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#isolamento volontario
mezzopieno-news · 3 months
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CHIUSO IN CASA PER 6 ANNI, SALVATO DALLA MUSICA
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Christian Sassaro è un ragazzo nato nel 2001 in una piccola cittadina sulle montagne vicino a Vicenza. A 15 anni ha abbandonato la scuola per ritirarsi completamente dalla società. Chiuso in casa in isolamento volontario, rimaneva sveglio tutta la notte e dormiva tutto il giorno. Nella sua stanza, ha ricominciato a suonare la chitarra che aveva studiato da piccolo e a creare canzoni con il computer. A causa della sua insicurezza, non faceva mai sentire a nessuno le sue canzoni ma, nel 2017, in seguito alla morte del suo musicista preferito Lil Peep, ha deciso di scrivere un pezzo per ricordarlo e lo ha pubblicato sui siti di musica online, senza mai uscire di casa. Affrontare la scomparsa di Peep lo ha portato a trovare il coraggio di caricare sui social network la sua prima canzone in assoluto, “How I Feel” (come mi sento), in cui esprime il suo dolore per la scomparsa della persona che lo ha accompagnato per tanto tempo nel suo isolamento.
La canzone ha avuto un enorme successo e con il nome d’arte Chris Rain il giovane è riuscito a sfondare nel mercato musicale fino a quando, nel 2022, ha deciso di lasciare l’isolamento e mostrare il suo volto. L’uscita del video di “Bloodless” rappresenta la sua rivelazione pubblica e la sua consacrazione come musicista.
Chris è oggi un artista famoso, si è trasferito ad Amsterdam e considera la sua carriera e i fan che l’hanno resa possibile come l’unica ragione per cui è ancora vivo e grazie alla quale ha superato anni di isolamento sociale.
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Fonte: Genius.com; Spotify; Marco Crepaldi; foto di Cottonbro Studio
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Giulia Cecchettin, Filippo Turetta comprò il nastro adesivo alcuni giorni prima dell'omicidio | Il 22enne sarà posto in isolamento e sorvegliato h24
Tgcom24 Nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha portato al mandato d’arresto europeo, emessa dal gip di Venezia Benedetta Vitolo su richiesta del procuratore Bruno Cherchi e del pm Andrea Petroni, a Turetta vengono contestati allo stato l’omicidio volontario aggravato dalla relazione affettiva, terminata perché Giulia lasciò Turetta la scorsa estate, e il sequestro di…
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wdonnait · 2 years
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Cagliari, Dottoressa condannata all'ergastolo : curava i pazienti con gli ultrasuoni
Nuovo post pubblicato su https://wdonna.it/cagliari-dottoressa-condannata-allergastolo-curava-i-pazienti-con-gli-ultrasuoni/114940?utm_source=TR&utm_medium=Tumblr&utm_campaign=114940
Cagliari, Dottoressa condannata all'ergastolo : curava i pazienti con gli ultrasuoni
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La Corte d’Assise di Cagliari ha emesso una sentenza sconvolgente nei confronti della dottoressa Alba Veronica Puddu, di 52 anni, di Tertenia, in Ogliastra. La dottoressa è stata condannata all’ergastolo con isolamento diurno per aver curato pazienti affetti da tumore con terapie alternative che avrebbero ridotto l’aspettativa di vita dei malati e accelerato la loro morte. La condanna è nettamente superiore a quella richiesta dalla pubblica accusa, che aveva chiesto 24 anni e due mesi di carcere. La sentenza è stata emessa dopo un’ora di camera di consiglio, e questa è solo la prima fase del processo, l’imputata non verrà arrestata.
La sentenza
La dottoressa Alba Veronica Puddu, di 52 anni, è stata condannata a ergastolo con isolamento diurno dalla Corte d’assise di Cagliari per aver curato pazienti affetti da tumore con terapie alternative che avrebbero ridotto l’aspettativa di vita dei malati e accelerato la morte. La sentenza riconosce colpevole l’imputata di omicidio volontario, circonvenzione di incapace e truffa.
La condanna è nettamente superiore a quella richiesta dalla pm e rappresenta il primo grado di giudizio, non comportando l’arresto dell’imputata. Il difensore della dottoressa ha dichiarato che aspetteranno le motivazioni della sentenza per ricorrere in appello, poiché non ci sarebbe una prova inconfutabile che avvalori l’accusa di omicidio volontario.
Le Iene
L’indagine era partita dopo un’inchiesta della trasmissione «Le Iene» trasmessa il 19 novembre 2017 su Italia 1, in cui venivano segnalati casi di malati oncologici che avevano abbandonato le terapie tradizionali per quelle proposte da Alba Veronica Puddu. Nel maggio 2018 il gip Francesco Alterio aveva interdetto la donna dall’esercizio della professione medica.
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alessandrovilla1982 · 2 years
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UN AMICO AL TELEFONO
L'Associazione " Un amico al telefono ", ODV (Organizzazione di Volontariato) di diritto, viene costituita nell’aprile 2002 per iniziativa di un gruppo di persone desiderose di offrire un servizio di “ascolto telefonico” (helpline), allora inesistente nel territorio locale e nella zona della Brianza. L' Associazione si è sviluppata in modo graduale e continuo passando dagli 11 soci fondatori ai 40 volontari che da anni garantiscono, su tutto il territorio nazionale, un servizio di ascolto e sollievo a migliaia di persone con vari tipi di disagi nel difficile mondo d'oggi. Nel 2005, al servizio di ascolto telefonico (servizio serale dalle 18 alle 22 – totale anonimato -) viene affiancata l’attività di “telefono compagnia” dedicata alle persone che ne fanno richiesta: il volontario chiama l'utente intessendo un rapporto programmato e continuativo d'amichevole compagnia. Molto importanti per la vita dell’Associazione sono state le collaborazioni ed il sostegno, in termini sia economici che operativi, ricevuti dal Comune di Vimercate, Enti ed Organizzazioni pubbliche e private. SERVIZI: Ascolto Telefonico: Ascoltiamo, garantendo il totale anonimato, chi sente il bisogno di condividere le proprie emozioni, i propri sentimenti. L’ascolto telefonico accogliente può aiutare a superare un momento difficile: permette uno scambio tra utente e volontario non solo verbale ma soprattutto emozionale. “Chi sono le persone che ascoltiamo?” Sono persone che non riescono a parlare del loro problema con chi è loro vicino, che vivono una sofferenza o conflitti personali, o si sentono sole. Hanno problemi di salute e familiari. Raccontano la rabbia, le delusioni, le difficoltà o semplicemente, dopo una giornata in solitudine, desiderano parlare con qualcuno e sentire la voce di un amico disposto ad ascoltare. Sono anziani soli, sono giovani in difficoltà, senza lavoro, sono donne e uomini delusi dalla loro vita. “Perché è così importante essere ascoltati?” Parlare dei propri disagi o dolori, raccontare dei momenti difficili non è facile e riuscire ad aprirsi con qualcuno non risolve problemi, ma certamente è un buon inizio per trovare una via d'uscita e intravedere possibili soluzioni. A volte possono mancare le informazioni più semplici per quanto riguarda l’esistenza sul territorio di strutture specifiche capaci di dare una mano. Il nostro servizio può aiutare a superare queste barriere, creando un ponte che spezzi la sensazione di isolamento e di impotenza. Non vi sono limitazioni relative a interlocutori, argomenti e problemi. Assicuriamo il completo anonimato. Telefono Compagnia: La consapevolezza di una realtà di dolore, di sofferenza, di solitudine, nata dall'esperienza di “Un amico al telefono” ha guidato l'Associazione nel 2005 ad affiancare all’attività di ascolto telefonico il nuovo servizio “Telefono Compagnia”, diverso nelle modalità di aiuto. Si è pensato, infatti, di abbandonare la caratteristica fondamentale dell'anonimato, offrendo un servizio telefonico in giorni stabiliti con l'utente, in un rapporto personale, dedicato particolarmente a persone sole, malate, desiderose di contatto umano. Per questo motivo, secondo quanto viene concordato, è il volontario che chiama l'utente, che ne abbia fatta richiesta, intessendo un rapporto continuativo d'amichevole compagnia WhatsApp Chat: Il volontario accoglierà, attraverso la chat, nel rispetto della privacy e garantendo l’anonimato,   chi attraversa un momento difficile, di sconforto, di solitudine. Aprirsi con qualcuno non sarà la soluzione di tutti i problemi, ma certamente sarà un buon inizio per trovare la via di uscita. La chat è uno spazio per condividere il proprio stato d’animo.                                                                                                                                                                             POLICY: 
 Il volontario di Un amico al telefono risponde on line sulla chat di WhatsApp il Martedì, Mercoledì, Giovedì dalle 19 alle 21 e il Sabato dalle 10 alle 12. Ai messaggi ricevuti fuori orario sarà data risposta alla prima riapertura del servizio on line. La chat è riservata e si garantisce privacy e anonimato. Nel caso in cui si rileva una preoccupazione per lo stato di benessere e la sicurezza dell’utente, vi è la possibilità di coinvolgere altri soggetti per proteggere e tutelare l’utente stesso. Non saranno consentite videochiamate per garantire la privacy.                             La chat viene eliminata o su richiesta dell’utente o dopo 30 giorni dalla sua inattività.   
 Contatti: 
 Web: https://www.unamicoaltelefono.it 
Facebook: https://www.facebook.com/unamicoaltelefono/ 
Tel: ASCOLTO TELEFONICO: 0396612807 
WhatsApp (INFORMAZIONI E TELEFONO COMPAGNIA): 3332025460 
 Associazione "Un amico al telefono" ODV 
sede legale via Santa Marta n° 20 - 20871 Vimercate (MB). 
 #unamicoaltelefono
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monicadeola · 2 years
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Noemi Penna | 07 Dicembre 2022
Se il tuo cane ha iniziato a nascondersi sotto i mobili o dietro il divano, oppure ha da sempre avuto la tendenza a isolarsi in un angolo, è importante capirne i motivi per poter aiutare il tuo cucciolo a stare meglio in casa. Ci possono essere sono molte ragioni per cui lo fa. Ma per trovare una soluzione, è fondamentale individuare il periodo da cui ha iniziato ad adottare questo comportamento di isolamento volontario e analizzare tutta la situazione.
Ha paura di qualcosa Non è raro osservare questo comportamento in un cane che ha appena subito un cambiamento significativo nel suo ambiente. Un trasloco, una separazione, l’arrivo di un nuovo membro della famiglia… le opzioni sono molte e, in questo caso, facilmente individuabili. Ma un cane può nascondersi anche quando ha paura di qualcosa che gli sta vicino o con cui entra in contatto contro la sua volontà. Può essere un essere vivente (una persona, un altro cane, un gatto), un rumore ricorrente (dall’aspirapolvere alle tapparelle ma anche i termosifoni) oppure un oggetto recentemente inserito in casa (un attaccapanni, uno specchio o anche una pianta). Cambiamenti che per noi potrebbero passare inosservati, ma non per un cane che ha una sua sensibilità.
Spugne emotive I canidi, nonostante la loro spiccata adattabilità, rimangono animali molto sensibili al cambiamento. Se cerca rifugio sotto un mobile è molto spesso per poter osservare il luogo in cui si trova sentendosi protetto. Ma non sempre il problema è tangibile. I cani sono delle spugne emotive e se stai attraversando un periodo particolarmente complicato, triste o stressante, e il tuo atteggiamento cambia quotidianamente, è possibile che il tuo animale si nasconda per proteggersi dalle “onde negative”. Se non lo sapevi, anche il tuo umore può influenzare il suo benessere.
Contatto fisico Se il cane convive con dei bambini, potrebbe nascondersi per stargli alla larga. Un cane stressato per questa situazione tende non solo a nascondersi, ma anche a tollerare di meno il contatto fisico, da chiunque arrivino le attenzioni. Questo perché probabilmente i bambini tendo a toccarlo molto e questa invadenza e insistenza non fa per lui. Se è questo il problema, meglio tenere a freno i cuccioli umani e offrire al proprio cane un rifugio tranquillo dove trascorrere del tempo in serenità. Lo stesso vale se ha subito un trauma: in questo caso avrà un bisogno quasi vitale di isolarsi per rielaborare una situazione che lo ha segnato negativamente.
Salute cagionevole Se il tuo cane ha iniziato a nascondersi senza altri ovvi motivi, potrebbe essere un segno di dolore o sofferenza. Quando un animale solitamente espansivo e socievole diventa d’un tratto solitario e introverso, in effetti potrebbe non sentirsi bene. I cani generalmente adottano questa forma d’isolamento quando stanno morendo. Questo non significa che il tuo animale domestico sia in pericolo di vita, ma se lo vedi nascondersi improvvisamente è sicuramente importante portarlo da un veterinario per fare un punto sul suo stato di salute.
Come comportarsi? Escludendo i problemi di salute, se il tuo cane si nasconde come reazione di difesa o protezione contro qualcosa che lo spaventa, va identificata il prima possibile la causa e trovata una soluzione efficace. Se il tuo cane ha problemi di insicurezza, puoi leggere qui cosa fare. Se si nasconde a causa di un cambiamento nel suo ambiente, sappi che gli servirà del tempo e una routine quotidiana per strutturata per abituarsi alla nuova situazione. Se il tuo cane ha bisogno di un posto per decomprimere, mettigli a disposizione una cesta con dei cuscini o una cuccia in un angolo isolato e confortevole per lui. Se il tuo cane non apprezza il contatto fisico, non insistere e non forzarlo, piuttosto rivolgiti a un educatore comportamentale che saprà aiutarti a risolvere la situazione. Se invece ha subito un trauma, riconquistare la fiducia di un animale può non essere facile: in questo caso, uno specialista potrà aiutarvi per ridurre l’impatto e trasformare le emozioni negative in positive.
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noneun · 4 years
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Mi ha fatto molto ridere
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Oh, no!
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stupidaggini · 3 years
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Mi manca solo francese domani e da finire la tesi, niente al confronto di questo esame, praticamente è fattaaaa
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susieporta · 3 years
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SILENZIO E SOLITUDINE. Si può abusare del parlare, si può abusare delle parole, della comunicazione, si può abusare di tutto. Noi siamo in un tempo in cui effettivamente si abusa di tutto.
Rilke ci ha insegnato che senza solitudine (e silenzio) noi non nasciamo. La stessa cosa ci insegna oggi Bobin e tanti altri scrittori e poeti la cui scrittura sorge da un isolamento volontario, da una resistenza e opposizione alle reti comunicative e informatiche con cui il mondo ci avvolge e spesso ci soffoca, in un irretimento spaventoso di cui diveniamo complici.
Per sentire la nostra anima, abbiamo bisogno di solitudine, di rigorosa solitudine. Altrimenti udiremo solo l’eco delle parole del mondo credendo che siano le nostre.
Dove abbiamo collocato il nostro sacro bisogno di un poco di sana, intenzionale solitudine e il nostro diritto ad averla? Forse lo abbiamo seppellito, rinunciando ad esso con estrema, grave, drammatica facilità.
Non possiamo più essere soli. Se abbiamo un telefono e quel telefono è acceso, abbiamo rinunciato al nostro bisogno e al nostro diritto di solitudine, fonte necessaria per abitare la nostra interiorità, per fare ogni tanto una reVisione della nostra vita e riuscire ad articolare quello che pensiamo e sentiamo profondamente.
È doloroso questo non poter mai essere soli, questo aborto continuo di una nascita che sempre ci attende, questo essere continuamente di intralcio a noi stessi e agli altri, ma questo dolore non lo avvertiamo finché siamo dentro la fitta spirale comunicativa e relazionale che lo attutisce, da un lato succhiandoci sangue, e tenendoci ancorati alla superficie, e dall’altro pseudogratificandoci in continuazione - come il coniglio con la carota tenuta al bastone - tramite una ininterrotta sollecitazione a cui diamo il nostro consenso e che a nostra volta ricerchiamo e determiniamo.
Animamundi Otranto
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piusolbiate · 4 years
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Più Rete di Sostegno sociale per emergenza sanitaria da COVID-19
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... dato atto che il continuo evolversi della diffusione dell’epidemia da COVID-19 vede coinvolto anche questo Comune che annovera tra i suoi cittadini diverse persone ammalate, ricoverate in ospedale o dimesse e messe in quarantena presso il loro domicilio e che, in parallelo con l’ascesa della curva epidemiologica, il loro numerosale di giorno in giorno; dato atto che sin dall’inizio dell’epidemia questo Comuna ha attuato misure di sostegno sociale nei casi di isolamento domiciliare, obbligatorio o volontario che sia, per le persone sole, prive di caregiver o di una rete familiare o di vicinato e che siconcretizzano nel supporto nella gestione delle attività di vita quotidiana, ad esempio per la spesa a domicilio, farmaci, pasto e altre necessità ritenuteindispensabili; considerato che è necessario in questa fase affiancare alla rete di sostegno sociale formata dai volontari di diverse associazioni locali anche una cooperativa con personale dipendente, anche per non esporre al rischio contagio i volontari che rientrano in una fascia d’età considerata particolarmente a rischio; DETERMINADi avvalersi della MED HOUSE COOP SOCIALE a r.l., con sede in Tradate, per attuare la rete di sostegno sociale alle persone colpite da COVID-19 o delle fasce deboli (anziani, malati, ecc.)
https://www.comune.solbiateolona.va.it/hh/index.php
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-"... comunque, io per evitare problemi mi metto in isolamento volontario"
-"ah, per il coronavirus?”
-”...il corona che??"
- Mauro Cimellaro Soffrè -
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leojfitz · 4 years
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di giorni non contati
When this is over // when this is under // a foot of water // hold me forever
Non li sta contando i giorni, e comunque anche se lo stesse facendo non sarebbe affatto perché sta pensando costantemente ad Edoardo. Ne ha avuti periodi di merda nella sua vita, decisamente molto più brutti e pesanti di questo qua, e si sente anche un po' in colpa con il se stesso di dieci anni fa che se la passava decisamente peggio, per essersi lamentato per un momento di questa quarantena. Isolamento, come diavolo deve chiamarlo. Ma questo lo sa solo lui, tutto sommato, e sta cercando di mantenere un certo contegno davanti a Matteo. Oddio, dipende cosa si intende per contegno, è passata solo una settimana da quando quel poveraccio ha avuto la sfortuna di sentire una di quelle sue telefonate particolari con Edoardo. Fino a quel momento era riuscito a non farsi sgamare, o forse (sta giungendo adesso a questa conclusione) fino a quel momento Matteo aveva sopportato in silenzio. Una settimana fa gli aveva detto che poteva avere la decenza di avvisare, o magari abbassare il tono di voce, che quei versi se li sarebbe ritrovati nei peggiori incubi. Quindi forse a Matteo non è che proprio abbia bisogno di dirlo, come si sente, immagina che lo sappia benissimo. 
Insomma, non li sta contando i giorni. Sta sempre con quel telefono in mano in attesa di un messaggio, di un'altra telefonata, ma di nessuno in particolare. Non è mai vagamente deluso quando è qualcuno che non sia Edo a chiamarlo. O almeno, spera di recitare abbastanza bene la parte per non farlo capire. E non è neanche che non li voglia sentire, comunque, è che Edo vuole sentirlo un po' di più di tutti gli altri. Ci sono tante cose di cui non può parlare con altre persone, tante cose che sono solo loro: nel corso degli anni hanno creato un linguaggio comune, incomprensibile agli altri, ma che è stato una naturale conseguenza del tempo infinito che hanno passato insieme. Gli album registrati insieme, i tour, i viaggi. Non se lo ricorda neanche più quando è stata l'ultima volta che si sono fermati per così tanto tempo, sono anni. 
Come non ha contato quegli anni non sta contando neanche i giorni, quindi. E poi è il tre aprile, è appena uscito il singolo e deve fare tante di quelle telefonate di lavoro, con i giornalisti. Edo troverebbe pure occupato se provasse a chiamare. Per un giorno possono pure non sentirsi comunque, non sarebbe la prima volta nelle loro vite. Ha appena chiuso una delle varie telefonate quando sta per mandargli un messaggio, perché tutto sommato ha una forza di volontà veramente pessima - non in generale, nella vita, ma per quanto riguarda Edoardo. Se si ripromette di fare - o, in questo caso, non fare - una cosa che riguarda Edo può star certo che la razionalità lascerà il suo corpo ed accadrà l'esatto contrario. Comunque questa volta è l'ennesima telefonata a salvarlo, il messaggio lasciato lì, scritto a metà. Poco male. 
Il giornalista gli chiede da quanti giorni è là dentro. Non li sta contando, quindi improvvisa. Non riesce a smettere di pensare a quel dannato messaggio lasciato a metà, di questa domanda scema che gli è balenata in testa poco prima. Ormai ha il pilota automatico attivato, gli stanno facendo le stesse domande a ripetizione da tutta la giornata, non deve neanche concentrarsi. Ed è ovvio che quando non è concentrato sul lavoro, stia pensando ad Edoardo. A quanto fosse più bello, l’isolamento volontario al Villaggetto. Quasi glielo dice, al giornalista, della gioia di essere lì a mangiare frutta a tutte le ore del giorno e della notte, poi si rende conto che la sua mente sta pericolosamente deviando su territori decisamente non condivisibili con il giornalista, tipo quella notte in cui hanno fatto sesso in spiaggia e si sono ritrovati sabbia addosso per giorni, nei posti più impensabili. 
I giorni che ora non sta contando. Conclude la telefonata e riapre i messaggi, e quella stupida domanda rimasta a metà. Ora forse avrà un po’ di tregua, torna a digitare. Se conosce abbastanza Edo sa che gli risponderà con un insulto, o che lo chiamerà per insultarlo, per essere ancora più efficace. Cancella il messaggio e lo chiama direttamente lui, a quel punto. E per fortuna che si è detto che potevano pure non sentirsi per un giorno. 
“Pensavo fossi troppo preso dalla stampa, oggi,” gli risponde. 
“Abbastanza, ma ho trovato cinque minuti liberi solo per te. Che stai a fà?” Matteo deve aver capito chi ha chiamato, perché improvvisamente il volume della musica del pezzo a cui sta lavorando è aumentato di parecchio. 
“Stavo a lavorà su una cosa nuova, dopo magari te lo mando,” gli dice Edo. “Ma quell’altro è diventato sordo? La sento fino a qua la musica sua.” 
“No c’ha paura che è una delle telefonate nostre, ormai l’ho traumatizzato a vita.” Edo si mette a ridere, lo sente muoversi per la casa, forse si sta mettendo sul letto. Lo sta visualizzando con una certa facilità, ma non dovrebbe. Non è la giornata giusta. 
“Ed è una di quelle telefonate? Non so’ preparato.” 
“No che poi me ricominciano a chiamà e devo sembrà una persona seria, se me distrai mo non riesco più,” gli spiega. Poi gli viene in mente di una volta in cui si erano chiusi nel cesso di un posto in cui dovevano fare un’intervista ed è abbastanza sicuro che Edoardo stia rivivendo la stessa scena nella sua testa perché nessuno dei due dice niente per un po’. Poi si ricorda della domanda, giusto. “Ti volevo fà una domanda scema, comunque.” 
“Me piace che lo dici come se fosse ‘n evento eccezionale.” 
“No dai pensa che è ‘na cosa quasi seria, pure se è scema,” gli dice, ormai ha perso lo slancio che gli hanno dato le dieci telefonate precedenti con la stampa, Edoardo gli ha fatto già perdere un po’ la lucidità e sta vaneggiando. “Niente, me chiedevo se te ricordi quand’è stata l’ultima volta che non ce siamo visti per così tanto tempo di seguito volontariamente.” La chiave è la parola volontariamente, lo sa. Edoardo sospira, ci pensa un po’. Ci sono stati tanti periodi della loro vita in cui non si sono visti per tanto tempo, ma è sempre successo in maniera casuale, forse, o almeno Lauro ha l’impressione che per molti anni si sia semplicemente fatto trascinare dagli eventi, e la gente entrava e usciva dalla sua vita con una facilità impressionante. Ringrazia ogni giorno il fatto che Edoardo ci sia rientrato per non uscirne mai più. 
“Me devi fà prende a male così nel primo pomeriggio, eh? Negli ultimi anni me sa mai, Laurè.” 
“Sì appunto, stavo a pensà la stessa cosa.”
“Poi non è che devi pensà che sto a contà i giorni, comunque, eh, però me pare che sia così.” 
“No, ma infatti, figurate se li sto a contà io.”
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corallorosso · 4 years
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Gli indigeni dell’America Latina aggrediti da Covid-19: mancano medici, cibo e acqua. “Pericolo di etnocidio” di Adele Lapertosa Con i suoi 6500 chilometri in cui si snoda attraversando Perù, Colombia e Brasile, il Rio delle Amazzoni è vita e condanna per le popolazioni indigene che ci vivono vicino. È infatti la loro fonte di sostentamento, l’unica ‘strada’ percorribile, e al tempo stesso la porta d’ingresso al Covid-19. Chiuderlo vorrebbe dire farle morire di fame. In tutta l’America Latina sono 826 i popoli nativi che abitano da Panama al Cile, di cui 100 in almeno due nazioni diverse, 200 in isolamento volontario e 400 vicino al Rio delle Amazzoni. Più di 45 milioni di persone, che rischiano di essere spazzate via da questa nuova epidemia. Decimate in passato dalle malattie portate dall’uomo bianco, queste popolazioni, fondamentali per preservare la biodiversità della Terra, per l’ennesima volta corrono il pericolo di pagare un tributo molto alto, perdendo la loro memoria e tradizioni con la morte dei loro anziani, e rischiando di scomparire del tutto, non solo per il virus, ma anche per i conflitti e la violenza causati dalla scarsità di risorse, come cibo e acqua potabile. L’epidemia, nella sua corsa, sta accentuando una situazione già critica per discriminazioni e disuguaglianze. Gli ospedali dell’Amazzonia non hanno risorse per far fronte ad un’emergenza di tale portata, e i governanti dei vari paesi non sempre hanno adottato le strategie che potrebbero davvero aiutarli, come il presidente brasiliano Jair Bolsonaro che si rifiuta di adottare misure preventive più restrittive. Inoltre le raccomandazioni di rimanere a casa e lavarsi spesso le mani sono difficilmente applicabili per molte di queste comunità che spesso non hanno accesso all’acqua. (...) In Perù l’Associazione interetnica della selva peruviana ha denunciato lo Stato davanti alle Nazioni Unite “per il pericolo di etnocidio”. Il presidente delle Comunità indigene Ticunas e Yagua della Bassa Amazzonia, Francisco Hernandez, spiega che non hanno dove andare e servono medici. (...) In Ecuador, dopo la morte di un anziano di 70 anni, i Siekopai hanno preso le loro cose e se ne sono andati nel mezzo della selva con i loro anziani, i più a rischio con il virus, mentre a Panama i Gunayala hanno adottato la quarantena e un cordone sanitario. La maggior parte delle comunità indigene prende le loro medicine per rinforzare il sistema immunitario, ha predisposto meccanismi di vigilanza comunitaria e protezione delle frontiere. “Più che vulnerabili, le popolazioni indigene hanno dimostrato la loro resilienza in vari secoli di pandemia, e questa non sarà l’ultima volta”, dice il Filac. E c’è da sperare che sarà così, nonostante tutto.
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Buon compleanno Adrien Brody, l'attore al giro di boa dei 50 anni
Pronto a perdere 13 kg e vivere per mesi in volontario isolamento per l’ebreo in fuga dai nazisti del Pianista di Roman Polanski, o a mettere su quasi 10 chili di muscoli per il mercenario di Predators. Il newyorchese Adrien Brody, 50 anni il 14 aprile, non esita a mettere tutto in gioco per una parte. Una capacità che gli ha permesso di diventare, nel 2003 a 29 anni, il vincitore più giovane…
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henr-yuk · 5 years
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Comunicazione di servizio:
Apparentemente 9 persone (9 teste di c4zzo*) sono fuggite dalla quarantena di Codogno e si sono rifugiate a 10 minuti da dove abito io, ovviamente non prima di essere andati a fare la spesa (di domenica poi ragaaaaa). Arrivati nella loro casa-vacanze che ogni lombardo che si rispetti ha si sono autodenunciati e ora sono in isolamento volontario. Isolamento che potevano fare anche a casa loro.
Quindi se vedete che non scrivo più niente sapete perché*
*sarò in galera per om*cidio
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dispersaneiricordi · 5 years
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Oltre la punizione, ecco la giustizia riparativa
Un'idea nuova si è fatta timidamente strada. Una parola nuova è stata detta, finalmente, nella riflessione mondiale intorno ai sistemi penali. La parola nuova è incontro: incontro tra la vittima e il colpevole, e se possibile con la comunità. L'idea nuova è di rispondere al reato con l'incontro, libero e volontario, tra chi quel reato lo ha commesso e chi lo ha subito. Non (più) la coincidenza tra giustizia e pena con la sua terribile zavorra semantica, giuridica e culturale fatta di coercizione e intimidazione concrete, in cui - sia detto con parole nette e provocatorie - il male di una risposta mimetica (contraria ma, in fin dei conti uguale) viene ''riciclato'' e' ''lavato'' dentro l'aggettivo giusto, capace a sua volta di ''assolvere'', legalmente e moralmente, l'uccisione, la violenza restituita, la privazione della libertà, la limitazione dei diritti, e non solo. Non (più) la giustizia immaginata e praticata come separazione, isolamento ed esclusione, mediante il carcere e le molteplici altre forme di neutralizzazione e contenimento, che tanta fortuna hanno avuto ovunque nelle politiche penali repressive: gabbie, ferri, blindi, muri di cinta, camere di sicurezza, detenzioni al domicilio, braccialetti elettronici, castrazione chimica... Non (più) questo sinistro armamentario, bensì per molti versi e per la prima volta proprio l'opposto : appunto, incontrarsi, parlarsi, riconoscersi, assumersi delle responsabilità e scambiarsi gesti volontari di riparazione (cioè darsi, per non dire ''donarsi' ', qualcosa, anziché privare di tutto). [...] Si chiama restorative justice. In Italia la conosciamo con il nome di giustizia riparativa. È un'idea che può suonare scandalosa, inaccettabile e urticante oppure irenistica, utopica e impraticabile. E invece. [...] Tanti sono ormai i Paesi che hanno adottato una disciplina ad hoc sulla restorative justice, disponibile per adulti e minorenni e non di rado applicabile a reati lievi e gravi, in ogni stato e grado del procedimento. [...] Sono migliaia i programmi di giustizia riparativa attivi nel mondo, dal Nord Europa all'Oceania: i primi risultati empirici paiono confortanti nel segnalare, da un lato, una flessione della recidiva e, dall'altro una certa soddisfazione delle persone offese: un dato, quest'ultimo, che diventa più significativo se paragonato all'insoddisfazione generalizzata prodotta nei cittadini, inclusi rei e vittime, dai sistemi penali ''classici'', considerati inaccessibili, costosi e poco efficaci (se non addirittura ''ingiusti''). [...] Accanto a una sapiente integrazione delle pratiche riparative nell'ordinamento penale, la giustizia riparativa domanda un sistema meno repressivo e più costruttivo: bisogna <<civilizzare>> la giustizia penale, non nel senso insidioso e inaccettabile di ''privatizzarla'', bensì di incrementarne la civiltà, riducendone la violenza e attenuando il dolore che infligge.
Claudia Mazzucato, Vita e Pensiero (2016)
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Sindrome di Rett bambini
La sindrome di Rett è una malattia genetica che colpisce in prevalenza i bambini di sesso femminile. Colpisce il sistema nervoso centrale causando un grave o gravissimo deficit cognitivo. Una patologia che si manifesta già nei primi mesi di vita in particolare dai 6-18 mesi di vita, con sintomi visibili, la perdita della motricità, delle capacità manuali e isolamento dal contesto sociale. La sindrome sembra essere causata dalla mutazione di un gene, non vi è modo di diagnosticare la malattia prima della nascita anche perché non vi sono manifestazioni durante la gravidanza e nei primi sei mesi di vita del bambino che sembra essere normalissimo, con uno sviluppo assolutamente nella norma. Purtroppo lo sviluppo subisce un’arresto nella fase successiva tra i 6 e i 28 mesi.
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Le capacità psicomotorie che il bambino ha acquisito fino a quel momento regrediscono in concomitanza con la comparsa di movimenti stereotipati delle mani  o anche indicato come “hand washing”, a cui segue la perdita di interesse per l’ambiente sociale. Possono essere anche presenti respirazione irregolare, anomalie elettroencefalografia ed epilessia. La gravità della malattia è variabile, infatti sono state riconosciute delle varianti atipiche della sindrome di Rett.
Uno dei caratteri che distingue questa patologia è la fase di regressione, infatti le bambine perdono le capacità fino ad allora acquisite assumendo poi degli atteggiamenti di totale isolamento, oltre all’uso volontario delle mani, sostituito da movimenti ripetitivi che ricordano l’atto di lavarsi le mani, o l’applaudire e il portarsele alla bocca. Movimenti considerati stereotipie, uno dei tratti distintivo della malattia.
Successivamente si presentano le prime difficoltà di deambulazione e da li lo sviluppo comincia a rallentare notevolmente. Nella fase successiva la malattia si stabilizza, per poi presentarsi con una serie di sintomi che influisce negativamente sulla vita della piccola e ovviamente dell’intera famiglia.
 Una malattia che spesso viene confusa con l’autismo o anche con un ritardo dello sviluppo generale. Indicata anche come la malattia degli occhi belli, come la definiva colui che l’ha scoperta il professor Andras Rett, il primo a scoprire la sindrome di Rett.  
Un malattia famosa per le conseguenze spesso molto gravi per le disabilità che può provocare. IL blocco dello sviluppo è dovuto secondo gli esperti da un rallentamento della crescita del cranio rispetto al corpo. Una malattia che oltre alle difficoltà motorie e al disinteresse sociale provoca un rallentamento della crescita, con gravi rigidità e atrofie muscolari sempre più evidenti  con l’avanzare dell’età. 
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La diagnosi viene stabilita in relazione sviluppa prenatale e psicomotorio considerato normale nei bambini, in aggiunta alla crescita del cranio in particolare dai 5 ai 48 mesi di vita del piccolo.
La malattia può avere diverse forme, dalla comparsa tardiva, o diversamente con un inizio precoce, o addirittura con forme più lievi in cui non vi è una grave compromissione delle abilità manuali e del linguaggio, anche lo sviluppo del bambino sembra esser e nella norma.
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