#ittico
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primepaginequotidiani · 4 months ago
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PRIMA PAGINA Corriere Del Mezzogiorno di Oggi venerdì, 06 settembre 2024
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gcorvetti · 10 months ago
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Che fatica.
Ieri siamo saliti sull'etna a 2000 metri, c'era una vagonata di gente, qualche sprazzo di neve, ma una giornata di sole stupenda, c'era solo un pò di vento ma niente di eccezionale. Siamo stati ai crateri (spenti) sul primo tutti, poi il secondo (vedrete dalle foto) è alto quanto un palazzo di 10 piani e siamo andati solo noi (io, mia figlia e il fidanzato) su per un pendio ripidissimo che ho fatto fatica a salire, poi abbiamo visto da sopra che c'era una strada meno ripida ma più lunga, allora l'abbiamo presa per scendere. Abbiamo mangiato al rifugio sapienza, posto storico, e poi piano piano siamo scesi in città. La sera eravamo troppo stanchi per anche solo pensare di fare un giro, tanto oggi era in programma il giro del centro con cicerone mia sorella. Quindi da programma oggi siamo scesi presto in autobus e fatta la seconda colazione ci siamo incontrati con mia sorella. Siamo stati al mercato del pesce, più per fargli vedere questo bazar ittico e non solo a cielo aperto, ho incontrato Mario Venuti, penso l'ultima volta che gli ho parlato sarà stato 30 anni fa, incontravo spesso Luca Madonia a Venezia, il dottore a quanto pare ha una casa in laguna, niente di particolare sono delle persone normali, Mario era col cane a fare la spesa, ma tutti gli vogliono bene naturalmente è sempre un artista apprezzatissimo e adottato dalla città, perché in realtà lui è siracusano. Poi siamo stati in alcuni posti dove non ero mai stato, sembra strano ma spesso noi italiani siamo così abbiamo delle cose spettacolari dietro casa e non le caghiamo, è un peccato perché c'è tantissimo da vedere in Italia. Siamo saliti su una chiesa da dove si vede un panorama a 360° della città, dentro la cattedrale per la prima volta nella mia vita e sotto la cattedrale dove ci sono delle terme romane, poi siamo passati dal museo dell'università e su per il mercato centrale che però era già tardi e stavano chiudendo quasi tutti i banchi, abbiamo comunque preso della frutta e mia figlia del pesce che aveva l'acquolina in bocca dalla mattina. Da li mia sorella ci ha lasciati e siamo andati a mangiare su un posto di cucina tipica romana, eh lo so ma volevamo mangiare della pasta e a quanto pare a pranzo molti dei locali catanesi sono chiusi, tanti non fanno pasta e quindi abbiamo optato per quello, molto buono e porzioni enormi, infatti non sono riuscito a finire la pasta broccoli e sarciccia (al finocchietto), mia figlia l'ha presa con l'aragostina e lo zito matriciana. Precedentemente siamo passati ad affittare l'auto, perché domani andiamo a Siracusa e con l'auto di mia madre è un pò rischioso, anche se siamo andati sull'etna, ma ho come l'impressione che loro vogliano fare anche qualche giro da soli, beh non sono piccoli, anche se guidare a Catania non è come guidare in Estonia dove tutti rispettano il codice e non ci sono problemi, qua come sapete è un delirio nelle strade, va bè spero non faccia casini che tanto poi li paga lui. Ora non so cosa facciamo, ma penso niente, quindi intanto mi scarico un pò di foto e vi scrivo sto mini papello.
Vi lascio qualche scatto
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pollicinor · 1 year ago
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La moria di cozze si è verificata nel corso delle ultime settimane ha colpito in particolare gli esemplari arrivati a maturità. Numeri alla mano, alcuni allevamenti sono arrivati a lamentare la perdita di addirittura un terzo della produzione. Sono tre, come accennato in apertura, le cause individuate. “Il caldo di fine estate, la scarsità di fitoplancton e un parassita che ha approfittato del mitile stressato dai primi due fattori” ha spiegato il dottore Giuseppe Arcangeli, direttore del Centro Specialistico ittico che comprende il Centro di referenza nazionale per lo studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, dei molluschi e dei crostacei. ” Se il caldo di fine estate anche in altri anni ha causato una diminuzione del prodotto, non era mai successo che ci fosse la combinazione di questi tre fattori”.
Dall'articolo "A Venezia c’è una moria di cozze, e il granchio blu non c’entra nulla" di Luca Venturino
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curiositasmundi · 1 year ago
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Secondo i modelli, sarebbe dovuta arrivare a conquistare l’intero Mediterraneo nei prossimi 100 anni e invece è già arrivata a Nizza, in Francia, e in soli 10 anni ha già colonizzato le coste pugliesi. Complici - neanche a dirlo - i cambiamenti climatici e incauti comportamenti umani. L’invasore è la pianta marina aliena Halophila stipulacea, arrivata attraverso il canale di Suez “a bordo” delle navi commerciali, come molti altri migranti lessepsiani.
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La presenza aliena nel porto di Otranto era stata segnalata in una rivista scientifica di botanica nel 2012, ma era molto limitata. «Si trattava di un’osservazione praticamente puntiforme, nelle acque basse del porto di Otranto, pubblicata su una rivista di nicchia. Invece lo scenario che ci si è presentato davanti è quello di un’imponente prateria sottomarina di Halophila nel porto di Otranto: a quel punto era necessario capire quanto e dove fosse diffusa questa pianta aliena lungo le coste pugliesi, e se arrecasse danni alla biodiversità»continua Luigi Musco. Proprio come la nostrana Posidonia oceanica, anche l’Halophila stipulacea crea praterie sottomarine: «è una specie aliena che crea un habitat alieno, qualcosa di mai visto prima nel Mediterraneo: da studiare con attenzione»
[...]
Per capire la distribuzione di questa pianta aliena nella terra degli ulivi, i ricercatori hanno pattugliato la costa pugliese emersa e sommersa: da Torre Guaceto a Otranto, ad est; e da Taranto a Santa Maria di Leuca, a ovest. E hanno certificato la presenza di praterie di Halophila stipulacea, dai 2 ai 30 metri di profondità, non solo a Otranto, ma anche a Santa Maria di Leuca, a Santa Caterina di Nardò, e a Torre Uluzzo, Porto Selvaggio e Gallipoli. Tutte le mete più gettonate del Salento, e non è un caso.
«Che il riscaldamento del Mediterraneo crei il clima adatto alla sopravvivenza di questa pianta tipica del Mar Rosso, dove viene mangiata dalle tartarughe verdi e dai dugonghi, non c’è dubbio. I dati ci dicono che il mare nostrum si sta scaldando molto più rapidamente di altri, ma l’avanzata così accelerata dell’Halophila molto probabilmente è guidata da un altro fattore, del tutto umano: il traffico navale e marino» chiarisce Musco. Ecco perché in Salento questa pianta aliena ha invaso i punti più turistici: è arrivata con traghetti, imbarcazioni dei pescatori e anche dei tantissimi diportisti che visitano le coste pugliesi. Come? «Molto semplice: qualcuno inavvertitamente butta l’ancora su un appezzamento di Halophila stipulacea e quando salpala strappa. Pezzi di pianta e rizomi restano agganciati all’ancora o alla catena e arrivano così nella prossima spiaggia direttamente a bordo, oppure salgono a galla e vengono spinti dal moto ondoso verso nuove cale. E lo stesso accade con le reti utilizzate dai pescatori: non è un caso che Halophila sia presenti in tutti i principali porti salentini».
[...]
«Nel caso dell’Halophila stipulacea ci troviamo davanti a un ingegnere ecosistemico, capace di creare un nuovo ambiente, del tutto alieno: un nuovo tipo di prateria»specifica a Il Bo Live Luigi Musco.«E l’arrivo di una specie aliena, per giunta in grado di modificare l’ambiente circostante, può turbare pesantemente l’equilibrio dell’ecosistema: rapporti di predazione, cooperazione o simbiosi potrebbero modificarsi, potremmo perdere biodiversità… Fermare l’avanzata dell’Halophila stipulacea è praticamente impossibile, l’unica cosa che possiamo fare è studiarla: capire se per esempio viene mangiata dalle nostre tartarughe Caretta caretta o dai pesci. O se, come l’alga invasiva Caulerpa taxifolia, crea problemi anche al settore ittico. La Caulerpa, per esempio, è responsabile delle carni dure del sarago: una volta ingerita, il sarago sviluppa dei metaboliti che rendono dure le sue carni».
A questo serviranno i prossimi studi, ma anche a capire che tipo di rapporto si instaurerà tra la nuova pianta marina aliena e quelle nostrane, in particolare con le praterie di posidonia, uno degli habitat più importanti che abbiamo nel Mediterraneo: «abbattono la carica batterica dell’acqua, la ossigenano, sono una nursery importantissima per moltissime specie di pesci e stabilizzano le coste. La prateria di posidonia, infatti, smorza il moto ondoso proteggendo la spiaggia dall’erosione ed è utile anche da morta: quando le sue foglie si spiaggiano per le grosse mareggiate, creano accumuli - detti banquette - che funzionano come un cuscino, proteggendo la spiaggia dall’erosione del mare. E forniscono cibo a crostacei, policheti e altri organismi marini».
Ma con l’inquinamento e i cambiamenti climatici le praterie di posidonia sono in difficoltà, mentre «Halophila è perfettamente adattata alle alte temperature, più delle nostre preziose fanerogame marine come la Posidonia, la Cymodocea nodosa o la Zostera marina» prosegue il biologo marino Luigi Musco «Inoltre, quando le ancore dei diportisti strappano la posidonia o danneggiano altre praterie nostrane, l’Halophila ne approfitta: si innesta facilmente in queste ferite. E ancora dobbiamo capire se e come la sua presenza modifica anche la comunità zoologica, la catena trofica, la qualità dei fondali sabbiosi… Come si comportano le specie mediterranee in queste nuove praterie sommerse o se ad esempio, le praterie di Halophila offrono la stessa protezione alle coste dalle mareggiate della posidonia. Per questo servono ulteriori studi» conclude il biologo marino Luigi Musco.
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telodogratis · 2 days ago
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#AvvisoPA - Mercati Generali. Calendario 2025 ¿ giorni di apertura straordinaria e chiusura per festività dei Mercati Ortofrutticolo ed Ittico
Mercati Generali. Calendario 2025 – giorni di apertura straordinaria e  chiusura per festività dei Mercati Ortofrutticolo ed Ittico  ​Read More Mercati Generali. Calendario 2025 – giorni di apertura straordinaria e  chiusura per festività dei Mercati Ortofrutticolo ed Ittico   Feed RSS – Comune di Palermo  Avviso 
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tours2go · 14 days ago
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The entire park complex is configured as a protected area in which plants and animals integrate perfectly. An environment without architectural barriers and fascinating. A characteristic humid plain wood is the setting for small lakes, streams, canals, ponds, springs and fountains which also host a large colony of aquatic plants such as water lilies and rushes. In addition to the fish fauna, the park also houses amphibians and reptiles, many poultry species and even mammals such as badgers, weasels, dormice, hedgehogs, rabbits. The specificity of the Paradiso Fish Park is that it is neither a zoo, nor a safari park or a fishing pond. This has the advantage of being able to observe animals in their environment, having the pleasure of discovering them. For those who live in the city it will certainly be interesting #Tours2Go #ToursToGo
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rassegnanotizie · 3 months ago
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Questa mattina si è verificato un duplice omicidio all'interno del mercato ittico di Salerno. Un proprietario di un'attività commerciale di 72 anni ha aperto il fuoco contro due uomini: un 58enne, deceduto sul colpo, e un 48enne, che è morto in ospedale. I primi soccorsi sono stati forniti sul posto da diverse ambulanze, mentre il presunto omicida si è costituito presso la Stazione Carabinieri di Mercatello, portando con sé l'arma utilizzata. Le indagini, condotte da Carabinieri e Polizia in coordinamento con la Procura, stanno cercando di chiarire le ragioni dietro questo gesto estremo, che sembra essere legato a vecchie rivalità. L'autore del crimine, gravemente malato e con un passato di screzi, sembra aver agito per vendetta; in passato sarebbe stato accusato di aver sottratto una cassetta di pesce, un episodio che potrebbe aver alimentato tensioni tra le parti. Testimonianze da parte di lavoratori del mercato indicano che l’omicida era presente per acquistare del pesce, dato che possiede una pescheria in città. Gli stessi colleghi delle vittime, Carmine di Salerno e Rosario di Portici, hanno descritto i due uomini come lavoratori rispettabili e dediti alla famiglia, entrambi con due figli. La notizia della violenza li ha colti di sorpresa: "Non ci spieghiamo come si possa arrivare a tanto", hanno dichiarato. L’omicida, che aveva recentemente subito un intervento alle corde vocali, sembra aver avuto comunque una motivazione sufficiente per tornare sul luogo e colpire i suoi ex colleghi. Questo tragico episodio ha lasciato la comunità in stato di shock, e molti si interrogano sulle dinamiche che possono portare a tali atti di violenza. La vicenda continua a svilupparsi, con l’attesa di ulteriori dettagli dalle forze dell’ordine e dalla procura, mentre tutti cercano di comprendere le ragioni di un gesto così estremo e incomprensibile.
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lamilanomagazine · 3 months ago
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Siracusa, inaugurazione del nuovo mercato ittico dopo 20 Anni
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Siracusa, inaugurazione del nuovo mercato ittico dopo 20 Anni. Tutto pronto per l'inaugurazione del nuovo mercato ittico di Siracusa.... Leggi articolo completo su La Milano Read the full article
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primepaginequotidiani · 4 months ago
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PRIMA PAGINA Corriere Del Mezzogiorno di Oggi giovedì, 05 settembre 2024
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newsnoshonline · 7 months ago
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Il piano di salvataggio dei pesci dello Yangtze è un fallimento, dice lo studio Lo studio sull’estinzione dei pesci nello Yangtze Un nuovo studio pubblicato evidenzia che cinque specie di pesci, incluse lo storione cinese, si sono estinte o rischiano di farlo presto a causa delle dighe sul fiume Yangtze in Cina. Il fiume, lungo 6.300 km, è un importante punto di biodiversità globale attraversando 11 province cinesi. Le dighe costruite per generare energia e proteggere dalle inondazioni hanno impatto significativo sulla migrazione e l’habitat ittico. L’impatto delle dighe sulle popolazioni ittiche Huang Zhenli e Li Haiying hanno analizzato l’impatto delle dighe sulle popolazioni di pesci nello Yangtze attraverso modelli analitici. Le cinque specie
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notiziariofinanziario · 8 months ago
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Sarà inaugurato il 13 maggio il nuovo ortomercato di Milano
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300 milioni di euro il costo della riqualificazione per trasformare il vecchio mercato ortofrutticolo di Milano che sarà inaugurato dal sindaco Beppe Sala il 13 maggio, dopo due anni di lavori. In queste ore, già molti operatori hanno fatto ingresso nel nuovo terminal che, assicura il presidente di Sogemi Cesare Ferrero, «è grande quanto l’aeroporto di Malpensa: siamo a un punto di compimento. Non sarà più l’Ortomercato come lo abbiamo conosciuto in questi anni, nel bene e soprattutto nel male. Questa nuova area è quello che serve a Milano per garantire la sicurezza alimentare». Pareti bianche, insegne rosse, stand spaziosi per la conservazione di frutta e verdura. Il lungo corridoio su cui si affacciano i «negozi» è suddiviso in corsie: la prima, quella davanti agli stand, è per gli acquirenti, che passando possono osservare la merce esposta nella corsia più ampia e più spostata verso il centro della navata, così da rendere più fluida la visita e la possibilità di scegliere la merce con calma, paragonando prezzi e qualità. Ma rispetto a tutti gli altri padiglioni dell’Ortomercato — che risalgono alla sua apertura, nel 1965, e che saranno rasi al suolo — questo è «moderno: anzi — si corregge Ferrero — è il più moderno d’Europa, anche perché avendolo realizzato per ultimi abbiamo il vantaggio che ci consentirà di diventare i primi come benchmark di riferimento ambientale». Questo perché è «innovativo e sostenibile dal punto di vista energetico». Non solo, infatti, prevede un sistema di carico-scarico basato sulla digitalizzazione — ogni operatore e acquirente prenota il suo slot orario sulla app — ma i quattro mini-padiglioni che lo compongono sono alimentati a pannelli solari e, grazie a una collaborazione con A2a, riscaldamento e raffreddamento saranno regolati con le pompe di calore. Entro il prossimo anno, poi, il programma Foody 2025, lanciato poco prima della pandemia, porterà a un raddoppio: un padiglione gemello di questo sarà realizzato lì dove ora ci sono i vecchi terminal B, C e D dell’Ortomercato. Sogemi, la società partecipata del Comune che ne ha la proprietà e la gestione, punta a una riqualificazione totale dei 700 mila metri quadri dei quattro mercati (ortofrutta, ittico, carni, fiori), con 350mila metri quadri di superficie edificabile di cui 220 mila di nuova costruzione entro l’estate prossima. «Questo significa — conclude Ferrero — assicurare quattro padiglioni per oltre 100 mila metri quadri e 282 punti vendita, con nove piattaforme logistiche e sette operatori specializzati». Gli obiettivi, d’altronde, sono ambiziosi: oltre 2 miliardi di euro di cibo scambiato ogni anno, 8 milioni di quintali di prodotti commercializzati e 368 imprese insediate stabilmente, di cui 150 grossisti e produttori agricoli, 134 operatori logistici, 3.903 società acquirenti, 5 mila persone al giorno e oltre 10 milioni di consumatori serviti. Read the full article
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delectablywaywardbeard-blog · 9 months ago
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Pesca illegale, sequestrati 150 chili di ricci di mare a Taranto
I militari della sezione operativa navale della Guardia di Finanza di Taranto hanno sottoposto a sequestro 150 kg di ricci di mare, pari a circa 2.200 esemplari, raccolti da sei pescatori nonostante il dievieto imposto dalla legge regionale.     Il prodotto ittico era verosimilmente destinato ad essere immesso sul mercato nero. In seguito al sequestro, i ricci sono stati rigettati in mare per…
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telodogratis · 2 months ago
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#NewsPA - Consegna concessioni agli operatori dei Mercati ortofrutticolo e ittico. Dichiarazione assessore Forzinetti
«Ho partecipato con grande piacere e soddisfazione alla consegna delle concessioni settennali agli operatori del Mercato ortofrutticolo e del Mercato ittico…  ​Read More «Ho partecipato con grande piacere e soddisfazione alla consegna delle concessioni settennali agli operatori del Mercato ortofrutticolo e del Mercato ittico…   Feed RSS – Comune di Palermo  Notizia 
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romanbilinskiart · 9 months ago
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Gurnard, anchovies and shrimp. Bordighera.
#romanbilinskiart #romanbilinskistilllife #novecento #artarchive #artcollector #artgallery #art #artwork #artwatchers #artoftheday #ittico #acciughe #gallinella #gurnard #fish
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bergamorisvegliata · 11 months ago
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I LUOGHI DELL'ANIMA
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Il viaggio di oggi ci porta in un luogo mai illustrato e citato a dovere, ma che in realtà conserva molto della sua magia e della sua suggestione di bellezza nonostante il tempo che passa propenda più per uno sviluppo non solo "urbano" ma pure tecnologico ed anche esasperato per una incontrollata gestione del territorio.
Siamo in Umbria, sulle sponde del Lago Trasimeno e precisamente a San Savino che invitiamo a conoscere in questo articolo e al link al termine della lettura.
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In prossimità del'emissario artificiale del lago Trasimeno, su un piccolo colle, sorse, per volontà di Piero degli Atti di Todi, nel 1006 un monastero fortificato dedicato a San Savino, santo martire di Sulmona. In quel periodo di guerre continue però che opponevano Perugia alle confinanti città toscane, il castelletto fu abbattuto e perfino il monastero sparì, tanto che nel censimento del 1282 il luogo è indicato come 'villa', cioè borgo, abitato da sole 14 famiglie. Nel 1310 il Comune di Perugia fece fortificare di nuovo il paese, provvedendolo di mura elicoidali con un alto cassero triangolare, uno dei tre masti a tre lati delle fortezze del Trasimeno (con Passignano e Castiglione del Lago). Per ripopolare il paese Perugia offrì anche un ''casalino", cioè una piccola casa a quanti volessero andare a risiedervi.
Nei periodi di crescita del lago, San Savino restava facilmente isolato, e ciò offriva una maggiore sicurezza per il difficile accesso al colle. La cinta muraria si è conservata in buone condizioni ed il monumentale cassero, se pur danneggiato, mantiene ancora la sua imponenza. In cima al cassero era nato un olivo che crebbe notevolmente, finché un paio di decenni or sono fu dovuto abbattere perché minava la sicurezza della torre.
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Vicino alla base del piccolo colle c'è la paratoia dell'emissario artificiale del lago Trasimeno, costruito dai Romani e fatto ripristinare ai primi del 1400 da Braccio Fortebracci da Montone, all'epoca Signore di Perugia.
Cenni storici
Nonostante numerosi ritrovamenti archeologici attestino significative presenze di insediamenti altomedievali intorno alle colline che abbracciano la costa orientale del Trasimeno, il primo documento che menziona l’esistenza del piccolo borgo di San Savino data al 1006, quando, per iniziativa del conte Pietro Attone, della nobile famiglia degli Attoni di Todi, sorse sulla cima di questo colle semideserto un monastero, dedicato al santo martire di Sulmona, di cui oggi non rimane traccia alcuna se non nella toponomastica del borgo. A protezione del convento e dei suoi monaci lo stesso conte Attone iniziò la costruzione della fortezza a base quadrata, a una sola porta d’ingresso con arco a sesto acuto e una sola torre dall’insolita forma triangolare, probabilmente suggerita dalla geomorfologia del sito. Completato definitivamente intorno al 1180, il castello di San Savino fu ben presto travolto dai decenni di continue guerre e passaggi di eserciti che insanguinarono il contado perugino fino alla fine del XIII secolo, costringendo la città capoluogo impegnata nello sfibrante braccio di ferro con la vicina Cortona, a ricostruirne all’inizio del secolo successivo, le mura difensive, dotandole di merlature. La posizione elevata, dominante l’intero versante sud orientale del Trasimeno, rappresenta la testimonianza più immediata della funzione difensiva di importanza strategica per Perugia e il suo contado subito affidata al castello di San Savino, che insieme agli altri borghi fortificati della costa, costituiva un organico sistema di controllo per una zona economicamente importante e militarmente pericolosa, data la vicinanza al confine politico col libero feudo di Castiglione del Lago, per tutta l’età medievale e moderna nervo scoperto del contrabbando cerealicolo e ittico fra il comune di Perugia prima e lo Stato Pontificio poi, e il Granducato di Toscana. La cronica emigrazione che aveva colpito il borgo a causa delle guerre, riducendo la popolazione quasi esclusivamente ai monaci del convento, costrinse le autorità municipali perugine a emettere una serie di provvedimenti organici che garantivano il possesso di case e il godimento di particolari benefici agli abitanti delle vicine zone di Pian di Carpine e di Montecolognola che avessero voluto trasferirsi al castello di San Savino.
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Il risultato di questa operazione politica, dettata ancora una volta dalla necessità di mantenere il controllo della costa del lago, fu però piuttosto deludente: i magionesi non si mossero. Furono invece gli abitanti dell’Anguillara e delle vicine località lacustri a riedificare le case interne alle mura del Castello e a iniziare una prima espansione edilizia anche fuori dalle mura. Attività di importanza strategica per l’economia della zona, la pesca nel Trasimeno attirò subito le attenzioni dell’amministrazione pontificia, a tal punto da spingere papa Paolo V nel 1566 ad emanare una Costituzione con cui ordinava la costruzione e il mantenimento di un porto immediatamente a ridosso del colle e ad esclusivo servizio degli abitanti del paese, di cui oggi resta soltanto un pallido ricordo nel porticciolo, sede della lavorazione della canna palustre, nei pressi dell’oasi naturalistica. La centralità della tutela del Trasimeno nell’economia dell’amministrazione del libero comune perugino, della provincia pontificia, dello Stato unitario è testimoniata dalla costruzione dell’emissario proprio ai piedi del castello. Il 21 maggio 1462 l’acqua del lago iniziò il suo nuovo corso, dopo quello datole dai romani, per opera di Braccio Fortebraccio.
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Dopo i dibattiti sette-ottocenteschi legate alla ipotesi di prosciugare il lago, alla fine del secolo XIX, il 9 marzo 1896, presero il via i lavori per un’ulteriore e moderna sistemazione dell’emissario: l’inaugurazione di questa importante opera fu festeggiata con una cerimonia ufficiale a San Savino, che ospitò in quell’occasione i ministri del tesoro e delle finanze, il sottosegretario di stato per i lavori pubblici, senatori e deputati in gran numero, il sindaco di Perugia, nonché i giornalisti dei principali quotidiani nazionali. Se del monastero da cui il paese ha preso il nome, oggi non resta nulla, anche le due chiese parrocchiali entrambe interne al castello, la Chiesa di Santa Maria Maddalena e della Madonna del Rosario, non esistono più, soppresse nel 1889 e sostituite dalla nuova chiesa fuori le mura, costruita a metà del XVIII secolo e consacrata al Santo eponimo dal vescovo Franco Riccardo Firmiani. Nei suoi interni si può ammirare un bellissimo crocifisso in legno, oggetto di devozioni popolari, mentre sopra l’altare maggiore spicca una tela raffigurante San Savino che assiste un malato, su cornice di stile barocco.
Al link successivo potrete venire indirizzati ad altro sottolink che vi indirizzano ai luoghi più suggestivi e interessanti di San Savino.
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jacopocioni · 11 months ago
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I monaci in Italia e a Firenze.
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Il primo vero e più importante monastero in Italia fu quello di Montecassino, voluto da San Benedetto da Norcia ed edificato nel 547. Fondatore dell’Ordine dei benedettini, fu proprio lui a scriverne la Regola. Il suo ordine si diffuse in tutta Italia fondando numerosi altri monasteri.
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Ma come vivevano i monaci? La loro giornata era divisa in tre parti uguali: una destinata al lavoro; una alla preghiera e l’altra a riposo. Vivevano generalmente una realtà separata da quella del tessuto sociale e spesso non era coinvolta dalle vicende esterne. Oltre a coltivare e a disboscare, cercavano di tenere in buono stato strade e ponti della zona per garantire una buona circolazione e il commercio. Organizzavano poi dei mercati e promuovevano attività artigianali.
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L’ordine e i monasteri erano ben organizzati ed autonomi. Avevano proprie cucine e un forno per il pane, un orto dove coltivare sia le piante aromatiche che quelle medicamentose. Nella loro spezieria trattavano poi queste erbe, per preparare i loro medicamenti. Avevano delle stalle per ricoverare gli animali che allevavano ed una struttura ricettiva per pellegrini ed ospiti. Ovviamente non poteva mancare una biblioteca sempre molto fornita, dove monaci preparati trascrivevano e conservavano i loro codici miniati. All’interno del monastero vi erano spesso dei laboratori per il trattamento della lana, dei metalli, della ceramica e del cuoio, molto diffusi soprattutto nella zona di Firenze. Tutto questo garantiva una certa autonomia alla comunità e gli permetteva di compiere opere di carità per i bisognosi. Alacri lavoratori, adottarono il motto “Ora et labora”, prega e lavora.
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I monasteri accoglievano poi anche gli orfani e i trovatelli, avevano delle proprie scuole in cui istruire questi ragazzi. Tra loro vi erano anche i novizi,  figli di famiglie in difficoltà che i genitori portavano qui non riuscendo  a mantenerli. Nei monasteri trovavano sicuramente una situazione migliore; potevano nutrirsi, farsi un istruzione e in seguito scegliere di prendere i voti. Generalmente i monaci si astenevano dalla carne, dunque si alimentavano per lo più di pesce, così non mancavano nei monasteri delle grandi vasche per l’ allevamento ittico. Questa particolare abitudine alimentare creava però dei problemi, soprattutto a quei monaci che appartenevano alla classe agiata o nobiliare, abituati ad un consumo quotidiano di carne. Così all’interno dei monasteri si venivano a creare delle differenti classi sociali con le loro diverse abitudini alimentari. La carica di abate e le mansioni più importanti erano sempre riservate ai figli dei nobili, così come l'occupazione amanuense, riservata ai monaci più istruiti. Gli altri, quelli di bassa estrazione sociale, erano preposti a lavori più umili.
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Pecorelle sulla Certosa. Discendenti dei benedettini sono i camaldolesi, i vallombrosiani ed i certosini, questi ultimi ispirandosi alla regola benedettina, formeranno il loro ordine a San Brunone nel 1084, alla Chartreuse, vicino a Grenoble in Francia, diffondendosi poi in Italia ed arrivando a Firenze con precisione a Galluzzo, dove ancora oggi è possibile visitare la loro Certosa. La leggendaria pazienza dei certosini è ancora oggi ricordata, questa particolare virtù diede modo a questi monaci di creare i più belli codici miniati esistenti ed ancora oggi conservati.
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Nei poderi legati ai monasteri prese vita e si diffuse tutta una serie di tecniche innovative tra cui: la bardatura del petto degli animali da lavoro, la ferratura dei cavalli, l'uso dell'aratro a vomere e dell'erpice, con la rotazione triennale dei terreni atta a renderli più produttivi, idearono macchinari per la tessitura e per movimentare le acque per uso agricolo. Tecniche che qui si svilupparono, ma che poi si diffusero in tutta Europa.
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I cistercensi giunsero a Firenze nel 1233 provenienti da San Galgano per insediarsi alla Badia a Settimo, nota come abbazia di San Salvatore e San Lorenzo (badia è una distorsione popolare del vocabolo abbazia). Questo è uno dei monumenti fra i più eccelsi della Toscana e d’Italia. Ricolmo di memorie storiche ed artistiche, raccolta e protetta dentro delle mura si estende su una pianura alla sinistra dell’Arno che passa a breve distanza. Solo più tardi i monaci si trasferirono in città ad Oltrarno nel monastero detto di Cestello, anche questo vocabolo altro non è che la semplificazione fiorentina del termine Cistercium. La chiesa di San Frediano in Cestello, che si trova in piazza di Cestello, nel quartiere Oltrarno a Firenze. L’edificio fu costruito sui resti di una più antica chiesa, il monastero di Santa Maria degli Angeli eretta nel 1450.
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Riccardo Massaro Read the full article
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