#io comunque sono felice del freddo
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accidentiaituoiocchi · 3 months ago
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Io ho ufficialmente inaugurato i collant sotto i pantaloni.
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cia-no · 5 months ago
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Settembre* e cambiamenti, le due cose che ho sempre fatto fatica ad affrontare.
Quella di ora non è la solita routine, non sono i soliti respiri, la solita vita. È un po' come l'orario provvisorio a scuola, te lo ritrovi ma non sai quando cambia. E quando cambia ti fa schifo comunque e vorresti fosse diverso, ci metti un po' a tirarne fuori il meglio.
(Fa caldo e freddo ma voi avete già il piumone?)
Irma, la mia prima bici bolognese, ci ha abbandonato, ruggine e san pietrini hanno spezzato il manubrio..Benvenuta Bulma!
C. non fa altro che studiare cose vecchie e ne inizia veloce già di nuove. L'ansia è sempre tanta e a volte ci servirebbe più ossigeno, ma da Ottobre potrebbe essere tutto finito e finalmente lei potrebbe frequentare un'università che le piace davvero. Siamo dovuti tornare in Lombardia per due giorni..aiuto.
Vorrei solo vederla felice e fare tante giravolte, sono stati mesi difficili, grigi e incompresi.
La tesi è bellissima e io sono tanto fiero di lei!
P.s. ripetendo storia per l'esame con lei ora so l'epoca Giolitti molto bene, credo..
Ospitiamo a tempo indeterminato E., una sua amica storica che cerca casa per iniziare la magistrale qui a Bolo mentre finisce gli ultimi dettagli per la laurea. Stiamo strettini e stressatini in 3 in casa, ma sembra di essere in una sitcom e troviamo il modo di sdrammatizzare sempre.
Vediamo serie TV: "The Bear" e "OMITB".
Io a lavoro sto praticamente cambiando tutto, collegh3, servizi, orari, luoghi. Per coprire le ore faccio tutti i giovedì, venerdì e sabato notte..Inizio a sentire i 30 anni e mi fa male il ginocchio. 15 mila passi a serata oh..
(Cercate "Nottambula" su Instagram).
Rastignano è lontana ma ci arrivo in meno tempo che a Barca, c'è molto silenzio per le strade, beat* loro la notte.
Da Novembre dovrei lavorare con orari differenti e più stabili, sempre salvo casini dell'ultimo momento by Comune di Bologna.
A me e a C. rode tanto non riuscire a fare più vita sociale se non la solita passeggiata per la spesa o per mangiare qualcosa al volo, ci stiamo perdendo un po' di serate carine del weekend, Bologna va tanto veloce, come sempre. Ti riacciufferemo, occhio a te!
Siamo un po' dei fantasmi con amic3 e ci dispiace, prevedo seratine giochi da tavolo in casa e uscitine indie.
(Dobbiamo ancora fare la "serata proiettore", film da consigliare per serata trash tra amiki?)
Sto suonando e cantando un po' di più anche grazie a G., qualche ginseng di troppo mi farà schizzare il cuore, ma ne vale la pena per la musica. Da novembre spero di mollare il lavoro di notte, spararmi qualche jam in settimana e aiutarlo di più con la band, sento che sta andando meglio.
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Settembre è sempre stato così, "provvisorio".
Con l'asterisco.
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thecatcherinthemind · 10 months ago
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Fuori soffia il vento, il divano è comodo e la copertina tiene caldo, ma tremo lo stesso. Sono distrutta psicologicamente, per fortuna sei venuto qui, altrimenti sarei impazzita. Cerchi di rassicurarmi, tutto andrà bene. Non riesco a guardarti negli occhi mentre mi parli, sto fissando il vuoto per non crollare.
Sto ancora tremando, quindi potrebbe non essere il freddo: chiudo gli occhi.
"Okay, fermati un attimo e valutiamo tutte le opzioni. Qual è la peggiore?". Mi chiedi di guardarti negli occhi, ma la pudicizia trionfa e mi impedisce di farlo; tengo sempre i miei chiusi, ma seguo le tue parole e cerco di non farmi prendere dal panico. Inizi ad elencare diverse soluzioni e nonostante il mio cervello si stia spegnendo le seguo tutte. Sta comunque funzionando. Mi prendi una mano, intrecci le dita con le mie e inizi a stringerla ad intermittenza, come a dare piccoli segnali della tua presenza, ma non costanti. Anche questo sta funzionando perché il tremore pian piano passa. "Sono rimasta incastrata, non posso più uscirne" dico, vanificando i minuti in cui mi hai fornito più soluzioni di chiunque altro. Non ti arrabbi con me, come farebbero tutti, ma sbuffi in maniera divertita. Il mio respiro si fa più affannoso ma allo stesso tempo sento le palpebre calare e vedo tutto sfocato: ci siamo, penso, sto collassando. Ricominci ad elencare di nuovo le soluzioni come un cameriere che ripete per l'ennesima volta il menù dei dolci. Le palpebre calano di più e mi sento cadere in un sonno improvviso. Non ti arrabbi nemmeno qui, quando ti sto praticamente dormendo davanti mentre cerchi risposte a problemi solo miei, ma accompagni il mio corpo contro lo schienale del divano; io inizio ad abbozzare due o tre "Scusami" e tu sussurri "Shhhh". L'ultima volta che un uomo mi ha zittita così, gli ho tolto il saluto. Con te è diverso: non stai zittendo me ma il mio cervello. Mi giro verso di te, ti guardo negli occhi e ci sorridiamo. "Secondo me l'opzione tre è la migliore" dici, "quale sarebbe?" ti chiedo. Sorridi e chiudi gli occhi, poi appoggi la testa sulla mia spalla. Ti arrendi al fatto che io del tuo discorso non stia capendo nulla e smetti di ripetere le cose ad un muro. Appoggio la testa contro la tua. Rimaniamo così per interi minuti, finché tu non giri leggermente il viso e ti avvicini al mio orecchio, poi sussurri "Domani ne parliamo, va bene?". Io annuisco, sempre ad occhi chiusi, mentre sento sul mio collo il tuo respiro, che si fa sempre più rilassato. Sei esausto. Hai lavorato anche tu, in più ti sei macinato chilometri per venire da me e sentirmi lamentare di cose più grandi di me e di te, cercando comunque di fornirmi soluzioni che io nemmeno sono riuscita a captare per la stanchezza psicologica. Mi sento in colpa; avresti potuto passare la serata con chiunque altro, ma sei venuto qui sapendo che ero psicologicamente a terra, mentre ora sei sul mio divano a cercare di fare un miracolo, ovvero impedirmi di passare la nottata a distruggermi. Il senso di colpa aumenta e sto per dirti che sei libero, puoi andare via quando vuoi e non ti obbligo a rimanere qui per me, ma tu mi anticipi e mi chiedi a bassa voce: "Posso rimanere qui per sempre?". Io sento il cuore battere all'impazzata, mi sto risvegliando da un sonno ben più profondo di quello in cui stavo crollando. "No" ti rispondo per smorzare la tensione "tua mamma mi sgrida e dice che non ti faccio tornare a casa".
Inizi a ridere e mi ricordi che tu hai dei genitori normali, che vedendo il figlio felice lo incoraggiano a continuare a vedermi: mi sembra fantascienza. I miei mi avrebbero già detto che hai una cattiva influenza su di me perché mi costringi a pensare e riflettere con la mia testa, uscendo dagli schemi che mi vogliono imporre loro. In realtà lo hanno già fatto, ma non te lo dico, mi tengo per me l'ennesima pugnalata che mi hanno inflitto.
Sei talmente disponibile che mi sento una merda, al punto che ora la mia paura è che torni in auto stanco e ti ritrovi ad abbracciare qualche albero. Lo sai già, riesci ad anticipare anche questo pensiero e mi dici "e non preoccuparti per me, torno a casa quando stai meglio, tanto ho bevuto caffè e non mi stampo da nessuna parte". Con te sono superflue anche le parole, sai già tutto. Mi accarezzi il viso e torni con la testa sulla mia spalla. "Non preoccuparti" mi dici continuando ad accarezzarmi "si risolve tutto". "E se non succede?" "Allora puoi prendertela con me; mi tiri un pugno così forte che imparo a non darti false speranze". Improvvisamente mi sento tranquilla, come se effettivamente non ci fosse niente di cui preoccuparsi. Allento la tensione sulle spalle e reclino la testa per dormire. Mi prendi di nuovo la mano ed appoggi la testa indietro anche tu; il tuo respiro diventa sempre più rilassato e profondo, sino a che ti addormenti sul divano. Penso di aver dormito per un po' anche io, perché ho perso la concezione del tempo. Al nostro risveglio, ti ricordo che devi tornare a casa e che aspetto un tuo messaggio per sicurezza. "No, tu ora dormi. Non aspettare messaggi". Non capisco se il senso sia che ora non torni a casa ma vai altrove, quindi non insisto. Ti ringrazio e ti chiedo ancora scusa. Mi abbracci forte, uno di quegli abbracci che non ricevevo da oltre un anno perché chi me li dava così non fa più parte della mia vita. Mi hai fatto sentire al sicuro anche mentre te ne stavi andando via, cosa molto complicata. Non ti sarò mai grata abbastanza.
Dici di non volere che io aspetti il tuo messaggio sveglia, quindi mi dici direttamente che non me lo manderai: "Così almeno vai a dormire ora anziché tra 40 minuti". Tornato a casa però il messaggio me lo hai scritto.
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patriziapa · 2 years ago
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Dedicated
Pensavo che vorrei andare al mare anche se è troppo freddo, che vorrei leggere più libri, che vorrei guardare più film. Pensavo che una volta adulta sarei stata felice, e invece vedi, mi manca come l’aria qualcuno che mi dica “stai attenta, mangia, guarda bene prima di attraversare la strada”. Pensavo a quella cosa che succede forse a tutti, di sicuro a tanti, quella cosa che ci fa venire voglia di cambiare, di essere diversi, poi cambiamo per davvero e ci manchiamo per sempre. Pensavo che in fondo, tutto quello di cui abbiamo bisogno, è una via d’uscita. Senza via d’uscite salta tutto, ma forse è proprio quando salta tutto che arriva il bello. Alla noia, pensavo. La noia è letale e prima o poi colpisce tutti. Come l’ansia. Anche l’ansia è davvero una stronza. Uno è lì che prende il sole sul terrazzo e pensa “uh, che bella giornata che è oggi”, ed ecco che arriva l’ansia. Oppure. Uno è lì che si guarda allo specchio e si dice che in fondo non va poi così male, ed ecco che arriva l’ansia. L’ansia è attratta dalle acque calme, dal silenzio, dai momenti quasi perfetti. Pensavo anche a quante volte uno dice “basta, non ne posso più” e poi comunque non cambia niente. Pensavo a quanto sia bello baciare, a quante giornate le persone sono costrette a passare senza baci, senza carezze, senza amore. Pensavo “ma tornerà la primavera?” e poi mi è venuto da piangere perché la domanda giusta non è quella, perché la primavera torna sempre. La domanda giusta è “quando tornerà la primavera io ci sarò ancora?”. Pensavo a quanto sia fondamentale confondersi con gli altri, lasciarsi attraversare, lasciarsi pervadere da modi di pensare diversi, da modi di vedere diversi. È una storia magica, questa qui che ognuno di noi può contenere così tanti cuori, così tanti ricordi. Mica solo i nostri, il bello è proprio lì: quelli di tutti. Pensavo che sarebbe sparito tutto, invece qualcosa è rimasto. L’odore del mare, le corse nei prati, le domeniche d’inverno bagnate da questo cielo triste e la speranza di essere voluti bene: sempre e comunque...
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soisbelle-et-soistriste · 5 days ago
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bianchi
Ho la certezza che non siano usciti dalla vecchiaia, ma dallo stress.
D'altronde questo stress mi sembra senza fine da quando mi sono lasciata con G. a maggio 2022.
E siamo a febbraio 2025, quasi 3 anni.
Forse oserei positivamente dire che è iniziato da dicembre 2023, da quando ho firmato quell'agreement.
Pertanto 1 anno e 2 mesi circa.
Ecco, sì mi sembra più accurato dare questa come tempistica.
Se ci pensiamo alla fine, non ho davvero avuto pace.
Gennaio 2024 si prospettava bellissimo, nonostante un capodanno ridicolo, ma alla fine era tutto così bello! Nuova casa, un sacco di soldi e quello che sarebbe stato il mio inferno ad oggi sulla terra.
Ad oggi mi sento come se dovesse arrivare qualcosa, quel senso di incompletezza, ma vuoto. Quel senso di incompletezza l'ho sempre avuto, perché c'era sempre di meglio da cercare, c'era sempre di meglio per me.
Ad oggi, sento principalmente il timore del lavoro in quanto faccio non solo, una cosa che non mi piace, MA finisce anche ad agosto, quindi il mio tempo è scandito perfettamente ticche e tacche per altri 5 mesi e 3 settimane circa.
Lo stress mi si mangia.
Ed ovviamente sono tornata ai livelli di peso pre keto, oramai quasi 4 anni fa.
C'è poco da scherzare, bisognerebbe solo mettersi una manon sulla coscienza e accettare che così non va bene, che se non hai fame o sei stressata, mangiare non va fatto.
Che se ti annoi non devi mangiare, ma piuttosto pregare, sentire quella noia cosa ti sta dicendo.
Crescere è spaventoso perché ti dai sempre meno possibilità di azioni, le cose ti scocciano prima e non hai pazienza.
Una volta provavo e tentavo, ma soprattutto dopo lo spezzacuore dello scorso anno, oramai ho il paraocchi su tutto e tutti.
Come sempre, non credo che ci sia un effettivo bilancio a tutto ciò.
In ogni modo sicuramente il lavoro fa l'80% del mio malessere attuale.
Da 1 anno e 2 mesi.
Con l'arrivo di A. credevo che le cose andassero meglio, invece toh proprio da quando è a Roma ho i capelli bianchi.
Sto diventando pazza.
Poi mi guardo intorno e non aiuta, ci credo che a una certa tutti diventano insani.
Diventano tutte mamme, le persone si arrendono alla loro miserabile vita ignobile e non avendo avuto il coraggio e la forza di affrontare questa società, hanno ripiegato sul più comune degli errori: accontentarsi.
Ma io non sono così.
Combatto follemente per non cadere lì, ma è una corsa a ostacoli piena di buche.
Ho un ricordo felice delle scuole superiori, ma col senno di poi tutto è differente. Fatto sta che anche lì c'era questo senso di disagio inspeigabile, di qualcosa che mancasse.
Ma io sapevo cosa volessi fare, io sarei andata a studiare a Milano.
Io avevo il mondo in mano 9 anni fa.
Ad oggi anche la moda sembra che mi stia abbandonando.
L'unica cosa che mi rendeva viva sembra essere solo una vecchia copertina sbiadita di un quaderno in uno scaffale del negozietto cinese.
Per essere magnanimi.
Porco due che freddo comunque.
Ho veramente bisogno di quei ritmi, li sognavo e nel frattempo c'è stato l'avvento social e quanto altro.
Sto sbagliando? Dovrei pregare forse.
Oggi mi sento offuscata, che weekend di merda.
Fa freddo e mi fa male ancora il piede dall'incidente di novembre.
Maledette queste situazioni.
Mi sento adombrata da tutto, una macchina che prova a galleggiare senza una vera motivazione se non quella di sopravvivere.
Lui non lo vorrei neanche qui, mi sentivo sola e abbandonata, ma ora mi sento sola, abbandonata e neanche con i miei spazi.
Non sempre, ma spesso.
Da una parte mi tira su, dall'altra mi fa fatica pensare che non mi posso alzare sola e fare le mie cose, ora uscire e andarmene, c'è qualcosa di superiore che mi fa stare qui, la forza del legame.
E la mia stanchezza oggi.
Sono proprio super piena, vorrei solo sprofondare in un sonno lunghissimo e risvegliarmi a 10 anni fa.
10 anni.
Giganti.
Eppure, al di là della siepe, in brevi momenti di lucidità, sembra che questo sia solo parte di un piano più grande, uno in cui adesso è il momento per stare così.
Ma ho tanto bisogno dei soldi che chiedo e di fare il lavoro che mi piace.
Mi sto atrofizzando
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osservatoriosubliminale · 6 months ago
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la prima fase del sonno
Non riesci a dormire. Non ci provi nemmeno. Non riesci a non smettere di pensare. Non fai nulla per liberare la mente. Non ti metti comoda. Non c'è un posto in cui lo saresti. Non piangi. Non ti servirebbe a nulla. Non sorridi. Non c'è motivo per farlo. Non apri gli occhi. Non c'è nulla da vedere. Non ascolti il mondo esterno. Non c'è nulla da ascoltare. Non puoi credere di esser di nuovo qui. Non ti immagini in nessun altro posto.
Eppure eccoti Claire, benvenuta. Questa è la prima fase del sonno. Mi sei mancata.
Vorresti smettere di pensare, ma sai meglio di me che è impossibile smettere. Vorresti dormire, ma nemmeno le mura della tua stanza, addobbate a tua immagine e somiglianza, possono proteggerti. Vorresti scappare, ma non sapresti dove andare e, per quanto piccolo, almeno il tuo letto riesce a contenere e delimitare il tuo corpo, rappresentazione fisica di ciò che sei. Vorresti darmi la mano, ma non sai più dove sia finita, come aggrappartici. Vorresti star bene, ma la tua stessa essenza te lo impedisce, il peso di te stessa non te lo concede.
Sei soggiogata dalla finta felicità che ti circonda. Sei affaticata dal mondo e dalle sue azioni. Sei trascinata nel vortice delle tue stesse pessime scelte. Sei spaventata dalle conseguenze di ciò che fai. Sei ferma nel credere che sia questa la realtà giusta per te. Sei convinta di essere nel bene e nella ragione. Sei immobile nelle tue decisioni.
Ma sei davvero felice? Ma vuoi davvero vivere così? Ma è questo quello che vuoi per te? Ma sei sicura di voler far finta di nulla? Ma sei fiera di ciò che sei diventata? Ma va davvero tutto bene?
Quindi ti rigiri, convinta che ci possa essere un posto che possa acquietare le tue sofferenze. Ma non c'è o, se c'è, esiste solo quando chiudi gli occhi. Quindi provi a immaginarmi, lì con te. Nella stessa stanza, abbracciati l'uno all'altro mentre ti proteggo dal mondo esterno. Ma non è più possibile, io non ci sono più. Quindi provi a dormire, chiudendo gli occhi il più forte che puoi. Ma questo non ti farà scappare, domani sarai di nuovo qui, a sopportare il peso di ciò che sei. Quindi pensi ad altro e puoi farlo, ci mancherebbe. Ma il tuo cervello ti riporta qui, sempre e comunque. Quindi rifletti su come cambiare le cose, ma è troppo tardi. Ma non è mai troppo tardi e quindi pensi a cosa potresti fare. Quindi immagini. Potresti essere un'altra persona e fare quello che ti farebbe stare meglio. Ma non ne hai il coraggio, preferisci soffrire e far finta che vada tutto bene.
Però stai male. Però non sei felice. Però ti penti di ciò che hai fatto. Però non ti piace chi ti sta attorno. Però sei triste per ciò che sei diventata. Però non sopporti più la tua stessa vita. Però non sguazzi più bene in questa sofferenza. Però non sai più cosa vuoi, perché quello che vuoi è irraggiungibile.
Desideri essere da un'altra parte, il tuo corpo materiale ti sta stretto. Desideri chiamarti in un altro modo, sarebbe più facile per te fuggire. Desideri tornare indietro, per non fare più gli stessi errori. Desideri avere il coraggio, per prendere in mano la tua vita. Desideri riuscire a parlare, per esprimere ciò che hai dentro. Desideri chiedere scusa, per essere felice.
E se provassi a chiedere scusa? No, per te sarebbe solo tempo perso. E se provassi a cambiare le cose? No, ne avresti troppa paura. E se allontanassi tutte queste persone? No, non staresti bene da sola. E se mi scrivessi? No, non ne avresti il coraggio.
Claire, sei sfinita. È buio lì fuori. Il tuo corpo è accasciato su questo letto fatiscente, tremolante dal freddo e dalla tua tristezza. Le tue braccia sono sotto la federa del cuscino e tengono in mano un coltello, per recidere la gola alla te stessa cosciente, sveglia, che vive nel mondo e che interagisce con gli altri, col sistema, con l'impalcatura che ti sei creata attorno per tenerti in piedi, sveglia, all'apparenza felice.
Claire, chiudi gli occhi. È tardi. Sei troppo debole per continuare a lottare, troppo stanca per lottare contro la degradazione del tuo corpo, che rilassa i muscoli e abbassa la temperatura. Sei troppo stanca per lottare contro il tuo cervello che rallenta i tuoi pensieri, contro il tuo cuore che abbassa il tuo battito cardiaco. Il tuo corpo lo fa per il suo bene, il tuo corpo lo fa per sé stesso, te sei solo l'elemento che ostacola il suo naturale riposo.
Claire? Stai dormendo?
Claire, prendi la mia mano. Fidati di me. Nei tuoi sogni tutto è possibile e io sarò lì, ad aspettarti e prenderti per mano. Ti porterò e ti vedrei felice, come non lo sei mai stata. Andremo dove hai sempre voluto portarmi e io lo stesso, vivendo tutti i ricordi che non abbiamo vissuto e costruendo quello che ora vuoi per noi, anche se io non ci sono più.
Claire, quanto sei bella. Ora che posso vederti dormire non posso fare altro che mettermi seduto e osservarti, nei tuoi piccoli micro-dettagli: le tue lentiggini sul naso all'insù, le tue mani tremolanti che cercano di afferrarmi, le tue labbra socchiuse. Vorrei vedere il tuo sguardo, che mi scruta nell'anima e mi trasmette amore ma non si può più, posso solo immaginarlo.
Claire, forse è meglio che vada.
È l'ora di darti la buonanotte. È il momento di darti un bacio.
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fiat500nelmondo · 9 months ago
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Può finire l'amore per la propria Fiat 500?
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La mia Fiat 500 d'epoca mi ha reso tante volte felice ma, in questi ultimi anni, le continue disavventure fino al esser rimasto per strada al ritorno dalle vacanze estive (era il mio sogno nel cassetto da tanti anni) mi ha portato ad un "disaffezionamento" nei confronti della mia Cinquecento. E' finito l'amore?
  Sono tre settimane che la mia Cinquecento è nel box, protetta dal suo bel telo tricolore, e proprio non me la stò filando..... E' una bella giornata, c'è un raduno qui vicino.... inutile, non ho voglia. Ma cosa sta succedendo? Tutto nasce da quello che è successo negli ultimi anni e sopratutto l'estate scorsa. Tre anni fa ho fatto un super restauro, apparentemente fatto a regola d'arte, peraltro costato una fucilata, proprio per "rimettere a posto", per bene, la mia Fiat 500 d'epoca del '71.
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E' stato fatto veramente tutto, cinghia della distribuzione, castelletti delle valvole (rotto), revisione completa del cambio e dei semiassi, revisione di spazzole del motorino e dinamo, revisione completa del carburatore, revisione pompa e freni, batteria, etc etc. Alla fine, la mia cinquecento in tutto il suo splendore era pronta, e dopo un paio di giretti fuori porta nei raduni qui vicino, ho deciso di andare a Garlenda con mia moglie. Il risultato lo sapete, ogni 40 Km toccava fermarsi perchè il motore perdeva potenza sino a spegnersi. Cofano aperto, 15 minuti dopo si ripartiva ma poi, stesso problema. In poche parole quello che doveva essere un bellissimo week-end con moglie e Cinquino si è trasformato in un incubo bollente (più volte fermi sotto il sole con più di 33°)
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E' la pompa della benzina! Mi hanno detto..... Cambiata! E' la bobina! ..... Cambiata E' il condensatore!.... Cambiato! Sono le puntine! E' il filtro della benzina che fa entrare l'aria.... cambiati etc etc Pezzo dopo pezzo cambiato tutto, arrivato l'inverno, col freddo pochi Km e nessun problema. Decido allora di coronare il sogno di una vita: vacanze in Toscana a bordo della mia Fiat 500 d'epoca! Faccio prima un giro di prova e un paio di raduni. Compare progressivamente un "rombo" nell'abitacolo ma mi dico: "sei tu che sei paranoico, le auto di una volta erano rumorose, è normale...." E' deciso, si parte, io sulla mia cinquecento, famiglia a bordo di altra macchina, si va in vacanza in Toscana.
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Parto - ovviamente - all'alba è subito rombo che aumenta, faro che non funziona e qualche sobbalzo. Che faccio? Mi fermo e torno indietro? Al grido di "boia chi molla!" e sopratutto per vincere le mie paure e ansie varie, vado avanti! Faccio il passo della Cisa e godo come un riccio, arrivo in Liguria e ... sono praticamente sordo! Misurati 95 dB di rumore all'interno dell'abitacolo a 70 Km all'ora! Pazienza, è comunque tutto bellissimo, vado avanti. Imbocco l'Aurelia, viaggio dove viaggiavano queste auto, sobbalzi, e l'auto si ferma. Aspetto, lascio raffreddare il motore, riparto. Faccio l'errore di imboccare l'autostrada nell'ultimo tratto. Si, perchè se ti fermi in autostrada non puoi "aspettare" e, se passa la stradale o un auto delle autostrade, ti segnalano al soccorso stradale che ti viene e caricare sul carro attrezzi. Meno male che avevo fatto l'assicurazione con il massimo del chilometraggio. Presa e portata a destinazione.
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  Durante le vacanze ho fatto dei giri in Toscana ma il rombo all'interno dell'abitacolo era tale da scoraggiare chiunque, nessuno della mia famiglia è voluto venire con me a fare un giro. Inoltre, l'idea di rischiare di fermarsi per strada mi faceva un pò passare la voglia.
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Arriviamo a fine vacanze, si deve tornare a casa. Che fare? Dimenticavo, mi direte: "ma perchè non l'hai portata da un meccanico che se ne intende di 500?" Perchè ad Agosto non c'era nessuno nella zona dove mi trovavo, specialmente nella settimana di ferragosto.... Dicevo, si deve tornare a casa, che fare? Ce la giochiamo ovviamente, e altrettanto ovviamente dopo 60 Km sobbalzi, agonizzando esco dalla super strada, raggiungo la pineta e li, la mia Cinquecento muore. Non riparte, anche dopo un'ora, niente. Ma io il giorno dopo devo essere al lavoro.....
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Carro attrezzi, deposito a 26 Euro al giorno, Bisarca che non passerà mai, recupero con camion grazie ad un mio amico, ma questa è un'altra storia (costata più di 1000 Euro)
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Portata la mia Fiat 500 d'epoca da altro meccanico, che, su indicazione di un vecchio meccanico Fiat, ormai in pensione, attribuisce ai pistoni e alle valvole il problema. (Pistoni con fasce elastiche maggiorate Wenkel per migliorare la tenuta ma maggiore attrito, maggiore attrito con il caldo uguale surriscaldamento della testata con progressivo deterioramento delle valvole)
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  Sostituiti pistoni, valvole, bobina, spinterogeno con ricambi originali certificati. Prezzo super onesto, questo lo devo dire. Riparto, e a caldo il motore perde olio dal carter (non originale) e si accende la spia dell'olio ai bassi regimi del motore. Mi è venuto da piangere. Carter rimontato originale, guarnizione originale (!), usato olio 40 W con addensante per evitare che sia troppo fluido a caldo, cosa succederà al prossimo giro con 30° di temperatura ambiente? Con tutte queste incertezze è nata una profonda sensazione di disagio. Avere l'ansia di rimanere a piedi di nuovo, l'idea che non sia possibile farci un viaggio "lungo", perchè si rischia di rimanere per strada con il cofano aperto, temere di trovarsi in una situazione costosa dopo averci già speso un sacco di soldi, avere sempre un problema, beh.... capisco perchè alla Domenica non ho tutta questa voglia di farci un giro. E' una sensazione bruttissima, è finito l'amore per la mia Cinquecento? Ho bisogno di un pò di incoraggiamento, qualche idea?
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jetaime03 · 11 months ago
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Se la vita fosse disegnata da un colore vorrei fosse la speranza. Se un uomo può desiderio vorrei arrivare al cielo, non per essere uguale a Dio o superarlo, ma per vedere cosa ci ha donato: la bellezza del mondo. Se potessi, poggierei la mia testa su spalle e petti. Dar calore alla mia anima raffreddata dalla vita. Forse perché io ho capito che dalla mia persona, ma dalla vita merito calore. Se potessi leggerei le favole della buonanotte a mio figlio senza leggerle da solo. Stare lì, ore ed ore a sentire la mia sofferenza per vedere cosa posso fare per stare bene e che nonostante tutto questo dolore, io sono comunque io. Vorrei, non so neanche io cosa, se non il tepore caldo dell'amore o solo continuare a scorrere. Ho paura della paura e mi spaventa, il buio dell'oscurità più profonda visto che io sono la luce, terra fertile a cui è stata gettata sale, amaro forse delle mie lacrime.
Tenerezza umana, dove sei finita? Forse solo nei libri e in qualche parte nascosta del mio cuore.
Qui ci vorrebbe la persona giusta che sappia trattare pelle fredde e tormentate come la mia. È come se avessi le labbra screpolate: rosso, rovinato, fragile e freddo cuore che brucia per sé stesso. Ho disegnato uno sgorbio. L'ho chiamato "voglia di vivere" e ho disegnato delle ballerine come me e MV e si vede che vuole vivere, che soprattutto può. E io invidio forte, lei e MG perché è nella merda più totale e vive bene e può. Fosse per me, io vorrei essere uno spirito libero: essere me stesso, felice e volare. Ma non un volo semplice. Io esigo, pretendo, e mi puniscono prefiggendomi di dover volare soprattutto sfruttando il vento e con il vento contro. Mi piacerebbe credere nei miei sogni e viaggiare. MA io non posso. Conosco tizi che vivono secondo il "mai dire mai", non che io non ci riesca o non voglia proprio non posso. Parlando a Calabrone, ho detto una frase molto importante "ora che non ho nessuno cerco me stessa" e un'altra ora che sono da sola"ora che sono da sola posso fare il cazzo che mi pare." Peccato che io lo abbia capito solo adesso questa cosa e non prima anche se sono giusta, è difficile, difficile, difficile che più difficile non si può. E vorrei essere semplicemente bellissima, semplicemente felice. Magari una cara ragazza! Sento di dovermi far cullare da braccia fatte d'avorio. In tutto questo sangue vorrei trovarci del miele. Mi sento come Ileo: anche se mi apro nessuno ascolta ci sono io. E Dio questa paura ho del freddo sia emotivo che fisico. Sento che il mondo è solo, davvero tanto solo e io vorrei che qualcuno sia accanto a me. Ho conosciuto gente che voleva urlare e io ho capito che ogni tanto i veri urli sono in silenzio, soprattutto quando vedi il nocivo, ti distanzi, analizzi e fai quello che è meglio per te perché vuoi e sei felice. E dico, e tu puoi. Ma per davvero. Solo ora ho capito che non esistono limiti grazie ad una persona che è stata mia amica e Dio, come vorrei essere libera, felice, fiera, ma soprattutto libera. Sento di avere altro da dire e si riassume in 3 frasi "L'amore che ho per te", "la felicità che voglio per me", "la tristezza che ho dentro" e vorrei, vorrei, vorrei poter dire il mio "voglio" essere semplicemente perché sono da solo anche nell'amore che vorrei per me nonostante sia nella più totale tristezza.
-Vostra, Valentina
4/04/24
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daimonclub · 1 year ago
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Ricordi e bucce di mandarino
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Ricordi e bucce di mandarino Ricordi e bucce di mandarino. Un articolo che narra una serie di ricordi di famiglia stimolando la memoria con il profumo e l'aroma delle bucce di mandarino. La vita è talmente corta e talmente stupida che non si può fare a meno di ribellarsi; ecco perché scrivo, non potevo andarmene via senza lasciare il ricordo del mio passaggio. Carl William Brown Per essere felici bisogna eliminare due cose: il timore di un male futuro e il ricordo di un male passato; questo non ci riguarda più, quello non ci riguarda ancora. Seneca Quando mia madre era ancora viva ero sicuramente più felice di oggi dove posso solo avere ricordi del suo amore e un sorriso su una foto che mi rende così triste! Carl William Brown I ricordi sono la nostra storia personale, il filo che tiene insieme i momenti preziosi della nostra vita. Maya Angelou E purtuttavia il nostro pensiero non può fare a meno di spingersi oltre i confini della vista più effimera per incontrare in quella terra desolata piena di vuoto e di ricordi il sogno di un’esistenza migliore. Carl William Brown Il nostro animo è un asilo di persone e di cose, che vivono indipendenti con la loro realtà ineffabile; perciò ne siamo responsabili, il ricordo è un dovere. Guido Piovene I ricordi sono come le stelle, brillano di luce propria anche quando la notte è più buia. Emily Dickinson Noi siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni e i ricordi. Carl William Brown Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo. Virginia Woolf I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume. Ennio Flaiano Oggi il tempo è poco nuvoloso, fa un po' più caldo rispetto ai giorni scorsi, in casa nella stanza in cui ho il computer e sto scrivendo ci sono 19,5 gradi, ma io ho freddo. In cucina il termometro vicino alla finestra, ancora quello di mia nonna, a molla, segna 17 gradi. Nella camera dei miei genitori, ora non più riscaldata dopo la morte di mia madre lo scorso ottobre, ci sono circa 18 gradi, probabilmente anche meno, mentre davanti alla mia camera ce ne sono 18,5, forse 19 nel bagno. Tuttavia il post di oggi, non è destinato a parlare approfonditamente del tempo, anche se mi dicono che alla sera è calata una fitta nebbia, o del caldo e il freddo, teoria cara al nostro vecchio maestro Aristotele, e qui potremmo dilungarci un bel po', ma al contrario si focalizza sui ricordi, sugli aromi e gli stati d'animo, benché non risparmi varie divagazioni e riflessioni sulla temperatura e sul clima più in generale, non solo quello atmosferico. Domani, 27 Gennaio è il giorno della memoria, e quindi non siamo fuori tema, ma anche in questo caso non ci dilungheremo su questo argomento e quindi gli dedichiamo solo un breve aforisma, eccolo: Auschwitz è stato un dramma. È stato un dramma che il mondo si fosse voltato dall’altra parte. In pratica quello che in molte occasioni succede ancora oggi.
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Ricordi di famiglia Ritorniamo invece al tempo e ai ricordi, mentre un paio di autoambulanze squarciano il silenzio di questo 28 gennaio 2024, già, perché non scrivo quasi mai i miei testi in una sola volta, ma un poco alla volta, pòerché sono piuttosto pigro, anzi con l'avanzare dell'età e dei disturbi potremmo a ragione dire, pigrissimo, devo infatti abituarmi all'estrema e irreversibile staticità della tomba. Da notare comunque che questa mia sorta di indolenza ben si abbina con il mio stile di scrittura aforistica, infatti l'aforisma non richiede molto tempo per essere scritto, e d'altro canto con la sua rapidità espressiva controbilancia la mia pigrizia produttiva. Al momento la mia temperatura interiore è abbastanza gelida e il mio morale è molto basso, sono molto triste e melanconico, afflitto da una patologica nostalgia per il passato e da una paurosa ansia per il futuro. Diciamo la verità, benché sia sempre stato un tipo un po' fuori dalla norma e sopra le righe, da quando sono morti i miei genitori, mi sembra di essere tornato il bambino pauroso della mia infanzia più insicura, in realtà non sono mai cresciuto del tutto, sono sempre rimasto un povero Peter Pan incompleto, e ora per di più anche solo e non troppo in salute. Domani sarà il primo giorno della merla, il famoso trio di fine gennaio, 29,30 e 31, di solito considerati i giorni più freddi dell'anno, forse sarà anche per questo che mio papà, nato il 30 Gennaio del 1926, si è sempre lavato con l'acqua fredda, senza troppi problemi. Per me ovviamente non è la stessa cosa, anche se in questi giorni il trauma per la sua morte, avvenuta nell'Aprile del 2012, Aprile per Eliot il mese più crudele, e aggravato da quella di mia madre il 3 Ottobre del 2024, Ottobre un'altro mese estremamente crudele a mio avviso, mi rendono l'atmosfera sempre più gelida. Tuttavia, dato le variazioni climatiche e il riscaldamento globale, complice un anticiclone africano chiamato Zeus, i meteorologi ci informano che saranno giorni più caldi del solido, di almeno una decina di gradi.
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Letto con prete e monaca Pensieri, ricordi, rabbia, frustrazione, avversione per il passar del tempo, e molti sensi di colpa mi attanagliano, benché sia abituato a tutto ciò, e ai sacrifici costanti, ma di tutto ciò ne parleremo un'altra volta, aggiungo solo che tra alcuni giorni, dal 3 al 24 Febbraio ci sarà il Carnevale di Viareggio, bene, una manifestazione che ho semprem desiderato di vedere dal vivo, e che per un motivo o per l'altro non sono mai riuscito a frequentare, questo solo per dire, che sono abbastanza avvezzo ad abbracciare le avversità, causate nella mia vita, sempre da cause di forza maggiore ed inevitabile. Da sottolineare comunque che a proposito del tempo, o meglio del clima e delle temeprature, quando ero piccolo in paese in inverno si vedevano i candelotti di ghiaccio che si formavano sotto i cornicioni delle case, cosa del tutto scomparsa nelle nostre zone al giorno d'oggi. Mio padre da piccolo non aveva l'acqua in casa, ed essendo il figlio maggiore, doveva recarsi alla fontana in strada e portarla con dei secchi fino al terzo piano della sua piccola abitazione, dove vivevano in 7, genitori più cinque figli. Mia madre era stata più fortunata, e l'acqua arrivava in casa, nel lavandino sotto le scale, grazie ad un pozzo e ad una pompa azionata a mano. All'epoca il bagno in casa era un confort da super ricchi, per cui nella nostra realtà non se ne parlava nemmeno. La Tv non esisteva, e ci si scaldava con la stufa, a legna naturalmente. Con tempo le cose andarono pian piano migliorando e con il boom economico anche le abitazioni e i servizi migliorarono. Così quando i miei genitori si sposarono, e dopo che nacqui io nel 1960, arrivò in casa mia a Fornaci, in provincia di Brescia, il gas nelle bombole che alimentava solo il fornello della cucina e che ci veniva fornito dalla ferramenta del paese, era il mitico Ci-orlanda che le portava ancora a spalle, salendo poi al secondo piano della casa in cui vivevo. In realtà il personaggio di cognome faceva Fusardi, e la ferramenta esiste tuttora, e forniscono sempre anche le bombole a GPL, ma lo si chiamava ancora, per rispetto della tradizione, con il nome del suo predecessore, che io però non ho mai conosciuto. Ed ora ci avviciniamo sempre di più al vero nocciolo del testo, in quanto nel piccolo appartamento in cui vivevamo, composto all'inizio da una cucina, una sala da pranzo e una sola camera, a cui con il passare di alcuni anni si aggiunsero ancora due stanze, ci si scaldava con una stufa a cherosene. Il combustibile, in taniche da 20 litri di colore blue, ci venivano consegnate sempre dalla stessa ferramenta e poi mio padre prima e alcune volte con l'aiuto anche di mia madre venivano portate al terzo piano, ovvero nel nostro solaio. Alcune volte un po' di taniche le ho portate su anch'io, quando ebbi la forza ovviamente per farlo.
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I miei genitori nel 1983 Bene, siamo giunti finalmente al climax del nostro post e da qui partiremo per alcune speculazioni sul tempo, la memoria e ovviamente gli stati d'animo attuali dovuti anche alla situazione economico, politica, sociale e affettiva odierna. Dunque eravamo rimasti alla stufa a cherosene, che era situata nella sala da pranzo e scaldava anche la cucina, la camera perciò era fredda, e alla sera quando andavamo a letto ci si scaldava con la borsa dell'acqua calda, mentre prima i miei nonni usavano il prete e la monaca, e solo in un secondo momento, quando si aggiunsero ancora due stanze, e quindi avevamo due camere, una sala, una sala da pranzo o tinello che dir si voglia ed una cucina, le stude a carosene diventarono due, benche quella in sala, non sempre veniva accesa, e le camere rimasero sempre fredde. A questo punto è d'obbligo per i giovani lettori, sempre che ve ne siano, cosa che dubito parecchio, una piccola spiegazione sul prete e la monaca. In pratica funzionava così: il prete era una sorta di telaio, che era messo fra il materasso e le coperte, formato da due coppie di assicelle ricurve, unite agli estremi, poste lateralmente sopra e sotto di una “gabbia” avente una base ricoperta di latta, per evitare bruciature nelle lenzuola date da eventuali fuoriuscite di faville dal braciere che vi veniva posto, cioè la monaca. Sollevando le coperte creava una sorta di bolla di calore che riduceva l’umidità delle coltri delle fredde stanze da letto nella stagione invernale. Detto ciò, ritorniamo al nostro racconto. Comunque la temperatura non è del tutto ottima oggi, certo non fa estremamente freddo, ma nemmeno il caldo che avevano preannuncitato. Prima di continuare con questo scritto, visto che di solito alterno varie attività, un po' per necessità e un po' perché rifletto e penso, magari troppo sul da farsi, abitudine che poi si era accentuata quando facevo del trading online, ho abbassato le tapparelle, ho acceso un po' di candele, un po' di piccole lampade, il coniglio a led e visto che non li ho ancora tolti, due alberelli di Natale, uno dei quali gira anche, così un po' con le loro luci e un po' con il lieve rumore di quello dinamico, mi sento un po' più in compagnia, sempre triste in ogni caso, soprattutto quando guardo le fotografie di mia mamma, sempre sorridente, sparse per le varie stanze. A proposito della stufa a cherosene, prodotto del resto in vendita ancora oggi, naturalmente molto più tecnologicamente avanzato, quando si avviava, non sempre partiva subito, anche perché la procedura di accensione era abbastanza particolare, si doveva infatti regolare la fuoriuscita del combustibile tramite una manopolina graduata e poi gettare un batuffolo di cotone imbevuto nell'alcool nella camera di combustione, quindi se il liquido non iniziava a bruciare subito, si diffondeva per tutta la stanza un forte odore di cherosene, e poi si doveva ripetere l'operazione, il tutto ovviamente dipendeva anche dal tiraggio della stufa stessa, che aveva un tubo che usciva dalla canna fumaria nel muro della cucina.
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Mia mamma nel 2018 Così per ovviare al cattivo odore, ma di solito anche quando la stufa si accendeva bene, in inverno, quando c'erano a disposizione arance e mandarini, si ricorreva alle bucce di questi agrumi, che posizionate sul coperchio della caldaia della stufa emanavano un gradevolissimo profumo. Probabilmente anche i miei nonni avranno fatto lo stesso, e i miei genitori non facevano altro che continuare la tradizione. All'epoca io non sapevo di certo che le bucce di mandarino contengono una varietà di sostanze nutritive e composti bioattivi. Ci sono le fibre, ottime per la digestione, la vitamina C, gli oli essenziali, i polifenoli e una varietà di fitochimici, nessuno me lo aveva detto, ma l'unica cosa importante per noi era l'odore che si sprigionava scaldandole, e questo era più che sufficiente per farcele amare. Sono poche le persone a cui non piacciano i mandarini. Il loro sapore e il loro profumo rende unica la stagione invernale. Inoltre, il mandarino ha una gran quantità di sostanze nutritive ottime per il nostro organismo, in quanto, riescono a rafforzare il sistema immunitario. In genere, quando lo consumiamo, siamo soliti buttare via la sua buccia. In realtà, questo ‘scarto’ ha potenzialità che è bene sfruttare piuttosto che buttare via. È proprio nella buccia, infatti, che si celano le proprietà maggiori del mandarino. Ci sono vitamine, oli essenziali, minerali e altre sostanze molto utili al nostro fabbisogno quotidiano. In medicina, le bucce di mandarino, vengono impiegate anche per creare farmaci o cosmetici. Si possono usare però anche in cucina, per il giardino e più in generale nella vita di tutti i giorni. Tuttavia in casa mia il loro unico utilizzo era metterle sulla stufa e gustarsi il prodigioso e particolarissimo aroma agro dolce che emanavano. Oggi purtroppo l'atmosfera in casa mia non è più la stessa, mio padre, il cui compleanno sarebbe domani, 30 Gennaio, è morto 12 anni fa, e il trauma è stato grande, tuttavia c'era ancora mia mamma, e anche se ammalata da un punto di vista affettivo era per me una grandissima risorsa, ma poi a 90 anni, ovvero lo scorso ottobre se ne andata anche lei, e io, essendo figlio unico, sono rimasto da solo.
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Compleanno di mio papà Certo in casa tutto mi ricorda mia madre, soprattutto le sue fotografie da dove mi guarda sorridente, ed è lo stesso anche per mio padre, anche se le sue fotografie sono meno espressive, ma il silenzio che mi circonda è lì a ricordarmi che i bei tempi sono finiti, e si sono dissolti senza quasi che mi accorgessi che avrebbero rappresentato i momenti più belli della mia vita, ma ahimé solo quando si sarebbero trasformati nel ricordo del mio passato più spensierato. Ora non mi resta che sopportare il mio dolore, la mia angoscia, la mia nostalgia, la mia melanconia e pensare, aspettare, che anch'io mi dissolva, e ritorni probabilmente polvere, diciamo pure cenere. Nel frattempo, sperando di riuscire a concludere aluni miei lavori, in questi mesi invernali, ricchi di mandarini, arance e clementine, prendo una padella antiaderente e gli poso sopra delle bucce, preferibilmente di mandarini, alcune volte anche di clementine, quasi mai di arance, accendo il gas a bassa intensità, e aspetto che la fiamma faccia il suo lavoro grazie al quale potrò nuovamente gustare, cercando di ingannare il tempo, come facevo da piccolo, il magnifico profumo degli oli essenziali delle bucce di mandarino, l'unica cosa che non è cambiata rispetto al mio passato in famiglia. Certamente è comunque un'atmosfera triste e artificiale; così perso nei miei pensieri talvolta le faccio anche bruciacchiare un po' e poi magari ne mangio una o due, anche perché aiutano pure la digestione. Nel frattempo poi mi soviene il grande Proust, famoso per il suo capolavoro "Alla ricerca del tempo perduto" ("À la recherche du temps perdu"), il quale aveva una concezione molto particolare del tempo. In breve, Proust sosteneva che il tempo non fosse lineare e irreversibile, ma che potesse essere recuperato attraverso la memoria. Nella sua opera, il narratore riflette sulle sue esperienze passate e sui ricordi associati ad esse, suggerendo che il tempo non è semplicemente una successione di momenti, ma piuttosto un'entità elastica che può essere reinterpretata e rivissuta attraverso la memoria.
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Mio papà nel 1984 Il concetto chiave è la "recherche du temps perdu" o "la ricerca del tempo perduto", indicando il desiderio di recuperare il tempo trascorso attraverso la memoria. Proust credeva che i ricordi, spesso scatenati da stimoli sensoriali come odori o gusti, potessero trasportare il soggetto indietro nel tempo, offrendo una sorta di immortalità ai momenti passati. Purtroppo però a mio avviso il tempo è legato allo spazio, ai luoghi, alle persone, tutte cose uniche e ahimé irripetibili, che si consumano, si dissolvono, si degradano, e benché siano delle uniche, vere e proprie opere d'arte, per vari motivi su cui rifletterò in un altro scritto, si consumano, si degradano, fino a dissolversi per sempre. Il tempo in questo caso non è altro che un'entità fisica, un sistema, che procede più o meno lentamente verso una situazione cerescente di disordine, e genera in questo procedere un'entropia crescente, fino a diossolversi e a creare sempre più caos attorno a sè, e purtroppo anche nella mia mente. Rimangono solo le bucce di mandarino e i ricordi, certo, ma non per molto, le persone invece, uniche ed irripetibili se ne vanno, scompaiono, si dissolvono nel vento, non esistono più, inghiottite dal nulla cosmico, e questo purtroppo è il nostro tragico destino. Anche se non mi piace, dovrò farmene una ragione, e a questo punto l'unica modifica che posso fare è quella di cambiare il mio testamento è lasciare scritto che quando morirò, di mettere nella cassa una buona quantità di bucce di mandarino, così quando mi bruceranno, perché di sicuro lo faranno, almeno ci sarà forse un odore un po' più lieve e gradevole. P.S. Con le bucce di mandarino potete farci anche altre molte cose, ad esempio i canditi, oppure degli infusi, tisane e bevande varie, inoltre potete aromatizzare l'olio o il sale, oppure creare dei liquori e arricchire i vostri dolci o fare delle marmellate. Un altro modo per riciclare le scorze di mandarino consiste nell'essiccarle. Potete farlo facilmente a casa, posizionando le scorze in una teglia e lasciandole per circa due ore nel forno a bassa temperatura, non oltre i 50° C. Una volta prive di umidità, quindi secche, potrete trasferirle nel mixer e ridurle in polvere. Anche in questo caso gli utilizzi sono vari e creativi: ne basta una spolveratina per regalare un tocco agrumato a diverse preparazioni, come le zuppe, i risotti o i dessert al cucchiaio. Read the full article
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bergamorisvegliata · 1 year ago
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SCIOGLIERE...SCIOGLIERE...
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"Chi, nel periodo che stiamo vivendo, non ha necessità o comunque non ne ha avuta di liberarsi di pesi interiori appartenenti a un passato anche felice?"Chi, nel periodo che stiamo vivendo, non ha necessità o comunque non ne ha avuta di liberarsi di pesi interiori appartenenti a un passato anche felice?
Sono quelle catene "animiche" o "karmiche" che ci ostacolano verso quell'evoluzione spirituale (e non solo) che può farci fare un deciso salto di prospettiva oltre che di consapevolezza e aiutarci nella direzione che vogliamo prendere verso un futuro migliore...
Quelle che seguono sono alcune mie riflessioni (se volete anche "poemetti" riguardo alla pulizia karmica, e non solo...).
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Liberare la nostra dimora è come ripulire la nostra anima dalle impurità della mente.
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Fare scorrere il passato per liberarci dai piccoli ma giganteschi pensieri che ostacolano il nostro cammino verso la luce.
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Ordinare nei cassetti delle nostre stanze è un po' come svuotare il nostro cervello dai lacci che ci impediscono di respirare.
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Iniziare a mettere ordine dentro noi stessi è come avviarsi su una salita ripida, inesplorata, ovvero inerpicarsi verso un sentiero che si sa da dove parte ma non si sa dove arriva, ossìa: prepararsi ad affrontare un viaggio non privo di rischi e di pericoli, ma che solo il coraggio e la saggezza possono rendercelo entusiasmante e ricco di felicità e di gioia...
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La più grande sofferenza animica è quando sappiamo di doverci staccare dalla nostra famiglia, quella che abbiamo sempre amato. Ma amarla è rimanerne attaccati o non piuttosto liberarcene perchè ci rimanga impressa quando supereremo le prime difficoltà della vita?
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Lasciar andare ci dà la libertà, e la libertà è l’unica condizione per la felicità. Se, nel nostro cuore, ci aggrappiamo ancora a qualsiasi cosa – rabbia, ansia o proprietà – non possiamo essere liberi. (Thich Nhat Hanh)
E dopo l'ultima perla di saggezza "rubata" da un cantore/poeta vietnamita, chiudo con una poesia di Pablo Neruda, "L'Assenza".
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 Assenza - Pablo Neruda
" Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura da risvegliare la furia del pallido e del freddo, da sud a sud alza i tuoi occhi indelebili, da sole a sole suoni la tua bocca di chitarra. Non voglio che vacillino il tuo riso nè i tuoi passi , non voglio che muoia la mia eredità di gioia, non bussare al mio petto, sono assenti. Vivi nella mia assenza come in una casa. E' una casa così grande l' assenza che entrerai in essa attraverso i muri e appenderai i quadri nell 'aria. E' una casa così trasparente l'assenza che senza vita io ti vedrò vivere e se soffri, amor mio, morirò di nuovo ."
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uds · 4 years ago
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inizio luglio 2020.
io e mia moglie stiamo cercando un figlio da un bel po'. non tanto da scoraggiarci e pensare di arrenderci, quello no, però ecco, abbastanza per essere un attimo in tensione sull'argomento.
mia moglie ha un ritardo che un test positivo, seguito da un secondo test positivo il giorno successivo, trasforma in un speranza di quelle belle, con tanto di risatine nervose e stiamo calmi, però in realtà stiamo calmi un cazzo.
andiamo dal ginecologo. la visita e sì, è incinta. dice che c'è il sacco vitellino, sembra tutto a posto, gli sembra anche di vedere qualcosa ma è ancora troppo presto, siamo davvero agli inizi, bisogna aspettare. è difficile stabilire a questo punto l'avanzamento della gravidanza, dovrebbe essere in sei settimane e qualcosa ma conviene tornare dopo qualche giorno, che si dovrebbe vedere (nella prima parte della gravidanza scopro che non si sente, contrariamente a quanto decine di film e genitori commossi davanti a un'ecografia mi hanno portato a credere) il cuore battere.
tornando a casa camminiamo su una nuvola. è difficile avere pazienza quando vuoi solo esultare.
qualche giorno dopo torniamo allo studio del dottore, per vedere il cuore del feto.
il ginecologo di mia moglie è di poche parole, ma durante la visita sembra esserlo ancora di più.
silenzio.
e poi.
dice che gli dispiace.
dice che sembra proprio una gravidanza interrotta.
dice che una percentuale che non ricordo, ma comunque alta, di gravidanze si interrompe spontaneamente a questo stadio di avanzamento.
dice a mia moglie di non preoccuparsi, che è giovane, avrà altre gravidanze. non è colpa sua. succede.
dice altre cose, tra cui di tornare dopo altri due giorni per un'altra visita per sicurezza e poi in caso per vedere per il raschiamento, però mi suona tutto ovattato, lontano. non sento. guardo mia moglie e non sento più nulla.
è un dolore che non saprei iniziare a descrivere nemmeno con tutti i vocabolari del mondo.
in auto scoppio a piangere, lei no.
conosco mia moglie, so come reagirà, e ho paura.
paura perché per quanto io cerchi di nascondere come sto (senza poi riuscirci un granché), non so da dove cominciare a starle accanto nel modo giusto, sempre che ci sia.
lei si chiude e si indurisce, parla poco, si isola. io ci sono, lo sa che ci sono, ma ogni tentativo di avvicinarla emotivamente in quel momento è inutile.
so che le ci vorrà tempo, e che ci vorrò io. so che è successo da poche ore, da un giorno, e non posso vedere in lei un reazione che non c'è nemmeno in me. ma ho paura comunque.
perché
c'è il male all'anima, ci sono i mesi passati, c'è la gioia interrotta
(quanto ci vuole a riprendersi da una cosa del genere? come si fa? quando avrà bisogno che io entri nel pianeta lontano della sua prima reazione? di nuovo, come si fa? che ne so se sarò abbastanza, se sarò all'altezza)
c'è che non è finita. non si può pensare a ricominciare se due giorni dopo dobbiamo tornare, visitare, vedere per il raschiamento. ma cosa vuol dire? glielo farà lui? dovrà stare in ospedale?
potremmo chiedere, ma chi ha voglia di parlare?
passano 48 ore, e sono l'inferno. mia moglie prepara lo zaino da caricare in macchina con un pigiama, un cambio, sai tu se si deve ricoverare.
mi chiede se secondo me c'è una possibilità che il dottore si sia sbagliato. io ripenso al medico che cerca per un tempo infinito qualcosa senza trovarlo, penso alle sue parole, al suo tono, penso a quanto male potrei fare alla donna della mia vita illudendola, e le dico di no.
voglio solo che tutto questo finisca.
è tutto freddo e grigio come l'asfalto, anche se siamo quasi a fine luglio. mi sento pesante e inutile.
il dottore è gentile, professionale.
mia moglie si sdraia.
lui comincia la visita, e parla.
"signora, lei è giovane, succede, non si faccia colpe, molte grav-un attimo, qua c'è qualcosa che batte."
come, "un attimo, qua c'è qualcosa che batte"?
sullo schermo c'è una nebbia grigia e nera, e al centro una specie di lucina natalizia al contrario che si spegne e riaccende. grigio, nero, grigio, nero, con una piccola, velocissima fluttuazione.
il sangue mi va interamente alla faccia, che diventa insensibile, e lì rimarrà per le dodici ore successive.
il cuore che batte c'è. è là. davanti a noi.
sicuramente la gravidanza è a uno stadio temporalmente più arretrato di quanto sembrasse alla prima visita. lo aveva detto, che è difficile capire. poi dice anche altro, ma io non sento. non sento niente, vorrei solo offrire da bere al mondo e ululare. stringo il braccio a mia moglie, le sorrido, la tiro giù da quel pianeta infame.
e ho scritto tutto questo perché ho trentott'anni, e quella nebbia grigia e nera è diventata cecilia, che ha fatto tre mesi da qualche giorno ed è palesemente la bambina più favolosa del mondo.
ho scritto tutto questo perché so già che, per quanto io viva, per quanto mille altre cose belle possanno (e debbano, ohibò) ancora accadere, a trentott'anni so che il momento più felice della mia vita, ora e per sempre, sarà quello in cui ho visto un lucina di natale al contrario che andava velocissima.
andate ad abbracciare qualcuno a cui volete bene. adesso.
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traleleganzadellestelle · 4 years ago
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Caro Roberto,
Da quando non ci sei più ho messo a posto la testa e mi sono data delle regole, come: non supplicare o elemosinare attenzioni, niente stupide ripicche, niente messaggi inutili e altri mille propositi che non posso prometterti riuscirò a rispettare.
Uno di questi ultimi è quello di scrivere tanto, tutte le lettere e i testi che mi pare, ma senza inviarli. Numero di lettere concesse: 1, per questo devo fare attenzione a scegliere con cura le parole da usare.
É finita, me lo hai detto tu. Qualche giorno senza sentirti e ora vedo tutto più chiaramente.
Se ripenso a come ho reagito quel giorno mi picchierei da sola, rispetto la tua scelta e mi spiace che tu abbia dovuto assistere a quella scena pietosa. Potevo decisamente andarmene con molta più dignità, perché per quanto possa fare male non si può obbligare una persona a rimanere.
Ora che ho messo la testa a posto e vedo le cose con lucidità, mi sono resa conto che in fondo non eravamo poi così speciali come credevamo, perché se lo fossimo stati non ci saremmo fatti del male, e che forse hai ragione tu, magari non ci amavamo più da tempo e non l’avevamo neanche capito.
Non fraintendermi, speciali lo siamo stati eccome, mi basta pensare alle serate passate nel pandino sotto la pioggia mentre ascoltavamo la musica a tutto volume, alle volte in cui senza dirmi niente ti presentavi sotto casa mia solo perché morivi dalla voglia di vedermi, al modo in cui ci guardavamo ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di divertente o alle farfalle nello stomaco ogni volta che ci baciavamo. Non so perché ma in questi giorni mi é riaffiorato questo ricordo di te che mi chiami, quando ancora ero a Belfast, canticchiando felice in macchina “la tata torna presto” o qualcosa di simile, e mi si scalda il cuore.
Poi però penso all’ultimo periodo, l’ultimo mese più o meno, e a come spesso e volentieri non mi sentissi capita, come se non valessi più il tuo tempo, mentre tutto ciò che volevo io era stare con te e non pensare a nulla se non a guardarti. Sono certa che a quel punto già ci fossero altri problemi, magari anche per colpa mia, ma non lo saprò mai, perché nonostante te lo chiedessi ogni giorno, non hai mai trovato il coraggio di affrontarli.
Mi dispiace per tutto quello che è successo, per i miei errori, perché ho detto di amarti e poi ho agito come se tu non ci fossi, e per i tuoi di errori, perché non sei stato in gradi di capire i miei bisogni.
Quando ho perso te ho perso tutte le certezze che avevo, già ragionavo per due, e pensavo a tutte le cose che avremmo potuto fare insieme una volta finito il lockdown. Volevo organizzare viaggi, vedere Parigi, andare ai concerti, andare a ballare, invitarti fuori a cena, fare lunghi giri in moto, imparare a guidare bene la barca per portarti in giro e fare l’amore nei luoghi più impensabili. Avrei voluto portarti in tanti posti, ma ormai non ci siamo più.
E ora ti odio da morire. Ti odio per la tua indifferenza. Perché se quella domenica mi avessi urlato contro, mi avessi guardato negli occhi o anche solo mi avessi dato l’abbraccio che meritavo, almeno avrei capito che te ne fregava qualcosa di me.
Non fraintendermi, con questo non intendo dire che tu non ci sia stato male, ti conosco abbastanza ormai, ma la differenza è che non sei mai stato capace di farti vedere debole davanti a me. Esageri un po’ con le birre, magari prendi a pugni qualche porta, ma renderti vulnerabile davanti a qualcun’altro proprio non ce la fai.
Fa male da morire perché non ti sei domandato come mi sentissi io, perché non hai mai chiesto ai miei amici come sto, non hai mai passato una serata a casa a chiederti cosa stessi facendo io in quel momento, che canzone stessi ascoltando o a cosa stessi pensando.
Non hai mai avuto l’istinto di scrivermi? Di chiedermi come sto? Se mangio e se continuo a lavarmi i capelli regolarmente? Io ci ho pensato almeno un milione di volte ma mi sono fermata, so che mi risponderesti solo che va tutto bene e che hai bisogno dei tuoi spazi, e io non so se potrei sopportarlo. E allora lo chiedo a tutti i tuoi amici, mentre aspetto che sia tu a scrivermi un semplice “come stai?” e che ti senta pronto per dirmi come ti senti, e invece niente.
Dimmi che non sono così facile da dimenticare come il tuo silenzio mi fa sentire.
Speravo che la fine arrivasse un po’ più tardi, anche di un solo minuto, una sola ora, un solo giorno. Vorrei non averti spinto a dirmi “ti lascio”, ma so che se non lo avessi detto domenica, le cose sarebbero solo peggiorate e probabilmente sarebbe successo comunque. Perché io incasino sempre tutto, anche le cose che mi fanno stare bene, e non perché non siano abbastanza, ma perché spesso sono io quella che non si sente abbastanza.
So che adesso devi sembrare freddo e orgoglioso, ma sappi che non c’è niente di sbagliato nell’esprimere le proprie emozioni e farsi vedere deboli di fronte a chi ti vuole bene. Parla con i tuoi amici, con la tua famiglia, con la psicologa, non sentirti mai un peso, perché sei circondato da persone che a te ci tengono tanto. Se hai paura di non essere capito, o addirittura giudicato, “tu chiamami se senti i mostri, che se ci sto ti vengo a prendere, nonostante tutto” come direbbe Gemitaiz, perché nonostante non siamo più quelli di una volta, ciò che ti ho promesso per me resta vero, io rimango sempre un porto sicuro per te, in cui puoi essere te stesso al 100% e non verrai mai giudicato, questo voglio che sia chiaro.
Comunque andranno le cose io sarò sempre la tua cheerleader, la tua più grande fan. Non ti augurerò mai il male, anzi, ti auguro di lottare e (più avanti) di ricominciare ad amare, senza bisogno di accontentarti. Spero che troverai qualcuno che sappia darti ciò in cui io ho sempre fallito, o che impari a stare bene anche senza. Prego che tu sia felice almeno la metà di quanto io lo sono stata insieme a te.
Mi distrugge pensare che lentamente diventeremo sconosciuti, che ci dimenticheremo del profumo dell’altro e delle nostre espressioni facendo l’amore. Quella camera non sarà più il nostro angolo di intimità e presto ti scorderai del mio corpo, delle mie curve e dei miei nei, e magari un giorno io scorderò i tuoi tatuaggi e le cicatrici che tanto ho amato.
Non saremo più Roby e Laura, la gente non ci guarderà più con invidia, mia mamma smetterà di fare la spesa anche per te e mio papà sarà felice di non dover mai fare le presentazioni ufficiali. Tutti quelli che ci conoscono avevano puntato tutto su di noi, ma forse alla fine siamo stati proprio noi quelli che non ci hanno creduto abbastanza.
Non sopporto l’idea di averti perso, un po’ per volta però so che mi passerà, giorno dopo giorno il dolore diminuirà, la mancanza svanirà e i ricordi non mi faranno più piangere, e forse quando questo succederà potremo addirittura essere amici.
So che tu non credi nell’amicizia tra ex e che ti sembra la cosa più sbagliata del mondo, ma io invece credo che l’errore più grande che due persone che si sono volute bene come noi possano fare sia quello di diventare sconosciuti, di comportarsi come nulla fosse e magari iniziare a parlare male dell’altro alle spalle.
Non dico oggi, non dico domani, e neanche tra un mese, quando sarà il momento lo sapremo, magari quando tornerò dalla Spagna, visto che non mi verrai a trovare. So che funzionerà e che non sarà nulla di strano se anche tu lo vorrai.
Avevamo idee diverse sull’amore è vero, ma ti ringrazio per tutti i ricordi che rimarranno per sempre. Non era il nostro momento e va bene così.
Spero che dopo aver ricevuto questa lettera mi chiamerai, o mi manderai almeno un messaggio, per farmi sapere che l’hai letta, cosa ne pensi e, se te la senti, anche per dirmi come stai o semplicemente per fare due chiacchiere.
Anche se non te ne accorgi io sono lì con te a tenerti per mano.
Per sempre dalla tua parte.
Laura
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a-dreamer95 · 3 years ago
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Piaggio, Free 50 verde bottiglia: il mio motorino, i miei 15 anni.
Due anni fa ti ho svenduto ad uno sconosciuto perché non mi servivi più, eri diventato solo una tassa, ma non sai quanto mi dispiace.
Con te ho scoperto la libertà, l'indipendenza. Quanto stavo bene quando ti guidavo: una sensazione di euforia, spensieratezza unica che, in macchina, non potrei mai rivivere nemmeno viaggiando a 150 km/h. Con te ero felice (e giovane).
Ma mi hai messa anche in tanti guai: incidenti, cadute… e non solo.
Ma ti ricordi quando al mare per toglierti dal cavalletto ho fatto cadere tutta una fila di motorini accanto? Tutti giù. Quanti danni quel giorno. Devo ancora ringraziare quel ragazzo che mi ha aiutata a tirarli tutti su: non so nemmeno il suo nome, ma mi ha salvato la vita.
Amavo cantare a squarciagola e tenere i piedi alzati mentre ti guidavo: per me era la libertà, l’emancipazione, l’indipendenza!
Con te andavo a scuola nel mese di giugno perché non facevo l'abbonamento del pullman: ma che freddo guidare alle 7 del mattino anche se era estate! Comunque ti ho adorato.
Scusami per tutti i graffi che ti sei ritrovato e per i due incidenti. Però mi sono fatta più male io! Al nostro primo incidente feci anche la capriola in aria, fortuna che indossavo il casco integrale…
Poi mi hai anche schiacciato un piede al secondo incidente: ahia. 
Beh certo… Pensavi che non avessi le infradito? Dai, tranquillo non era colpa tua ma di quella maledetta auto, ovvero della fottuta conducente che ci ha tagliato la strada alla rotonda in pieno centro a Marina. Ci ha fatto fare tanto male e nemmeno si è fermata a soccorrerci...
Hai ragione, non ti ho mai fissato gli specchietti retrovisori per bene. Mentre guidavo si giravano sempre e allora dovevo sistemarli ogni cento metri per poter vedere dietro. Che pazzi eravamo.
Eri anche più vecchio di me, e si vedeva: quando andavo al mare con i miei amici mi lasciavi sempre ultima perché di superare i 50km/h nemmeno lo sognavi. Ma mi andavi bene così.
Mi hai accompagnata a Rosignano a fare i corsi per la patente B e, da lì, la macchina ti ha quasi sempre sostituito, ma rimarrai sempre il migliore motorino al mondo.❤️
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tesiantitesi-sintesi · 3 years ago
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È settembre e a settembre di solito succedono le cose che ricordo meglio fino all'autunno successivo. Forse perché l'estate si esaurisce con esperienze che smettono di avere effetti appena varcata la soglia di casa dopo i lunghi viaggi, non importa quanto di ciò che ero in primavera sia rimasto intatto e quanto sia cambiato (di solito, quasi tutto), non importa quanto abbia significato per me quel periodo di giornate così lunghe da farmi scordare l'esistenza dei disturbi depressivi. Anche l'angoscia che ho provato ad agosto, come la serenità, passa senza lasciare traccia. E poi arriva repentina la resa dei conti. A settembre di solito succedono le cose, io divento un po' più triste ma riesco a trasformare quel rumore confuso proveniente dal fondo dei miei pensieri in un dialogo pacifico, a volte mi ritrovo ad affrontare inizi faticosi per la mia debole dose di stabilità e sono costretta a guardare le mie paure allo specchio, a vederle nitidamente e a riconoscere la loro esistenza, ma è anche il momento in cui penso che, a giudicare dalle loro ombre, sembravano più grandi. A settembre di solito succedono le cose, come nel 2016, quando ho messo in pausa la mia corsa a rapporti tossici e impersonali, che perpetuavo nel tentativo di mostrarmi più forte di ciò che la società si aspettava da me, delle norme sociali che mi volevano monogama e seria, senza rendermi conto che volevo solo dimostrare, aspettare che la mia ribellione fosse approvata dall'esterno. Intanto mi accingevo ad adattare i miei ritmi a quelli di qualcun altro, forse per compensazione, o perché l'idea dell'amore mi era sempre mancata. Come nel 2017, quando iniziavo l'università ed ero tranquilla e mi accorgevo di essere cambiata, di aver perso familiarità con l'ansia sociale e con gli attacchi di panico, ma di essere comunque un po' spaventata da tutta quella serenità perché era una dinamica che non conoscevo, perché credevo di aver bisogno del conflitto per evolvermi e realizzavo di sentirmi un po' in trappola, di essere incastrata in una relazione che non cresceva con me, di stare con una persona che provava gelosia e invidia di fronte alla mia capacità di superare i limiti, di aprirmi alle persone come non ero mai stata in grado di fare, di aver messo un po' meno radici e di aver camminato con un po' più di leggerezza, come di passaggio. E mi accorgevo di avere di fianco qualcuno che mi attraeva ancora ma mi piaceva sempre meno, che non mi colpiva più quando parlava con persone nuove nel mezzo di una cena e lo vedevo come se fossi una degli altri, come se lo stessi conoscendo allora per la prima volta e ciò che provavo era: nulla, se non un po' di fastidio per tutti i difetti che iniziavo a tollerare con fatica. Come nel 2018, quando quel senso di oppressione si era concretizzato e il cinque settembre prendevo un aereo per Bordeaux e me ne andavo, imparavo a respirare ricominciando da capo, facevo i conti con tutte le debolezze che in adolescenza mi avevano portata a odiarmi. Come nel 2019, quando era chiaro che non avrei mai trovato pace per più di sei mesi senza avvertire un senso di mancanza che svuota e riempie, senza il bisogno di cambiare aria, di abbandonare qualcosa a cui tenevo o di farmi carico di problemi irrisolti per impedirmi di adagiarmi, e che questa inquietudine aveva condizionato in modo irreversibile il mio modo di vivere le relazioni romantiche. Tornavo ad avvicinarmi mentre dall'altra parte percepivo la distanza, poi il giro cambiava nuovamente e questa altalena sembrava il mio sport preferito, ma solo perché il tentativo di capirsi era fallito. Chiudevo quel pezzo di vita durato anni e me ne andavo di nuovo in un posto esotico, da sola, mi distraevo, ma al mio ritorno era autunno inoltrato e trovavo ad aspettarmi un altro episodio depressivo, un'ansia ingombrante e quasi invalidante. È stato questo a costringermi a pensare ad altro, a non farmi piangere troppo sulla fine di un capitolo anche mentre mi sentivo mutilata, perché, oltre quel dolore, in gioco c'era tutta la mia identità racchiusa in una mente dilaniata da disturbi
incontrollabili. Pensavo ad altro, infatti, quando ho iniziato a rivivere le emozioni come non mi capitava da tempo, istintivamente, senza pensare ad esse quando non c'erano e senza essere infastidita dalla loro presenza quando mi accompagnavano, con innocenza quasi. Pensavo ad altro quando, a fine estate, leggevo la campana di vetro e parallelamente uscivo dalla campana che io stessa mi ero costruita, iniziavo ad accorgermi delle persone, della loro complessità, ma anche della spontaneità con cui potevo costruire e decostruire il mio modo di legarmi, senza sentirmi condannata. Pensavo ad altro anche nell'autunno del 2020, messa a dura prova dall'universo, un po' più consapevole ma anche più scettica, indipendente e al tempo stesso dipendente dall'immagine idealizzata della persona che aveva risvegliato in me la capacità di innamorarmi. La conoscevo meglio, quella persona, e sapevo che ero innamorata davvero, ma che ci sarebbe sempre stato uno squilibrio di potere tra noi, che quell'incertezza mi dava l'adrenalina necessaria per sentirmi viva e intera ma mi precludeva la possibilità di fidarmi, di costruire qualcosa di duraturo. E tutto si dileguava appena prima di ricadere in un lungo inverno di isolamento, in una casa nuova che iniziavo a sentire mia ma che appariva un mondo a parte, estraneo alla città che la circondava. Come a settembre del 2021, dopo un anno fatto di ripetizione di gesti, persone nuove, successi e insuccessi che, nel complesso, hanno avuto somma zero. Nessun dramma, nessun sollievo, solo tanta ripetizione, retorica del lavoro su me stessa come unica consolazione, quella di saper cucinare meglio e ambientarmi in grandi città e vivere nel mondo un po' di più e aver lasciato dietro di me zaini pesanti e chiedermi come potessi vivere con quella paura di socializzare. Ma, in fondo, niente che mi abbia fatto sentire abbastanza felice da volerne ancora, niente che non sia stato calcolato, che mi abbia permesso di lasciarmi andare, di mettere in pausa il freddo ragionamento su costi e benefici di ogni scelta. A settembre del 2021 torna anche lui, dopo che, per un anno intero, o forse due, ogni persona che incontravo, a ogni delusione, mi portava ad aggiungere un tassello al mosaico del suo ricordo, e nessun sentimento reggeva mai il confronto con ciò che ero riuscita a provare, in modo così dirompente e inaspettato, per qualcuno che non era ancora parte della mia vita. Torna anche lui e quando leggo il suo messaggio divento cosciente di ogni capillare del mio corpo, perdo un attimo l'equilibrio e il battito e poi ritorno in me, misuro attentamente le parole e i silenzi, misuro le attese. Poi succede che anche leggere il suo nome è immaginare il tono della sua voce, il suo sguardo e il movimento delle sue sopracciglia diventa abitudine, e per quei minuti o quelle ore in cui ho il controllo, tutta la matassa emotiva si affievolisce e metto in discussione ciò che pretendevo di definire amore. Ma è solo un'illusione: non appena rispondo, facendo un passo verso di lui, il potere torna nelle sue mani e io torno a provare quella trepidazione in ogni parte del corpo che mi fa venire voglia di scrivere di lui, più che a lui, perché questo è ciò che ho sentito la prima volta e che continuo a sentire, come un bisogno fisiologico di dare forma a un concetto, al tempo stesso incredibilmente astratto e tragicamente carnale, troppo pesante da portarmi dietro. Eppure, mi sento stanca. E aspetto che la stanchezza superi la determinazione di inseguire sempre ciò che non posso avere.
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volevoimparareavolare · 4 years ago
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Sono ormai al terzo anno di superiori e da quando sono entrata in questa scuola mi sono sentita un po' fuori luogo.
Le mie compagne sono per la maggior parte delle ragazze intelligenti, brave a parlare, interagiscono molto in classe, simpatiche, divertenti e durante le interrogazioni ed i compiti danno sempre il meglio di loro.
Io invece non ci riesco e a volte mi sento immatura rispetto a loro.
Per di più ho sempre avuto un carattere chiuso e quando si tratta di parlare in pubblico non riesco a dare il meglio di me. Questo lato così insicuro posso dire di averlo quasi superato del tutto da ormai un anno, ma ci sono volte in cui mi sento esattamente così.
Invece, durante i temi faccio fatica a scrivere ciò che penso, passo il tempo a fissare il foglio bianco sperando arrivino idee e quando arrivano mi sembrano sempre sbagliate.
Non mi ritengo una persona stupida. Leggo e mi piace, solo che mi sembra di non avere mai tempo e ultimamente finisco a fare altro piuttosto che dedicarmi alla lettura, vorrei tanto avere un vocabolario fornito e completo. Lo studio molte volte mi pesa e non sempre sono preparata come vorrei.
Insomma, quando sono in classe per lo più me ne sto in silenzio e guardo al resto della mia classe con una certa desolazione. Rispetto a loro mi sento molto meno interessante e simpatica e a volte mi ritengo anche cattiva nei giudizzi verso di loro. Insomma sono un po' combattuta.
Io vorrei essere in grado di esprimermi in classe, dire la mia, poter interagire di più anche con i miei compagni senza vergogna, senza paura di risultare noiosa, perché so che anch'io so essere divertente. Difatti a casa sono completamente un'altra persona, divertente, allegra, solare, simpatica, ironica. Cosa che a scuola faccio fatica a manifestare.
Ho quattro compagne in classe con cui vorrei poter legare di più, sto facendo il possibile per riuscire ad aprirmi completamente, vorrei lasciarmi andare, non aver paura di dire la mia opinione su qualsiasi cosa. Con loro ci parlo, ci scherzo anche, ma ci sono dei momenti in cui mi ritrovo a sorridere per finta.
Sono riuscita discretamente ad inserirmi nel gruppo, ma non sono del tutto soddisfatta, so che potrei fare di meglio. Vorrei che fossero mie amiche. Penso mi considerino già come un'amica, ma vorrei arrivare al punto da poter uscire qualche volta con loro. Tipo ogni sabato sera loro vanno l'una a casa dell'altra e io mi ritrovo a vedere le foto che pubblicano sui social e mi sento sbagliata, a volte scoppio a piangere perché ho la sensazione di essere fuori posto, terribilmente sola. Ma anche se mi invitassero non saprei come comportarmi.
Per anni ho avuto da sempre un carattere chiuso, e ho avuto non poche difficoltà, vedo le altre che sono completamente disinvolte e le invidio, quando sono con loro ho la tremenda paura di risultare ridicola per ogni cosa che dico e che faccio, riesco a sbloccarmi solo con la gente che mi conosce da molto, o con chi mi ispira fiducia, voglio cambiare.
Sapresti darmi un buon consiglio su come affrontare questa questione e su come migliorarmi? Su come potrei maturare un po' di più, imparando anche a spingermi un po' in mezzo alla folla senza troppa paura?
Insomma il mio obbiettivo sarebbe riuscire a fare un intervento intelligente, ben fatto e che non suoni banale come preso dalle frasi dei baci perugina
Ciao tesoro,
il tuo messaggio mi ha dato una scarica elettrica, un brivido, perché mi ci rivedo tantissimo in te. È come se tornassi diciassettenne, su quel banco freddo, così grande. A me sembrava sempre grandissimo, perché seduta al mio posto mi sentivo lontanissima da tutti. Talmente distante da credere che li stessi guardando da un’altra stanza. Come se io, all’interno della classe, non esistessi. La mia presenza era al contempo di troppo e superficiale. Era come se non ci fosse mai spazio per me. E l’unica cosa che potevo fare era la spettatrice dei successi altrui.
Certo, l’italiano e la filosofia erano le materie in cui eccellevo, e qualche soddisfazione me la davano eccome. Ma anche tantissimo stress, perché avevo come l’impressione che, se non fossi stata la prima della classe in quelle, allora nessuno avrebbe notato la mia esistenza.
E comunque ero a un liceo scientifico col potenziamento di chimica e fisica, per le quali ero totalmente negata. E mi sentivo sempre così stupida. Così lenta di comprendonio. Così... sbagliata. Perché ero io l’unica che arrancava? Che passava ore sui libri per non prendere mai nemmeno una misera sufficienza?
Le persone che ti vogliono bene ti dicono “non è la tua materia”, ma alla lunga, quando passano mesi e poi anno, a sentirsi sempre gli ultimi, a non essere mai gratificati, a fallire compito dopo compito, il tuo carattere si logora e nella tua mente si forma come un blocco.
Questo per dirti che capisco perfettamente ciò che provi. E la situazione che stai cercando di cambiare. Anche io ho sempre avuto un carattere chiuso e introverso e, proprio come te, terrorizzata di rovinare un’amicizia appena nata, o per pura di essere giudicata, non mi esprimevo mai. Non svelavo i miei pensieri. Non mi lanciavo nei dibattiti. Facevo una cosa orribile che, a pensarci ora, mi suscita solo un profondo disgusto; restavo passiva.
Vedi cara, il modo in cui ti tratti è il modo in cui insegni agli altri a trattarti, e perciò tutti i miei compagni mi trattavano passivamente. Non mi mancavano di rispetto, ma talvolta la mia esistenza era come un’ombra. Un nome dimenticato nell’elenco.
Le cose sono cambiate. Perché ho lavorato su me stessa. Ho accettato i miei limiti e ho potenziato le mie virtù. Tu l’hai già fatto, perché a differenza mia, hai capito prima che vali e che gli altri meritano di conoscere la tua parte più estrosa, solare, che illumina e scalda. Ed è proprio questa la strada giusta.
Accettarsi, amarsi, conoscersi... prendere coscienza delle proprie capacità è essenziale. Il secondo passo è mettere in atto il tuo potenziale. Non è facile e sarà un percorso lungo, ma la fatica varrà la pena.
Tu sei fatta così e sei bellissima, e l’unico modo che hanno gli altri di conoscerti è quando tu sciogli il tuo guscio ed esci allo scoperto. Perciò invia quel messaggio, chiedi a quell’amica di uscire, proponi un’idea che ti balena nella testa da mesi, esprimi un tuo giudizio, cerca qualcuno che abbia i tuoi interessi e chiedigli qual è il suo quadro preferito è perché, e l’ultimo libro che ha letto.
Cerca chi ama le stesse cose che ami te, perché i vostri interessi comuni vi legheranno. E con quel gruppo di ragazze: non avere paura di perderle. Loro stanno intravedendo in te qualche briciola di quella tua personalità che a scuola si spegne e appassisce. Dagli la possibilità di assaporarti di più, non solo le briciole.
Abbi fede in te. Ripetiti ogni mattina che vali e che farai grandi cose. Che meriti di essere felice. Che la vita è unica e non bisogna sprecarla. La nostra mente è pagina: se la riempi di pensieri positivi, la tua vita inizierà a cambiare.
Io ci ho messo anni, per diventare la persona che sono ora. E continuo a combattere contro la mia timidezza e la mia paura ogni giorno. Certo, non le devi ANNIENTARE, perché è pur sempre una tua caratteristica, un tratto che qualcuno un giorno amerà. Ma non deve mai impedirti di essere felice. Allora, in quel caso, va ridimensionata.
Spero di essere stata di aiuto cara. Ti auguro il meglio. Vedrai che legando con quelle ragazze anche la scuola diventerà più leggera. Perché ti sentirai amata, nonostante i compiti e le interrogazioni. E questo farà la differenza
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mooonlightdevil · 4 years ago
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𝟷𝟷/𝟷𝟶/𝟸𝟶
sai, stasera sono uscita
a busto come al solito,
non ne avevo molta voglia
ma sapevo che mi sarebbe servito per stare un po’ meglio e per distrarmi.
mi sono vestita, un po’ alla cavolo, visto che i jeans sembrava che mi stessero di tre taglie più larghi,
mi sono truccata
e mi piacevo,
ho usato lo stesso ombretto
che ho messo la sera della cena di san valentino
quello tra l’oro e l’arancione
che mi fa risaltare gli occhi
e li fa sembrare di ghiaccio,
il mio preferito,
ora sono diventata più brava a metterlo
e ultimamente mi piace provare colori diversi
da mettere sugli occhi.
mi sentivo perlomeno “carina”.
non ho toccato una goccia di alcool
non me la sentivo dopo settimana scorsa
e sono felice di non averlo fatto.
gli altri sono anche voluti andare al mc
hanno preso tutti il gelato
tranne me
non ce la facevo, è più forte di me.
morale, sono qui in camera mia a scrivere
mentre bevo la mia tisana, una delle poche cose che non mi fa stare male, e mi sento abbastanza sola.
sola con i miei pensieri
sola con le mie cuffie
sola nella mia felpa gigante
e nei miei pantaloni della tuta
sola nel guardarmi allo specchio e vedere il trucco che devo andare a togliere
sola un po’ in generale.
oggi ci ho riflettuto
e mi sono detta che
a discapito di qualsiasi cosa tu dica
io sono sempre la stessa.
la stessa ragazza che piange sempre davanti ai soliti film
la stessa ragazza che non può fare un bagno senza tenere il lucernario aperto, se no rischia di svenire
la stessa ragazza che quando va al mc pensa solo alle patatine
la stessa ragazza che ha le lenzuola rosse perché è il suo colore preferito
la stessa ragazza che appena può, scatta una polaroid per tenere con se quel momento per sempre
la stessa ragazza che ogni due per tre ha crolli emotivi che agli occhi degli altri sembrano insensati
la stessa ragazza che si mette sotto la sua copertina con le stelline per avere meno freddo, ma che non entra nelle coperte finché non va a letto
la stessa ragazza che si fa 200 foto di cui ne terra forse 2
la stessa ragazza che lascia i disegni in bianco e nero perché li trova più suggestivi
la stessa ragazza che si fa i pop corn di sera dopo cena perché semplicemente li adora
la stessa ragazza che ti prendeva per mano e ti portava dritta nel suo mondo, che tu lo volessi o meno
la stessa ragazza che schifa continuamente la trap
la stessa ragazza che si emoziona per un semplice “mi manchi”
la stessa ragazza che crolla su una chat aperta per poi svegliarsi e sentirsi terribilmente in colpa
la stessa ragazza che si addormenta con la pioggia
la stessa ragazza che scrive frasi in italiano a cui aggiunge parole in inglese
la stessa ragazza che mette rigorosamente due cucchiaini di zucchero nel caffè
la stessa ragazza che non si sente mai abbastanza e cerca l’approvazione degli altri
la stessa ragazza che con gli occhiali sembra una secchiona, ma che a scuola è mediocre
la stessa ragazza a cui, non appena fa un po’ di freddo, diventa il naso tutto rosso
la stessa ragazza che sembra fragile, ma che appena si incazza diventa una iena
la stessa ragazza che ogni due per tre deve subire i litigi dei suoi genitori
la stessa ragazza che si sentiva in colpa se le veniva offerto qualcosa
la stessa ragazza che lottava pur di pagare anche una semplice cioccolata
la stessa ragazza che conserva tutto, biglietti del treno, cinema, pullman, solo perché li ha usati con una persona
la stessa ragazza che con i tacchi è comunque la più bassa di tutti
la stessa ragazza che schifa le gonne, e che le indossa solo in occasioni davvero speciali
la stessa ragazza che cerca sempre di sdrammatizzare tutto per non deprimersi ulteriormente
la stessa ragazza che “argomenta”(come dicevi tu) qualsiasi cosa
la stessa ragazza che è talmente testarda che nemmeno la regina elisabetta potrebbe farle cambiare un’idea che si è messa in testa.
potrei continuare ma diventerebbe troppo lungo.
e non so se su tumbr c’è un limite di parole aiuto.
anyway (ecco appunto l’inglese) vado a struccarmi e a tornare un cadavere che cammina.
ps: stesso discorso di ieri, posto adesso perché ieri sera ho scritto tutto ma mi sono addormentata mentre modificavo la foto per questo post. sono un disastro rip.
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