in tutti questi luoghi e di trovare in esso e nelle persone e nei paesaggi che posso incontrare qualcosa di importante, che senz’altro mi definisce?”. La Svizzera e l’Italia: da dove guardare? Da una zona di frontiera, da un limite, da una città, da una marginalità estesa da Chiasso a Lugano? Sarebbe la stessa cosa, in fondo? Un luogo selvaggio e un luogo urbano costituiscono il confine che obbliga a “non essere né qui né lì”. Afferma Fabio Pusterla: “La casa dove vivo è una vecchia casa di famiglia, costruita da un mio antenato all’inizio del secolo scorso e appollaiata a mezza costa sul lago di Lugano, ramo valsoldese”. L’acqua torna prepotentemente a riaffacciarsi, specie in Lombardia, terra di fiumi e laghi. Acqua corrente, di torrente, di canale, rivoli, acquitrini, acqua che occupa uno spazio del paesaggio spesso inabitabile.
Una luce femminile che non si spegne è quella, carissima, di Maria Corti. “Ogni tanto incrocio il suo sguardo, che mi fissa ironico da una fotografia appesa in cucina, e so bene cosa mi sta dicendo; mentre se squilla il telefono di domenica avverto ancora la vaga sensazione che provavo un tempo, quando intuivo che alzando la cornetta avrei potuto udire la sua voce che mi interrogava: cosa stavo facendo, studiando o scrivendo?”. Maria Corti: uno stimolo, una donna grande nella sua attività filologica, critica e letteraria. Un’insegnante particolare, curiosa, generosa, rigorosa, “sorprendente e affascinante”. Una maestra documentatissima, precisa, che sapeva mettere a nudo qualcosa di imprevedibile, l’incedere delle memorie, dei fantasmi che ne facevano una figura complessa, senz’altro creativa, con il seme narrativo che germogliò seppure tardivamente. Fabio Pusterla ritrae i luoghi di Maria Corti per la quale la città era innanzitutto un luogo mentale. La Valle Intelvi sul lago di Como, “con l’aria fresca quasi di montagna” e un’osteria dove si mangiava la polenta facevano parte di un itinerario ideale dove potevano rientrare anche Ulisse e Dante.
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Vittorio Sereni “memorabile e centrale”, i cui versi splendono come “aghi di tante piccole bussole”, dimostrano che Pusterla rielabora il Novecento partendo da scelte che gli stanno a cuore, annodando il secolo alla poesia che lo seduce di più, tanto che con Sereni parla di “insistente erotismo annodato a un annuncio di catastrofe”, trasformando l’identità dell’uomo in una paura ancestrale. L’attenta lettura lo porta a stabilire similitudini, mescolanze di alto e basso del linguaggio, lo scomponimento di elementi mobili, la precisione e la dissoluzione dell’immagine, la complessità culturale che ha pochi termini di paragone. Lo stesso avviene con Fernando Bandini, celebrato per il compimento dei suoi ottant’anni, che “da mezzo secolo rallegra un panorama talvolta plumbeo e serioso, con quella che Goffredo Fofi ha potuto definire mozartiana allegria”. Giorgio Orelli è considerato “una delle voci più alte e più riconoscibili della poesia italiana novecentesca”. Nei pochi titoli pubblicati Pusterla intravede una rara coerenza, così come nelle acute pagine critiche su Dante, Petrarca, Foscolo, Leopardi, Manzoni, Pascoli, Montale. Suono e significato erompono in uno “scavo vertiginoso e impietoso”. Tra gli altri poeti ineguagliabili il francese Ives Bonnefoy (tra i maggiori dell’epoca contemporanea), del quale Pusterla si è sempre stupito delle annotazioni a matita, delle sottolineature, dei commenti e degli appunti sui fogli. L’interrogazione della parola congloba la poesia con la meditazione sulla poesia e l’ammissione che non è affatto facile distinguere l’uno e l’altro aspetto. Il flusso simbolico del linguaggio, le figure primordiali, i “calibratissimi strumenti di precisione” dell’uomo, come il fuoco e la pietra (“lampi stellari”), formulano una coscienza critica distillata nel valore semantico, ma soprattutto nella perfezione e nell’imperfezione di un oggetto (“la materia senza ritorno”). La lingua è allusiva, rarefatta, sospesa in un moto universale, nell’onirica interpretazione della fine di un’epoca e dell’inizio di un tempo dell’immaginazione. Il cronotipo dell’incedere visivo di Bonnefoy stabilisce la cadenza in un viaggio di stazioni, in un effetto di echi che si sente appena e si perde nel nulla, nel magma delle azioni meccaniche. Il ritmo prescelto è dentro un luogo, in un evento ritagliato nell’apparizione di una veglia.
Quindi Pusterla cita Francesco Scarabicchi e Massimo Raffaeli, il loro scrivere come “gesto di conoscenza e di ricerca” in una vitalissima solitudine. Raffaeli prende in mano la bussola e segue la testimonianza del secolo breve e del terzo millennio lacerato e conflittuale, scrivendo in un modo perfino acustico, risonante tra aggettivazioni essenziali, perfette. La poesia del maestro Franco Scataglini, poeta isolato e tra i più significativi del Novecento, ha corroborato la crescita spirituale del marchigiano, determinando la visuale preferita: una viva autocoscienza, il privilegio e l’angoscia dello spazio-tempo, la denuncia del dolore e insieme il bisogno di sopravvivere, la marginalità sociale, una sorta di sussulto terrigeno e una tensione ansiogena di tipo esistenziale. Anche l’individualità di Scarabicchi orienta il passo di Pusterla, come è stato per gli scomparsi Remo Pagnanelli e Ferruccio Benzoni. Quest’ultimo in particolare, voleva scoprire un linguaggio suo e vantava, fortunatamente, dei padri letterari, una memoria storica con una luce e un’ombra aggettate da un’altra dimensione, dall’inverno allegorico, dallo stesso luogo dove stabilire un dialogo con gli assenti. Alla residenza anconetana di Scataglini, Scarabicchi e Raffaeli corrispondeva, negli anni Ottanta, “Sul Porto”, la rivista di Cesenatico, che dimostrava sapientemente come la periferia geografica potesse diventare centro poetico. Benzoni tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta ebbe rapporti continui e proficui con alcuni poeti di primo piano come Vittorio Sereni, Franco Fortini, Pier Paolo Pasolini, Attilio Bertolucci, Giovanni Giudici e Giovanni Raboni.
Infine, Una luce che non si spegne, si sofferma sul critico Alfonso Berardinelli, sull’accusa diretta alla cultura di non conservare il respiro e il gusto della conversazione come “segno di realismo”, come necessaria mediazione. Il temperamento sulfureo mette in risalto le contraddizioni, gli errori, le miserie della società letteraria. Il critico e saggista romano provoca e Fabio Pusterla raccoglie questa provocazione. Commenta: “Si accolla il ruolo non facile e non simpatico della voce che canta fuori dal coro; anzi, che non canta affatto, e guarda agli altri cantare con una smorfia di fastidio e di disapprovazione”. Leggere i poeti italiani è davvero esasperante? La maggior parte della poesia di oggi è oscura, difficile? Non reggerebbe il confronto nemmeno con un buon articolo di giornale? Non si alimenta più con la vera tradizione? I giovani poeti sono così arroganti ed egocentrici? Berardinelli agisce con l’invettiva resa “provocazione attiva”, domanda di senso. Rimane l’iniziato che avvia un’azione democratica, che interroga l’altro per il piacere di far propria un’opinione attraverso la sfida. La lettura, in fondo, è un portale d’accesso, ci dice Pusterla, che chiosa: “Dopo un libro, dopo aver attraversato un vero libro, sai delle cose che prima non sapevi; la tua esperienza di vita si è in qualche modo potenziata, la tua conoscenza del mondo e degli altri è aumentata; ma insieme a queste cose si è fatta anche più nitida la tua coscienza di te”. Pusterla interpreta i minimi segni che si annidano tra le pagine, nei dialoghi, negli interrogativi dei letterati. Salda il mistero e la fede, la ragione della poesia. Si accorge che lo sguardo si posa dove vuole, così da rendersi conto che la vita ha un’originalità unica con la stessa conformazione dei paesi cari, del lago di Lugano “tortuoso come un fiordo e per questo ricco di straordinarie prospettive ed effetti di luce”. Una luce dolce e gentile, con i boschi dove fa irruzione, dall’alto, lo strepito dell’aquila.
Alessandro Moscè
L'articolo “E la gioia, chi ha rubato la gioia?”: discorso intorno alla poesia di Fabio Pusterla proviene da Pangea.
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