#interpretazione della poesia
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"La scimmia randagia" di Autore anonimo. Recensione di Alessandria today
Questa poesia evoca un senso di inquietudine interiore, utilizzando la figura della scimmia randagia come metafora della mente umana che non trova pace.
Titolo della poesia: La scimmia randagia Testo della poesia: La scimmia randagiache mi porto nel cuoresalta di ramo in ramosenza mai trovare riposo. Mi sussurra all’orecchiostorie di terre lontane,di amori perduti nel vento,di sogni infranti all’alba. E mentre il mondo dorme,lei veglia instancabile,custode dei miei segreti,ombra della mia anima inquieta. Recensione della poesia “La scimmia…
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La Declamazione Poetica
La Declamazione Poetica: Arte, Tecnica e Impatto Emotivo La declamazione poetica è una pratica antica e nobile, che fonde l’arte della parola con l’espressione corporea e vocale. Si distingue dalla semplice lettura perché implica un’interpretazione emotiva e performativa del testo poetico, trasformandolo in un’esperienza sensoriale e comunicativa più intensa. Questa pratica ha attraversato i…
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Abito da sposa impero in chiffon, interpretazione di eleganza e romanticismo
L'Abiti da sposa moderni impero in chiffon è diventato una perla splendente nel mondo degli abiti da sposa con la sua eleganza e romanticismo unici. Con le sue caratteristiche leggere, morbide , eleganti e oniriche, il tessuto chiffon dona infinita poesia e bellezza agli abiti da sposa.
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L'abito da sposa impero in chiffon non è solo un bellissimo vestito, ma anche un dono prezioso che porta amore e felicità. È testimone dei momenti felici della coppia e li accompagna in ogni tappa importante della vita. Scegliere un abito da sposa impero in chiffon significa scegliere una storia d'amore elegante e romantica.
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CONTRO CIORAN
I. “In tutte le geremiadi di Cioran c’è una minacciosa ‘faciloneria’. Non c’è bisogno di nessun pensiero analitico profondo, di nessuna particolare familiarità con l’argomento o lucidità per pontificare sul ‘marciume’, sulla ‘cancrena’ dell’uomo e sul cancro terminale della storia. Le pagine a cui ho attinto non solo sono facili da scrivere, ma ‘gratificano’ lo scrittore con il tenebroso incenso dell’oracolarità. Basta volgersi all’opera di Tocqueville, di Henry Adams o di Schopenhauer per constatarne la drastica diversità. Sono maestri di una chiaroveggente tristezza non meno totalizzante di quella di Cioran. La loro interpretazione della storia non è più rosea. Ma le ragioni che adducono sono scrupolosamente argomentate, non declamate; sono pervasi, a ogni nodo e articolazione delle idee proposte, da una percezione esatta della natura complessa e contraddittoria delle testimonianze storiche. I dubbi espressi da questi pensatori, le riserve che accompagnano le loro stesse convinzioni rendono onore al lettore. Non pretendono un’ottusa acquiescenza o un’eco compiacente, ma un ripensamento e una critica. Resta una domanda: le apocalittiche convinzioni di Cioran, il suo pessimismo letale e il suo disgusto stimolano in noi sensazioni originali e radicali? I pensées, gli aforismi e le massime che costituiscono il suo lasciapassare per la celebrità sono veramente nella linea di Pascal, di La Rochefoucauld o del suo modello immediato Nietzsche? (…) Il problema magari sta nella massima di Cioran secondo la quale negli aforismi, come nelle poesie, la singola parola fa la parte del re. Può essere vero per certi tipi di poesia, principalmente quella lirica. Non è vero per i grandi aforisti, per i quali la ‘sententia’ è sovrana, e lo è precisamente nella misura in cui impone alla mente del lettore la ricchezza, interiorizzata ma elusa, di uno sfondo storico, sociale e filosofico. Il più bel testo aforistico degli ultimi decenni, ‘Minima moralia’ di T.W. Adorno, trabocca dell’autorità che nasce dalla sintesi autentica, da una scrittura la cui concisione si ritraduce, obbligatoriamente, in una psicologia e sociologia di attenta coscienza storica su vaste proporzioni. Qualsiasi onesto confronto con ‘Squartamento’ sarebbe disastroso. Senza dubbio ci sono esempi migliori nell’opera di Cioran, soprattutto antecedenti all’epoca in cui ha trasformato i propri scritti nella ripetizione di sé stesso. Ma una raccolta di questo tipo (…) solleva non tanto la questione se il re sia nudo, quanto se un re ci sia” (George Steiner).
II. “Come autore di belle frasi tutte terribili E.M. Cioran non teme confronti. La sua maldicenza è inflessibile e soddisfatta. È globale. Il suo umore ha un costante colore bigio, livido, cinerino, violaceo, penitenziale e spavaldo. Coerente fino allo spasimo nella confessione puntigliosa dei suoi odii, Cioran ha già previsto tutto il peggio e perciò, in materia di sventure, disillusioni e distruzioni, non corre rischi (…) In un’epoca popolata di caricature, questa perfetta caricatura dell’aforista amarissimo non è neppure un caso raro, sebbene finga la rarità e perfino l’unicità assoluta. Rappresentando la quintessenza del pensiero negativo e antiprogressivo, impersonandolo senza incertezze e senza ironia, Cioran è molto prevedibile. La sua regola, infatti, è questa: egli dirà, a proposito di qualunque argomento, la frase più pessimista che si possa concepire (…) Perciò, senza saperlo né volerlo, E.M. Cioran si trova a essere con questa edizione italiana ci�� che neppure in Francia poteva diventare: l’autore più esemplarmente, più manualisticamente Adelphi che la casa editrice Adelphi abbia pubblicato. / Da qualunque parte cominci (l’esaurimento della civiltà europea, il destino di certi popoli, i vantaggi dell’esilio, il carattere ebraico, lo stile, i mistici ecc.), Cioran non perde tempo in preamboli. I massimi problemi sono il suo passatempo quotidiano. Essi sono sempre lì, davanti al suo occhio acrimonioso e splenetico. Naturalmente non c’è nulla, per quanto grande, che egli prenda sul serio, perché questo sarebbe inelegante: cioè, dal suo punto di vista, imperdonabile. Infatti non c’è questione che non si presenti a Cioran come una questione di gusto e stile. Parlando di Kleist afferma: ‘Ineguagliato, perfetto, capolavoro di tatto e di gusto, il suo suicidio rende inutili tutti gli altri’. Dove non si sa se prevalga l’estetismo, la mancanza di immaginazione o la prepotenza morale (anche suicidarsi, dopo la sua frase su Kleist, diventa una caduta nel cattivo gusto, è cioè proibito). / Il suo modo di pensare si nutre appunto di infatuazioni, di piccoli dogmi personali e di quelle continue alzate di spalle con cui il parvenu dello Spirito deve sempre dimostrare di essere ‘il più fine’. Eccolo ancora in azione, con una delle sue armi più affilate: la pretesa di conoscenza e di giudizio finale, in uno dei tanti campi in cui tale pretesa è assurda: «“Sono un vile, non posso sopportare la sofferenza di essere felice”. Per penetrare in qualcuno, per ‘conoscerlo’ veramente, mi basta vedere come reagisce a questa confessione di Keats. Se non capisce immediatamente, inutile ‘continuare’». Chissà che cosa ha in mente Cioran quando spara volgarità simili. La frase di Keats, nella sua nuda e dimessa verità, viene trasformata in una specie di arcano terroristico, di test omicida di cui Cioran dice di servirsi (dove? quando?) “per penetrare in qualcuno, per conoscerlo veramente”: cosa in realtà preclusa a chiunque, perfino agli dèi e ai santi (…) La lucidità di Cioran si trasforma così facilmente in puro stile della lucidità perché brancola su uno sterminato, artificioso spazio culturale in cui ogni elemento può essere confrontato con ogni altro, dopo essere stato ridotto a una sintetica fisiologia, morfologia o cifra morale. L’Esiliato, l’Occidentale, il Taoista, il Mistico Medievale, il Romanziere, il Russo, il Poeta, il Moralista, Yahweh, i Tedeschi, Prometeo, Giobbe: per tutti e per ogni condizione, Cioran trova una definizione e una formula, su tutto lancia la maledizione delle sue frasi. Ma ciò che la sua lucidità soprattutto non capisce è che la lucidità «metafisica» a cui egli aspira non è di una specie sola, non risponde a canoni generali e non veste sempre gli stessi panni. Chi aspira al Nulla non può fondare sul Nulla nessuna opinione. Cioran crede che il Nulla abbia delle preferenze in fatto di opinioni e di stile, e immagina che il suo stile sia ispirato, come le sue opinioni, dal Nulla in persona” (Alfonso Berardinelli).
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Chiesa Sant’Agostino a Siena, “Sant’Antonio abate tentato dal diavolo” di R. Manetti, 1630 circa
Conosciuto familiarmente come il diavolo con gli occhiali, questa particolare raffigurazione del male che secondo alcuni vuole, attraverso il simbolismo degli occhiali, denunciare il sapere ingannevole degli illuministi, è stata per Leonardo Sciascia motivo di un'altra interpretazione. Lo scrittore siciliano, attraverso la voce del monsignor Gaetano impegnato in un dialogo con il protagonista del romanzo Todo Modo pubblicato nel '74, decodificherebbe così l'iconografia:
[...]
«E poi c’era quel quadro»
Me lo indicò, e fino a quel momento non lo avevo visto: un santo scuro e barbuto, un librone aperto davanti; e un diavolo dall’espressione tra untuosa e beffarda, le corna rubescenti, come di carne scorticata. Ma quel che più colpiva, del diavolo, era il fatto che aveva gli occhiali: a pince-nez, dalla montatura nera. E anche l’impressione di aver già visto qualcosa di simile, senza ricordare quando e dove, conferiva al diavolo occhialuto un che di misterioso e di pauroso: come l’avessi visto in sogno o nei visionari terrori dell’infanzia.
«Su questo quadro» continuò don Gaetano «il farmacista costruì una leggenda: Zafer, il santo, non ha più una buona vista; il diavolo gli porta in dono le lenti. Ma queste lenti hanno, ovviamente, una diabolica qualità: se il santo le accetterà, attraverso di esse leggerà il Corano, sempre, invece che il Vangelo o Sant’Anselmo o Sant’Agostino. Ahimè che il puro segno delle tue sillabe si guasta in contorto cirillico si muta…».
La citazione mi sorprese: don Gaetano aveva letto quello che io considero l’ultimo poeta italiano, nel tempo della poesia italiana: e ne aveva versi a memoria.
«In questo caso, in cufìco o come si chiama la scrittura del Corano… Inutile dire che Zafer sospetta dell’inganno e non accetta il dono: anzi, ignora addirittura la presenza del diavolo… Ma questo quadro, come lei sa, non è che una copia, piuttosto rozza, di quello del Manetti che si trova a Siena, nella chiesa di Sant’Agostino. Un quadro curioso, comunque. Lasciando perdere le fantasie del farmacista, direi anche inquietante… Il diavolo con gli occhiali: quello che voleva dire il Manetti è abbastanza ovvio, in rapporto al suo tempo; ma oggi…».
«Come allora: ogni strumento che aiuta a veder bene, non può essere che opera e offerta del diavolo. Dico per voi, per la Chiesa».
«Interpretazione laica, di vecchio laicismo: quello delle associazioni intitolate a Giordano Bruno e a Francesco Ferrer… Io invece direi: ogni correzione della natura non può essere che opera e offerta del diavolo».
«Interpretazione sadista».
«Ma Sade era cristiano» disse don Gaetano distogliendosi dalla contemplazione del quadro e guardandomi meravigliato: meravigliato che non lo sapessi, che nessuno fino allora me l’avesse detto.
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"Corde di lino" di Cipriano Gentilino
Nella lirica emerge la raffinata eleganza e il suo ricco simbolismo. La metaforica interpretazione di gesti antichi, sullo sfondo di una memoria che sfuma contorni di un tempo che scorre ineluttabilmente, porta a riflettere sulla ciclicità della vita e sull’eterna lotta tra luce e oscurità. Nella chiusa, straordinaria la funzione data alla Poesia, in quanto “luce” sulle ombre di notti oscure.…
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N.E. 02/2024 - "La religiosità spirituale nelle opere delle poete lucane: da Isabella Morra ad Anna Santoliquido", saggio di Francesca Amendola
L’opera di un poeta è fusione totale tra parole e immagine, che origina quello che Bachelard chiama retentissement, ossia la capacità della poesia di creare una sorta di “vicinanza” tra poeta e lettore, che mette in moto l’attività di comprensione e interpretazione. Petrarca scriveva che «la poesia, in quanto vera poesia, è sempre sacra scrittura» poiché nasce da una commistione tra ispirazione…
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#Amalia Marmo#Anna Santoliquido#Antonia Caracciolo#Arcadia#Aurora Sanseverino#canzoniere#Cristo#critica#dolore#fede#Forenza#Francesca Amendola#Giuliana Brescia#inquietudine#Isabella Morra#Laura Battista#letteratura#Lorenza Colicigno#Lucania#Lucinda Coritesia#Matera#N.E. 02/2024#pace#passione#poete#politica#profetessa#religione#Rivista Nuova Euterpe#Rosalba Griesi
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Sarà in scena sabato 16 dicembre 2023 alle ore 21.00 al Teatro Tor di Nona - via degli Acquasparta, 16 - L’amore secondo Shakespeare - Una intervista possibile, di e con Laura De Luca e Renato Giordano, regìa di R. Giordano. Interpreti dello spettacolo, che fa parte della rassegna Le interviste impossibili. Dalla radio al palcoscenico, Raffaella Castelli, Pino Censi, Armando De Ceccon, Cristina Del Sordo, Luigi Diberti, Emidio La Vella, Gaetano Lizzio, Sergio Nicolai, Margherita Patti, Carolina Zaccarini. Nel consueto faccia a faccia che contrappone un autore contemporaneo a un personaggio del passato (in questo caso l’intervistatrice Laura De Luca e lo Shakespeare interpretato da Renato Giordano), avranno luogo alcune “incursioni poetiche” che porteranno sotto i riflettori i sonetti d’amore del Bardo, nella interpretazione corale di un parterre di dieci attori: La valorizzazione del canzoniere amoroso shakespeariano fa seguito, in questo caso, al libro parlante e illustrato della stessa Laura De Luca pubblicato da Armando editore Sonetti di Shakespeare- Dalla pagina al metaverso, che sta cercando di traghettare questa storia d’amore di quattro secoli fa nel mondo attuale delle nuove tecnologie. Un libro che vuole trascinare il lettore oltre la carta stampata. Corredato di QR code che permettono l’ascolto dei versi nella interpretazione di cinquantasette attori, il volume promette anche un successivo affaccio sul metaverso, che è quanto sarà offerto al pubblico del Tordinona dopo lo spettacolo, anzi come sua prosecuzione, oltre lo spazio teatrale… Grazie al posizionamento di alcuni visori in palcoscenico, gli spettatori potranno ampliare la loro esperienza immersiva nella poesia shakespeariana attraverso la realtà virtuale e le rielaborazioni di visual art messe a punto dal giovane Riccardo Galdenzi, che fondono le opere grafiche di Laura De Luca con le musiche originali di Walter Centofante e Silvano Valci e le interpretazioni attoriali degli immortali versi shakespeariani. L’amore secondo Shakespeare - Una intervista possibile di Laura De Luca - regia: Renato Giordano; interpreti: L. De Luca, R. Giordano, Raffaella Castelli, Pino Censi, Armando De Ceccon, Cristina Del Sordo, Luigi Diberti, Emidio La Vella, Gaetano Lizzio, Sergio Nicolai, Margherita Patti, Carolina Zaccarini; visual art: Riccardo Galdenzi; opere grafiche: L. De Luca; musiche originali: Walter Centofante, Silvano Valci - sarà in scena al Teatro Tor di Nona sabato 16 dicembre, ore 21.00 e domenica 17 alle ore 18.00.
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Nuovo post su Atom Heart Magazine
Nuovo post pubblicato su https://www.atomheartmagazine.com/benjamin-zephaniah-e-morto/
Addio al poeta e attore Benjamin Zephaniah: ci lascia un'Icona culturale
Il mondo perde un’icona culturale con la scomparsa di Benjamin Zephaniah, il rinomato scrittore, poeta e attore noto anche per il suo ruolo nella serie di successo “Peaky Blinders“. Zephaniah, a 65 anni, ci ha lasciato otto settimane dopo la diagnosi di un tumore al cervello.
Benjamin Zephaniah e la battaglia contro il tumore
Dopo essergli stato diagnosticato un tumore al cervello otto settimane fa, Benjamin Zephaniah ha lottato coraggiosamente contro la malattia. La notizia della sua morte è stata condivisa dalla moglie su Instagram.
Il ruolo in “Peaky Blinders”
Oltre alla sua carriera letteraria, Benjamin Zephaniah ha lasciato un’impronta duratura come attore. Il suo personaggio, Jeremiah “Jimmy” Jesus in “Peaky Blinders“ è stato amato dai fan per la sua interpretazione impeccabile in 14 episodi tra il 2013 e il 2022.
Origini e Successi Letterari
Nato e cresciuto a Handsworth, Birmingham, Benjamin Zephaniah ha affrontato le sfide della dislessia, lasciando la scuola a 13 anni. Tuttavia, questo non lo ha fermato. A 22 anni, ha pubblicato il suo primo libro, “Pen Rhythm“, aprendo la strada a una prolifica carriera letteraria.
Poesia Dub e Impegno Sociale di Benjamin Zephaniah
Benjamin Zephaniah è stato un pioniere nella poesia dub, uno stile influenzato dalla cultura giamaicana. Ha utilizzato la sua arte per affrontare temi come gli abusi razziali e l’istruzione, diventando un volto familiare in programmi televisivi britannici.
Rifiuto dell’Onorificenza:
Nel 2003, Zephaniah ha rifiutato l’onorificenza di ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico, protestando contro l’associazione con l’imperialismo e la schiavitù britannica. Questo atto ha evidenziato la sua coerenza e impegno per le sue convinzioni.
Benjamin Zephaniah ha lasciato un vuoto nel mondo della cultura, ma il suo lascito vive attraverso le sue opere che hanno ispirato e sfidato le norme. La sua voce distintiva, sia nella scrittura che nell’arte drammatica, continuerà a resonare e a ispirare le generazioni future. Addio a un gigante creativo che ha plasmato il panorama culturale con la sua straordinaria versatilità.
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Anna Jencek
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esce “Saffosonie - Cantando liriche di Saffo”
Il disco dello spettacolo dedicato alle liriche di Saffo nella traduzione di Salvatore Quasimodo. Un recital teatrale di Alessandro Quasimodo, "Operaio di Sogni", dedicato alla poesia del padre Salvatore, con la regia di Lorenzo Vitalone e la partecipazione di Mario Cei. Ad Anna Jencek il compito di inframmezzare l'interpretazione poetica di Alessandro con siparietti musicali, accompagnando con la chitarra, musicando e cantando alcune liriche di Saffo nella traduzione di Salvatore Quasimodo: «di questo suo lavoro il poeta parlava spesso a noi, allievi affascinati del suo corso di letteratura al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano». Nasce così “Saffosonie” il nuovo disco di Anna Jencek,
«Bisogna ringraziare Saffo: l'invito di Bollani in quella puntata del 5 aprile 2021 del bel programma televisivo di Stefano Bollani, "Via dei Matti n. 0", mi ha spinta a completare quel lavoro appena accennato e a restituire nuovo canto a quei versi d’amore.
D'altronde non sono affatto estranea all'ispirazione di musicare poeti (Goethe, Marc De Pasquali, Cesare Pavese, Shakespeare, Neruda, Arturo Schwarz) formata dall'esperienza entusiasmante, negli anni giovanili della bohème, del comporre canzoni per e con Herbert Pagani, con cui ho condiviso la magia di quel tempo». Anna Jencek
Traduzione: Salvatore Quasimodo Musica: Anna Jencek, Flavio Minardo Orchestrazione: Dario Toffolon Canto: Anna Jencek Voci Recitanti: Matteo Chiarelli, Anna JencekSolisti: Jacopo Dentice (cornamusa) - Flavio Minardo (chitarra e sitar) - Simone Rossetti Bazzaro (viola)
Anna Jencek, artista poliedrica, svolge intensa attività nei settori della musica, del teatro, della danza. Ha studiato pianoforte e canto, nonché chitarra classica al conservatorio G. Verdi di Milano, sotto la guida del M° Ruggero Chiesa, negli anni in cui Salvatore Quasimodo era docente di letteratura italiana. Ha scritto musica per Herbert Pagani, con cui ha condiviso anni di lavoro e di vita, e altri artisti; per spettacoli teatrali e di danza, spot radiofonici e televisivi, ottenendo vari premi e un disco d'oro. Cantautrice, attrice, tiene recitals nei principali teatri milanesi, in Italia e all'estero. Ha diretto stage professionali di canto in cui era docente di interpretazione, tecniche vocali e presenza scenica. È stata vocal coach in talent televisivi. Ha inciso numerosi dischi con sue composizioni. È citata nel dizionario delle compositrici lombarde. Voce di Radio Montecarlo e altre, affronta le prime esperienze di palcoscenico sotto la guida registica del M° Alessandro Brissoni. Ha collaborato con la scuola del Piccolo Teatro. È stata docente di recitazione, commediografa e regista in compagnie filodrammatiche. Ha partecipato come compositrice cantante e attrice nella "Compagnia del lago", diretta da Luigi Chiarelli. Allieva di Ada Franellich nel percorso decennale di "Ginnastica, Ritmica, Danza secondo il metodo Hellerau - Laxenburg", ha studiato all'Istituto Yoga di Carlo Patrian. Danzatrice e coreografa, ha insegnato danza creativa, nei corsi del Comune di Milano e presso la scuola di danza Mara Terzi. È insegnante di yoga. Dal padre, mecenate di artisti, ha appreso il gusto della pittura. La scrittrice Lalla Romano, amica di famiglia, ha guidato i suoi primi passi nella conoscenza di poesia e letteratura, per cui fin da bambina ha ottenuto premi e borse di studio. È stata redattrice editoriale. Ha insegnato attività creative presso le scuole medie statali durante il primo settennato di sperimentazione didattica, avendo ottenuto abilitazione ministeriale. Ha tenuto laboratori di scrittura della memoria e di lingue. Consulente di Assessorati alla Cultura, aveva fondato e diretto l'associazione di servizi culturali "L'albero dell'Arte", per l'ideazione e organizzazione di eventi nei campi dell'arte, dello spettacolo, della cultura, dell'educazione, con all'attivo centinaia di progetti realizzati per enti privati e, soprattutto, pubblici (Vacanze a Milano, Milano d'estate, Carnevale ambrosiano, Folk festival, Cinema nel parco, Celebrazioni mozartiane, Celebrazioni per la Certosa di Pavia, Il giardino dell'Arte: teatro musicale per bambini e ragazze, Centri socio ricreativi, Università della terza età ecc.). La sua discografia ha sempre cercato il connubio tra musica, letteratura e poesia. La sua ultima pubblicazione è “Saffosonie - Cantando liriche di Saffo” per Moletto Edizioni Musicali.
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"Ho acceso un falò" di Alda Merini: la solitudine e il desiderio di essere visti. Recensione di Alessandria Today
Una fiamma che brucia nell’oscurità dell’anima
Una fiamma che brucia nell’oscurità dell’anima “Ho acceso un falò”, poesia estratta dalla raccolta La Terra Santa (1984) di Alda Merini, è un componimento breve ma di straordinaria intensità. Attraverso immagini cariche di simbolismo, la poetessa esprime la ricerca disperata di attenzione e accoglienza, un tentativo di comunicare con il mondo che, però, si conclude nel silenzio e…
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del midollo della vita
niente poesia, nelle parole di un racconto: storia della vita mai stato bravo col sentimentalismo pur sempre sensibile ed emotivo; ho rinunciato alle grandi occasioni pur di rincorrere l'utopia ogni giorno si realizza tra le mura di casa tra due persone; da questa intuizione percezione nasce la preghiera a quel Dio che mi accompagna fin dall'infanzia di offrirmi una redenzione a modo suo, sia pur dolorosa Egli ha esaudito allontanando il privilegio l'onore di contemplare il mistero dell'unione tra due persone nel suo senso più puro, per indicarmi la strada da percorrere per sfruttare al massimo il dono della sensibilità per la bellezza che ancora è custodita in questo mondo per restituirla all'uomo che ne sappia godere senza egoismi. scenario arduo da realizzare percorrendo una strada lunga ed impegnativa quindi domando a coloro che mi sono vicini di accettarmi sostenermi e spronarmi nel perseguire il sogno: a ragione che sia concreto più d'altri in passato. frutto di un animo dannato e maledetto che impavido non vaga per la sofferenza da martire ,ma è itinerante per godere pienamente del midollo della vita. dovrò naufragare accettando sacrifici e rinunce rinnegato da un contemporaneità non vorrei ferire ne amareggiare le persone che amo e apprezzo e stimo ma una vita trascorsa da sognatore diventa irrinunciabile anche nel momento della tristezza altrimenti, in quello stesso attimo, rinuncerei a quell'anelito del quale sono troppo entusiasta. Non voglio che questi pensieri suscitino rancori in quanto sgorgano da grande serenità dall'ennesimo e non ultimo bivio che esige una scelta, fatta! so di non poter promettere montagne di sorrisi chimere che non possiedo o pacatezza che non è mai stata mia, nemmeno mentire alla mia naturale impulsività non di meno mi impegnerò a perseguire per raggiungere la conoscenza fonte di contatto e interazione con l'universo che mi circonda di cui ho sempre dato la mia interpretazione a modo mio sono convinto che l'unica maniera a me facile di esprimere questi pensieri sia una disordinata confusione sincera. Voglio volare ancora immergermi nella natura condividere con nuovi compagni lavorare e impegnarmi per assistere attivamente a questa nuova contemporaneità che sfioro solo marginalmente. forse sarà la mia vocazione non semplice ma sarebbe collera rinnegare. ammorbidita con compromessi funzionali potrebbe offrire divertimento inaspettato e fresco entusiasmo supportato dalla migliore squadra che possa desiderare severa nei giusti rimproveri prodiga di suggerimenti saggia nella comprensione della mia dimensione. Grato di tutto anche l'incomprensibile accettato per amore di un romantico spirito irrequieto, ma prodigo di emozioni e sentimenti a volte instabili sempre autentici che sono scritti nelle mie radici e si consacreranno nel mio lascito.
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DARA BIRNBAUM: REVOLUTIONARY ACTS
Definire Dara Birnbaum, una fotografa è certamente riduttivo, definirla una filmaker, anche; mi piacerebbe definirla una conservatrice di immagini, ma anche questa definizione non sarebbe esatta. Forse è una “turbatrice di immagini”. Ammetto che non si tratti di una bella definizione, ma credo si avvicini al modus operandi dell’artista statunitense, della quale l’Osservatorio Prada di Milano in Galleria a Milano offre, fino alla fine di settembre, una significativa mostra intitolata “Atti rivoluzionari”, curata da Brabara London con Valentino Catricalà ed Eva Fabbris, aperta fino al prossimo 25 settembre. Nella fascinosissima sede dell’Osservatorio sono in visione una serie di video monocanale, audio, installazioni multicanale, fotografie e qualche stampa in 3D che danno bene l’idea della complessità concettuale che ha guidato l’artista dagli anni Settanta ad oggi. Se volessimo trovare, ed è molto difficile farlo, un filo conduttore dell’opera della Birnbaum, questo potrebbe essere ritrovato nel distacco del corpo dalla sua rappresentazione. Ciò avviene soprattutto attraverso la proposta di consuete e qualche volta ossessive, immagini televisive. È per esempio il caso di “Six Movements: Chaired Anxieties: Abandoned” del 1975, ispirato ad un video di Vito Acconci. Si tratta di meditazioni visive spesso di difficile interpretazione e di una voluta ambiguità, ma si tratta di immagini fondamentali per meditare sulla capacità/incapacità del mezzo televisivo verso la “comunicazione”. Provocatorio e sanamente sconcertante, in un mondo, quello degli anni Ottanta, dove tutto vorrebbe essere il contrario, è “Pop-Pop Video: General Hospital/Olympic Women Speed Skating” del 1980, lavoro partorito durante una residenza artistica su influenza di una pellicola di Jean-Luc-Godard per la televisione. Immagini di pattinatrici olimpioniche che si avvicendano sulla pista tornando sempre alla linea di partenza, alternate a quelle di una soap-opera dove medico e paziente tentano di ricomporre un conflitto. Qui è la meditazione su quella che l’artista chiama il “trattamento televisivo”, ad essere scomposto ed analizzato. Guardando queste immagini la riflessione corre a ciò che siamo noi, meglio a ciò che siamo diventati dopo anni di “trattamenti televisivi”. La lente di ingrandimento “femminista” è più che evidente nei lavori della Birnbaum. Esemplare in questo caso è “Damnation of Faust Trilogy” un’opera video sviluppata tra il 1983 e il 1987, una versione dell’opera ambientata a Soho (Nyc) tra famiglie di italiani e portoghesi, dove la conflittualità per l’affermazione della propria identità (anche sessuale), risulta particolarmente accesa. Del 1981 è il possente “New Music Short” video analogico impregnato delle atmosfere della scena post-punk newyorkese composto con riprese del concerto dei Radio Fire Fight al Mudd Club e con le immagini del compositore Glenn Branca che esegue lo sua inascoltabile “Symphony No. 1” al Performing Garage di Soho, piccolo teatro alternativo newyorkese di quegli anni. Tra le immagini della mostra anche un (doveroso) tributo alle “anime” con “Quiet Disaster” dove la Birnbaum mostra tre personaggi in pericolo, stampati su dischi di plexiglas che enfatizzano l’estrapolazione dei ritratti dai loro contesti originali, mettendo in mostra come l’operazione ne accentui isolamento e drammaticità iconica come accade alle immagini proposte dai media. Ma il pezzo forte della mostra è certamente “Trasmission Tower: Sentinel” del 1992, un’installazione video a 8 canali, imponente opera video-scultorea presentata a Documenta 9 dove otto monitor sospesi fanno scorrere a cascata le immagini di un reading del 1988 del poeta Allen Ginsberg mentre legge una versione rivisitata della poesia “Hum Bom!” (1971); nei video scorre anche, come un’insinuante minaccia, una piccola immagine di George Bush mentre tiene il suo discorso di accettazione alla Convention Repubblicana del 1988. Molte, ma non troppe, le opera esposte all’Osservatorio di questa artista troppo spesso trascurata.
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Gillne.it, non è solo un brand, è la perfetta interpretazione della purezza, dell'eleganza e del romanticismo che c'è nel cuore di ogni sposa. Quando menzioniamo l'elegante abito da sposa lungo di Gillne.it, sembra che si apra un mondo da sogno sugli abiti da sposa, pieno di infinita poesia e romanticismo.
http://www.gillne.it/u/eleganti-abiti-da-sposa-c12
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"Pomeriggi perduti": presentazione a Muro Lucano (Pz)...
Presentazione della raccolta "Pomeriggi perduti" a Muro Lucano (Pz), presso il Salone della Società Operaia, in compagnia di amici vecchi e nuovi, lettori curiosi e cittadini di passaggio. Un ringraziamento particolare va a Milena Nigro, presidente dell’Unitre di Muro, per l'organizzazione e il gradito invito, al sindaco di Muro per l'ospitalità, e alla relatrice Maria Laura Amendola, autrice e studiosa, che con le sue domande esperte ha saputo costruire con il sottoscritto un dialogo interessante e coinvolgente... E grazie al pubblico numeroso per l'attenta presenza e per alcuni interventi stimolanti che avrebbero meritato molto più tempo per una degna risposta da parte mia... Particolarmente incoraggianti le parole dell'amico poeta lucano, Mariano Lizzadro, anch'egli presente: "... Michele ha il dono di rendere accessibile una cosa - la poesia - per molti ostica e lontana: scherza, sussurra, ironizza, non si prende troppo sul serio!...". E spero, aggiungo io, di non cambiare mai: la poesia non deve essere "facile", commerciale, ma deve poter raggiungere cuore e mente di chi ascolta attraverso una parola lineare. Quale sarà il suo destino, se facile o contorto, dipenderà dal lettore e dalla sua libertà di rielaborazione e interpretazione di ciò che ha ascoltato o letto.
(MI SCUSO PER ALCUNE FASTIDIOSE "INQUADRATURE IN VERTICALE" CHE DI TANTO IN TANTO TROVERETE NEL VIDEO; SPERO CHE L'INTERESSE VERSO CIO' CHE E' STATO DETTO RESTI IMMUTATO NONOSTANTE LA QUALITA' NON COSTANTE DEL VISTO... Grazie!)
- Michele Nigro -
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“Gli ulivi respiravano d’argento” di Assuntina Marzotta -Premio Vitulivaria 2023
Si torna a parlare del Premio letterario nazionale Vitulivaria-memorial Gerardo Teni, attraverso un’inedita e suggestiva interpretazione della lirica “Gli ulivi respiravano d’argento” vincitrice del Premio Vitulivaria 2023, di Assuntina Marzotta, poetessa sensibile e raffinata che in questa poesia ha espresso magistralmente la capacità di cogliere e sviluppare valori e aspetti culturali che…
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